Le dinamiche della Lotta per il riconoscimento

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DISABILITÀ, SOLIDARIETÀ E DINAMICHE DI RICONOSCIMENTO*.
1) Disabilità, Pedagogia Speciale e solidarietà. 2) Solidarietà e
sviluppo sociale. 3) La valenza etica del principio di solidarietà: “Der
Kampf um Anerkennung”.
1)
Disabilità, Pedagogia Speciale e solidarietà.
Nel tentativo costante di «ridurre l’handicap» a favore dell’integrazione, la
Pedagogia Speciale fa riferimento alla diversità non come disvalore o categoria
sterile1, bensì come «oggetto di indagine» dal quale partire per realizzare la promozione della dignità umana2. Il riferimento al «bisogno speciale» quale orizzonte di intervento pedagogico non si esaurisce nell’allestimento acritico di strumenti che valgono per ogni soggetto in maniera incondizionata. Le risposte speciali
della Pedagogia sono indirizzate agli individui nella loro situazione “storica” e
“situata” che difficilmente, pena lo scadimento dello stesso intervento “educativo”, si lascia imbrigliare in categorizzazioni e standardizzazioni3. Allo stesso
tempo, però, questo tipo di ricerca non si esaurisce nella sola realizzazione di in-
* Quanto contenuto nel presente documento è il frutto di una libera revisione e riduzione di un
lavoro già pubblicato in A. L. ZURRU, «Associazionismo familiare, disabilità, solidarietà e dinamiche
di riconoscimento sociale» in L'integrazione Scolastica e Sociale, Trento, Erickson, 4/5, novembre
2005, pagg. 445-458. Tale lavoro si inscrive nel tentativo di articolare e coniugare la lezione filosofica hegeliana della Lotta per il riconoscimento, mediata dalla lettura della recente filosofia pratica tedesca (Honneth), con i temi della Pedagogia Speciale per affrontare l’indagine intorno alle molteplici dimensioni che connotano la condizione esistenziale della disabilità. In particolare, l’articolo
rappresentava un approccio alla re-interpretazione del fenomeno dell’associazionismo familiare a
partire dalle categorie filosofiche della dinamica del riconoscimento sociale.
1
Cfr. A. CANEVARO, Pedagogia Speciale. La riduzione dell’handicap. Mondadori, Milano, 2000, pagg.
58-64; ID, La Pedagogia Speciale, in Studium Educationis, Pedagogia Speciale, Cedam, Padova, 2001, n.
3, pag. 546. La possibilità di «ridurre l’handicap», quale condizione di disagio derivata dalla socializzazione distorta del deficit, è connaturata alla realizzazione di interventi mirati e attenti alla realtà della disabilità ed in una prospettiva di sviluppo compatibile, senza che questa avvedutezza si
logori in categorie spersonalizzanti e sterili.
2
Cfr. P. GASPARI, Un’epistemologia per la Pedagogia Speciale, in Studium Educationis, Pedagogia
Speciale, op.cit., pagg. 574-576; ID, Pedagogia dell’integrazione e cura educativa, op.cit., pagg. 646648.
3
Cfr. A. CANEVARO, Pedagogia Speciale. La riduzione dell’handicap, op. cit., pagg. 3 e 30.
