Dossier n. 3/2012 - MATERIALI RACCOLTI IN OCCASIONE DELLA

CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Ufficio studi
CONGRESSO NAZIONALE FORENSE STRAORDINARIO
MILANO 23-24 MARZO 2012
Materiali raccolti in occasione della riunione del
Comitato Organizzatore del 12 marzo 2012
a cura dell’Ufficio studi del Consiglio nazionale forense
I dossier dell’Ufficio studi del Consiglio nazionale forense
n. 3/2012
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Ufficio studi
Indice dei materiali
(aggiornato al 12 marzo 2012 h. 13.30)
Giustizia e crisi economica
I diritti non sono merce *
1.
Lettera del CCBE and ABA a Christine Lagarde, Amministratore Delegato del Fondo
Monetario Internazionale, 21 Dicembre 2011
pag. 7
2. Lettera del CCBE alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministro della
Giustizia, 24 Gennaio 2012
pag.12
3. Risposta del Ministro della Giustizia alla lettera del CCBE alla Presidenza del
Consiglio dei Ministri e al Ministro della Giustizia, 27 Febbraio 2012
pag.15
4. Riepilogo ragionato dei provvedimenti normativi di interesse da luglio ad oggi
pag.17
5. Il Tribunale delle imprese: Osservazioni a prima lettura sull’articolo 2 del decreto legge
24
gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle
infrastrutture e la competitività, c.d. “cresci-Italia”), 29 febbraio 2012
pag. 23
6.
Testo coordinato dell’articolo 10, legge 12 novembre 2011, n. 183 (Legge di stabilità
2012), come modificato dall’art. 9-bis del decreto-legge n. 1/2012, come modificato in
sede di conversione al Senato il 01.03.2012
pag. 37
7.
Testo coordinato dell’articolo 2 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (“Disposizioni
urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”) come
modificato in sede di conversione al Senato il 01.03.2012
pag. 41
*
Il presente dossier è stato realizzato da Francesca Mesiti con il coordinamento di Giuseppe Colavitti.
I dossier dell’Ufficio studi del Consiglio nazionale forense
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8.
Testo coordinato dell’articolo 9, decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (“Disposizioni
urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”), come
modificato in sede di conversione al Senato il 01.03.2012
pag. 49
9.
Testo coordinato dell’art. 3, comma 5, decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, conv. in
legge 14 settembre 2011, n. 148 e successive modificazioni, come modificato in sede di
conversione al Senato il 01.03.2012
pag. 53
10. Il modello italiano di mediazione: le ragioni di un insuccesso di G. Alpa e S. Izzo
pag. 57
11. Rapporto della Commissione revisione circoscrizioni giudiziarie
pag.69
12. Documento congressuale sulla delega al Governo per la revisione della geografia
giudiziaria di E. Merli
pag.73
13. Le norme sulle società professionali contenute nella legge di stabilità per il 2012Legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato) Roma, 22 dicembre 2011
pag.79
Documenti pervenuti da Ordini e Associazioni
14. Contributo alla discussione per le mozioni del Congresso Straordinario del Consiglio dell’Ordine di
Torino
pag.85
15. Documento AIGA per l’incontro del 12 .03.2012 presso il Consiglio nazionale forense
pag.87
16. Mozione sulla Giustizia Tributaria dell’UNCAT
pag.99
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17. Mozione sulla Giustizia civile della UNCC
pag.106
Documenti pervenuti dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura Italiana
18. Documento sulla geografia giudiziaria
pag.115
19. Documento sulla magistratura laica
pag.126
20. Mozione per una rinnovata e moderna geografia giudiziaria - Proposta A
pag.156
21. Mozione per una rinnovata e moderna geografia giudiziaria - Proposta B
pag.160
22. Mozione per la riforma del processo civile che punti allo snellimento ed alla velocizzazione dei
giudizi, senza comprimere il diritto di difesa dei cittadini
pag.162
23. Mozione presentata dalla Commissione di Diritto di Famiglia O.U.A.
pag.170
La specialità della professione forense
1. Professioni legali - Risoluzione del Parlamento europeo sulle professioni legali e
l'interesse generale nel funzionamento dei sistemi giuridici del 16.03.2006 TA(2006)0108
pag.174
2. L’indipendenza dell’Avvocato nella giurisprudenza comunitaria
pag.180
3. Avvocatura e Stato di diritto in Europa
pag.182
4. Le tariffe nella giurisprudenza della Corte di Giustizia e della Corte di Cassazione
pag. 184
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5. La pubblicità degli avvocati alla luce del diritto europeo
pag.188
6. La specialità costituzionale della professione forense
pag.192
Documento pervenuto dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura Italiana
7. Avvocatura e Costituzione
pag.198
ALLEGATI
A) Riforma ordinamento professionale: tabella con il testo originario e gli esiti dei lavori
parlamentari (AC 3900)
pag.250
B) Elenco dei Dossier pubblicati dall’Ufficio studi.
I dossier sono reperibili sul sito web del Consiglio nazionale forense, al seguente
indirizzo: http://www.consiglionazionaleforense.it/site/home/pubblicazioni/studi-e-ricerche.html
Pag.350
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Il Presidente
Avv. Prof. Guido Alpa
Roma, 8 marzo 2012
Ill.mi Signori
VIA E-MAIL
- COMPONENTI L’UFFICIO DI PRESIDENZA DEL C.N.F.
- PRESIDENTE e
COMPONENTI LA GIUNTA DELL’O.U.A.
- PRESIDENTE e
COMPONENTI DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
DELLA CASSA FORENSE
- PRESIDENTI DEI CONSIGLI DELL’ORDINE
DISTRETTUALI
- PRESIDENTE e CONSIGLIERI del C.O.A. DI MILANO
- PRESIDENTI dei C.O.A. del DISTRETTO DI MILANO
- ASSOCIAZIONI FORENSI maggiormente rappresentative in ambito congr.le
(A.I.A.F. – A.I.G.A. – A.N.F. – A.G.I. – U.I.F. – UNIONE NAZ. CAMERE
CIVILI – UNIONE NAZ. CAMERE PENALI - SOCIETA’ ITALIANA
AMMINISTRATIVISTI – UNIONE NAZ. CAMERE TRIBUTARISTI –
OSSERVATORIO NAZ. SUL DIRITTO DI FAMIGLIA – UNIONE NAZ.
CAMERE MINORILI)
COMPONENTI TUTTI IL
COMITATO ORGANIZZATORE DEL CONGRESSO
NAZIONALE FORENSE STRAORDINARIO di Milano
e, per conoscenza:
Ill.mi Signori
- COMPONENTI IL NAZIONALE FORENSE
OGGETTO :
CONGRESSO NAZIONALE FORENSE STRAORDINARIO
- quinto INCONTRO COMITATO ORGANIZZATORE
Cari Amici,
facendo seguito a quanto emerso nel corso dell’ultimo incontro del
Comitato Organizzatore per il Congresso Nazionale Forense Straordinario,
1
che si è tenuto il 2 marzo scorso, Vi comunico che il medesimo è convocato
per il giorno
lunedì
12 MARZO 2012,
alle ore 17
presso la sede amministrativa del Consiglio Nazionale Forense
( Roma, via del Governo vecchio, 3)
sul seguente
ORDINE DEL GIORNO :
VALUTAZIONE DOCUMENTI PERVENUTI
in merito ai temi
a) riforme della giustizia e tutela dei diritti dei cittadini
b) specificità della professione forense in ambito costituzionale, in ambito
comunitario e nel diritto interno
c) previdenza forense
Per ragioni organizzative, Vi sarei grato se voleste confermare la Vostra
partecipazione inviandone comunicazione sulle seguenti caselle di posta elettronica :
[email protected] e [email protected] .
Con i migliori saluti
Avv. Prof. Guido Alpa
CNF/eg
Roma – via del Governo Vecchio, 3 – tel. 0039.06.977488 – fax 0039.06.97748829
www.consiglionazionaleforense.it
2
I DIRITTI
NON SONO MERCE
CONGRESSO NAZIONALE
FORENSE STRAORDINARIO
Milano 23-24 marzo 2012
MiCo - Milano Convention Center
Via Gattamelata, 5 - 20149 Milano
COMITATO ORGANIZZATORE
PROGRAMMA PROVVISORIO DEI LAVORI
INFORMAZIONI GENERALI
Presidente e Componenti dell’Ufficio di Presidenza
del C.N.F.
Giovedì 22 marzo 2012
Segreteria Generale
Ordine degli Avvocati di Milano
Tel. +39 02 54929229 - Fax +39 02 54101447
E-mail: [email protected]
www.ordineavvocatimilano.it
Presidente e Componenti della Giunta O.U.A.
Presidente e Componenti del Consiglio
di Amministrazione della Cassa Forense
17.00 - 20.00
Registrazione Partecipanti
Venerdì 23 marzo 2012
08.30 - 10.00
Registrazione Partecipanti
Presidenti dei Consigli degli Ordini Distrettuali
10.00 - 11.00
Saluti delle Autorità
Presidente e Consiglieri del C.O.A. di Milano
Apertura dei Lavori
Avv. Paolo Giuggioli
Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano
11.00 - 13.00
Relazioni Introduttive
Avv. Prof. Guido Alpa
Presidente del Consiglio Nazionale Forense
Avv. Maurizio de Tilla
Presidente Organismo Unitario Avvocatura Italiana
Avv. Alberto Bagnoli
Presidente della Cassa Forense
13.00 - 14.30
Pausa Pranzo
14.30 - 19.00
Interventi Presidenti e Rappresentanti degli Ordini e delle Associazioni
Dibattito
Presidenti dei C.O.A. del Distretto di Milano
Presidenti delle Associazioni Forensi
TEMATICHE
Riforme della giustizia e tutela dei diritti dei cittadini
Specificità della professione forense in ambito
costituzionale, in ambito comunitario
e nell’ordinamento interno
Specificità della previdenza forense
Segreteria Organizzativa
Devital Service SpA _ Gruppo De Vita
Piazza Wagner, 5 - 20145 Milano
Tel. +39 02 43319223 - Fax +39 02 48513353
E-mail: [email protected]
www.devitalservice.com
Con il Patrocinio della Camera dei Deputati
Con il Patronato della Regione Lombardia
Con il Patrocinio della Provincia di Milano
Sabato 24 marzo 2012
09.00 - 13.00
Discussione e Votazione delle Mozioni
13.00 - 13.30 Chiusura dei Lavori
3
4
Giustizia e crisi economica
I diritti non sono merce
5
6
December 21, 2011
Christine Lagarde
Managing Director
International Monetary Fund
700 19th Street, N.W.
Washington, D.C. 20431
Dear Ms. Lagarde,
We write to you on behalf of the Council of Bars and Law Societies of Europe (CCBE) and
the American Bar Association (ABA) to convey our growing concern about disturbing trends
affecting the independence of the legal profession. An independent legal profession is a
critical component of a well-functioning judiciary and is the keystone of a democratic society
based on the rule of law. Pressure to undermine the independence of the legal profession is
not only a matter of concern to lawyers and judges, but to people everywhere as this
independence is critical to the fair and equal protection of human rights, the development of
healthy economies, and the facilitation of political stability.
The CCBE is the representative organization of around 1 million European lawyers through
its member bars and law societies from 31 full member countries, and 11 further associate
and observer countries. The ABA is the world’s largest voluntary professional organization,
with a membership of almost 400,000 lawyers (including a broad cross-section of attorneys),
judges, and law students worldwide. The ABA continuously works to improve the American
system of justice and to advance the rule of law in the world.
We have followed with great concern over the past year the developments that have taken
place in a number of European countries - Greece, Ireland and Portugal - where the economic
crisis and the intervention of the Troika have led Governments to propose radical reforms of
the legal profession.
We are aware of the difficult times that countries are facing, and also of the need for reforms.
Bars and Law Societies around the world have always been open to reform: they follow very
closely societal, economic and any other changes within their own countries and worldwide,
evaluate the impact of these changes on the profession and take the necessary steps to adapt.
The current developments, however, go beyond what we would consider proportionate and
necessary reforms, and they also raise fundamental questions of compliance with
international norms. The proposed reforms are plainly inconsistent with the Core Principles
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December 21, 2011
Page 2
of the Legal Profession - as reflected in the CCBE Charter of Core Principles and as adopted
by the ABA House of Delegates in 2006 - that commits the legal profession to “An
independent legal profession, without which there is no rule of law or freedom for the
people.”
In response to the Troika requests, the Irish Government, for instance, approved the
publication on 4 October 2011 of a new Legal Services Regulation Bill. The Bill provides for
far-reaching changes and reforms which are unprecedented in Europe and the United States.
Most importantly, it calls for the establishment of an Independent Regulator - the Regulator
will consist of 11 members: 7 non-lawyers, 2 representatives from the Bar Council and 2
representatives from the Law Society. All 11 representatives will be appointed by the Irish
Minister for Justice, Equality and Defense. The Government may also at any time remove a
member if the member’s approval appears to be necessary for the effective performance of
the functions of the Authority. The new Authority will have all powers of regulation
including conduct, discipline and complaints handling.
In our view, the establishment of the Regulator will be in clear breach of one of the core
principles of the legal profession: regulation independent from the executive branch of the
state - a principle recognised in Europe, the United States, and internationally. It is the
cornerstone of any democratic society based on the rule of law and also necessary for the
sound administration of justice.
We are convinced that without a guarantee of independence - which is fundamental to the
profession - it is impossible for lawyers to fulfill their professional and legal role.
Self-regulation is characteristic for the legal profession in Europe. No country has total and
unrestricted self-regulation of the legal profession. However, there is in all European
countries that are members of the CCBE a significant extent of self-regulation. In the United
States, there is in general regulation by the courts, which similarly satisfies the principle of
independence from executive regulation.
We believe that independent regulation, conceptually, must be seen as a logical and natural
consequence of the independence of the profession. It addresses the collective independence
of the members of the legal profession and is nothing less than a structural defense of the
independence of the individual lawyer, which requires a lawyer to be free from improper
influence, especially such as may arise from his/her personal interests or external pressure
(including government pressure).
Important developments are also taking place in Greece and Portugal that have caused
concern. Although we still need to analyze all these proposals thoroughly and in detail (and
we are expecting further information from the Bars and Law Societies affected), we are
concerned that initiatives are being taken based on a purely economic approach. We are of
the impression that these proposals have been developed within a few weeks without taking
account of the purpose/justification of professional regulation and without analyzing the
impact of such proposals on the administration of justice.
8
December 21, 2011
Page 3
We are seriously concerned that all these developments will lead to an erosion of the
administration of justice. They will not only affect the structure of the legal profession and
the lawyer’s role in society, but most importantly will be to the detriment of all people who
are in need of a lawyer.
Your own experience as a partner in a multinational law firm no doubt carried important
lessons regarding the need for protection of the lawyer-client relationship against intrusion by
the state and for safeguarding the independence of a lawyer’s decision making to protect the
rights and liberties of even unpopular clients and causes. We urge you to pass on our
concerns to the relevant people within the International Monetary Fund, and within the
Troika more generally, so that these considerations can be taken into account in further
negotiations with the relevant countries.
We would be very interested in having an opportunity to discuss these issues in person with
you or your staff.
Yours sincerely,
Georges-Albert Dal
CCBE President
Wm. T. (Bill) Robinson III
ABA President
9
Lettera del CCBE and ABA a Christine Lagarde, Amministratore Delegato del Fondo Monetario
Internazionale, 21 Dicembre 2011
(Traduzione)
Christine Lagarde
Amministratore Delegato
Fondo Monetario Internazionale
700 19th Street, N.W.
Washington, DC 20431
Gentile Signora Lagarde,
Scriviamo a Lei a nome del Consiglio degli Ordini Forensi d'Europa (CCBE) e l'American Bar Association
(ABA) per esprimere la nostra crescente preoccupazione per le tendenze preoccupanti che riguardano
l'indipendenza della professione forense. Una professione legale indipendente, è una componente critica di
un sistema giudiziario ben funzionante ed è la chiave di volta di una società democratica basata sullo Stato di
diritto. Una pressione che mina l'indipendenza della professione di avvocato non è solo una questione di
preoccupazione per avvocati e giudici, ma alla gente in ogni luogo, questa indipendenza è fondamentale per
la protezione giusta ed equa dei diritti umani, lo sviluppo di economie sane, e la facilitazione della stabilità
politica.
Il CCBE è l'organizzazione rappresentativa di circa 1 milione di avvocati europei attraverso i suoi membri,
ordini e law societies provenienti da 31 paesi , e 11 ulteriori paesi associati e osservatori. L'ABA è la più
grande organizzazione mondiale di volontariato professionale, con una adesione di circa 400.000 avvocati
(tra cui una vasta sezione di avvocati), giudici, e studenti di legge in tutto il mondo. L'ABA lavora
continuamente per migliorare il sistema giustizia americano e per promuovere lo Stato di diritto in tutto il
mondo.
Abbiamo seguito con grande preoccupazione lo scorso anno gli sviluppi che hanno avuto luogo in un certo
numero di paesi europei - Grecia, Irlanda e Portogallo - dove la crisi economica e l'intervento della Troika
hanno portato i governi a proporre riforme radicali della professione di avvocato .
Siamo consapevoli dei tempi difficili che i paesi stanno affrontando, e anche della necessità di riforme. Gli
Ordini forensi di tutto il mondo sono sempre stati favorevoli alle riforme: essi seguono molto da vicino
l’aspetto sociale, economico e altre modifiche nei rispettivi paesi e in tutto il mondo, valutando l'impatto di
questi cambiamenti sulla professione e adottando le misure necessarie. Gli attuali sviluppi, tuttavia, vanno
oltre quello che noi consideriamo le riforme proporzionate e necessarie, e si sollevano anche questioni
fondamentali di conformità alle norme internazionali. Le riforme proposte sono chiaramente incompatibili
con i principi fondamentali della professione di avvocato - come rispecchiati nella Carta CCBE di principi
fondamentali e adottata dalla Camera dei Delegati ABA nel 2006 - che impegna la professione legale a "una
professione legale indipendente, senza la quale non vi è alcuna norma di diritto o libertà per le persone ".
In risposta alle richieste della troika, il governo irlandese, per esempio, ha approvato il 4 ottobre 2011 un
disegno di legge contenente una nuova disciplina dei servizi legali. Tale disegno di legge prevede profondi
cambiamenti e riforme che sono senza precedenti in Europa e negli Stati Uniti. Importante è la previsione
che istituisce un’autorità indipendente – l’autorità sarà composta da 11 membri: 7 non avvocati, 2
rappresentanti del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati e 2 rappresentanti della Law Society. Tutti gli 11
rappresentanti saranno designati dal ministro irlandese della Giustizia, dell'Uguaglianza e della Difesa. Il
Governo può , in qualsiasi momento rimuovere un membro, se la rimozione del membro è necessaria per lo
svolgimento efficace delle funzioni dell'Autorità. La nuova Autorità avrà tutti i poteri di regolazione ivi
compreso il comportamento, la disciplina e la gestione dei reclami.
A nostro avviso, l'istituzione del Regolatore sarà in chiara violazione di uno dei principi fondamentali della
professione legale: regolazione indipendente dal potere esecutivo dello Stato - un principio riconosciuto in
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Europa, negli Stati Uniti e a livello internazionale. E’ la pietra angolare di ogni società democratica basata
sullo Stato di diritto e necessaria, inoltre, per la buona amministrazione della giustizia.
Siamo convinti che senza una garanzia di indipendenza - che è fondamentale per la professione - è
impossibile per gli avvocati adempiere al loro ruolo professionale e legale.
L'autoregolamentazione è caratteristica della professione legale in Europa. In nessun paese è presente una
piena autoregolamentazione della professione dell’avvocato svincolata da qualsivoglia limite. Tuttavia, vi è
in tutti i paesi europei, membri del CCBE vi è una certa rilevanza dell’auto-regolamentazione. Negli Stati
Uniti, vi è un regolamento generale da parte dei giudici, che soddisfa allo stesso modo il principio di
indipendenza dal regolamento esecutivo.
Noi crediamo che la regolamentazione indipendente, concettualmente, deve essere vista come una
conseguenza logica e naturale della indipendenza della professione. L’autoregolamentazione tutela
l’indipendenza l'indipendenza collettiva dei membri della professione legale ed è niente meno che una difesa
strutturale della indipendenza dell'avvocato individuale, che richiede che l’avvocato sia libero da influenze
improprie, che possono derivare da i suoi interessi personali o da pressioni esterne (compresa la pressione del
governo).
Importanti sviluppi sono in corso anche in Grecia e Portogallo che hanno destato preoccupazione. Anche se
abbiamo ancora bisogno di analizzare tutte queste proposte accuratamente e in modo dettagliato (e ci
aspettiamo ulteriori informazioni da parte degli ordini forensi interessate), siamo preoccupati che le iniziative
sono state adottate sulla base di un approccio puramente economico. Abbiamo l'impressione che queste
proposte sono state sviluppate in poche settimane senza tener conto dello scopo/giustificazione della
regolamentazione professionale e senza analizzare l'impatto di tali proposte sulla amministrazione della
giustizia.
Siamo seriamente preoccupati che tutti questi sviluppi porteranno ad una erosione della amministrazione
della giustizia. Essi non riguardano solo la struttura della professione di avvocato e il ruolo dell’avvocato
nella società, ma soprattutto andranno a svantaggio di tutte le persone che hanno bisogno di un avvocato.
La tua esperienza come partner in uno studio legale multinazionale, senza dubbio importante, porta questioni
riguardanti la necessità di proteggere l'avvocato-cliente da intrusioni commesse dallo Stato e per la tutela
della indipendenza delle scelte di un avvocato e per proteggere i diritti e le libertà anche dei clienti
impopolari e delle cause.
Vi invitiamo a trasmettere le nostre preoccupazioni alle persone competenti in seno al Fondo Monetario
Internazionale, e nel Troika più in generale, in modo che queste considerazioni possano essere prese in
considerazione con ulteriori negoziati con i paesi interessati.
Saremmo molto interessati ad avere l'opportunità di discutere questi temi di persona con voi o con il vostro
personale.
Cordiali saluti,
Georges-Albert Dal
CCBE President
Wm. T. (Bill) Robinson III
ABA President
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Lettera del CCBE alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministro della Giustizia
24 Gennaio 2012
Egregio Sig. Presidente del Consiglio dei Ministri
Gentile Sig.ra Ministro della Giustizia
Le scrivo in nome e per conto del CCBE, il Consiglio degli Ordini Forensi europei. Il CCBE è l'organizzazione
rappresentativa di circa 1 milione di avvocati europei, costituita dagli Ordini forensi di 31 paesi, membri a
pieno titolo, e di 11 paesi col ruolo di Associati e Osservatori.
Il CNF - Consiglio Nazionale Forense - ha recentemente sottoposto all'attenzione del CCBE la nuova Legge
di Stabilità n. 183/2011, che prevede una serie di interventi di rilievo per la professione legale. E’ nostro
intendimento che l’introduzione di queste nuove norme sia dovuta a circostanze legate alla stabilità
finanziaria e allo sviluppo economico del paese.
Le assicuro che il CCBE è consapevole del particolare momento di difficoltà che gli Stati membri, compresa
l’Italia, stanno affrontando, e anche dell‘urgente necessità di riforme economiche e finanziarie. Il CCBE ha
tuttavia difficoltà a capire il legame che i governi, ivi compreso quello italiano, sembrano voler creare tra la
professione di avvocato e la crisi economica nei rispettivi paesi. Gli avvocati, infatti, sono colpiti da misure
che si inseriscono nel contesto di più ampie riforme finanziarie ed economiche, sebbene non siano
responsabili della situazione economica del loro paese e del debito pubblico.
Inoltre, molte delle riforme che interessano la professione - comprese quelle recentemente approvate in
Italia - sono basate su un approccio puramente economico che, da un lato, non tiene conto del ruolo degli
avvocati nella società e nell'amministrazione della giustizia - che è essenziale in ogni società democratica e, dall’altro, non è accompagnato da un’analisi approfondita dell’impatto potenziale di tali riforme
sull’amministrazione della giustizia.
Ad una prima analisi, il CCBE ritiene che le modifiche contenute nella Legge di Stabilità sollevino questioni
fondamentali alla luce delle norme di riferimento europee e internazionali, tra cui si richiamano la
Raccomandazione del Consiglio d'Europa (2002) sulla libertà di esercizio della professione legale, e i
Principi fondamentali dell’ONU sul ruolo dell’avvocato (1990), che sanciscono l’indipendenza della
professione legale, quale componente basilare di un sistema giudiziario efficiente, nonché caposaldo di una
società democratica basata sullo stato di diritto. La Legge di Stabilità solleva inoltre problemi anche alla luce
della giurisprudenza europea.
In particolare, le preoccupazioni del CCBE si riferiscono alle nuove disposizioni che riguardano le cc.dd.
“alternative business structures” (modelli alternativi di business). E’ nostro intendimento che queste norme,
che introducono nell’ordinamento italiano le società di capitali tra professionisti, consentono il controllo di
maggioranza anche a soggetti estranei alla professione. La legge, tuttavia, non sembra prevedere alcuna
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misura di salvaguardia nei confronti dei valori fondamentali della professione legale (indipendenza, assenza
di conflitti di interesse, segreto professionale).
Il CCBE crede fermamente nell’esistenza di motivazioni, estranee ad una logica puramente economica, che
depongono decisamente contro l'introduzione di modelli organizzativi di questa natura. I soggetti estranei
alla professione non sono, di per sé, soggetti agli stessi doveri degli avvocati. Ciò può facilmente condurre
alla nascita di situazioni conflittuali, per effetto delle quali gli avvocati possono essere esposti a pressioni da
parte degli azionisti esterni di maggioranza nello svolgimento della propria attività professionale; il che non
solo sarebbe contrario ai principi fondamentali della professione, ma, in ultima analisi, si risolverebbe in un
pregiudizio per i clienti. Il dovere dell’avvocato di difendere il proprio cliente in piena indipendenza e
nell'interesse esclusivo di quest'ultimo, di evitare conflitti di interesse e di rispettare il segreto professionale,
è in pericolo specialmente quando l’avvocato esercita la propria attività all'interno di strutture organizzative
che, di fatto o di diritto, consentono a soggetti estranei alla categoria di avere un controllo rilevante
sull’attività della struttura stessa (si veda in merito la posizione del CCBE del 2005).
In questo contesto, vorremmo richiamare la sentenza della Corte di Giustizia UE nel caso Wouters (C309/99), in cui la Corte è stata chiamata a decidere sulla compatibilità con il Trattato UE della normativa
olandese che vieta la collaborazione integrata tra avvocati e dottori commercialisti. La Corte - riferendosi ai
valori fondamentali di cui sopra - ha ritenuto che il Nederlandse Orde Van Advocaten (Ordine olandese degli
avvocati) “ha potuto ragionevolmente ritenere che la detta normativa, malgrado gli effetti restrittivi della
concorrenza ad essa inerenti, risultasse necessaria al buon esercizio della professione di avvocato, cosi
come organizzata nello Stato membro interessato”.
Vorremmo anche segnalare che altri Stati membri potrebbero opporsi all’insediamento di tali modelli
organizzativi sul proprio territorio, in conformità all'articolo 11 della direttiva 98/5/CE relativa all’esercizio
permanente della professione di avvocato in Stati membri diversi da quello di origine, in forza del quale:
"quando le regole fondamentali che disciplinano la costituzione dell'attività di tale studio collettivo [leggasi,
esercizio in comune della professione] nello Stato membro di origine siano incompatibili con le regole
fondamentali derivanti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative dello Stato membro
ospitante, queste ultime regole si applicano se ed in quanto la loro osservanza sia giustificata dall'interesse
generale della tutela dei clienti e dei terzi".
Nella maggior parte delle giurisdizioni europee la prestazione di servizi legali non è consentita in strutture in
cui soggetti estranei alla professione detengono in tutto o in parte il capitale sociale, utilizzano la
denominazione con la quale viene esercitata la professione o esercitano, di fatto o di diritto, poteri
decisionali. Alcune giurisdizioni europee consentono forme di partnership multidisciplinari o forme di
controllo esterno, ma solo sotto rigorose condizioni. In alcune giurisdizioni, per esempio, i soggetti estranei
alla professione possono diventare partner di uno studio legale, purché siano membri di una professione
regolamentata il cui codice di condotta sia equiparabile a quello della professione legale.
13
Vi esortiamo pertanto a prendere in considerazione le riflessioni sopraesposte nel contesto delle prossime
fasi del processo decisionale e a garantire che i valori fondamentali della professione - che sono di cruciale
importanza per una società democratica basata sullo stato di diritto - siano salvaguardati.
Sarò lieta di discuterne personalmente con Lei o con i Suoi collaboratori, posto che si tratta di questioni di
importanza capitale per la nostra organizzazione.
[Solo per la lettera al Ministro della Giustizia]:
In virtù della Sua esperienza di avvocato, sarà senza dubbio consapevole dell’importanza di proteggere il
rapporto di fiducia tra l’avvocato e il suo cliente contro le indebite intrusioni da parte dello Stato, nonché della
necessità di salvaguardare l’indipendenza decisionale dell’avvocato, anche al fine di tutelare efficacemente i
diritti e le libertà dei cittadini.
Cordialmente,
Marcella Prunbauer-Glaser
Presidente del CCBE
Traduzione a cura di: Avv. Gaia Pandolfi
14
Risposta del Ministro della Giustizia alla lettera del CCBE alla Presidenza del Consiglio dei
Ministri e al Ministro della Giustizia, 27 Febbraio 2012
Sig.ra Marcella Prunbauer-Glaser
Presidente del CCBE
Bruxelles
Gentile Sig.ra Prunbauer-Glaser,
La ringrazio per Sua lettera e, in particolare, per averci fornito una panoramica della disciplina sui
modelli alternativi di business (“alternative business structures”) in Europa.
Come sa, la difficile situazione economica che affronta l’Italia in questo momento, richiede
l’adozione di misure di intervento forti, in termini di tagli alla spesa pubblica e di risparmio, e
soprattutto un solido processo di modernizzazione di tutti i settori della regolazione economica.
I servizi professionali costituiscono una componente determinante dell’economia moderna: l’elemento
motore per lo sviluppo e la crescita imprenditoriale.
Ciononostante, la regolamentazione italiana delle professioni intellettuali, cosi come la disciplina di
altre attività economiche di rilievo, non è adeguata.
Le norme recentemente introdotte non interferiscono né con il ruolo delle professioni, né in
particolare con lo specifico status riconosciuto agli avvocati. Tali riforme interessano esclusivamente i
comportamenti economici, mediante l’abolizione delle tariffe (fatta accezione per le liquidazioni
giudiziali), introducono una maggiore trasparenza nelle relazioni tra professionisti e clienti,
garantiscono un accesso più veloce alle professioni da parte dei giovani, ma allo stesso tempo fondato
su criteri di qualità, e consentono di utilizzare modelli organizzativi alternativi per facilitare l’accesso
ai capitali.
Riteniamo che tali riforme miglioreranno considerevolmente l’esercizio delle professioni in Italia, a
beneficio di cittadini e imprese.
Siamo consapevoli del fatto che questi provvedimenti possano sollevare preoccupazioni e per questo come già annunciato ai rappresentanti dell’avvocatura italiana, che abbiamo incontrato alcune
settimane fa - siamo disponibili ad avviare e mantenere un dibattito trasparente e costruttivo al fine di
giungere a soluzioni equilibrate.
Nella Sua lettera, si sofferma principalmente sui recenti interventi in materia di modelli alternativi di
business. Le posso assicurare che stiamo valutando le soluzioni legislative idonee a prevenire conflitti
di interessi che possano derivare dalla partecipazione di capitale esterno e minacciare l’indipendenza
della professione legale.
Distinti saluti,
Paola Severino
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Ufficio studi
PROVVEDIMENTI SU PROFESSIONI E GIUSTIZIA DA LUGLIO 2011 A MARZO 2012
RIEPILOGO BREVE E CRITICITÀ DELLA DELEGIFICAZIONE
8 marzo 2012
I recenti provvedimenti che si sono succeduti nel tempo, dal mese di luglio ad oggi,
finalizzati a dare un nuovo slancio all’economia, sono stati numerosi ed hanno inciso
profondamente sulla professione forense e sul sistema della giustizia civile.
La manovra di luglio (d.l. 98/2011, conv. dalla legge 111/2011, c.d. manovra economica
1
2011) ha aperto la breccia alla liberalizzazione dei servizi e delle attività economiche, affidando al
Governo il compito di formulare proposte di liberalizzazione di servizi ed attività economiche alle
professioni interessate, sentita un’Alta Commissione da istituirsi presso il Ministero della Giustizia,
stabilendo che quanto non espressamente regolamentato entro i successivi otto mesi, sarebbe stato
considerato libero. Rilevanti le disposizioni che hanno inciso sul testo unico delle spese in materia
di giustizia (d.p.r. 115/2002), che hanno aumentato gli importi del contributo unificato e introdotto
la previsione dell’onere tributario per procedimenti e materie che finora non vi erano assoggettate
quali, ad esempio, le controversie in materia di lavoro e pubblico impiego, il ricorso straordinario al
Capo dello Stato, così come quelle in materia previdenziale ed assistenziale nonché il contenzioso
tributario. Al generale aumento degli oneri tributari per le spese di giustizia si accompagna una
sanzione diretta ai professionisti, al fine di incentivare l’utilizzo di più moderne forme di
comunicazione: in tale ottica la previsione dell’aumento pari alla metà del contributo unificato
dovuto per mancata indicazione del recapito fax, indirizzo P.E.C. o codice fiscale della parte
nell’atto introduttivo del giudizio.
Allo scopo di ridurre la durata dei procedimenti, nonché di conseguire maggiore efficienza,
viene introdotta la previsione di un programma per la gestione delle pendenze, da elaborare con il
coinvolgimento degli Ordini forensi interessati. Eguale coinvolgimento degli Ordini viene previsto
per apposite convenzioni finalizzate allo svolgimento del tirocinio presso gli uffici giudiziari del
primo anno di pratica forense, corso di dottorato o di specializzazione. Le altre disposizioni rilevanti
della manovra di luglio concernono novità in materia di controversie previdenziali ed assistenziali,
ove si coglie la finalità deflattiva del contenzioso e di contenimento della durata dei processi
mediante la previsione dell’estinzione dei procedimenti pendenti di modico valore (cinquecento
euro) con riconoscimento della pretesa economica a favore del ricorrente, e l’introduzione di un
accertamento tecnico preventivo obbligatorio (art. 445-bis c.p.c.). Per quanto concerne la materia
tributaria, da un lato si innova l’organizzazione del sistema, prevedendo un ampliamento delle
cause di incompatibilità e dando maggior spazio alla magistratura togata e, dall’altro, si rilancia
l’utilizzo di strumenti di definizione agevolata del contenzioso e della mediazione, introducendo
l’obbligo di presentare un reclamo unitamente a proposta di mediazione che, qualora non vada a
buon fine, produrrà gli effetti del ricorso.
Sulla scia del precedente decreto, anche la manovra di agosto (d.l. 138/2011, conv. dalla l.
148/2011, c.d. manovra economica bis) reca numerose disposizioni di interesse per la professione
1
Sul punto cfr. il Dossier n. 3/2011 dell’Ufficio studi.
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forense. In primo luogo, il noto art. 3, comma 5 prevede l’adeguamento degli ordinamenti
professionali entro 12 mesi ad una serie di principi (quali netta distinzione tra impresa e
professione, autonomia e indipendenza del professionista, salvaguardia esame di Stato per
l’accesso, necessità di formazione permanente ed assicurazione obbligatoria, criteri in materia di
pubblicità professionale, compenso pattuito per iscritto all’atto dell’incarico, distinzione tra funzioni
amministrative e disciplinari degli ordini locali). Nell’ottica di realizzare risparmi di spesa e
recupero di efficienza si collocano le norme in materia di giustizia: in primo luogo la delega al
Governo per la riorganizzazione della geografia giudiziaria (che interessa giudici di pace, sezioni
distaccate e procure non distrettuali), seguita dalla calendarizzazione del processo civile (con un
sistema di sanzioni a garanzia dell’osservanza dei termini stabiliti) e da un ulteriore aumento del
contributo unificato (particolarmente per i processi amministrativi di valore indeterminabile),
sanzionando nuovamente la mancata indicazione del numero di fax o della P.E.C. del difensore
nell’atto introduttivo del giudizio. Si interviene sul codice di procedura civile, incentivando
l’utilizzo della posta certificata e del telefax per effettuare le comunicazioni ex art. 136 c.p.c. Viene
sanzionata la mancata partecipazione, senza giustificato motivo, al procedimento di mediazione con
una sanzione pari al contributo unificato dovuto, così come viene sanzionata la reiterata violazione
degli obblighi fiscali con la sospensione del professionista (fino a un mese) disposta direttamente
dall’Agenzia delle Entrate. Si prevedono nuove cause di incompatibilità per i componenti delle
commissioni tributarie (quale l’iscrizione in albi professionali e l’esercizio di attività di consulenza
e assistenza nelle regioni e province confinanti) 2 .
La legge di stabilità per il 2012 (l. 183/2011) 3 interviene sull’art. 3, co. 5 della manovra di
agosto, trasformando disinvoltamente i principi generali di riforma delle professioni in norme base
per la delegificazione: da un riordino della disciplina, da effettuarsi in via legislativa, si avvia un
processo di delegificazione (ex art. 17, co. 2 l. 400/1988), da concludersi entro agosto 2012. Viene
introdotta la possibilità di costituire società di capitali per l’esercizio di attività professionali
regolamentate, consentendo l’ingresso anche a soci non professionisti di solo capitale, e si abroga la
normativa sulle associazioni professionali. In materia di giustizia si incentiva ulteriormente
l’utilizzo della P.E.C. per comunicazioni nel corso del processo (sanzionando peraltro gli Ordini in
caso di mancata comunicazione o pubblicazione dell’elenco degli indirizzi certificati), si cerca di
accelerare i tempi con un maggior utilizzo del modello decisorio tipico della trattazione orale di
fronte al tribunale monocratico (art. 281-sexies c.p.c.) e della minaccia di estinzione dei
procedimenti pendenti in appello e cassazione da oltre due anni a fronte della mancata
presentazione di specifica istanza di trattazione sottoscritta personalmente dalla parte. Non
sembrano scevre da spirito punitivo le disposizioni che prevedono la condanna sino a diecimila euro
per il rigetto della richiesta della sospensione dell’esecutività della sentenza di primo grado nonché
quella che comporta un abnorme aumento del contributo unificato della metà per il giudizio di
appello e del doppio per i giudizi dinanzi alla Cassazione. Viene precisata, altresì, la natura
aquiliana (e pertanto la prescrizione quinquennale) della responsabilità statale per mancato
recepimento di direttive comunitarie.
2
3
Per un’analisi più diffusa si rinvia al Dossier n. 4/2011 dell’Ufficio studi.
Si cfr., diffusamente, il Dossier n. 7/2011 dell’Ufficio studi.
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Ufficio studi
Il DECRETO SALVA ITALIA E I
VIZI DEL PROCESSO DI DELEGIFICAZIONE AVVIATO
Il decreto Salva Italia (d.l. 201/2011, conv. in l. 214/2011) 4 interviene nuovamente in
maniera sensibile sull’art. 3, co. 5 della manovra di agosto, prevedendo addirittura l’abrogazione
degli ordinamenti professionali in caso di mancato esercizio della potestà regolamentare! Una
delegificazione quindi del tutto abnorme! Il testo del DL dispone l’abrogazione delle norme di
disciplina delle professioni anche in mancanza dell’adozione del regolamento in delegificazione, a
far data dal 13 agosto 2012: e ciò contraddice l’art. 17, comma 2, l. 400/88 – che, nel disciplinare
l’istituto della delegificazione, prevede che gli effetti dell’abrogazione della disciplina
“delegificata” decorrano dall’entrata in vigore del regolamento – ed è in contrasto con la ratio
dell’istituto che prevede appunto la sostituzione della disciplina resa con fonte primaria con altra
disciplina resa da fonte secondaria, e non un’abrogazione totale.
L’approvazione dell’emendamento dei relatori che restringe la portata dell’effetto
abrogativo alle sole norme contrastanti con i principi di cui all’art. 3, comma 5, ha avuto –
almeno – il pregio di escludere gli esiti più aberranti della radicale abrogazione della totalità degli
ordinamenti professionali. Simile ipotesi interpretativa era stata peraltro seguita, nei lavori
preparatori, dalla Commissione affari costituzionali della Camera dei Deputati; questa, nel parere
del 7 dicembre, poneva tra le condizioni al parere favorevole – al punto 7 – proprio l’adozione di
una disciplina transitoria relativa “alle funzioni attualmente svolte dagli ordini professionali, che
hanno anche, in diversi casi, un rilievo pubblicistico”, così censurando, in buona sostanza,
l’automatica produzione dell’effetto abrogativo al 13 agosto.
Allo stesso tempo, peraltro, ed anche alla luce del parere citato, l’approvazione
dell’emendamento dei relatori non determina il superamento delle rilevate criticità, evidenziandone
anzi di ulteriori ed altrettanto gravi. Vale rilevare, infatti, che anche l’ipotesi di abrogazione delle
sole norme contrastanti con i principi di cui all’art. 3, comma 5 appare suscettibile di provocare la
più grande incertezza per ciò che riguarda l’estensione degli effetti della clausola abrogativa. Chi
determinerà, in altre parole, l’effettiva portata della clausola abrogativa? Ed in particolare, a chi
spetterà decidere quali norme degli ordinamenti professionali vigenti si pongano effettivamente in
contrasto con i principi di cui all’art. 3, comma 5? Principi scritti appunto come tali in modo
generico: ricordiamo che la disposizione nasce nella manovra d’agosto, costruita come insieme di
principi cui il legislatore futuro avrebbe dovuto conformarsi, e solo dopo viene trasformata in
presupposto della delegificazione. La fissazione di norme generali regolatrici della materia cui il
Governo dovrebbe attenersi nell’esercizio della potestà regolamentare autorizzata dalla legge di cui
all’art. 17, comma 2, l. 400/88 (cd. legge di delegificazione, in questo caso l’art. 3, comma 5 più
volte richiamato) è infatti coessenziale e legata a doppio filo all’emanazione del regolamento in
delegificazione e tale legame è strettamente connesso, a sua volta, alla produzione dell’effetto
abrogativo. Il differimento dell’effetto abrogativo (disposto dalla legge di delegificazione) al
momento di entrata in vigore del regolamento, meccanismo tipico del processo di delegificazione,
deriva dalla necessità che, con l’emanazione del regolamento, divenga chiaro quali sono gli ambiti
normativi specificamente investiti dall’esercizio del potere regolamentare, per cui l’individuazione
delle norme abrogate dovrebbe avvenire normalmente proprio in sede di esercizio della potestà
4
Cfr. il Dossier n. 9/2011 dell’Ufficio studi.
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regolamentare trattandosi peraltro di mera specificazione della clausola abrogativa prevista dalla
legge, e non già di autonoma disposizione abrogante, stante l’impossibilità per il regolamento di
abrogare la legge. Nella fisiologia dell’istituto, insomma, l’abrogazione è strettamente correlata
all’adozione di altra e diversa disciplina, che si profila quale onere a carico del Governo, il quale
non può raggiungere l’effetto abrogativo se non si fa carico di provvedere a produrre una diversa
regolazione della materia. Nessuna abrogazione automatica correlata al mero scadere di un termine
è dunque ammissibile in un processo di delegificazione costituzionalmente coerente: il mero
trascorrere del tempo, peraltro, sarebbe peraltro addebitabile solo allo stesso Governo, che in questo
modo potrebbe anche non adottare alcun regolamento in delegificazione, lasciar scadere il termine,
e poi adottare il citato testo unico ricognitivo. Con il che avremmo un risultato palesemente
incostituzionale: se infatti con una delegificazione corretta la legge non perde la potestà di decidere
della propria efficacia ed è essa stessa a prevedere l’abrogazione di altre disposizioni di legge
quando e purché sia adottato il regolamento, con l’improprio meccanismo qui scelto è il Governo a
divenire arbitro unico della situazione, perché scegliendo non già di disporre una nuova regolazione
della materia con fonte subordinata, bensì semplicemente di non fare nulla e lasciare trascorrere il
termine, di fatto usurpa il potere di decidere della efficacia nel tempo di fonti primarie (potere che è
e deve restare alla legge e al Parlamento). Non riequilibra la situazione la previsione della potestà
del Governo di adottare un decreto che raccolga le disposizioni aventi forza di legge che non
risultano abrogate per effetto del comma 5-bis in un testo unico da emanarsi ai sensi dell'articolo
17-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Seppur in astratto tale previsione può sembrare almeno
un passo avanti nella promozione del valore della certezza del diritto, in concreto la previsione non
fa che aumentare ulteriormente il potere governativo di abrogazione, riservando appunto
all’esecutivo il compito di “dichiarare” quali norme di rango primario siano abrogate e quali non lo
siano. È facile immaginare quanto contenzioso potrebbe sorgere in caso di esercizio scorretto di tale
potere governativo, con il che si perde immediatamente quell’apparente passo avanti in termini di
certezza del diritto di cui si è fatto cenno.
I PROVVEDIMENTI DI QUESTI GIORNI
Lo scorso 29 dicembre è stata approvata la legge n. 218, che dispone la modifica dell’art.
645 c.p.c. e l’interpretazione autentica dell’art. 165 c.p.c. in materia di opposizione a decreto
ingiuntivo, con la quale si elimina la riduzione a metà dei termini di comparizione per il giudizio di
opposizione.
Nelle scorse settimane le Camere hanno convertito in legge due decreti legge, approvati lo
scorso 22 dicembre 2011, il c.d. “svuota carceri” (d.l. 211/2011, conv. in L. 9/2012) 5 e quello che
reca le norme in materia di composizione delle crisi da sovraindebitamento e disposizioni per
l’efficienza della giustizia civile (d.l. 212/2011, conv. in L. 10/2012) 6 .
Il decreto svuota carceri, interviene sulle norme che disciplinano la convalida dell’arresto e
del fermo (artt. 386 e 558 c.p.p.) al fine di contrastare il fenomeno della tensione detentiva
determinata dal sovraffollamento delle carceri. Viene altresì innalzata da dodici a diciotto mesi la
5
6
Per un’analisi più approfondita si rinvia al Dossier di analisi n. 2/2012 dell’Ufficio studi.
Su tale ultimo decreto, cfr. il Dossier di analisi n. 1/2012 dell’Ufficio studi.
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soglia di pena detentiva per l’accesso alla detenzione domiciliare, estesa la disciplina sull’ingiusta
detenzione ai procedimenti definiti prima dell’entrata in vigore del nuovo c.p.p. e, infine, si prevede
la chiusura definitiva degli ospedali psichiatrici giudiziari entro il 1 febbraio 2013.
Il secondo decreto, il cui titolo è stato cambiato in sede di conversione in “disposizioni
urgenti per l’efficienza della giustizia civile”, tra i provvedimenti in materia di giustizia prevedeva
l’incentivo all’utilizzo della mediazione su proposta del giudice, così come la non impugnabilità
dell’ordinanza con cui il giudice condanna la parte che non ha partecipato alla mediazione senza
giustificato motivo. Tali disposizioni sono state eliminate in sede di conversione, unitamente
all’intero capo relativo alla composizione delle crisi da sovraindebitamento. Parallelamente, il
legislatore ha provveduto ad innalzare a millecento euro il valore delle liti dinanzi al giudice di pace
ove non è necessaria la difesa tecnica (art. 82, co. 1 c.p.c.) limitando, tuttavia, la possibilità per il
giudice di liquidare competenze ed onorari che superino il valore della domanda (art. 91 c.p.c.),
scoraggiando in tal modo il ricorso ad una difesa tecnica. Risulta altresì eliminata la disposizione
che prevedeva la presentazione dell’istanza di trattazione in sede di conversione del decreto,
introdotta dall’art. 26 della legge di stabilità.
Nel momento in cui si scrive le Camere stanno esaminando per la conversione in legge due
decreti legge, il c.d. “cresci Italia” (Decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1) e quello che reca
disposizioni urgenti in materia di semplificazione e sviluppo (Decreto legge 9 febbraio 2012, n. 5).
