4. Il raggruppamento temporaneo di imprese nel commercio

annuncio pubblicitario
4.
Il raggruppamento temporaneo di imprese
nel commercio internazionale
4.1
La cooperazione tra imprese nell’appalto internazionale
Il fenomeno della cooperazione tra imprese per la realizzazione di uno o più
operazioni assume particolare importanza in ambito internazionale per ragioni sia economiche, che politiche e giuridiche.
Particolare importanza riveste l’analisi degli aspetti giuridici, proprio perché, oltre alle problematiche insite nella cooperazione di tipo temporaneo,
vi sono quelle relative alla natura internazionale sia del contratto di cooperazione (joint venture agreement) 1 sia del contratto di appalto.
Al fine di comprendere meglio il fenomeno in esame, si sottolinea che la
realtà transnazionale presenta caratteristiche proprie che la distinguono
da quella americana. In particolare, le esigenze degli operatori transnazionali hanno contribuito alla predisposizione di regole e di usi ricorrenti nelle
joint ventures internazionali.
A livello transnazionale, si possono individuare due tipi di joint venture,
che riprendono la classificazione adottata nella realtà commerciale americana (cfr. 1.5.1). La prima figura è la joint venture corporation (società
mista), caratterizzata, generalmente, dalla cooperazione tra imprese appartenenti a Stati diversi su base societaria. La joint venture contractual,
al contrario, è caratterizzata dalla cooperazione su base contrattuale.
Nell’ambito del commercio transnazionale, si è constatato che non esiste, in
riferimento alla cooperazione tra imprese, un uso uniforme della terminologia.
Un autorevole studioso2 del fenomeno ha classificato le forme di cooperazione internazionale di tipo contrattuale sulla base del grado di integrazione esistente tra le imprese cooperanti. Le tre forme di cooperazione individuate sono: il subcontratto, il consorzio internazionale e la joint venture
internazionale.
1 Esso rappresenta il “tessuto convenzionale di base”, indicante l’oggetto dell’investimento “ (…) la cui
attuazione può svolgersi o attraverso una relazione contrattuale o, piuttosto, per mezzo di una società
costituita all’uopo”; Nel caso della joint venture contractual, il joint venture agreement tende a coincidere
con il contratto di joint venture, “esaurendo nella disciplina voluta dalle parti il complesso delle prestazioni afferenti l’esecuzione dell’oggetto della stessa joint venture”.
(AA.VV., Le joint ventures - profili giuridici e modelli contrattuali -, E.G.E.A, 1997, p. 9-12).
2 Draetta U., op. cit. , p. 10.
IL CONTRATTO DI JOINT VENTURE
Il subcontratto, dal punto di vista giuridico, si distingue dalle altre due
forme di cooperazione di tipo contrattuale per il limitato grado di integrazione tra le parti del rapporto.
Maggiori problemi esistono riguardo al significato giuridico di consorzio
internazionale e di joint venture internazionale. Secondo Draetta, la differenza tra queste due forme di cooperazione consiste nelle modalità di
regolazione dei rapporti interni (e, pertanto, nel grado di integrazione tra
le imprese).
Nel consorzio internazionale le imprese si ripartiscono l’esecuzione del
contratto con il committente, assumendosi ciascuna la responsabilità di
una parte delle prestazioni relative e ripartendosi opportunamente i rischi derivanti da tale esecuzione3 .
Questa forma di cooperazione contrattuale presuppone prestazioni separabili, assunte singolarmente dalle imprese. Ciò comporta l’assunzione pro
parte del rischio economico, vale a dire il fatto che al termine del rapporto
di cooperazione la singola impresa abbia conseguito un guadagno oppure
una perdita, indipendentemente dal possibile risultato economico delle altre.
La joint venture internazionale, secondo Draetta, presenta un grado di
integrazione maggiore rispetto a quello del consorzio internazionale in
quanto le imprese cooperanti provvedono congiuntamente all’esecuzione
del contratto ripartendosi gli utili (o le eventuali perdite) da essa derivanti secondo le quote prefissate 4.
Questa terminologia è abitualmente utilizzata nella pratica contrattuale
internazionale. Tuttavia, tale classificazione rischia di non tener conto dell’esistenza, a livello transnazionale, di soluzioni contrattuali intermedie. È
più opportuno, pertanto, utilizzare un unico termine, vale a dire joint venture contractual, per indicare la cooperazione temporanea e limitata alla
realizzazione di un singolo appalto internazionale. Questo perché il concreto assetto economico ed organizzativo del rapporto di cooperazione può
variare sensibilmente in funzione della specificità della situazione, della
valutazione economica delle imprese, delle particolari esigenze della comune iniziativa ecc. 5 . Pertanto, la joint venture contractual può essere caratterizzata da diversi livelli di integrazione senza che ciò giustifichi l’adozione di un differente vocabolo 6 per definirla.
3 Ibidem.
4 Draetta U., op. cit., p.11.
5 Cfr. Carbone S.M – D’angelo A., op. cit ., pp.17-18.
6 Cfr. Astolfi A., Il contratto di joint venture. La disciplina giuridica dei raggruppamenti temporanei di
imprese , cit., p. 45.
90
4. IL RAGGRUPPAMENTO TEMPORANEO DI IMPRESE NEL COMMERCIO INTERNAZIONALE
Nel presente elaborato, utilizzeremo il termine joint venture contractual
riferendoci a qualsiasi forma di cooperazione di tipo temporaneo ed occasionale che non comporti l’istituzionalizzazione del rapporto e consenta così
alle imprese di mantenere l’autonomia contrattuale.
Sulla base di tali premesse, analizziamo la joint venture contractual per
l’esecuzione di opere complesse in attuazione di un appalto internazionale.
