“Via di Qua”
Caducità
Letteratura e filosofia
6 aprile
Carvico
Sala comunale
Ore 20.30
Simone De Beauvoir
“UNA MORTE DOLCISSIMA”
la morte degli altri
“Non esiste una morte naturale: di ciò che avviene
all’uomo, nulla è mai naturale, poiché la sua presenza
mette in questione il mondo. Tutti gli uomini sono
mortali: ma per ogni uomo la propria morte è un
caso fortuito, e anche se la conosce e vi acconsente,
un’indebita violenza”.
Si muore non di vecchiaia, ma per un qualcosa
che è fuori dai piani
quel non sapere diventa speranza
La relazione tra il medico, il paziente e i familiari è spesso un vaso di
Pandora, colmo di incomprensioni e conflitto, di fiducia e stima
Ho compreso per mio conto, fino al midollo delle ossa, che
negli ultimi istanti di un moribondo si può racchiudere
l’infinito
La sofferenza è spesso la più insospettabile
creatrice di bellezza inaspettata, di incanto
imprevisto.
“..fieri dell’operazione e delle
tecniche moderne che hanno
usato, quanto alle
conseguenze se ne lavano le
mani.”
John Donne
«And therefore never send to know for whom the bell tolls. It tolls for thee»
e allora non chiedere mai per chi suona la campana, essa suona per te
Nessun uomo è un'Isola,
intero in se stesso.
Ogni uomo è un pezzo del Continente,
una parte della Terra.
Se una Zolla viene portata via dall'onda del Mare,
la Terra ne è diminuita,
come se un Promontorio fosse stato al suo posto,
o una Magione amica o la tua stessa Casa.
Ogni morte d'uomo mi diminuisce,
perché io partecipo all'Umanità.
E così non mandare mai a chiedere per chi suona la Campana:
Essa suona per te.
Montale
Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l'incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.
Bene non seppi; fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.
Non recidere, forbice, quel volto,
solo nella memoria che si sfolla,
non far del grande suo viso in ascolto
la mia nebbia di sempre.
Un freddo cala... Duro il colpo svetta.
E l'acacia ferita da sé scrolla
il guscio di cicala
nella prima belletta di Novembre.
Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d'orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch'ora si rompono ed ora
s'intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com'è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di
bottiglia.
I limoni
……….
lo, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove in pozzanghere
mezzo seccate agguantano i ragazzi
qualche sparuta anguilla:
le viuzze che seguono i ciglioni,
discendono tra i ciuffi delle canne
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.
Meglio se le gazzarre degli uccelli
si spengono inghiottite dall’azzurro:
più chiaro si ascolta il sussurro
dei rami amici nell’aria che quasi non si muove,
e i sensi di quest’odore
che non sa staccarsi da terra
e piove in petto una dolcezza inquieta.
Qui delle divertite passioni
per miracolo tace la guerra,
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di
ricchezza
ed è l’odore dei limoni
Vedi, in questi silenzi in cui le cose
s’abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l’anello che non
tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una verità.
Lo sguardo fruga d’intorno,
la mente indaga accorda disunisce
nel profumo che dilaga
quando il giorno più languisce.
Sono i silenzi in cui si vede
in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata Divinità.
Ma l’illusione manca e ci riporta il tempo
nelle città rumorose dove l’azzurro si mostra
soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.
La pioggia stanca la terra, di poi; s’affolta
il tedio dell’inverno sulle case,
la luce si fa avara – amara l’anima.
Quando un giorno da un malchiuso portone
tra gli alberi di una corte
ci si mostrano i gialli dei limoni;
e il gelo del cuore si sfa,
e in petto ci scrosciano
le loro canzoni
le trombe d’oro della solarità.
Quasimodo
Ed è subito sera
Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera
Ungaretti
San Martino del Carso
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro
Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto
Ma nel cuore
nessuna croce manca
È il mio cuore
il paese più straziato
M'illumino
d'immenso
Mattino
Amleto:
Essere, o non essere, questo è il dilemma: se sia più nobile nella mente soffrire
i colpi di fionda e i dardi dell’oltraggiosa fortuna o prendere le armi contro un
mare di affanni e, contrastandoli, porre loro fine? Morire, dormire…
nient’altro, e con un sonno dire che poniamo fine al dolore del cuore e ai mille
tumulti naturali di cui è erede la carne: è una conclusione da desiderarsi
devotamente. Morire, dormire. Dormire, forse sognare. Sì, qui è l’ostacolo,
perchè in quel sonno di morte quali sogni possano venire dopo che ci siamo
cavati di dosso questo groviglio mortale deve farci riflettere. È questo lo
scrupolo che dà alla sventura una vita così lunga. Perché chi sopporterebbe
le frustate e gli scherni del tempo, il torto dell’oppressore, la
contumelia dell’uomo superbo, gli spasimi dell’amore disprezzato, il
ritardo della legge, l’insolenza delle cariche ufficiali, e il disprezzo
che il merito paziente riceve dagli indegni, quando egli stesso
potrebbe darsi quietanza con un semplice stiletto? Chi porterebbe
fardelli, grugnendo e sudando sotto il peso di una vita faticosa, se non fosse
che il terrore di qualcosa dopo la morte, il paese inesplorato dalla cui frontiera
nessun viaggiatore fa ritorno, sconcerta la volontà e ci fa sopportare i mali
che abbiamo piuttosto che accorrere verso altri che ci sono ignoti? Così la
coscienza ci rende tutti codardi, e così il colore naturale della risolutezza è reso
malsano dalla pallida cera del pensiero, e imprese di grande altezza e
momento per questa ragione deviano dal loro corso e perdono il nome di
azione.”
