Qualche considerazione sul morbillo Molte malattie autoimmunitarie e del neurosviluppo si evidenziano in concomitanza con il periodo delle vaccinazioni, probabilmente non sarà casuale ma potrebbe essere un valido motivo per indagare in tale direzione, non è sufficiente dire che purtroppo sono malattie che comunque devono manifestarsi e guarda caso lo fanno nel periodo coincidente con la vaccinazione, che è comunque valida a prescindere. Queste ultime affermazioni fatte anche da personaggi che dovrebbero garantirci, mi riportano a mente Aristotele e la forma classica del sillogismo come falso ragionamento riassunto nel motto latino :” Sarda salata facit bibere et ribibere; bibere et ribibere facit estinguere sitim ergo, sarda salata facit estinguere sitim” Sebbene l’incidenza delle malattie autoimmunitarie sia bassa, diceva Wraith circa 15 anni fa, si è assistito a un loro aumento soprattutto negli ultimi anni, non stiamo considerando le patologie del neurosviluppo che dovrebbero essere, a mio avviso, inserite tra le malattie autoimmunitarie. Un episodio infettivo può indurre una malattia autoimmunitaria attraverso due meccanismi: antigene specifico e non antigene specifico, possono operare insieme o separatamente ma la malattia può insorgere solo se il soggetto è geneticamente predisposto. Il fenomeno del mimetismo molecolare coinvolge i linfociti T che riconoscono un peptide legato alle molecole MHC, ma se il peptide presenta omologia di sequenza con un antigene self si innesca una risposta autoimmunitaria. Tale meccanismo è stato studiato molto bene nel modello sperimentale di sclerosi multipla nel coniglio, dove si è osservato che un peptide della polimerasi de virus dell’epatite B induce una risposta capace di ledere le strutture nervose. Un ulteriore fenomeno di mimetismo molecolare si riscontra tra un peptide della P3 del virus del morbillo (la P3 è un attivatore policlonale) e la proteina basica della mielina (MBP), proteina strutturale della guaina mielinica, questo ci riporta alla mente le lesioni tipiche che si riscontrano nella sclerosi multipla (SM). Olson nel 2001 per primo ha dimostrato che durante una infezione di tipo virale contratta per via naturale, il patogeno codifica un peptide che ha omologia di sequenza con un epitopo della mielina in grado di innescare una risposta autoimmunitaria mediata direttamente dai linfociti T. Gli studi di Olson sono importanti perché rilevò che erano coinvolti anche i recettori dei linfociti T (TCR), rilevò che in dipendenza dei virus e delle modifiche a loro apportate variavano i tempi di latenza per l’insorgenza della patologia, c’erano differenze nel fenotipo clinico in dipendenza del diverso grado di omologia di sequenza dei peptidi. Penso che Olson abbia fatto un grandissimo lavoro ed è riuscito a dimostrare molte cose riguardo il mimetismo molecolare, l’autoimmunità e il suo collegamento alle infezioni virali, in altre parole una pietra miliare nell’ambito dell’immunologia. Anche nella cheratite erpetica da Herpes Simplex 1 c’è una risposta autoimmunitaria indotta dai linfociti T CD4+, responsabile è un particolare peptide del virus capace di indurre la malattia in animali immunodeficienti. Sebbene l’accostamento può sembrare inadeguato, la situazione appena riportata ci deve far pensare che prima di una qualsiasi terapia, considerando anche la vaccinazione terapia, devono essere eseguiti esami che consentano di valutare lo stato del sistema immunitario. In teoria ogni patogeno o qualche proteina di derivazione vegetale, ne è un esempio la gliadina, potrebbe avere omologia di sequenza con 1 strutture “self” e potenzialmente essere in grado di innescare una risposta autoimmunitaria attraverso un meccanismo di mimetismo molecolare. Il TCR è in grado di riconoscere una vasta gamma di epitopi, è stato stimato che è in grado di riconoscere oltre un milione di epitopi differenti , ma solo pochi sono quelli capaci di attivare una risposta da parte dei linfociti T naive. Questo cellule hanno maggior capacità di reazione crociata con gli antigeni presentati dalle APCs. Nella risposta autoimmunitaria ai patogeni giocano un ruolo fondamentale le APCs che catturano gli antigeni self rilasciati dalle cellule danneggiate dal microrganismo, che si legano ai TLRs di queste cellule presentanti l’antigene, risultante in una sovraespressione di molecole MHC e produzione di molecole costimolatorie e citochine. Tale sovraespressione di antigeni self attraverso le APCs attiva i linfociti T che favoriscono la produzione di citochine infiammatorie a cui segue infiammazione locale che induce proliferazione di linfociti T autoreattivi che aggravano ulteriormente il quadro. Quanto appena descritto è importante perché potrebbe far pensare che anche la somministrazione di mediatori dell’infiammazione, così come un insulto fisico, sui tessuti può essere sufficiente a indurre una reazione autoimmunitaria, ed è utile per comprendere perché infiammazioni a partenza intestinali possono portare conseguenze a livello del SNC. Tutte queste evidenze fanno ritenere che in teoria dovremmo essere più esposti di quello che siamo alle malattie autoimmunitarie nel corso