terventi efficaci, bensì è continuamente tesa alla riflessione sulle ragioni pedagogiche e teoriche della pratica educativa4. Ogni individuo, in quanto tale, ha il diritto di realizzare la propria identità e dignità nel modo più appropriato; il diritto
di tutti alla dignità non implica, però, che tutti realizzino il proprio percorso esistenziale e formativo con gli stessi strumenti.. La ricerca sulla diversità e sulla
difficoltà non è rivolta all’eliminazione di ciò che rende gli individui bisognosi,
nella speranza di «guarire», bensì è un tentativo di realizzare per ognuno lo specifico, adeguato, ed originale modo di esprimere la propria autonomia individuale. Anche laddove esistono condizioni fortemente limitanti non viene mai meno
la dignità della persona e la possibilità di facilitare per l’individuo condizioni essenziali di emancipazione. L’idea pedagogica dell’integrazione non mira ad «assimilare» o adattare colui che è diverso e bisognoso al livello medio di competenze espresso dagli altri. In tal senso, integrazione vuol dire, invece, trovare lo spazio adatto entro al quale ogni individuo partecipa alla realtà sociale, pur nel riconoscimento del suo stato di bisogno5. Far riferimento positivo alla diversità vuol
dire concepire l’individuo che la esprime in una posizione privilegiata rispetto al
proprio cammino di crescita. Partire dalla diversità e, quindi, dall’irriducibile
originalità per costruire un percorso facilitante non significa misconoscere i limiti
e le condizioni del soggetto, ma nemmeno irrigidire la sua esistenza nella categoria di individuo deficitario. L’originalità e la diversità sono da riconoscere
all’individuo insieme alla capacità di partecipare alla costruzione e formazione di
sé. In altri termini, il riferimento alla diversità ed originalità individuale mira alla
costruzione di percorsi formativi rispondenti della complessità esistenziale entro
alla quale i soggetti realizzano la propria dignità6. Quale sia, per ognuno, il modo
più adeguato di realizzare se stesso non è determinabile a priori secondo forme
preconcette; in questo senso, l’azione della Pedagogia Speciale si concretizza nel
rinvenire la forma migliore e gli strumenti più efficaci per la costruzione
dell’autonomia individuale. Come in molti hanno più volte sottolineato, la Pedagogia Speciale non è una disciplina dalle risposte facili e preconfezionate, ma un
modello di ricerca e azione volto a realizzare interventi di crescita, autoregolamentazione, libera scelta, in una parola, emancipazione. Tale «compito» di emancipazione non è volto solo ai soggetti in situazione di handicap, ma anche a colo-
4
Cfr. R. CALDIN POPULIN, Introduzione alla Pedagogia, Cleup, Padova, 2001, pagg. 18-19.
5
Cfr. L. DE ANNA, Integrazione: la dimensione internazionale, in Studium Educationis, Pedagogia
Speciale, op. cit., pag. 606; G. ELIA (a cura di), op. cit., pagg. 31-33.
6
Cfr. P. GASPARI, Un’epistemologia…, op. cit., pagg. 568-571.
2
ro che gli accompagnano nel processo di maturazione che li riguarda. Soggetti
con difficoltà, famiglie ed educatori partecipano allo stesso processo di formazione entro al quale vedono maturare la propria dignità umana e la propria stima di
sé7.
In questa prospettiva di sviluppo comune e situato si innesta il sentimento
di solidarietà che governa il lavoro di chi rivolge all’individuo in situazione di
disabilità e che coinvolge genitori e volontari. La dimensione della solidarietà è
un sentimento capace di «umanizzare» le sofferenze e le difficoltà che familiari e
ragazzi affrontano nel processo educativo quotidiano. L’atteggiamento solidale è
un elemento costitutivo delle relazioni interumane che spinge il lavoro di volontari, di associati e di educatori molto più in là del soddisfacimento dei bisogni
particolari degli individui ai quali si rivolgono. Coloro i quali si impegnano in
azioni di solidarietà acquisiscono sia un maggior senso di partecipazione
nell’ambito della vita sociale, sia una più ampia comprensione della vita e della
propria esistenza8. L’azione solidale è contemporaneamente un orizzonte di senso e un promotore di valori individuali e sociali.