« Quando l'agnello aprì il settimo sigillo nel cielo si fece un silenzio di
circa mezz'ora e vidi i sette angeli che stavano dinnanzi a Dio e
furono loro date sette trombe »
(Apocalisse, 8,I frase che apre il film)
Il settimo sigillo
Bergman pone la domanda radicale
…. senza la morte non saremmo nemmeno esseri pensanti –
Dal timore della morte prende inizio e si eleva ogni conoscenza
Il cavaliere gioca a scacchi con la morte
– antagonista con cui siamo impegnati
Tentativo di dare un senso alla vita.
Tema del viaggio, metafora della vita dell’uomo viator
Interlocutore è il Cristo
La croce è la morte della morte: l’abbandono – salvezza della storia
“..nelle tue mani affido il mio spirito”
Desiderio di comunione
orizzonte di speranza :
compiere l’ultimo gesto di amore che dà senso alla vita.
Eclisse della morte
Una parte ci è stata originariamente
assegnata.
Ciò che è da venire è in realtà uno
svolgimento , già filato.
La Morte che gioca a scacchi. L'affresco
di Albertus Pictor a Täby kyrkby che ha
ispirato il regista
“non c'è cosa più ghiotta al mondo,
femmine mie grandi, che sentire i fatti
degli altri, sicché fu a ragion veduta che
quel gran filosofo ripose l'ultima felicità
dell'uomo nell'ascoltare racconti piacevoli
poiché porgendo l'orecchio a cose gustose
svaporano gli affanni si sfrattano i pensieri
fastidiosi e si allunga la vita”
1575 / 1632 Giambattista Basile
Lu cuntu di li cunti
Definito da Croce il più bel libro italiano barocco
Calvino considerava Basile lo Shakespeare napoletano
a) La letteratura ha a che fare con il pensiero
della morte
Un esorcisma per allontanarne il pensiero?
“tuffatore di Paestum” (480 – 470 a.C..)
b)
Dilatare la vita raccontando
fatti di vita
Ha a che fare anche con la filosofia
Maria Zambrano «Verso un sapere
dell'anima»
«La filosofia non è un requisito
per entrare nel mondo della
cultura ma per entrare in se
stessi senza rimanervi
prigionieri»
“Laudato si', mi' Signore,
per sora nostra Morte corporale,
da la quale nullu homo vivente po'
scampare:
guai a quelli che morrano
ne le peccata mortali;
beati quelli che trovarà
ne le Tue sanctissime voluntati,
ca la morte secunda no li farà male”.
Così pregava San Francesco d’Assisi nel
"Cantico delle Creature".
Piccolo testamento
Questo che a notte balugina
Nella calotta del mio pensiero,
traccia madreperlacea di lumaca
o smeriglio di vetro calpestato,
non è lume di chiesa o d’officina
che alimenti
chierico rosso, o nero.
Solo quest’iride posso
Lasciarti a testimonianza
D’una fede che fu combattuta,
d’una speranza che bruciò più lenta
D’un duro ceppo nel focolare
Conservane la cipria nello specchietto
Quando spenta ogni lampada
La sardana si farà infernale
E ombroso Lucifero scenderà su una prora
Del Tamigi, del Hudson, della Senna
Scuotendo l’ali di bitume semiMozze dalla fatica, a dirti: è l’ora.
Non è un’eredità, un portafortuna
Che può reggere all’urto dei monsoni
Sul fil di ragno della memoria,
ma una storia non dura che nella cenere
e persistenza è solo l’estinzione.
Giusto era il segno: chi l’ha ravvisato
Non può fallire nel ritrovarti.
Ognuno riconosce i suoi: l’orgoglio
Non era fuga, l’umiltà non era
Vile, il tenue bagliore strofinato
Laggiù non era quello di un fiammifero.
Totò
A livella