Il primo di tali decreti, il c.d. “cresci Italia” attualmente all’esame della Camera dei
Deputati, riforma nuovamente la disciplina delle professioni regolamentate, abrogando le tariffe
professionali ed escludendo la possibilità di farvi riferimento. Si prevede l’elaborazione, a livello
ministeriale, di parametri per offrire un ausilio al giudice in sede di liquidazione dei compensi; a
causa della mancanza di una disciplina transitoria, atta ad evitare il rischio di paralisi della
liquidazione giudiziale dei compensi a fronte dell’abrogazione delle tariffe professionali, in sede di
conversione il Senato ha introdotto lo scorso 1 marzo una norma transitoria, che consente la
sopravvivenza delle tariffe fino al termine (pari a cento ottanta giorni dall’entrata in vigore della
legge di conversione) per l’adozione dei parametri ministeriali. Ulteriori disposizioni di interesse
concernono la possibilità, per i giovani, di costituire società a responsabilità limitata dal regime
semplificato e capitale sociale minimo pari ad un euro, norme per rendere efficace l’azione di classe
(consentendo che diritti individuali “omogenei” siano azionabili in forma contestuale con tale
strumento di cui all’art. 140-bis del D.lgs. 206/2005, c.d. Codice del consumo), e si integra il codice
del consumo consentendo all’Antitrust di dichiarare la vessatorietà di clausole inserite nei contratti
tra professionisti e consumatori, presenti nei contratti conclusi mediante adesione a condizioni
generali o moduli, modelli e formulari.
Si istituisce, infine, il c.d. Tribunale delle imprese, provvedendo ad una modifica della
disciplina della struttura e delle materie di competenza delle sezioni specializzate in materia di
proprietà industriale ed intellettuale, creando in tal modo una giustizia a due velocità, con una corsia
preferenziale per le controversie in materia societaria, di diritto d’autore e di violazione della
normativa Antitrust dell’Unione europea, accompagnata da un consistente aumento del contributo
unificato.
Il secondo decreto, in materia di semplificazione, interviene sulla composizione delle
commissioni per l’esame di avvocato, per consentire anche ai ricercatori, oltre ai professori ordinari
e associati, di farne parte.
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CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi Osservazioni a prima lettura sull’articolo 2 del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1
(Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la
competitività, c.d. “cresci-Italia”) *
29 febbraio 2012
IL TRIBUNALE DELLE IMPRESE
SOMMARIO: 1. Testo della disposizione. – 2. Profili di rilievo costituzionale. – 3. Profili di merito. – 4. Le modifiche in
corso d’opera: l’emendamento governativo 2.500 al ddl A.S. 3110 di conversione in legge del decreto
legge n. 1/2012.
1.
Testo della disposizione.
Art. 2
(Tribunale delle imprese)
1. Al decreto legislativo 26 giugno 2003, n. 168 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) agli articoli 1 e 2 le parole: «sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale» sono
sostituite, ovunque compaiano, dalle seguenti: «sezioni specializzate in materia di impresa»;
b) all'articolo 2, le parole: «in materia di proprietà industriale ed intellettuale» sono sostituite dalle seguenti:
«in materia di impresa»;
c) l'articolo 3 e' sostituito dal seguente:
«Art. 3 (Competenza per materia delle sezioni specializzate).
1. Le sezioni specializzate sono competenti in materia di:
a) controversie di cui all'articolo 134 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, e successive
modificazioni;
b) controversie in materia di diritto d'autore;
c) azioni di classe di cui all'articolo 140-bis del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive
modificazioni.
2. Le sezioni specializzate sono altresì competenti, relativamente alle società di cui al Libro V, Titolo V, Capi
V e VI del codice civile ovvero alle società da queste controllate o che le controllano, per le cause:
a) tra soci delle società, inclusi coloro la cui qualità di socio è oggetto di controversia;
b) relative al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto le
partecipazioni sociali o i diritti inerenti;
c) di impugnazione di deliberazioni e decisioni di organi sociali;
d) tra soci e società;
e) in materia di patti parasociali;
f) contro i componenti degli organi amministrativi o di controllo, il liquidatore, il direttore generale ovvero
il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari;
g) aventi ad oggetto azioni di responsabilità promosse dai creditori delle società controllate contro le società
che le controllano;
*
Il presente dossier è stato elaborato dagli avv.ti Bertolotti, Cremonini, Izzo, e Schillaci, con il coordinamento degli
avv.ti Colavitti e Pagotto. Si tratta di osservazioni a prima lettura redatte in via di urgenza per consentire una prima
valutazione.
23
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi h) relative a rapporti di cui all'articolo 2359, primo comma, n. 3, all'articolo 2497-septies e all'articolo 2545septies codice civile;
i) relative a contratti pubblici di appalto di lavori, servizi o forniture di rilevanza comunitaria in cui sia parte
una società di cui al Libro V, Titolo V, Capi V e VI del codice civile, quando sussiste la giurisdizione del giudice
ordinario».
2. Dopo il comma 1-bis dell'articolo 13 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive
modificazioni, e' inserito il seguente: «1-ter. Per i processi di competenza delle sezioni specializzate di cui al decreto
legislativo 26 giugno 2003, n. 168, e successive modificazioni, il contributo unificato di cui al comma 1 e'
quadruplicato. Si applica il comma 1-bis».
3. Il maggior gettito derivante dall'applicazione delle disposizioni di cui al comma 2 e' versato all'entrata del
bilancio dello Stato per essere riassegnato al fondo istituito ai sensi dell'articolo 37, comma 10, del decreto-legge 6
luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.
4. Il comma 4 dell'articolo 140-bis del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 e' sostituito dal seguente:
«4. La domanda è proposta al tribunale presso cui è istituita la sezione specializzata di cui all'articolo 1 del
decreto legislativo 26 giugno 2003, n. 168, e successive modificazioni».
5. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai giudizi instaurati dopo il novantesimo giorno
dall'entrata in vigore del presente decreto.
6. L'amministrazione provvede allo svolgimento delle attività relative alle competenze previste dal presente
articolo senza nuovi o maggiori oneri e con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Osservazioni
2.
Profili di rilievo costituzionale.
2.1. In primo luogo, è necessario svolgere alcune considerazioni sul metodo seguito dal
Governo nell’adozione delle innovazioni in parola. Anzitutto, con riferimento alla fonte ed in
particolare al ricorso, nella materia de qua, al decreto legge. Come noto, infatti, la materia
dell’ordinamento giudiziario – ivi compresa l’istituzione di sezioni specializzate e la devoluzione ad
esse della risoluzione di determinate controversie – è soggetta, giusta gli art. 102 e 108 Cost., ad
una riserva di legge. Tale riserva, in particolare, affonda le proprie radici nel principio di
separazione dei poteri e segnatamente nell’esigenza – ad esso correlata – di mettere
l’organizzazione del potere giudiziario al riparo da interventi del potere esecutivo. Da simili
considerazioni deriva, se non l’illegittimità costituzionale del ricorso alla decretazione d’urgenza,
quantomeno la sua grave inopportunità sul piano dei più elementari equilibri di politica
costituzionale.
2.2. In ogni caso, anche a voler ritenere ammissibile il ricorso alla decretazione d’urgenza,
gravi perplessità sorgono in merito alla ravvisabilità, nella fattispecie in esame, dei presupposti di
necessità ed urgenza di cui all’art. 77 Cost. La mancanza di essi, peraltro, è confermata dallo
stesso tenore della disposizione in parola, che differisce l’entrata in vigore delle innovazioni al
novantesimo giorno successivo alla sua entrata in vigore, con ciò implicitamente confermando
l’insussistenza della straordinaria necessità e urgenza dell’intervento normativo.
È appena il caso di osservare, peraltro, che l’insussistenza dei requisiti, lungi dall’essere
sanata dall’intervento della legge di conversione, si traduce – secondo il consolidato orientamento
della Corte costituzionale – in vizio della medesima, censurabile nel giudizio di legittimità
costituzionale (cfr. da ultimo, Corte cost. sent. n. 171/2007).
2.3. Deve poi essere segnalata – sempre sul piano del metodo e della stessa legittimità
costituzionale del provvedimento in discorso – l’estrema eterogeneità delle disposizioni contenute
24
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi nel Decreto legge, che sembra contravvenire apertamente alle perplessità più di una volta
manifestate dallo stesso Presidente della Repubblica. Il Capo dello Stato ha manifestato, con le
lettere del 17 giugno 2008, del 9 aprile 2009 e, da ultimo, del 22 febbraio 2011, la propria forte
preoccupazione per il grave vulnus che deriva al rapporto tra funzione legislativa ed esecutiva
dall’utilizzo sistematico di decreti omnibus o sostitutivi di atti legislativi parlamentari tipici, così
come dall’inserimento in provvedimenti emergenziali di frammenti di riforma sostanziale di settori
dell’ordinamento.
2.4. Nella consapevolezza dell’eccezionalità della contingenza economica e politica – e
ferme restando le perplessità suscitate dal merito delle innovazioni in esame, su cui subito ci si
soffermerà – non si può infine fare a meno di notare che sarebbe stata doverosa, anche al fine di
alleggerire il vulnus agli equilibri costituzionali rappresentato dal ricorso alla decretazione
d’urgenza, la consultazione dei soggetti interessati dalla disciplina contenuta nell’art. 2 ed in
primo luogo dell’Avvocatura, oltre che del Consiglio superiore della magistratura.
3.
Profili di merito.
3.1. Le sezioni specializzate competenti in materia di proprietà industriale vengono
trasformate in sezioni specializzate in materia d’impresa (di seguito denominate anche “tribunale
delle imprese”).
In particolare, al tribunale delle imprese, saranno devolute le controversie in materia di
proprietà intellettuale, le controversie in materia di diritto d’autore e le azioni di classe di cui al
codice del consumo (d.lgs. 206/2005), nonché le cause tra soci, da una parte e società per azioni,
società in accomandita per azioni e società che le controllano o che ne sono controllate, dall’altra
parte, incluse quelle relative a: qualità di socio; trasferimento delle partecipazioni sociali e diritti
alle stesse relativi; impugnazione delle deliberazioni e decisioni di organi sociali e soci; azioni
contro i membri degli organi sociali; patti parasociali; azioni contro i membri degli organi sociali, il
liquidatore, il direttore generale e il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili
societari; cause relative ai rapporti tra società controllate per effetto di particolari vincoli
contrattuali con la società controllante; controversie relative al gruppo cooperativo paritetico. La
specializzazione degli organi giudicanti ai quali sono devolute le controversie in tema di diritto
delle imprese era stata chiesta dagli operatori del settore, già in occasione del dibattito sui progetti
di riforma del diritto societario, poi intervenuta nel 2003.
3.2. Le ragioni addotte a giustificazione di siffatta scelta stanno nell’esigenza di celerità dei
traffici commerciali e nel complesso tecnicismo (si pensi, a mero titolo esemplificativo, alla materia
dei bilanci, delle valutazioni aziendali, dei numerosissimi regolamenti emanati dalle Autorità di
vigilanza con riferimento a banche e ad emittenti quotati sui mercati regolamentati) delle regole che
interessano le imprese. A ciò si aggiunga che la copiosa e incessante produzione normativa tipica di
tale materia non consente neppure di orientarsi a chi non ha esperienza e competenze specifiche.
3.3. Esistono, nonostante gli intenti di efficientamento della giustizia, molteplici criticità
nella disciplina recata dall’art. 2 del d.l. che si commenta. Anzitutto, non si comprende per quale
25
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi ragione il legislatore abbia scelto di devolvere alla giustizia specializzata soltanto le controversie
che riguardano taluni tipi sociali e non invece tutte le società regolate dal codice civile 1 .
Un tentativo di segno analogo era stato fatto in sede disegno di legge delega in materia di
società di capitali elaborato dalla c.d. Commissione Mirone (d.d.l. C. 7123/XIII) approvato dal
Consiglio dei Ministri il successivo 26 maggio 2000. L’art. 11 della proposta in parola prevedeva
una delega a favore del governo per l’adozione di «nuove norme sulla giurisdizione» finalizzate «ad
assicurare una più rapida ed efficace definizione dei procedimenti». La disposizione, che istituiva
sezioni specializzate presso le Corti di appello, fu poi stralciata dal testo della legge di delega per la
riforma del diritto societario n. 366/2001 (c.d. Legge Vietti).
Le ragioni dell’eliminazione della disposizione emergono sia dai lavori parlamentari che dal
dibattito dottrinale. Esclusa la possibilità di istituire un vero e proprio Tribunale di commercio alla
francese – ossia composto da soli componenti laici – che avrebbe violato il divieto di costituzione di
giudici speciali, si ebbe timore anche nei confronti dell’integrazione dei collegi giudicanti
dell’opera di togati e non togati, atteso che la vicinanza di tali “esperti” al mondo dell’impresa non
poteva escludersi.
Al tempo del dibattito parlamentare – possibile allora, oggi reso difficoltoso dal ricorso al
decreto legge - soltanto le realtà economiche più grandi si dimostrarono favorevoli.
L’Avvocatura 2 , la Magistratura 3 ed una parte del mondo dell’impresa si espressero in senso
1
Inoltre, in considerazione della circostanza che le risorse umane disponibili non sono ingenti e spesso non
hanno la necessaria preparazione specialistica, si sarebbe potuto prevedere nella composizione delle sezioni
specializzate in materia di impresa, la presenza di componenti laici (avvocati in grado di documentare una significativa
esperienza professionale nel settore in esame e professori universitari di ruolo nelle materie afferenti al diritto
dell’impresa)
2
Cfr. in proposito la delibera dell’assemblea dei presidenti dei consigli dell’ordine, assunta a Roma il 26
maggio 2000, in Rass. forense, 2000, 653 s., richiama analoghe prese di posizione del Consiglio nazionale forense.
In precedenza, il Consiglio nazionale forense, con delibera del 25 febbraio, in Rass. forense, 2000, 424 s.,
ripresa in varie successive dichiarazioni del proprio presidente, aveva, in termini simili, espresso «la più viva
preoccupazione per la evidente e grave compressione che la ventilata riforma porterebbe alle funzioni
giurisdizionali di molti tribunali circondariali, anche di importanti città capoluogo di provincia, con conseguente
impoverimento che le classi professionali di tali città verrebbero a subire, soprattutto sotto il profilo culturale,
dall’attuazione della voluta concentrazione nelle città sedi di corte d’appello di un così rilevante flusso di attività
giurisdizionale », non mancando di lamentare che la prospettata riforma avrebbe allontanato i «cittadini utenti»
dal «servizio giustizia», i cui presidi sul territorio sarebbero stati «sradicati».
3
La posizione contraria all’istituzione delle sezioni specializzate è stata espressa dalla maggior parte della
magistratura in occasione di congressi e di convegni. In particolare cfr. CIVININI, La specializzazione del giudice, in
Questione giustizia, 2000, 605-628, dove, ivi, 615 s., tra l’altro il rilievo che la specializzazione del giudice è funzionale
ad una migliore conoscenza del fatto, attraverso l’acquisizione di conoscenze extragiuridiche, o comunque ad una sua
maggior capacità di farsi interprete degli interessi delle categorie interessate da un particolare tipo di contenzioso, ma
non per affrontare meglio la quaestio iuris: «il diritto è infatti per definizione conosciuto o conoscibile dal giudice (da
qualunque giudice) e qualsiasi tentativo di evocare, per settori limitati dell’ordinamento (in specie il diritto commerciale
e societario), difficoltà inenarrabili di ricostruzione e interpretazione del sistema, sono destinate a scontrarsi con due
dati: il giudice italiano, selezionato per concorso e soggetto solo alla legge, rinviene la sua legittimazione
esclusivamente nella sua professionalità e nella sua capacità di conoscere e interpretare il diritto; la complessità
crescente dell’ordinamento, nel suo insieme e per singoli settori, è compensata dalla complessità crescente degli
strumenti (prima di tutto informatici) di ricerca e di conoscenza del diritto, delle sue fonti, delle interpretazioni date
dalla dottrina, delle soluzioni offerte dalla giurisprudenza»; non esistendo «saperi giuridici esoterici o iniziatici»,
sarebbe anzi utile assicurare la rotazione «non solo per favorire la diffusione del sapere giuridico e innalzare il livello
generale della magistratura ma anche per evitare che venga meno la percezione della terzietà del giudice e che questi,
troppo sicuro della soluzione in diritto, smetta di ricercare nuove strade, indispensabili per l’evoluzione
dell’ordinamento». In senso favorevole alla specializzazione, v., peraltro, RORDORF, La professionalità dei
magistrati: specializzazione ed avvicendamento, in Foro it., 2000,V, 269-273. 26
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi decisamente opposto all’istituzione di sezioni specializzate presso i tribunali delle città sedi di corte
di appello, esprimendo notevoli perplessità. Si paventava l’allontanamento del servizio giustizia
dal territorio, con conseguente minore sensibilità rispetto alle realtà imprenditoriali locali.
Tali argomenti permangono rispetto all’art. 2 in commento, ed anzi si aggravano per tre
ordini di ragioni:
a) sul piano del metodo si passa da un disegno di legge delega nel quale il parlamento detta
criteri e principi direttivi all’esecutivo, ad un atto di quest’ultimo, il decreto legge, che sottrae la
possibilità del confronto, della concertazione e del dibattito sereno;
b) la materia dell’ “impresa” viene collocata non già presso i 26 distretti di Corti d’appello
ma finanche in numero minore di uffici, nella specie in 12 sedi;
c) se all’epoca della proposta Mirone all’istituzione di sezioni specializzate (d.lgs. n. 5/2003)
si affiancava altresì un rito speciale, oggi – dopo l’abrogazione del processo “commerciale” operata
con la l. n. 69/2009 non vi sarebbe alcuna differenza nella trattazione delle controversie in parola.
3.4. La separazione tra giustizia dei cittadini e giustizia delle imprese, con la creazione
di percorsi giudiziari differenti (per competenza geografica, per costo e per scansioni
processuali) desta sostanziali dubbi sulla sua piena compatibilità costituzionale. Il contributo
unificato è infatti quadruplicato per queste cause.
L’esistenza di un “Tribunale di commercio” – specializzato ed eventualmente anche
integrato da membri laici - non desterebbe in sé particolare scandalo, atteso che l’ordinamento
italiano conosceva questa forma di giustizia duale già in epoca anteriore alla legge 5147 del 1888.
Ciò che si realizza con il decreto in commento, però, è altro.
Con l’art. 2 viene radicalmente trasformata una norma, quella sulle sezioni specializzate
in proprietà intellettuale, concepita per un contenzioso “d’élite”, estremamente limitato nel
numero e prevalentemente documentale. Alle sezioni viene ora attribuito, invece, un contenzioso
molto più corposo, che viene sottratto al giudice ordinario, e che comprende ora una vasta congerie
di questioni, la cui matrice unitaria è piuttosto discutibile: diritto societario, proprietà intellettuale,
class actions. Appare, quindi, assai dubbio che sia stata rispettata la ratio dell’art. 102, comma
secondo, della Costituzione, ove impone che le sezioni specializzate abbiano riferimento a
“determinate materie”, e dunque a settori dell’ordinamento coerenti e chiaramente delimitati: è ben
noto come la Corte costituzionale abbia sviluppato a partire dal 2004 una giurisprudenza
particolarmente rigorosa sul concetto di “materia” nel riparto di giurisdizioni, che potrebbe
senz’altro applicarsi anche in questa evenienza, mutatis mutandis.
3.5. La struttura delle sezioni specializzate, in concreto, desta preoccupazioni di non
trascurabile entità: esse sono state istituite in forma molto ridotta dal punto di vista numerico e
geografico, proprio in relazione alla particolarità del contenzioso su brevetti e marchi. Vi è di più: i
dati oggi disponibili indicano un contenzioso in materia brevettuale di alcune centinaia di cause
all’anno per tutta Italia, concentrate per più della metà tra Milano e Roma, con grande prevalenza
della prima sede. Nel resto del territorio nazionale l’attività delle sezioni specializzate si presenta
piuttosto episodica e, di conseguenza, il personale investito di queste funzioni è estremamente
limitato. Le cause di proprietà intellettuale non solo sono per la gran parte documentali (prive cioè
di una fase istruttoria complessa come quella del contenzioso civile generico) ma presentano una
peculiarità tutta propria: i ricorrenti hanno interesse assolutamente prevalente per la tutela inibitoria
rispetto ai provvedimenti risarcitori o di altra natura, cosicché una parte cospicua dei procedimenti
non va oltre la fase cautelare. L’affidamento a queste sezioni di un contenzioso generale in ambito
societario comporterebbe esigenze del tutto diverse, sia sul piano giuridico che organizzativo, di
27
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi talché la mera ridenominazione in “sezioni specializzate in materia di impresa” crea un vuoto di
tutela, non essendo queste strutture affatto in grado di gestire il nuovo carico di lavoro. Dal
punto di vista costituzionale è assai discutibile che delle strutture di nicchia, promosse a tribunali
“generalisti” in materia commerciale, possano garantire una tutela minima dei diritti, che invece è
costituzionalmente garantita dall’art. 24 della Carta fondamentale.
3.6. Anche nel merito dell’intervento emergono molteplici profili di criticità e pare
proprio che l’istituzione di questa sorta di “giustizia di prima classe” sia destinata a rimanere
soltanto sulla carta e negli annunci della stampa.
In primo luogo il grado di specializzazione del magistrato addetto, che poteva essere finora
garantito nelle sezioni dedicate alla P.I., si stempera necessariamente se il catalogo delle materie
devolute alle sezioni specializzate diviene così ampio ed eterogeneo. Un giudice che ha maturato
una specializzazione nel settore del diritto industriale e d’autore, non ne ha necessariamente in
quello delle controversie societarie. Analogamente, ed anzi ancor più, tale considerazione vale per
le controversie «relative a contratti pubblici di appalto di lavori, servizi o forniture di rilevanza
comunitaria in cui sia parte una società di cui al Libro V, Titolo V, Capi V e VI del codice civile,
quando sussiste la giurisdizione del giudice ordinario» (lett. i). Balena alla mente l’idea di una
(intollerabile) giurisdizione su base soggettiva, atteso che nulla muta in relazione alla complessità
o alle caratteristiche della controversia per il solo fatto che una delle parti sia una società.
D’altronde tale inaccettabile idea è evocata dalla stessa denominazione delle sezioni specializzate,
definite “tribunale per le imprese” dalla rubrica della norma.
3.7. Per le azioni di classe previste dal codice del consumo, poi, la situazione si fa ancora
più complessa. In primo luogo qui non c’è nessuna esigenza di specializzazione visto che il novero
di diritti che, ai sensi dell’art. 140-bis del codice del consumo – possono dar luogo alla class action
è quanto mai vario. In secondo luogo un’azione – predisposta a favore del consumatore (e
migliorata dall’art. 6 dello Schema in esame) finisce coll’essere radicata presso un foro spesso
particolarmente distante e, soprattutto, con l’imposizione di un aumento del contributo unificato di
un quadruplo. E’ di tutta evidenza che si tratta di un’operazione inaccettabile che rende
notevolmente più gravoso il ricorso alla giurisdizione per soggetti deboli, come il
consumatore, ma non solo. Il “socio” – contemplato dalle lettere a e d del secondo comma può ben
essere un soggetto individuale e per l’appunto debole che aziona un proprio diritto nei confronti di
un colosso economico. Lo stesso può dirsi con riferimento all’autore che agisca contro un
plagio.
In secondo luogo, è bene ribadirlo, senza norme processuali speciali l’impatto in termini di
recupero di efficienza e rapidità del processo appare decisamente esiguo. Non si comprende, difatti,
come il processo possa divenire più celere soltanto perché viene “spostato” in una sede differente
rispetto a quella individuata sulla scorta delle ordinarie regole di competenza. Non esiste un unico
rito speciale per le controversie considerate: la materia del diritto industriale segue regole
processuali sue proprie; così in parte può dirsi per le azioni di classe; non ci sono (più) regole
eccezionali per le “controversie societarie”. Questa babele di riti più che rendere più efficiente il
processo “dell’impresa” otterrà soltanto l’effetto di peggiorare il funzionamento di quello
“industriale”.
Infine, come rilevato, il numero di magistrati addetti a tali sezioni è commisurato all’entità
del contenzioso che finora hanno gestito: di nicchia e, dunque, poco numeroso. L’aumento delle
competenze non potrà che aggravare il carico degli uffici che, per forza di cose, peggioreranno la
propria performance anziché migliorarla. A meno che, con successivi provvedimenti non se ne
28
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi aumenti l’organico: tale misura sarebbe oltremodo inaccettabile atteso lo stato conclamato di
sottodimensionamento dei magistrati alla “giustizia civile di massa” denunciato quotidianamente
dai presidenti di tribunali e corti di appello “comuni”.
4.
Le modifiche in corso d’opera: l’emendamento governativo 2.500 al ddl A.S. 3110 di
conversione in legge del decreto legge n. 1/2012.
4.1. In sede di esame del d.d.l. 3110 di conversione del decreto-legge n. 1/2012, l’art. 2 è
stato modificato dall’emendamento 2.500 (testo 2) presentato dal Governo, approvato dalla
Commissione Industria del Senato, in sede referente, nella seduta notturna del 27.02.2012.
Si riporta di seguito un quadro sinottico dell’art. 2, coordinato con le ultime modifiche
apportate in Commissione:
Testo del D.L. 1/2012
Articolo 2.
(Tribunale delle imprese)
1. Al decreto legislativo 26 giugno 2003, n. 168 sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) agli articoli 1 e 2 le parole: «sezioni specializzate in
materia di proprietà industriale ed intellettuale» sono
sostituite, ovunque compaiano, dalle seguenti: «sezioni
specializzate in materia di impresa»;
b) all’articolo 2, le parole: «in materia di proprietà
industriale ed intellettuale» sono sostituite dalle seguenti:
«in materia di impresa»;
Testo risultante dall’emendamento governativo 2.500
(testo 2), approvato in Commissione Industria al
Senato il 27.02.2012
Articolo 2.
(Tribunale delle imprese)
1. Al decreto legislativo 26 giugno 2003, n. 168 sono
apportate le seguenti modificazioni
a)
l’articolo 1 sono apportate le seguenti
modificazioni:
1) la rubrica è sostituita dalla seguente:
«(Istituzione delle sezioni specializzate in
materia di impresa)»;
2) al comma 1, le parole “proprietà
industriale ed intellettuale” sono sostituite
dalla seguente: “impresa”;
3) è aggiunto il seguente comma:
«1-bis.
Sono
altresì
istituite
sezioni
specializzate in materia di impresa presso i
tribunali e le corti d’appello aventi sede nel
capoluogo di ogni regione, ove non esistenti
nelle città di cui al comma 1. Per il territorio
compreso nella regione Valle d’Aosta/Vallé
d’Aoste e nella regione Trentino Alto
Adige/Südtirol
sono
rispettivamente
competenti le sezioni specializzate presso il
tribunale e la corte d’appello di Torino e di
Venezia. È altresì istituita la sezione
specializzata in materia di impresa presso il
tribunale e presso la corte d’appello di
Brescia.
L’istituzione
delle
sezioni
specializzate non comporta incrementi di
dotazioni organiche»
b) l’articolo 2, comma 1, è sostituito dal seguente:
«1. I giudici che compongono le sezioni
specializzate sono scelti tra i magistrati dotati
di specifiche competenze»;
c) all’articolo 2, comma 2, le parole: «proprietà
industriale ed intellettuale» sono sostituite dalla
29
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi c) l’articolo 3 è sostituito dal seguente:
«Art. 3. - (Competenza per materia delle sezioni
specializzate)
1. Le sezioni specializzate sono competenti in
materia di:
a) controversie di cui all’articolo 134 del decreto
legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, e successive
modificazioni;
b) controversie in materia di diritto d’autore;
c) azioni di classe di cui all’articolo 140-bis del
decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e
successive modificazioni.
2. Le sezioni specializzate sono altresì
competenti, relativamente alle società di cui al
Libro V, Titolo V, Capi V e VI del codice civile
ovvero alle società da queste controllate o che le
controllano, per le cause:
a) tra soci delle società, inclusi coloro la cui
qualità di socio è oggetto di controversia;
b) relative al trasferimento delle partecipazioni
sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto
le partecipazioni sociali o i diritti inerenti;
c) di impugnazione di deliberazioni e decisioni di
organi sociali;
d) tra soci e società;
seguente parola: «impresa»;
d) l’articolo 3 è sostituito dal seguente:
«Art. 3. - (Competenza per materia delle sezioni
specializzate)
1. Le sezioni specializzate sono competenti in
materia di:
a) controversie di cui all’articolo 134 del decreto
legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, e successive
modificazioni;
b) controversie in materia di diritto d’autore;
c) controversie di cui all’articolo 33, comma 2,
della legge 10 ottobre 1990, n. 287;
d) controversie relative alla violazione della
normativa antitrust dell’Unione Europea.
2. Le sezioni specializzate sono altresì
competenti, relativamente alle società di cui al
Libro V, Titolo V, Capi V e VI e VII e Titolo VI
del codice civile, alle società di cui al
regolamento (CE) n. 2157/2001 del Consiglio e
di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 del
Consiglio, nonché alle stabili organizzazioni
nel territorio dello Stato delle società
costituite all’estero, ovvero alle società da
queste controllate o che le controllano che
rispetto alle stesse esercitano o sono sottoposte
a direzione e coordinamento, per le cause e i
procedimenti:
a) relativi a rapporti societari ivi compresi
quelli
concernenti
l’accertamento,
la
costituzione, la modificazione o l’estinzione di
un rapporto societario, le azioni di
responsabilità da chiunque promosse contro i
componenti degli organi amministrativi o di
controllo, il liquidatore, il direttore generale
ovvero il dirigente preposto alla redazione dei
documenti contabili societari, nonché contro il
soggetto incaricato della revisione contabile
per
i
danni
derivanti
da
propri
inadempimenti o da fatti illeciti commessi nei
confronti della società che ha conferito
l’incarico e nei confronti dei terzi danneggiati,
le opposizioni di cui agli articoli 2445, terzo
comma, 2482, secondo comma, 2447-quater,
secondo comma, 2487-ter, secondo comma,
2503, 2503-bis e 2506-ter del codice civile;
b)
relativi
al
trasferimento
delle
partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio
avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i
diritti inerenti;
c) in materia di patti parasociali, anche
diversi da quelli regolati dall’articolo 2341-bis
del codice civile;
d) aventi ad oggetto azioni di responsabilità
promosse dai creditori delle società
controllate contro le società che le
30
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi e) in materia di patti parasociali;
f) contro i componenti degli organi
amministrativi o di controllo, il liquidatore, il
direttore generale ovvero il dirigente preposto
alla redazione dei documenti contabili societari;
controllano;
e) relativi a rapporti di cui all’articolo 2359,
primo comma, n. 3, all’articolo 2497-septies e
all’articolo 2545-septies del codice civile;
f) relativi a contratti pubblici di appalto di
lavori, servizi o forniture di rilevanza
comunitaria
dei quali sia parte una delle
società di cui al presente comma, ovvero
quando una delle stesse partecipa al consorzio
o al raggruppamento temporaneo cui i
contratti siano stati affidati, ove comunque
sussista la giurisdizione del giudice ordinario.
g) aventi ad oggetto azioni di responsabilità
promosse dai creditori delle società controllate
contro le società che le controllano;
h) relative a rapporti di cui all’articolo 2359,
primo comma, n. 3, all’articolo 2497-septies e
all’articolo 2545-septies codice civile;
i) relative a contratti pubblici di appalto di lavori,
servizi o forniture di rilevanza comunitaria in cui
sia parte una società di cui al Libro V, Titolo V,
Capi V e VI del codice civile, quando sussiste la
giurisdizione del giudice ordinario».
3. Le sezioni specializzate sono altresì
competenti per le cause e i procedimenti che
presentano ragioni di connessione con quelli
di cui ai commi 1 e 2.»
e) l’articolo 4 è sostituito dal seguente:
«Art. 4. (Competenza territoriale delle sezioni) Le controversie di cui all’articolo 3 che,
secondo gli ordinari criteri di ripartizione
della competenza territoriale e nel rispetto
delle normative speciali che le disciplinano,
dovrebbero essere trattate dagli uffici
giudiziari compresi nel territorio della regione
sono assegnate alla sezione specializzata
avente sede nel capoluogo di regione o nella
città individuati ai sensi dell’articolo 1. Alle
sezioni specializzate istituite presso i tribunali
e le corti d’appello non aventi sede nei
capoluoghi di regione sono assegnate le
controversie che dovrebbero essere trattate
dagli uffici giudiziari compresi nei rispettivi
distretti di corte d’appello.»
2. All’articolo 33, comma 2, della legge 10 ottobre
1990, n. 287, le parole: «alla corte d’appello
competente per territorio», sono sostituite dalle
seguenti: «al tribunale competente per territorio
presso cui è istituita la sezione specializzata di cui
all’articolo 1 del decreto legislativo 26 giugno 2003, n.
168 e successive modificazioni».
2. Dopo il comma 1-bis dell’articolo 13 del testo unico
delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di
spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della
3. Dopo il comma 1-bis dell’articolo 13 del testo unico
delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di
spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della
31
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive
modificazioni, è inserito il seguente
«1-ter. Per i processi di competenza delle
sezioni specializzate di cui al decreto legislativo
26 giugno 2003, n. 168, e successive
modificazioni, il contributo unificato di cui al
comma 1 è quadruplicato. Si applica il comma 1bis».
Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive
modificazioni, è inserito il seguente:
«1-ter. Per i processi di competenza delle
sezioni specializzate di cui al decreto
legislativo 27 giugno 2003, n. 168, e successive
modificazioni, il contributo unificato di cui al
comma 1 è raddoppiato. Si applica il comma
1-bis.”.
3. Il maggior gettito derivante dall’applicazione delle
disposizioni di cui al comma 2 è versato all’entrata del
bilancio dello Stato per essere riassegnato al fondo
istituito ai sensi dell’articolo 37, comma 10, del decretolegge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni,
dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.
4. Il maggior gettito derivante dall’applicazione della
disposizione di cui al comma 3 è versato all’entrata del
bilancio dello Stato per essere riassegnato, quanto ad
euro seicentomila per ciascuno degli anni 2012 e 2013,
alla copertura degli oneri derivanti dalla istituzione
delle sezioni specializzate in materia di impresa presso
gli uffici giudiziari diversi da quelli nei quali, per
effetto dell’articolo 1 del decreto legislativo 27 giugno
2003, n. 168, sono state istituite le sezioni specializzate
in materia di proprietà industriale ed intellettuale e,
per la restante parte, al fondo istituito ai sensi
dell’articolo 37, comma 10, del decreto-legge 6 luglio
2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15
luglio 2011, n. 111. A decorrere dall’anno 2014 l’intero
ammontare del maggior gettito viene riassegnato al
predetto Fondo. Il Ministro dell’economia e delle
finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti,
le occorrenti variazioni di bilancio.
4. Il comma 4 dell’articolo 140-bis del decreto legislativo
6 settembre 2005, n. 206 è sostituito dal seguente:
«4. La domanda è proposta al tribunale presso
cui è istituita la sezione specializzata di cui
all’articolo 1 del decreto legislativo 26 giugno
2003, n. 168, e successive modificazioni».
5. Al fine di semplificare ed accelerare le procedure
relative alle nuove assunzioni di personale di
magistratura nonché di avvocati e procuratori dello
Stato, la riassegnazione delle entrate prevista
dall’articolo 37, commi 10 e 14, del decreto legge 6
luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla
legge 15 luglio 2011, n. 111, è effettuata al netto della
quota di risorse destinate alle predette assunzioni; la
predetta quota è stabilita con apposito decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i
Ministri della giustizia e dell’economia e delle finanze.
Le risorse da destinare alle assunzioni corrispondenti
alla predetta quota sono iscritte nello stato di
previsione dell’entrata e in quello dei ministeri
interessati. Il Ministro dell’economia e delle finanze è
autorizzato ad apportare, con propri decreti, le
occorrenti variazioni di bilancio.
5. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano
ai giudizi instaurati dopo il novantesimo giorno
dall’entrata in vigore del presente decreto.
6. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano
ai giudizi instaurati dopo il cento ottantesimo giorno
dall’entrata in vigore della legge di conversione del
presente decreto
6. L’amministrazione provvede allo svolgimento delle
attività relative alle competenze previste dal presente
articolo senza nuovi o maggiori oneri e con le risorse
umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione
vigente.
32
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi 4.2. Le modifiche intervenute provvedono a raccogliere solo parzialmente le istanze
provenienti da più parti, non da ultime l’avvocatura e la stessa magistratura.
Mentre il decreto aveva ampliato la competenza delle dodici sezioni specializzate in materia
di proprietà industriale ed intellettuale già presenti sul territorio, senza provvedere ad un
conseguente aumento del numero delle sezioni e del relativo organico, con l’emendamento
governativo si istituiscono sezioni specializzate in ogni capoluogo di regione, ad eccezione della
Valle d’Aosta e del Trentino-Alto Adige, aggiungendo infine una sezione specializzata presso la
corte d’appello di Brescia.
Il paventato rischio di paralisi delle sezioni, in numero esiguo quanto a presenza geografica
sul territorio ed altresì in relazione alla composizione numerica, non risulta tuttavia superato.
Procedendo nella lettura della nuova disposizione, infatti, ci si accorge che le criticità, anziché
essere diminuite, risultano invero maggiori.
4.3. Le sezioni saranno presenti solamente nel distretto di corte d’appello del capoluogo
di ogni regione, anziché nei ventisei distretti di corte d’appello (cfr. co. 1, lett. a), punto 3), il che
risulterebbe più logico rispetto alla geografia giudiziaria del paese, nonché più rispettoso del valore
di una giustizia di prossimità.
Unica sezione specializzata istituita presso una corte d’appello non capoluogo di regione è
quella di Brescia, in Lombardia, che si affianca alla sola altra sezione già presente in una provincia
non capoluogo regionale, quella di Catania. Risultano escluse dalla previsione la Valle d’Aosta ed il
Trentino-Alto Adige; in maniera poco comprensibile invero, se si pensa alla particolare autonomia
garantita a tali regioni dalla Costituzione nonché dai rispettivi statuti speciali ed alla presenza di
minoranze linguistiche che godono di una protezione di rango costituzionale.
Si ribadisce nell’emendamento quanto già previsto dal comma 6 dell’art. 2, ora venuto
meno, ovvero che non vi sarà aumento di dotazioni organiche e, pertanto, le sezioni dovranno far
fronte al (numeroso) aumento delle materie di loro competenza a personale invariato.
Unica precisazione è quella presente al comma 1, lettera b), ove si specifica che «i giudici
che compongono le sezioni specializzate sono scelti tra i magistrati dotati di specifiche
competenze». Continua a stupire e destare notevoli perplessità questa riforma a costo minimo (vedi
infra, sub 4.7), come già evidenziato, in quanto gli attuali giudici delle sezioni specializzate
possiedono competenze specifiche in materia di proprietà intellettuale ed industriale, ed il loro
carico di lavoro è sicuramente minore rispetto a quello cui andranno incontro le sezioni
specializzate in materia di impresa.
4.4. Ulteriori perplessità suscitano le modifiche relative alle materie di competenza delle
sezioni specializzate. Se da un lato sono stati accolti i rilievi relativi all’azione di classe ex art. 140bis del D.lgs. n. 206/2005, espunta dal relativo elenco, permangono le controversie in materia di
diritto d’autore e sono state aggiunte altresì nuove competenze in materia di concorrenza. Si tratta
delle controversie di cui all’art. 33, co. 2 della legge n. 287/1990, nonché delle «controversie
relative alla violazione della normativa antitrust dell’Unione europea», materia dai contorni vaghi
e sfumati, talmente ampia da risultare addirittura incomprensibile: in sede applicativa, infatti,
risulterà difficile poter escludere una controversia da tale ambito, considerato che la normativa
europea presenta nei tre quarti dei casi, se non addirittura nella quasi totalità, un profilo di rilievo
concorrenziale.
L’introduzione di un terzo comma all’art. 3 del D.Lgs. n. 168/2003, ove si specifica che le
sezioni sono competenti anche per cause e procedimenti connessi con le materie di loro
33
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi competenza, suscita nuove perplessità. Tale previsione, unitamente ad un disegno di parziale
riforma della giustizia senza un relativo incremento dell’organico ed uno specifico intervento in
relazione alla specializzazione del magistrato, rischia di non sortire alcun effetto positivo e, al
contrario, di oberare le nuove sezioni di un gran numero di procedimenti.
4.5. Per quanto concerne le controversie in materia societaria, il Governo ha esteso la
competenza delle sezioni specializzate, originariamente prevista solamente a favore di S.p.a. e
S.a.p.a. (Libro V, titolo V, capi V e VI c.c.) anche alle s.r.l. (Libro V, titolo V, capo VII c.c.), alle
società cooperative e mutue assicuratrici (Libro V, titolo VI c.c.), nonché alle Società europee (o
società per azioni europea, di cui al Reg. CE 2157/2001), alle società cooperative europee (di cui al
Reg. CE 1435/2003), ed infine alle stabili organizzazioni di società costituite all'estero o società che
rispetto alle stesse esercitano o sono sottoposte a direzione e coordinamento. Non può tacersi la
criticità della disposizione che estende indiscriminatamente l’ambito di applicazione della
normativa sulle sezioni specializzate a realtà societarie presenti in modo capillare sul territorio,
rischiando pertanto di oberare i nuovi giudici con un enorme carico di lavoro.
Il Governo ha provveduto a riformulare l’elenco delle cause e dei procedimenti sottratti agli
ordinari criteri di competenza ed assegnati alle sezioni specializzate, indicando un elenco dettagliato
di controversie relative ai rapporti societari (cfr. le emendate lettere a) – f) dell’art. 3, co. 2, D.lgs. n.
168/2003). Si è preferito rispettare un criterio di maggiore specificazione rispetto all’originaria
previsione del decreto, generica ed a tratti onnicomprensiva.
Come già ricordato supra (sub 4.4), viene introdotto un terzo comma all’art. 3 del D.Lgs. n.
168/2003, ove si prevede una competenza delle sezioni anche per cause e procedimenti connessi
con le materie di loro competenza. Tale disposizione suscita ulteriori perplessità, particolarmente
nel campo del diritto societario, considerato la potenzialità di attrarre un innumerevole numero di
procedimenti che rischia di oberare le nuove sezioni e potrebbe non consentire il raggiungimento
dell’obiettivo di giungere ad una giustizia più celere, rispettosa del principio di ragionevole durata
dei procedimenti.
4.6. Con il decreto n. 1/2012 veniva previsto, per le controversie di competenza delle sezioni
specializzate, un aumento del contributo unificato pari al quadruplo. Le forti critiche nei confronti
della disposizione, cui si imputava un mascherato intento di abbattimento della domanda di
giustizia, hanno spinto il Governo a ridurre nell’emendamento approvato l’aumento del contributo,
per cui risulterebbe raddoppiato.
La ratio della disposizione, tuttavia, resta ancora incerta. Agire sulla leva economica, infatti,
incide sul diritto di difesa e, pertanto, occorre procedere attentamente ad una valutazione delle
situazioni in base ad un criterio di ragionevolezza. Non si comprende come possano porsi sullo
stesso piano il diritto d’autore, che può concernere anche un semplice cittadino, e controversie in
materia societaria che riguardano società cooperative e s.r.l. e società per azioni. La capacità
economica delle parti interessate ed il valore economico della controversia possono differire
sostanzialmente e, tuttavia, sono soggette egualmente all’aumento del contributo.
Il maggior gettito derivante dall’applicazione di tale disposizione, come specificato al
novellato comma 4 dell’art. 2, è riassegnato in parte (seicentomila euro per il 2012 e lo stesso
importo per il 2013) alla copertura degli oneri derivanti dall’istituzione delle nuove sezioni
specializzate e, per la restante parte, destinato al fondo per la realizzazione di interventi urgenti in
materia di giustizia, istituito ai sensi dell’art. 37, co. 10 d.l. n. 98/2011. Si modifica altresì il quinto
comma dell’art. 2, al fine di semplificare ed accelerare le procedure relative all’aumento
34
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi dell’organico del personale della magistratura e dell’avvocatura dello Stato, prevedendo che la
riassegnazione delle entrate è effettuata al netto della quota di risorse destinate alle nuove
assunzioni.
4.7. Con l’emendamento governativo vengono inserite, infine, disposizioni di
coordinamento. Un nuovo art. 4 del D.lgs. n. 168/2003, introdotto al co. 1, lett. e) dell’art. 2 d.l. n.
1/2012 disciplina la competenza territoriale delle sezioni specializzate, con una previsione a favore
della competenza della sezione avente sede nel capoluogo della regione. Per quanto concerne le
sezioni non aventi sede nei capoluoghi di regione, ovvero Brescia e Catania, si prevede che siano
competenti per le controversie che «dovrebbero essere trattate dagli uffici giudiziari compresi nei
rispettivi distretti di corte d’appello».
Si modifica altresì l’art. 33, co. 2 della legge n. 287/1990, specificando che le «azioni di
nullità e di risarcimento del danno, nonché i ricorsi intesi ad ottenere provvedimenti di urgenza in
relazione alla violazione delle disposizioni» a tutela della concorrenza e del mercato si propongono
«al tribunale competente per territorio presso cui è istituita la sezione specializzata».
Al comma 6, infine, si stabilisce che la disposizione si applica alle controversie instaurate
dopo cento ottanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto, modificando
l’originaria previsione che faceva riferimento ai giudizi instaurati dopo novanta giorni dall’entrata
in vigore del decreto.
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36
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Ufficio studi
Articolo 10, legge 12 novembre 2011, n. 183 (Legge di stabilità 2012)
Testo della legge 12 novembre 2011, n. 183
Testo modificato dall’art. 9-bis del decreto-legge
n. 1/2012, come emendato in sede di conversione al
Senato il 01.03.2012
Art. 10
Art. 10
Riforma degli ordini professionali e società tra professionisti
Riforma degli ordini professionali e società tra professionisti
Omissis
3. È consentita la costituzione di società per l'esercizio di attività
professionali regolamentate nel sistema ordinistico secondo i modelli
societari regolati dai titoli V e VI del libro V del codice civile.
Omissis
3. È consentita la costituzione di società per l'esercizio di attività
professionali regolamentate nel sistema ordinistico secondo i modelli
societari regolati dai titoli V e VI del libro V del codice civile. Le
società cooperative di professionisti sono costituite da un numero di
soci non inferiore a tre.
4. Possono assumere la qualifica di società tra professionisti le società Identico
il cui atto costitutivo preveda:
a) l'esercizio in via esclusiva dell'attività professionale da parte
Identico
dei soci;
b) l'ammissione in qualità di soci dei soli professionisti iscritti
b) l'ammissione in qualità di soci dei soli professionisti iscritti
37
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Ufficio studi
ad ordini, albi e collegi, anche in differenti sezioni, nonché dei
cittadini degli Stati membri dell'Unione europea, purché in
possesso del titolo di studio abilitante, ovvero soggetti non
professionisti soltanto per prestazioni tecniche, o per finalità di
investimento;
c)
criteri e modalità affinché l’esecuzione dell’incarico
professionale conferito alla società sia eseguito solo dai soci in
possesso dei requisiti per l’esercizio della prestazione
professionale richiesta; la designazione del socio professionista
sia compiuta dall’utente e, in mancanza di tale designazione, il
nominativo debba essere previamente comunicato per iscritto
all’utente;
d) le modalità di esclusione dalla società del socio che sia stato
cancellato dal rispettivo albo con provvedimento definitivo.
ad ordini, albi e collegi, anche in differenti sezioni, nonché dei
cittadini degli Stati membri dell'Unione europea, purché in
possesso del titolo di studio abilitante, ovvero soggetti non
professionisti soltanto per prestazioni tecniche, o per finalità di
investimento; in ogni caso il numero dei soci professionisti o
la partecipazione al capitale sociale dei professionisti deve
essere tale da determinare la maggioranza di due terzi nelle
deliberazioni o decisioni dei soci; il venir meno di tale
condizione costituisce causa di scioglimento della società e il
consiglio dell’ordine o collegio professionale presso il quale è
iscritta la società procede alla cancellazione della stessa
dall’albo, salvo che la società non abbia provveduto a
ristabilire la prevalenza dei soci professionisti nel termine
perentorio di sei mesi;
Identico
Identico
c-bis) la stipula di polizza di assicurazione per la copertura
dei rischi derivanti dalla responsabilità civile per i danni
causati ai clienti dai singoli soci professionisti nell’esercizio
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CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
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dell’attività professionale.