Il motivo per cui si delimita l’analisi all’appalto internazionale è perché,
come bene evidenziato da Carbone-D’Angelo, adottare un “metodo ricostruttivo improntato alla generalizzazione può risultare fuorviante”7 . Così
facendo, infatti, si trascurerebbero elementi che sono propri delle singole
operazioni economiche. Poiché l’appalto internazionale è di per sé particolarmente complesso, analizzare la joint venture contractual in tale ambito
permette di cogliere aspetti e problematiche che si presentano anche in
altre forme di cooperazione.
La joint venture contractual può essere sia di tipo “orizzontale” sia “verticale”, a seconda che le prestazioni da eseguire siano o meno omogenee.
Generalmente, un appalto internazionale ha per oggetto l’esecuzione di opere
complesse, vale a dire di opere la cui realizzazione richiede l’integrazione
ed il coordinamento di più competenze tecnico-operative. La joint venture
contractual è uno strumento giuridico che consente l’integrazione ed il
coordinamento delle prestazioni necessarie all’esecuzione dell’appalto, permettendo alle imprese di cooperare, senza che ciò determini una vera e
propria fusione tra di loro ma solo un’integrazione funzionale alla realizzazione dello scopo comune.
4.2
La disciplina dei rapporti interni
La disciplina dei rapporti interni rappresenta uno degli aspetti più interessanti della joint venture contractual. A differenza dei rapporti con il committente (cfr. 4.3), dove le imprese cooperanti sono in un certo senso vincolate dai limiti imposti dalle caratteristiche proprie del contratto di appalto internazionale, nei rapporti interni possono regolare liberamente, secondo il principio di autonomia contrattuale. Naturalmente, i due ambiti non
sono totalmente separati, in quanto la disciplina dei rapporti esterni influisce su alcuni aspetti di quella dei rapporti interni, soprattutto qualora la
joint venture contractual assuma rilevanza esterna.
La joint venture contractual, secondo la nostra impostazione, comprende
diversi gradi di integrazione, pur rimanendo nell’ambito della cooperazione
temporanea per la realizzazione di un’opera complessa. Nella pratica, la
7 Carbone S.M. – D’angelo A., op. cit ., p. 15.
91
IL CONTRATTO DI JOINT VENTURE
particolare configurazione del rapporto interno di cooperazione può variare sensibilmente. In particolare, si possono avere contratti di joint venture
in cui ogni impresa assume il rischio economico della prestazione di propria
competenza, come pure forme di collaborazione in cui vi è un’assunzione
congiunta del contratto di appalto ed una ripartizione degli utili secondo
quote prestabilite.
Il problema della ripartizione dei rischi tra le imprese cooperanti assume
particolare importanza nel caso in cui queste decidano di non ripartire gli
utili o le eventuali perdite secondo quote prestabilite. Infatti, nel caso in
cui è prevista una divisione pro-quota degli utili (o perdite), il problema
non sussiste, poichè “(…) tutti i rischi sono già per definizione comuni.
Qualora tali rischi si materializzino, essi risulteranno in un aggravio dei
costi per la joint venture stessa con conseguente riduzione di profitto (o
aumento delle perdite) da suddividersi tra i membri (…)”8 .
La ripartizione (interna) dei rischi attiene a due distinte situazioni. La
prima riguarda i criteri da adottare in caso di inadempimento verso il
committente. Poiché si ipotizza che ciascuna impresa si assuma totalmente
le conseguenze dell’inadempimento, l’impresa inadempiente risponderà,
attraverso il pagamento di penali, per ritardi o altri danni cagionati. Qualora al pagamento di tali penali, in virtù della responsabilità solidale, non
abbia provveduto l’impresa inadempiente bensì un’altra, allora la prima
dovrà risarcire la seconda.
La seconda situazione attiene al caso in cui l’inadempimento di un’impresa
abbia comportato conseguenze negative per le altre. In questo caso, l’impresa inadempiente dovrà risarcire i danni o, eventualmente, indennizzare
gli oneri, indipendentemente dalle conseguenze che l’inadempimento ha
provocato per il committente 9.
L’azione di regresso serve a “garantire un corretto equilibrio tra responsabilità globale delle imprese partecipi del rapporto di cooperazione e ripartizione tra le stesse imprese di tale responsabilità (…)” 10. Il meccanismo del regresso entra in funzione ogni volta che il committente si avvale
della solidarietà, facendo valere i propri diritti al risarcimento del danno
nei confronti di una qualsiasi impresa cooperante. Inoltre, il suddetto meccanismo opererà anche nel caso in cui un’impresa si trovi a risarcire il
danno per un importo eccedente la quota di propria competenza. In quest’ultimo caso, il rimborso degli oneri avverrà sulla base della particolare
ripartizione interna dei rischi scelta dalle imprese cooperanti.
8 Draetta U., op. cit., p. 158.
9 Cfr. Carbone S. M. - D’Angelo A., op. cit., p. 110; Draetta U., op. cit., p. 117.
10 Carbone S.M. - D’Angelo A., op. cit., p. 111.
92
4. IL RAGGRUPPAMENTO TEMPORANEO DI IMPRESE NEL COMMERCIO INTERNAZIONALE
Al fine di identificare il criterio di attribuzione della responsabilità, si
sottolinea che le imprese si assumono, singolarmente e tramite l’impresa
leader, un’obbligazione di risultato e non di mezzi. L’obbligo di realizzare
la prestazione di propria competenza sussiste non solo nei confronti del
committente, ma anche nei confronti dei co-ventures. Infatti, il mancato
adempimento dell’obbligazione rende o può rendere inadempienti anche
le altre imprese. Per questi motivi, nei rapporti interni le obbligazioni
reciproche corrisponderanno a quelle assunte nei confronti della stazione
appaltante. Pertanto, opererà lo stesso criterio di attribuzione di responsabilità sia nei rapporti con il committente sia nei confronti delle altre
imprese cooperanti.
