Eucaristia L'eucaristia è, per tanti aspetti, il momento più intimo, profondo e decisivo della vita delia Chiesa. Nell'eucaristia, infatti, essa si raduna per attingere la Parola del suo Signore e ricevere il vero cibo di cui si nutre e di cui vive: il gesto d'amore del suo Signore, che ha detto «il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo» (Gv 6, 51). Proprio per questo, la celebrazione dell'eucaristia è anche un particolare «luogo formativo» della Chiesa: la celebrazione ci forma, perché ci fa prendere una «forma» particolare che «trasforma» il nostro modo normale e abituale di stare insieme. Ci aiuta così a riscoprire e a guardare in modo nuovo quello che siamo per la grazia del Signore, quello che possiamo diventare ogni giorno e quello che il Signore ci donerà di essere pienamente quando saremo «in Lui». In ogni nostra eucaristia, c'è simultaneamente «ciò che abbiamo ricevuto» e «ciò che a nostra volta trasmettiamo» ad altri (cf. ICor 11,23); noi stessi diventiamo testimoni del passaggio di questa grazia: non possiamo trasmetterla se non la riceviamo, ma non possiamo riceverla se non per condividerla con tutti. L'attenzione che daremo all'eucaristia lungo l'anno pastorale ci aiuterà a cogliere questa ricchezza del mistero eucaristico e potrà essere ritmata anche dal seguirsi dei tempi liturgici. Potremo imparare a cogliere la «forma» che assumiamo e i gesti che compiamo quando celebriamo, per scoprire che, seppure in modo diverso, nella vita concreta delle nostre comunità ecclesiali abbiamo la possibilità di estendere la grazia dell'eucaristia, di trasformare la quotidianità delle relazioni in un continuo rendimento di grazie al Padre. La scansione che segue indica in modo succinto il percorso che possiamo compiere. Primo periodo (fino a Natale) La prima forma che assumiamo per celebrare l'eucaristia è il raduno: ci raduniamo insieme, per formare una assemblea celebrante, una comunità fraterna, riconciliata, in festa; una comunità convocata dal Signore, nella quale non ci scegliamo ma ci accogliamo, perché siamo tutti già stati chiamati e scelti dal Signore. Non è automatico che ciò si realizzi ogni volta che inizia la celebrazione; i riti d'ingresso servono proprio a guidarci nell'assumere gli atteggiamenti giusti, nell'unirci con il canto, le parole, i gesti, nell'aprirci non solo gli uni agli altri, ma soprattutto noi tutti a Dio. Pensiamo al canto con cui uniamo le nostre voci, al saluto con cui ci apriamo alla presenza del Signore in mezzo a noi, aWatto penitenziale, all'inno di Gloria, SL\Vorazione rivolta a Dio (la «colletta»). Tutti questi gesti ci dispongono anzitutto a metterci in ascolto della Parola del Signore e a rispondere alla sua voce con la nostra parola di fede e di preghiera. Ecco quindi un grande momento rituale che dà forma alla vita della Chiesa: essere insieme pronti ascolto della Parola, lasciare che si prolunghi e si estenda in noi quella rivelazione che si è compiuta in Gesù Cristo. La celebrazione dell'eucaristia ci aiuta a scoprire che il nostro essere comunità nasce sempre da una convocazione che ci precede: viene da Dio, è la sua Parola che Egli ancora vuole rivolgere a noi. Questo ci invita a vedere in ogni persona che incontriamo uno come noi, invitato alla stessa «mensa della Parola»; una persona cui il Signore ha già rivolto e anche oggi vuole rivolgere la sua Parola. Anzi, dobbiamo imparare a diventare ogni giorno una comunità fraterna, allo stesso modo in cui nell'eucaristia diventiamo una assemblea capace di celebrare la misericordia del Signore. «Disporsi all'ascolto della Parola» nella celebrazione della messa deve diventare il nostro «disporsi all'ascolto degli uomini e delle donne del nostro tempo», la disponibilità a intrecciare anche con loro rapporti di fraternità, e più ancora «disporsi ad ascoltare la voce del Signore che risuona nelle pieghe della vita». Solo così diventiamo testimoni e trasmettiamo ad altri la Parola di Dio. Come nella celebrazione eucaristica, così anche nella vita di ogni giorno possiamo imparare ad accogliere la Parola del Signore, a vigilare per non essere distratti quando Egli si fa presente (cf. Avvento). La «Parola fatta carne» ci dà ancora appuntamento nella «carne» della vita. Secondo periodo (fino a Pasqua) La liturgia eucaristica, in senso stretto, comprende i riti della presentazione dei doni, la preghiera