5. La denominazione sociale, in qualunque modo formata, deve Identico
contenere l'indicazione di società tra professionisti.
6.
La partecipazione ad una società è incompatibile con la Identico
partecipazione ad altra società tra professionisti.
7. I professionisti soci sono tenuti all'osservanza del codice 7. I professionisti soci sono tenuti all'osservanza del codice
deontologico del proprio ordine, così come la società è soggetta al deontologico del proprio ordine, così come la società è soggetta al
regime disciplinare dell'ordine al quale risulti iscritta.
regime disciplinare dell'ordine al quale risulti iscritta. Il socio
professionista può opporre agli altri soci il segreto concernente le
attività professionali a lui affidate.
8. La società tra professionisti può essere costituita anche per Identico
l'esercizio di più attività professionali.
9. Restano salvi i diversi modelli societari e associativi già vigenti alla 9. Restano salvi i diversi modelli societari e associativi salve le
data di entrata in vigore della presente legge.
associazioni professionali, nonché i diversi modelli societari già
vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge.
10. Ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. Identico
400, il Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dello
sviluppo economico, entro sei mesi dalla data di pubblicazione della
presente legge, adotta un regolamento allo scopo di disciplinare le
materie di cui ai precedenti commi 4, lettera c), 6 e 7.
11. La legge 23 novembre 1939, n. 1815, e successive modificazioni, è Identico
abrogata.
Omissis
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Ufficio studi
Articolo 2 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1
(“Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”)
Testo del D.L. 1/2012
Testo modificato in sede di conversione al Senato il
01.03.2012
Articolo 2.
(Tribunale delle imprese)
Articolo 2.
(Tribunale delle imprese)
1. Al decreto legislativo 26 giugno 2003, n. 168 sono apportate le 1. Al decreto legislativo 26 giugno 2003, n. 168 sono apportate le
seguenti modificazioni:
seguenti modificazioni
a) agli articoli 1 e 2 le parole: «sezioni specializzate in materia di a) l’articolo 1 sono apportate le seguenti modificazioni:
proprietà industriale ed intellettuale» sono sostituite, ovunque
1) la rubrica è sostituita dalla seguente: «(Istituzione delle
compaiano, dalle seguenti: «sezioni specializzate in materia di
sezioni specializzate in materia di impresa)»;
impresa»;
2) al comma 1, le parole “proprietà industriale ed
intellettuale” sono sostituite dalla seguente: “impresa”;
3) è aggiunto il seguente comma:
«1-bis. Sono altresì istituite sezioni specializzate in materia di
impresa presso i tribunali e le corti d’appello aventi sede nel
capoluogo di ogni regione, ove non esistenti nelle città di cui
al comma 1. Per il territorio compreso nella regione Valle
d’Aosta/Vallé d’Aoste e nella regione Trentino Alto
Adige/Südtirol sono rispettivamente competenti le sezioni
specializzate presso il tribunale e la corte d’appello di Torino
e di Venezia. Per il territorio compreso nella regione Valle
d’Aosta/Vallé d’Aoste sono competenti le sezioni specializzate
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CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
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presso il tribunale e la corte d’appello di Torino. È altresì
istituita la sezione specializzata in materia di impresa presso
il tribunale e presso la corte d’appello di Brescia.
L’istituzione delle sezioni specializzate non comporta
incrementi di dotazioni organiche»
b) all’articolo 2, le parole: «in materia di proprietà industriale ed b) l’articolo 2, comma 1, è sostituito dal seguente:
intellettuale» sono sostituite dalle seguenti: «in materia di impresa»;
«1. I giudici che compongono le sezioni specializzate sono
scelti tra i magistrati dotati di specifiche competenze»;
c) l’articolo 3 è sostituito dal seguente:
«Art. 3. - (Competenza per materia delle sezioni specializzate)
1. Le sezioni specializzate sono competenti in materia di:
a) controversie di cui all’articolo 134 del decreto legislativo 10
febbraio 2005, n. 30, e successive modificazioni;
b) controversie in materia di diritto d’autore;
c) azioni di classe di cui all’articolo 140-bis del decreto
legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni.
2. Le sezioni specializzate sono altresì competenti, relativamente
alle società di cui al Libro V, Titolo V, Capi V e VI del codice
civile ovvero alle società da queste controllate o che le
controllano, per le cause:
c) all’articolo 2, comma 2, le parole: «proprietà industriale ed
intellettuale» sono sostituite dalla seguente parola: «impresa»;
d) l’articolo 3 è sostituito dal seguente:
«Art. 3. - (Competenza per materia delle sezioni specializzate)
1. Le sezioni specializzate sono competenti in materia di:
a) controversie di cui all’articolo 134 del decreto legislativo 10
febbraio 2005, n. 30, e successive modificazioni;
b) controversie in materia di diritto d’autore;
c) controversie di cui all’articolo 33, comma 2, della legge 10
ottobre 1990, n. 287;
d) controversie relative alla violazione della normativa
antitrust dell’Unione Europea.
2. Le sezioni specializzate sono altresì competenti, relativamente
alle società di cui al Libro V, Titolo V, Capi V e VI e VII e
Titolo VI del codice civile, alle società di cui al regolamento
(CE) n. 2157/2001 del Consiglio e di cui al regolamento (CE)
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a) tra soci delle società, inclusi coloro la cui qualità di socio è
oggetto di controversia;
b) relative al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni
altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti
inerenti;
c) di impugnazione di deliberazioni e decisioni di organi sociali;
d) tra soci e società;
n. 1435/2003 del Consiglio, nonché alle stabili organizzazioni
nel territorio dello Stato delle società costituite all’estero,
ovvero alle società da queste controllate o che le controllano
che rispetto alle stesse esercitano o sono sottoposte a
direzione e coordinamento, per le cause e i procedimenti:
a) relativi a rapporti societari ivi compresi quelli concernenti
l’accertamento, la costituzione, la modificazione o
l’estinzione di un rapporto societario, le azioni di
responsabilità da chiunque promosse contro i componenti
degli organi amministrativi o di controllo, il liquidatore, il
direttore generale ovvero il dirigente preposto alla redazione
dei documenti contabili societari, nonché contro il soggetto
incaricato della revisione contabile per i danni derivanti da
propri inadempimenti o da fatti illeciti commessi nei
confronti della società che ha conferito l’incarico e nei
confronti dei terzi danneggiati, le opposizioni di cui agli
articoli 2445, terzo comma, 2482, secondo comma, 2447quater, secondo comma, 2487-ter, secondo comma, 2503,
secondo comma, 2503-bis, primo comma e 2506-ter del codice
civile;
b) relativi al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad
ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali
o i diritti inerenti;
c) in materia di patti parasociali, anche diversi da quelli
regolati dall’articolo 2341-bis del codice civile;
d) aventi ad oggetto azioni di responsabilità promosse dai
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creditori delle società controllate contro le società che le
controllano;
e) in materia di patti parasociali;
e) relativi a rapporti di cui all’articolo 2359, primo comma, n.
3, all’articolo 2497-septies e all’articolo 2545-septies del
codice civile;
f) contro i componenti degli organi amministrativi o di controllo,
f) relativi a contratti pubblici di appalto di lavori, servizi o
il liquidatore, il direttore generale ovvero il dirigente preposto
forniture di rilevanza comunitaria dei quali sia parte una
alla redazione dei documenti contabili societari;
delle società di cui al presente comma, ovvero quando una
delle stesse partecipa al consorzio o al raggruppamento
temporaneo cui i contratti siano stati affidati, ove comunque
sussista la giurisdizione del giudice ordinario.
g) aventi ad oggetto azioni di responsabilità promosse dai (Soppressa)
creditori delle società controllate contro le società che le
controllano;
h) relative a rapporti di cui all’articolo 2359, primo comma, n. 3, (Soppressa)
all’articolo 2497-septies e all’articolo 2545-septies codice civile;
i) relative a contratti pubblici di appalto di lavori, servizi o (Soppressa)
forniture di rilevanza comunitaria in cui sia parte una società di
cui al Libro V, Titolo V, Capi V e VI del codice civile, quando
sussiste la giurisdizione del giudice ordinario».
3. Le sezioni specializzate sono altresì competenti per le cause
e i procedimenti che presentano ragioni di connessione con
quelli di cui ai commi 1 e 2.»
e) l’articolo 4 è sostituito dal seguente:
«Art. 4. (Competenza territoriale delle sezioni) - Le
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controversie di cui all’articolo 3 che, secondo gli ordinari
criteri di ripartizione della competenza territoriale e nel
rispetto delle normative speciali che le disciplinano,
dovrebbero essere trattate dagli uffici giudiziari compresi nel
territorio della regione sono assegnate alla sezione
specializzata avente sede nel capoluogo di regione o nella
città individuati ai sensi dell’articolo 1. Alle sezioni
specializzate istituite presso i tribunali e le corti d’appello
non aventi sede nei capoluoghi di regione sono assegnate le
controversie che dovrebbero essere trattate dagli uffici
giudiziari compresi nei rispettivi distretti di corte d’appello.»
2. All’articolo 33, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n. 287, le
parole: «alla corte d’appello competente per territorio», sono
sostituite dalle seguenti: «al tribunale competente per territorio
presso cui è istituita la sezione specializzata di cui all’articolo 1 del
decreto legislativo 26 giugno 2003, n. 168 e successive
modificazioni».
2. Dopo il comma 1-bis dell’articolo 13 del testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia
di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n.
115, e successive modificazioni, è inserito il seguente
«1-ter. Per i processi di competenza delle sezioni specializzate
di cui al decreto legislativo 26 giugno 2003, n. 168, e successive
modificazioni, il contributo unificato di cui al comma 1 è
3. Dopo il comma 1-bis dell’articolo 13 del testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e
successive modificazioni, è inserito il seguente:
«1-ter. Per i processi di competenza delle sezioni specializzate
di cui al decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, e
successive modificazioni, il contributo unificato di cui al
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quadruplicato. Si applica il comma 1-bis».
3. Il maggior gettito derivante dall’applicazione delle disposizioni di cui
al comma 2 è versato all’entrata del bilancio dello Stato per essere
riassegnato al fondo istituito ai sensi dell’articolo 37, comma 10, del
decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla
legge 15 luglio 2011, n. 111.
comma 1 è raddoppiato. Si applica il comma 1-bis.”.
4. Il maggior gettito derivante dall’applicazione della disposizione di cui
al comma 3 è versato all’entrata del bilancio dello Stato per essere
riassegnato, quanto ad euro seicentomila per ciascuno degli anni
2012 e 2013, alla copertura degli oneri derivanti dalla istituzione
delle sezioni specializzate in materia di impresa presso gli uffici
giudiziari diversi da quelli nei quali, per effetto dell’articolo 1 del
decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, sono state istituite le
sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed
intellettuale e, per la restante parte, al fondo istituito ai sensi
dell’articolo 37, comma 10, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98,
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. A
decorrere dall’anno 2014 l’intero ammontare del maggior gettito
viene riassegnato al predetto Fondo. Il Ministro dell’economia e
delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le
occorrenti variazioni di bilancio.
4. Il comma 4 dell’articolo 140-bis del decreto legislativo 6 settembre 5. Al fine di semplificare ed accelerare le procedure relative alle
2005, n. 206 è sostituito dal seguente:
nuove assunzioni di personale di magistratura nonché di avvocati e
procuratori dello Stato, la riassegnazione delle entrate prevista
dall’articolo 37, commi 10 e 14, del decreto legge 6 luglio 2011, n.
98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, è
effettuata al netto della quota di risorse destinate alle predette
assunzioni; la predetta quota è stabilita con apposito decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri
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Ufficio studi
della giustizia e dell’economia e delle finanze. Le risorse da
destinare alle assunzioni corrispondenti alla predetta quota sono
iscritte nello stato di previsione dell’entrata e in quello dei ministeri
interessati. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad
apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
«4. La domanda è proposta al tribunale presso cui è istituita la sezione (Soppresso)
specializzata di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 26 giugno 2003,
n. 168, e successive modificazioni».
5. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai giudizi 6. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai giudizi
instaurati dopo il novantesimo giorno dall’entrata in vigore del presente instaurati dopo il cento ottantesimo giorno dall’entrata in vigore della
decreto.
legge di conversione del presente decreto
6. L’amministrazione provvede allo svolgimento delle attività relative
alle competenze previste dal presente articolo senza nuovi o maggiori
oneri e con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a
legislazione vigente.
(Soppresso)
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Articolo 9, decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1
(“Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”)
Testo del D.L. 1/2012
Testo modificato in sede di conversione al Senato il
01.03.2012
Capo III
Servizi professionali
Art. 9 Disposizioni sulle professioni regolamentate
1. Sono abrogate le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema
ordinistico.
2. Ferma restando l'abrogazione di cui al comma 1, nel caso di
liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del
professionista è determinato con riferimento a parametri stabiliti con
decreto del Ministro vigilante. Con decreto del Ministro della Giustizia
di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze sono anche
stabiliti i parametri per oneri e contribuzioni alle casse professionali e
agli archivi precedentemente basati sulle tariffe. L'utilizzazione dei
parametri nei contratti individuali tra professionisti e consumatori o
microimprese dà luogo alla nullità della clausola relativa alla
determinazione del compenso ai sensi dell'articolo 36 del decreto
legislativo 6 settembre 2005, n. 206.
Capo III
Servizi professionali
Art. 9 Disposizioni sulle professioni regolamentate
1. Sono abrogate le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema
ordinistico.
2. Ferma restando l'abrogazione di cui al comma 1, nel caso di
liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del
professionista è determinato con riferimento a parametri stabiliti con
decreto del Ministro vigilante da adottarsi nel termine di centoventi
giorni successivi alla data di entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto. Nello stesso termine con decreto
del Ministro della Giustizia di concerto con il Ministro dell'Economia e
delle Finanze sono anche stabiliti i parametri per oneri e contribuzioni
alle casse professionali e agli archivi precedentemente basati sulle
tariffe. L'utilizzazione dei parametri nei contratti individuali tra
professionisti e consumatori o microimprese dà luogo alla nullità della
clausola relativa alla determinazione del compenso ai sensi dell'articolo
36 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206. Il decreto deve
salvaguardare l’equilibrio finanziario, anche di lungo periodo, delle
casse previdenziali professionali.
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3. Il compenso per le prestazioni professionali è pattuito al momento
del conferimento dell'incarico professionale. Il professionista deve
rendere noto al cliente il grado di complessità dell'incarico, fornendo
tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del
conferimento alla conclusione dell'incarico e deve altresì indicare i dati
della polizza assicurativa per i danni provocati nell'esercizio dell'attività
professionale. In ogni caso la misura del compenso, previamente resa
nota al cliente anche in forma scritta se da questi richiesta, deve essere
adeguata all'importanza dell'opera e va pattuita indicando per le singole
prestazioni tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e
contributi. L'inottemperanza di quanto disposto nel presente comma
costituisce illecito disciplinare del professionista.
4. Sono abrogate le disposizioni vigenti che per la determinazione del
compenso del professionista, rinviano alle tariffe di cui al comma 1.
5. La durata del tirocinio previsto per l'accesso alle professioni
regolamentate non potrà essere superiore a diciotto mesi e per i primi sei
mesi, potrà essere svolto, in presenza di un'apposita convenzione quadro
3. Le tariffe vigenti alla data di entrata in vigore del presente
decreto continuano ad applicarsi, limitatamente alla liquidazione
delle spese giudiziali, sino alla data di entrata in vigore dei decreti
ministeriali di cui al comma 2 e, comunque, non oltre il
centoventesimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto.
4. Il compenso per le prestazioni professionali è pattuito, nelle forme
previste dall’ordinamento, al momento del conferimento dell'incarico
professionale. Il professionista deve rendere noto al cliente il grado di
complessità dell'incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli
oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione
dell'incarico e deve altresì indicare i dati della polizza assicurativa per i
danni provocati nell'esercizio dell'attività professionale. In ogni caso la
misura del compenso, è previamente resa nota al cliente con un
preventivo di massima anche in forma scritta se da questi richiesta,
deve essere adeguata all'importanza dell'opera e va pattuita indicando
per le singole prestazioni tutte le voci di costo, comprensive di spese,
oneri e contributi. L'inottemperanza di quanto disposto nel presente
comma costituisce illecito disciplinare del professionista. Al tirocinante
è riconosciuto un rimborso spese forfettariamente concordato dopo
i primi sei mesi di tirocinio.
5. Sono abrogate le disposizioni vigenti che per la determinazione del
compenso del professionista, rinviano alle tariffe di cui al comma 1.
6. La durata del tirocinio previsto per l'accesso alle professioni
regolamentate non potrà può essere superiore a diciotto mesi; e per i
primi sei mesi, potrà può essere svolto, in presenza di un'apposita
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stipulata tra i consigli nazionali degli ordini e il Ministro dell'istruzione,
università e ricerca, in concomitanza col corso di studio per il
conseguimento della laurea di primo livello o della laurea magistrale o
specialistica. Analoghe convenzioni possono essere stipulate tra i
Consigli nazionali degli ordini e il Ministro per la pubblica
amministrazione e l'innovazione tecnologica per lo svolgimento del
tirocinio presso pubbliche amministrazioni, all'esito del corso di laurea.
Le disposizioni del presente comma non si applicano alle professioni
sanitarie per le quali resta confermata la normativa vigente.
convenzione quadro stipulata tra i consigli nazionali degli ordini e il
Ministro dell'istruzione, università e ricerca, in concomitanza col corso
di studio per il conseguimento della laurea di primo livello o della laurea
magistrale o specialistica. Analoghe convenzioni possono essere
stipulate tra i Consigli nazionali degli ordini e il Ministro per la pubblica
amministrazione e la semplificazione e l'innovazione tecnologica per lo
svolgimento del tirocinio presso pubbliche amministrazioni, all'esito del
corso di laurea. Le disposizioni del presente comma non si applicano
alle professioni sanitarie per le quali resta confermata la normativa
vigente.
6. All'articolo 3, comma 5, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, 7. All'articolo 3, comma 5, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138,
convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148,
sono apportate le seguenti modificazioni:
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’alinea, nel primo periodo, dopo la parola al primo
periodo, dopo le parole “regolamentate” sono aggiunge le
seguenti: “secondo i principi della riduzione e
dell’accorpamento, su base volontaria, fra professioni che
svolgono attività similari”;
a) alla lettera c), il secondo, terzo e quarto periodo sono soppressi;
b) alla lettera c), il secondo, terzo e quarto periodo sono
soppressi;
b) la lettera d) è soppressa.
c) la lettera d) è soppressa abrogata.
7. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o 8. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica.
maggiori oneri per la finanza pubblica.
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TESTO COORDINATO dell’ARTICOLO 3, comma 5, decreto legge 13 agosto 2011,
n. 138 (c.d. manovra economica bis), conv. in L. 14 settembre 2011, n. 148, integrato dalla
legge 12 novembre 2011, n. 183 (c.d. legge di stabilità 2012) e modificato dal decreto
legge 6 dicembre 2011, n. 201 (c.d. decreto “Salva Italia”), conv. in L. 22 dicembre 2011,
n. 214 nonché dal d.l. 24 gennaio 2012, n. 1 (c.d. decreto “cresci Italia”), e modificato in
sede di conversione al Senato il 01.03.2012.
Art. 3 Abrogazione delle indebite restrizioni all'accesso e all'esercizio delle professioni e
delle attività economiche
5. Fermo restando l'esame di Stato di cui all'articolo 33, quinto comma, della
Costituzione per l'accesso alle professioni regolamentate, secondo i principi della riduzione e
dell’accorpamento, su base volontaria, fra professioni che svolgono attività similari [periodo
introdotto in sede di conversione al Senato] gli ordinamenti professionali devono garantire che
l'esercizio dell'attività risponda senza eccezioni ai principi di libera concorrenza, alla presenza
diffusa dei professionisti su tutto il territorio nazionale, alla differenziazione e pluralità di offerta
che garantisca l'effettiva possibilità di scelta degli utenti nell'ambito della più ampia informazione
relativamente ai servizi offerti. [Gli ordinamenti professionali dovranno essere riformati entro 12
mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto per recepire i seguenti principi, (Periodo
soppresso dall’art. 10, co. 1 della legge 15 novembre 2011, n. 183, e sostituito come segue)]:Con
decreto del Presidente della Repubblica emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23
agosto 1988, n. 400, gli ordinamenti professionali dovranno essere riformati entro 12 mesi dalla
data di entrata in vigore del presente decreto per recepire i seguenti principi:
a) l'accesso alla professione è libero e il suo esercizio è fondato e ordinato sull'autonomia e
sull'indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, del professionista. La limitazione, in forza di
una disposizione di legge, del numero di persone che sono titolate ad esercitare una certa
professione in tutto il territorio dello Stato o in una certa area geografica, è consentita unicamente
laddove essa risponda a ragioni di interesse pubblico, tra cui in particolare quelle connesse alla
tutela della salute umana, e non introduca una discriminazione diretta o indiretta basata sulla
nazionalità o, in caso di esercizio dell'attività in forma societaria, della sede legale della società
professionale;
b) previsione dell'obbligo per il professionista di seguire percorsi di formazione continua
permanente predisposti sulla base di appositi regolamenti emanati dai consigli nazionali, fermo
restando quanto previsto dalla normativa vigente in materia di educazione continua in medicina
(ECM). La violazione dell'obbligo di formazione continua determina un illecito disciplinare e come
tale è sanzionato sulla base di quanto stabilito dall'ordinamento professionale che dovrà integrare
tale previsione;
c) la disciplina del tirocinio per l'accesso alla professione deve conformarsi a criteri che
garantiscano l'effettivo svolgimento dell'attività formativa e il suo adeguamento costante
all'esigenza di assicurare il miglior esercizio della professione. Al tirocinante dovrà essere
corrisposto un equo compenso di natura indennitaria, commisurato al suo concreto apporto. Al fine
di accelerare l'accesso al mondo del lavoro, la durata del tirocinio non potrà essere
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complessivamente superiore a tre anni diciotto mesi [modifica inserita dall’art. 33, comma 2, del
D.L. 201/2011, modificato in sede di conversione solo per profili di coordinamento formale] e
potrà essere svolto, in presenza di una apposita convenzione quadro stipulata fra i Consigli
Nazionali e il Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca, in concomitanza al corso di studio per
il conseguimento della laurea di primo livello o della laurea magistrale o specialistica. Le
disposizioni della presente lettera non si applicano alle professioni sanitarie per le quali resta
confermata la normativa vigente; [il secondo, terzo e quarto periodo sono stati soppressi dall’art.
9, co. 6, lett. a) d.l. 1/2012]
d) il compenso spettante al professionista è pattuito per iscritto all'atto del conferimento
dell'incarico professionale prendendo come riferimento le tariffe professionali. È ammessa la
pattuizione dei compensi anche in deroga alle tariffe [parole soppresse dall’art. 10, co. 12 della
legge 15 novembre 2011, n. 183]. Il professionista è tenuto, nel rispetto del principio di trasparenza,
a rendere noto al cliente il livello della complessità dell'incarico, fornendo tutte le informazioni utili
circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione dell'incarico. In caso di
mancata determinazione consensuale del compenso, quando il committente è un ente pubblico, in
caso di liquidazione giudiziale dei compensi, ovvero nei casi in cui la prestazione professionale è
resa nell'interesse dei terzi si applicano le tariffe professionali stabilite con decreto dal Ministro
della Giustizia; [lettera soppressa dall’art. 9, co. 6 lett. b) d.l. 1/2012]
e) a tutela del cliente, il professionista è tenuto a stipulare idonea assicurazione per i rischi
derivanti dall'esercizio dell'attività professionale. Il professionista deve rendere noti al cliente, al
momento dell'assunzione dell'incarico, gli estremi della polizza stipulata per la responsabilità
professionale e il relativo massimale. Le condizioni generali delle polizze assicurative di cui al
presente comma possono essere negoziate, in convenzione con i propri iscritti, dai Consigli
Nazionali e dagli enti previdenziali dei professionisti;
f) gli ordinamenti professionali dovranno prevedere l'istituzione di organi a livello
territoriale, diversi da quelli aventi funzioni amministrative, ai quali sono specificamente affidate
l'istruzione e la decisione delle questioni disciplinari e di un organo nazionale di disciplina. La
carica di consigliere dell'Ordine territoriale o di consigliere nazionale è incompatibile con quella di
membro dei consigli di disciplina nazionali e territoriali. Le disposizioni della presente lettera non si
applicano alle professioni sanitarie per le quali resta confermata la normativa vigente;
g) la pubblicità informativa, con ogni mezzo, avente ad oggetto l'attività professionale, le
specializzazioni ed i titoli professionali posseduti, la struttura dello studio ed i compensi delle
prestazioni, è libera. Le informazioni devono essere trasparenti, veritiere, corrette e non devono
essere equivoche, ingannevoli, denigratorie.
5-bis. Le norme vigenti sugli ordinamenti professionali in contrasto con i principi di cui al
comma 5, lettere da a) a g) [modifica introdotta in sede di conversione del D.L. n. 201/2011, con
l’emendamento 6.14 dei relatori, approvato nella seduta del 13.12.2011 delle Commissioni riunite
Bilancio e Finanze della Camera dei Deputati, e non modificato in Aula] sono abrogate con effetto
dall'entrata in vigore del regolamento governativo di cui al comma 5, e, in ogni caso, dalla data del
13 agosto 2012 [inciso aggiunto dal D.L. 201/2011, invariata in sede di conversione].
5-ter. Il Governo, entro il 31 dicembre 2012, provvede a raccogliere le disposizioni aventi
forza di legge che non risultano abrogate per effetto del comma 5-bis, in un testo unico da emanarsi
ai sensi dell'articolo 17-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400. [comma introdotto, in sede di
conversione del D.L. n. 201/2011, dall’emendamento 6.14 dei relatori, approvato nella seduta del
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13.12.2011 delle Commissioni riunite Bilancio e Finanze della Camera dei Deputati, e non
modificato in Aula]. 1
1
La norma fa riferimento alla redazione, da parte del Governo, di testi unici a carattere meramente compilativo, con i
quali si individuano il testo vigente delle norme aventi forza di legge, si riconoscono le norme – anche implicitamente –
abrogate, si provvede al coordinamento delle disposizioni vigenti nonché alla ricognizione delle disposizioni che
restano comunque in vigore.
55
56
Guido Alpa – Silvia Izzo ∗
Il modello italiano di mediazione: le ragioni di un insuccesso.
SOMMARIO: 1. Una riflessione sui dati. 2. Le ambiguità del modello italiano di mediazione.
2.1. La legge di delegazione, il decreto legislativo. 2.2. Il regolamento attuativo. 3. Le le reazioni
della prassi e del legislatore. 4. Le ragioni dell’insuccesso.
1.
Una riflessione sui dati.
Per quanto attiene alla mediazione amministrata disciplinata dal d.lgs. n. 28/2010 i dati
raccolti dall’Isdaci con riferimento al 2010 comprendono un periodo di tempo assai breve atteso
che, seppur il testo normativo risale ai primi mesi dell’anno (marzo), il regolamento di attuazione
che ha consentito la concreta operatività dell’istituto è del novembre 2010 (d. m. giustizia n.
180/2011). Ciò nonostante dall’analisi condotta possono trarsi interessanti spunti di riflessione.
I dati dimostrano, infatti, che la «mediazione finalizzata alla conciliazione della lite» abbia
finito con il costituire «il modello generale di mediazione amministrata», come può evincersi dalla
crescita del numero complessivo di enti iscritti nel registro tenuto presso il ministero della giustizia 1
e dall’incremento di iscrizioni da parte di enti diversi dalle Camere di commercio, i quali nel 2010
divengono centouno, quasi raggiungendo il numero delle prime (centocinque) 2 .
Gli Ordini professionali – che ai sensi dell’art. 19 del d.lgs. n. 28/2010 – beneficiano di
un’iscrizione “di diritto” nel registro ministeriale, hanno costituito nel 2010 ventiquattro organismi
di mediazione, sedici dei quali, ossia i due terzi, costituiti dai Consigli dell’ordine degli avvocati.
Ad oggi 3 , dai dati disponibili sul sito del Ministero della giustizia, gli organismi forensi sono ben
190 a fronte di 770 organismi iscritti, e ben spesso essi sono i soli o tra i pochissimi ad offrire il
servizio anche in zone del territorio nazionale che presentano minor “convenienza” dal punto di
vista economico 4 .
Il coinvolgimento della classe forense può apprezzarsi anche con riferimento all’assistenza
nel corso del procedimento. La ricerca condotta dall’Isdaci segnala che nell’84% dei casi le parti
istanti si sono fatte assistere da un professionista, percentuale che è pari al 52% nel caso della parte
invitata in mediazione; rispettivamente nell’83% e nell’84% delle ipotesi questo professionista è un
avvocato, malgrado manchi un obbligo di legge in tal senso. Né può dirsi – come purtroppo
ingenerosamente si rumoreggia – che la presenza del difensore costituisca un ostacolo alla
formazione dell’accordo di conciliazione in quanto, seppure non è possibile disaggregare il dato con
riferimento alle parti non assistite, la percentuale di raggiungimento dell’accordo in caso di
partecipazione della controparte è molto elevato (pari al 70, 5% presso le Camere di Commercio, al
74,7% presso le Camere di mediazione amministrata esterne al sistema camerale 5 ).
∗
In particolare, Guido Alpa ha curato il paragrafi 1 Silvia Izzo i paragrafi 2 e 3 e 4.
Cfr. BONSIGNORE, La diffusione della giustizia alternativa in Italia nel 2010: i risultati di una ricerca, in
quest’Opera, 48.
2
Cfr. BONSIGNORE, cit., 3.
3
21 gennaio 2012.
4
Nel sud e sulle isole, ad esempio, gli organismi di conciliazione forense sono comunque presenti anche nelle
province che presentano una scarsissima diffusione del meccanismo (Nuoro, Matera, Sassari per tutte).
5
BONSIGNORE, cit., 56.
1
57
Ciò che, già dai primi mesi del 2010, emerge in negativo da un lato è la scarsa adesione al
procedimento (pari al 50,5% presso le Camere di Mediazione amministrata esterne al sistema
camerale, al 47,6% per le Camere di Commercio), dall’altro l’assoluta marginalità dell’attività di
formulazione della proposta da parte del mediatore e la bassissima percentuale di raggiungimento
dell’accordo secondo tale modalità («nel 28,5% dei casi, ovvero uno su tre»). In particolare, «la
proposta viene fatta dal mediatore di propria iniziativa in poco meno dell’1% di tutti i procedimenti
gestiti», mentre sono le parti a richiederla congiuntamente solo nello 0,5% dei casi 6 .
La lettura combinata dei due dati negativi conduce la commentatrice a concludere nel senso
che nella prassi prevalga nettamente il modello facilitativo di mediazione – come è dimostrato dal
sonoro insuccesso della «proposta di accordo» - , e a suggerire l’opportunità di riconsiderare la
«scelta operata dal legislatore di introdurre la mediazione al fine di ridurre il numero delle cause in
ingresso» ove «l’elevato tasso di mancata adesione alle procedure volontarie di mediazione dovesse
essere confermato o, addirittura, aggravarsi per la mediazione obbligatoria» 7 .
I dati diffusi dal Ministero della Giustizia confermano la tendenza negativa. Secondo le
«prime statistiche» sull’applicazione del «d.lgs. n. 28/2010 sulla mediazione civile» 8 al 30 aprile
2011 la mancata partecipazione della parte invitata al procedimento si assestava sul 69,17% dei
casi, percentuale in aumento al 30 giugno 2011, data nella quale il valore ha raggiunto il 72,24% 9 .
Cala pure in maniera considerevole il dato relativo alla mediazione delegata dal giudice che
passa dal 3,90% delle prime statistiche all’1% delle seconde. Sintomi, si può ritenere, di una scarsa
fiducia nel sistema dopo un iniziale e non del tutto negativo test. Secondo entrambe le rilevazioni le
parti continuano a scegliere di essere assistite da un avvocato in tre casi su quattro.
Dunque, è troppo semplice, ma soprattutto è sconfessato dalle rilevazioni, sostenere che le
ragioni dell’insuccesso siano riscontrabili nelle resistenze delle libere professioni e, segnatamente,
dell’Avvocatura 10 . Al contrario si tenterà di dimostrare come l’istituto, a causa delle ambiguità delle
scelte effettuate e dell’erroneità di talune soluzioni tecniche, risulti mal congegnato sia a fini
deflattivi sia in sé, quale strumento alternativo alla giurisdizione a disposizione del cittadino.
2. Le ambiguità del modello italiano di mediazione.
Il modello di mediazione che il legislatore italiano ha disegnato con il d.lgs. n. 28/2010 e
con i decreti ministeriali n. 180 del 2010 e n. 145 del 2011 è fortemente ambiguo: è, difatti,
operazione complessa collocare l’istituto nelle tradizionali categorie di classificazione del
fenomeno.
6
Ibidem, 56.
Sempre BONSIGNORI nel commentare i risultati della ricerca condotta dall’ISDACI, cit, 58.
8
Disponibili sul sito www.giustizia.it.
9
Rilevazione statistica con proiezione nazionale, disponibile sul sito www. Giustizia.it
10
In questo senso rispettivamente IANNINI, Quali prospettive per la mediazione, in Quarto rapporto sulla
diffusione della giustizia alternativa in Italia, (a cura di ISDACI), 2011; BONSIGNORI, cit., 15.
7
58
Ferma restando la definizione “minima” di mediation 11 come modalità non eteronoma di
risoluzione della lite raggiunta con l’assistenza di un terzo neutrale che favorisce l’accordo tra le
parti senza rendere decisioni 12 , sono state elaborate ulteriori specificazioni in termini descrittivi,
distinguendosi – tra l’altro – tra una mediazione c.d. facilitativa ed una mediazione c.d. valutativa.
Nell’ambito della prima e più classica tipologia (facilitative mediation) 13 , il mediatore si limita ad
agevolare la comunicazione tra le parti evitando qualsiasi espressione di giudizio in merito
all’oggetto dell’accordo; nella seconda (evaluative mediation), al contrario, egli può spingersi ad
assumere un atteggiamento più propositivo - «ma mai invasivo o impositivo» - sui termini dello
stesso 14 .
Orbene, come anticipato, collocare l’istituto disciplinato nel 2010 nell’una o nell’altra
categoria non è affatto agevole se non impossibile, ed anzi, ai due modelli deve aggiungersene un
terzo – assolutamente inedito e “autoctono” – che è quello di mediazione «aggiudicativa». Di essa
riferisce la Relazione illustrativa al d.lgs. n. 28/2010 preferendo tale definizione a quella di
mediazione valutativa. Probabilmente non erra chi in dottrina ha valorizzato la scelta
terminologica, che sembra riferita, in assonanza con il sostantivo inglese adjudication, all’attività di
chi, a prescindere dall’investitura pubblica o privata, decide: «accanto alla mediazione facilitativa vi
sarebbe» perciò una «mediazione-processo» nell’ambito della quale «il mediatore, nel caso di
formulazione della proposta, sarebbe chiamato ad offrire una vera e propria soluzione giuridica, una
sorta di decisione della lite basata sulla fondatezza delle ragioni o dei torti» 15 .
Come accennato, proprio nell’ossimoro di una “mediazione aggiudicativa” – e non nelle
ideologiche resistenze dell’una o l’altra categoria professionale – si sostanzia, come si vedrà, tutta
l’ambiguità della normativa, causa dell’insuccesso di un istituto che, se ben congegnato, avrebbe
effettivamente potuto «semplificare e migliorare l’accesso alla giustizia» 16 .
2.1. La legge di delegazione e il decreto legislativo.
11
L’espressione è recente e si ritiene sia stata coniata dal giurista statunitense Frank Sander nel 1976, durante la
Pound Conference, per suggerire una soluzione al problema del cattivo funzionamento della giustizia negli Usa,
ricorrendo a forme alternative o complementari di composizione delle liti. «A second way of reducing the judicial
caseload is to explore alternative ways of resolving disputes outside the courts, and it is to this topic that I wish to
devote my primary attention», così SANDER, Varieties of Dispute Processing, in LEVIN AND WHEELER, The
Pound Conference: Perspectiveson Justice in the Future, Proceedings of the National Conference on the Causes of
Popular Dissatisfaction with the Administration of Justice, West Publishing Co., St. Paul, Minnesota, 1979, 65-87. Per
un’analisi della “nomenclatura” del settore cfr. FODDAI, Conciliazione e mediazione: modelli differenti di risoluzione
dei conflitti?, in Famiglia, persone e successioni, 2011, 43 e ss.
12
MENKEL MEADOW, Mediation, Arbitration, and Alternative Dispute Resolution (ADR), in International
Encyclopedia of the Social § Behavioral Sciences, 9507; per ampi riferimenti cfr. SANTAGADA, La conciliazione delle
controversie civili, Bari, 2008, 95.
13
BESSO, Inquadramento del tema: lo sviluppo del fenomeno della risoluzione alternativa delle controversie, in
La mediazione civile e commerciale, a cura di Besso, Torino, 2010, 33 e ss, che rileva come la tipologia valutativa si sia
sviluppata negli Stati Uniti intorno agli anni ottanta quando quella del mediatore è divenuta una figura professionale.
Per una rassegna della legislazione interna e del fenomeno conciliativo nel contesto delle ADR, cfr. PUNZI, Mediazione
e conciliazione, in Riv. dir. proc., 2009, 845 ss.
14
Cfr. LUISO, tra l’altro in La conciliazione nel quadro della tutela dei diritti, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2004,
1204. L’espressione riportata tra apici è di APPIANO, I sistemi A.D.R. nell’ottica del Legislatore comunitario, in Contr.
e impresa, 2009, 65.
15
BESSO, op. cit., 40
16
Questa la finalità dichiarata della Direttiva 56/2008 CE al cui recepimento il d.lgs. n. 28/2010 (tra l’altro)
tendeva.
59
Lo smarrimento dell’interprete di fronte alla normativa italiana si è manifestato fin da
quando dell’edificio che si voleva costruire si conosceva soltanto «la pianta e forse l’altezza» 17
atteso che, con riferimento alla disposizione di delegazione contenuta nell’ art. 60 della l. n.
69/2009, già potevano segnalarsi le ambiguità del “progetto” che il Legislatore delegante affidava al
delegato “costruttore”.
Un indizio a favore del modello valutativo poteva evincersi dal criterio direttivo disposto
della lett. l) del terzo comma, che accordava al «conciliatore» la facoltà «di avvalersi di esperti,
iscritti nell'albo dei consulenti e dei periti presso i tribunali per le controversie in particolari
materie» 18 . In effetti, quale che sia l’oggetto della controversia, un mediatore chiamato soltanto a
facilitare la comunicazione tra le parti e a far emergere una piattaforma di interessi comuni non ha
alcun bisogno di giovarsi dell’ausilio di un consulente tecnico o di un perito. Viceversa le
competenze di questi ultimi possono rendersi indispensabili quando il terzo – sia esso un organo
pubblico o privato – debba esprime o proporre la soluzione per un contenzioso di elevato contenuto
tecnico. Nella medesima direzione sembrava condurre la successiva lett. p) secondo la quale la
fonte delegata avrebbe dovuto prevedere conseguenze sulle spese e condanne pecuniarie per la parte
che avesse rifiutato la proposta di accordo ove il contenuto della successiva decisione giudiziale vi
corrispondesse 19 . Il riferimento alla proposta di accordo, del tutto assente nella direttiva comunitaria
ma già contemplato dal d.lgs. n. 5 del 2003 in relazione alla conciliazione societaria, già lasciava
prefigurare un futuro modello valutativo di mediazione 20 .
Nessun altro riferimento lasciava intendere la volontà del legislatore italiano di utilizzare
l’istituto per realizzare «un intento deflattivo del contenzioso giurisdizionale» 21 né quella di
discostarsi dal tipo più tradizionale di conciliazione pur se nulla lo avrebbe escluso. E, infatti,
sebbene la direttiva 2008/52/Ce, al cui recepimento il d.lgs. n. 28/2010 (tra l’altro) è servito, si
riferisca alla mediazione facilitativa, il panorama comunitario - «nel rispetto e in coerenza» con il
quale l’istituto di nuovo conio doveva collocarsi 22 - ha comunque mostrato interesse anche per
modalità di risoluzione della controversia differenti. In particolare in ambito europeo ci si è
occupati tanto delle tipologie (veramente) aggiudicative, ossia quelle «che, indipendentemente dalla
loro denominazione, portano ad una risoluzione della controversia tramite l'intervento attivo di un
17
LUISO, La delega in materia di mediazione e conciliazione, in Riv. dir. proc. civ., 2009, 1257.
Confluito nell’art. 8, 4° comma del d.lgs. n. 28/2010.
19
Più specificamente: «prevedere nei casi in cui il provvedimento che chiude il processo corrisponda
interamente al contenuto dell'accordo proposto in sede di procedimento di conciliazione» la possibilità il giudice di
«escludere la ripetizione delle spese sostenute dal vincitore che ha rifiutato l'accordo successivamente alla proposta
dello stesso, condannandolo altresì, e nella stessa misura, al rimborso delle spese sostenute dal soccombente, salvo
quanto previsto dagli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile, e, inoltre, che possa condannare il vincitore al
pagamento di un'ulteriore somma a titolo di contributo unificato ai sensi dell'articolo 9 (L) del testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica
30 maggio 2002, n. 115». Poi confluito, come si avrà modo di approfondire infra, nell’art. 13 del d.lgs. n. 28/2010.
20
Lettura che preoccupava LUISO (op. ult. cit., 1264) che tuttavia rilevava come la legge delega non imponesse
che il contenuto della medesima dovesse essere «omogeneo rispetto ad una soluzione aggiudicativa della controversia»,
ben potendo prescindere da valutazioni strettamente giuridiche per fondarsi, al contrario, sulla considerazione
dell’interesse di ciascuna parte. Per la “progressione” del modello di conciliazione societaria a mediazione in materia
civile e commerciale cfr. DALFINO, Dalla conciliazione societaria alla «mediazione finalizzata alla conciliazione delle
controversie civili e commerciali», in Rass. For., 2010, 49.
21
Anche a giudizio del Tar del Lazio che con l’ordinanza n. 3202 del 2011 (che può leggersi, tra l’altro, in Corr.
giur. 2011, 995 e ss. con nota di Pagni) ha rimesso alla Corte costituzionale il giudizio sul d.lgs. n. 28/2010.
22
Cfr. art. 60, 1° comm della legge di delega. a
18
60
terzo che propone o impone una soluzione» 23 , quanto di quelle «che comportano semplicemente un
tentativo di fare incontrare le parti per convincerle a trovare una soluzione basata sul consenso» 24 .
L’ambiguità è proseguita con il d.lgs. n. 28/2010.
Vi sono nel testo disposizioni che consentirebbero di considerare la mediazione come una
«alternativa alla giustizia», cioè come uno strumento di risoluzione della lite schiettamente
negoziale «concepito in base alle esigenze delle parti» 25 , volto non a “scimmiottare” la
giurisdizione bensì a rendere superfluo il ricorso ad essa, poiché capace di offrire ai contendenti uni
strumento più adeguato rispetto alla materia del contendere 26 .
In questo novero si collocano, e soltanto in tal modo si possono giustificare, le disposizioni
che non richiedono al mediatore di essere esperto di diritto, che delineano un percorso di
formazione assolutamente generico con riferimento alle competenze giuridiche, che tralasciano
qualsiasi riferimento alla conoscenza delle materie oggetto del procedimento obbligatorio di
mediazione, che danno spazio alle tecniche pratiche di negoziazione, che conferiscono una netta
prevalenza al principio della riservatezza senza tenere in alcun conto il principio del contraddittorio.
Ma ve ne sono altre che, al contrario, richiamano con chiarezza le forme «alternative alla
giurisdizione», i c.d. equivalenti non giurisdizionali, in cui il terzo impone o propone una soluzione
della lite, ricostruisce la realtà, valuta i fatti, decide di torti e ragioni 27 . Tra queste vanno collocate le
norme sulle conseguenze del rifiuto della proposta del mediatore; sul possibile ricorso a consulenti
tecnici e periti; l’assoluta indifferenza della “qualità” delle materie per le quali la mediazione è
obbligatoria 28 .
Più nello specifico, è fin dalle definizioni che si evidenzia la natura ancipite del
procedimento: l’attività di mediazione comprende tanto la «ricerca di un accordo amichevole per la
composizione di una controversia», quanto la «formulazione di una proposta per la risoluzione della
stessa» (art. 1, 1° comma, lett. a). Si stabilisce correttamente che il «mediatore» è privo, «in ogni
caso, del potere di rendere giudizi o decisioni vincolanti» (art. 1, 1° comma, lett. b) ma si sanziona
in maniera tutt’altro che simbolica la parte che non accetti la proposta di soluzione e che poi risulti
vittoriosa in giudizio (art. 13).
Come già accennato, proprio il confronto tra la disciplina endoprocedimentale della proposta
e i riflessi che la sua mancata accettazione produce sul processo danno l’esatto segno della poca
chiarezza di idee del legislatore.
All’attuale formulazione dell’art. 11 – dedicato alla «conciliazione» - che considera la
formulazione della proposta quale modalità recessiva di formazione o, ancora meglio, di mera
sollecitazione dell’accordo tra le parti 29 , si è giunti in seguito alle severe critiche mosse alla
23
98/257/CE: Raccomandazione della Commissione del 30 marzo 1998 riguardante i principi applicabili agli
organi responsabili per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo.
24
2001/310 Ce sui principi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione consensuale
delle controversie in materia di consumo.
25
Considerando n. 6 della Direttiva n. 56 del 2008, cit.
26
Cfr. LUISO, da ultimo in Gli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie tra prassi ed interventi del
legislatore, in Quarto rapporto, cit., 113, del quale è la definizione, che spiega si tratti di strumenti che «proprio perché
provengono dagli stessi destinatari degli effetti dell’atto, possono fare a meno della verifica della realtà sostanziale
preesistente, potendosi fondare invece […] sulla (positiva) valutazione dell’opportunità dell’accordo, e quindi sugli
interessi (e non sulla fondatezza delle pretese) delle parti».
27
LUISO, op. ult. cit., 112, ossia strumenti che provvedono ad «una ricognizione della realtà giuridica sostanziale
preesistente» dettando «le regole di condotta contenute nell’atto che – in quanto vincolanti per i destinatari delle regole
stesse – è idoneo a risolvere la controversia».
28
Scoorendo il catalogo contenuto nell’art. 5, 1° comma si rinvengono, difatti, materie che si prestano ad una
soluzione conciliativa – si pensi alle liti condominiali e, più in generale a quelle che presuppongono rapporti di natura
economica o sociale destinati a durare nel tempo - ed altre che non vi si prestano affatto.
29
Efficacemente LUISO, La conciliazione, cit., 1204, «il conciliatore, dunque, svolge lo stesso ruolo che, nelle
reazioni chimiche, svolge il catalizzatore.
61
soluzione adottata in prime battuta dallo Schema di decreto legislativo circolato tra “gli addetti ai
lavori” 30 . In quel testo il mediatore era «in ogni caso» tenuto a proporre una soluzione della lite
influenzando in tal modo in maniera decisa le valutazioni e il comportamento delle parti fin dalle
prime battute del procedimento. Difatti è assolutamente improbabile che i contendenti si mostrino
disposti ad aprirsi ad una logica di dialogo e reciproca comprensione, che “scoprano le proprie
carte” ove il procedimento sia connotato fin dalle premesse dalla logica avversariale – fondata sulla
valutazione di ragioni e torti e, dunque, a monte sulla prova degli stessi.