Un orientamento dottrinale, ormai quasi del tutto superato, individuava
nel criterio della colpa-diligenza una possibilità di limitazione della responsabilità in seguito al mancato raggiungimento del risultato. Invece,
la tesi secondo cui opererebbe sempre una responsabilità dell’appaltatore
trova conferma nella pratica contrattuale11 ; questo perché l’impresa, nell’assumersi l’obbligazione, deve tenere conto delle caratteristiche tecniche dell’opera da realizzare, delle capacità tecnico-organizzative a propria disposizione e delle pattuizioni contrattuali. Pertanto, il rischio di
mancato risultato ricade esclusivamente sull’impresa inadempiente secondo “un rapporto causale tra ambito di prestazione e inadempimento ad
esso riconducibile”12.
Unico limite alla responsabilità delle imprese è rappresentato dal verificarsi di una delle cause di forza maggiore (force majeure), previste ed inserite
con apposita clausola nel joint venture agreement, che renda impossibile
l’esecuzione della prestazione. Generalmente, le cause di force majeure
inserite nel contratto di cooperazione tendono a coincidere con quelle indicate nel contratto di appalto e questo perché la mancata corrispondenza
potrebbe provocare il sorgere di responsabilità verso il committente che
non siano ripartibili tra le imprese o, viceversa, di una responsabilità interna alla quale non corrisponda un effettivo risarcimento nei confronti del
committente13.
La peculiarità della cooperazione temporanea tra imprese consiste, da una
parte, nell’esistenza di una “connessione tecnica e di una interdipendenza
esecutiva” 14 tra le diverse prestazioni strumentali alla realizzazione dell’opera complessa oggetto dell’appalto, dall’altra, nella presenza di una
11
12
13
14
Cfr. Draetta U., op. cit., p. 121.
Ibidem.
Cfr. Carbone S.M. – D’Angelo A., op. cit ., p. 117 e, similmente, Draetta U., op. cit ., p.121.
Carbone S.M. – D’Angelo A., op. cit ., p. 118.
93
IL CONTRATTO DI JOINT VENTURE
pluralità di competenze tecnico-operative e di interessi particolari delle
singole imprese. Questi elementi rendono spesso difficile l’individuazione
delle cause dell’inadempimento e di conseguenza diventa poi arduo stabilire su quale impresa gravi l’obbligo di risarcire il danno sia al committente
(responsabilità esterna) sia alle altre imprese (responsabilità interna). A
causa di tale difficoltà, la prassi commerciale transnazionale ha dovuto
ricercare “appropriati criteri di imputazione e di disciplina della responsabilità adeguati e congrui alle particolari caratteristiche dell’operazione economica” 15. Nel ricercare tali criteri, si è tenuto anche conto della natura
delle prestazioni che le imprese sono reciprocamente obbligate ad eseguire. In particolare, la prassi commerciale è giunta ad attribuire a tali attività la natura di prestazioni di appalto, proprio come quelle dovute al committente. Conseguenza di una tale impostazione è che, in via di principio,
i vincoli reciproci derivanti dalla cooperazione hanno “natura di obbligazioni caratterizzate in funzione di uno specifico risultato rispetto al quale le
prestazioni dovute sono previste” 16.
Pertanto, la responsabilità interna delle imprese si basa sulla particolare
ripartizione delle aree di rischio. Con ciò, si intende che ogni impresa si
obbliga nei confronti delle altre ad eseguire una particolare prestazione,
in modo da poter garantire il risultato complessivo, vale a dire la realizzazione dell’opera complessa oggetto del contratto di appalto internazionale. Nelle rispettive aree di competenza, ogni impresa sopporta quindi
l’alea che consegue all’eventuale mancata produzione del risultato verso
le altre. In questo modo, ogni impresa può risultare inadempiente e di
conseguenza responsabile per il solo fatto oggettivo che l’attività di propria competenza non abbia prodotto il risultato concordato; questa responsabilità, pertanto, sussisterebbe indipendentemente dal fatto che l’impresa abbia assunto comportamenti colposi o abbia mancato di rispettare
le regole pattuite.
Da quanto detto, si evince che la prassi ha individuato, quale criterio di
imputazione degli inadempimenti e della responsabilità, quello della causalità “tra ambito di prestazione (e risultato realizzativo specifico dovuto al
riguardo) e inadempimento (inteso appunto nel senso di oggettiva mancanza o difformità dello specifico risultato dovuto)” 17. Spetterà poi all’impresa,
nel cui ambito di competenza è stata individuata la causa dell’inadempimento, dimostrare l’impossibilità oggettiva di perseguire il risultato pattuito. Naturalmente, l’onere della prova ed i criteri sulla base dei quali sta15 Ibidem .
16 Ibid , p. 119.
17 Carbone S.M. – D’Angelo A., op. cit., p. 120.
94
4. IL RAGGRUPPAMENTO TEMPORANEO DI IMPRESE NEL COMMERCIO INTERNAZIONALE
bilire l’esonero della responsabilità dipendono dalla disciplina convenzionale e dalla compatibilità con quanto stabilito nel contratto di appalto.
Tuttavia, come dimostrato da Carbone-D’Angelo, molto spesso l’individuazione della causa risulta difficile ed in alcuni casi praticamente impossibile.
Una possibile soluzione al problema consiste nell’inserimento nel contratto di
cooperazione (joint venture agreement) di una clausola in cui si stabilisca
che, in presenza di causa ignota, le imprese nel cui ambito di competenza la
causa ignota possa essere riferita si ripartiscano pro-parte i danni e le responsabilità derivanti. Però, data la frequenza dei casi nei quali la causa
rimane ignota, vi è il rischio che tale clausola non consenta una regolamentazione equa ed imparziale della cooperazione temporanea ed occasionale.