Gli uomini interagiscono tra loro, non tanto per conseguire determinati fini
o per imprimere ad altri forme precostituite di realizzazione individuale, bensì
motivati da un sentimento di solidarietà. La cura, la coltivazione e la solidarietà
si caratterizzano come inclinazioni svincolate dal principio di utilità e
dall’interesse individuale. A questo modo, il sentimento di solidarietà si potrebbe
concepire come movente «automotivante ed autogiustificante» delle attività di
volontariato9. A loro volta, i principi di cura, coltivazione, e non ultimo quello di
solidarietà, che sostengono l’azione pedagogica sono radicati in una più ampia e
originaria dimensione formativa che è quella dell’intenzionalità educativa10.
7
Cfr. F. LAROCCA, Una Pedagogia per rispondere a bisogni speciali in contesti comunitari, in Studium
Educationis, Pedagogia Speciale, op.cit., pagg. 590-591.
8
Cfr. A. MURA, op. cit., pagg. 55-56.
9
Cfr. A. GRANESE, op. cit., pagg. 220-224. Si vedano, a riguardo, le riflessioni di F. Cafaggi sul ca-
rattere dell’azione solidale e sulla valenza di arricchimento reciproco attraverso di essa. Cfr. F. CAFAGGI,
Diritti e doveri di solidarietà, in C. BUCCIARELLI (a cura di), op. cit., pag. 96. Le riflessioni di Ca-
faggi intorno alla possibilità di concepire l’azione solidale in termini di arricchimento personale si
riallacciano anche con le direttive della Carta dei Valori del Volontariato: cfr. Fondazione Italiana
per il Volontariato, La Carta dei valori del Volontariato, art. 3., in Rivista del Volontariato, Fivol, Roma,
n. 1, 2002, pag. 32.
10
Cfr. A. MURA, op. cit., pag. 60.
3
2)
Solidarietà e sviluppo sociale.
Relativamente al sentimento di solidarietà, però, ci sembra meritevole di
qualche interesse andare a vedere in che modo esso sia vincolato alle funzioni di
carattere pedagogico e didattico. Tenendo a mente le istanze di Pedagogia Speciale prima richiamate, ci chiediamo in che senso l’agire solidale sia un’attività
esclusivamente automotivata ed autogiustificata slegata da motivi di crescita e
sviluppo, frutto di una pulsione elementare11. Esplorando le dimensioni pedagogiche della cura, della coltivazione e della promozione di valori quali
l’autonomia personale e la partecipazione sociale, viene in mente una considerazione. L’atteggiamento della solidarietà non solo è un sentimento vincolato alla
realtà biologica e storica della comune «humanitas» cui gli individui partecipano12, ma può essere letto anche come un modello di interazione intersoggettiva
all’interno di una dinamica sociale di sviluppo morale; una dinamica che stimola
gli individui verso uno sforzo di riconoscimento nei confronti dei propri partner
di interazione.
A partire dal ruolo che nella filosofia sociale di Axel Honneth riveste il concetto di solidarietà, si può tentare di ricostruire una possibile chiave di lettura con
la quale inquadrare anche l’azione di emancipazione nei confronti della persona
disabile entro alle dinamiche di riconoscimento intersoggettivo che stanno alla
base dello sviluppo morale della società contemporanea.
In particolare, la “Grammatica morale dei conflitti sociali” che Honneth ricostruisce in Der Kampf um Anerkennung rappresenta il tentativo di individuare la
logica morale ed etica all’interno dei conflitti sociali che stimolano gli individui
verso un progresso morale e sociale nei rapporti di interazione comunicativa con
i propri partner13. In questo senso, la solidarietà dell’azione pedagogica non è so-
11
Cfr. A. GRANESE, Istituzioni di Pedagogia Generale, Cedam, Padova, 2003, pag. 421.
12
Cfr A. GRANESE, Il labirinto…, op. cit., pag. 233. Più diffusamente sui temi di «coltivazione»,
«cura», atteggiamento solidale e la conseguente connessione “naturale” di questi con la comune
humanitas che cinge l’esistenza umana, cfr. A. GRANESE, Istituzioni …, op. cit., pagg. 24-30.
