Anno III– Numero 8 Jonah Lynch, Il profumo dei limoni. Tecnologia e rapporti umani nell’era di Facebook, Lindau, Torino, 2011, pp. 144 “Cosa c’entrano i limoni con la tecnologia? Un limone colto dall’albero ha la scorza ruvida. Se la si schiaccia un poco ne esce un olio profumato e d’improvviso la superficie diventa liscia. E poi c’è quel succo asprigno, così buono sulla cotoletta e con le ostriche, nei drink estivi e nel tè caldo! Tatto, olfatto, gusto. Tre dei cinque sensi non possono essere trasmessi con la tecnologia. Tre quinti di realtà, il sessanta per cento. Questo libro è un invito a farci caso”. Il testo del primo quarto di copertina, qui riportato, sintetizza il tema di questo volume agile e godibile di J. Linch, un sacerdote. Non si prefiguri il lettore un testo nostalgico del bel tempo che fu, prigioniero della retorica della tecnologia che ci allontana da ciò che siamo stati e che cela quel che potremo diventare. Piuttosto si tratta di una riflessione lucida, consapevole, documentata sulla base dell’esperienza personale, ma anche della letteratura contemporanea sul tema, sull’impatto che la tecnologia ha sulla nostra vita, con particolare riguardo alla sua incidenza nella relazione interpersonale e nel processo di formazione e autoformazione della persona. A pieno titolo l’autore può proporsi quale interlocutore autorevole su questi temi, sebbene nelle sue parole emerga l’umiltà di una proposta offerta alla riflessione e alla verifica di ciascuno e non certo la pretesa di proporre verità assolute. Egli, infatti, presenta una biografia che certamente ha contribuito ad acuire il suo sguardo sui temi della reciprocità e della formazione, ma anche dei codici comunicativi della nostra epoca e delle dimensioni scientifiche legate alle ICT. J. Linch, americano di origine irlandese, è nato nel 1978 da genitori hippie. Si è laureato in fisica alla McGill University di Montreal e, dopo essere entrato in seminario, ha studiato filosofia e teologia all’Università Lateranense e ha ottenuto un Master in Education presso la George Washington University. Ama la musica e suona il violino. Ora vive a Roma, dove è vicerettore del seminario della Fraternità San Carlo. Il volume si compone di quattro parti: una introduttiva che identifica il de quo, a partire dall’esperienza stessa dell’autore, il quale si autodefinisce nerd, con riferimento ad un certo periodo della sua vita; una prima parte che mette in relazione lo sviluppo della storia dell’umanità con i dispositivi, in particolare di letto-scrittura, di cui si è dotata, evidenziando opportunamente il mito della neutralità del mezzo; una seconda parte che rimette al centro la realtà nella sua cogenza e materialità, rispetto alla quale si sottolinea l’irrinunciabilità della contestualizzazione dei fenomeni, dei rapporti, delle esperienze affinché essi possano essere considerati autentici e dotati di senso per la persona; una terza parte è dedicata al tema dell’educazione, significativamente aperta da un paragrafo dal titolo Il rischio della libertà, espressione che può essere assunta a sintesi del significato della proposta del volume. Il testo termina con una conclusione nella quale Linch, riprendendo la provocazione heideggeriana sul primato della tecnica, ribadisce la necessità di “ordinare gli strumenti all’uomo”, e non viceversa, secondo un sano principio di realtà, che “non tradisce”. Molti sono gli spunti di interesse, certo da approfondire e nel testo solo tratteggiati, presenti nel libro; si va dall’evidenziare le connessioni tra le abitudini di lettura e la capacità di pensiero (l’ordine dei fattori non è casuale!), alle tentazioni del meccanicismo contrario alla cura dei rapporti, alla potenziale trasformazione delle attuali “protesi della 1 Anno III– Numero 8 mente in protesi dell’essere”. A proposito di essere, l’autore ci invita a portare la nostra attenzione sulla “potente ontologia nascosta” nella riproduzione del reale tramite la sua parcellizzazione e ricostruzione virtuale attraverso il sistema digitale dei pixel, fiera della genericità in luogo dell’unicità. Sul versante educativo, è pressante il richiamo alla maturazione della libertà quale compito più urgente dell’educazione, libertà che, però, deve dotarsi di ragione, di criteri di giudizio e rispondere al “bisogno di partire dall’essenziale per poter vivere ciò che è accessorio come un arricchimento e non un ostacolo alla nostra vita”. L’autore supporta la sua riflessione attraverso il confronto con autori estremamente eterogenei tra loro per orientamento e per competenze tra i quali: H. Von Balthasar, R. Scruton, W. Berry, G. Grant, N. Doidge, W. Benjamin, J. Ratzinger, M. Mc Luhan, N. Postman, N. Carr, M. Wolf. Questa ricchezza di punti di vista incrementa l’interesse del volume che, in meno di centoquaranta pagine e con un linguaggio immediato, adatto al lettore tematico così come al giovane che si affaccia alla riflessione sul tema, offre un contributo affinché ciascuno possa rileggere il proprio rapporto con le Information e Communication Tecnology alla luce della propria umanità, razionale e relazionale, auspicabilmente libera e piena di gusto per la vita. E per il profumo dei limoni. Cristina Casaschi (Scuola Internazionale di Dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro Università degli studi di Bergamo) 2