Per il suddetto motivo, nei contratti di cooperazione è spesso previsto il
criterio della presunzione di causalità. Le imprese, in questo modo, stabiliscono, convenzionalmente ed a priori, l’ambito di imputazione del danno conseguente al verificarsi di un determinato evento. Pertanto, è responsabile di
tale evento l’impresa la cui prestazione plausibilmente “comporta il rischio
che l’evento si verifichi”, anche qualora la causa risieda da un’altra parte 18.
Spetterà poi a tale impresa dimostrare la propria non responsabilità.
Naturalmente, come si può comprendere, non esiste un unico criterio valido
per ogni tipo di cooperazione; pertanto, spetterà ai co-venturers individuare
il o i criteri che meglio si adattino alla caratteristica dell’affare comune.
Come già evidenziato, generalmente sussiste una responsabilità dell’impresa inadempiente sulla base del criterio di causalità. Pertanto, tale impresa deve, da una parte, risarcire il danno al committente19 e, dall’altra,
rispondere delle eventuali conseguenze economiche che il proprio inadempimento abbia cagionato alle altre imprese.
La responsabilità, in assenza di limiti convenzionali, coprirebbe tutti i danni
prevedibili, legati da un rapporto di causalità alla prestazione di competenza dell’impresa inadempiente.
Più controversa è la questione relativa alla risarcibilità dei “danni indiretti”, tra i quali vi è il mancato (o perdita di) utile. Secondo un primo orientamento, il mancato profitto non dovrebbe essere risarcito, in quanto “la
prassi del commercio internazionale in merito (…) è influenzata dai sistemi
di common law, che comprendono il mancato profitto tra i cosiddetti consequential damages, il cui risarcimento è in genere convenzionalmente
escluso”20.
18 Cfr. Carbone S.M. – D’Angelo A., op. cit ., p. 123 e similmente Draetta U., op. cit., p. 123.
19 Se a risarcire il danno è stata un’altra impresa, quest’ultima ha diritto a rivalersi nei confronti
dell’inadempiente.
20 Draetta U., op. cit., p. 118.
95
IL CONTRATTO DI JOINT VENTURE
L’orientamento opposto individua come unico limite “soltanto [la] regola
della non risarcibilità dei danni non prevedibili al tempo dell’assunzione
dell’obbligazione” 21. Pertanto, secondo quest’ultima tesi, andrebbero risarciti tutti i danni in termini di maggiori costi oppure maggiori oneri o, infine, minor profitto sostenuti dalle altre imprese e derivanti dall’inadempimento di un altro co-venturer.
La totale responsabilità dell’impresa inadempiente opera qualora le parti
non abbiano previsto dei limiti convenzionali.
Il rischio derivante dal principio di causalità è che l’impresa inadempiente si trovi a risarcire danni in proporzione superiori a quelli che
dovrebbe risarcire un’impresa che si incarichi di eseguire singolarmente l’opera complessa oggetto del contratto di appalto. Questo perché il rapporto di cooperazione agisce come moltiplicatore della responsabilità in capo ad ogni singola impresa, in quanto l’inadempiente
è obbligata a risarcire sia il committente sia le imprese che hanno
subito un danno.
Per ridurre appunto il rischio economico della responsabilità, nella pratica
contrattuale internazionale, si assiste abitualmente all’inserimento di apposite clausole, che in pratica possono variare a seconda del tipo di limite
alla responsabilità22.
La principale clausola limitativa (nella disciplina dei rapporti interni come
pure di quelli esterni) è quella di force majeure. Tale clausola, generalmente, è omogenea o quantomeno coerente con quella inserita nel contratto
principale ed esonera, qualora sussistano le cause di esclusione, l’impresa
dal risarcimento dei danni.
In aggiunta alla clausola di forza maggiore, nei contratti di cooperazione,
sono stati messi a punto dei meccanismi perequativi finalizzati ad evitare
che un evento causativo venga interamente sopportato dall’impresa nel cui
ambito si è manifestato.
Alcune clausole limitano la responsabilità in base al criterio della colpadiligenza. In riferimento a questo tipo di clausola, sono state espresse delle
perplessità, soprattutto per quanto concerne i contratti di cooperazione
internazionale. Infatti, il principio di colpa – diligenza, pur essendo presente in tutti gli ordinamenti, può notevolmente variare tra questi. Oltre
al problema della non uniformità del principio nei diversi ordinamenti, vi
è anche il rischio che tali clausole possano creare “aree di irresponsabilità
21 Carbone S.M. – D’Angelo A., op. cit., p. 117.
22 In particolare, le suddette clausole possono limitare l’ambito delle ipotesi in cui può insorgere la
responsabilità, possono stabilire un tetto massimo al risarcimento oppure possono stabile l’esclusione di
alcuni tipi di danni.
96
4. IL RAGGRUPPAMENTO TEMPORANEO DI IMPRESE NEL COMMERCIO INTERNAZIONALE
interna tra le imprese, pur a fronte di una comune responsabilità verso il
committente”23.
Diversamente da queste, sono ricorrenti e coerenti con le caratteristiche
delle joint venture contractual transnazionali le clausole che pongono dei
limiti quantitativi alla responsabilità interna 24. Con queste clausole, si cerca di controbilanciare l’effetto moltiplicatore del rischio economico della
responsabilità generato dal rapporto di cooperazione.
Ci si riferisce alle cosiddette clausole di mutualità o di mutuo soccorso25,
definite così per via del principio che ne è alla base. Le clausole di mutualità prevedono una responsabilità dell’impresa inadempiente per un valore
massimo pari, generalmente, all’ammontare del valore della prestazione di
propria competenza. In aggiunta a ciò, prevedono la ripartizione dell’onere
comune tra tutte le imprese, generalmente sulla base del valore contrattuale delle singole prestazioni.