Per questo motivo la versione poi adottata della disposizione facoltizza soltanto il mediatore
di compiere l’attività in parola che diviene dovuta soltanto in caso di concorde richiesta delle parti
«perché altrimenti si costringerebbe il procedimento conciliativo in una gabbia, che gli impedirebbe
di raggiungere i risultati più proficui che possono essere attinti da soluzione negoziale delle
controversie» 31 .
In buona sostanza l’art. 11 può essere letto nel senso – più conforme alla tradizione
dell’istituto – secondo il quale il mediatore interviene soltanto se i contendenti non riescono da soli
a raggiungere un «accordo amichevole» malgrado e in esito all’attività condotta dal terzo;
interviene per “allargare la torta”32 , per offrire alle parti una prospettiva di composizione reciproca
che le nebbie della discordia non consentivano di vedere.
Se dunque apparentemente il legislatore ha infine dato ascolto alle preoccupazioni emerse in
dottrina 33 , in realtà ha creato un rimedio peggiore del male dimostrandosi incapace di delineare un
sistema coerente con sé stesso.
Ove difatti, dall’art. 11 si passa all’analisi dell’art. 13, dedicato alla disciplina delle «spese
processuali», lo scenario cambia del tutto. La norma prevede l’esclusione della ripetizione delle
spese sostenute e la condanna a favore della controparte al pagamento di quelle di lite e di
mediazione e/o a favore del bilancio dello Stato di un’ulteriore somma corrispondente al contributo
unificato per la parte che abbia rifiutato una proposta rilevatasi poi totalmente o parzialmente
corrispondente alla decisione giudiziale. La disposizione tende, dunque, a scoraggiarne il rifiuto,
prima ancora che a sanzionare la parte che non l’accetti, con l’intento di relegare la soluzione della
lite alla sede negoziale. E’ chiaro che il meccanismo può funzionare soltanto ove la proposta risulti
omogenea al possibile contenuto di una sentenza, ossia risponda ad una logica di “aggiudicazione”
della lite 34 . E difatti, discorrendo di completa o non completa corrispondenza tra «provvedimento
30
Cfr., tra gli altri, LUISO, La delega, cit.; CHIARLONI, Prime riflessioni sullo schema di decreto legislativo di
attuazione della delega in materia di mediazione ex articolo 60 legge 69/2009, in AA. VV., Sull’arbitrato. Studi offerti a
Giovanni Verde, 195 e ss; CANALE, Luci e ombre ad una prima lettura dello schema di decreto legislativo di attuazione
della delega in materia di mediazione, ivi, 109. Cfr., nel medesimo segno, il parere reso sullo schema di decreto
legislativo dalla Commissione per lo studio e la riforma del codice di procedura civile del Consiglio nazionale forense il
29 ottobre 2009, in Il d.lgs. n. 28/2010, La mediazione e l’Avvocatura. Problemi e prospettive., Dossier di analisi e
documentazione a cura dell’Ufficio studi del Consiglio nazionale forense, 26, reperibile all’indirizzo
http://www.consiglionazionaleforense.it/site/home/banca-dati/artCatcircolari.2011.51.5.2.1.html.
31
LUISO, La delega, cit., 1265.
32
Metafora frequente per descrivere le tecniche di negoziazione contrapposta alla immagine di una divisione
della «fixed pie» caratteristica dei meccanismi eteronomi di soluzione delle controversie o anche della c.d.
«negoziazione di posizione», per riferimenti cfr. CUOMO ULLOA, La conciliazione: modelli di composizione dei
conflitti, Padova 2008, 420 e nota 44.
33
Tanto che la Relazione illustrativa al decreto si esprime nel senso che «alle forme facilitative è anzi assegnata
una certa preferenza (v. anche gli articoli 8 e 11), in virtù della loro maggiore duttilità rispetto ai reali interessi delle
parti e della conseguente loro maggiore accettabilità sociale».
34
Tanto che taluni commentatori hanno finanche ritenuto che la proposta non dovrebbe esorbitare dai limiti del
rapporto in contestazione come esposto negli atti di accesso, in questi termini ANDREONI e S. ROMANO, Commento
all’art. 11, in Castagnola - Delfini (a cura di), La mediazione nelle controversie civili e commerciali. Commentario al
Decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, Padova 2010, 186 s.
62
che definisce il giudizio» e «contenuto della proposta», la norma non può che riferirsi a due entità
confrontabili e dunque omogenee.
2.2. Il regolamento attuativo.
La preferenza nei confronti di modello di mediazione valutativa – più incisivamente
utilizzabile a fini deflattivi – si apprezza con evidenza ancora maggiore nel regolamento attuativo
adottato n. 180 del 2010.
In assoluta coerenza con la figura tradizionale di mediazione, caratterizzata dall’informalità
della procedura, il d.lgs. n. 28/2010 ha imposto pochissime prescrizioni procedimentali, cosicché la
fonte secondaria distingue, all’art. 7, tra quelle che necessariamente i regolamenti degli organismi
devono prevedere e quelle soltanto facoltative. Queste ultime costituiscono una brillante cartina di
tornasole della tipologia di ADR che l’esecutivo aveva in animo.
Può, perciò leggersi che la convocazione personale delle parti è una mera facoltà e che il
mediatore può formulare la proposta anche nel caso di mancata partecipazione al procedimento
della controparte (e, dunque, su quali basi? Con quale finalità visto che la ricerca «di un accordo
amichevole» è impossibile senza un dialogo tra le parti); che la proposta può pervenire da un
mediatore diverso da quello che ha condotto la mediazione (che, quindi, “giudicherà”, perché altro
– non avendo condotto personalmente il negoziato – sicuramente non potrà fare); che la
formulazione della medesima è comunque incentivata con un incremento dell’indennità dovuta 35 .
Ma se l’intento è quello di sollecitare una soluzione aggiudicativa della lite confrontabile
con gli esiti giudiziali della stessa al fine di scoraggiare il ricorso alla giurisdizione, non è
accettabile l’obbligatorietà della mediazione né che la funzione di “decidere”, anche soltanto
attraverso un “suggerimento” (dotato però di un notevole enforcement), sia attribuita a soggetti privi
della professionalità e dell’esperienza necessaria.
Non a caso è proprio questo il punto nevralgico sottolineato dalle ordinanze di rimessione
alla Corte costituzionale e a quella di Giustizia dell’Unione Europea pronunciate rispettivamente dal
Tar Lazio 36 e dal Tribunale di Palermo, sez. di Bagheria 37 .
Prescindendo dalla disanima puntuale delle questioni sottoposte alle due Alte Corti, preme
qui ricordare che anche il giudice amministrativo ha riscontrato un potenziale vulnus di
costituzionalità proprio nell’ambiguità del modello adottato, connotato da «due scelte di fondo» le
quali «in misura inversamente proporzionale, ma biunivocamente, mirano, con forza cogente, l’una,
alla de-istituzionalizzazione e de-tecnicizzazione della giustizia civile e commerciale nelle materie
stesse, e, l’altra, alla enfatizzazione di un procedimento para-volontario di componimento delle
controversie». Tale esecrabile risultato deriva, ad avviso del remittente, dall’inadeguatezza della
disciplina con specifico riferimento alle ipotesi di obbligatorietà della mediazione. A fronte
dell’astratta idoneità di tale tipologia a «conformare definitivamente i diritti soggettivi da essa
coinvolti» ma altresì di incidere sugli stessi in là dove, in mancanza del risultato conciliativo, «ne
residui la giustiziabilità nelle sedi istituzionali […]», il legislatore non appresta «un’adeguata
35
Sulla disciplina di attuazione cfr. IZZO, La disciplina di attuazione in materia di mediazione civile e
commerciale, in Rass. For., 2010, 577 ss.
36
Ord. 12 aprile 2011, n. 3202, cit. Anche il giudice di pace di Parma, con ordinanza del 1° agosto 2011, ha
sollevato l’incidente di costituzionalità per ragioni sostanzialmente analoghe. Da ultimo anche il Trib. di Genova, con
l’ord. 18 novembre 2011, n. 4574 ha rimesso alla Consulta il giudizio di costituzionalità della norma. La pronuncia ma
si caratterizza per aver approfondito la questione della legittimità costituzionale del procedimento di mediazione sotto
profili direttamente operativi, con particolare riguardo alla materia dei diritti reali.
37
Ord. 30 dicembre 2011, in Guida al Diritto, 2011 fasc. 43, 14 ss, con nota di Castellaneta.
63
conformazione della figura del mediatore». In questo quadro l’esclusiva attenzione dedicata ai
«parametri […] di «funzionalità generica» degli organismi, senza alcuna considerazione per i
requisiti di professionalità, rischia di porsi in contrasto «con l’art. 24 Cost. nella misura in cui
determina […] una incisiva influenza […] sull’azionabilità in giudizio di diritti soggettivi e sulla
successiva funzione giurisdizionale statuale, su cui lo svolgimento della mediazione variamente
influisce».
Il Tribunale siciliano, nel condividere (tra l’altro) la censura rispetto al quadro europeo delle
ADR, analizza i singoli momenti della procedura nei quali la competenza giuridica del mediatore
appare indispensabile 38 .
3. Le reazioni della prassi e del legislatore.
A fronte di questo sistema la prassi come ha reagito?
Gli organismi di mediazione – verrebbe da aggiungere responsabilmente vista l’impossibilità di
garantire adeguati livelli di professionalità –, hanno in larga parte costruito procedimenti di
mediazione facilitativa. Così, per esempio, quelli istituiti dalle Camere di commercio subordinano
la formulazione della proposta alla richiesta congiunta di tutte le parti 39 e taluni prendono in
considerazione ipotesi in cui la stessa non è soggetta a verbalizzazione 40 . Nel medesimo senso è
orientato il Regolamento modello per gli organismi di mediazione forense elaborato dal Consiglio
nazionale forense che (all’art. 8, 4° comma) dispone che «il mediatore formula una proposta di
conciliazione qualora disponga degli elementi necessari» e soltanto se «le parti […] ne facciano
concorde richiesta,
Come già rilevato, la magistratura ha perso in poco tempo fiducia nel sistema come dimostra
il calo delle mediazioni c.d. delegate dal quattro all’un per cento in pochi mesi 41 .
Il calo della partecipazione della parte invitata è significativo del medesimo stato d’animo
tra gli utenti del servizio (dal 30, 83% delle prime statistiche del Ministero della Giustizia al 27,
76% delle seconde).
Anche da parte del Legislatore vi è stata una reazione. A partire dal luglio del 2011 la
normativa primaria e secondaria è stata fatta oggetto di modifiche puntuali (quasi tutte) volte a
sollecitare la partecipazione della parte invitata al procedimento (quasi sempre) attraverso un
aggravamento delle sanzioni.
Così, primo tra tutti, il d.m. n. 145 del 6 luglio 2011 ha modificato il d.m. n. 180/2010
stabilendo (tra l’altro) che per le fattispecie di mediazione obbligatoria il mediatore debba svolgere
«l’incontro con la parte istante anche in mancanza di adesione della parte chiamata in mediazione»
38
Cfr. il lungo elenco contenuto nel punto a.2) dei Riferimenti normativi, che prende in considerazione, per
esempio, «la capacità di comprendere i provvedimenti cautelari o possessori già emessi dal giudice» nonché gli
ulteriori provvedimenti sommari (n.3); di formulare proposte di accordo e di redigere verbali di conciliazione rispettosi
dell’ordine pubblico e delle norme imperative (n. 4), nonché proposte valutative comparabili con gli esiti del successivo
giudizio (n. 6) e così via.
39
Cfr., ad esempio, l’ art. 8 (Esito del procedimento di mediazione) dei Regolamenti della Camera arbitrale di
Milano, di quella di Roma, della Camera di conciliazione e mediazione di Napoli.
40
Cfr., ad esempio, art. 8 del Regolamento della Camera arbitrale di Milano.
41
Il d.l. n. 212/2011, con l’intento di rafforzare l’istituto ha istaurato (con l’art. 13, 1° comma, lett. a), un
collegamento tra mediazione delegata dal giudice e i programmi per la gestione del contenzioso civile contemplati
dall’art. 37, 1° comma del d.l. n. 98/2011. La tipologia in parola viene, pertanto, considerata tra gli strumenti utili al
conseguimento di obiettivi di riduzione e rendimento degli uffici giudiziari.
64
e che la segreteria non possa rilasciare l’«attestato di conclusione del procedimento» se non in
seguito alla redazione del verbale di mancata conciliazione (art. 7, comma 5, lett. d) 42 .
Il d.l. n. 138 del 13 agosto 2011 (convertito in legge n. 148/2011) ha, invece, inciso sull’art.
5 del d.lgs. n. 28/2010 ampliando il novero di sanzioni per la parte che senza giustificato motivo
non abbia aderito al procedimento e che si sia poi costituita in giudizio. A fronte dell’originaria
previsione che faceva discendere da tale comportamento «argomenti di prova» 43 la c.d. «manovra
di agosto» aggiunge altresì la condanna al «versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una
somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio».
Il d.l. n. 212 del 22 dicembre 2011 è, infine, ulteriormente intervenuto sulla disposizione in
parola stabilendo che la condanna debba essere irrogata «con ordinanza non impugnabile
pronunciata d’ufficio alla prima udienza di comparizione delle parti, ovvero all’udienza successiva»
alla sospensione del giudizio necessaria all’instaurazione o alla conclusione del procedimento di
mediazione 44 . È difficile ritenere che tali previsioni possano dirsi volte a facilitare «semplificare e
migliorare l’accesso alla giustizia» come la direttiva europea richiedeva 45 .
Le uniche disposizioni che non rispondono ad un’ottica di coercizione alla partecipazione 46
sono quelle – dettate peraltro con fonte secondaria e non primaria – che inseriscono nel percorso di
aggiornamento del mediatore il tirocinio professionale (art. 4, 3° comma, lett. b) e che impongono
ai regolamenti di procedura di fissare «criteri inderogabili per l’assegnazione degli affari di
mediazione predeterminati e rispettosi della specifica competenza professionale del mediatore
designato, desunta anche dalla tipologia di laurea universitaria posseduta» (art. 7, 5° comma, lett.
e).
Poca cosa rispetto alle doglianze avanzate dal giudice amministrativo e da quello ordinario
nelle ordinanze di rimessione, pochissima rispetto alle carenze del sistema che i dati in più sedi
raccolti dimostrano.
Le successive novelle hanno inteso occuparsi, invece, del principale obiettivo che con
l’introduzione dell’istituto nell’ordinamento intendeva perseguire: la deflazione della giustizia
42
In tal modo il Ministero della giustizia ha inteso sanzionare i regolamenti di procedura che prevedevano che in
caso di mancata dichiarazione adesione della controparte non fosse necessario fissare un incontro di mediazione bensì
che per assolvere la condizione di procedibilità fosse sufficiente l’attestato di segreteria, in modo da evitare un inutile
aggravamento dei costi del procedimento per l’istante. La Direzione generale della Giustizia civile aveva lamentato che
tali previsioni aggirassero la normativa primare che ha imposto «l’operatività della condizione di procedibilità per
talune materie» (circolare del 4 aprile 2011, disponibile sul sito www.giustizia.it). Per le critiche a tale impostazione cfr.
CAPONI, Adesione e partecipazione alla mediazione, in www.judicium.it, nonché la Richiesta di chiarimenti
dell’Ufficio Studi del Consiglio nazionale forense Sulle circolari della Direzione generale della giustizia civile in
materia di iscrizione e controllo sugli organismi di mediazione e sugli enti formatori, disponibile all’indirizzo
http://www.consiglionazionaleforense.it/site/search.jsp?instance=1&channel=29&node=2015&hitsPerPage=10&query=
richiesta+chiarimenti&x=0&y=0. In questo contesto è intervenuto il regolamento n. 145/2011 cit. il quale pur
conservando il meccanismo ha quantomeno ridotto l’indennità dell’organismo per il caso de quo ad una sorta di “diritto
di chiamata” ossia a «euro quaranta per il primo scaglione e ad euro cinquanta per tutti gli altri scaglioni£ (art 16, 4°
comma, lett. e).
43
Disposizione stravagante rispetto alla tradizione in quanto fa sì che un comportamento tenuto al di fuori del
processo abbia effetto, non già soltanto sulle spese, ma anche sul convincimento del giudizio.
44
Dettando una disciplina eccezionale rispetto a quella generale e più garantista prevista dall’art. 179 c.p.c. per
le «ordinanze di condanna».
45
In termini analogo Trib. Bagheria, ord. 16 agosto 2011, cit., 3.2.
46
Sia consentito osservare che legittimità costituzionale dei sistemi di risoluzione delle controversie alternativi
alla giurisdizione, difatti, passa necessariamente attraverso l’assoluta libertà di elezione degli stessi. La previsione di
meccanismi di coazione indiretta quali la valutazione del contegno extraprocessuale della parte in sede di decisione
della causa (art. 8, comma 5, prima parte), le condanne conseguenti alla mancata accettazione della proposta del
difensore (art. 13) e, da ultimo, alla mancata partecipazione al procedimento (art. 8, comma 5, prima parte)
costituiscono elementi che – sia pur in maniera indiretta e perciò solo più subdola - rendono più difficoltoso l’accesso
alla tutela giurisdizionale dei diritti garantita dall’art. 24 della Costituzione.
65
civile. Più che un modello di mediazione, dunque, il legislatore ha avuto in mente una funzione (o
forse una “missione”) per il nuovo istituto ed in tal modo ha tradito lo spirito europeo 47 .
Soltanto in questa ottica si spiegano l’obbligatorietà, le pesanti sanzioni per la parte che non
partecipa al procedimento di mediazione o che rifiuta la proposta del mediatore.
4. Le ragioni dell’insuccesso.
Fermo il rispetto dell’art. 24 – parametro rispetto al quale occorre attendere gli esiti del
giudizio di costituzionalità degli articoli 5 e 16 del d.lgs. n. 28/2010 – rientra nella discrezionalità
del Legislatore costruire la mediazione come rimedio rispetto al gravissimo stato della giustizia
civile e può essere considerato meritevole voler offrire al cittadino uno strumento di soluzione della
lite rapido, talvolta più adatto alla tipologia di controversia della giustizia togata e più economico
dell’arbitrato. Nell’ottica di «deflazione» e «limitazione delle sopravvenienze» – espressioni
terrifiche per chi coltiva una cultura della giurisdizione ma ormai frequenti nei testi legislativi –
“non è peccato” creare uno squilibrio tra le parti in lite sanzionando quella che – pur avendo a
disposizione l’alternativa non giurisdizionale – «abusa del processo», arrecando «un pregiudizio
alla collettività oberando il sistema processuale con una lite che avrebbe potuto e dovuto essere
evitata» 48 . E’ un’ottica più o meno condivisibile – sicuramente pericolosa 49 - ma non in astratto
vietata o improponibile. A condizione però– ed è qui che il legislatore ha tradito se stesso
condannando la sua creatura all’insuccesso – che quanto si offre al cittadino sia veramente un
meccanismo alternativo e non già in una sorta di “dio minore” e (oltretutto) imposto rispetto alla
giurisdizione costituzionalmente garantita. In buona sostanza – riprendendo le considerazioni
espresse dal Tar del Lazio nell’ordinanza di rimessione – «una cosa è la costruzione della
mediazione come strumento cui lo Stato in un vasto ambito di materie obbligatoriamente e
preventivamente rimandi per l’esercizio del diritto di difesa in giudizio; altra cosa è la costruzione
della mediazione come strumento generale normativamente predisposto, di cui lo Stato incoraggi o
favorisca l’utilizzo, lasciando purtuttavia impregiudicata la libertà nell’apprezzamento dell’interesse
del privato ad adirla ed a sopportarne i relativi effetti e costi»50 . A prescindere dalla condivisibilità
dell’operazione, se intende collocarsi nel primo “schema”, il legislatore è onerato dal costruire un
meccanismo che offra garanzie e funzionalità non minori rispetto a quelle proprie della
giurisdizione tanto in punto di professionalità e competenza del conciliatore quanto in punto di
effettività dei meccanismi offerti 51 .
Altrimenti – per a causa del malfunzionamento della giustizia pubblica – si condanna il
cittadino ad una tutela ancor meno effettiva dei propri diritti. Tale inaccettabile deriva le diverse
47
Critico rispetto allo strumento utilizzato, CONSOLO, L’improcrastinabile radicale riforma della legge-Pinto,
la nuova mediazione ex d.leg. n. 28 del 2010 e l’esigenza del dialogo con il consiglio d’Europa sul rapporto tra
repubblica italiana e art. 6 Cedu, in Corr. giur., 2010, 425.
48
A. DE LUCA, Mediazione e (abuso del) processo: la deroga al principio della soccombenza come incentivo
alla conciliazione, in Riv. dir. civ., 2011, 411.
49
Lo stato drammatico della giustizia civile riporta in auge teorie che tendono a ritenere che l’art. 24 della Cost.
non garantisca indifferenziatamente il diritto di azione, bensì che debba discutersi di «meritevolezza della tutela
richiesta» quale presupposto ulteriore rispetto all’interesse agire. Per tutti cfr. GHIRGA, La meritevolezza della tutela
richiesta. Contributo allo studio sull'abuso dell'azione giudiziale, Milano 2004. Esprime dubbi sulla configurabilità
prima ancora che sulla legittimità della categoria «dell’abuso della tutela giurisdizionale» «a termini dell’ordinamento
nazionale vigente» il Tar Lazio nell’ordinanza n. 3202/2011 cit.
50
Tar Lazio, ord. N. 3202/2011 cit.
51
Emblematico il caso della conservazione degli effetti prenotativi della trascrizione della domanda giudiziale
preso in considerazione dall’ordinanza del Tribunale di Genova n. 4574/2011 cit.
66
rimessioni del giudizio sulla normativa alla Corte costituzionale e alla Corte di giustizia dell’Unione
mirano a scongiurare reagendo ad un sistema che inesorabilmente conduce verso tale approdo.
Non si può far altro che attendere, a questo punto, i superiori arrêt delle Corti visto che il
Legislatore non è stato capace da solo di fornire al cittadino uno strumento adeguato, prima ancora
che alternativo, di risoluzione delle controversie 52 .
52
L’acronimo Alternative Dispute Resolutions nel tempo è stato riletto intendendo la «A» di «Alternative» come
«Appropriate» «per indicare un modello integrato e complementare di metodi di risoluzione delle controversie,
in luogo di uno bipolare, fondato sull’opposizione tra la giurisdizione dello Stato e meccanismi privati e informali». In
questo senso MENKEL-MEADOW, Mediation, cit., 9507 e nella dottrina italiana FODDAI, Conciliazione, cit., 43 e s.,
testo e note.
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68
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
RAPPORTO DELLA COMMISSIONE REVISIONE CIRCOSCRIZIONI GIUDIZIARIE
Il Consiglio Nazionale Forense, deliberando l’istituzione di questa commissione, ha voluto fornire
un contributo oggettivo allo studio della razionalizzazione del sistema giudiziario, per la parte
relativa alla riorganizzazione e redistribuzione degli uffici sul territorio.
A questo fine, è stato chiesto a tutti i Consigli degli Ordini di inviare una serie di dati che
consentisse un esame approfondito delle strutture esistenti, degli organici impiegati, dell’andamento
dell’attività giurisdizionale e dei relativi costi, per avere una significativa panoramica della
situazione dei 57 Tribunali sub provinciali. Fino ad ora sono state prese in esame le evidenze delle
prime 48 sedi.
I dati raccolti, relativi all’anno 2010, scontano ancora alcuni problemi di marginale disomogeneità,
a causa della diversità delle circoscrizioni, sia sotto il profilo operativo che per la posizione
geografica: ma le risultanze che di seguito si riportano devono ritenersi oggettivamente significative
e rilevanti.
1. Dotazione organica: risultano effettivamente impiegati n. 526 magistrati togati su 647
previsti; n. 353 magistrati onorari su 457 previsti; n. 2423 dipendenti amministrativi su 2813.
2. Domanda di giustizia:
• Settore Civile: a fronte di n. 209.181 procedimenti sopravvenuti si registrano n.
213.481 esauriti ed una residua pendenza di n. 305.862 procedimenti pendenti.
• Settore Penale: a fronte di n. 276.160 procedimenti sopravvenuti si annoverano n.
281.050 esauriti con una pendenza residua di n. 254.653 procedimenti pendenti.
Malgrado il deficit organizzativo, i procedimenti esauriti sono in numero maggiore rispetto a
quelli che sono stati incamerati dai Tribunali. Altre circostanze di forte rilievo scaturiscono dalle
evidenze sopra riportate:
A) i 526 giudici togati impiegati hanno un carico di complessivi 560.515 procedimenti, civili e
penali, pendenti: n. 1065 ca. a testa;
B) i medesimi giudici hanno portato a compimento 494.531 procedimenti: n. 940 ca. pro capite.
Il livello di produttività non viene inficiato dal marginale contributo fornito dai GOT.
3. Costi: per l’anno 2010 la gestione dei Tribunali esaminati ha comportato una spesa
complessiva di circa 25 milioni di euro, dalla quale, ovviamente, sono esclusi i costi del
personale (esso, infatti, in caso di soppressione sarebbe impiegato altrove). Ciò significa che
il costo medio dell’attività connessa a ciascuna delle circoscrizioni esaminate è di circa 500
mila euro l’anno: ciò significa che la sola copertura delle piante organiche potrebbe
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CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
consentire, a costi sostanzialmente invariati, di sopportare ulteriori carichi di lavoro,
deflazionando sedi limitrofe eventualmente congestionate.
Si deve invece registrare, purtroppo, la mancanza delle voci relative alle entrate, a partire, in
primo luogo, del gettito proveniente dal contributo unificato, pervenuto solo in minima
parte. Non è quindi possibile, al momento, il raffronto con i costi accertati, che sarebbe di
ausilio per stabilire il grado di autosufficienza economica di ogni Tribunale. Si auspica
perciò che gli uffici finanziari, interpellati vanamente dagli Ordini forniscano la disponibilità
fin qui inspiegabilmente negata. Peraltro, la verifica dell’autosufficienza finanziaria non
potrà disgiungersi dal rilevamento delle entrate derivanti dal pagamento delle imposte di
registro e delle tasse ipotecarie, dal versamento di diritti di cancelleria e bolli, dal ricavato di
sanzioni ed ammende e dal ricavato dai beni sequestrati agli imputati condannati.
Neppure è secondaria la circostanza per cui le spese relative all’esercizio della giurisdizione
(escluso, come detto, il personale) siano, in prima battuta, integralmente a carico degli Enti
locali. L’intervento dell’amministrazione centrale, infatti, è solo successivo, usualmente in
ritardo e, alla luce dei dati acquisiti, certamente non integrale, ma limitato ad una modesta
percentuale dell’intera spesa.
L’argomento “costi” consente ulteriori riflessioni.
Va considerato, infatti, che l’eventuale raggruppamento di più circoscrizioni in un’unica
sede imporrà gli investimenti atti a consentire la continuità dell’attività giurisdizionale senza
degrado, quantomeno, dei livelli di efficienza precedenti, propri delle sedi soppresse. Al
riguardo, v’è da dire che non è stata rilevata l’esistenza di alcun progetto economico
finanziario, né di alcuna ipotesi di nuova organizzazione del lavoro. Per tale ragione, si
ritiene arduo, se non azzardato, ipotizzare risparmi, se non si conoscono, né si tentano di
quantificare, le spese per gli investimenti necessari. Del pari, è inimmaginabile una
maggiore efficienza del sistema giustizia in assenza di un progetto organizzativo della
eventuale nuova realtà circoscrizionale. Per far cenno solo ad uno degli elementi di
maggiore impatto economico, basti pensare alla migrazione dalle piccole sedi giudiziarie
alle grandi dei soli 500 magistrati togati e dei relativi 500.000 procedimenti attualmente a
loro carico. Questo spostamento avverrà con l’abbandono di edifici giudiziari situati in
centri urbani minori, il cui costo è ora quasi integralmente sopportato dai relativi enti
territoriali, verso città più grandi, nelle quali i palazzi di giustizia sono ovunque giunti al
livello di saturazione: derivandone la necessità di provvedere alla costruzione (o alla
locazione) di nuovi immobili, su aree edificabili certamente più costose, a carico di
amministrazioni locali che in questo momento storico si trovano in una situazione
economico finanziaria delle meno felici siano mai state affrontate da anni. Anche di questo
aspetto non risulta che siano stati compiuti approfondimenti
70
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Le sintetiche considerazioni esposte, trovano riscontro in una tabella riassuntiva dei dati
pervenuti dai Consigli dell’Ordine degli Avvocati locali (sostenuti, in questa attività di ricerca,
dai Tribunali e dalle Commissioni Manutenzione).
Insieme al lavoro di integrazione dei dati mancanti, è stata avviata un’analoga indagine sui
Tribunali provinciali e distrettuali, che sarà oggetto di uno studio approfondito, rivolto sia
all’estrapolazione dei dati essenziali, che alla comparazione di tutte le realtà dei 165 Tribunali
d’Italia, sempre nell’ottica del risparmio e dell’efficienza.
71
72
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
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Documento congressuale sulla delega al Governo
per la revisione della geografia giudiziaria.
La legge di conversione del D.L. n. 138/2011,
recante “Ulteriori misure urgenti per la
stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo” ha
introdotto all’art. 1 la delega al Governo per
“riorganizzare la distribuzione sul territorio degli
uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di
spesa e incremento di efficienza…..”, altresì
definendo i criteri ed i principi ai quali l’intervento
dovrà uniformarsi.
Tale decisione costituisce anche attuazione della
previsione recata dall’art. 9 del D.L. n. 98/2011 (la
prima delle manovre di stabilità del precedente
Esecutivo).
Detta norma pone un obiettivo di razionalizzazione
della spesa (pubblica) e di “superamento del
criterio della spesa storica”, volto a definire i
“fabbisogni standard
propri dei programmi di
spesa delle amministrazioni centrali dello Stato”,
individuando
altresì
le
eventuali
criticità
nell’erogazione del servizio e le possibili
duplicazioni delle strutture preposte al medesimo.
La conseguente acquisizione dei dati, richiesti alle
amministrazioni
centrali,
dovrebbe
quindi
consentire, a partire dal 2013, la formulazione ed
il perfezionamento da parte delle medesime di
accordi triennali con il Ministero dell’economia,
tesi al superamento della sopraccennata spesa
storica ed alla determinazione di modelli
organizzativi più efficienti.
73
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
L’Avvocatura, che da epoca non sospetta (28
novembre
2002
–
Controrapporto
OUA
sull’irragionevole durata dei processi) lamenta
come il tema delle riforme del sistema giustizia
venga affrontato senza la preliminare e ragionata
disamina dei dati relativi all’attività svolta, senza
la individuazione degli interventi che, ad esempio
per quanto concerne le spese storiche, quei dati
già consentirebbero di ipotizzare, ed in carenza,
quindi, di una progettualità consapevole, ha inteso
porsi nel solco indicato dal Legislatore per offrire,
all’Esecutivo in primo luogo e comunque alla
politica, il proprio contributo e le proprie proposte.
L’obiettivo della ricerca avviata nello scorso
autunno è, dunque, quello di pervenire alla
determinazione di un metodo conforme alla norma
delegante, che consenta di individuare gli odierni
dati di efficienza e di spesa e, sotto questa luce, di
esaminare il tema della geografia giudiziaria,
dell’efficienza del sistema giustizia e delle risorse
che l’esercizio della giurisdizione richiede.
Il presupposto, quindi, non è il mantenimento
dell’esistente, bensì, attesa l’attuale distribuzione
sul territorio del Paese del servizio giustizia, la
necessità di chiarire quale potrebbe essere il
miglior servizio offerto ai cittadini a costi
preventivati e sostenibili.
La propensione ad individuare nella cosiddetta
giustizia di prossimità la migliore possibile delle
offerte di servizio tiene ovviamente conto della
necessità che le funzioni, attraverso le quali lo
Stato di diritto regola i rapporti fra i soggetti
amministrati e presiede al rispetto delle regole di
civile convivenza, siano accessibili e fruibili. Ciò
74
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
vale, indifferentemente, per i tre capisaldi della
società: l’istruzione, la sanità e la giustizia.
Alla superiore facilità di accesso, si assommerebbe
il vantaggio di un maggior numero di presidi
preposti alla difesa della sicurezza sociale ed
un’organizzazione più agile che, in uno con la
presupposta professionalità dei soggetti della
giurisdizione, assicurerebbe risposte più rapide a
costi compatibili con il dovere di ogni Stato di
consentire ai cittadino la tutela effettiva dei propri
diritti.
La ragioni dei fautori di un radicale mutamento
della geografia giudiziaria risiedono, invece, nella
convinzione che un minor numero di sedi
consentirebbe economie di scala oggi impraticabili.
Inoltre, il concentramento in una sede più grande
di un numero di magistrati più elevato potrebbe
agevolare un superiore grado di specializzazione
dei medesimi, oltre che meglio rispondere alle
esigenze poste dal processo penale (anche in
termini di incompatibilità).
I dati fin qui acquisiti costituiscono già un
significativo ed attendibile campione dell’attività e
dei costi dei cosiddetti Tribunali “minori”
sull’intero territorio nazionale. Essi, ad esempio,
testimoniano, come ha precisato la Commissione
del CNF nel proprio documento diffuso il 29
novembre 2011, che questi 48 Tribunali
impiegano 526 magistrati togati a fronte di un
organico di 647; che, sia in materia civile che
penale, i procedimenti esauriti sono stati
numericamente superiori a quelli sopravvenuti;
che la spesa complessivamente sostenuta è stata
di poco superiore ai 25 milioni di euro, al netto
delle spese per il personale dipendente.
75
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Proprio la specificazione dei dati di spesa,
direttamente tratti dai Rendiconti annuali delle
Commissioni di manutenzione, induce anche a
riflessioni e valutazioni sul come certe rilevanti
spese storiche siano semplicemente subite
dall’amministrazione
centrale
e
come,
conseguentemente, le stesse potrebbero essere, da
subito,
oggetto
di
riconsiderazione
economicamente conveniente.
Per quanto sopra, è dunque evidente che
l’obiettivo di coniugare maggiore efficienza con
risparmi di spesa non possa prescindere dagli
essenziali lavori preparatori prescritti dalle norme
vigenti.
In quest’ottica, che non potrà essere trascurata
dal Legislatore, sia che si tratti del Governo
delegato, sia che, melius re perpensa, si ritenga
necessario rinunciare alla delega con un decreto
legge del tutto legittimo, proprio a causa dei tempi
da impiegare per l’acquisizione dei dati e la
realizzazione dei lavori preparatori, la creazione
dei Tribunali delle Imprese costituisce già una
prima contraddizione, frutto di aprioristiche
convinzioni e di mancata considerazione delle
problematiche “numeriche” presenti in cospicui
bacini di utenza.
Ed allora, la prima proposta dell’Avvocatura non
può che essere quella di invitare a procedere
all’acquisizione di tutti i dati relativi all’attività
svolta dai tribunali italiani, raggruppandoli, in
ossequio al criterio recato dalla lettera a) dell’art. 1
della Legge n. 148/2011, in ragione delle
dimensioni:
subprovinciali,
provinciali
e
distrettuali.
76
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Per ognuna delle anzidette circoscrizioni dovranno
essere accertate le spese sostenute, sulla base dei
rendiconti delle Commissioni manutenzione e
secondo ulteriori, eventuali evidenze, al netto,
vista la lettera g) del succitato articolo, delle spese
relative al personale. Dette spese dovranno essere
oggetto, nell’immediato e da parte di apposita
Commissione, di verifica sotto il profilo della
congruità e della razionalità dell’impiego.
Sulla scorta degli attuali dati rappresentativi
dell’attività svolta, che i soggetti della giurisdizione
dovranno comunque poter avere a disposizione,
valutare ed eventualmente sindacare, sarà
possibile accertare il livello delle rispettive
efficienze, delle spese che, al riguardo, vengono
sostenute e dell’eventuale rideterminazione delle
stesse in ossequio al principio, inattuato, del
controllo di gestione di tutta l’attività pubblica.
Acquisito e valutato quanto sopra, si dovrà
affrontare il problema della migliore e possibile
organizzazione del lavoro da porre a disposizione
dell’attività giurisdizionale, nel rispetto dei principi
costituzionali che presiedono alla medesima, di cui
agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione.
A tal proposito, non si potrà trascurare che, in un
Paese civile, la tutela dei diritti non risponde a
mere convenienze economiche, bensì ed in primo
luogo ad ineludibili esigenze sociali.
Ancora, ma solo dopo l’ultimazione degli
approfondimenti anzidetti, potrà essere affrontata
la ragionata riduzione degli uffici giudiziari di
primo grado (Uffici dei Giudici di Pace, Sezioni
distaccate di Tribunale, Tribunali subprovinciali),
anche intervenendo sui confini territoriali delle
circoscrizioni.
77
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Per quanto sopra, anche a voler prescindere, in
questa sede, dalla possibile incostituzionalità della
legge delega, che ha introdotto in una legge di
conversione temi ultronei rispetto a quelli trattati
nel decreto legge convertito, va da sé che una
diversa attuazione della delega ne costituirebbe,
contestualmente, la mancata ottemperanza.
Enrico Merli
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CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Ufficio studi
LE NORME SULLE SOCIETÀ PROFESSIONALI
CONTENUTE NELLA LEGGE STABILITÀ PER IL 2012
Legge 12 novembre 2011, n. 183
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato)
-
Roma, 22 dicembre 2011 –
Art. 10
(Riforma degli ordini professionali e società tra professionisti)
(…)
3. È consentita la costituzione di società per l'esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico
secondo i modelli societari regolati dai titoli V e VI del libro V del codice civile.
4. Possono assumere la qualifica di società tra professionisti le società il cui atto costitutivo preveda:
a) l'esercizio in via esclusiva dell'attività professionale da parte dei soci;
b) l'ammissione in qualità di soci dei soli professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi, anche in differenti
sezioni, nonché dei cittadini degli Stati membri dell'Unione europea, purché in possesso del titolo di studio abilitante,
ovvero soggetti non professionisti soltanto per prestazioni tecniche, o per finalità di investimento;
c) criteri e modalità affinché l'esecuzione dell'incarico professionale conferito alla società sia eseguito solo dai
soci in possesso dei requisiti per l'esercizio della prestazione professionale richiesta; la designazione del socio
professionista sia compiuta dall'utente e, in mancanza di tale designazione, il nominativo debba essere previamente
comunicato per iscritto all'utente;
d) le modalità di esclusione dalla società del socio che sia stato cancellato dal rispettivo albo con provvedimento
definitivo.
5. La denominazione sociale, in qualunque modo formata, deve contenere l'indicazione di società tra professionisti.
6. La partecipazione ad una società è incompatibile con la partecipazione ad altra società tra professionisti.
7. I professionisti soci sono tenuti all'osservanza del codice deontologico del proprio ordine, così come la società è
soggetta al regime disciplinare dell'ordine al quale risulti iscritta.
8. La società tra professionisti può essere costituita anche per l'esercizio di più attività professionali.
9. Restano salvi i diversi modelli societari e associativi già vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge.
10. Ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Ministro della giustizia, di concerto con
il Ministro dello sviluppo economico, entro sei mesi dalla data di pubblicazione della presente legge, adotta un
regolamento allo scopo di disciplinare le materie di cui ai precedenti commi 4, lettera c), 6 e 7.
11. La legge 23 novembre 1939, n. 1815, e successive modificazioni, è abrogata.
(…)
79
80
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Ufficio studi
ANALISI DELLE DISPOSIZIONI E CRITICITÀ
Singole specifiche criticità confermano le preoccupazioni circa l’indebolimento
dell’indipendenza dell’avvocato:
1) Rispetto alle bozze circolate in precedenza è stato rimosso il divieto per i soci di
investimento «di partecipare alle attività riservate e agli organi di amministrazione
della società». Il testo definitivo non conserva, inoltre, la previsione relativa alla
partecipazione minoritaria dei soci non professionisti; ne consegue che i soci di
capitali possono anche essere soci di maggioranza ed esercitare il controllo
societario. Al contrario, il legislatore dovrebbe relegare ad un ruolo marginale i soci
non professionisti, escluderli dagli organi di controllo, oltre che da quelli di
amministrazione della società e privarli del diritto di voto quando le deliberazioni
hanno ad oggetto l’approvazione del bilancio e modificazioni statutarie; in Europa
nella maggioranza dei casi i non avvocati non possono essere soci di società tra
avvocati organizzate su base capitalistica, per cui le norme italiane potrebbero
generare una pericolosa corsa all’imitazione; del resto, anche dove si consente a non
avvocati di partecipare a società tra avvocati (ad esempio in Francia), il sistema è
circondato di non poche cautele e prima fra tutte quella che non consente a tali
soggetti di detenere una partecipazione di controllo, né consente di esercitare
direttamente attività non collegate alla professione, ma soltanto attraverso
partecipazioni in altre società.
2) le società potranno essere partecipate da professionisti anche appartenenti ad ordini e
realtà professionali tra loro disomogenee (società che potremmo definire
“multidisciplinari”), nonché da «cittadini degli Stati membri dell’ Unione europea,
purché in possesso del titolo di studio abilitante». L’ingresso come soci sembrerebbe
dunque consentito anche a soggetti non iscritti ad ordini, albi e collegi, ma in
possesso di un titolo di studio abilitante (disposizione di non semplice esegesi);
inoltre considerato che si tratta di una società multiprofessionale resta una grave
lacuna: non viene chiarito a quale ordine la stessa dovrà iscriversi;
3) gli obblighi statutari e i vincoli derivanti da eventuali patti parasociali possono
minare l’autonomia intellettuale dell’avvocato, che, per rispettarli potrebbe essere
indotto o costretto a svilire il dovere di fedeltà al cliente;
4) il divieto di partecipare a più società professionali è facilmente aggirabile mediante
contratti di consulenza con avvocati esterni;
5) il capitale di investimento potrebbe avere oscure origini: i penalisti in particolare ci
segnalano che, specie in talune Regioni, il rischio di commistioni improprie è assai
elevato;
6) il formale obbligo di rispettare il codice deontologico in capo alla società non esclude
che eventuali soggetti controllanti o collegati – non formalmente soggetti all’obbligo
81
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Ufficio studi
– eludano i vincoli deontologici, magari per scopi promozionali sotto forma di
concorrenza sleale;
7) nulla viene precisato dalle disposizioni appena introdotte in ordine all’ipotesi di
fallimento. Più in generale la normativa è assolutamente carente di necessarie
previsioni in tema di responsabilità dei soci e verso i terzi, ragione sociale, bilancio,
requisiti soggettivi dei soci, subentro di nuovi soci, amministrazione, compensi (la
vigente normativa sulle società tra avvocati, il d. lgsl. 96/2011 reca al riguardo molte
norme).
Il comma 10 dell’art. 10, L. cit., rinvia a un successivo Decreto del ministro della giustizia
la disciplina sulla riserva ai soci professionisti dell’attività professionale e la designazione
da parte del cliente (comma 4), nonché quella sul divieto di partecipazione a più società
(comma 6), e sull’obbligo di osservare il codice deontologico (comma 7): trattandosi,
almeno per il comma 4, di elementi che entrano nell’atto costitutivo, ne deriva che allo
stato, non è ancora possibile costituire società di capitali per lo svolgimento della
professione forense.
82
DOCUMENTI PERVENUTI
DA ORDINI E ASSOCIAZIONI
IN MATERIA DI GIUSTIZIA E CRISI ECONOMICA
83
84
Contributo alla discussione per le mozioni del Congresso Straordinario previsto per il
23 e 24 marzo
Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Torino, nella riunione del 5 marzo, udita la relazione del
Consigliere Giampaolo Mussano, ha deliberato:
premesso
-
che il momento storico esige un adeguamento della nostra professione ai cambiamenti in
corso;
-
che esistono tuttavia inderogabili principi di natura costituzionale a tutela della professione
forense;
-
che le logiche di mercato ed imprenditoriali stanno indebitamente influenzando le scelte
legislative sull’ordinamento professionale a discapito dei diritti dei cittadini;
-
che il “decreto liberalizzazione” in corso di conversione in legge dimostra come siano
fondate le preoccupazioni esposte;
-
che in particolare tale normativa trascura i principi inviolabili di libertà, indipendenza,
fedeltà e segretezza, cardini della professione forense;
-
che tale preoccupazione è indotta ancor più dalla previsione di una società tra professionisti
con presenza di socio di capitale seppur in quota minoritaria;
ribadisce
la ferma contrarietà dell’avvocatura torinese all’introduzione del socio di capitale all’interno
degli studi legali;
invita
-
il legislatore al ripensamento su tale normativa;
ritiene
85
-
necessario un confronto costruttivo, e pertanto, nella non creduta ipotesi del mantenimento
dell’attuale previsione legislativa
propone
-
che il professionista attivo in uno studio costituito in forma di società di capitale e/o tale
studio non possa acquisire mandati, rappresentare, difendere, e – lato sensu – avere rapporti
professionali di alcun tipo, direttamente o indirettamente con il/i socio/i di capitale, con
società del gruppo oppure con parti correlate al socio/i00 di capitale, intendendosi parti
correlate quelle definite nei principi contabili internazionali (IAS 24) i.
i
Una parte è considerata “correlata ad un’entità se:
-
direttamente o indirettamente, attraverso uno o più intermediari, la parte:
•
controlla l’entità, ne è controllata, oppure è soggetta al controllo congiunto (ivi comprese le
entità controllanti, le controllate e le consociate)
•
detiene una partecipazione nell’entità tale da poter esercitare un’influenza su quest’ultima;
•
controlla congiuntamente l’entità;
-
la parte è una società collegate (secondo le definizione dello IAS 28) dell’entità;
-
la parte è una joint venture in cui l’entità è una partecipante (IAS 31);
-
la parte è uno dei suoi dirigenti con responsabilità strategiche dell’entità o della sua controllante;
-
la parte è uno stretto familiare di uno dei soggetti di cui ai punti (a) o (d);
-
la parte è un’entità controllata, controllata congiuntamente o soggetta ad influenza notevole da uno dei
soggetti d cui ai punti (d) o (e), ovvero tali soggetti detengono, direttamente o indirettamente, una quota
significativa di diritti di voto;
-
la parte è un fondo pensionistico per i dipendenti dell’entità, o di una qualsiasi altra entità ad essa correlata.
Dove entità nel caso di specie corrisponde a socio di capitali non professionista.
Con particolare riferimento alle caratteristiche di “un’operazione con parti correlate”, il principio contabile IAS 24
specifica che tale è “un trasferimento di risorse, servizi o obbligazioni tra parti correlate, indipendentemente dal fatto
che sia stato pattuito un corrispettivo”.
Per completezza di esposizione, occorre rilevare che la nozione contenuta nello IAS 24 non diverge particolarmente
dalla definizione delle “Parti Correlate” di cui alla comunicazione DEM/2064231 della Consob, del 30 settembre 2002.
86
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Associazione Italiana Giovani Avvocati
Sede: Roma, via Tacito 50, Tel. 06/ 6832427 · Fax 06/97252204
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Documento AIGA
per l’incontro presso il
Consiglio Nazionale Forense
Documento Aiga
Del
12 marzo 2012
Presidente: Avv. Dario Greco – 90141 Palermo – Via F.sco Ferrara, n. 8 – Tel. +39091332058 – fax +39091611115 e-mail: [email protected]
Aderente alla Association Internationale des Jeunes Avocats (A.I.J.A.)
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Ordinamento Forense
L’Aiga ritiene improrogabile una compiuta riforma dell’Ordinamento
Forense, al fine di consentire all’avvocatura di dotarsi di un nuovo quadro di
riferimento normativo che la collochi al passo con le mutate esigenze rispetto
all’attuale normativa oramai obsoleta e superata. Consapevole di tale necessità
l’Aiga, unitamente alle altre componenti dell’avvocatura, ha partecipato alla
redazione di una proposta di riforma che è stata consegnata alle Istituzioni
affinché si avviasse finalmente l’iter legislativo per la sua approvazione.
Tale proposta di legge è stata oggetto di un primo esame da parte del
Documento Aiga
Senato della Repubblica, il quale l’ha approvata, apportando numerose
modifiche al testo originario.