13
Axel Honneth è Professor für Sozialphilosophie alla Johann Wolfgang Goethe–Universtät in
Frankfurt a.M. e direttore dello Institut für Sozialforschung. Allievo di J. Habermas, Honneth ha
inaugurato una importante stagione di filosofia sociale caratterizzata da una forte connotazione
normativa e morale. Oltre ad una ampia gamma di articoli su riviste di lingua tedesca, le sue pubblicazioni sono: Soziales Handeln und menschliche Natur (in collaborazione con H. Joas), Frankfurt
a.M., 1980; Kritik der Macht. Reflexionsstufen ener kritiscen Gesellschaftstheorie, Frankfurt a.M., 1985;
Die Zerrissene Welt des Sozialen, Frankfurt a.M., 1989; Der Kampf um Anerkennung. Zur moraliscen
Grammatik sozialer Konflikte, Frankfurt a.M., 1992 (tr. it., Lotta per il riconoscimento. La grammatica morale dei conflitti sociali, Il Saggiatore, Bologna, 2002); Desintegration. Bruchstüche einer soziologischen
4
lo un sentimento automotivato e slegato da motivi di crescita individuale. L’agire
solidale diventa, invece, lo spazio etico «formale» e comunicativo dove ogni individuo può contare sulla possibilità di realizzare il proprio desiderio di sentirsi
apprezzato e riconosciuto quale soggetto particolare ed individualizzato14.
Non si sta tentando di realizzare una qualche fondazione filosofica
dell’agire pedagogico e non si vuole nemmeno inscrivere l’azione pedagogica
nell’ambito di speculazioni di carattere metafisico e ontologico. È comunque interessante vedere come alcune categorie di filosofia sociale possono divenire utili
per evidenziare gli elementi del meccanismo sociale che sta alla base del processo
di integrazione delle persone disabili. Sotto questa luce, lo sviluppo sociale e
l’integrazione possono essere riletti nell’ambito della logica dei rapporti di reciproco riconoscimento. In tal senso, potrebbe essere interessante verificare come
un tale punto di vista possa addurre ad una nuova visibilità e ad un maggiore riconoscimento sociale, oltre che una più ampia comprensione, della persona in situazione di disabilità.
3)
La valenza etica del principio di solidarietà: “Der Kampf um Anerkennung”.
La filosofia morale che Honneth elabora in Der Kampf um Anerkennung si
colloca all’interno di un ampio dibattito di filosofia politico-morale e rappresenta
il tentativo di integrare l’universalismo ed il formalismo morale kantiano con la
concezione etica e sostanziale del comunitarismo americano15. Si tratta, però, di
Zeitdiagnose, Frankfurt a.M., 1994; Das andere der Gerektigkeit, Frankfurt a.M., 2000; Leiden an Unbestimmtheit, Stuttgart, 2001 (tr. it., Il dolore dell’indeterminato. Un’attualizzazione della filosofia politica di
Hegel, Manifestolibri, Roma, 2003).
14
Cfr. A. HONNETH, Der Kampf um Anerkennung. Zur moralischen Grammatik sozialer Konflikte,
Frankfurt a.M., 1992, pag. 103.
15
Il riferimento ai temi del dibattito filosofico contemporaneo in questa sede non può che essere
sintetico. A partire dagli anni Settanta, in America si è sviluppato un consistente dibattito eticopolitico tra i pensatori liberal ed i pensatori communitarians per la definizione di principi morali ed
etici che, in qualche modo, rispondessero alla complessa realtà multiculturale tipica della contemporaneità. Alla fine degli anni Ottanta, il ripetuto riferimento a principi universali e formali, di matrice kantiana, da una parte, ed ai principi sostanziali ed etici, di matrice aristotelica, dall’altra, vedevano liberali e comunitaristi scontrarsi sull’idea del bene e del giusto. Una rinnovata stagione di
confronto filosofico ha portato, in Europa, alla riflessione sui temi politici ed etici attraverso la mediazione di nuovi strumenti filosofici come il concetto di “Eticità” hegeliano. Per un più ampio inquadramento degli sviluppi filosofici del dibattito etico-politico degli ultimi quaranta anni cfr. A.