Concludendo, facciamo alcune precisazioni circa la giusta interpretazione delle
suddette clausole, onde evitare il sorgere di controversie che possano pregiudicare il raggiungimento dell’obbiettivo comune. Si è sostenuto che tali clausole mirino a riequilibrare l’economia o l’assetto del rapporto di cooperazione,
qualora il criterio di causalità generi, per l’impresa inadempiente, un rischio
economico di responsabilità sproporzionato rispetto all’obbligazione da questa
assunta. Tuttavia, queste clausole, ad eccezione di quella di force majeure, vanno lette ed interpretate nel rispetto della clausola generale di buona fede e di
correttezza, che è generalmente inserita nei contratti di cooperazione. Il rischio
che si corre è che la singola impresa limiti i propri sforzi e l’impegno nell’eseguire la prestazione di competenza confidando appunto nella limitazione della
responsabilità garantita dalle clausole inserite nel joint venture agreement.
4.2.1 La responsabilità interna dell’impresa leader e l’analisi delle attività
strumentali al raggiungimento dello scopo comune
Nell’ambito della joint venture contractual “esterna”, l’impresa leader (o
capofila, chef de file, sponsor, prime contractor ecc…) espleta tutta una
serie di attività che sono strumentali al raggiungimento dell’obiettivo comune. Queste attività attengono sia al rapporto esterno con il committente
e con terzi26 sia ai rapporti interni.
23 Carbone S.M. – D’Angelo A., op. cit ., p.133.
24 Ibid, p. 134.
25 Cfr. Carbone S.M. – D’Angelo A., op. cit ., pp. 134-138; Draetta U., op. cit ., pp. 125-128.
26 Il riferimento è ai rapporti che la leader intrattiene con terzi nell’ambito dell’attività gestoria. I terzi,
diversi dal committente, sono generalmente i sub-appaltatori, cui è demandata l’esecuzione di una certa
prestazione che è comune a tutte le imprese, oppure gli spedizionieri, le compagnie di assicurazione, o
le autorità locali relativamente al rilascio di permessi di diverso tipo.
97
IL CONTRATTO DI JOINT VENTURE
Relativamente ai rapporti con il committente, le attività strumentali consistono, prevalentemente, nella presentazione dell’offerta comune, nella
negoziazione e stipulazione del contratto di appalto e nella gestione dei
contenziosi nascenti tra questo e le imprese cooperanti.
Per quanto concerne i rapporti interni, l’attività gestoria dell’impresa leader può variare sensibilmente e ciò dipende dalla particolare scelta fatta
dai co-venturers. L’attività gestoria, nell’ambito della cooperazione temporanea ed occasionale, consiste generalmente nel coordinamento delle prestazioni delle singole imprese. Tale attività deve essere intesa in senso
ampio, vale a dire che l’impresa leader deve porre in essere tutta una serie
di attività che vanno dal coordinamento tecnico alla risoluzione di controversie relative alle interferenze tra le attività di più imprese nelle medesime aree di lavoro. Quest’ultima funzione decisionale e di disciplina ha
l’obiettivo di evitare che controversie relativamente poco importanti o
comunque di carattere tecnico-operativo provochino il ricorso alla clausola
di risoluzione delle controversie e, pertanto, di impedire che si blocchi
l’attività di cooperazione e, nei casi più critici, che si giunga alla risoluzione
del contratto.
In aggiunta a tali funzioni, l’impresa leader svolge l’attività esecutiva riguardo alle decisioni prese dall’eventuale comitato tecnico oppure riguardo
alle direttive date direttamente dalle imprese tramite i rispettivi rappresentanti.
Per tali attività strumentali, non potrà, al fine di individuare l’eventuale
responsabilità, operare il criterio causale che è alla base della responsabilità delle singole imprese (cfr. 4.2.). Questo perché, mentre le obbligazioni
delle singole imprese sono di risultato, quelle della leader non lo sono e,
pertanto, il criterio per stabilirne la responsabilità è quello della colpadiligenza e, per la responsabilità di tipo decisorio, quello della correttezza
e buona fede27.
Le attività di coordinamento, gestione e direzione svolte dall’impresa leader sono determinanti per il raggiungimento dell’obiettivo comune; infatti,
una cattiva gestione delle suddette attività può pregiudicare la buona riuscita del contratto di cooperazione. Da ciò si può percepire l’importanza
che assume la disciplina di tali aspetti.
La cooperazione temporanea tra imprese comporta l’assunzione di tutta
una serie di decisioni che attengono sostanzialmente a due sfere.
La prima riguarda le decisioni e le scelte organizzative che ogni singola
impresa opera relativamente all’esecuzione della prestazione di propria
27 Cfr. Draetta U., op. cit ., p. 130.
98
4. IL RAGGRUPPAMENTO TEMPORANEO DI IMPRESE NEL COMMERCIO INTERNAZIONALE
competenza. La seconda sfera riguarda le decisioni prese dalla leader nell’interesse dei co-venturers, oltre che nel proprio.
Relativamente al primo ambito decisionale, ogni impresa è libera di organizzare la propria attività, dato che, generalmente, se ne assume il rischio
economico 28. Tuttavia, l’autonomia organizzativa e contrattuale non può
pregiudicare o compromettere il raggiungimento dello scopo comune. Per
evitare che ciò possa accadere, le imprese, in base alle caratteristiche
dell’affare oggetto di cooperazione, possono introdurre nel contratto clausole che “sottraggono all’esclusiva autonomia di decisione di ciascuna impresa alcune decisioni che pur inerendo alla sfera di competenze realizzative assegnatele, tuttavia incidono [significativamente] sull’interesse delle
altre imprese” 29. Indipendentemente dall’esistenza di tali clausole, le scelte organizzative di ogni singola impresa che pregiudichino l’interesse di
altre imprese possono comportare una responsabilità dell’impresa agente.
Ad esempio, si può citare l’ipotesi in cui un’impresa abusi della limitazione
della responsabilità, assicurata da apposita clausola, contenendo l’impiego
di risorse necessarie alla realizzazione della prestazione senza preoccuparsi dell’eventuale responsabilità verso il committente30.