L’Aiga,
nella
consapevolezza
della
necessaria
ed
indifferibile
approvazione del testo oggi in esame alla Camera dei Deputati, ritiene che il
mutato quadro politico e le riforme approvate negli scorsi mesi, impongano
una parziale rivisitazione delle norme già licenziate dal Senato, nel preciso
interesse del Sistema Giustizia, della collettività e dell’Avvocatura.
In questo quadro si ritiene tuttavia fondamentale che venga
riaffermato il principio della riserva di legge dell’Ordinamento Forense, in
considerazione della rilevanza costituzionale della professione di avvocato
nell’ambito delle garanzie del diritto di difesa e del giusto processo nel
contraddittorio tra le parti.
In ogni caso si intendono tracciare alcuni aspetti significativi della
riforma dell’Ordinamento Forense. È infatti necessario:
1)
mantenere e salvaguardare i principi di indipendenza ed autonomia
dell’avvocato nello svolgimento della professione e nelle sue scelte
defensionali, secondo il rispetto del codice deontologico e rafforzando il
controllo disciplinare; in questo quadro la presenza di soci investitori
Presidente: Avv. Dario Greco – 90141 Palermo – Via F.sco Ferrara, n. 8 – Tel. +39091332058 – fax +39091611115 e-mail: [email protected]
Aderente alla Association Internationale des Jeunes Avocats (A.I.J.A.)
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all’interno delle società tra professionisti rischia fortemente di minare tali
valori (vedasi capitolo sulle società di capitali);
2)
limitare gli sbarramenti anagrafici o le agevolazioni in ragione della
sola anzianità di iscrizione all’albo nell’esercizio della professione e ciò in
danno delle giovani generazioni di avvocati; ci si riferisce, in particolare modo,
all’elettorato passivo al CNF e al comitato dei Delegati della Cassa Forense; ma
anche ad un eventuale regolamentazione delle specializzazioni forensi, la cui
acquisizione non può essere subordinata al raggiungimento di un’anzianità di
iscrizione all’Albo, ma ad effettivi meriti e conoscenze tecniche;
3)
consentire un più agevole sbocco professionale ai giovani praticanti e
Documento Aiga
ai giovani avvocati, anche con riferimento alle specializzazioni forensi ed al
riconoscimento di un equo compenso non solo al praticante, ma anche
all’avvocato collaboratore di studio;
4)
adeguare l’accesso e il percorso universitario per chi vuole conseguire
gli studi giuridici, in modo che si tenga conto dell’effettiva capacità formativa
delle Facoltà di giurisprudenza, sì da consentire al giovane laureato di avere
quelle conoscenze fondamentali per accedere con maggiore facilità e migliore
preparazione
alle professioni legali; per questo richiediamo da anni
l’introduzione del numero programmato nella facoltà di giurisprudenza;
5)
garantire il più ampio ricambio nelle istituzioni di rappresentanza
forense, con particolare riguardo ai Consigli dell’Ordine, per cui è necessario
fissare un numero massimo di mandati per la rielezione;
6)
rendere effettiva la rappresentanza femminile nelle istituzioni forensi;
7)
prevedere la netta divisione dell’attività disciplinare da quella
amministrativa, mediante la creazione di organi di disciplina a livello
distrettuale (composti da soli avvocati e senza la presenza di soggetti
esterni) ed il mantenimento delle attuali competenze giurisdizionali del
CNF;
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8)
prevedere
la
creazione
di
un
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organo
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nazionale
di
governo
dell’Avvocatura (senza competenze disciplinari), eletto a suffragio diretto da
parte di tutti gli avvocati italiani, nell’ambito di un collegio unico nazionale o
Documento Aiga
di collegi istituiti su base distrettuale.
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Mediazione
La nuova disciplina sulla mediazione obbligatoria nel processo civile ha
determinato un irragionevole aumento dei costi di accesso alla giustizia senza
alcun effettivo vantaggio deflattivo del contenzioso, ma con un’ingiustificata
compressione del diritto di difesa.
Oggi la mediazione (così come erroneamente disciplinata dal D.Lgs.
28/2010, dai successivi decreti ministeriali e dal Decreto Salva Italia) è soltanto
un business per gli enti formatori e per gli organismi di conciliazione.
In ogni caso, appare quanto mai opportuno che la futura entrata in
Documento Aiga
vigore della mediazione per le controversie in materia condominiale e di
infortunistica stradale sia postergata in attesa della decisione della Consulta
sull’ordinanza di rinvio del TAR Lazio.
Infatti, un’eventuale (ed auspicata) dichiarazione di incostituzionalità
potrebbe determinare effetti caotici nelle controversie in corso.
Resta, però, ferma la contrarietà da parte dell’AIGA all’onerosità della
mediazione obbligatoria nell’ipotesi di mancato accordo conciliativo tra le
parti; non si comprende, infatti, la ragione per cui al mediatore, anche in
caso di esito negativo della mediazione, debba comunque essere
riconosciuto un lauto compenso, mentre per l’avvocato sono state abrogate le
tariffe ed è soggetto al patto di quota lite.
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Liberalizzazioni
La Giovane Avvocatura italiana è pronta a raccogliere in tema di
liberalizzazioni; esse, infatti, possono rappresentare un vero e proprio volano
per l’economia ed uno strumento di equità sociale, che premi il merito piuttosto
che le rendite di posizione.
Ma paragonare la categoria forense ad una casta, tutelata dall’attività
lobbistica degli avvocati – parlamentari, è errato sotto tutti i punti di vista. Il
solo dato numerico degli avvocati iscritti all’Albo basta a smentire
l’affermazione; ma è opportuno citare alcuni provvedimenti direttamente in
danno degli avvocati:
Documento Aiga
1) Nel 1999 è stato introdotto il contributo unificato per le cause civili, ossia
la tassa che si deve pagare per iniziare una causa. A quell’epoca il
contributo unificato per una causa di €26.000,00 era di €310,00; oggi è di
€450,00 in primo grado, di €675,00 in appello, di €900,00 in Cassazione.
Non vi è alcun rapporto con il tasso d’inflazione.
2) Le vituperate ed abrogate tariffe forensi sono state approvate con decreto
ministeriale datato 8/4/2004; d’allora ad oggi il tasso d’inflazione è stato
di circa il 16% e in 8 anni non vi è stato alcun adeguamento.
3) Sempre a proposito di tariffe, dal 2006 (Legge Visco – Bersani) è caduta la
cosiddetta inderogabilità dei minimi tariffari. Esse dal 2006 hanno
rappresentato soltanto un parametro di riferimento, sempre derogabile
tra le parti e la loro abolizione con il D.L. 1/2012 ha determinato soltanto
confusione per la mancanza di una disciplina transitoria ed espone ad
abusi i clienti deboli.
4) L’infausto 2006 ha fatto un altro regalo all’avvocatura (specie quella
giovane); fino a quell’anno chi aveva assistito un cliente ammesso al
patrocinio a spese dello Stato, alla fine del processo veniva pagato
nell’arco di pochi giorni con l’anticipazione delle Poste Italiane. Al solo
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scopo di fare cassa, la Legge Visco-Bersani ha eliminato tale facoltà; oggi
pagano gli uffici giudiziari e per incassare gli avvocati attendono circa 2
anni dalla liquidazione giudiziale.
5) A luglio del 2011 è stato abolito il regime fiscale dei minimi, che
consentiva a chi aveva un fatturato inferiore a €30.000,00 di essere
esonerato dall’iva. Più che un risparmio fiscale, era un risparmio
burocratico, stante la semplificazione delle dichiarazioni.
Negli ultimi anni di crisi economica del nostro Paese, l’Avvocatura, e
quella giovane in particolare, non ha goduto di ammortizzatori sociali, di
incentivi di rottamazione, di sgravi fiscali, sempre attribuiti alle imprese e ai
Documento Aiga
lavoratori dipendenti e sempre negati ai liberi professionisti.
La prova del continuo declino della categoria forense si ricava dalle
recenti statistiche diramate dalla Cassa di Previdenza, che dimostrano un
continuo calo del reddito pro-capite, in persistente discesa dal 2007, con una
perdita di ricchezza dell’avvocato medio italiano del 12% (comprensivo
dell’inflazione) nel triennio 2008-2010.
Forse è arrivato allora il tempo di abbandonare i facili spot e di ragionare
veramente sulle liberalizzazioni nel nostro Paese.
Appare quindi opportuno procedere alla liberalizzazione:
a) delle compravendite immobiliari;
b) delle autentiche degli atti;
c) delle redazioni e pubblicazioni di testamenti;
d) delle costituzioni di società, associazioni, fondazioni;
e) degli atti di trasferimento di partecipazioni societarie.
L’Antitrust il 5 gennaio nella sua relazione al Parlamento ha chiesto il
raddoppio della pianta organica dei notai, oggi di 5.779 unità.
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Il Decreto Legge n. 1/2012 ha, invece, aumentato la pianta organica di
alcune centinaia di unità.
Se si considera che nel 1914 i posti di notaio in Italia erano 4.310, si
comprende immediatamente che la misura è inadeguata, tenuto conto che tra
l’indizione di un concorso notarile e la sua conclusione trascorrono circa 3/4
anni e stante l’effettiva presenza in servizio di circa 4.700 notai, con un reddito
medio nel 2004 di circa €430.000,00.
La casta notarile si divide, ogni anno, una torta di circa 1.300.000 atti di
compravendita immobiliare (dati dell’Agenzia del Territorio). Ossia 284
compravendite per notaio, più di uno per ogni giorno lavorativo, trovando
tempo per redigere anche testamenti, pubblicarli, autenticare atti, costituire
Documento Aiga
società e quant’altro.
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Società di capitali
L’art. 10 della Legge di stabilità ha stabilito che, a far data dal 1° gennaio
2012, le attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico possono
essere esercitate anche in forma di società senza limiti né vincoli nell’adozione
dei tipi sociali regolati nel codice civile. La medesima norma ha, inoltre,
previsto l’ingresso di soci non professionisti che possono detenere quote sociali
di maggioranza e/o dirigere l’Organo amministrativo delle società. Solo
successivamente con il maxiemendamento al DL si è normato il ruolo del socio
di capitali limitandone la quota ad 1/3 del capitale ed escludendo i poteri di
amministrazione.
Documento Aiga
La
Giovane
Avvocatura,
pur
guardando
con
favore
ad
un
ammodernamento della Società tra Professionisti già prevista dalla L. 96/2001
in linea con quanto richiesto dalla Commissione Europea, ritiene che le uniche
forme societarie che debbano trovare ingresso nel nostro sistema siano le società
cooperative e le S.r.l. a capitale esclusivamente professionale e con esclusione
di soci di investitori, affinché di possa:
-
garantire l’autonomia e l’indipendenza del socio professionista avvocato
nell’esercizio della propria attività;
-
garantire il rispetto per i soci professionisti dei rispettivi codici
deontologici e dei principi fondamentali delle professioni;
-
scongiurare ogni possibile infiltrazione nelle società tra professionisti e
non di capitali di provenienza illecita.
Del resto anche in altri Paesi membri dell’Unione Europea (Francia,
Germania, Regno Unito) non vi è previsione alcuna dell’ingresso del socio di
puro capitale nelle società tra professionisti e ciò proprio per la tutela dei
principi sopra enunciati. Sempre a tutela dei medesimi principi in Spagna,
invece, pur essendo disciplinate le società con soci di capitale non professionisti,
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è stato previsto per essi uno sbarramento pari ad ¼ della quota del capitale
complessivo e, comunque, il divieto di conferire loro poteri di rappresentanza.
In ogni caso, la limitazione alla partecipazione societaria al 33% (prevista
dalla Legge di conversione del D.L. 1/2012) di per sé non garantisce
l’indipendenza e l’autonomia del professionista e comporta la necessità di
regolare, tra gli altri aspetti, i conflitti d’interesse, la cessione delle
partecipazioni, l’obbligatorietà di clausole di gradimento e l’esclusione dei
poteri di amministrazione del socio investitore. L’AIGA auspica che
l’Avvocatura venga coinvolta direttamente nella redazione di regolamenti di
attuazione ad oggi necessari per far sì che il modello societario sia adeguato
Documento Aiga
alle peculiari esigenze della professione di avvocato.
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CONGRESSO STRAORDINARIO FORENSE DI MILANO
MOZIONE SULLA GIUSTIZIA TRIBUTARIA
L’Avvocatura italiana, riunita in Congresso Straordinario in Milano
Premesso:
che compito essenziale ed irrinunciabile per il quale è storicamente nato lo Stato è quello di
assicurare l’amministrazione della Giustizia a favore di tutti i cittadini;
che negli stati moderni tale presupposto costituisce parte integrante del “contratto sociale”,
in forza del quale il cittadino cede parte della propria sovranità individuale allo Stato ed accetta di
pagare tributi;
Rilevato:
che pertanto la Giustizia Tributaria deve funzionare, assicurando il più ampio accesso dei
cittadini alla tutela dei loro diritti, senza distinzione;
che lo Stato ha pertanto solo la responsabilità (e, nei limiti di tale responsabilità, la
discrezionalità) di scegliere i mezzi e gli strumenti più idonei per far funzionare al meglio la
Giustizia, ma non ha discrezionalità alcuna “se” far funzionare la Giustizia.
che non può quindi essere accettata in proposito alcuna limitazione, in quanto l’art. 6 della
Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo pone il “giusto processo” come diritto fondamentale ed
irrinunciabile, riconosciuto peraltro espressamente anche dalla Carta Costituzionale all’art. 111;
che il “giusto processo” è stato definito dal Primo Presidente della Corte di Cassazione come
un “pre-diritto” in quanto, se non funziona la Giustizia, tutti gli altri diritti fondamentali non
possono trovare concreta attuazione e tutela e rischiano, quindi, di rimanere semplici e vuote
enunciazioni;
che la Giustizia deve assicurare, sempre in forza dell’art. 6 della Convenzione Europea dei
Diritti dell’Uomo e dell’art. 111 della Costituzione, una decisione in tempi ragionevoli (quantificati
dalla Corte di Strasburgo nei termini massimi di tre anni per il giudizio di primo grado, due per
quello di appello ed uno per quello di cassazione), oltre ad una ragionevole qualità del processo e
della decisione stessa (e, quindi, il rispetto del pieno contraddittorio, della parità delle parti, della
terzietà del giudice);
che gli innumerevoli interventi estemporanei e parziali sulla Giustizia tributaria che in questi
ultimi anni si sono susseguiti, hanno solo portato a un progressivo peggioramento del
99
funzionamento del processo, sia sotto il profilo dei tempi che della qualità, perché il processo ha
necessità di avere il minor numero possibile di norme, chiare e facilmente interpretabili.;
Sulla base delle premesse che precedono, il Congresso Straordinario dell’Avvocatura
Italiana
chiede che:
Sia, in primo luogo e finalmente, approvata una riforma organica della Giustizia
Tributaria, con interventi estremamente mirati, volti
a ridare efficienza al processo,
salvaguardandone le sue caratteristiche essenziali.
A tal fine, ricordato quanto approvato dal Congresso Forense di Genova del novembre 2010,
rinnova la urgente richiesta dei seguenti provvedimenti, tesi a normalizzare e perequare i rapporti
tra Amministrazione e Contribuenti, mettendoli sullo stesso piano dal punto di vista processuale e
garantendo una Magistratura Tributaria indipendente, professionale e a tempo pieno.
Si ricorda che se vi sono arretrati nella giustizia civile e penale, non si comprende
perché giudici appartenenti a tali settori debbano dedicare parte del loro tempo ad occuparsi
di materie loro non congeniali e alle quali possono dedicare solo quanto distolto dalla loro
attività primaria.
Si chiede pertanto:
1. il riconoscimento allo statuto dei diritti del contribuente, di norma di rango costituzionale,
che prevale conseguentemente, sulle norme delle leggi ordinarie.
2. La definizione legislativa dei concetti di anti elusione,
di abuso del diritto e di
interposizione fittizia, allo scopo di darne certezza giuridica ed evitare le derive
interpretative dell’amministrazione.
3. L’abolizione delle presunzioni contro il contribuente, in primis l’art. 32 in merito ai prelievi
che diventano ricavi.
4. L’ obbligo dell’ufficio di indicare già in sede di accertamento tutte le prove contro il
contribuente.
5. La impossibilità di iniziare una azione esecutiva sui beni del contribuente prima della
definizione con sentenza passata in giudicato, del suo debito di imposta. Si ricorda che, a
100
garanzia delle sue pretese, l’amministrazione ha facoltà di proporre azioni cautelari che non
pregiudicano, di conseguenza, i suoi crediti.
6. la semplificazione del giudizio di ottemperanza, per rendere più immediata l’efficacia della
sentenza a favore del contribuente vittorioso.
7. l’obbligo per l’amministrazione soccombente di provvedere all’immediato pagamento delle
spese di giudizio dopo ogni sentenza e l’eventuale rimborso delle somme contestate o già
pagate nel corso della procedura, senza attendere la definitività della stessa.
8. Il risarcimento del danno al contribuente di fronte a comportamenti dilatori o vessatori
dell’amministrazione in sede processuale, analogo al risarcimento per lite temeraria in
procedura civile. Non solo, si chiede la responsabilità dell’amministrazione ai sensi art.
2043 cc per il mancato o ritardato annullamento di un atto illegittimo nell’esercizio del
potere di autotutela, ove tale comportamento abbia recato danno al contribuente.
9. L’obbligo di deposito della sentenza in trenta giorni dall’udienza di decisione e la
sospensione delle azioni esecutive fino al deposito.
10. la informatizzazione degli uffici giudiziari e l’attuazione, su tutto il territorio nazionale,
dell’avvio del processo telematico.
11. La selezione di Magistrati Tributari, che si dedichino a tale attività a tempo pieno,
indipendenti, vale a dire non provenienti dall’Amministrazione Finanziaria dello Stato, ai
quali venga riservata una preparazione specifica, giuridica ed economica, per lo svolgimento
del proprio compito.
12. L’inibizione dell’inizio di azioni esecutive sui beni del contribuenti prima che lo stesso sia
riconosciuto debitore di somme allo Stato.
Si deve necessariamente segnalare che i poteri concessi per legge all’Amministrazione Finanziaria,
se ritenuti necessari per combattere l’evasione fiscale, sono estremamente invasivi nei confronti del
contribuente e i dati sullo stesso raccolti devono essere utilizzati esclusivamente a tale scopo,
evitando pericolose derive in altri campi.
Si vorrebbe, infine, che lo stesso impegno dedicato alla lotta contro l’evasione fiscale venisse
dedicato alla lotta contro lo sperpero e la cattiva gestione del denaro pubblico, rendendo finalmente
101
responsabili nei confronti della società coloro che abusano dei mezzi messi a loro disposizione, con
fatica e sacrifici, dalla collettività.
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Previdenza
L’ultima manovra del Governo Monti ha imposto a tutti gli enti
previdenziali privatizzati di garantire l’equilibrio di bilancio e la stabilità
gestionale per un periodo minimo di 50 anni – non tenendo conto dell’incidenza
delle rendite da patrimonio – pena la trasformazione del sistema previdenziale
da retributivo a contributivo con applicazione integrale del pro rata temporis.
La Giovane Avvocatura ritiene che il sistema “pro rata” sia iniquo per le
diverse generazioni poiché mira solo ed esclusivamente a salvaguardare diritti
quesiti o meglio ingiustificati privilegi. D’altro canto la Cassa Nazionale di
Previdenza e Assistenza Forense non potrebbe intervenire per abolire la
Documento Aiga
previsione del sistema “pro rata” in deroga alla legge.
E’ per tale motivo che l’AIGA auspica che il legislatore intervenga con
l’abolizione del sistema “pro rata”, incidendo retroattivamente sui diritti quesiti
anche di natura patrimoniale e sugli ingiustificati privilegi, atteso l’elevato
grado di ragionevolezza del pregiudizio che tale sistema porta ai giovani e la
non contrarietà di tale auspicabile norma agli altri valori ed interessi
costituzionalmente
protetti,
come
più
volte
affermato
dalla
Corte
Costituzionale.
Quanto poi ai criteri di rappresentanza all’interno di Cassa Forense,
l’AIGA ha da sempre ritenuto ingiustificabile ogni sbarramento anagrafico
legato all’elettorato passivo di Cassa Forense, auspicandone la completa
eliminazione. Dunque la Giovane Avvocatura auspica che:
-
Ogni iscritto a Cassa Forense potrà essere eleggibile sin dal primo anno
di iscrizione;
-
Non potrà essere eleggibile chi ha già maturato il diritto alla pensione;
-
Gli avvocati che godono del trattamento pensionistico e che ancora
esercitano la professione dovranno versare il contributo integrativo
soggettivo nella stessa misura in cui lo versano gli altri iscritti.
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Conclusioni
I punti sopra affrontati sono soltanto brevi cenni sugli argomenti di
maggiore urgenza oggi individuati dall’AIGA.
Su ciascuno di essi la Giovane Avvocatura è pronta a formulare proposte
articolate e complete in difesa della Giustizia e della Giurisdizione e, quindi, dei
cittadini, rectius delle persone, e dello Stato di diritto.
Auspicando che tutti i soggetti coinvolti nel dibattito politico
abbandonino sterili preconcetti di parte, ritenendo che le riforme debbano
essere fatte contro o a favore di qualcuno ed avendo come unico obiettivo il
Documento Aiga
bene del Paese.
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105
MOZIONE SULLA GIUSTIZIA CIVILE
L’Avvocatura italiana, riunita in Congresso Straordinario in Milano
Premesso:
che compito essenziale ed irrinunciabile per il quale è storicamente
nato lo Stato è quello di assicurare l’amministrazione della Giustizia a
favore di tutti i cittadini;
che negli stati moderni tale presupposto costituisce parte integrante
del “contratto sociale”, in forza del quale il cittadino cede parte della
propria sovranità individuale allo Stato ed accetta di pagare tributi;
Rilevato:
che pertanto la Giustizia civile deve funzionare, assicurando il più
ampio accesso dei cittadini alla tutela dei loro diritti, senza distinzione
alcuna di tipo oggettivo (fra micro e macro diritti) o, peggio ancora, di tipo
soggettivo (come, ad esempio, fra semplici cittadini ed imprese);
che lo Stato ha pertanto solo la responsabilità (e, nei limiti di tale
responsabilità, la discrezionalità) di scegliere i mezzi e gli strumenti più
idonei per far funzionare al meglio la Giustizia, ma non ha discrezionalità
alcuna “se” far funzionare la Giustizia.
106
che non può quindi essere accettata in proposito alcuna limitazione
derivante da teorie economicistiche (rectius “pseudoeconomicistiche”), in
quanto l’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo pone il
“giusto processo” come diritto fondamentale ed irrinunciabile, riconosciuto
peraltro espressamente anche dalla Carta Costituzionale all’art. 111;
che il “giusto processo” è stato definito dal Primo Presidente della
Corte di Cassazione come un “pre-diritto” in quanto, se non funziona la
Giustizia, tutti gli altri diritti fondamentali non possono trovare concreta
attuazione e tutela e rischiano, quindi, di rimanere semplici e vuote
enunciazioni;
che in questa ottica l’obiettivo non può e non deve essere quello della
“deflazione” del contenzioso (e cioè di una restrizione dell’accesso alla
Giustizia) ma bensì di come dare una corretta ed efficace risposta alla
domanda di giustizia dei cittadini;
che la Giustizia civile deve assicurare, sempre in forza dell’art. 6 della
Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dell’art. 111 della
Costituzione, una decisione in tempi ragionevoli (quantificati dalla Corte di
Strasburgo nei termini massimi di tre anni per il giudizio di primo grado,
due per quello di appello ed uno per quello di cassazione), oltre ad una
ragionevole qualità del processo e della decisione stessa (e, quindi, il
rispetto del pieno contraddittorio, della parità delle parti, della terzietà del
giudice);
che gli innumerevoli interventi estemporanei e parziali sulla Giustizia
civile che in questi ultimi vent’anni si sono susseguiti e spesso sovrapposti,
hanno solo portato a un progressivo peggioramento del funzionamento del
processo, sia sotto il profilo dei tempi che della qualità, perché il processo
107
ha necessità di avere il minor numero possibile di norme, chiare e
facilmente interpretabili. (L’esempio più eclatante del fallimento delle
recenti riforme più o meno “epocali” è quello del processo societario,
trionfalmente approvato nel 2003 e abrogato solo pochi anni dopo);
che se è innegabile che il delicato momento economico che sta
attraversando la nostra Nazione deve indurre alla massima attenzione sotto
il profilo economico e, quindi, al taglio di tutte le spese superflue, è
altrettanto vero che, nel solo anno 2011, lo Stato italiano è stato condannato
al pagamento di oltre 84 milioni di euro a titolo di indennità, ex Legge
“Pinto”, per violazione del “termine ragionevole” di durata dei processi e,
secondo le stime di Bankitalia e Confindustria, il mancato tempestivo
funzionamento della Giustizia civile scoraggerebbe gli investimenti
stranieri in Italia e farebbe perdere annualmente circa 1 punto di Pil (e
quindi oltre 15 miliardi di euro);
che, anziché spendere somme ingenti per la riparazione della
violazione delle norme del “giusto processo”, e perdere somme enormi per
il mancato funzionamento della Giustizia civile, anche dal punto di vista
strettamente economico, è più che ragionevole (come farebbe qualsiasi
privato imprenditore, ma anche un semplice capofamiglia, in relazione al
proprio bilancio famigliare) investire alcune decine di milioni di euro (e
quindi somme, in tale ambito, estremamente modeste) per un corretto
funzionamento della Giustizia civile;
Sulla base delle premesse che precedono, il Congresso Straordinario
dell’Avvocatura Italiana
108
chiede che:
1) Sia, in primo luogo e finalmente, approvata una riforma organica
della Giustizia civile, con pochi e limitati, ma estremamente mirati
interventi, volti a ridare efficienza al processo, salvaguardandone le sue
caratteristiche essenziali.
A tal fine, per evitare il ripetersi di interventi inutili e contraddittori e
ricordato che anche il Primo Presidente della Corte di Cassazione, nella sua
relazione introduttiva del corrente anno giudiziario, proprio a proposito di
recenti provvedimenti in materia civile, ha rilevato la necessità di una
“interlocuzione con l’Avvocatura e la Magistratura, così da assumere
adeguate informazioni da chi opera negli uffici giudiziari”, si chiede che il
Ministro della Giustizia provveda all’immediata nomina di un’apposita
commissione ristretta, composta, in numero paritetico, da magistrati,
avvocati e docenti universitari di discipline processualcivilistiche e
comparatistiche, assegnando un breve termine (in via indicativa 120-150
giorni) per l’elaborazione di un progetto, meditato ed il più possibile
condiviso, da approvare poi immediatamente in Parlamento, se del caso con
lo strumento della decretazione d’urgenza.
2) Nell’ambito di tale progetto dovrà essere individuato anche lo
strumento più idoneo per l’eliminazione dell’arretrato civile, previa la
reale quantificazione dello stesso, tramite la scomposizione dei dati
statistici.
(L’arretrato,
infatti,
non
coincide,
come
spesso
viene
erroneamente enunciato, con il contenzioso pendente. In un sistema
processuale “evoluto” è fisiologico e diremmo anzi necessario, che vi sia
contenzioso pendente. L’arretrato è costituito solo dal contenzioso pendente
da un tempo eccedente quello considerato come termine massimo).
109
3) Nell’ambito di tale elaborando progetto, uno dei punti fondamentali
dovrà essere costituito da una reale ed effettiva semplificazione dei riti,
nell’ottica finale della loro unificazione (che fra l’altro non comporterebbe
costi aggiuntivi ma, anzi, potrebbe ridurli).
Una delle cause principali della lentezza del processo e della sua
ipertrofia, è costituita dal fatto che, secondo dati statistici, quasi il 50%
delle decisioni risolvono solo questioni di rito e non di merito. Con
l’inevitabile conseguenza, quindi, di spreco di risorse e di attività e che la
parte, dopo una controversia spesso durata molti anni, anziché giungere alla
soluzione della stessa ha solo l’indicazione del giudice competente presso
cui iniziare, ex novo, la medesima controversia.
4) Contestualmente alla riforma del processo civile, dovrebbe essere
data attuazione alla delega per la revisione della geografia giudiziaria.
L’Avvocatura è ben conscia che l’attuale geografia giudiziaria non
risponde più, in molti casi, a reali esigenze ma costituisce, anzi, un ostacolo
al miglior funzionamento della Giustizia.
La delega per la revisione della geografia giudiziaria deve essere,
quindi, esercitata dal Governo con coraggio, superando le inevitabili
pressioni municipalistiche e localistiche che, fino ad oggi, l’hanno resa
impossibile ma, nel contempo, deve essere effettuata con attenta
ponderazione, senza rigidi automatismi e previa consultazione, anche in
questo caso, della Magistratura e dell’Avvocatura. Tale revisione dovrà
essere compiuta anche tenendo conto della informatizzazione degli uffici e
della introduzione del processo telematico.
110
5) Sempre in parallelo con la riforma del codice di rito di cui al
precedente punto 1, appare indilazionabile l’approvazione della riforma
della professione forense.
Anche la mancata approvazione di tale riforma incide infatti
negativamente sul funzionamento della giustizia ed in particolare di quella
civile, in quanto l’ormai sempre maggiore complessità dell’ordinamento e
delle fonti del diritto (non più, come solo fino a qualche decennio fa,
esclusivamente di origine statuale, ma ora anche di origine comunitaria e
regionale) richiede un avvocato ancor più e sempre più tecnicamente
preparato e, se del caso, “specializzato” e l’ipertrofia degli iscritti agli albi
richiede altresì un ulteriore innalzamento del livello e del controllo
deontologico.
6) Per quanto concerne poi la Magistratura si dovrà provvedere
all’immediata copertura dei posti vacanti; al richiamo alle funzioni
giurisdizionali di tutti i magistrati distaccati presso i ministeri ed altri enti
pubblici; ad una previsione dell’impossibilità di assumere incarichi extragiudiziali (quanto meno fino al momento in cui la Giustizia italiana non
raggiungerà un funzionamento almeno
pari a quello degli altri stati
europei) ed a un controllo sull’effettiva produttività dei magistrati e della
qualità dei loro provvedimenti, nonché della capacità dei dirigenti preposti
alla direzione degli uffici giudiziari.
7) Contestualmente, dovranno essere coperti anche i posti in pianta
organica dei cancellieri e di tutto l’altro personale ausiliario e si dovrà
procedere ad una attenta verifica anche della produttività del medesimo
personale.
111
8) Da ultimo dovrà essere completata la informatizzazione degli
uffici giudiziari e data attuazione, su tutto il territorio nazionale, all’avvio
del processo telematico.
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DOCUMENTI PERVENUTI
DALL’ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
113
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
GEOGRAFIA GIUDIZIARIA
1. Premessa
La distribuzione degli Uffici Giudiziari sul territorio è tema dibattuto nell’ambito della
politica giudiziaria fin dai primi anni 50 ma è divenuto, solo in quest’ultimo decennio, di
pressante attualità.
L’attuale assetto delle circoscrizioni giudiziarie risale al momento dell’Unità d’Italia,
ritenendosi in periodo storico importante mantenere l’assetto in essere, che di fatto
coincideva con le allora provincie.
Nel 1923 molti Tribunali, non capoluogo di provincia vennero soppressi, nell’ambito di
una riforma delle Circoscrizioni, che intendeva privilegiare la sede provinciale rispetto
alla prossimità.
I disagi furono subito immediati e le proteste popolari portarono, con la ripresa della
legalità, alla ricostituzione dei Tribunali soppressi dalla legislazione totalitaria.
Successivamente esigenze di singoli territori richiesero modifica di circondari ed
istituzioni di nuove sedi.
L’Istituzione del Giudice di Pace, del Giudice Unico con la soppressione del Pretore,
hanno portato ulteriori modifiche, senza però mai interessare in senso negativo la
dislocazione pre unitaria dei Tribunali, solo marginalmente modificata nel tempo con la
costituzione di pochi nuovi Uffici, anche a seguito delle norme sui Tribunali
Metropolitani.
Attualmente la Geografia Giudiziaria comprende 848 Uffici del Giudice di Pace, 165
Tribunali e Procure della Repubblica, 220 Sezioni distaccate di Tribunali, 29 Corti di
Appello (con 3 sezioni distaccate) e relative Procure Generali.
Il dibattito
Il dibattito sulla Geografia Giudiziaria e in particolare in quali termini pervenire ad una
nuova distribuzione è da sempre imperniato, sostanzialmente, su due aspetti: 1)
sopprimere i tribunali non capoluogo di provincia, accorpandoli a quelli aventi sede
presso il capoluogo ovvero e in aggiunta o alternativa 2) sopprimere quelli con un
numero inferiore di Magistrati in organico, rispetto ad un parametro “x” , di periodo in
periodo storico individuato come sinonimo di efficienza.
In buona sostanza la discussione politica risultava sempre indirizzata e finalizzata a
sopprimere in particolare gli uffici di prossimità, tralasciando ogni pur necessaria
indagine su ulteriori e diverse cause che rendevano altre strutture non periferiche, ben
più inefficienti; soppressione che rimetteva la sopravvivenza o meno di un ufficio a
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
criteri per così dire del tutto automatici e insindacabili e assolutamente avulsi dal
contesto territoriale.
2. La proposta OUA
Con deliberato del gennaio 2010 l’Organismo Unitario dell’Avvocatura, riprendendo
precedenti studi, quanto rassegnato in sede di audizione parlamentare l’11.6.2008 e gli
esiti del Seminario del Luglio 2008 in Bassano del Grappa proponeva un nuovo e
diverso approccio alla materia.
Dopo aver esaminato lo stato di efficienza degli uffici e rilevato come le maggiori
criticità si presentassero da un lato in molti tribunali di grandi dimensioni, per le
difficoltà insite proprio nella natura della struttura e dall’altro in gran parte delle sezioni
distaccate, per la frammentarietà della materia attribuita e per la congenita mancanza di
organici, evidenziava come una nuova e utile “Geografia Giudiziaria” doveva essere
attuata in maniera complessiva, con riferimento “a tutti gli Uffici presenti sul territorio,
siano essi del Giudice di Pace, Sezioni Staccate di Tribunale, Tribunali e Corti di
Appello”.
In tal senso richiamava i principi della legge istitutiva dei Tribunali Metropolitani.
Da queste considerazioni nasceva la proposta dell’Avvocatura, che individuava quale
cardine portante, non tanto la generalizzata soppressione fine a se stessa di Uffici,
quanto la preventiva ridistribuzione del territorio e conseguente carico di lavoro tra
presidi finitimi, così da creare, all’interno di territori legati da ragioni sociali, economiche
o addirittura storiche, situazioni il più omogenee possibili così da poter rispettare il
dettato costituzionale di una giustizia uguale per tutti, non solo nelle decisioni, ma anche
nell’accesso e nei tempi di risposta.
Precisava che tale distribuzione, per raggiungere utili risultati, doveva avvenire senza
tener conto dei confini geografici ed in particolare di quelli legati alle oramai obsolete
province, sicuramente limitativi, in un’ottica di revisione moderna e attuale.
In buona sostanza, valutato che l’attuale geografia presentava in tutto il paese Uffici di
ogni grado, già completamente organizzati e per quanto riguardava i Tribunali Minori
oltretutto in grado di fornire il miglior servizio giustizia al proprio circondario, appariva
illogico e antieconomico optare per la preventiva cancellazione, così impoverendo
irrimediabilmente sotto il profilo dei servizi e della educazione alla legalità determinati
territori, senza prima valutare la possibilità di loro implementazione.
Nei successivi dibattiti, il concetto di ridistribuzione iniziava a trovare ingresso, portando
così sul piano della discussione un nuovo e concreto argomento, che oltretutto
consentiva di coinvolgere in scelte così fondamentali per il cittadino, tutte le realtà locali
e quindi ben diverso da quello numerico o provinciale precedentemente affrontato, che
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
di fatto calava sul territorio senza possibilità alcuna di intervento, scelte avulse dalla
realtà.
Ridistribuzione che in una visione di ampio respiro doveva trovar attuazione, secondo
alcune opinioni, con inizio non tanto dal GdP ma dagli Uffici di secondo grado, anche
questi meritevoli di attenzione per le medesime ragioni di uguale accesso e risposta.
Va qui annotato che il rinnovato dibattito ha altresì consentito l’introduzione di altre
proposte anche integrative o complementari a quella dell’Oua, quale quella suggerita dal
Presidente della Corte di Appello di Torino, nel corso dell’Inaugurazione dell’Anno
Giudiziario Cons. Barbuto1 e quella sui Tribunali ad alta tecnologia2.
3. La delega per la riforma delle circoscrizioni
Mentre il dibattito cercava di delineare il campo di azione, per un razionale
adeguamento della Geografia Giudiziaria, interveniva la Legge 14 settembre 2011, n. 148
con la quale, all’art. 1, il Governo veniva delegato ad emanare, entro dodici mesi dalla
data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per riorganizzare la
distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e
1
L’esigenza di non disperdere questo patrimonio di efficienza, prossimità e cultura alla Giustizia, ben si contempera con la proposta del Presidente
della Corte di Appello di Torino,
Il Presidente Cons. Barbuto, rilevato che in base alle “Tabelle” che tutti gli Uffici debbono elaborare ogni tre anni, i Tribunali sono collegati in
gruppi geograficamente omogenei e che in sede di loro elaborazione si può prevedere, in alternativa alla supplenza, alla assegnazione congiunta,
individua nella “co-assegnazione infradistrettuale la chiave di soluzione dell’annoso problema dei tribunali minori”
Da qui la proposta operativa: ciascun ufficio oggi esistente conserverebbe la sua struttura, pianta organica, risorse umane e materiali, sede.
Un certo numero di giudici (la metà) rimarrebbe assegnato alla sede naturale in assegnazione esclusiva e la restante metà, senza per questo
diminuire l’organico della sede di appartenenza, verrebbe co-assegnata alle sedi geograficamente vicine, aumentando così l’organico di
quest’ultime.
Ciò consentirebbe di raggiungere, pur richiedendo un sacrificio per i magistrati co-assegnati, il numero ottimale di giudici per ufficio giudiziario,
evitare situazioni di incompatibilità, favorire la specializzazione..
La proposta sicuramente interessante e si inserisce positivamente nella discussione sulla razionalizzazione della Geografia Giudiziaria.
Si deve infatti in linea generale condividere un impianto riformatore, che si discosta dalla mera applicazione di dati numerici, asetticamente
estrapolati dalle realtà locali, come fin qui fatto da chi si è occupato di questo argomento, per ricercare soluzioni che mantengano il più possibile
inalterata l’attuale dislocazione degli Uffici di primo grado
2
I Tribunali c.d. “minori” hanno una funzione importante nella distribuzione della geografia giudiziaria nel territorio nazionale e la loro presenza
rappresenta un rilevante “valore” per il territorio non essendo venute meno le ragioni per le quali furono istituite
Debbono quindi continuare ad esistere assolvendo ad un ruolo ed una funzione di fondamentale importanza per l’intero sistema giudiziario.
Data la loro dimensione contenuta possono, con problemi di gran lunga minori rispetto a quelli dei Tribunali di maggiori dimensioni, strutturarsi
tecnologicamente ed informaticamente in modo da realizzare compiutamente il processo civile telematico
Divenendo “Tribunali ad Alta Tecnologia” si realizzerebbe il duplice obiettivo di accelerare i tempi di svolgimento del processo e di ridurre
drasticamente i costi di esercizio.
L’applicazione piena della tecnologia informatica nel Processo Civile Telematico (PCT), e l’attuazione degli applicativi nel campo penale
comporta, infatti, una riduzione del personale esistente prudentemente valutata del 30-40% .
La realizzazione del progetto, è a costo zero e fa raggiungere il duplice obiettivo di una forte accelerazione del processo civile e risparmio di
personale
Per far diventare questi Tribunali ad alta tecnologia, non c’è bisogno di nessun provvedimento di carattere legislativo; è sufficiente, dare piena
attuazione all’attuale normativa in tema di PCT a cominciare dalle notificazioni per finire alla sentenza passando dal deposito degli atti e documenti,
al rilascio delle copie al pagamento telematico dell’”unico” e dei diritti di Cancelleria.
L’unica attività da svolgere di persona sarebbe quella dell’udienza cui si andrebbe non portando alcun fascicolo cartaceo ma utilizzando, da parte
del Giudice il fascicolo informatico.
Ai fascicoli informatici che si formerebbero avrebbero accesso gli avvocati per i giudizi in cui sono direttamente interessati mentre magistrati e
personale di cancelleria avrebbe accesso libero a tutti i fascicoli.
Per quanto riguarda il processo civile in senso ampio, tutte le attività possono essere svolte telematicamente senza necessità di persone estranee
presenti negli Uffici Giudiziari.
A partire da una data determinata, quindi, tutte le attività dovrebbero essere svolte telematicamente e non esisterebbero più fascicoli cartacei.
I giudizi in corso proseguirebbero con fascicoli cartacei fino all’esaurimento.
Anche per il penale l’informatizzazione si è avviata in maniera concreta, attualmente sono operative alcune funzioni e cioè la richiesta di notizie di
reato ed il rilascio di copia del fascicolo (art.415 bis c.p.p.) ma altre funzioni sono in fase di concreta realizzazione .
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
incremento di efficienza, mediante la riduzione degli uffici giudiziari di primo grado del
disegno di legge.
Il provvedimento nel delineare le linee guida di attuazione, dopo aver stabilito la
necessità della presenza del tribunale in ogni capoluogo di provincia e di almeno tre in
ogni distretto di Corte d’appello, stabiliva che alla riorganizzazione degli Uffici si doveva
pervenire mediante ridistribuzione territoriale, tra uffici limitrofi della stessa area
provinciale
Introduceva poi ulteriori criteri oggettivi e omogenei quali l’estensione del territorio,
numero di abitanti, carichi e sopravvenienze, specificità territoriale, tasso di criminalità.
Introduceva poi due novità assolute: 1) la possibilità di accorpare solo le Procure,
indipendentemente dal Tribunale di riferimento, così costituendo un terzius genus di
Tribunale e 2) la necessita della presenza del Giudice di Pace solo presso la sede del
Tribunale circondariale, con possibilità per i Comuni degli Uffici soppressi, di mantenere
il servizio sul territorio, previo accollo dei relativi costi.
Veniva poi istituita apposita Commissione Ministeriale per la raccolta dei dati necessari
all’attuazione e quindi pubblicato lo schema di Decreto Legislativo recante: “Revisione
delle circoscrizioni giudiziarie – Uffici dei giudici di pace, a norma dell’articolo 1, comma
2, della legge 14 settembre 2011, n. 148” che prevede l’accorpamento o meglio la
soppressione, tra i 681 uffici non circondariali di ben 674 e il mantenimento, per il
momento dei 165 circondariali.
4.La posizione OUA sulla delega
L’ Organismo Unitario prendeva immediatamente posizione sul contenuto della delega e
sugli effetti, non tutti condivisibili, che il legiferare d’urgenza poteva portare su un
argomento così delicato e coinvolgente interessi diffusi e che proprio per questo
richiedeva, per unanime parere, una concertazione politica e territoriale.
Con rispettive delibere di Giunta e di Assemblea l’OUA, pur concordando nell’esigenza
di affrontare con speditezza le problematiche legate alla geografia giudiziaria, ribadiva
che ciò non poteva avvenire in termini settoriali o limitati solo ad alcuni Uffici, dovendo
invece comportare una ampia e complessiva disamina delle esigenze socio – economico
- territoriali di tutti gli Uffici dove si amministra Giustizia, siano essi del Giudice di Pace,
Sezioni Staccate di Tribunale, Tribunali e Corti di Appello.
Non vi è infatti dubbio che le tematiche legate alla geografia giudiziaria, così
fondamentali nel rapporto tra cittadino e giustizia ed in particolare su un rapido,
efficiente e paritetico funzionamento di tutti gli Uffici, non possono essere trattate e
decise sotto la spinta dell’emergenza e soprattutto con lo strumento della delega
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legislativa, che di per sé esclude ogni forma di contraddittorio costruttivo con le parti
coinvolte da tali sostanziali modifiche, né possono formare oggetto di soluzioni
definitive senza consultazione, discussione e dibattito tra gli operatori del settore.
In particolare si riteneva erroneo che la “riorganizzazione della distribuzione sul
territorio degli uffici giudiziari”, ai fini di una maggior efficienza e risparmio, dovesse
avere quale, criterio guida, quello indicato al punto a) della proposta governativa e cioè
la riduzione degli uffici di primo grado.
Una efficiente, attuale ed economicamente utile, riorganizzazione giudiziaria non si può
realizzare attraverso la immotivata soppressione di alcuni uffici o Tribunali solo perché
non aventi sede in capoluogo di provincia, ma piuttosto, come l’OUA aveva da tempo
indicato, attraverso la ridistribuzione sul territorio del carico di lavoro dei singoli Uffici,
con attribuzione a questi di porzione di territorio dei circondari limitrofi, creando
conseguentemente strutture il più omogenee possibile in termini di territorio,
popolazione e organici.
Quindi, pur condividendo il ricorso al criterio della ridistribuzione territoriale, si doveva
però nel contempo fortemente contrastare la decisione di assumere come area prioritaria
di intervento riequilibrativo del carico di lavoro e territoriale, quello esclusivamente
provinciale, particolarmente limitativo e penalizzante, oltre che contraddittorio in un
momento in cui la Provincia è in predicato di soppressione.
Si ribadiva pertanto la necessità, per raggiungere una ottimale distribuzione delle risorse
di superare i confini geografici provinciali per riferirsi piuttosto a quelli del distretto della
Corte d’Appello o a territori anche ultra regionali ma storicamente ed economicamente
uniti.
Criterio questo più utile per pervenire, all’interno di aree in genere omogenee, alla
migliore ridistribuzione del carico di giustizia tra gli Uffici presenti.
Principio altresì utilizzabile per le sezioni staccate, laddove non appare certo
condivisibile anteporre il principio della soppressione generalizzata a quello della
ridistribuzione e mantenimento di quei presidi che per particolarità proprie richiedono
che il processo si svolga effettivamente in loco, con contestuale attribuzione dell’intera
trattazione monocratica.
Ribadiva poi in conclusione, non come aspetto residuale, ma come principio
insopprimibile che alla revisione della geografia giudiziaria si doveva pervenire solo
dopo ampia consultazione dell'avvocatura, tramite l’OUA e il CNF, nel rispetto dei
principi del "Patto per la Giustizia" e secondo i criteri di ridistribuzione territoriale già
prospettati dall' OUA.
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La successiva pubblicazione dello schema del decreto legge relativo agli Uffici del
Giudice di Pace aumentava grandemente la preoccupazione sulle penalizzanti intenzioni
del legislatore per il mantenimento della Giustizia di prossimità.
La pressoché totale eliminazione dei presidi non circondariali, la mancanza di ogni
mitigazione conseguente all’applicazione dei criteri non numerici inseriti in delega e
l’assoluta mancanza di interrogazioni con il territorio, sono segnali particolarmente gravi
per come si intende attuare la nuova geografia; inaccettabile è poi consentire la
soppressione di uffici non per ragioni di efficienza o utilità, ma per mere ragioni
economiche.