eucaristica e i riti di comunione. Con questi gesti celebrativi, la comunità cristiana fa memoria di ciò che fece Gesù nell'ultima sua cena, quando prese il pane, rese grazie al Padre, lo spezzò e lo diede ai discepoli (e così poi con il calice...). Anzi, si può dire che facendo questo memoriale della Pasqua è come se anche noi ne fossimo presenti e partecipi (commensali). Siamo al cuore della vita di Gesù e al punto da cui scaturisce la vita della Chiesa. La Chiesa nasce da un dono d'amore, e celebra questo dono con lo stesso atteggiamento dell'amore: offre con disponibilità ciò che è frutto della terra e del lavoro dell'uomo; ringrazia il Padre, datore di ogni dono, intercede per la Chiesa tutta e per il mondo, riceve e condivide il cibo eucaristico per diventare essa stessa un solo corpo e un solo spirito in Cristo. Il dono dello Spirito, invocato sui doni eucaristici e su coloro che li assumeranno nella comunione, ci assicura che è ancora lo stesso Cristo a donarsi a noi. Il gesto più grande di amore fatto da Cristo, gesto con cui indica il dono della sua vita, è simultaneamente un gesto di condivisione: spezzò il pane e lo diede, prese il calice e lo diede loro. La nostra comunione passa attraverso la condivisione. Non dovremmo mai cercare una unione con Cristo che ci isoli dagli altri, che sia tutta per noi. Non sarebbe fedele alla memoria di ciò che ha fatto Gesù! Questi atteggiamenti danno forma ad una comunità che si sa amata dal Signore: questa è la misura della nostra gioia, della nostra fraternità, ma anche della nostra capacità di solidarietà. Si tratta di partecipare a questa tavola imbandita del dono di Gesù Cristo, senza mai dimenticare che tale dono non è solo per noi. Anzi, solo condividendolo insieme possiamo con verità e con autenticità prenderne parte. Il pane che riceviamo è già stato spezzato: è condiviso; ciascuno ne riceve una piccola parte (una «particola»), ma, come dice Paolo, «poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all'unico pane» (ICor 10,17). Questi atteggiamenti eucaristici si estendono quasi naturalmente nella vita di ogni giorno. Potremmo dire che è veramente evangelico il nostro modo di vìvere se è in sintonia con l 'eucaristia, se può essere simbolicamente raccolto nella presentazione dei doni e diventare un'offerta gradita a Dio, in unione all'offerta di Cristo. Il cammino della quaresima ci aiuta ad avvicinarci progressivamente al momento della Pasqua (di Cristo e nostra), al momento in cui il seme, caduto in terra, muore per portare molto frutto (cf. Gv 12,24). Terzo periodo (fino a Pentecoste) Ogni celebrazione eucaristica termina non semplicemente con una conclusione, ma con una «benedizione» e un «invio». La comunità che ha celebrato è «benedetta» dall'incontro con il Signore (nei segni della comunità radunata, della Parola ascoltata, del cibo eucaristico offerto e ricevuto), e così esce dalla chiesa-edificio, per riversarsi negli ambiti della vita di ogni giorno. Essa è inviata a portare con sé la grazia di questa benedizione. La trasformazione della comunità non consiste anzitutto negli impegni che essa potrà prendersi dopo la celebrazione, ma piuttosto nel volto gioioso con cui essa esce dalla chiesa. Se non vi fosse questa gioia profonda, l'insistenza sugli impegni da prendere potrebbe apparire moralistica e inefficace. «La gioia del Signore sia la vostra forza. Andate in pace». Questa gioia deriva dal poter guardare se stessi e gli altri dal punto di vista di Dio: ciò che Lui ci ha donato di essere: comunità fraterna e riconciliata, portatrice della sua Parola, coinvolta nel suo dono d'amore, e ora, quindi, «inviata» ad essere così e a mostrare questo suo volto nel mondo. Possiamo rispecchiarci nella comunità primitiva che muove i primi passi, sospinta dalla forza dello Spirito (cf. Atti degli Apostoli). Al cuore della nostra testimonianza di fede c'è l'iniziativa di Dio che ci ha donato il suo Figlio e lo Spirito Santo, perché anche la nostra sia una vita da figli di Dio, mossi dallo Spirito. Ogni eucaristia celebrata è «in boccio» una esperienza rinnovata di questo dono; ogni incontro con gli uomini e le donne di oggi, ogni servizio che possiamo donare o ricevere, ogni gesto di solidarietà con i fratelli più in difficoltà o in ricerca, tutto questo è l'eucaristia «sbocciata», è il buon profumo del Vangelo che si espande attorno a noi.