FERRARA, Comunitarismo e liberalismo, Ed. Comunità, Roma, 1992; A. HONNETH, Komunitarismus. Eine
Dibatte über die moralischen Grundlagen moderner Gesellschaft, Frankfurt a.M., 1992; V. GESSAKUROTSCHKA, Dimensioni della moralità. Etica e politica nella filosofia tedesca contemporanea, Liguori,
Napoli, 1999.
5
una integrazione elaborata a partire da nuovi elementi concettuali rispetto a
quanto è avvenuto all’interno del dibattito tra comunitari e liberali. Honneth articola la Lotta per il riconoscimento facendo ricorso ad uno strumento filosofico nuovo rispetto agli esiti precedenti del dibattito: il concetto di Sittlichkeit (“eticità”) è
un’idea che Hegel ha mutuato, rielaborandola, dall’etica di Aristotele16. L’eticità,
ovvero la realtà etica, è quello spazio sociale entro al quale gli individui sperimentano una strutturale condizione di responsabilità personale che si concretizza
nelle relazioni sociali17. Nella dimensione della vita etica (le relazioni intersoggettive), Honneth individua alcuni «elementi strutturali dell’eticità» distinti in particolari forme di relazione quali condizioni della realizzazione dell’autonomia e
dell’individualizzazione personale.
La pretesa di essere riconosciuti quali individui e persone degne di un proprio ruolo e proprie capacità stimola i soggetti a realizzare un graduale progresso
morale nei rapporti con il proprio partner dell’interazione. Le relazioni di riconoscimento si basano sulla condizione di una reciproca attenzione alle dimensioni
personali ed identitarie che soddisfano i requisiti per la realizzazione
dell’equilibrio psicosociale degli individui. La ricostruzione della filosofia pratica
del giovane Hegel permette di evidenziare come l’esperienza del riconoscimento,
quale condizione ottimale per la maturazione dell’autocoscienza individuale, sia
legata alla dinamica dei reciproci rapporti intersoggettivi18. L’analisi di tre fondamentali modelli di rapporto di riconoscimento mette in luce le particolari dimensioni della vita sociale e gli aspetti della personalità e dell’identità individuale che, di volta in volta, vengono a maturare nei diversi rapporti di interazione.
In maniera del tutto schematica e sintetica, il riferimento va alle dimensioni
dell’«amore», della «moralità» e dello «stato» quali ambiti individuati da Hegel
nell’intento di rinvenire tre diverse sfere entro alle quali gli individui realizzano
la
propria
identità
attraverso
rapporti
di
riconoscimento.
L’esperienza
dell’amore, sia quello di coppia che quello genitoriale, è concepito da Hegel come
16
Cfr. A. HONNETH, Der Kampf um Anerkennung, op. cit., pagg. 20-53.
17
Cfr. C. BUCCIARELLI, Verso un’etica rivisitata, in ID (a cura di), op. cit., pag. 41.
18
Per una bibliografia accurata riguardo all’opera hegeliana rimandiamo ai testi di Honneth già
citati, qui sottolineiamo le opere del periodo jenese e berlinese di Hegel, alle quali lo stesso Honneth fa riferimento: cfr. G. W. F. HEGEL, System der Sittlichkeit, Hamburg 1923; Jenaer Schriften 180107, in K. M. MICHEL /E. MOLDENHAUER (a cura di), Werke in 20 Bd., Bd. 2, Frankfurt a.M. 1970; Jenaer
Systementwürfe I. Das System der Spekulativen Philosophie, Hamburg 1986; Jenaer Systementwürfe III.