6.La proposta finale
Naturalmente contestazione e censura non potevano essere fine a sé stesse e quindi
dopo aver evidenziato la indubbia incostituzionalità della norma e stigmatizzato l’assenza
di ogni riscontro con le realtà locali, come evidenziato dalla sola costituzione della
commissione ministeriale, che non consentiva certo di pervenire a quel progetto di
ampio respiro che l’OUA aveva prospettato e che avrebbe portato a ridistribuire più
equamente sul territorio il servizio giustizia, senza de plano sacrificare quella di
prossimità, l’OUA chiedeva che si riprendesse il dialogo, con lo spirito necessario per
raggiungere un grande ed importante obbiettivo comune, e quindi:
1) Provvedere per gradi alla ridistribuzione dei singoli Uffici, partendo per primo dai
GdP, per passare poi alle Sezioni staccate e quindi alle circoscrizioni;
2) Ogni fase dovrà essere seguita da un periodo non irrisorio di monitoraggio degli
effetti sul territorio, sui cittadini, sulle imprese della chiusura e/o accorpamento,
con rilievo degli indici reali di raggiunta maggior efficienza e risparmio rispetto a
quella preesistente
3) Passaggio alla seconda fase, solo per quegli uffici e aree ove risulti acquisito, con il
confronto delle realtà locali e a parità di organico e mezzi degli uffici interessati,
indubbi vantaggi per il cittadino, per l’impresa, per l’Amministrazione della
Giustizia e per la sicurezza dei territori contro la criminalità organizzata
4) Interpretare il criterio stabilito sub e) nel senso che l “area provinciale” non deve
intendersi rigidamente delimitata dai confini geografici delle cessate province ma
estesa anche ai “territori limitrofi”, seppur appartenenti ad altre provincie purchè
appartenenti ad un medesimo bacino di interessi socio economici
5) Privilegiare il criterio del “territorio limitrofo extraprovinciale” qualora ciò porti,
con la ridistribuzione territoriale e del carico di lavoro, migliorie agli Uffici delle
altre province di riferimento
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6) Applicare i principi della legge sui tribunali metropolitani, procedendo ad una
generale ridistribuzione territoriale, con ciò interessando Corti d’apello, Tribunali,
Sezioni distaccate e GdP avendo quale criterio direttivo, quello della creazione di
Uffici contermini di dimensioni ottimali come territorio, popolazione organici, il
più omogenei possibile.
In conclusione va poi segnalato, per quanto può interessare la Geografia, l’assoluta e
ferma contrarietà alla istituzione di tribunali speciali, come appunto tale deve
considerassi il Tribunale dell’impresa.
Anche quest’ultima innovazione legislativa sembra dettata dal comune connotato,
presente nella legge delega ed in altre disposizioni recenti, di allontanare sempre più la
giustizia dal cittadino, creando canali a diversa velocità a seconda che gli interessi da
tutelare siano di natura commerciale o meno.
Non si può nemmeno condividere che tale nuovo tribunale contribuirà ad eliminare in
tempi rapidi il contenzioso commerciale, così favorendo gli investimenti stranieri, atteso
che le materie demandate sono relative ai rapporti societari e quindi ragionevolmente
legate più a problematiche locali che a diatribe internazionali e soprattutto risultano
costituiti nell’ambito solo di alcuni uffici, che per le dimensioni proprie sono già oberati
di lavoro con ampliamento di competenze a sezioni specializzate altrettanto in difficoltà
nel decidere l’attuale contenzioso.
Se tribunale dell’impresa deve esserci, questo deve poter decidere in ogni tribunale
prevedendo, se del caso, norme ad hoc anche sommarie, che rendano più veloce la
decisone in primo.
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CONGRESSO STRAORDINARIO FORENSE
MILANO
23-24 MARZO 2012
MAGISTRATURA LAICA
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
INDICE
1)
2)
3)
4)
5)
6)
7)
Proposta OUA giudice laico;
Articolo avv. Maurizio de Tilla, Presidente OUA;
Comunicato stampa OUA 20 settembre 2011;
Nota agenzia Adnkronos 20 settembre 2011;
Articolo del quotidiano Il Sole 24 ore 3 settembre 2010
Comunicato stampa OUA 1 settembre 2010;
Intervento sul mensile Specchio economico dell’ avv. Maurizio de Tilla,
Presidente OUA;
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Proposta di progetto di legge sulla magistratura laica
approvato dall’assemblea O.U.A. del 15\16 maggio 2009
La magistratura laica
Art. 1
Disciplina della magistratura laica
1. Nel regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 dopo il Titolo II è inserito il seguente:
“Titolo III Bis
Della magistratura laica
Art. 84 bis
Magistrati laici
Per magistrato laico si intende qualunque Magistrato diverso da quello professionista
(nominato a seguito di concorso per uditore giudiziario) e quindi il termine comprende i Giudici di
Pace, i GOA ed i GOT per quanto attiene la Magistratura Laica Giudicante ed i VPO per la
Magistratura Laica Requirente.
Possono essere addetti agli uffici giudiziari di primo grado, previo decreto del Ministro della
giustizia, su conforme delibera del Consiglio superiore della magistratura, magistrati laici in numero
tale da far sì che il rapporto tra magistrato laico e processi di loro competenza di cui al successivo
art. 84 undecies e pendenti alla data del 30 giugno precedente all’entrata in vigore delle presente
legge sia pari a 1\400 relativamente agli uffici giudicanti e 1\500 relativamente agli uffici requirenti.
Con il medesimo decreto è individuato il numero di incarichi conferibili per ciascun ufficio
giudiziario.
Ai magistrati laici di cui al comma 1 sono assegnati i compiti di cui all’articolo 84-undecies
con i provvedimenti tabellari o comunque organizzativi degli uffici.
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Art. 84 ter
Concorso per magistrato laico
La nomina a magistrato laico si consegue tramite concorso per titoli ed esami.
I titoli sono stabiliti con D.M. con riferimento all’anzianità di iscrizione all’albo avvocati, di
pregresso esercizio di funzioni di giudice onorario, pubblicazioni e specializzazioni.
L’esame consiste nella discussione orale di una questione pratica di diritto civile ed un a di
diritto penale e nella redazione di una sentenza.
Nell’ambito della discussione orale il candidato deve sostenere ed argomentare una tesi
giuridica, dimostrando la padronanza di dottrina e giurisprudenza ed il possesso di una metodologia
giuridica appropriata.
Conseguono l’idoneità i candidati che ottengono in media non meno di dodici ventesimi di
punti nelle prove scritte.
Agli effetti di cui all’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, il
giudizio in ciascuna delle prove scritte e orali è motivato con l’indicazione del solo punteggio
numerico, mentre l’insufficienza è motivata con la sola formula "non idoneo".
In ogni concorso ci sarà una quota di posti, non inferiore al 20%, riservata a Magistrati onorari
in servizio.
Art. 84 quater
Requisiti per l’ammissione al concorso per esami
I requisiti per l’ammissione al concorso per esami sono i seguenti:
a) essere cittadino italiano;
b) avere l'esercizio dei diritti civili;
c) essere di condotta incensurabile (nel senso di non aver riportato né una condanna penale
definitiva a titolo di dolo, né una sanzione disciplinare non inferiore alla sospensione);
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d) possedere gli altri requisiti richiesti dalle leggi vigenti;
e) essere iscritti all’albo degli avvocati da almeno sei anni o aver espletato per il medesimo
periodo funzioni di Giudice di pace, GOT, GOA, VPO.
Qualora non si provveda alla ammissione con riserva, il provvedimento di esclusione è
comunicato agli interessati almeno trenta giorni prima dello svolgimento della prova scritta.
Art. 84 quinquies
Indizione del concorso e svolgimento della prova
Il concorso per esami di cui all’articolo 85 ter si svolge con cadenza di norma annuale in una o
più sedi stabilite nel decreto con il quale è bandito il concorso con le modalità previste per il
concorso per magistrato ordinario.
Il concorso è bandito con decreto del Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio
superiore della magistratura, che determina il numero dei posti. Con successivi decreti del Ministro
della giustizia, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, sono determinati il luogo ed il calendario di
svolgimento della prova.
Con il medesimo decreto viene nominato un comitato di vigilanza, previa delibera del
Consiglio superiore della magistratura, composto da quattro magistrati, dei quali uno che abbia
conseguito la terza valutazione di professionalità, con funzioni di presidente, e da quattro avvocati,
coadiuvato da personale amministrativo dell’area C, come definita dal contratto collettivo nazionale
di lavoro del comparto Ministeri per il quadriennio 1998-2001, stipulato il 16 febbraio 1999, con
funzioni di segreteria.
Il comitato svolge la sua attività in ogni seduta con la presenza di non meno di tre componenti.
In caso di assenza o impedimento, il presidente è sostituito dal magistrato più anziano.
Si applica ai predetti magistrati la disciplina dell’esonero dalle funzioni giudiziarie o
giurisdizionali limitatamente alla durata delle prove.
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Art. 84 sexies
Presentazione della domanda
La domanda di partecipazione al concorso per esami per magistrato laico, indirizzata al
Consiglio superiore della magistratura, è presentata o spedita, a mezzo raccomandata, entro il
termine di trenta giorni decorrente dalla data di pubblicazione del decreto di indizione nella
Gazzetta Ufficiale, al procuratore della Repubblica presso il tribunale nel cui circondario il
candidato è residente.
Non sono ammessi a partecipare al concorso i candidati le cui domande sono presentate o
spedite oltre il termine di cui al comma 1.
I candidati aventi dimora fuori del territorio dello Stato possono presentare la domanda, entro
lo stesso termine, alla autorità, consolare competente o al procuratore della Repubblica di Roma.
Art. 84 septies
Nomina a magistrato laico
I concorrenti dichiarati idonei all’esito del concorso per esami sono classificati secondo il
numero totale dei punti riportati e, nello stesso ordine, sono nominati, con decreto ministeriale,
magistrato laico, nei limiti dei posti messi a concorso.
Gli idonei non prescelti, che superano il numero dei posti messi a concorso, possono essere
utilizzati nei due anni dalla pubblicazione della graduatoria.
Art. 84 octies
Tirocinio dei magistrati laici
I magistrati laici, nominati a seguito di concorso, svolgono il periodo di tirocinio con le
modalità stabilite dal decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26.
Art. 84 nonies
Valutazione della professionalità
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Tutti i magistrati laici sono sottoposti alla medesima valutazione di professionalità previste per
i magistrati ordinari ogni quadriennio a decorrere dalla data di nomina.
Il Consiglio superiore della magistratura, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore
della presente disposizione, disciplina con propria delibera gli elementi in base ai quali devono
essere espresse le valutazioni dei consigli giudiziari, i parametri per consentire l’omogeneità delle
valutazioni, la documentazione che i capi degli uffici devono trasmettere ai consigli giudiziari entro
il mese di febbraio di ciascun anno.
In particolare disciplina:
a) i modi di raccolta della documentazione e di individuazione a campione dei provvedimenti e
dei verbali delle udienze di cui al comma 4, ferma restando l’autonoma possibilità di ogni membro
del consiglio giudiziario di accedere a tutti gli atti che si trovino nella fase pubblica del processo per
valutarne l’utilizzazione in sede di consiglio giudiziario;
b) i dati statistici da raccogliere per le valutazioni di professionalità;
c) i moduli di redazione dei pareri dei consigli giudiziari per la raccolta degli stessi secondo
criteri uniformi;
d) gli indicatori oggettivi per l’acquisizione degli elementi di cui al comma 2; per l’attitudine
direttiva gli indicatori da prendere in esame sono individuati d’intesa con il Ministro della giustizia;
e) l’individuazione per ciascuna delle diverse funzioni svolte dai magistrati, tenuto conto anche
della specializzazione, di standard medi di definizione dei procedimenti, ivi compresi gli incarichi
di natura obbligatoria per i magistrati, articolati secondo parametri sia quantitativi sia qualitativi, in
relazione alla tipologia dell’ufficio, all’ambito territoriale e all’eventuale specializzazione.
Alla scadenza del periodo di valutazione il consiglio giudiziario acquisisce e valuta:
a) le informazioni disponibili presso il Consiglio superiore della magistratura e il Ministero
della giustizia anche per quanto attiene agli eventuali rilievi di natura contabile e disciplinare, ferma
restando l’autonoma possibilità di ogni membro del consiglio giudiziario di accedere a tutti gli atti
che si trovino nella fase pubblica del processo per valutarne l’utilizzazione in sede di consiglio
giudiziario;
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b) la relazione del magistrato sul lavoro svolto e quanto altro egli ritenga utile, ivi compresa la
copia di atti e provvedimenti che il magistrato ritiene di sottoporre ad esame;
c) le statistiche del lavoro svolto e la comparazione con quelle degli altri magistrati del
medesimo ufficio;
d) gli atti e i provvedimenti redatti dal magistrato e i verbali delle udienze alle quali il
magistrato abbia partecipato, scelti a campione sulla base di criteri oggettivi stabiliti al termine di
ciascun anno con i provvedimenti di cui al comma 3, se non già acquisiti;
e) gli incarichi giudiziari ed extragiudiziari con l’indicazione dell’impegno concreto che gli
stessi hanno comportato;
f) il rapporto e le segnalazioni provenienti dai capi degli uffici e dal Consiglio Distrettuale
dell’Ordine, i quali devono tenere conto delle situazioni specifiche rappresentate da terzi, sempre
che si riferiscano a fatti specifici incidenti sulla professionalità, con particolare riguardo alle
situazioni eventuali concrete e oggettive di esercizio non indipendente della funzione e ai
comportamenti che denotino evidente mancanza di equilibrio o di preparazione giuridica. I rapporti
del capo dell’ufficio e del consiglio dell’ordine distrettuale degli avvocati sono trasmessi al
consiglio giudiziario dal presidente della corte di appello o dal procuratore generale presso la
medesima corte, titolari del potere-dovere di sorveglianza, con le loro eventuali considerazioni e
quindi trasmessi obbligatoriamente al Consiglio superiore della magistratura.
Il consiglio giudiziario può assumere informazioni su fatti specifici segnalati da suoi
componenti o dai dirigenti degli uffici o dai consigli dell’ordine degli avvocati, dando tempestiva
comunicazione dell’esito all’interessato, che ha diritto ad avere copia degli atti, e può procedere alla
sua audizione, che è sempre disposta se il magistrato ne fa richiesta.
Sulla base delle acquisizioni di cui ai commi 4 e 5, il consiglio giudiziario formula un parere
motivato che trasmette al Consiglio superiore della magistratura unitamente alla documentazione e
ai verbali delle audizioni.
Il magistrato, entro dieci giorni dalla notifica del parere del consiglio giudiziario, può far
pervenire al Consiglio superiore della magistratura le proprie osservazioni e chiedere di essere
ascoltato personalmente.
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Il Consiglio superiore della magistratura procede alla valutazione di professionalità sulla base
del parere espresso dal consiglio giudiziario, di quello espresso dal Consiglio Distrettuale
dell’Ordine degli Avvocati e della relativa documentazione, nonché sulla base dei risultati delle
ispezioni ordinarie; può anche assumere ulteriori elementi di conoscenza.
Il giudizio di professionalità è "positivo" quando la valutazione risulta sufficiente in relazione a
ciascuno dei parametri di cui al comma 2; è "non positivo" quando la valutazione evidenzia carenze
in relazione a uno o più dei medesimi parametri; è "negativo" quando la valutazione evidenzia
carenze gravi in relazione a due o più dei suddetti parametri o il perdurare di carenze in uno o più
dei parametri richiamati quando l’ultimo giudizio sia stato "non positivo".
Se il giudizio è "non positivo", il Consiglio superiore della magistratura procede a nuova
valutazione di professionalità dopo un anno, acquisendo un nuovo parere del consiglio giudiziario;
in tal caso il nuovo trattamento economico o l’aumento periodico di stipendio sono dovuti solo a
decorrere dalla scadenza dell’anno se il nuovo giudizio è "positivo". Nel corso dell’anno
antecedente alla nuova valutazione non può essere autorizzato lo svolgimento di incarichi
extragiudiziari.
Se il giudizio è "negativo" il magistrato laico è dispensato dal servizio.
Prima delle audizioni di cui al commi 7 il magistrato deve essere informato della facoltà di
prendere visione degli atti del procedimento e di estrarne copia. Tra l’avviso e l’audizione deve
intercorrere un termine non inferiore a sessanta giorni. Il magistrato ha facoltà di depositare atti e
memorie fino a sette giorni prima dell’audizione e di farsi assistere da un altro magistrato nel corso
della stessa. Se questi è impedito, l’audizione può essere differita per una sola volta.
La valutazione di professionalità consiste in un giudizio espresso, ai sensi della normativa
vigente dal Consiglio superiore della magistratura con provvedimento motivato e trasmesso al
Ministro della giustizia che adotta il relativo decreto.
Art. 84 decies
Incompatibilità, cause di cessazione, decadenza e revoca
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Le incompatibilità, le cause di cessazione, decadenza e revoca, i diritti ed i doveri per il
Magistrato laico sono gli stessi previsti dalla legge per il Magistrato ordinario.
Art.84 undecies
Funzioni dei magistrati laici
I Magistrati laici sono divisi in due ruoli separati:
a) addetti a funzioni giudicanti civili e penali;
b) i vice procuratori laici.
Sono addetti alle loro funzioni in una o più delle articolazioni territoriali dell’ufficio con
provvedimento del capo dell’ufficio sulla base dei criteri indicati nei provvedimenti tabellari o nei
provvedimenti di organizzazione dell’ufficio.
I criteri generali per la predisposizione dei provvedimenti di cui al comma precedente sono
fissati dal Consiglio superiore della magistratura, tenendo conto in particolare:
Per i magistrati laici giudicanti:
a) che nell’ambito delle funzioni penali i giudici laici possono essere adibiti a funzioni
monocratiche, fatta, altresì, eccezione per le funzioni di giudice singolo per le indagini e per
l’udienza preliminare. Possono essere adibiti solo alla trattazione dei procedimenti relativi alla
giustizia di pace, di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b) del decreto legislativo, nonché alla
trattazione dei reati di cui all’articolo 550, comma 1, del codice di procedura penale con esclusione
dei procedimenti previsti dall’articolo 407, comma 2, del codice di procedura penale e dei delitti e
contravvenzioni di cui all’articolo 34 della legge 24 novembre 1981, n. 689, puniti con pena
detentiva anche congiunta con pena pecuniaria;
b) che nell’ambito delle funzioni civili di primo grado, i giudici laici siano addetti solo alla
trattazione di cause relative alla giustizia di pace, vale a dire relative a beni mobili di valore non
superiore a € 25.000,00 di cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e di
natanti di valore non eccedente i 50.000,00 euro, di cause relative all’apposizione di termini ed
all’osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al
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piantamento degli alberi e delle siepi, di cause relative alla misura ed alle modalità d'uso dei servizi
di condominio di case, di cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a
civile abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e
simili propagazioni che superino la normale tollerabilità, di cause di opposizione alle ingiunzioni di
cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689, in materia di circolazione stradale, di cause di cui
all’articolo 75, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309;
c) che gli stessi possano, altresì, in relazione al carico di lavoro dell’ufficio, essere incaricati
anche della trattazione dei procedimenti di cui al regolamento 861/2007 UE dell’11 luglio 2007 e di
altre controversie di valore inferiore a cinquantamila euro, con esclusione di quelle che riguardino
materia di lavoro, previdenza ed assistenza, fallimentare, famiglia, stato e capacità delle persone,
separazione personale dei coniugi o scioglimento del matrimonio, di responsabilità professionale,
diffamazione a mezzo stampa, marchio e brevetto, diritto d’autore, divisione, successione, querela
di falso, società, impugnazione dei provvedimenti concernenti la disciplina dell’immigrazione,
opposizioni avverso i provvedimenti delle autorità indipendenti e della Banca d’Italia (anche se
rientranti nella competenza del Giudice Ordinario di primo grado), esecuzione di contratti di appalto
pubblico, elettorale, diritto della navigazione e in tutti i procedimenti relativi a diritti indisponibili.
d) della necessità che possano essere incaricati, in caso di assenza o impedimento, della
sostituzione di magistrati ordinari, per un periodo non superiore ad un anno, sia nelle funzioni
monocratiche sia in quelle collegiali, in quest’ultimo caso in misura non eccedente una singola unità
e mai per la sostituzione del presidente. Non costituisce impedimento la situazione del magistrato
ordinario che abbia un carico di lavoro eccedente la media nazionale o lo svolgimento di incarichi
previsti dalla legge o l’impegno in una attività di carattere eccezionale o straordinaria attestata dal
capo dell’ufficio.
Possono, altresì, essere applicati, per periodi non superiori a sei mesi consecutivi, presso altri
uffici del distretto.
Per i magistrati laici inquirenti:
nell’ambito delle funzioni di sostituto procuratore della repubblica onorario possono essere
delegati a rappresentare l’accusa nella udienza dibattimentale o camerale e per i procedimenti aventi
ad oggetto reati di cui alla lettera a), con esclusione di quelli nei quali sia stato eseguito un arresto o
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fermo da parte della polizia giudiziaria o di quelli nei quali insorga la necessità di richiedere una
misura cautelare personale o reale, fatta eccezione per i giudizi direttissimi; possono trattare i
procedimenti in cui debbano essere richiesti o adottati provvedimenti di sequestro probatorio previo
visto del procuratore della repubblica sulla richiesta o sul provvedimento; non possono richiedere o
emettere i provvedimenti di cui agli articoli 254, 255, 267, 384, comma 1, 388, 389, 390 del codice
di procedura penale né essere delegati a prendere parte alla udienza di cui all’articolo 391 del
predetto codice; possono essere delegati per i procedimenti in camera di consiglio di cui all’articolo
127 del codice di procedura penale, salvo quanto previsto dalla lettera b), nei procedimenti di
esecuzione ai fini dell’intervento di cui all’articolo 655, comma 2, del medesimo codice, e nei
procedimenti di opposizione al decreto di pagamento di cui all’articolo 170 del decreto del
Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115; possono essere delegati a richiedere
l’emissione del decreto penale di condanna ai sensi degli articoli 459, comma 1, e 565 del codice di
procedura penale.
Del procedimento disciplinare
Art. 84 duodecies
Procedimento disciplinare
Ai Magistrati laici si applicano il procedimento disciplinare e le sanzioni previste per i
magistrati ordinari.
La sezione disciplinare del CSM acquisisce un parere del Consiglio dell’Ordine Distrettuale
degli avvocati nel cui distretto esercita le funzioni il giudice laico.
Art 2
Istituzione del Tribunale ordinario di primo grado
A decorrere dal 90° giorno successivo all’entrata in vigore della presente legge gli uffici del
giudice di pace sono trasformati in articolazioni del tribunale ordinario di primo grado e le relative
competenze sono trasferite ai tribunali ordinari di primo grado nel cui circondario sono insediati con
le seguenti modalità.
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Ai procedimenti penali e civili pendenti innanzi agli uffici del giudice di pace alla data di
entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi le disposizioni previste dagli articoli
da 311 a 322 del codice di procedura civile e quelle previste dal decreto legislativo 28 agosto 2000,
n. 274 per i procedimenti penali;
Per tutte le decisioni emanate dal soppresso ufficio del giudice di pace, per le quali non pende
appello alla data di entrata in vigore della presente legge la impugnazione si effettua dinanzi alla
corte di appello secondo le ordinarie regole di competenza.
I procedimenti pendenti in grado di appello dinanzi al tribunale ordinario alla data di entrata in
vigore della presente legge sono trattati esclusivamente da magistrati ordinari;
Gli incarichi conferiti ai giudici di pace, ai giudici onorari di tribunale e ai vice procuratori
onorari sono trasformati nel nuovo incarico di magistrato laico con durata quadriennale dalla data di
entrata in vigore della presente legge, con le modalità di cui al successivo articolo 4.
Nella elaborazione dei provvedimenti tabellari relativamente alla organizzazione della
magistratura laica i consigli giudiziari acquisiscono il parere della Regione interessata e del
Consiglio dell’Ordine Distrettuale, che devono essere resi entro sessanta giorni dalla richiesta.
A decorrere dall’entrata in vigore della presente legge cessano gli incarichi conferiti ai giudici
onorari aggregati di cui alla legge 22 luglio 1997, n. 276 e sono soppresse le sezioni stralcio.
Il personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie assegnato agli uffici del giudice di pace, i
beni e le dotazioni strumentali degli uffici stessi entrano a far parte del tribunale nel cui circondario
si trovano a decorrere dal l’entrata in vigore della presente legge ed in prima applicazione è
assegnato alla articolazione territoriale del tribunale ordinario di primo grado corrispondente a
quella ove prestava servizio. Resta salvo quanto previsto dall’articolo 6 del decreto legislativo 16
marzo 1992, n. 267.
Art. 3
Norme transitorie
Sino al completamento, tramite appositi concorsi, dell’organico di cui all’art. 1 della presente
legge, gli incarichi di magistrato laico (a seguito di trasformazione di incarichi di giudici di pace, di
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giudici onorari di tribunale e di vice procuratori onorari) sono rinnovabili quadriennalmente, previa
valutazione del Consiglio superiore della magistratura, per non più di tre volte, salva la cessazione
per limiti di età, che è fissata: a) in settantacinque anni per coloro che hanno superato i sessantotto
anni, alla data di entrata in vigore della presente legge; b) in settanta anni per coloro che hanno
un’età compresa tra i sessanta ed i sessantasette anni, c) in sessantacinque anni per coloro che hanno
meno di sessanta anni.
Le valutazioni in vista dei rinnovi quadriennali degli incarichi di cui ai commi 1 e 2 sono
operate in base ai criteri ed agli elementi di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 5 aprile 2006,
n. 160.
In fase di prima applicazione del presente articolo tutti magistrati onorari in servizio di cui ai
commi 1 e 2 sono sottoposti a valutazione straordinaria di professionalità entro tre anni dalla entrata
in vigore della presente legge sulla base degli elementi di cui al comma 3 ed in caso di valutazione
negativa è disposta la cessazione dall’incarico.
La pubblicazione di bandi per il conferimento di incarichi di magistrato onorario e le nuove
nomine di giudici di pace, sono sospese fino al 31 dicembre 2009. Sono revocati tutti i bandi già
pubblicati alla data di entrata in vigore della presente legge.
In deroga a quanto innanzi previsto, i procedimenti disciplinari pendenti a carico dei giudici di
pace nei quali è già stata operata la contestazione dell’illecito disciplinare continuano ad essere
regolati dalle norme della legge 21 novembre 1991, n. 374, ma si applicano gli articoli 84-terdecies,
84-quaterdecies, 84-quinquiesdecies, 84-sexdecies, 84-septiesdecies, comma terzo, del regio
decreto 30 gennaio 1941, n. 12, se più favorevoli.
Art. 4
Indennità dei magistrati laici
Ai magistrati laici di cui alla presente legge spetta una retribuzione corrispondente
all’emolumento minimo spettante al magistrato ordinario, oltre i contributi previdenziali.
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La retribuzione prevista dal presente articolo è cumulabile con i trattamenti pensionistici e di
quiescenza comunque denominati ed è assimilata, a fini fiscali e previdenziali, ai redditi di lavoro
dipendente.
Art. 5
La copertura finanziaria necessaria per la presente legge rinviene dal risparmio di spesa
conseguente alla riduzione delle condanne dello stato al risarcimento per la durata dei processi.
L’eventuale integrazione necessaria sarà finanziata con l’utilizzo dei proventi rinvenienti
dall’acquisizione delle somme versate dai privati in relazione al servizio giustizia (contributo
unificato, spese di giudizio, imposta di registro sulle sentenze, etc.).
Il Coordinatore della Commissione
Ordinamento giudiziario
Il Presidente O.U.A.
(avv. Maurizio de Tilla)
(prof. avv. Giuseppe Chiaia Noya)
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RIFORMA DELLA MAGISTRATURA ONORARIA. AUSPICABILE UNA
LEGGE DELEGA
Sono state preannunciate le audizioni della Commissione Giustizia del Senato sui
quattro disegni legge presentati dai senatori Valentino (n. 2080), Maritati (n. 897),
Berselli e Mugnai (n. 2359) e Peretti e Perduca (n. 127).
Il progetto Valentino (ampio e articolato) prevede una disciplina organica della
magistratura onoraria, che si è ispirata ai risultati conseguiti dalla Commissione
istituita presso il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma.
Il testo Valentino è finalizzato a valorizzare e ottimizzare l’impiego professionale dei
magistrati onorari con il pieno riconoscimento della natura professionale dell’attività
lavorativa, la fisiologica possibilità di impiego ottimale della «forza-lavoro»
attualmente in servizio ed il contestuale impatto positivo sull’abbattimento
dell’arretrato giudiziario.
Il magistrato onorario, secondo il disegno di legge Valentino, è un avvocato
specializzato che esercita la professione al servizio dello Stato nella veste di giudice
di pace o di vice procuratore onorario con doveri e diritti tassativamente delineati.
Nella proposta di legge i giudici onorari di tribunale verrebbero assorbiti
gradualmente nei giudici di pace con contestuale allargamento della competenza
giurisdizionale attribuita a questi ultimi.
In questa ottica l’ufficio del Giudice di pace potrebbe diventare una «sezione
specializzata del tribunale » ed il Giudice di pace stesso una sorta di «super-GOT»
con maggiore flessibilità di impiego.
Per i Vice Pretori onorari, invece, si potrebbe ipotizzare la possibilità di applicazione
anche per le attività di ufficio nei limiti dell’attuale competenza e la possibilità, per
quelli in servizio da almeno un quadriennio, di essere impiegati anche per le udienze
celebrate davanti al tribunale collegiale.
La soluzione prospettata avrebbe il pregio di consentire una radicale riorganizzazione
dell’ufficio del pubblico ministero con l’introduzione degli avvocati dell’accusa,
destinati
a svolgere la propria attività professionale esclusivamente al servizio della Procura
della Repubblica.
Per quanto concerne il profilo retributivo – funzionale la proposta Valentino indica
quelli che sono i diritti e i doveri del professionista chiamato a svolgere le funzioni
giudiziarie onorarie: obbligo di garantire la presenza in ufficio o in udienza per un
determinato numero di giorni con il riconoscimento contestuale di una indennità fissa
previdenziale omogenea per tutte le figure di magistrato onorario: dunque, indennità
elargibile anche in periodi di maternità o di malattia; attribuzione di una indennità
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variabile in ragione della quantità e qualità del lavoro effettivamente svolto;
eventuale regime di incompatibilità distrettuale con l’esercizio della professione;
previsione di un obbligo di formazione continua ed infine attribuzione di una quota
fissa di posti riservati nel concorso in magistratura e non diversamente assegnabili.
Per quanto attiene, poi, alla previdenza l’elenco speciale comporterebbe l’iscrizione
automatica alla Cassa forense di tutti i magistrati onorari e la possibilità di una
disciplina del trattamento previdenziale uniforme per tutta la categoria.
Di segno parzialmente diverso è il progetto Maritati che si muove lungo tre direttrici.
La prima consiste nella creazione di uno status unitario dei magistrati onorari
accentuandone la professionalità mediante un sistema di selezione e aggiornamento
professionale
permanente, unito ad un rigoroso sistema di valutazione dell’attività svolta, alla
previsione di limiti alla rinnovabilità dell’incarico, alla introduzione di un sistema
complesso di incompatibilità e ad una valutazione quadriennale che può concludersi
ogni volta con l’esonero del magistrato onorario che abbia tenuto un comportamento
o svolto la sua attività in modo non adeguato, oltre che alla compiuta individuazione
dei procedimenti che possono essere svolti dalla magistratura onoraria e delle attività
processuali e di indagine che il Procuratore della Repubblica può delegare ai sensi del
decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106. Al completamento ed alla compiuta
definizione dello status costituisce un corollario necessario la definizione di un
sistema disciplinare completo che sia in grado da un lato di individuare le ipotesi di
illecito disciplinare, le sanzioni applicabili ed il procedimento di accertamento della
responsabilità e di adozione dei relativi procedimenti, e dall’altro di assicurare la
reale partecipazione dell’incolpato ed il diritto di difesa.
La seconda consiste nella creazione del tribunale ordinario come unica autorità
giudiziaria di primo grado, all’interno del quale vengono assorbite le competenze
attualmente attribuite agli uffici del giudice di pace. Tale soluzione consente di
evitare la duplicazione di uffici in circa 400 realtà – nelle città sede di circondario e
nelle città in cui hanno sede sezioni distaccate del tribunale verrebbe ad esistere
un’unica struttura direttiva – mentre i restanti uffici del giudice di pace rimarrebbero,
seppure trasformati, in sedi decentrate del tribunale in cui può essere
trattata unicamente una parte del contenzioso dell’ufficio di primo grado. Per effetto
della introduzione dell’ufficio unico di primo grado, le attività e la utilizzazione di
tutti i magistrati, ordinari e onorari, divengono, anche come sede, tabellari o
comunque oggetto
dei provvedimenti di organizzazione che tengono conto della esigenza della
conservazione della giustizia di pace prevista dall’articolo 106 della Costituzione,
concorrendo in
questo modo ad ottimizzare le prestazioni potendo ciascuno essere addetto a più sedi
in relazione alle concrete necessità. Al tempo stesso la dimensione circondariale, che
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viene a costituire la dimensione minima di ciascun ufficio, consente di meglio far
fronte alle concrete esigenze anche amministrative e di personale di ogni realtà
distaccata o decentrata, essendo emerso che la capacità di garantire standard di
definizione elevati è sempre connessa, anche per la specializzazione interna che
consente, a dimensioni medio grandi degli uffici stessi.
La terza consiste nella individuazione di una organizzazione in grado di aggredire
l’arretrato formatosi negli uffici giudiziari sia nel settore civile che in quello penale,
utilizzando nella definizione di tale contenzioso anche la magistratura onoraria sulla
base di progetti di definizione che tengano conto anche della tipologia di contenzioso
cui gli stessi possono essere addetti, introducendoli nella organizzazione delle sezioni
e coinvolgendoli nelle riunioni di coordinamento e di verifica degli orientamenti
giurisprudenziali cui attendono i presidenti di sezione negli uffici giudicanti ed i
procuratori aggiunti in quelli requirenti.
Di limitata portata è il disegno di legge Peretti e Perduca che prevede solo l’aumento
del valore fino a 16.000 della competenza generale del giudice di pace. Si aggiunge la
previsione legislativa che davanti al giudice di pace le parti possono stare in giudizio
personalmente (norma da cui mi sento di dissentire).
I più ampi progetti di legge Valentino e Maritati – all’esame della Commissione
Giustizia del Senato – hanno alcune analogie ma si ispirano a diverse impostazioni
che non è facile conciliare. Una cosa è comunque certa: lo strumento legislativo della
legge delega ci sembra quello che può garantire i migliori risultati. In tal senso va
accolto con favore il disegno di legge n. 2359 d’iniziativa dei senatori Berselli e
Mugnai che prevede la delega al Governo fissando principi e criteri direttivi (da
ampliare e modificare) cui si dovranno attenere i decreti legislativi da emanare.
Tra i principi e criteri direttivi è anzitutto prevista la creazione di uno status unitario
dei magistrati onorari (proposta analoga al progetto Maritati) tale da assorbire i
giudici onorari di tribunale nei giudici di pace (che preferiamo chiamare giudici laici,
comprendendo anche got e vice procuratori onorari), con un’adeguata remunerazione
che comprenda la parte previdenziale. Ottima è la istituzione di un autonomo organo
di autogoverno per la magistratura laica con poteri disciplinari.
Nei principi direttivi potrà prendersi in considerazione il progetto OUA che prevede
forte selezione nell’accesso, intenso e prolungato tirocinio e rigorose incompatibilità,
che – esse sole – possono accompagnare l’aumento e l’estensione delle competenze
per materia e per valore.
L’obiettivo complessivo è individuare una componente laica che, con nomine e
conferme affidate a criteri meritocratici, possa svolgere la stessa funzione dei giudici
per determinate materie. La meritocrazia si può perseguire solo prevedendo un
accesso selettivo, anche con esami di ingresso. Entrato nella magistratura laica il
giudice deve essere adeguatamente retribuito e deve essere a lui garantito una tutela
previdenziale e assistenziale.
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Per garantire la qualità del lavoro dei giudici laici l’accesso all’esame-concorso
dovrebbe essere limitato agli addetti ai lavori: avvocato iscritto all’ordine da non
meno di sei anni o che abbia svolto funzioni di giudice onorario per pari periodo.
La scelta di valorizzare la professionalità rinveniente dall’espletamento della
professione forense è chiaramente diretta ad evitare che si ritrovino a giudicare o a
svolgere attività requirente neolaureati in giurisprudenza che non abbiano mai avuto
effettiva e concreta contezza dell’attività giudiziaria. Naturalmente, si fa salva la
posizione di coloro che, indipendentemente dalla “professione di provenienza”,
abbiano già acquisito esperienza giudiziaria con precedenti incarichi, nella
consapevolezza (peraltro valida anche per gli avvocati) che eventuali carenze possano
essere verificate periodicamente in sede di “valutazione della professionalità”.
Una buona riforma non può prescindere dalla previsione di un controllo costante
della professionalità dei giudici laici che possa essere assicurata con valutazioni
periodiche. Il procedimento disciplinare va, poi, ancorato in tutto e per tutto al
procedimento previsto per i magistrati togati.
Sotto il profilo deontologico appare inoltre necessario dare maggiore rilevanza ai
Consigli dell’Ordine forense. Bisogna, altresì, evitare qualsiasi commistione di
esercizio di professione e di espletamento di attività giurisdizionale che, anche sotto
l’apparente espletamento in differenti distretti giudiziari (spesso vicini), creano non
poco imbarazzo tra gli addetti ai lavori e non contribuiscono certo alla limpidezza
della figura del magistrato laico rispetto alla collettività dei fruitori del servizio
giustizia.
Inoltre, ben possono essere affidate, nella prima fase processuale, funzioni di
mediaconciliazione ai giudici laici, senza costi aggiuntivi per i cittadini e senza ritardi
nell’accesso alla giustizia.
In conclusione, bisogna prendere doverosamente atto che la Commissione Giustizia
del Senato intende procedere con celerità all’esame dei progetti di legge sulla
magistratura onoraria. Speriamo che si giunga nei tempi rapidi a riformare un settore
vitale per la giustizia anche per lo smaltimento dell’arretrato delle pendenze
giudiziarie.
Maurizio de Tilla
(Presidente OUA)
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COMUNICATO STAMPA
SENATO, L’OUA OGGI ASCOLTATA IN COMMISSIONE GIUSTIZIA DEL
SENATO
RIFORMA DELLA MAGISTRATURA ONORARIA. AUSPICABILE UNA
LEGGE DELEGA
DE TILLA, OUA: PROSPETTIVE POSITIVE PER LA RIFORMA DELLA
MAGISTRATURA LAICA (ONORARIA) E PER UN MIGLIOR
FUNZIONAMENTO DELLA GIUSTIZIA CIVILE - PREFERIBILE UNA
LEGGE DELEGA Una delegazione dell’Organismo Unitario dell’avvocatura-Oua, composta dal
componente di Giunta, Agostino Maione, dal Coordinatore Commissione OUA
Diritto Amministrativo, Antonino Galletti, dai componenti dell’Assemblea Oua,
Gaetano Amoroso e Paolo Maldari, è stata ascoltata questa mattina alle 11,00 dalla
Commissione Giustizia del Senato. L’Oua ha illustrato le proposte dell’avvocatura
sulla riforma della magistratura laica (onoraria) e posto diverse osservazioni sui
disegni di legge sulla materia..
A tal proposito il Presidente dell’OUA, Maurizio de Tilla, ha espresso una positiva
valutazione del lavoro della Commissione Giustizia del Senato: «Finalmente – ha
sottolineato - si intende procedere con celerità all’esame dei progetti di legge sulla
magistratura onoraria. Speriamo che si giunga nei tempi rapidi a riformare un settore
vitale per la giustizia anche per lo smaltimento dell’arretrato delle pendenze
giudiziarie».
«Il metodo della legge delega – spiega, quindi, de Tilla - ci sembra quello che può
garantire i migliori risultati. In tal senso va accolto con favore il disegno di legge n.
2359 d’iniziativa dei senatori Berselli e Mugnai che prevede la delega al Governo
fissando principi e criteri direttivi cui si devono attenere i decreti legislativi da
emanare».
Per il presidente Oua «tra i principi e criteri direttivi è anzitutto prevista la creazione
di uno status unitario dei magistrati onorari tale da assorbire i giudizi onorari di
tribunale nei giudici di pace (che preferiamo chiamare giudici laici, includendo got e
vice procuratori onorari), con un’adeguata remunerazione che comprenda la parte
previdenziale. Ottima è la istituzione di un autonomo organo di autogoverno per la
magistratura laica con poteri disciplinari».
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Le richieste dell’Oua sono chiare anche per quanto riguarda il nodo della qualità, de
Tilla chiede, infatti, che «selezione nell’accesso, tirocinio prolungato e rigorose
incompatibilità possono accompagnare un aumento delle competenze per materia e
per valore. Accanto alla magistratura togata si può ben individuare una componente
laica che, con nomine e conferme affidate a criteri selettivi e meritocratici, possa
svolgere la stessa funzione dei giudici togati per determinate materie».
«Invece che affidarsi alla mediaconciliazione obbligatoria o a strumenti
extraprocessuali di dubbia efficacia e legittimità – conclude il presidente Oua - ben
possono essere affidate – nella prima fase processuale – funzioni conciliative ai
giudici laici, senza costi aggiuntivi per i cittadini e senza ritardi nell’accesso alla
giustizia».
Roma, 20 settembre 2011
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ADNKRONOS
Giustizia: OUA, legge delega per riforma magistratura onoraria
DELEGAZIONE ASCOLTATA IN COMMISSIONE SENATO
Roma, 20 set. (Adnkronos) - L'auspicio di una legge delega per la riforma della magistratura
onoraria, ritenuta 'un settore vitale per la giustizia anche per lo smaltimento dell'arretrato
delle pendenze giudiziarie' e' stato espresso dalla delegazione dell'Oua, l'Organismo unitario
dell'avvocatura, ascoltata questa mattina dalla Commissione Giustizia del Senato.
La delegazione, composta dal componente di Giunta, Agostino Maione, dal coordinatore
commissione Diritto amministrativo, Antonino Galletti, dai componenti dell'assemblea,
Gaetano Amoroso e Paolo Maldari, ha illustrato le proposte dell'avvocatura e ha diverse
osservazioni sui disegni di legge sulla materia. 'Finalmente - commenta il presidente dell'Oua,
Maurizio de Tilla - si intende procedere con celerita' all'esame dei progetti di legge sulla
magistratura onoraria'. 'Il metodo della legge delega sembra quello che puo' garantire i
migliori risultati - spiega - In tal senso va accolto con favore il disegno di legge n. 2359
d'iniziativa dei senatori Berselli e Mugnai che prevede la delega al Governo fissando principi
e criteri direttivi cui si devono attenere i decreti legislativi da emanare'.
Per il presidente Oua 'tra i principi e criteri direttivi e' anzitutto prevista la creazione di uno
status unitario dei magistrati onorari tale da assorbire i giudizi onorari di tribunale nei
giudici di pace (che preferiamo chiamare giudici laici, includendo got e vice procuratori
onorari), con un'adeguata remunerazione che comprenda la parte previdenziale. Ottima osserva De Tilla - e' l'istituzione di un autonomo organo di autogoverno per la magistratura
laica con poteri disciplinari».
Le richieste dell'Oua sono chiare anche per quanto riguarda il nodo della qualita'. De Tilla
chiede, infatti, che 'selezione nell'accesso, tirocinio prolungato e rigorose incompatibilita'
possono accompagnare un aumento delle competenze per materia e per valore. Accanto alla
magistratura togata si puo' ben individuare una componente laica che, con nomine e
conferme affidate a criteri selettivi e meritocratici, possa svolgere la stessa funzione dei giudici
togati per determinate materie'.
'Invece che affidarsi alla mediaconciliazione obbligatoria o a strumenti extraprocessuali di
dubbia efficacia e legittimita' - conclude il presidente Oua - ben possono essere affidate, nella
prima fase processuale, funzioni conciliative ai giudici laici, senza costi aggiuntivi per i
cittadini e senza ritardi nell'accesso alla giustizia'.
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COMUNICATO STAMPA
L’OUA INVIA AL MINISTRO ALFANO LE PROPOSTE DEGLI AVVOCATI
SULLA RIFORMA DELLA MAGISTRATURA ONORARIA
GIUSTIZIA, SULLE SPALLE DELLA MAGISTRATURA ONORARIA
OLTRE IL 40% DEL CONTENZIOSO CIVILE
RIBADITE LE RAGIONI DI OPPOSIZIONE ALLA MEDIACONCILIAZIONE OBBLIGATORIA. DE TILLA CONFERMA LO STATO
DI AGITAZIONE E IL CALENDARIO DI INIZIATIVE
DI PROTESTA
L’ Organismo Unitario dell’Avvocatura Italiana con una lettera inviata oggi al
Ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ha illustrato una proposta articolata (un
Decalogo che verrà reso pubblico domani) per una riforma organica della
macchina giudiziaria e della “magistratura onoraria”. Nella missiva si ribadiscono
le ragioni di opposizione dell’avvocatura alla mediaconciliazione obbligatoria (di
seguito la scheda) e si conferma il calendario di iniziative di protesta e lo stato di
agitazione.
LA PROPOSTA DI RIFORMA DELLA MAGISTRATURA ONORARIA:
PER UN GIUDICE LAICO
L’attività svolta dagli avvocati come giudici laici ha dato un notevole contributo
allo smaltimento dei processi. Il numero dei magistrati onorari ha superato le
11.000 unità su un numero complessivo di 20.000 giudici. In concreto, la
magistratura onoraria si occupa di quasi il quaranta per cento del contenzioso
civile. «L’Oua – ha spiegato il presidente Maurizio de Tilla - si è più volte
interessato alle problematiche del giudice laico formulando orientamenti di indirizzo
legislativo che si appuntano su alcune fondamentali indicazioni. Anzitutto abbiamo
chiesto che vengano unificate in un unico soggetto giuridico le diverse tipologie di
giudice laico attualmente esistenti nell’ordinamento giudiziario. E allo stesso tempo
si garantisca pari dignità tra magistratura laica e magistratura togata, sia sul piano
dell’inquadramento giuridico sia sotto il profilo del trattamento economico e
previdenziale. Sotto l’aspetto istituzionale va garantita l’autonomia e l’indipendenza,
oltre che l’effettiva terzietà del giudice laico. Appare inoltre opportuna la previsione
di un accesso più rigoroso dopo un periodo di obbligatoria formazione professionale
con specifico tirocinio. Va, inoltre, assicurato con meccanismi rigidi il controllo sulle
incompatibilità da effettuarsi da un soggetto collegiale nel quale sia presente una
nutrita rappresentanza degli ordini forensi. Nell’ambito del sistema delle
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incompatibilità sembra appropriata la esclusione di coloro che svolgono o abbiano
svolto, direttamente o indirettamente, nei tre anni precedenti attività professionale per
conto di imprese di assicurazione o bancarie, ovvero per istituti o società di
intermediazione finanziaria. Non è, inoltre, da scartare la previsione di un’ipotesi
(incentivata) di esclusione di qualsiasi attività professionale per tutto il periodo
dell’esercizio della funzione giudiziaria. «Va chiarito – aggiunge - che l’Avvocatura
da sempre nutre perplessità non sulla magistratura laica, ma sul modo in cui la stessa
viene normata e organizzata. Tanto più quando – come è oggi – la magistratura laica
svolge un ruolo insostituibile occupandosi di una larga fetta del contenzioso civile e
penale. Il cittadino ha diritto ad una giustizia non solo rapida, ma anche equa ed
efficace e gestita da professionisti selezionati e preparati». Per ottenere questo
obiettivo l’OUA ritiene che la Magistratura laica debba essere regolamentata in
maniera uniforme, dotata di forte professionalità, assoggettata ad un unico adeguato
sistema retributivo e previdenziale, e debba infine comprendere tutte le figure
attualmente esistenti. «Di fronte ad una proposta rigorosa ed efficace formulata
dall’OUA – ha concluso criticamente de Tilla - il Ministero della Giustizia si è
limitato a proporre norme di proroga e un progetto che, invece che selezionare, funge
da volano per declassificare ulteriormente la figura del giudice laico estesa ai laureati
in giurisprudenza».
MEDIA CONCILIAZIONE OBBLIGATORIA, ECCO PERCHÈ NON
FUNZIONERÀ
Secondo l’Oua la media-conciliazione obbligatoria contravviene a principi elementari
di diritto:
perché determinerà un più difficile accesso alla giurisdizione da
parte del cittadino;
perché determinerà un ulteriore dilatamento dei tempi (almeno un
anno) per la presentazione della richiesta di giustizia al giudice;
perché determinerà un aumento degli oneri e una lievitazione dei
costi, tutti a carico del cittadino;
perché costituirà un ulteriore strumento dilatorio per la parte
inadempiente che non ha alcuna volontà di conciliare la lite;
perché appare, sul piano sistematico, in totale disarmonia con
aspetti processuali e tecnici con l’effetto perverso di un probabile
corto circuito per innumerevoli domande.