Relativamente alla sfera decisionale della leader quale mandataria della
joint venture contractual (internazionale), è opportuno che vengano contrattualmente indicati i poteri al fine di garantire snellezza e tempestività
operativa. Come si è già detto, la joint venture contractual può prevedere
la costituzione di organi collegiali più o meno strutturati aventi il compito
di individuare la strategia operativa comune e di prendere decisioni riguardo ad eventuali contenziosi nei confronti del committente. A seconda
della modalità di decisione adottata da tali organi (unanimità o maggioranza semplice o qualificata), possono emergere situazioni di stallo o di
deadlock. Spesso, i co-venturers non riescono a prendere decisioni e questo può pregiudicare l’avanzamento dei lavori. Pertanto, è consigliabile
che si individuino, preliminarmente, dei meccanismi decisionali sostitutivi. Le possibilità sono sostanzialmente due: la prima consiste nell’attribuire un potere discrezionale alla leader, la quale decide nell’interesse di
tutte le imprese; la seconda consiste nell’attribuire tale potere ad un
soggetto esterno, generalmente un arbitro tecnico.
28 Qualora le imprese provvedano congiuntamente all’esecuzione del contratto ripartendosi gli utili (o le
eventuali perdite) da essa derivanti, si ridurrà notevolmente la propria libertà organizzativa. Infatti, in
questo caso è necessaria la predisposizione di strumenti decisionali e di organi (project manager, management committee ) maggiormente istituzionalizzati, al fine di assicurare una “gestione unitaria del
progetto”. (Cfr. Draetta U., op. cit ., p. 166).
29 Carbone S.M. – D’Angelo A., op. cit , pp.151-152.
30 Ibid., p. 153.
99
IL CONTRATTO DI JOINT VENTURE
L’attribuzione di questo potere decisionale direttamente alla capogruppo
ha come vantaggio quello di una maggiore rapidità di risoluzione della
situazione di stallo; tuttavia, il rischio è che si crei uno squilibrio dell’assetto del contratto di cooperazione a favore di quest’ultima. Diversamente,
il ricorso ad un arbitro ha il vantaggio di una maggiore dialettica tra le
imprese cooperanti; tuttavia, i tempi decisionali saranno inevitabilmente
più lunghi. L’intervento dell’arbitro per il superamento del deadlock sarà
possibile solo se la clausola compromissoria “consente il riconoscimento
all’organo arbitrale di un ruolo integrativo della volontà delle parti, pur se
non espressamente riferito all’ipotesi di deadlock e sempre che le procedure applicabili siano compatibili con la tempestiva adozione della decisione
che occorre assumere” 31.
4.3
Analisi dei rapporti con la stazione appaltante
Analizziamo ora l’altro aspetto importante della cooperazione tra imprese,
vale a dire i rapporti tra la joint venture contractual e la stazione appaltante. Teoricamente, i due ambiti sono divisi ma, in pratica, è evidente che
i rapporti con il committente ed i terzi influenzano anche la disciplina dei
rapporti interni (cfr. 4.2).
Gli strumenti giuridici utilizzati dalla joint venture contractual per rapportarsi al committente possono essere diversi e ciò dipende dalle esigenze dei
co-venturers e del committente stesso.
Generalmente, le imprese cooperanti possono contrattare direttamente e
collettivamente con il committente, oppure tramite una di esse, agendo
quest’ultima nell’interesse delle imprese ma negoziando in nome proprio
(vale a dire una mandataria senza rappresentanza). Infine, le imprese possono concedere un mandato collettivo speciale con rappresentanza all’impresa leader. In questo caso, l’impresa mandataria stipulerà il contratto di
appalto internazionale in nome e per conto delle imprese mandanti oltre
che nel proprio interesse (cfr. 2.1).
Nella maggior parte dei casi, in presenza di una joint venture contractual,
le imprese scelgono quest’ultimo strumento giuridico per rapportarsi con
l’esterno.
Fatta eccezione per il caso in cui le imprese cooperanti contrattino direttamente e collettivamente con la stazione appaltante, la joint venture contractual assumerà valenza “esterna” o “interna”, a seconda che le imprese
siano o meno co-firmatarie del contratto d’appalto.
31 Carbone S.M. – D’Angelo A., op. cit., p. 163.
100
4. IL RAGGRUPPAMENTO TEMPORANEO DI IMPRESE NEL COMMERCIO INTERNAZIONALE
Nel primo caso, il committente sarà a conoscenza del rapporto di collaborazione, anzi, come rilevato da Draetta, il contratto di appalto “menzionerà
espressamente l’esistenza del vincolo (…) e specificherà quali di queste
assuma il ruolo di leader e [frequentemente] verrà enunciata la ripartizione dei lavori tra le imprese”32. In alcuni casi, è lo stesso committente ad
imporre una ripartizione dei lavori, indicando nel bando la parte dell’opera
prevalente, che generalmente viene assunta dall’impresa leader, e quella
delle opere scorporabili, assunte dalle altre imprese sulla base della relativa specializzazione.
La modalità di regolazione dei rapporti esterni incide sul tipo di responsabilità, sia nei confronti della stazione appaltante che dei terzi (fornitori,
subappaltatori ecc.) 33.
L’ipotesi di affidamento dell’attività gestoria ad un’impresa leader che agisce
non soltanto per conto proprio ma anche in nome e per conto delle altre
imprese cooperanti è quella più ricorrente e, pertanto, analizzeremo in
modo particolare tale ipotesi.
