Dipinto: SALVATOR MUNDI
Il Salvator mundi è un dipinto a olio su tavola attribuito a Leonardo da Vinci, databile al 1499
circa e conservato in una collezione privata statunitense.
Artista: Leonardo da Vinci
Dimensioni: 45 cm x 66 cm
Supporto: Colore ad olio
Data creazione: 1490–1519
Un dipinto di Leonardo ritenuto perduto è stato
autenticato da alcuni tra i maggiori studiosi del
maestro di Vinci e sarà esposto per la prima volta alla
National Gallery di Londra nella mostra «Leonardo da
Vinci: Painter at the Court of Milan» che si inaugurerà il
9 novembre. L'opera è il Salvator Mundi e raffigura
Cristo con la mano destra benedicente e la sinistra che
tiene un globo. È un dipinto ad olio su tavola di legno
che misura 66 centimetri di altezza per 46 di larghezza.
Leonardo l'avrebbe dipinto a Milano poco prima di
abbandonare la città (1499), lasciandone anche alcuni
studi, i più noti dei quali sono conservati a Windsor.
L'opera appartiene a collezionisti americani che
l'hanno consegnata alla National Gallery per un
restauro prima della mostra. Qui, dopo la rimozione di
uno strato di pittura scolorita e di vernice applicata in
un precedente intervento, i tecnici hanno chiamato a
valutarlo
insigni
studiosi.
E
Fotografia del «Salvator Mundi» di questi hanno
attribuito
il
Leonardo prima del restauro.
L’opera sarà esposta a Londra
lavoro
a
Leonardo.
L'opera - di cui pubblichiamo un'immagine prima del
restauro (abbastanza diversa da quella che
vedremo in mostra) - era nota grazie ad un'incisione
di Wenceslaus Hollar eseguita intorno al 1650. La
rivista «Artnews», che ha riportato la notizia della
scoperta ripresa anche dal «Wall Street Journal» ha
ipotizzato una valutazione di 200 milioni di dollari.
Incisione di Wenceslaus Hollar del 1650 che
documentava l'esistenza di un Salvator Mundi di
Leonardo
Tra gli insigni studiosi che l'hanno valutata per l'attribuzione c'era anche Pietro Marani. «Ho
visto l'opera l'anno scorso alla National Gallery. Prima del restauro era conciata male,
coperta da pitture antiche. La si credeva di bottega, perché erano stati aggiunti barba e baffi
che modificavano il viso del Cristo rispetto all'incisione di Hollar, che era una immagine
identica all'originale. Ma durante il restauro è emersa la qualità della pittura, i colori
meravigliosi, i rossi e gli azzurri del panneggio che ricordano proprio quelli dell'Ultima Cena».
Ci sarebbero anche conferme scientifiche (ovviamente ci sarà tempo per discutere
l'attribuzione, che verrà presentata nel catalogo della mostra). «È stato fatto un confronto sui
pigmenti con quelli della Vergine delle rocce (pure restaurata) e anche ciò sembrerebbe
confermare che si tratta di dipinto di Leonardo». Inoltre, prosegue Marani, «le riflettografie e
altre analisi scientifiche mostrano l'analogia con i disegni preparatori». Quello che apparirà
particolarmente sconvolgente è la finezza del globo che Cristo tiene nella mano sinistra.
«Simula un cristallo di roccia».
Leonardo da Vinci dipinse il quadro 500 anni fa a seguito di una commissione di Luigi XII di
Francia nel 1506, e lo finì sette anni dopo. L’immagine di Cristo che dà la sua benedizione al
mondo era un soggetto popolare nell’arte francese e fiamminga, mentre la posa a mezzo
busto era tipica del Rinascimento. Nel corso della sua lunga storia, il dipinto finì anche in
possesso di Carlo I d’Inghilterra e, dopo la sua esecuzione, di Carlo II. Rimase a Londra per
400 anni.
L'opera è di proprietà di un consorzio
di commercianti americani, il cui
capofila è Robert Simon, proprietario
della omonima galleria d'arte di New
York. Sarebbe stato acquistato in una
vendita immobiliare negli Stati Uniti
circa sei o sette anni fa. Simon non ha
voluto commentare il prezzo pagato
all'asta: «Mi è stato chiesto di non
parlarne», ha detto. Molto complicato
è ricostruire i passaggi di proprietà
precedenti. Del soggetto del dipinto,
infatti, pittori coevi e successivi a
Leonardo ne realizzarono diverse
copie,
rendendo
complicate
le
identificazioni.
Secondo
alcune
attestazioni, l'opera di Leonardo finì in
un convento a Nantes. Ma quando
Hollar la incise a metà Seicento,
l'opera risultava registrata nelle
Salvator Mundi dipinto da Marco
D'Oggiono o, secondo un catalogo
Sotheby's, da Boltraffio.
collezioni di Carlo I e Carlo II d'Inghilterra. Si persero poi le tracce finché si pensava
coincidesse con il Salvator Mundi comparso nelle mani di sir Francis Cook, leggendario
collezionista del XIX secolo. Ma quest'opera, che venne poi venduta al barone de Lareinty e,
successivamente, al marchese de Ganay, dovrebbe essere il Salvator Mundi (assai simile)
dipinto da Marco D'Oggiono o, secondo un catalogo Sotheby's, da Boltraffio.
Simon dopo l'acquisto in asta ha portato il suo Salvator Mundi al Metropolitan per una
valutazione. Il lavoro è stato poi visionato dai curatori del Museum of Fine Arts, Boston; ma
Federico Ilchman, curatore del museo, ha rifiutato di commentare. È stato infine portato alla
National Gallery di Londra diciotto mesi fa. Qui Nicholas Penny, direttore del museo, e Luke
Syson, curatore della mostra su Leonardo, hanno invitato quattro studiosi per valutarlo. Gli
studiosi sono stati Carmen C. Bambach, curatore di disegni e dipinti presso il Metropolitan
Museum, gli studiosi milanesi Pietro Marani e Maria Teresa Fiorio, autori di numerosi libri su
Leonardo e sul Rinascimento e Martin Kemp, professore emerito di storia dell'arte a Oxford,
che ha trascorso più di 40 anni a studiare Leonardo. L'accettazione è stata generale.
Cristo è raffigurato frontalmente e a mezza figura,
come tipico dell'iconografia (si veda ad esempio
il Salvator mundi di Antonello da Messina), mentre
leva la mano destra per benedire e nella sinistra
tiene il globo, simbolo del suo potere universale
Quando l'opera arrivò ai restauratori della National
Gallery era conciata male, offuscata da ridipinture
antiche e vernici, facendo pensare a un lavoro di
bottega. Barba e baffi, assenti nella pittura
sottostante, vennero forse aggiunti dopo
la Controriforma, per adeguare l'immagine di
Cristo alla fisionomia "ufficiale". Durante il restauro
è emersa una qualità pittorica ben superiore alle
aspettative, con una ricchezza cromatica del tutto
paragonabile, a detta di Pietro Marani, a quella
dell'Ultima Cena: ricchi
sarebbero soprattutto Salvator Mundi dipinto da Antonello da
gli azzurri e i rossi del Messina
panneggio.
Un
confronto
con
i
pigmenti
della Vergine delle Rocce della
National Gallery ha dato esiti
positivo circa la compatibilità. Infine
riflettografie e analisi scientifiche
confermerebbero l'analogia con i
disegni preparatori.
Tra i pezzi di miglior virtuosismo si
è rivelato il globo, che simula
il cristallo di rocca, testimoniando
un accurato studio sulla rifrazione ottica attraverso il vetro, in sintonia con gli interessi
scientifici di Leonardo.