LE RICHIESTE DELL’OUA
«Il Governo (nonostante il parere contrario espresso dalla Commissione Giustizia del
Senato e in dispregio al dettato costituzionale) – spiega de Tilla - ha emanato un
decreto legislativo che non prevede nella fase di media-conciliazione l’assistenza
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necessaria dell’avvocato; che pone l’avvocato in una situazione di sfiducia e di
sospetto prescrivendo una obbligatoria dichiarazione scritta del cliente sull’avvenuta
informativa; che fissa la media-conciliazione obbligatoria per più dell’ottanta per
cento dei processi, che rimarranno, di conseguenza, paralizzati almeno per un anno,
con ulteriore discredito della giustizia e, quindi, dell’avvocatura; che non individua
nel mediatore un soggetto dotato di preparazione giuridica; che infine – ciliegina
sulla torta – affida a questa imprecisata e ibrida figura il potere di formulare un
progetto di accordo che, se non viene accettato, può produrre effetti penalizzanti per
la difesa giudiziaria del cittadino».
LA PROTESTA DEGLI AVVOCATI
 una settimana finale di protesta dall’11 al 16 ottobre
Queste invece le iniziative a partire dal 16 settembre:
 non accettare incarichi di difesa dei meno abbienti e di difensori d’ufficio;
 astensioni dalle udienze, manifestazioni territoriali e una manifestazione
nazionale a Roma;
 astenersi dal deliberare la designazione dei commissari d’esami di
abilitazione alla professione di avvocato”;
 campagna di pressione mediatica attraverso l’acquisto di pagine sui
quotidiani nazionali e l’invio di fax e e-mail al Presidente del Consiglio e al
Ministro della Giustizia.
Roma, 1 settembre 2010
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SPECCHIO ECONOMICO
GIUDICE LAICO, SOLO IN PARTESI PUÒ ACCOGLIERE IL PROGETTO
DEL GOVERNO
di MAURIZIO DE TILLA - Presidente dell’O.U.A., Organismo Unitario Avvocatura
Il migliore inquadramento del giudice laico non significa abbandono dell’idea più convincente che i
problemi della giustizia si possono risolvere solo con la produttività e con l’eventuale incremento
della magistratura togata, uno dei due pilastri su cui si basa la giurisdizione. L’altro pilastro è
costituito dall’Avvocatura, che attende un’urgente riforma del proprio ordinamento. Risorse
economiche ed efficienza dell’organizzazione sono ulteriori obiettivi essenziali da perseguire per
migliorare l’apparato giudiziario.
In quest’ambito di integrazione - o supplenza - giudiziaria si colloca il disegno di legge proposto dal
Governo sulla «Riforma organica della magistratura onoraria e costituzione dell’Ufficio
circondariale del giudice di pace». In esso si nota un’apertura ad alcune richieste più volte avanzate
dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura, tra cui il tirocinio e la formazione, che vengono ben
disciplinati. Il progetto sembra condividere la necessità, avvertita dall’Avvocatura, di una riforma
organica della Magistratura laica. Nella relazione che l’accompagna si dichiara di voler «introdurre
una disciplina omogenea dei requisiti per l’accesso alle funzioni giudiziarie onorarie, del
reclutamento, della formazione professionale, della durata dell’ufficio, degli illeciti disciplinari».
Tale concetto è ben indicato nella relazione; nell’articolato, però, viene sviluppato solo nel senso di
trattare tutte le figure di magistrato laico - o quasi tutte - nella stessa legge, ma lasciandole distinte
tra loro.
Va inoltre condivisa l’impostazione che tende ad eliminare le diseconomie degli uffici dei giudici di
pace. Degno di plauso è il capo II nella parte in cui cerca di razionalizzare le risorse umane ed
economiche; altrettanto non può dirsi del capo I, per una serie di ragioni.
1) Non si può accettare che sia sufficiente una mera laurea in Giurisprudenza per essere nominato
giudice laico.
2) Va stabilita l’incompatibilità con la professione di avvocato: il divieto di svolgere
contemporaneamente le funzioni di avvocato e di giudice deve essere assoluto, mentre nel disegno
di legge è parziale e si può fare l’avvocato sia pure fuori dal distretto; inoltre non si comprende
perché debba considerarsi incompatibile con la funzione di giudice laico solo lo svolgimento di
attività professionale per banche e assicurazioni e non anche per altri soggetti forti, quali le
associazioni di consumatori ed altre.
3) Non è accettabile una riduzione del ruolo organico: bisogna tendere a raggiungere un indice di
ricambio superiore al 100 per cento; per stabilire gli organici vanno verificate le necessità in ogni
circondario analizzando il rapporto tra giudizi pendenti e numero di magistrati.
4) Non è accettabile la persistenza di una categoria di magistrato onorario con funzioni meramente
vicarie; il previsto crescente impiego dei Got - giudici onorari di Tribunale - deve essere
puntualmente disciplinato e giustifica ancor più l’incompatibilità assoluta; il ricorso ad essi deve
essere temporaneo e limitato in quanto bisogna rafforzare la componente della magistratura togata,
a garanzia della terzietà e dell’indipendenza dell’attività del giudice.
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5) È necessario prevedere una retribuzione adeguata e una piena tutela previdenziale.
L’OUA chiede che, in sede di esame parlamentare, siano presi in considerazione i contenuti
dell’articolato predisposto dal coordinatore avv. Giuseppe Chiaia Noya e approvato dall’assemblea
dell’Organizzazione sulla riforma della magistratura onoraria o laica, come si preferisce
denominarla. In tale articolato è prevista una figura unica di giudice non professionale definito
laico, che a sua volta si divide in giudice laico giudicante e giudice laico requirente.
Per il reclutamento l’OUA ha previsto un concorso con discussione orale su una questione di diritto
civile e su una di diritto penale, con la redazione di una sentenza. Viene regolamentato un rigido
tirocinio con le stesse modalità e gli organi deputati alla formazione e all’aggiornamento dei
magistrati ordinari. Sono previste una retribuzione equa parametrata a quella del magistrato
ordinario di prima nomina, e una tutela previdenziale.
Per garantire la qualità del lavoro dei giudici laici l’accesso al concorso deve essere limitato agli
addetti ai lavori: avvocato iscritto all’Ordine da non meno di sei anni o che abbia svolto funzioni di
giudice onorario per un pari periodo. La scelta di valorizzare la professionalità derivante
dall’espletamento della professione forense è chiaramente diretta ad evitare che si ritrovino a
giudicare o a svolgere attività requirente neolaureati in Giurisprudenza che non abbiano mai avuto
effettiva e concreta contezza dell’attività giudiziaria.
Naturalmente, si è voluta far salva la posizione di coloro che, indipendentemente dalla «professione
di provenienza», abbiano già acquisito esperienza giudiziaria con precedenti incarichi, nella
consapevolezza, peraltro valida anche per gli avvocati, che eventuali carenze possano essere
verificate periodicamente in sede di «valutazione della professionalità». Nel progetto di legge
proposto dall’OUA, inoltre, è stato realisticamente previsto un controllo costante della
professionalità dei giudici laici che sfocia in valutazioni periodiche.
Il procedimento disciplinare viene ancorato in tutto e per tutto al procedimento previsto per i
magistrati togati. Sotto il profilo deontologico, appare inoltre necessario dare maggiore rilevanza
all’Avvocatura e, segnatamente, ai Consigli dell’Ordine forense. Viene prevista un’incompatibilità
assoluta identica a quella dei magistrati ordinari, finalizzata a porre l’aspirante finalmente di fronte
alla consapevolezza della propria scelta e, quindi, alla decisione su quale professione esercitare; in
caso di approvazione, ciò eviterebbe quelle situazioni, assai frequenti, di commistione di esercizio
di professione e di espletamento di attività giurisdizionale che, anche sotto l’apparente espletamento
in differenti distretti giudiziari, ma spesso vicini, creano non poco imbarazzo tra gli addetti ai lavori
e non contribuiscono certo alla limpidezza della figura del magistrato laico rispetto alla collettività
dei fruitori del servizio-giustizia.
Poiché è stato prorogato al 31 dicembre 2010 il termine per varare la riforma della Magistratura
onoraria, l’OUA si augura che sia subito nominato un gruppo di lavoro con la partecipazione
dell’Avvocatura e dei rappresentanti delle Associazioni di magistrati onorari, al fine di trovare un
testo di legge condiviso con il Governo.
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156
ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
PROPOSTA A
MOZIONE PER UNA RINNOVATA E MODERNA GEOGRAFIA GIUDIZIARIA
Gli avvocati italiani
riuniti in congresso straordinario a Milano
PREMESSO
che la Giustizia, pur in presenza di congiunture particolari non può essere gestita in termini di
“produttività aziendale”, poiché essa è, e rimane, un bisogno primario della collettività i cui costi
devono considerarsi come socialmente utili e doverosamente assorbibili;
che sussiste in ogni caso indubbia esigenza di affrontare con speditezza le problematiche legate alla
geografia giudiziaria;
che ciò non può avvenire, come oggi avviene, in termini settoriali o limitati solo ad alcuni Uffici ma
interessare ogni sede dove si amministra Giustizia, sia essa del Giudice di Pace, Sezione Staccata di
Tribunale, Tribunale o Corte di Appello e coinvolgendo per una ampia disamina delle singole
esigenze territoriali, l’avvocatura e tutte le forze socio – economico politiche locali ;
che non può formare in ogni caso oggetto di interventi affrettati e sommari senza rischio di
irreparabili danni per i cittadini:
RILEVATO
che se si vuole intervenire in via definitiva sulla distribuzione degli uffici non si può prescindere
-da un attento e approfondito esame della struttura sociale ed economica dell’intero territorio
nazionale;
-da una analisi non quantitativa, ma qualitativa dei singoli dati territoriali, purché “certi” e
“verificati” e la cui raccolta deve avvenire con la collaborazione dell’ avvocatura locale, unica in
condizione di fornire indicazioni reali di riferimento sui bisogni delle specifiche realtà locali.
-dalla verifica che non siano venute meno nel tempo le esigenze di salvaguardare il valore della
giustizia di prossimità che avevano portato ad istituire le attuali sedi di Tribunale
-da un' attenta analisi e verifica del risparmio effettivo derivante dalla riorganizzazione che deve
necessariamente derivarne tenuto conto dell'incidenza dei costi, anche ambientali, conseguenti al
pendolarismo dell'utenza e degli operatori
che inoltre gli obiettivi di risparmio e di efficienza presupposto di una nuova Geografia, non si
raggiungono con l’indiscriminata e generica soppressione degli uffici giudiziari, quanto piuttosto
con una oculata e condivisa riorganizzazione sul territorio degli attuali uffici, eventualmente
potenziando anche sotto il profilo dell’alta tecnologia, proprio quegli uffici di prossimità, che in
ragione di una struttura meno complessa e burocratica, offrono una pronta e rapida risposta di
giustizia, ed un più rapido accesso a tutti i servizi da parte dei cittadini, tanto da allinearsi agli
standars riconosciuti e previsti dalla Comunità europea;
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
RIBADITO
- che un’efficiente, attuale ed economicamente utile riorganizzazione giudiziaria, si attua solo
attraverso la ridistribuzione sul territorio del carico di lavoro dei singoli Uffici, con attribuzione a
questi di porzione di territorio dei circondari limitrofi, con ciò consentendo di creare strutture il più
omogenee possibile in termini di territorio, popolazione e organici.
- che per conseguire una ottimale distribuzione delle risorse è però indispensabile superare i confini
geografici provinciali e riferirsi piuttosto a quelli del distretto della Corte d’Appello, regionali o di
colleganza socio-economica.
- che non è condivisibile il criterio adottato dalla delega nell’assumere, come area prioritaria di
intervento riequilibrativo del carico di lavoro e territoriale, quello esclusivamente provinciale,
particolarmente limitativo e penalizzante, oltre che contraddittorio in un momento in cui la
Provincia è soppressa.
- che solo un’ ampia ridistribuzione territoriale, tale da coinvolgere tutti gli Uffici senza le attuali
limitazioni geografiche, consentirà quindi di raggiungere, primo tra tutti gli obbiettivi, il rispetto del
dettato costituzionale così consentendo a tutti i cittadini uguali condizioni di accesso alla giustizia e
quel che è più importante uguali termini di decisione.
- che da una indiscriminata e irrazionale soppressione come quella intrapresa, non deriva alcun
risparmio o beneficio economico per la collettività, essendo vero invece il contrario stante il
permanere di tutti i costi solo figurativamente trasferiti presso la sede accorpante
che da una indiscriminata e irrazionale soppressione come quella intrapresa, non deriva poi alcuna
diversa e migliore efficienza del servizio, essendo vero invece il contrario atteso il maggior carico
di lavoro che andrebbe a gravare sull’ufficio accorpante, già oberato, con conseguente gravi rischi
per la perdita di efficienza nei territori accorpati nella giustizia civile e nella lotta alla criminalità
VISTO
L’art. 1 della Legge 14 settembre 2011, n. 148, sulla riorganizzazione degli Uffici giudiziari sul
territorio
I dubbi da più parti espressi sulla costituzionalità del provvedimento
Il mancato coinvolgimento dell’avvocatura e del territorio nelle valutazione dei presupposti per la
ridistribuzione degli Uffici
Lo schema di decreto legislativo sulla revisione degli Uffici del Giudice di Pace
MANIFESTATA
Preoccupazione e contrarietà per:
- l’assenza di ogni dialogo con l’avvocatura, pur ripetutamente richiesto, nell’attuazione della nuova
dislocazione sul territorio degli Uffici Giudiziari.
- la mancanza di un progetto organico tale da interessare tutti gli Uffici,
- un provvedimento finalizzato essenzialmente alla soppressione di Uffici di primo grado, in quanto
non avente sede in capoluogo di provincia e non a ridistribuire equamente il territorio ai fini di
raggiungere una più efficiente risposta di giustizia;
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
- la mancanza di ogni applicazione in sede di revisione degli uffici del giudice di pace di quei criteri
legati alla verifica delle esigenze del territorio, pur presenti in delega, che ha comportato la totale
soppressione degli uffici non circondariali,
- per la non celata intenzione, manifestata già dall’indicato provvedimento sui Gdp, di ridisegnare le
sedi di Tribunale e di Sezione distaccata, per sole ragioni economiche , disattendendo ogni
valutazione sulle ragioni della giustizia di prossimata e con ciò eliminando senza, senza possibilità
di appello, anche uffici efficienti e territorialmente indispensabili
CHIEDE
Al Presidente del Consiglio
Al Ministro della Giustizia
1)
Provvedere per gradi alla ridistribuzione dei singoli Uffici, facendo seguire alla riforma
degli Uffici dei GdP, le Sezioni staccate e quindi alle circoscrizioni;
2)
Far seguire ad ogni fase un periodo non irrisorio di monitoraggio degli effetti sul territorio,
sui cittadini, sulle imprese della chiusura e/o accorpamento, con rilievo degli indici reali di
raggiunta maggior efficienza e risparmio rispetto a quella preesistente
3)
Passare alla seconda fase, solo per quegli uffici e aree ove risulti acquisito, con il confronto
delle realtà locali e a parità di organico e mezzi degli uffici interessati, indubbi vantaggi per il
cittadino, per l’impresa, per l’Amministrazione della Giustizia e per la sicurezza dei territori conto
la criminalità organizzata
4)
Interpretare il criterio stabilito sub e) nel senso che l “area provinciale” non deve intendersi
rigidamente delimitata dai confini geografici delle cessate province ma estesa anche ai “territori
limitrofi”, seppur appartenenti ad altre provincie purchè appartenenti ad un medesimo bacino di
interessi socio economici
5)
Privilegiare il criterio del “territorio limitrofo extraprovinciale” qualora ciò porti, con la
ridistribuzione territoriale e del carico di lavoro, migliorie agli Uffici delle altre province di
riferimento
6)
Applicare i principi della legge sui tribunali metropolitani, procedendo ad una generale
ridistribuzione territoriale, con ciò interessando Corti d’apello, Tribunali, Sezioni distaccate e GdP
avendo quale criterio direttivo, quello della creazione di Uffici contermini di dimensioni ottimali
come territorio, popolazione organici, il più omogenei possibile.
7 ) applicare nella ridistribuzione degli Uffici dei GdP i criteri “oggettivi ed omogenei” inseriti in
delega quali estensione del territorio, abitanti, specificità territoriale, tasso di criminalità,
infrastrutture
INVITA
Il parlamento, il presidente del consiglio, il ministro della giustizia a prorogare il termine di
attuazione della delega per un periodo non inferiore a tre anni così da consentirne la
concretizzazione secondo i principi e passi sopra indicati.
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
PROPOSTA B
MOZIONE PER UNA RINNOVATA E MODERNA GEOGRAFIA GIUDIZIARIA
Gli avvocati italiani
riuniti in congresso straordinario a Milano
PREMESSO
che la Giustizia, pur in presenza di congiunture particolari non può essere gestita in termini di
“produttività aziendale”, poiché essa è, e rimane, un bisogno primario della collettività i cui costi
devono considerarsi come socialmente utili e doverosamente assorbibili;
che sussiste in ogni caso indubbia esigenza di affrontare con speditezza le problematiche legate alla
geografia giudiziaria;
che ciò non può avvenire in termini settoriali o limitati solo ad alcuni Uffici ma per ogni sede dove
si amministra Giustizia, sia essa del Giudice di Pace, Sezione Staccata di Tribunale, Tribunale o
Corte di Appello e coinvolgendo per una ampia disamina delle singole esigenze territoriali,
l’avvocatura e tutte le forze socio – economico politiche locali ;
che non può formare in ogni caso oggetto di interventi affrettati e sommari senza rischio di
irreparabili danni per i cittadini:
RILEVATO
che se si vuole intervenire in via definitiva sulla distribuzione degli uffici non si può prescindere
-da un attento e approfondito esame della struttura sociale ed economica dell’intero territorio
nazionale;
-da una analisi non quantitativa, ma qualitativa dei singoli dati territoriali, purché “certi” e
“verificati” e la cui raccolta deve avvenire con la collaborazione dell’ avvocatura locale, unica in
condizione di fornire indicazioni reali di riferimento sui bisogni delle specifiche realtà locali.
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
-dalla verifica che non siano venute meno nel tempo le esigenze di salvaguardare il valore della
giustizia di prossimità che avevano portato ad istituire le attuali sedi di Tribunale
-da un' attenta analisi e verifica del risparmio effettivo derivante dalla riorganizzazione che deve
necessariamente derivarne tenuto conto dell'incidenza dei costi, anche ambientali, conseguenti al
pendolarismo dell'utenza e degli operatori
che gli obiettivi di risparmio e di efficienza posti a base della legge delega, non si raggiungono
affatto con l’indiscriminata e generica soppressione degli uffici giudiziari, quanto piuttosto con una
oculata e condivisa riorganizzazione sul territorio degli attuali uffici eventualmente potenziando
proprio quegli uffici di prossimità, che in ragione di una struttura meno complessa e burocratica,
offrono una pronta e rapida risposta di giustizia, ed un più rapido accesso a tutti i servizi da parte
dei cittadini, svolgendo il loro compito notoriamente con piena efficienza, tanto da allinearsi agli
standars riconosciuti e previsti dalla Comunità europea;
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Mozione per la riforma del processo civile che punti allo snellimento
ed alla velocizzazione dei giudizi, senza comprimere il diritto di
difesa dei cittadini.
Gli avvocati italiani, riuniti in congresso straordinario a Milano,
premesso che
-tutti gli ultimi interventi legislativi in materia di processo civili sono stati
caratterizzati dalla mancanza di un disegno programmatico complessivo e
dall’intento di sopperire alle croniche carenze strutturali e di organico, oltre
che alla farragginosità dei sistemi e delle norme processuali, con strumenti
finalizzati esclusivamente a rendere più difficoltoso ed oneroso l’accesso alla
Giustizia per i cittadini;
-l’intento del Legislatore è stato chiaramente quello di puntare non già a
fornire una risposta adeguata, rapida e qualitativa alle istanze di giustizia, ma
ad una vera e propria disincentivazione all’utilizzo del processo, operata,
peraltro, a danno dei soggetti economicamente più deboli;
-in particolare, la mediazione obbligatoria, pubblicizzata come strumento
idoneo a ridurre in modo esponenziale le pendenze processuali, si è rivelato
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
un vero e proprio flop, come preconizzato dall’Avvocatura, in quanto i
numeri delle conciliazioni giunte a buon fine sono di gran lunga inferiori a
quelle ipotizzate in sede di presentazione della nuova disciplina; il
procedimento di mediazione, inoltre, è stato rimesso all’esame della Corte
Costituzionale e della CEDU, per evidenti dubbi di violazione delle norme
costituzionali e comunitarie e si attendono a breve le decisioni; il
procedimento di mediazione si è rivelato, infine, particolarmente esoso per i
cittadini, costretti – anche a seguito dei successivi interventi legislativi e
regolamentari finalizzati a potenziare surrettiziamente il debole strumento di
ADR messo in campo – a sopportare costi notevoli, a fronte di organismi di
mediazione e mediatori di scarsa qualità e di incerti origine e controllo;
-altri interventi normativi, pur encomiabili, perché astrattamente miranti a
razionalizzazione le procedure, come la riduzione dei riti processuali, non
hanno apportato alcun sostanziale beneficio, né in termini di velocizzazione
delle decisioni, né in termini di concreto beneficio per gli operatori del
diritto, non essendo stati supportati dai necessari investimenti;
per di più, gli interventi legislativi sembrano ispirati da un preconcetto
negativo nei confronti dell’Avvocatura, quasi che la stessa si attivi
autonomamente nel ricorso allo strumento processuale e non sulla base di
un preciso mandato dei cittadini e della crescente domanda di giustizia che
dagli stessi promana (così, ad esempio, l’istanza di prosecuzione dei giudizi
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
di impugnazione, fortunatamente abrogata dal Parlamento dopo un primo,
incerto e dannoso, periodo di vigenza; la previsione di una condanna
accessoria, di consistente entità, per la parte che richieda infondatamente la
sospensione dell’efficacia esecutiva di una sentenza; la limitazione del potere
del giudice di liquidare le spese di giudizio in misura superiore al valore della
causa, i ripetuti tentativi, sin qui non arrivati a buon fine, di introdurre
l’istituto della motivazione a pagamento, ecc., e, comunque, di limitare il
diritto d’impugnazione);
particolarmente preoccupante appare la frequenza con la quale il Legislatore
ha aumentato gli importi del contributo unificato, estendendone
l’applicazione anche a settori (procedimenti per separazioni e divorzio, cause
di lavoro e previdenziali) storicamente esenti, senza, peraltro, prevedere il
totale reinvestimento delle maggiori entrate conseguite per un migliore
funzionamento della macchina giudiziaria, le cui dotazioni si sono,
viceversa, ridotte;
-da ultimo, l’istituzione del Tribunale delle Imprese, che a tutti gli effetti è
un Giudice speciale, di per sé vietato dalla Costituzione, e il notevole
ampliamento delle sue competenze (non compatibile con le funzioni proprie
delle sezioni specializzate), con estensione anche alle società a responsabilità
limitata, che costituiscono il modello societario di gran lunga maggioritario
in tutto il territorio nazionale, pone gravi interrogativi. In primo luogo,
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
appare evidente il tentativo, meramente ipotetico, di creare una Giustizia a
due velocità: da un lato la Giustizia per i cittadini comuni sarà affidata a
giudici ordinari e dovrà scorrere sui lenti binari di un processo civile
agonizzante, che nessuno degli interventi riformatori dell’ultimo ventennio
ha saputo rivitalizzare, perché non accompagnati da adeguati investimenti,
miglioramento delle strutture ed aumento del personale di cancelleria
(ridottosi, invece, di un terzo) e degli organici della magistratura; dall’altro, la
giustizia per le imprese e le società commerciali, invece, dovrebbe scorrere
sui binari di un’alta velocità della quale, tuttavia, ha in comune soltanto il
raddoppio del prezzo del biglietto, perché, se anche questa riforma, come
espressamente previsto dalla legge sulle liberalizzazioni, dovrà essere
eseguita a costo zero, senza destinazione di risorse aggiuntive, lo
straordinario aumento delle pendenze finirà per soffocare le sezioni
specializzate (raro esempio di efficienza nell’ambito della giurisdizione
civile), costringendo ad operare consistenti distrazioni a queste sezioni di
magistrati ordinari, con perdita della caratteristica di particolare
professionalità e specializzazione propria dei magistrati attualmente adibiti
alle sezioni medesime;
-altra grave criticità, connessa all’istituzione del Tribunale delle Imprese è
l’allontanamento fisico e geografico dell’utente del servizio giustizia (in
questo caso le imprese) dalla sede giudiziaria, con un conseguente aumento
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
dei costi, determinati non soltanto dal raddoppio del contributo unificato,
che
appare
ingiustificato
e
mirante
unicamente
a
disincentivare
ulteriormente l’accesso al processo, ma anche dalla necessità di raggiungere
Tribunali distanti anche più di 200 Km rispetto al centro di interessi
dell’utente medesimo;
-che le finalità di attrarre capitali stranieri, da sempre utilizzate per
l’approvazione di norme processuali, di cui da anni si è potuta verificare
l’inefficacia, certificata da riduzioni delle pendenze di scarso rilievo e da un
costante aumento dei tempi di definizione del processo civile, possono
essere perseguite unicamente attraverso l’avvio un serio progetto
riformatore del giudizio civile, sul quale non si può intervenire con
provvedimenti disarticolati, spesso adottati con l’improprio strumento del
decreto legge e con tecnica legislativa incerta e spesso clamorosamente
erronea e contraddittoria, ma attraverso un serio e costruttivo confronto
con l’avvocatura; la stessa avvocatura non può e non deve essere
considerata come un impedimento o un intralcio alla razionalizzazione delle
norme processuali, ma, viceversa, l’indispensabile e competente ausilio
all’individuazione di soluzioni efficienti, tecnicamente ineccepibili
e
rispettose dei diritti costituzionalmente garantiti di difesa e di giusto
processo;
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
-che l’utilizzo della magistratura onoraria, ormai indispensabile per il
funzionamento della macchina giudiziaria, è stato eseguito senza una seria
ed adeguata regolamentazione, con incertezza sulle effettive funzioni
delegabili ai magistrati onorari, di volta in volta affidate a normative di
secondo grado (regolamenti, circolari, ovvero, a meri ordini di servizio),
nonché sullo status, anche previdenziale, dei magistrati onorari e con
proroghe dei loro incarichi adottate in via di urgenza e senza alcun controllo
sulla qualità del servizio reso;
CHIEDE
al Presidente del Consiglio e
al Ministro della Giustizia
-di prendere atto del fallimento del procedimento di mediazione disponendo
con provvedimento urgente la sospensione dell’operatività dello stesso e, in
ogni caso, il rinvio dell’entrata in vigore del medesimo nella materia
condominiale e dei sinistri stradali, fino al pronunciamento della Corte
Costituzionale e della Corte di Giustizia Europea;
-di procedere, in ogni caso, previo confronto con l’avvocatura, alla riforma
del procedimento medesimo, escludendone il carattere di’obbligatorietà,
prevedendo l’inserimento di incentivi più incisivi di quelli attualmente
previsti, che rendano il ricorso alla mediazione ed alla conseguente
conciliazione più vantaggioso per le parti; individuando strumenti idonei a
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
garantire le capacità professionali e culturali dei mediatori, il loro
aggiornamento professionale e la trasparenza degli Organismi di mediazione
e riducendo i costi del procedimento;
-procedere all’avvio di un progetto di riforma del processo civile,
adeguatamente finanziato con risorse suppletive da ricavarsi dal FUG, da
realizzarsi previo confronto e con la collaborazione dell’avvocatura e della
magistratura,
improntato
sulla
codificazione
delle
prassi
virtuose
sperimentate con successo in numerosi tribunali, grazie alla costituzione di
tavoli di confronto degli operatori del diritto e l’adozione di protocolli,
nonché sull’adozione di un unico rito, modellato su quello del lavoro
attualmente vigente, contraddistinto da un sistema rigido di preclusioni e di
termini processuali perentori validi ed obbligatori per tutte le parti del
processo, compresi i giudici ed i loro ausiliari, e da un incremento di
strumenti finalizzati alla conclusione anticipata del giudizio, mediante
l’adozione di provvedimenti interinali di natura cautelare o provvisoria,
destinati a diventare definitivi in caso di mancata impugnazione;
-di porre mano ad una riforma organica della magistratura onoraria, che
tenga conto delle proposte da tempo inoltrare al Governo ed al parlamento
dall’avvocatura.
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170
Congresso Nazionale Forense Straordinario
Milano, 23 e 24 marzo 2012
Mozione presentata dalla Commissione di Diritto di
Famiglia O. U. A.
La Commissione di diritto di Famiglia dell’Organismo Unitario
dell’Avvocatura , nel rispetto delle posizioni delle singole
associazioni rappresentate nella Commissione e dei relativi progetti
di riforma del diritto di famiglia
PREMESSO
che emerge prepotente nell’avvocatura l’esigenza della piena
attuazione dei principi del contraddittorio e dei diritti della difesa
nei procedimenti minorili e di famiglia;
RILEVATO
che l’attuale situazione normativa presenta lacune, anomalie e
contraddizioni che consentono la proliferazione di “prassi
distorsive” non ulteriormente tollerabili;
IN ATTESA
che si possa addivenire al più presto ad una riforma ordinamentale
da più parti auspicata
CHIEDE
che il Governo costituisca un tavolo di lavoro a cui partecipino
quali necessari interlocutori, oltre ai Magistrati, anche i
rappresentanti dell’Avvocatura nelle sue articolazioni istituzionali
ed associative, al fine di attuare in tempi brevissimi una riforma
del rito ed ordinamentale nella materia del diritto di famiglia e dei
minori.
171
172
La specialità della professione forense
173
174
P6_TA(2006)0108
Professioni legali
Risoluzione del Parlamento europeo sulle professioni legali e l'interesse generale nel
funzionamento dei sistemi giuridici
Il Parlamento europeo,
– visti i principi di base delle Nazioni Unite del 7 settembre 1990 sul ruolo degli avvocati,
– vista la raccomandazione del Consiglio d'Europa Rec (2000) 21 del 25 ottobre del 2000
sulla libertà d'esercizio della professione di avvocato,
– vista la sua risoluzione del 18 gennaio 1994 sulla professione di notaio nelle Comunità1,
– vista la sua risoluzione del 5 aprile 2001 sulle tabelle degli onorari e le tariffe obbligatorie
per talune libere professioni, in particolare per gli avvocati e sulla particolarità del ruolo e
della posizione delle libere professioni nella società moderna2,
– vista la sua risoluzione del 16 dicembre 2003 sulle regolamentazioni di mercato e norme di
concorrenza per le libere professioni3,
– vista la direttiva 77/249/CEE del Consiglio, del 22 marzo 1977, intesa a facilitare l'esercizio
effettivo della libera prestazione di servizi da parte degli avvocati4,
– vista la direttiva 98/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998,
volta a facilitare l'esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro
diverso da quello in cui è stata acquistata la qualifica5,
– vista la direttiva 2003/8/CE del Consiglio, del 27 gennaio 2003, intesa a migliorare l'accesso
alla giustizia nelle controversie transfrontaliere attraverso la definizione di norme minime
comuni relative al patrocinio a spese dello Stato in tali controversie6,
– vista la direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005,
relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali7,
– vista la sua posizione del 16 febbraio 2006 sulla proposta di direttiva del Parlamento
europeo e del Consiglio sui servizi del mercato interno8,
– vista la comunicazione della Commissione "I servizi professionali - proseguire la riforma"
del 5 settembre 2005 (COM(2005)0405),
1
GU C 44 del 14.2.1994, pag. 36.
GU C 21 E del 24.1.2002, pag. 364.
3
GU C 91 E del 15.4.2004, pag. 126.
4
GU L 78 del 26.3.1977, pag. 17.
5
GU L 77 del 14.3.1998, pag. 36.
6
GU L 26 del 31.1.2003, pag. 41.
7
GU L 255 del 30.9.2005, pag. 22.
8
Testi approvati, P6_TA(2006)0061.
2
175
B6-0203/2006 -
21/03/2006/ 1
– vista la giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee sul diritto
comunitario della concorrenza e sulla libera prestazione di servizi, con specifico riferimento
alle disposizioni nazionali riguardanti gli onorari minimi nel settore giuridico;
– visto l'articolo 108, paragrafo 5, del suo regolamento,
A. considerando che la Corte di giustizia delle Comunità europee ha riconosciuto :
-
l'indipendenza, l'assenza di conflitti di interesse e il segreto/confidenzialità
professionale quali valori fondamentali nella professione legale che rappresentano
considerazioni di pubblico interesse,
-
la necessità di regolamenti a protezione di questi valori fondamentali per l'esercizio
corretto della professione legale, nonostante gli inerenti effetti restrittivi sulla
concorrenza che ne potrebbero risultare,
-
che lo scopo del principio della libera prestazione di servizi applicato alle professioni
giuridiche è quello di promuovere l'apertura dei mercati nazionali mediante la
possibilità offerta ai prestatari di servizi e ai loro clienti di beneficiare pienamente del
mercato interno della Comunità,
B. considerando che qualsiasi riforma delle professioni legali ha conseguenze importanti che
vanno al di là delle norme della concorrenza incidendo nel campo della libertà, della
sicurezza e della giustizia e in modo più ampio, sulla protezione dello stato di diritto
nell'Unione europea,
C. considerando che i principi di base delle Nazioni Unite sul ruolo degli avvocati del 7
settembre 1990 stabiliscono che:
-
gli avvocati hanno diritto a costituire e ad essere membri di associazioni professionali
in rappresentanza dei loro interessi, a promuovere l'educazione continua e la
formazione professionale e a proteggere la loro integrità professionale. L'organismo
esecutivo delle organizzazioni professionali è eletto dai suoi membri e esercita le sue
funzioni senza interferenze esterne;
-
le associazioni professionali di avvocati hanno un ruolo vitale nel promuovere il
rispetto dell'etica e delle norme professionali, nel proteggere i suoi membri da
procedimenti, interferenze e limitazioni ingiuste, fornendo servizi legali a tutti coloro
che lo necessitano e cooperando con istituzioni governative e di altro tipo ai fini della
giustizia e dell'interesse pubblico;
-
processi disciplinari contro gli avvocati sono celebrati di fronte a commissioni
disciplinari imparziali create dalla professione legale, di fronte ad autorità statutaria
indipendente o un tribunale e sono soggetti a revisione giurisdizionale indipendente;
D. considerando che la protezione adeguata dei diritti umani e delle libertà fondamentali cui
ha diritto ogni persona, nel campo economico, sociale, culturale, civile e politico, richiede
che ogni persona abbia effettivo accesso ai servizi legali forniti da una professione legale
indipendente,
E. considerando che gli obblighi dei professionisti legali di mantenere l’indipendenza, evitare
2\ 21/03/2006
- B6-0203/2006
176
conflitti di interesse e rispettare la riservatezza del cliente sono messi particolarmente in
pericolo qualora siano autorizzati ad esercitare la professione in organizzazioni che
consentono a persone che non sono professionisti legali di esercitare o condividere il
controllo dell’andamento dell’organizzazione mediante investimenti di capitale o altro,
oppure nel caso di partenariati multidisciplinari con professionisti che non sono vincolati
da obblighi professionali equivalenti,
F. considerando che la concorrenza dei prezzi non regolamentata tra i professionisti legali,
che conduce a una riduzione della qualità del servizio prestato, va a detrimento dei
consumatori,
G. considerando che il mercato dei servizi legali è caratterizzato dall’asimmetria
dell’informazione tra avvocati e consumatori, tra cui le piccole e medie imprese, in quanto
questi ultimi non dispongono dei criteri necessari per valutare la qualità dei servizi prestati,
H. considerando che l'importanza di una condotta etica, del mantenimento della
confidenzialità con i clienti e di un alto livello di conoscenza specialistica necessita
l'organizzazione di sistemi di autoregolamentazione, quali quelli oggi governati da
organismi e ordini della professione legale,
I.
considerando che i notai di diritto civile sono nominati dagli Stati membri quali pubblici
ufficiali il cui compito include la redazione di documenti ufficiali di valore speciale a fini
probatori e di immediata esecuzione,
J.
considerando che i notai di diritto civile svolgono lavoro di ampia investigazione e esame a
nome dello Stato in questioni legate alla protezione legale non giurisdizionale,
particolarmente in relazione con il diritto societario - in base al diritto comunitario in alcuni
casi - e una parte del loro lavoro è soggetta al controllo disciplinare dello Stato membro
competente, comparabile a quello che si applica ai giudici e ai funzionari pubblici,
K. considerando che la delega parziale dell'autorità dello Stato è un elemento originale
inerente all'esercizio della professione di notariato di diritto civile, e che si esercita
attualmente su base regolare e rappresenta una parte importate delle attività del notaio di
diritto civile,
1. riconosce pienamente la funzione cruciale esercitata dalle professioni legali in una società
democratica, al fine di garantire il rispetto dei diritti fondamentali, lo stato di diritto e la
sicurezza nell'applicazione della legge, sia quando gli avvocati rappresentano e difendono i
clienti in tribunale che quando danno parere legale ai loro clienti;
2. ribadisce le dichiarazioni fatte nelle proprie risoluzioni del 18 gennaio 1994 e del 5 aprile
2001 e nella sua posizione del 16 dicembre 2003;
3. evidenzia le alte qualificazioni richieste per accedere alla professione legale, il bisogno di
proteggere tali qualificazioni che caratterizza le professioni legali, nell'interesse dei cittadini
europei e il bisogno di creare una relazione specifica basata sulla fiducia tra i membri delle
professioni legali e i loro clienti;
4. ribadisce l'importanza delle norme necessarie ad assicurare l'indipendenza, la competenza,
l'integrità e la responsabilità dei membri delle professioni legali, con lo scopo di garantire la
qualità dei loro servizi, a beneficio dei loro clienti e della società in generale, e per
177
B6-0203/2006 -
21/03/2006/ 3
salvaguardare l'interesse pubblico;
5. accoglie con favore il fatto che la Commissione riconosca che le riforme sono eseguite in
maniera più efficace a livello nazionale e che le autorità degli Stati membri, specialmente
gli organismi legislativi, sono nella posizione migliore per definire le norme che si
applicano alle professioni legali;
6. fa notare che la Corte di giustizia ha concesso ai legislatori nazionali e alle associazioni ed
organismi professionali un margine di discrezionalità nella decisione delle misure
appropriate e necessarie a protezione dell'esercizio congruo delle professioni legali negli
Stati membri;
7. nota che qualunque tipo di attività di un organismo professionale deve essere considerata
separatamente, in maniera che le norme sulla concorrenza si applichino all'associazione
soltanto quando agisce esclusivamente nell'interesse dei suoi membri e non quando agisce
nell'interesse generale;
8. ricorda alla Commissione che le finalità della regolamentazione dei servizi legali sono la
protezione dell'interesse pubblico, la garanzia del diritto di difesa e l'accesso alla giustizia, e
la sicurezza nell'applicazione della legge e che per queste ragioni non può essere conforme
ai desideri del cliente;
9. incoraggia gli organismi professionali, le organizzazioni e le associazioni delle professioni
legali a istituire un codice di condotta a livello europeo, con norme relative
all'organizzazione, alle qualificazioni, alle etiche professionali, al controllo, alla trasparenza
e alla comunicazione, per garantire che il consumatore finale dei servizi legali disponga
delle garanzie necessarie in relazione all'integrità e all'esperienza e per garantire la sana
amministrazione della giustizia;
10. invita la Commissione a tenere conto del ruolo specifico delle professioni legali in una
società governata dallo Stato di diritto e ad effettuare un’analisi esaustiva del modo in cui
operano i mercati di servizi legali nel momento in cui la Commissione propone il principio
“minore regolamentazione, regolamentazione migliore”;
11. invita la Commissione ad applicare le norme sulla concorrenza - ove opportuno, nel rispetto
della giurisprudenza della Corte di giustizia;
12. considera che gli interessi pubblici che prevalgono sui principi della concorrenza
dell'Unione europea si trovano nel sistema legale dello Stato membro in cui le norme sono
adottate o producono i loro effetti, mentre non esiste un criterio d'interesse pubblico della
UE, comunque lo si voglia definire;
13. invita la Commissione a non applicare le norme sulla concorrenza dell'Unione europea in
materie che, nel quadro costituzionale dell'UE, sono lasciate alla competenza degli Stati
membri, quali l'accesso alla giustizia, che include questioni quali le tabelle degli onorari che
i tribunali applicano per pagare gli onorari agli avvocati;
14. sottolinea che i preesistenti ostacoli alla libertà di stabilimento e alla libertà di fornire
servizi per le professioni legali sono stati in teoria efficacemente rimossi dalle direttive
77/249/CEE, 98/5/CE e 2005/36/CE; rileva comunque che la verifica sarà realizzata fra due
anni e attende con interesse questa approfondita valutazione;
4\ 21/03/2006
- B6-0203/2006
178
15. ritiene che le tabelle degli onorari o altre tariffe obbligatorie per avvocati e professionisti
legali, anche per prestazioni stragiudiziali, non violino gli articoli 10 e 81 del trattato,
purché la loro adozione sia giustificata dal perseguimento di un legittimo interesse pubblico
e gli Stati membri controllino attivamente l’intervento di operatori privati nel processo
decisionale;
16. considera che l'articolo 49 del trattato e le direttive 2005/36/CE e 77/249/CEE regolano il
principio del paese di destinazione da applicarsi alle tabelle degli onorari e alle tabelle
obbligatorie per gli avvocati e altri operatori delle professioni legali;
17. considera che l'articolo 45 del trattato deve essere applicato pienamente alla professione di
notaio di diritto civile in quanto tale;
18. invita la Commissione a considerare con attenzione i principi e le preoccupazioni espresse
in questa risoluzione nell'analisi delle norme che regolano l'esercizio delle professioni legali
negli Stati membri;
19. incoraggia le organizzazioni professionali a continuare a sviluppare le proprie attività nel
settore del patrocinio giuridico, al fine di garantire che ognuno abbia il diritto ad ottenere
consulenza e assistenza legali;
20. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione.
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180
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Ufficio studi
L’INDIPENDENZA DELL’AVVOCATO NELLA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA
Sommario: 1. Introduzione e oggetto. 2. Precedenti. 3. La Corte e l’indipendenza
dell’avvocato. 4. L’analisi dell’Avvocato generale Kokott.
1. Con sentenza del 14 ottobre 2010, la Corte di giustizia si è pronunciata, in grado di appello, sul
ricorso presentato dalle imprese Akzo Nobel e Akros contro una decisione della Commissione
europea in materia di concorrenza. Il thema decidendum nel ricorso in questione era il seguente: se,
nell’ambito di una procedura antitrust condotta dalla Commissione, debba considerarsi coperta dal
segreto professionale la corrispondenza che intercorre fra un’impresa ed il proprio legale interno,
qualora questo sia iscritto ad un albo professionale e soggetto ad un codice deontologico ed ai poteri
di disciplina dell’ordine di appartenenza. Nel caso di specie, la Commissione aveva sequestrato nel
corso di un ispezione cinque documenti scambiati fra l’impresa Akros ed il direttore del servizio
giuridico della Akzo, iscritto all’ordine olandese col titolo di “advocaat in dienstbetrekking”. Le
imprese interessate avevano proposto ricorso innanzi al Tribunale dell’UE, che lo aveva rigettato.
La Corte è stata dunque adita in grado d’appello, avverso la sentenza di rigetto emessa dal
Tribunale.
2. La Corte ha rigettato il ricorso, basando la propria decisione sul proprio leading case in materia:
la sentenza AM & S (Sentenza 18 maggio 1982, Causa 155/79, AM & S c. Commissione). Nella
sentenza citata, la Corte aveva stabilito che nei procedimenti in materia di concorrenza la
corrispondenza fra cliente ed avvocato è protetta dal segreto a condizione che ricorrano,
cumulativamente, due condizioni: 1) che la consulenza cui la corrispondenza attiene sia chiesta e
fornita nell’ambito dell’esercizio dei diritti della difesa e 2) che le comunicazioni provengano da, o
siano dirette a, un avvocato esterno.
3. La Corte, nel dichiarare l’infondatezza gli argomenti delle imprese ricorrenti, ha esaminato i
requisiti posti dalla propria giurisprudenza con riferimento allo status dell’avvocato, affermando che
l’appartenenza ad un ordine professionale e la soggezione alle regole di deontologia e disciplina
sono condizione necessaria, ma non sufficiente, perché un professionista possa essere ritenuto
pienamente indipendente. La piena indipendenza si realizza solamente quando l’avvocato opera al
di fuori da un rapporto subordinato con l’impresa, a prescindere dalle condizioni contrattuali che
caratterizzano tale rapporto. Il rapporto di impiego di un avvocato pone il professionista in una
situazione che, “per sua stessa natura, non consente all’avvocato interno di discostarsi dalle
181
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Ufficio studi
strategie commerciali perseguite dal suo datore di lavoro e che dunque influisce sulla capacità di
agire con indipendenza professionale.” La Corte rileva infine che la disciplina olandese, che
ammette all’esercizio della professione di avvocato i giuristi d’impresa, “non è in grado di garantire
un’indipendenza comparabile a quella di un avvocato esterno” a favore degli stessi giuristi (cfr.
punti da 42 a 47).
4. Di interesse, in quanto richiamata dalla Corte, l’analisi svolta dall’Avvocato generale Kokott, la
quale ha proposto la tesi secondo la quale “il concetto di indipendenza dell’avvocato viene
determinato non solo in positivo, mediante un riferimento alla disciplina professionale, bensì anche
in negativo, vale a dire con la mancanza di un rapporto di impiego. Un avvocato interno, nonostante
la sua iscrizione all’ordine forense e i vincoli professionali che ne conseguono, non gode dello
stesso grado di indipendenza dal suo datore di lavoro di cui gode, nei confronti dei suoi clienti, un
avvocato che lavora in uno studio legale esterno. Pertanto, per un avvocato interno è più difficile
che per un avvocato esterno risolvere eventuali conflitti fra i suoi doveri professionali e gli obiettivi
del suo cliente” (Sentenza, punto 45 e conclusioni, punti 60 e 61).
5. Il precedente conferma la positività dell’opzione accolta nel disegno di legge di riforma
dell’ordinamento forense attualmente in discussione alla Camera, ovvero la incompatibilità
dell’esercizio professionale con la condizione di dipendente (pubblico o privato), pure revocata in
dubbio in una certa fase dei lavori parlamentari in Senato.
182
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Ufficio studi
Avvocatura e Stato di diritto in Europa
Nell’area europea, il ruolo dell’Avvocatura è sottoposto a sollecitazioni e sfide sempre
nuove, in considerazione dello sviluppo di un sistema cd. “multilivello” di protezione dei diritti
fondamentali.
Nell’ambito di un sistema così complesso, incentrato sulla mediazione dell’attività
giurisdizionale, il diritto alla difesa attraverso l’assistenza tecnica di un legale assume infatti una
rilevanza centrale.
Non è un caso, pertanto, che tutti i testi fondamentali in materia, così come – assai
significativamente – la giurisprudenza delle Corti sovranazionali – abbiano da tempo consolidato
orientamenti tesi a rimarcarne l’importanza al fine di garantire l’effettività della protezione dei
diritti fondamentali. Attraverso la difesa tecnica si assicura la piena rappresentazione delle istanze
di giustizia che provengono “dal basso” e si garantisce una forma di “partecipazione” dei cittadini
alle dinamiche interpretative e applicative proprie del sistema “multilivello”.
Per ciò che riguarda il diritto dell’UE, può farsi riferimento, in primo luogo, all’art. 47 della
Carta dei diritti fondamentali che, nell’enunciare il “diritto ad un ricorso effettivo ad un giudice
imparziale”, afferma specificamente che “ogni individuo ha la facoltà di farsi consigliare, difendere
e rappresentare”. Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia, peraltro, tale norma va
interpretata in senso conforme all’art. 6 della CEDU e pertanto il diritto alla difesa tecnica di un
legale va considerato come un elemento necessario di una tutela giurisdizionale effettiva (Corte di
Giustizia, 22.12.2010, D.E.B. c. Rep. Federale tedesca, in c. C-279/09, in tema di gratuito
patrocinio a favore delle persone giuridiche).