L’attività gestoria svolta dalla leader può variare sensibilmente e ciò dipende dalle caratteristiche del joint venture agreement. Generalmente, date
le caratteristiche del contratto di appalto, l’impresa mandataria svolge una
funzione di negoziazione e stipulazione del contratto con la stazione appaltante; la firma del contratto di appalto rende tutte le imprese “responsabili
di fronte al committente dell’esecuzione del contratto”, avendo l’impresa
leader ricevuto la rappresentanza da queste 34.
Per quanto concerne il regime di responsabilità nei confronti del committente, non vi è un’unanimità di interpretazione (cfr. 2.6.1).
Nell’ambito della cooperazione transnazionale, la regola, desumibile anche
dai vari modelli contrattuali e dalle guide, stabilisce una responsabilità
solidale nei confronti del committente35. Tuttavia, seppur l’orientamento
dottrinale prevalente ravvisi un simile regime di responsabilità, bisogna
tener presente che tutt’oggi non vi è unanimità e che le ragioni della tesi
che individua un frazionamento della responsabilità sono persuasive.
Il problema interessa soprattutto gli accordi di cooperazione di tipo “verticale”, nei quali, per la realizzazione dell’opera, è necessaria l’integrazione
di prestazioni ad alta specializzazione. Secondo un’interpretazione restrittiva e rigorosa del principio di solidarietà, ciò autorizzerebbe il committen32 Draetta U., op. cit., 109.
33 Carbone S. M. – D’Angelo A., op. cit., p. 78.
34 Ibid, p. 81.
35 In particolare ci si riferisce al modello di cooperazione temporanea predisposto dall’ORGALIME
(Organisme de Liaison des Industries Métalliques Européennes), (art. 21.1), oppure alla Guida ECE
(par. 26).
101
IL CONTRATTO DI JOINT VENTURE
te a chiedere l’adempimento dell’obbligazione di facere ad una delle imprese cooperanti. Tuttavia, anche tra i sostenitori del suddetto principio, alcuni ritengono che, qualora si tratti di prestazioni infungibili, l’inadempimento di un’impresa “non può essere automaticamente intesa come comportante lo stesso obbligo di facere che faceva carico all’impresa inadempiente”36
e questo perché le altre imprese sarebbero comunque nell’impossibilità di
adempiere. Al tempo stesso, una responsabilità di tipo pecuniario non soddisferebbe pienamente i diritti del committente. Per far fronte a questo
problema, la prassi ha delimitato e chiarito il contenuto della responsabilità solidale in oggetto. In particolare, secondo l’interpretazione dominante, la responsabilità solidale consisterebbe nell’obbligo, da parte di tutte le
imprese, di “reperire una soluzione alternativa che permetta la realizzazione dell’opera (…), senza alcun aggravio di costo per il committente” 37.
In generale, affinché possa operare una limitazione della responsabilità,
secondo l’orientamento dominante, è necessario che “la diversificazione di
prestazioni si risolva nell’articolazione di distinte obbligazioni individuali
delle imprese, escludendo la sussistenza di una comune, unitaria obbligazione delle imprese alla realizzazione dell’opera nella sua globalità” 38; con
ciò si vuole intendere che ogni singola impresa partecipante alla joint venture contractual si obbliga esclusivamente alla realizzazione dell’opera di
propria competenza e non invece alla realizzazione dell’opera nel suo complesso.
Come si può ben comprendere, è determinante, ai fini di stabilire il regime
di responsabilità esterna, capire come la limitazione di questa sia stata
inserita nel contratto d’appalto. Questo perché, secondo la tesi prevalente,
la solidarietà sarebbe una diretta conseguenza del vincolo obbligatorio delle
imprese cooperanti verso la stazione appaltante. Pertanto, è nell’interesse
delle imprese, qualora vi siano le condizioni e il committente acconsenta,
specificare, in apposite clausole, la ripartizione delle competenze tra di
esse e la limitazione della responsabilità. Qualora, al contrario, la diversificazione delle competenze ed il frazionamento della responsabilità non
vengano espressamente inserite nel contratto di appalto “non può dubitarsi dell’assunzione da parte delle imprese di un’obbligazione unitaria e comune (…) con conseguente applicazione del principio della presunzione di
solidarietà” 39.
36
37
38
39
Draetta U., op. cit ., p. 111.
Ibid , 113.
Carbone S.M. – D’Angelo A., op. cit., pp. 93-94.
Carbone S.M. – D’Angelo A., op. cit., p. 95.
102
4. IL RAGGRUPPAMENTO TEMPORANEO DI IMPRESE NEL COMMERCIO INTERNAZIONALE
4.4
La risoluzione delle controversie
L’analisi degli elementi generalmente ricorrenti in un contratto di joint
venture non può concludersi senza essersi prima soffermati sulle procedure
di risoluzione dei conflitti che possono nascere tra le imprese cooperanti.
L’accordo di collaborazione in ambito transnazionale coinvolge più soggetti, spesso appartenenti a Paesi diversi, i cui interessi sono potenzialmente
in conflitto. Inoltre, una tale collaborazione è priva di un’organizzazione
gerarchica, dato che generalmente si basa sul principio dell’unanimità dei
consensi delle imprese cooperanti.
Alla luce di tali caratteristiche, la pratica commerciale internazionale indica soprattutto nell’arbitrato, piuttosto che nella scelta di un giudice nazionale, la sede per la risoluzione delle controversie tra i co-venturers. Le
stesse imprese cercano di realizzare dei contratti di cooperazione il più
possibile completi ed autosufficienti e, allo stesso tempo, delocalizzati rispetto ad uno specifico ordinamento statale.
Generalmente, nei contratti di cooperazione per la realizzazione di un singolo appalto internazionale, le imprese affidano la risoluzione delle controversie ad un arbitro internazionale di diritto privato40, anche se non è da
escludere la possibilità che tale funzione venga affidata ad un arbitro nazionale. In quest’ultimo caso, vi è la volontà delle imprese cooperanti di
sottoporre le controversie alla specifica disciplina, sostanziale e processuale, di un determinato ordinamento statale.