Naturphilosophie und Philosophie des Geistes, Hamburg 1987; Grundlinien der Philosophie des Rechts, in
K. M. MICHEL /E. MOLDENHAUER (a cura di), Werke in 20 Bd., Bd. 7, Frankfurt a.M. 1970.
6
rapporto del reciproco «sapersi l’uno nell’altro» tra partner, uguali, dove ognuno
si riconosce come reciprocamente bisognoso dell’altro19. L’amore di coppia, poi,
realizza e materializza se stesso, trovandovisi riconosciuto, nella nascita di un figlio quale segno tangibile della realtà dell’unione20. Nei rapporti d’amore genitoriale, ogni genitore esperisce la realizzazione di sé e del proprio ruolo nello sforzo di fornire gli strumenti di realizzazione per il proprio figlio nel processo di
educazione. Nel rapporto di coppia ed in quello filiale, l’individuo si vede riconosciuto come portatore di propri bisogni e desideri che hanno valore per le persone a lui intime. Ogni individuo nel rapporto amoroso riconosce sé nell’altro e
pone le condizioni perché ciò avvenga in maniera reciproca: ogni soggetto sa se
stesso come bisognoso e dipendente dall’altro21. I rapporti di amore all’interno
della famiglia si configurano come condizione essenziale per la maturazione della sfera di autonomia degli individui. Il bambino, ad esempio, impara a riconoscere se stesso ed il mondo che lo circonda a partire dai rapporti che lo vedono
interagire con agli altri per la soddisfazione dei propri bisogni (la madre nei primissimi periodi di vita). I rapporti di interazione in famiglia divengono il primo
luogo intersoggettivo dove l’individuo sperimenta la propria autonomia quale
soggetto bisognoso e apprezzato, ad un tempo, quale portatore di un’espressione
di bisogno che trova accoglimento22.
I rapporti di riconoscimento nell’ambito della sfera intima evolvono nella
sfera sociale e pubblica, l’ambito della «moralità», che realizza quello spazio universale entro al quale l’individuo viene riconosciuto come «persona» capace di
determinarsi moralmente in maniera autonoma. La stessa educazione dei figli in
ambito familiare rappresenta un processo di orientamento volto ad abbandonare
l’intimità della famiglia per abbracciare la vita sociale; i figli abbandonano la famiglia affinché ognuno costruisca un proprio progetto di vita dove sperimentare
i diversi gradi di autonomia maturata. Ogni individuo è portatore di diritti uni-
19
Cfr. A. HONNETH, Der Kampf um Anerkennung, op. cit., pagg. 63-64 e pag. 153.
20
Ivi, pag. 67.
Cfr. A. HONNETH, Das Andere der Gerechtigkeit, Frankfurt a.M., 2000, pag. 187. A riguardo, E. Baccarini sviluppa alcune riflessioni di simile portata sulla scorta della Fenomenologia dell’intersoggettività di Husserl. Cfr. E. BACCARINI, Presupposti antropologici di una
cultura della solidarietà, in C. BUCCIARELLI (a cura di), op. cit., pag. 76.
21
22
Cfr. Honneth fa costante ed ampio riferimento alle teorie psicologiche dello sviluppo ed, in
particolare, quelle dell’attaccamento di J. Bowlby e degli oggetti transizionali di D. W. Winnicott.
Cfr. A. HONNETH, Der Kampf um Anerkennung, op. cit., pagg. 154 e ss. Sull’importanza della sfera intima per lo sviluppo dell’autonomia cfr. G. ELIA (a cura di), op. cit., pag. 50.
7
versali e capacità morali sulle quali deve poter contare concretamente23. In una
prospettiva logica e astratta, Hegel scompone ed estrapola le relazioni inerenti i
rapporti d’amore e l’autodeterminazione morale dal complesso della vita relazionale degli individui. In questa operazione logica, l’amore e la moralità sono
concepiti quali condizioni fondamentali per l’ulteriore realizzazione etica dei
rapporti sociali: la sfera dello «stato»24.