di malattie infettive, la risposta andrebbe ricercata nella storia dell’evoluzione del sistema immunitario, nei meccanismi di controllo omeostatici dei linfociti dei fattori di crescita etc.Già nel 1996 Hayney si poneva il problema della risposta alla vaccinazione contro il morbillo, in relazione all’HLA (human leukocyte antigen - HLA), importante nel determinare la risposta immunitaria al virus del morbillo e al vaccino. Per esaminare l'influenza di questa regione genomica e del suo polimorfismo sulla risposta anticorpale al vaccino contro il morbillo, sono stati studiati gli alleli HLA-DRB1 nei soggetti non-responder e iper-responder al vaccino, ed è stata osservata l'assenza degli alleli HLA-DRB1*13 è associata a una mancata risposta al vaccino. I ricercatori notarono che l’assenza di quest’allele è stata associata anche alla suscettibilità verso altre malattie infettive, e invitarono la comunità scientifica a proseguire lo studio di questi geni e il loro ruolo nella risposta immunogenetica nelle malattie infettive. Nel 1998 Hayney lavorando sempre sull’HLA, si interessò in particolare dell’HLA-DQA1, che pur essendo moderatamente polimorfico rispetto ad altri loci HLA di classe II, ha un ruolo importante nel determinare la risposta umorale anticorpale al vaccino del morbillo virus. Fu osservato che la presenza degli alleli HLADQA1*05 è frequente negli ipo-responders , mentre l’aplotipo HLA-DQA1*01 è presente nei soggetti iperresponders; l’ HLA-DQA1 in omozigosi si associa a una debole risposta anticorpale. Ovviamente nel corso degli anni si sono aggiunte informazioni in numero crescente, via via gli studi effettuati andavano a confermare i precedenti, come nel caso di Ovsyannikova che circa dieci anni fa ha indagato sull'associazione dei livelli anticorpali e gli alleli HLA di classe I e II alleli tra i 170 studenti italiani che avevano ricevuto una dose di vaccino morbillo-parotite-rosolia. I soggetti vaccinati furono divisi in due gruppi: 93 sieropositivi e 77 iper-responder. Di tutti gli alleli analizzati, HLA-B (*) 7 (odds ratio (OR) 1.9, p = 0.05), DQA1 (*) 0104 (OR 4.6; p = 0,02) e DPA1 (*) 0202 (OR 4.8; P = 0,04) erano positivamente associati con iper-responsività al vaccino, mentre alleli HLA-B (*) 44 (OR 0,4; P = 0.02), DRB1 (*) 01 (OR 0,6; p = 0.09), DRB1 (*) 08 (o 0.3 , P = 0.04), DQB1 (*) 0301 (o 0,5, P = 0.04), e DPB1 (*) 0401 (OR 0,6; P = 0.03) non sono stati associati a iper-responsività. I risultati confermano che gli alleli HLA hanno una importante associazione con l’iper-responsività al vaccino contro il morbillo. 2 Oggi sappiamo che i geni HLA giocano un ruolo chiave nella risposta immunitaria all'antigene non self, l’MHC di classe I presenta gli antigeni ai linfociti T citotossici (CTL), mentre l’MHC di classe II li presenta ai linfociti T helper. L’elevato polimorfismo di questi geni sembra essere il risultato della selezione naturale in seguito alla risposta agli antigeni, invece, la mancanza di tale diversità può limitare la varietà degli antigeni presentati ai linfociti T helper o ai CTL con conseguente diminuzione dell’efficacia della risposta immunitaria alle infezioni sostenute dai patogeni. In base a queste conoscenze sono stati studiati gli effetti dell’immunizzazione contro il morbillo, in particolare il rapporto tra livelli di IgG e particolari geni HLA sia in eterozigosi, sia in omozigosi, tralascio i dettagli tecnici sul metodo della ricerca e del reclutamento dei soggetti esaminati, ma riporto i risultati più importanti di uno degli studi effetuati da Sauver. È stata valutata l'associazione tra HLA (omozigosi) e i livelli anticorpali antimorbillo (IgG) su un campione di 242 bambini, gli omozigoti per almeno un locus avevano due volte in più la probabilità di essere sieronegativi (O.R, 1,97, intervallo di confidenza 95%, 1,08-3,61), i bambini che presentano omozigosi in più loci tendono ad avere livelli medi di anticorpi più bassi. Questi dati evidenziano che la mancanza di diversità dell’HLA può limitare la gamma di peptidi, che possono essere presentati ai linfociti B, che potenzialmente portano a una diminuita capacità della risposta immunitaria alle infezioni virali; è per tale motivo che ci può essere un “vantaggio” per l’eterozigote. Questi dati possono spiegare perché alcuni soggetti rispondono di più o di meno ai vaccini che contengono virus; nel tempo ho avuto modo di verificare quanto su esposto valutando i dati dei piccoli pazienti a cui faccio eseguire, quando si riesce ad ottenere, la tipizzazione tissutale o sierologica di classe I e II. La tipizzazione HLA insieme alla titolazione anticorpale per tutti i virus erpetici, del parvovirus B19, streptococco, borrelia, micoplasma, solo per citare i più importanti ci forniscono un quadro completo di come sta reagendo il sistema immunitario e come intervenire con adeguata terapia, in particolare con la SAT terapia. Un importante lavoro è di Poland: Variability in Immune Response to Pathogens: Using Measles Vaccine to Probe Immunogenetic Determinants of Response È utilissima anche la bibliografia: Androlewicz MJ, Anderson KS, Cresswell P. 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