Non sempre, però, è facile stabilire l’intenzione delle parti di prevedere un arbitrato internazionale oppure un arbitrato nazionale di uno specifico Stato. Tuttavia, in assenza di esplicita indicazione, la scelta dell’arbitrato internazionale di
diritto privato è indubbia nel caso in cui i co-ventures abbiano adottato una clausola arbitrale che non presenti collegamenti con uno specifico ordinamento statale.
In generale, la volontà di sottoporre la risoluzione delle controversie ad un
arbitrato internazionale di diritto privato si ricaverà:
a) dalla previsione di regole di svolgimento delle procedure arbitrali di
origine non statale (ad esempio regolamenti di camere arbitrali);
b) dalla indicazione che la disciplina applicabile al rapporto sottostante
debba ricondursi, in linea di principio, all’esercizio dell’autonomia privata e/o ad usi e pratiche del commercio internazionale.
40 L’arbitrato internazionale si sta imponendo in maniera crescente come strumento di risoluzione delle
controversie. La Convenzione internazionale di New York del 1958, in tema di arbitrato, garantisce la
libera circolazione dei lodi forniti di valore vincolante (art. V.1, lett. e). Infatti, il riconoscimento o l’esecuzione del lodo viene meno, secondo l’art. V, § 2, solo nel caso in cui la decisione arbitrale sia contraria
all’ordine pubblico di tale Paese, oppure quando la controversia verta su di una materia considerata non
arbitrabile dalla legge del Paese in cui viene richiesto il riconoscimento.
103
IL CONTRATTO DI JOINT VENTURE
Relativamente alla redazione della clausola arbitrale, è importante rilevare che questa dovrà tener conto delle caratteristiche proprie della cooperazione per la realizzazione di una singola opera complessa. In particolare,
tale clausola, al fine di evitare il sorgere di situazioni di crisi d’entità tali
da compromettere la buona riuscita dell’operazione commerciale, dovrà
essere idonea a regolare le cosiddette multiparty disputes41.
Pertanto, la clausola arbitrale inserita in un contratto di joint venture
dovrà essere redatta in modo da attrarre la pluralità dei co-venturers in un
unico meccanismo di soluzione delle possibili controversie, laddove assuma
rilievo la presenza di tutte le parti coinvolte nel rapporto 42.
In particolare, tale clausola dovrà consentire ad ogni impresa cooperante
di proporre qualsivoglia questione al collegio arbitrale, garantire una dialettica non solo tra le imprese direttamente interessate dalla controversia ma anche ad altre che lo ritengano opportuno ed, infine, riconoscere
“il diritto di ogni impresa di poter far valere gli effetti di una decisione
arbitrale adottata nei suoi confronti anche nei confronti di tutte le altre
(…)” 43.
A titolo di esempio, riportiamo il testo di una clausola arbitrale inserita in
un contratto di joint venture per la realizzazione di un’opera infrastrutturale44. L’art. 17 del contratto in esame stabiliva che Any disputes that may
arise regarding the interpretation or execution of this agreement shall be
finally and exclusively settled according to the Rules of Conciliation and
Arbitration of the International Chamber of Commerce by a Board of
three Arbitrator nominated in compliance with the above rules who will
give their decision in accordance with the substantial Italian law without
“renvoi”.
If the dispute concerns only same of the Parties, only those Parties shall
take part in the arbitration procedure.
If the dispute concerns more than two Parties, and the Parties have interest in common because of the similar or related nature of their activities
within the Project, a common arbitrator shall be nominated by those Parties. If such a nomination is not made because the Parties fail to agree, or
if the disputes concerns more than two Parties who do not have interest in
common, the entire Board of Arbitrators, shall be nominated by the International Chamber of Commerce, unless the Parties themselves are able to
agree upon the nomination of the entire Board.
41
42
43
44
Carbone S.M. - D’Angelo A., op. cit., p. 192.
Contratti & Commercio Internazionale, L’arbitrato Commerciale Internazionale , Giuffrè, 2000, p.136.
Carbone S.M. - D’Angelo A, op. cit., p. 192.
Il contratto è riportato in appendice.
104
4. IL RAGGRUPPAMENTO TEMPORANEO DI IMPRESE NEL COMMERCIO INTERNAZIONALE
Con tale clausola, le parti hanno cercato di evitare la presenza di un numero elevato di arbitri che, di fatto, annullasse il vantaggio della rapidità
decisionale propria dell’arbitrato.
In conclusione, è utile sottolineare che, nonostante il problema delle multyparty disputes rivesta sempre maggiore importanza nell’ambito dei rapporti del commercio internazionale, gli studi in proposito rimangono limitati45, come pure l’individuazione di una clausola- tipo. Infatti, solo recentemente alcuni regolamenti arbitrali hanno dettato iniziali soluzioni al riguardo. In particolare, l’art. 10 del Nuovo Regolamento di arbitrato della
Camera di Commercio Internazionale del 1° gennaio 1998, relativamente al
caso della pluralità di parti, stabilisce che:
1. quando c’è una pluralità di attori o di convenuti, e la controversia deve
essere deferita a tre arbitri, gli attori congiuntamente e i convenuti
congiuntamente nominano un arbitro (…).
2. in assenza di tale nomina congiunta e di altro accordo tra le parti circa
le modalità che consentono la costituzione del Tribunale arbitrale, la
Corte può nominare ciascun membro del Tribunale arbitrale e designare uno di essi quale presidente. In questo caso, la Corte è libera di
scegliere qualsiasi persona che essa reputi idonea a svolgere la funzione di arbitro (…).
45 Leboulanger, Multi-contract Arbitration, in Journal of International Arbitration, 1996, pp. 43 ss;
Hanotiau, Complex-Multicontract-Multiparty-Arbitration , in Arbitration Journal , 1998, pp. 369 ss.
105
Scarica