Non è questo il luogo per analizzare gli sviluppi ulteriori del discorso di
Honneth, anche se affascinanti, riguardo alle forme di riconoscimento dell’amore
e della moralità per occuparci in particolar modo del modello della solidarietà,
quale spazio per i rapporti di riconoscimento etico. La panoramica che Honneth
sviluppa sui rapporti di amore e affettività tipici della vita intima in famiglia meriterebbe di essere presa in considerazione in un intervento a parte e sviscerata
alla ricerca delle implicazioni pedagogiche di cura e coltivazione alle quali abbiamo prima solamente accennato. Come già detto, le dimensioni personali che si
sviluppano nei rapporti di interazione in seno alla famiglia ed alla «società civile»
sono estrapolati in senso astratto e formale (per una esigenza logica) e rappresentano le condizioni fondamentali dell’identità individuale che si concretizzano
nella vita etica.
La vita etica rappresenta l’ambito in cui l’individuo è riconosciuto come individuo le cui capacità e particolarità hanno un valore nella società concreta ed il
cui riconoscimento abbisogna di solidarietà per poter partecipare alla comune cura di scopi sociali. Concepite in maniera unitaria, le tre forme di riconoscimento
si configurano come il punto di partenza dal quale vedere assicurate le condizioni dell’integrità personale di ognuno25.
Da un punto di vista empirico e sociale, le forme di riconoscimento delineate sulla scorta del pensiero hegeliano trovano conferma in altrettante forme di interazione che ledono le dimensioni dell’autonomia e della dignità umana. Le
forme positive di riconoscimento sono correlate alle forme corrispondenti di
spregio e disprezzo. La dinamica conflittuale che stimola gli individui al reciproco riconoscimento non può essere compresa se non attraverso l’analisi degli
eventi che minano l’integrità individuale attraverso forme di disprezzo26. Ci sono
23
Cfr. A. HONNETH, Das Andere der Gerechtigkeit, Frankfurt a.M., 2000, pag. 187.
24
Cfr. A. HONNETH, Laiden an Unbestimmtheit, Stuttgart, 2001, pagg. 37-38.
25
Cfr. A. HONNETH, Das Andere der Gerechtigkeit, op. cit., pag. 187; ID, Der Kampf um Aner-
kennung, op. cit., pag. 103.
26
Ivi, p. 150. Sulla correlazione tra le forme di misconoscimento e quelle di riconoscimento,
l’autore ha dato una prima esposizione in A. HONNETH, Integrität und Mißachtung. Grundmotive einer
8
azioni che, se pur non finalizzate a lesioni corporali e fisiche, sono origine di
esperienza di grave turbamento e disagio negli aspetti fondamentali dell’identità
personale. L’individuo considera se stesso pienamente realizzato, o capace di farlo, in un rapporto equilibrato con le proprie capacità solo quando può contare
sulla considerazione e l’assenso degli altri soggetti. In sintesi, il disprezzo, quale
massima espressione del mancato riconoscimento, mette in crisi la possibilità per
l’individuo di fare riferimento alla propria dignità ed autonomia personale27. Già
nell’uso linguistico quotidiano si rivela il nesso tra riconoscimento e disprezzo:
quando descriviamo condizioni di maltrattamento ed ingiustizia subita utilizziamo i termini di «offesa», «umiliazione» ed «emarginazione» per rappresentare
atti di riconoscimento negato28. Come si è visto, l’identità integra di un soggetto è
legata all’apprezzamento ed alla conferma intersoggettiva che si acquisiscono
tramite rapporti di riconoscimento che mettono in grado l’individuo di sviluppare fiducia, rispetto e stima di sé. La persona in situazione di disabilità ed emarginata, alla quale non si riconosce una propria dignità da esprimere, sperimenta
innegabilmente un sentimento di frustrazione ed umiliazione: è incapace di fare
riferimento a sé in maniera equilibrata. Si tratta di sentimenti ed esperienze che
compromettono qualsiasi capacità di crescita e sviluppo, oltre che un adeguato
stile di vita integrata. La persona che ha particolari difficoltà o bisogni speciali
riesce a realizzare sé stessa e la propria autonomia se è messa in condizioni di poter apprezzare positivamente le proprie capacità oltre che valutare responsabilmente gli ostacoli da superare. I rapporti di riconoscimento non mirano a fissare
elementi e qualità dei soggetti in maniera tale che essi siano identificabili e categorizzabili. In senso più radicale, il riconoscimento mira a rendere gli stessi bisogni speciali di una persona la fonte di originalità e individualizzazione attraverso
le quali egli, e l’altro nel rapporto con lui, esperisce sé ed il mondo circostante.
