VISITA AL CENACOLO (12 NOVEMBRE 2013) La chiesa di Santa Maria delle Grazie è stata voluta da Ludovico il Moro, signore di Milano, come chiesa della propria famiglia. Essa è in stile romanico e gotico. All’esterno, posteriormente, la chiesa è decorata con figure poligonali, archetti e pilastri angolari che li separano fra di loro. Anteriormente, invece, si nota la grandissima facciata sormontata da un tetto a capanna. Sopra alla porta di ingresso ci si presenta un protiro (mezzaluna) con un dipinto attribuito a un pittore del 1700, anche se originariamente era decorato con un dipinto di Leonardo. All’interno la chiesa è ricca di cappelle appartenenti alle più importanti famiglie di Milano. Il cuore è la cappella di santa Maria delle Grazie, appartenente a Ludovico il Moro e a sua moglie Beatrice d’Este; è abbellita da un dipinto che raffigura la Madonna di Santa Maria delle Grazie che protegge, con il suo mantello, i due sposi. La chiesa fu progettata da Guiniforte Solari (la prima parte) e da Bramante (la cupola detta, appunto, del Bramante). Quest’ultima parte è decorata con tre colori principali (il bianco, il verde scuro quasi nero e il giallo. Il bianco e l’oro sono il simbolo di Dio e del suo regno, il colore scuro, invece, rappresenta l’uomo) e da due forme principali (il quadrato, che rappresenta le imperfezioni umane, e il semicerchio, che rappresenta la perfezione divina). Il centro della cupola del Bramante è l’altare. Il Cenacolo Vinciano si trova nel refettorio dell’abbazia domenicana situata accanto alla Chiesa di Santa Maria delle Grazie. Fu commissionato da Ludovico il Moro (infatti il dipinto superiormente presenta tre stemmi araldici della famiglia di Ludovico. Al centro c’è il suo stemma, mentre ai lati ci sono quelli dei suoi figli) a Leonardo da Vinci, che lo dipinse tra il 1404 e il 1497. Il Cenacolo rappresenta il momento in cui Gesù rivela ai suoi apostoli che qualcuno lo tradirà: in un attimo nasce lo scompiglio fra i dodici, che si riuniscono a gruppi di tre persone (dalla struttura vagamente piramidale) quasi a volersi consultare. “In verità, in verità vi dico: qualcuno di voi mi tradirà”. Si notano le espressioni sconvolte e i gesti delle membra degli apostoli. In ordine, Bartolomeo si alza rumorosamente e poggia le mani sul tavolo; Giacomo Minore guarda stupito Gesù; Andrea alza le mani, come per dire “non sono stato io”; Pietro impugna un coltello perché vuole uccidere il traditore e, nel frattempo, chiede a Giovanni, l’apostolo prediletto, se sa chi è stato; Giuda Iscariota si ritrae indietro e, nella fretta, fa cadere il sale con la mano con cui tiene il sacchetto dei trenta denari; Giovanni ascolta la domanda di Pietro; Gesù al centro, con le braccia larghe, ha appena finito di parlare (infatti la bocca non è ancora del tutto chiusa); Tommaso ha un dito alzato per chiedere “è stato uno di noi?”; Giacomo Maggiore spalanca le braccia inorridito; Filippo, con le braccia portate al cuore, si vuole discolpare; Matteo indica Gesù; Giuda Taddeo ascolta cosa dicono Simone Zelota e Matteo; infine Simone Zelota parla, anch’egli indicando la figura di Gesù. Un altro elemento ricco di particolari è la tavola, ricca di posate, bicchieri, piatti e cibi. Per realizzare questo splendido capolavoro. Leonardo da Vinci utilizzò una tecnica sperimentale da lui stesso definita “a secco”, con la quale si dipinge con tempere e colori a olio su una base formata da più strati di gesso sovrapposti. Questa tecnica consentiva di realizzare dipinti in un lungo periodo di tempo (cosa che a Leonardo da Vinci piaceva) e si poteva addirittura correggere. Questa tecnica consentiva di creare ombre e sfumature differenti. A volte il pittore dipingeva per una giornata intera senza fermarsi, altre volte, invece, capitava che correggesse un solo particolare (spesso usando i polpastrelli delle mani) o che soltanto ammirasse il proprio capolavoro. La tecnica sperimentale, però, si dimostrò un fallimento perché il dipinto, già dopo pochi anni dalla fine dell’opera, incominciò a degradarsi. Furono quindi fatti molti restauri durante tutte le epoche, che nella maggior parte dei casi alterarono la mano del maestro. L’ultimo restauro durò circa vent’anni (1977-1999) ed è stato il più grande restauro mai fatto su un’opera d’arte. Nel dipinto è evidente la prospettiva, creata da diversi elementi quali il soffitto a cassettoni, le pareti con arazzi, la posizione della tavola e le tre finestre poste sullo sfondo del dipinto. Il punto di fuga della prospettiva è il capo di Gesù. Nel dipinto sono presenti altri due tipi di prospettive: la prospettiva aerea (creata dal paesaggio posto in fondo al dipinto e dal colore azzurro sfumato del paesaggio) e la prospettiva lineare (formata da elementi come la tavola e le pareti decorate con gli arazzi, che hanno la sola funzione di dirigere lo sguardo verso Gesù). Tutti questi elementi donano la capolavoro del maestro da Vinci un aspetto monumentale e realistico, come pochi geni della pittura sanno fare.