Il riconoscimento etico non si realizza come «onore» e «prestigio» sociale
legato allo «status» che gli individui rivestono nell’appartenenza alla struttura
(classista) di una società. In una siffatta concezione di gruppo-status, l’individuo
fa affidamento al semplice sentimento di orgoglio in qualità di soggetto che condivide con altri determinate qualità tipiche del gruppo cui appartiene. Nemmeno
è sufficiente pensare la vita di una persona disabile sotto il punto di vista di
Moral der Anerkennung, in Merkur 501, (1990), pp. 1034 segg., prolusione in occasione del conferimento della docenza a Francoforte sul Meno (trad. it., Rubbettino, Soveria Mannelli, 1993).
27
Cfr. A. HONNETH, Der Kampf um Anerkennung, op. cit., pagg, 212-213.
28
Ibidem.
9
un’innegabile appartenenza al comune consorzio umano. In questo modo non è
garantito il riconoscimento delle facoltà e particolarità proprie di ogni individuo29. L’apprezzamento sociale è volto, invece, alle qualità di un soggetto che è
biograficamente individuato. Le qualità e le capacità che egli possiede in quanto
singolo diventano oggetto dell’apprezzamento sociale perché possono essere riconosciute dagli altri membri come «ricche di valore». In una concezione posttradizionale della solidarietà, l’individuo ora raggiunge, conformemente agli stadi precedenti di riconoscimento, un sentimento di «autostima» perché capace di
fare riferimento positivo a sé stesso30. L’apprezzamento che si riscontra in una tale condizione di solidarietà è dato dal fatto che i soggetti si considerano vicendevolmente come portatori di capacità e qualità che sono significative per la prassi
collettiva. Nei rapporti solidali i membri di una comunità non tollerano l’altro
passivamente, ma «lottano» perché entro alla sfera dei rapporti sociali, come
compimento di quelle anche più intime, si realizzi un allargamento sempre più
sensibile alle diverse forme di realizzazione della dignità umana. L’azione solidale e di riconoscimento nei confronti di chi ha bisogni speciali per concretizzare la
propria autonomia si configura come una evoluzione intersoggettiva che impegna gli individui alla ricerca di orizzonti sempre più ampi di realizzazione personale. La categoria filosofica della solidarietà rimanda ad una dinamica di «lotta» con la quale individui, o gruppi di essi, si sforzano di incrementare lo spazio
e la sensibilità per la realizzazione di forme sempre nuove di identità ed autonomia individuale. Questa lotta per il riconoscimento di diritti e spazi alla realizzazione personale si concretizza anche nelle esperienze di aiuto, mutuo aiuto ed
orientamento realizzate dalle famiglie di ragazzi disabili che si riuniscono in associazione. Si tratta di una esperienza che si allarga al tessuto sociale e «politico»
circostante promuovendo il senso solidale, la responsabilità civile e partecipativa
favorendo uno sviluppo morale ed etico di ampia portata.
29
Ivi, pagg. 199-200.
30
Ivi, pag. 196 e la tabella a pag. 211.
10
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