Centrale altresì la considerazione del patrimonio normativo facente capo alla CEDU.
Viene in esame, anzitutto, l’art. 6 (come specificato dal Protocollo n. 7 del 1984), in materia
di diritto ad un equo processo. La giurisprudenza della CEDU ha chiarito a più riprese la portata di
tale previsione, consolidando un orientamento fortemente consapevole della centralità del diritto
alla difesa nella “costruzione” di un effettivo diritto all’equo processo. Può ricordarsi, a tale
proposito, la recente sentenza Hovanesian c. Bulgaria (21.12.2010, ric. n. 31814/03, nonché, nello
stesso senso, Yoldaş c. Turchia, 23.2.2010, ric. n. 27503/04), nella quale si legge che “benché non
assoluto, il diritto di ogni accusato all’effettiva difesa da parte di un avvocato – se necessario,
nominato d’ufficio – rientra tra gli elementi fondamentali di un processo che possa definirsi equo”
(per precedenti conformi, cfr. Poitrimol c. France, 23.11.1993, e Demebukov c. Bulgarie,
28.2.1998, ric. n. 68020/01).
Simile insieme di riconoscimenti normativi e giurisprudenziali mette in luce la centralità del
ruolo dell’Avvocatura nel consolidamento dei principi dello Stato di diritto anche nell’area europea.
Da ciò consegue, peraltro, la particolare considerazione della professione forense da parte del
diritto comunitario, specie in relazione al complesso rapporto tra attività professionale e libera
183
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Ufficio studi
prestazione dei servizi. Seppure l’art. 50 Trattato CE includa le attività professionali nell’ampia
categoria dei servizi, pare potersi dire che in realtà le libere professioni siano qualcosa di specifico
rispetto ai servizi tout court.
Come ha affermato il Parlamento europeo in una risoluzione del 5 aprile 2001, le libere
professioni sono l'espressione di un ordinamento fondamentale democratico basato sul diritto e, più
specificamente, rappresentano un elemento essenziale delle società europee.
Lo stesso Parlamento europeo, con la successiva risoluzione del 23 marzo 2006, ha
riconosciuto con forza la specificità della professione forense, sottolineando con forza “la funzione
cruciale esercitata dalle professioni legali in una società democratica, al fine di garantire il
rispetto dei diritti fondamentali, lo stato di diritto e la sicurezza nell'applicazione della legge, sia
quando gli avvocati rappresentano e difendono i clienti in tribunale che quando danno parere
legale ai loro clienti”. Ne consegue che “qualsiasi riforma delle professioni legali ha conseguenze
importanti che vanno al di là delle norme della concorrenza incidendo nel campo della libertà,
della sicurezza e della giustizia e in modo più ampio, sulla protezione dello stato di diritto
nell'Unione europea”. In particolare, è la stessa esigenza di protezione dei diritti umani
fondamentali a richiedere che “ogni persona abbia effettivo accesso ai servizi legali forniti da una
professione legale indipendente”. Da ciò discende, come ineludibile corollario, la necessità di
affidare la protezione di simili valori a discipline specifiche “nonostante gli inerenti effetti
restrittivi sulla concorrenza che ne potrebbero risultare”. Discipline che, è bene ribadirlo, non
possono che essere ispirate alla piena autonomia degli avvocati anche sul piano organizzativo.
Come ricorda la stessa Risoluzione, infatti, associazioni e ordini professionali di avvocati “hanno
un ruolo vitale nel promuovere il rispetto dell'etica e delle norme professionali, nel proteggere i
suoi membri da procedimenti, interferenze e limitazioni ingiuste, fornendo servizi legali a tutti
coloro che lo necessitano e cooperando con istituzioni governative e di altro tipo ai fini della
giustizia e dell'interesse pubblico”.
La qualità dei servizi forniti dalle professioni liberali riveste dunque un'importanza cruciale a
vari titoli. Innanzi tutto, le professioni liberali assicurano servizi che riguardano direttamente i diritti
fondamentali e toccano aspetti essenziali della società, come la salute pubblica (le professioni
mediche), la giustizia (la professione di avvocato) o la sicurezza pubblica e l'urbanistica (la
professione di architetto e di ingegnere). Questi diversi servizi possono pertanto avere ripercussioni
dirette ed immediate su aspetti fondamentali della vita dei cittadini, come la loro integrità fisica.
Perciò il mantenimento di un livello elevato di qualità per i servizi forniti dai liberi professionisti
costituisce innegabilmente un obiettivo legittimo di interesse generale.
184
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
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Ufficio studi
LE TARIFFE NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA
E NELLA GIURISPRUDENZA DI CASSAZIONE
SOMMARIO: 1. La sentenza Arduino (2002). 2. La sentenza Cipolla Macrino (2006). 3. La giurisprudenza
comunitaria e il Decreto Bersani. 4. La giurisprudenza della Cassazione.
1. Il primo capitolo di questa vicenda è venuto dalla oramai risalente e assai nota sentenza
Arduino del 2002 (causa C-35/99).
Il giudice remittente, in quel caso, aveva adito la Corte del Lussemburgo per far rilevare la
asserita violazione dell'art. 85 trattato CE da parte della normativa italiana in materia di
tariffe forensi, deducendo che queste, adottate da un ente qualificabile come associazione di
imprese (il Consiglio nazionale forense) integrerebbero intese restrittive della libertà di
concorrenza. In buona sostanza l'oggetto del contendere era proprio la compatibilità con il
quadro normativo comunitario del sistema tariffario vigente in Italia per l'esercizio della
professione forense. Ovvero la compatibilità con il quadro comunitario di un elemento
normativo di notevole importanza per la definizione del modello ordinistico italiano: la
sentenza era infatti particolarmente attesa in Italia, dove da alcuni anni, a partire da una
indagine conoscitiva avviata nel 1994 dall'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato,
si dibatte intorno al sistema degli ordini professionali.
La conclusione cui è arrivata la Corte è la piena compatibilità dei sistemi tariffari con il
diritto comunitario della concorrenza, nel momento in cui afferma che "gli artt. 5 e 85 del
Trattato CE (divenuti artt. 10 CE e 81 CE) non ostano all'adozione da parte di uno Stato
membro di una misura legislativa o regolamentare che approvi, sulla base di un progetto
stabilito da un ordine professionale forense, una tariffa che fissa dei minimi e dei massimi
per gli onorari dei membri dell'ordine, qualora tale misura statale sia adottata".
Da ciò l'importante conseguenza che non spetta al giudice nazionale compiere una
valutazione caso per caso e applicare o disapplicare le tariffe se non ha motivo di ritenere
che siano state adottate nell'interesse nazionale. La valutazione l'ha già compiuta una tantum
la Corte di giustizia.
La linea argomentativa sostenuta dalla Corte poggiava fondamentalmente sul
riconoscimento del fatto che le tariffe professionali, seppur proposte dall'ordine, sono
comunque approvate dal Ministro della Giustizia, dietro parere del Consiglio di Stato e del
CIP, e che dunque l'atto è sostanzialmente oltre che formalmente imputabile ad un'autorità
dello Stato. Ciò impedirebbe di riconoscerne l'origine in organismi espressione della
categoria che rende le prestazioni professionali e che avrebbe perciò interesse a promuovere
intese restrittive della concorrenza. Peraltro l’art. 60 del regio decreto legge 27 novembre
1933, n. 1578 dispone che la liquidazione degli onorari sia effettuata dagli organi giudiziari
in base ai criteri stabiliti dall’art. 57 del medesimo decreto legge, tenuto conto della gravità e
del numero delle questioni trattate. Inoltre, in talune circostanze eccezionali, il giudice può,
185
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
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con una decisione debitamente motivata, derogare ai limiti minimi fissati in applicazione
dell’art. 58 del R.D.
Pertanto non si può ritenere che lo Stato italiano abbia rinunciato ad esercitare il proprio
potere delegando ad operatori privati la responsabilità di prendere decisioni di intervento nel
settore economico, cosa che avrebbe portato a privare del suo carattere pubblico la
normativa di cui trattasi.
Per le ragioni indicate, non può essere nemmeno addebitato allo Stato italiano di imporre o
di favorire la conclusione, da parte del CNF, di intese in contrasto con l’art. 81 CE o di
rafforzarne gli effetti, né di imporre o favorire abusi di posizione dominante in contrasto con
l’art. 82 CE, o di rafforzarne gli effetti.
2. Un secondo episodio fondamentale in questa vicenda è rappresentato da una decisione più
recente, la sentenza Cipolla e Macrino (cause C-94/04 e C-202/04).
La sentenza non contiene la condanna del sistema tariffario che alcuni auspicavano e che
taluni cercano di intravedervi.
Le conclusioni dell’Avvocato Generale, quanto alle questioni sollevate nel caso Cipolla,
erano state nel senso di riaffermare il principio espresso dalla Corte nel caso Arduino e
quindi di legittimare il regime tariffario solo se sottoposto ad un effettivo controllo dello
Stato e la sua applicazione da parte del giudice conforme al diritto della concorrenza (artt. 10
e 81 TCE).
La Corte ha seguito questo suggerimento e, mantenendo ferma la propria giurisprudenza –
cioè non modificando né smentendo la propria posizione assunta nel caso Arduino – ha
confermato che il sistema tariffario proposto dal Consiglio Nazionale Forense e poi disposto
con decreto da parte del Ministro Guardasigilli non è in contrasto con il diritto comunitario,
sub specie di diritto della concorrenza, né per le tariffe minime previste per le attività
riservate, cioè per l’attività giudiziale, né per le tariffe previste per le attività libere, quali
l’attività stragiudiziale.
Un sistema tariffario comprensivo di minimi inderogabili è dunque ammissibile, secondo la
Corte, purché siano rilevabili uno o più dei seguenti motivi di pubblico interesse:
(i) tutela dei consumatori;
(ii) buona amministrazione della giustizia.
La giurisprudenza comunitaria sembra avere raggiunto sul punto un esito ormai consolidato,
tanto è vero che successive pregiudiziali comunitarie in tema di tariffe sono state decise
rapidamente con ordinanza (cfr. ordinanze 17 febbraio 2005 in causa C/-250/03) e 5 maggio
2008 In causa C-386/07).
3. Senza dover arrivare quindi alla conclusione un po’ semplicistica che vorrebbe individuare
vincitori e vinti all’esito della vicenda giudiziaria, si deve però riconoscere, senza
infingimenti e “distinguo”, che la Commissione ha avuto torto nel sostenere la violazione
della normativa comunitaria (sia in punto di libera concorrenza sia in punto di libera
prestazione dei servizi) per il solo esistere delle tariffe forensi; che il Governo italiano che
aveva sostenuto le buone ragioni dell’ Avvocatura ha avuto ragione; che la nuova normativa
interna (il decreto Bersani) introdotta in via d’urgenza e sotto il vincolo della fiducia, senza
186
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
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attendere ( si sarebbe trattato di sei mesi) l’esito dei due procedimenti, ora appare di ancor
più difficile giustificazione.
All’esito di questo ragionamento sul terreno del diritto comunitario, allora, bisogna
evidenziare che la responsabilità delle scelte operate con le atipiche norme del “decreto
Bersani” è integralmente del legislatore (rectius dell’Esecutivo, che ha ottenuto la ratifica
sommaria del Legislatore su una serie eterogenea di disposizioni) che ha voluto mascherare
con l’interesse del consumatore e con gli obblighi comunitari di natura concorrenziale
l’introduzione di norme che ora si rivelano ultronee rispetto a tali vincoli ed interessi.
4. A conferma di tale linea, si segnala la giurisprudenza della Corte di cassazione, sez. unite,
sent. 11 settembre 2007, n. 19014, che ha confermato la legittimità della disciplina delle
tariffe come prevista dalla legge professionale, sottolineando che la disciplina consente al
giudice una valutazione sufficientemente discrezionale per la determinazione in giudizio
delle spese di lite, e quindi anche dei compensi professionali dei difensori, ed ha riaffermato
i principi di adeguatezza e proporzionalità a cui la disciplina si ispira.
Ancora la Cassazione, con sentenza 15 aprile 2008 n. 9878, in materia di tariffe notarili, ha
richiamato la giurisprudenza comunitaria per rilevare la compatibilità del precedente sistema
con il Trattato.
5. Da ultimo, è intervenuta pochi giorni or sono la sentenza Cass. Sez. lav. 20269/2010, che si
segnala per la sua rilevanza generale. La sentenza:
a) conferma che il quadro comunitario non osta ad un sistema di tariffe minime, anzi lo
giustifica pienamente per ragioni di interesse pubblico quali la corretta amministrazione
della giustizia e la tutela del consumatore;
b) smentisce la lettura che il governo diede della sentenza cipolla - macrino (dic 2006),
confermando quella fornita dal CNF;
c) dice chiaramente che, in via generale ed astratta, un sistema di tariffe minime tutela
l'interesse a evitare una concorrenza al ribasso a discapito della qualità della prestazione.
Recita la sentenza: “la conformità al principio comunitario della libera concorrenza di quelle
norme del diritto interno in virtù delle quali è imposta la inderogabilità dei minimi di tariffa forense,
costituisce orientamento confermato dalla più recente sentenza della Corte di giustizia del 5
dicembre 2006”. Non ci sono più dubbi: aveva ragione chi riteneva che il diritto comunitario non
imponesse di rimuovere la norma sui minimi, ed aveva torto chi riteneva che la si dovesse abrogare
per violazione del Trattato, ferma restando la discrezionalità del legislatore nell’apprezzare
l’opportunità o meno della misura. La garanzia della tutela della qualità della prestazione
professionale a tutela dei consumatori e la buona amministrazione della giustizia sono – ha detto
ieri la Corte di giustizia, e dice oggi la Cassazione – “le ragioni imperative di interesse pubblico”
che giustificano una limitazione del principio di libera prestazione di servizi ad opera di una norma
interna che fissi minimi inderogabili. Ma la pronunzia non si ferma qui. La Cassazione si pone sulla
scia della scelta operata a Lussemburgo e si assume l’onere di attuarla entrando nel merito della
situazione italiana, e calando nel contesto socioeconomico nazionale il principio affermato per tutta
l’Unione dalla Cipolla Macrino. Spetta al giudice nazionale – aveva detto la Corte di giustizia –
valutare se le ragioni di interesse pubblico che in astratto possono giustificare un regime di minimi
tariffari sono rinvenibili in concreto, in ciascun Paese. La Cassazione non si tira indietro, e
sviluppando uno spunto già proprio della Cipolla Macrino (il numero dei legali), la completa e la
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CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
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prosegue, affermando che “pur non essendo una garanzia della qualità dei servizi non si può certo
escludere - ed anzi deve affermarsi - che nel contesto italiano, caratterizzato da una elevata presenza
di avvocati, le tariffe che fissano onorari minimi consentano di evitare una concorrenza che si
traduce nell’offerta di prestazioni “al ribasso”, tali da poter determinare un peggioramento della
qualità del servizio”.
“Non si può certo escludere – ed anzi deve affermarsi”, dice la Corte: e dunque ben può il
legislatore prevedere minimi inderogabili senza paura di violare il diritto comunitario, perché
appunto i fenomeni di offerte al ribasso che la rimozione dei minimi inevitabilmente comporta
possono incidere negativamente sulla qualità del servizio, in danno dell’utente consumatore.
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LA PUBBLICITÀ DELL’AVVOCATO
La Carta dei diritti fondamentali siglata a Nizza, oggi incorporata nel Trattato sul
funzionamento dell’Unione distingue la libertà professionale dalla libertà d’impresa, e
colloca l’esercizio di una professione liberamente scelta o accettata nell’ambito del diritto di
lavorare. Questo diritto/libertà viene riconosciuto ad ogni individuo, e non solo ai cittadini
dell’Unione, a questi si garantisce la libertà di stabilirsi o di prestare servizi in qualsiasi
Stato membro.
Se osserviamo più da vicino la questione della pubblicità, rileviamo come la direttiva CE
n.123 d.d. 12/12/2006 relativa ai servizi nel mercato interno ( c.d. Direttiva Bolkestein ),
sopprime ogni divieto in materia di pubblicità, ed in tal senso l’art. 24 si riferisce
esplicitamente alle professioni regolamentate. Tuttavia vi è un importante temperamento
all’art.24 c. 2, che impone la conformità del messaggio alle regole professionali, tenendo
conto della specificità della professione, nonché della indipendenza, della integrità, della
dignità e del segreto professionale. Fra l’altro la direttiva quando fa riferimento ai
professionisti, non usa il termine pubblicità, ma l’espressione “comunicazione commerciali
emananti dalle professioni regolamentate”
Quindi la direttiva Bolkestein pone limiti assolutamente peculiari alla pubblicità nelle
professioni, che distingue chiaramente dalla pubblicità strettamente commerciale, sul punto
si legga anche il considerando n. 96, secondo cui “le informazioni che il prestatore ha
l’obbligo di rendere disponibili nella documentazione con cui illustra in modo dettagliato i
suoi servizi non dovrebbero consistere in comunicazioni commerciali di carattere generale
come la pubblicità, ma piuttosto in una descrizione dettagliata dei servizi proposti”, dunque
netta distinzione tra concetto di pubblicità commerciale e pubblicità, o meglio
comunicazione, informativa, che fra l’altro, come visto, va regolamentata dai codici
deontologici.
Vale ora soffermarsi sulla direttiva 2005/29/CE d.d. 11 maggio 2005, “ relativa alle pratiche
commerciali il cui intento diretto è quello di influenzare le decisioni di natura commerciale
dei consumatori relative ai prodotti”, che ribadisce importanti concetti in tema di pubblicità,
quali il divieto della pubblicità ingannevole, della pubblicità molesta, della pubblicità
contraria alle norme di diligenza professionale.
Tale direttiva è stata attuata con D.L. 02/08/07 n. 146 che regola le c.d. pratiche
commerciali.
Lo stesso definisce la diligenza professionale come “il normale grado della specifica
competenza ed attenzione che ragionevolmente i consumatori attendono da un professionista
nei loro confronti rispetto ai principi generali di correttezza e di buona fede nel settore di
attività del professionista”.
Secondo tale decreto sono considerate, fra la altre, pratiche commerciali ingannevoli i
contenuti redazionali nei mezzi di comunicazione, qualora i costi siano stati sostenuti dal
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professionista senza che ciò emerga dai contenuti o da immagini o suoni chiaramente
individuabili per il consumatore.
Ancora, viene considerata pratica commerciale aggressiva lo sfruttamento da parte del
professionista di qualsivoglia evento tragico o circostanza specifica di gravità tale da alterare
la capacità di valutazione del consumatore, al fine di influenzarne la decisione relativa al
prodotto.
Pratica aggressiva è anche quella di effettuare ripetute e non richieste sollecitazioni
commerciali per telefono, via fax, per posta elettronica o mediante altro mezzo di
comunicazione a distanza.
Il richiamato decreto legislativo, poi, delinea i poteri di intervento, in materia di pratiche
commerciali scorrette, dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Rammentiamo anche il Decreto Legislativo 9 aprile 2003 N. 70 (attuazione della direttiva
2000/31/CE), avente ad oggetto taluni aspetti giuridici dei servizi della società della
informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico
(internet).
Tale decreto prevede all’art.10, che la comunicazione commerciale nelle professioni
regolamentate “deve essere conforme alle regole di deontologia professionale e in
particolare all’indipendenza, alla dignità, all’onore della professione, al segreto
professionale e alla lealtà verso clienti e colleghi”.
Richiamiamo in chiusura la sentenza della Corte di Giustizia Europea, sez. seconda, del 13
marzo 2008, nella causa n. 446/05, la quale afferma che una normativa nazionale (nella
specie la legge belga 15 aprile 1958 relativa alla pubblicità in materia di cure dentistiche)
che vieti a chiunque nonché ai prestatori di cure dentistiche, nell’ambito di una libera
professione o di uno studio dentistico, di effettuare qualsivoglia pubblicità nel settore delle
cure dentistiche, non contrasta con l’art. 81 del Trattato che tutela la libera concorrenza
all’interno del mercato unico.
Insomma, sia le fonti europee, che le fonti interne, distinguono chiaramente la pubblicità
commerciale dall’attività informativa dell’Avvocato.
La norma del codice deontologico, nella versione approvata nel 1997, recitava recisamente
«È vietata qualsiasi forma di pubblicità dell’attività professionale».
I notevoli mutamenti del contesto socio-economico degli ultimi anni ed una forte pressione
di alcuni settori dell’opinione pubblica hanno condotto il C.N.F. a modifiche, in senso
ampliativi, delle facoltà comunicative del professionista.
Fino al 2006 il codice deontologico elencava puntualmente i mezzi attraverso i quali era
possibile comunicare a terzi l’attività dello studio. Erano sostanzialmente esclusi i mass
media, con l’eccezione di «gli annuari professionali, le rubriche telefoniche, le riviste e le
pubblicazioni in materie giuridiche», ma anche «i siti web con domini propri e direttamente
riconducibili all’avvocato, allo studio legale associato, alla società di avvocati, sui quali gli
stessi operano una completa gestione dei contenuti e previa comunicazione al Consiglio
dell’Ordine di appartenenza».
Con l’ultima modifica, approvata dal C.N.F. il 14 dicembre 2006, si è affermato l’opposto
principio, ossia quello della libertà di forme nella comunicazione di informazioni
sull’attività professionale: attualmente l’iscritto può rendere nota l’attività dello studio legale
con i mezzi più idonei purché si rispetti il precetto secondo cui «il contenuto e la forma
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dell’informazione devono essere coerenti con la finalità della tutela dell’affidamento della
collettività e rispondere a criteri di trasparenza e veridicità» (art. 17 c.d.f.).
Più specificamente, quanto al contenuto «l’informazione deve essere conforme a verità e
correttezza e non può avere ad oggetto notizie riservate o coperte dal segreto
professionale», mentre rispetto alla forma ed alla modalità «l’informazione deve rispettare
la dignità e il decoro della professione».
I principî di dignità, decoro e lealtà nello svolgimento (e nella comunicazione) delle attività
professionali sono, nell’ottica della deontologia forense, superiori all’interesse
all’acquisizione di nuova clientela (cfr., ad es., C.N.F., sent. 31 dicembre 2007, n. 268).
Un primo principio di carattere applicativo, dunque, è senz’altro quello di evitare che nella
realizzazione ed erogazione del servizio possano esservi elementi in contrasto con le
esigenze di decoro e dignità della professione (art. 5 c.d.f.), quali ad esempio espressioni
eccessive o banner pubblicitarî eticamente sensibili (si pensi a giochi d’azzardo, a prodotti
alcolici o a possibili rinvii a siti di carattere erotico, solo per richiamare alcuni temi
classici)1.
Il criterio a cui è informata la nuova disciplina è quello, quindi, di una tendenziale libertà
dell’avvocato di informare nel modo che ritiene più opportuno circa le caratteristiche della
propria attività professionale, ma la scelta di apertura non è valsa a trasformare la
comunicazione consentita in “pubblicità”, con ciò mantenendo un concetto negativo del
confronto tra avvocati inteso come paragone tra prodotti, una forma di competizione
evidentemente difficile da coniugare con l’attività di difesa dei diritti propria del legale.
Ritornando più specificamente alla facoltà dell’avvocato di utilizzare i mezzi che ritiene più
opportuni per la realizzazione di una informazione circa la propria attività professionale, è
evidente che si è voluto includere in tale ambito di libertà anche l’informazione attraverso i
nuovi mezzi di comunicazione elettronica, ed in particolare con internet.
Nel susseguirsi delle modifiche è stata conservata una norma che specificamente riguarda
l’utilizzo di siti web a scopi di informazione professionale. Si tratta del terzo comma dell’art.
17-bis c.d.f. (rubricato Modalità dell’informazione), il quale recita «L’avvocato può
utilizzare esclusivamente i siti web con domini propri e direttamente riconducibili a sé, allo
studio legale associato o alla società di avvocati alla quale partecipa, previa comunicazione
al Consiglio dell’Ordine di appartenenza della forma e del contenuto in cui è espresso».
La norma non comporta un impedimento per l’avvocato a comparire in siti gestiti da terzi,
salvo il rispetto degli altri principî deontologici sul quomodo di tale presenza. Ciò che,
invece, è interdetto nello spirito della norma è l’utilizzo surrettizio di siti di natura diversa
(es. siti di informazione al cittadino, al consumatore oppure siti di consultazione su
tematiche specifiche) per promuovere in realtà un’attività di studio legale; la pubblicità
occulta o dissimulata è senz’altro contraria a quella lealtà e correttezza minime richieste al
professionista forense.
Quest’ordine di considerazioni può giustificare appieno l’orientamento restrittivo assunto da
alcuni ordini circondariali circa la consulenza legale via web quando realizzata attraverso siti
di terzi (C.O.A. Pistoia, delib. 28 novembre 2003 e già C.N.F., par. 21 novembre 2001), la
1
Si tratta di preoccupazioni concrete. Ad esempio si consideri la recente sentenza C.N.F. 10 dicembre 2007, n. 211, con
la quale il Consiglio nazionale ha condannato un professionista per aver inserito nel proprio sito web l’immagine della
moglie in abiti succinti al fine di attrarre clientela.
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promozione dell’attività di uno studio legale realizzata all’interno di una rete telematica di
un ente (C.O.A. Roma, 16 giugno 2005) oppure lo sfruttamento della qualità di webmaster o
di curatore di un sito di attualità giuridica a scopi pubblicitarî (C.N.F., par. 27 aprile 2005, n.
35 e C.O.A. Roma, par. 30 novembre 2006).
Il codice deontologico si occupa altresì di indicare il contenuto minimo della comunicazione
informativa professionale.
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LA SPECIALITÀ COSTITUZIONALE DELL’AVVOCATURA
SOMMARIO: 1. I riferimenti all’avvocatura nella Costituzione vigente e nei lavori preparatori in Assemblea
costituente. – 2. L’art. 24 della Costituzione: la difesa tecnica e il contraddittorio. – 3. Conclusioni. –
4. Bibliografia minima.
1.
I riferimenti all’avvocatura nella Costituzione vigente e nei lavori preparatori in
Assemblea costituente.
1.1. Il dato di diritto positivo (di rango costituzionale) dal quale partire consiste nella
constatazione delle numerose norme che già oggi offrono “copertura costituzionale” alla
professione di avvocato.
Numerose norme costituzionali contemplano infatti la qualità di avvocato sia come requisito
soggettivo necessario ai fini dell’elettorato passivo per il CSM (art. 104, comma 4), e per la Corte
costituzionale (art. 135, comma 2), sia come causa di incompatibilità con l’assunzione dei rispettivi
munera (cfr. art. 104, comma 7, che esclude che i componenti del CSM possano essere iscritti in
albi professionali, e art. 135, comma 6, in forza del quale “l’ufficio di giudice della Corte è
incompatibile con ….l’esercizio della professione forense”).
1.2. Oltre alle norme indicate si segnala per la sua importanza l’art. 106, comma 3, Cost, in
forza del quale “su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati
all'ufficio di consiglieri di cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie
giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni d'esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le
giurisdizioni superiori”. La disposizione, pienamente attuata solo con la legge 5 agosto 1998, n.
303, che prevede una procedura che si snoda attraverso una segnalazione non vincolante operata dal
Consiglio nazionale forense, letta alla luce di un’interpretazione sistematica e soprattutto in
collegamento con il nuovo art. 111 Cost., depone nel senso di uno status particolare della
professione forense tra le altre professioni, sia per il ruolo coessenziale (al pari della
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magistratura) di tale professione all’esercizio della funzione sovrana per eccellenza, la
giurisdizione, sia appunto per il riconoscimento operato dalla Carta costituzionale ai fini
dell’integrazione di organi quali la Corte di cassazione, la Corte costituzionale, il Consiglio
superiore della magistratura.
1.3. La coessenzialità della professione forense all’esercizio della giurisdizione è stata di
recente anche simbolicamente riconosciuta dal legislatore ordinario all’atto di disciplinare la
cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario: la legge delega per la riforma dell’ordinamento
giudiziario (la legge 25 luglio 2005, n. 150) prevede all’art. 2, comma 29, che in quella solenne
assise, dopo la relazione del Primo Presidente della Corte di cassazione, prenda la parola, oltre al
Procuratore generale, al Vicepresidente del CSM e al Ministro della giustizia, anche il Presidente
del Consiglio nazionale forense1.
1.4. A proposito del rilievo costituzionale della professione di avvocato, può essere
interessante in questa sede rilevare come nella stagione costituente non mancarono progetti e
proposte (riferibili a giuristi della statura di Piero Calamandrei) di inserimento della partecipazione
dell’ordine forense addirittura alle procedure di investitura dei giudici costituzionali. Nel 1945 il
Ministero per la Costituente insediò la Commissione Forti, l’organo incaricato per primo di studiare
le forme di riorganizzazione dello Stato apparato. Questa commissione, riconosciuta l’utilità
dell’introduzione nel sistema italiano di un meccanismo di controllo dell’esercizio del potere
legislativo, elaborò la proposta di un’azione popolare volta all’annullamento per contrarietà alla
Costituzione di una legge, proponibile entro un certo termine dalla pubblicazione della legge stessa.
Sull’azione popolare avrebbe dovuto pronunciarsi una Corte costituzionale composta di membri
1 Non è questa la sede per indulgere nell’analisi del significato di senso di tale innovazione simbolica; basti qui
richiamare i casi sempre più frequenti di interventi normativi che rivalutano alcuni aspetti simbolici della vita pubblica
(si pensi, a titolo di esempio, alle norme sull’esposizione della bandiera nazionale, alla costituzionalizzazione della
funzione di Capitale in capo alla città Roma, all’istituzione di ricorrenze legate alla memoria storica comune), frutto di
una ritrovata consapevolezza – dovuta certamente anche al lodevole impegno in questo senso del Capo dello Stato –
intorno alla capacità dei simboli di richiamarci ad “un sentimento di più forte adesione collettiva ai valori
fondamentalissimi dell’assetto repubblicano” (G. SALERNO, Il dovere di fedeltà tra simbolismo costituzionale e
patriottismo repubblicano, in AA. VV., Studi in onore di Gianni Ferrara, vol. III, Giappichelli, Torino 2005, 511 ss.;
sul rilievo di profili simbolici nella conformazione normativa della professione forense, ed in particolare sull’istituto del
giuramento degli avvocati, vedi le riflessioni di S. STAMMATI, Del giuramento professionale degli avvocati: significati
originari e attuali della formula giuratoria, in Giur. cost., 2002, 3055 ss.; ID, Il giuramento professionale degli
avvocati: specificità dei suoi problemi entro quelli comuni a tutti i giuramenti, in Giur. cost., 2002, 3397 ss.).
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eletti dalla Cassazione tra propri magistrati, e in proporzione via via minore, dal Consiglio di Stato,
dalla Corte dei conti, dai Consigli dell’ordine forense2.
In Assemblea costituente il riferimento viene ripreso in seno ai lavori della Commissione dei 75, la
cui seconda sottocommissione si occupò del tema sulla base di tre relazioni, l’una di Calamandrei,
l’altra di Leone, la terza di Patricolo. Nella relazione di Calamandrei, la Corte avrebbe dovuto
essere composta per metà da magistrati di Cassazione eletti dai magistrati, e per l’altra metà da
professori di diritto e avvocati eletti dalla Camera sulla base di elenchi formati dalle Università e dai
Consigli forensi3.
2.
L’art. 24 della Costituzione: la difesa tecnica e il contraddittorio.
2.1. Il riferimento testuale principale per la “copertura costituzionale” dell’avvocato è l’art.
24 Cost., in forza del quale “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi
legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Sono assicurati ai
non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. La
legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari”.
È bene approfondire il contenuto precettivo della disposizione, al fine di confutare l’idea che la
disposizione non rechi una piena protezione costituzionale della figura dell’avvocato e del suo ruolo
processuale. Come si è detto, quella di avvocato è invero l’unica professione menzionata
espressamente in Costituzione. Si tratta pertanto dell’unica professione costituzionalmente
necessaria, nel senso che il legislatore non potrebbe in nessun caso, con legge formale ordinaria,
sopprimere la figura professionale dell’avvocato. A bene vedere, tuttavia, deve ritenersi che
neanche in sede di eventuale revisione della Costituzione il legislatore (di rango costituzionale)
possa sopprimere la figura professionale dell’avvocato, considerato che il diritto di difesa di cui
all’art. 24 Cost. comprende certamente la difesa tecnica, ovvero la difesa effettuata
dall’avvocato, e che il diritto di difesa è diritto fondamentale del cittadino (e del non cittadino)
2 Cfr. G. D’ALESSIO (a cura di), Alle origini della Costituzione italiana. I lavori preparatori della
“Commissione per studi attinenti alla riorganizzazione dello Stato (1945-1946), Il Mulino, Bologna, 1979, 139 e ssg..
3 Cfr. C. RODOTÀ, Storia della Corte costituzionale, Laterza, Roma-Bari 1999, 6. Per ulteriori riferimenti, vedi
G. COLAVITTI, Gli interessi pubblici connessi all’ordinamento delle professioni libere: la Corte conferma l’assetto
consolidato dei principi fondamentali in materia di professioni (Nota a Corte costituzionale 24 ottobre – 3 novembre
2005, n. 405), in Giur. cost. 2006, 4417 e ssg.
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senz’altro riconducibile a quel nucleo irrinunciabile dei principi supremi dell’ordinamento e dei
diritti fondamentali che non possono essere modificati neanche in sede di revisione costituzionale, a
meno di non sovvertire l’ordine costituzionale, e fondarne uno nuovo4.
2.2. È insomma dato acquisito fin dalle primissime pronunzie della Corte costituzionale
sull’art. 24 che lo stesso implichi la necessaria presenza dell’avvocato. Tale asserzione non
abbisogna di dimostrazione. Bastino le parole della Corte costituzionale in una delle sue primissime
sentenze (Corte costituzionale 8 marzo 1957, n. 46, Pres. De Nicola - Rel. Battaglini): “Per cogliere
il significato e la portata del diritto della difesa, con tanta energia proclamato dalla Costituzione
come inviolabile in ogni stato e grado del procedimento, è necessario porre in relazione il diritto
stesso con il riconoscimento del diritto, per ogni cittadino enunciato nella prima parte del
medesimo art. 24, di potere agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. In
questo modo si rende concreto e non soltanto apparente il diritto alla prestazione giurisdizionale,
che è fondamentale in ogni ordinamento basato sulle esigenze indefettibili della giustizia e sui
cardini dello Stato di diritto. II diritto della difesa, pertanto, intimamente legato alla esplicazione
del potere giurisdizionale e alla possibilità di rimuovere le difficoltà di carattere economico che
possono opporsi (come si è detto nel terzo comma dello stesso art. 24) al concreto esercizio del
diritto medesimo, deve essere inteso come potestà effettiva della assistenza tecnica e professionale
nello svolgimento di qualsiasi processo, in modo che venga assicurato il contraddittorio e venga
rimosso ogni ostacolo a far valere le ragioni delle parti”.
2.3. Sotto questo profilo, essendo evidentemente connesso con le basi costituzionali dello
Stato di diritto, la necessità dell’avvocato per la difesa in giudizio deve ritenersi non solo elemento
indefettibile alla forma di Stato democratica, ma anche – evidentemente – conquista irrinunciabile
della civiltà giuridica perfino precedente all’instaurazione di regimi democratici (atteso che lo Stato
di diritto è esperienza storica ed istituzionale certamente precedente).
2.4. Ancora con riferimento al contenuto precettivo dell’art. 24 Cost., va detto che la difesa
tecnica è evidentemente strettamente connessa al diritto al contraddittorio di cui all’art. 111 Cost.:
4 Afferma espressamente la Corte costituzionale che il diritto alla tutela giurisdizionale è “Diritto, questo, che
la Corte ha già annoverato «fra quelli inviolabili dell'uomo, che la Costituzione garantisce all'art. 2» (sent. n. 98 del
1965), e che non esita ora ad ascrivere tra i principi supremi del nostro ordinamento costituzionale, in cui è intimamente
connesso con lo stesso principio di democrazia l'assicurare a tutti e sempre, per qualsiasi controversia, un giudice e un
giudizio” (Corte cost. 22 gennaio 1982, n. 18).
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in questo senso il diritto al contraddittorio altro non è che l’aspetto sostanziale della difesa tecnica,
in quanto consente “di far valere – appunto – le ragioni delle parti” (Corte cost. sent. ult. cit.): in
ogni caso, i due aspetti del diritto di difesa (tecnico e sostanziale) non possono costituire due entità
distinte, poiché il primo è indispensabile ad offrire un effettivo e concreto sostegno al secondo;
d’altronde l’assistenza tecnica si ridurrebbe ad una mera formalità se alla parte non fossero attribuiti
reali poteri difensivi. È necessario pertanto individuare le condizioni di effettività che consentono
alla parte ed al suo procuratore l’esercizio di adeguati poteri difensivi”5.
2.5. Il diritto di difesa non solo ricomprende la necessità della difesa tecnica, ma anche si
estende fino a fornire copertura costituzionale anche ad alcuni caratteri che connotano l’esercizio
della professione forense, compreso il dovere di osservare il segreto professionale, riconosciuto
anche dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo come elemento necessario del diritto al
giusto processo (art.6, CEDU), in quanto oggetto di un diritto fondamentale dell’assistito, e non di
un privilegio dell’avvocato6.
3.
Conclusioni.
A fronte delle iniziali perplessità relative al ruolo dell’avvocatura, inizialmente considerata
semplicemente quale “contropotere” in grado di bilanciare gli eventuali eccessi di altri poteri, come
si evince dal pensiero di Francesco Carrara7, una volta considerato il quadro descritto deve ritenersi
che il ruolo costituzionale dell’avvocato sia pienamente riconosciuto nella Carta costituzionale, in
quanto già ampiamente coperto e protetto dalla Costituzione vigente.
5 A. POLICE, Art. 24, in R. BIFULCO, A. CELOTTO, M. OLIVETTI, Commentario alla Costituzione, Utet, Milano
2006, 501 ss., 511-512.
6 La Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto sussistere un diritto fondamentale al segreto professionale
in capo al cliente, senza alcuna limitazione di ordine soggettivo, ad esempio anche con riferimento al detenuto (Corte
europea dei diritto dell’uomo, 28 novembre 1991, S. c. Suisse, in Rev. Trim. droit de l’homme, 1993, 295 e 297). Sul
segreto professionale, vedi, tra gli altri, G. COLAVITTI, Segreto professionale e diritto di difesa nelle tradizioni
costituzionali comuni europee (in ricordo di Sergio Panunzio), in F. CERRONE, M. VOLPI (a cura di), Sergio Panunzio.
Profilo intellettuale di un giurista, Jovene ed., Napoli 2007, 573-600.
7
Carrara, infatti, a margine dei lavori preparatori della prima legge dell’Italia unita in tema di ordini forensi,
vedeva nell’avvocatura organizzata in un ordine un corpo collettivo, capace di contrastare gli abusi del potere esecutivo:
sul punto, cfr. F. CARRARA, Il passato, il presente e l’avvenire degli avvocati in Italia, Milano, Giuffrè, 1998, 30
(ristampa; orig.: 1874), che pone al centro della riflessione l’ordine forense: “l’Ordine degli Avvocati ha dalla sua
propria natura, e sotto qualsiasi forma di governo, una missione antica quanto il primo patrono che sorse ad impedire
che col pretesto del diritto si violasse il diritto.
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4.
Bibliografia minima.
A. POLICE, Art. 24, in R. BIFULCO, A. CELOTTO, M. OLIVETTI, Commentario alla Costituzione,
Utet, Milano 2006, 501 ss.
G. DE VERGOTTINI, Il diritto di difesa come principio fondamentale della partecipazione al
processo, in Diritto e società, 1986, 97 ss.
G. MORBIDELLI, La tutela giurisdizionale dei diritti nell’ordinamento comunitario, Milano
2001.
L. MOSCARINI, La tutela dei diritti, Napoli 2003
COMOGLIO, La garanzia costituzionale dell’azione, Padova 1970.
TROCKER, Assistenza legale e giustizia civile, Milano 1979.
198
ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
CONGRESSO STRAORDINARIO FORENSE
MILANO
23-24 MARZO 2012
AVVOCATURA E COSTITUZIONE
Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431
www.oua.it - e-mail: [email protected]
199
200
ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA
INDICE
1)
2)
3)
4)
5)
Mozione OUA Avvocatura soggetto costituzionale;
Comunicato stampa OUA 4 novembre 2010;
Proposta di legge On. Gaetano Pecorella n. 2556;
Articolo Avv. Maurizio de Tilla – Presidente OUA;
Relazione del Prof. Riccardo Chieppa (Pres. Emerito Corte Costituzionale) alla
VII Conferenza Nazionale dell‟Avvocatura;
6) Relazione del Prof. Avv. Annibale Marini (Pres. Emerito Corte Costituzionale)
alla VII Conferenza Nazionale dell‟Avvocatura;
7) Relazione del Prof. Avv. Aldo Loiodice (Ordinario di diritto costituzionale
nell‟Università di Bari e docente di diritto amministrativo nell‟Università
Europea di Roma) alla VII Conferenza Nazionale dell‟Avvocatura;
8) Relazione Prof. Avv. Gian Franco Ricci (Ordinario nell‟Università di Bologna)
alla VII Conferenza Nazionale dell‟Avvocatura;
Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79
www.oua.it
[email protected]
201
202
ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA
L’AVVOCATURA È UN SOGGETTO COSTITUZIONALE.
LA PROPOSTA DI MODIFICA DELLA COSTITUZIONE
La riforma del titolo IV della parte II della Costituzione non è operazione di semplice
ingegneria istituzionale ma deve ispirarsi ai valori fondamentali della Carta
Costituzionale, tra i quali, in particolare, l‟art. 24, che stabilisce il diritto alla tutela
giurisdizionale e il diritto alla difesa.
Dalle crescenti e diversificate istanze sociali e dall‟aumento della domanda di controllo dei pubblici poteri deriva la centralità della giurisdizione, che è dato sociale ed
istituzionale innegabile ed irreversibile in tutte le società evolute.
Per le funzioni che è chiamata ad assolvere la giurisdizione non può che essere autonoma.
Una giurisdizione rispondente alle esigenze ed alle istanze ricordate, e compatibile
con i valori fondamentali della Costituzione, non può prescindere dall‟esercizio pieno
del diritto di difesa che ne costituisce l‟elemento coessenziale.
Autonomia, indipendenza, pienezza, centralità della giurisdizione non possono tuttavia significare onnipotenza e sottrazione della stessa ad ogni limite e controllo, che
tuttavia non può essere esercitato dal potere politico o, peggio ancora, rimesso
all‟opinione pubblica.
Occorre un controllo permanente e diffuso, interno alla stessa giurisdizione e quindi
insito nella sua stessa fonte di legittimazione, che è e deve essere costituito solo ed
esclusivamente dal rigoroso rispetto delle regole che disciplinano il processo e dalla
indefettibile osservanza delle garanzie e dei diritti individuali. E se il processo è la
sede propria dell‟esercizio della giurisdizione, la rilevanza costituzionale di
quest‟ultima non può che estendersi a tutti i soggetti che ad esso partecipano da
protagonisti, e quindi non solo alla magistratura, come accade attualmente, ma anche
all‟avvocatura, in coerenza con quanto stabilito dall‟art. 24 della Costituzione sul diritto di difesa dei cittadini.
La pari rilevanza costituzionale dei soggetti della giurisdizione rappresenta un bilanciamento all‟interno di tale funzione statale, che è garanzia. di neutralizzazione delle
distorsioni e degenerazioni, senza bisogno di ricorrere a vincoli esterni. Ne discende
che l‟autonomia e la rappresentatività della giurisdizione non può che essere affidata,
a livello costituzionale, a tutti i soggetti che ad essa concorrono.
Le diverse componenti conserverebbero, ovviamente, la loro autonomia e specificità,
il proprio ruolo, e le rispettive attività amministrative di gestione. La giurisdizione
disciplinare verrebbe gestita da singoli organi, uno per ciascuna componente. Dal
mutato assetto della forma di rappresentanza e autonomia della giurisdizione discenderebbe una rilettura radicale di alcuni temi cruciali degli ultimi tempi.
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203
ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA
Ciò posto, occorre dunque innanzitutto che cambi la rubrica del “titolo quarto” da
“La magistratura” in “La giurisdizione”.
La magistratura infatti esplica un ruolo, fondamentale ma non esclusivo nella giurisdizione e, comunque, non può identificarsi con la giurisdizione.
Il “titolo” dovrebbe articolarsi in tre “sezioni”; la prima dedicata ai principi fondamentali della funzione giurisdizionale, la seconda contenente quelli riguardanti la
magistratura. la terza quelli relativi alla difesa ed alla Avvocatura.
Nella “sezione prima” si afferma il principio della essenzialità delle due componenti
della giurisdizione e della loro pari dignità nonché della assoluta parità tra le parti nel
processo.
Si prevede l‟impegno della Repubblica ad assicurare una ragionevole durata del processo e l‟adeguatezza dei costi della giustizia.
Nella “sezione seconda” si tratta della magistratura.
Si introduce come principio costituzionale la separazione dei ruoli, tra i magistrati
giudicanti e quelli requirenti. Si intende dire la separazione delle carriere.
La separazione delle carriere, cioè i ruoli distinti e definitivamente separati, postula
concorsi diversi.
Nell‟ordinamento giudiziario dovranno prevedersi quali debbano essere le specifiche
garanzie di autonomia e indipendenza per la magistratura requirente.
La “sezione terza”, infine, tratta della avvocatura.
Si costituzionalizza il principio della difesa come funzione essenziale in ogni procedimento giudiziario e della incompatibilità fra lo svolgimento della attività di avvocato con ogni altra, ivi compresa quella di magistrato onorario, salvo che non si tratti
di giudice di equità.
Si dà attuazione, attraverso un principio costituzionale, al diritto della difesa prevedendosi che i costi facciano carico allo Stato ma che la organizzazione concreta della
difesa per i non abbienti venga affidata alle istituzioni dell‟Avvocatura.
Si costituzionalizza, infine, il principio della iscrizione all‟albo professionale e;
conformemente a quanto accade per la magistratura. quello della giurisdizione
domestica.
TITOLO IV
LA GIURISDIZIONE
SEZIONE I
LA FUNZIONE GIURISDIZIONALE
Articolo 101
1. La giustizia è amministrata in nome del popolo.
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204
ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA
2. La magistratura e l‟avvocatura sono, con pari dignità, le componenti della
giurisdizione.
3. La legge assicura la terzietà del giudice e la parità fra le parti nel processo.
4. La Repubblica assicura la ragionevole durata di un processo giusto e l‟adeguatezza
degli strumenti e dei costi della giustizia.
Articoli successivi (Omissis)
SEZIONE II
LA MAGISTRATURA
Articolo 108
1. L‟ordine giudiziario è costituito, in ruoli distinti e separati, dai magistrati
giudicanti e da quelli inquirenti.
2. Nell‟esercizio della giurisdizione i magistrati si distinguono fra loro solo per la
diversità delle funzioni.
3. 1 magistrati giudicanti sono soggetti soltanto alla legge; i magistrati inquirenti
godono delle garanzie stabilite nei loro riguardi dalla legge.
4. La legge determina le modalità di coordinamento degli Uffici del Pubblico
Ministero.
5. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ed i procuratori generali
presso le corti di appello (in una diversa previsione ordinamento/e: “i capi degli
Uffici distrettuali del pubblico ministero”) riferiscono al Consiglio Superiore della
Magistratura circa le modalità dell‟esercizio dell‟azione penale.
6. La responsabilità civile e disciplinare dei magistrati è regolata dalla legge.
Articolo 109
1. L‟ordine giudiziario, nei due ruoli separati, è autonomo ed indipendente da ogni
potere.
Articoli successivi (Omissis)
SEZIONE III
L‟AVVOCATURA
Articolo 113
1. L‟avvocatura è libera ed indipendente.
2. La difesa è funzione essenziale in ogni procedimento giudiziario.
3. L‟esercizio della professione forense è incompatibile con lo svolgimento delle
funzioni di magistrato.
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205
ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA
4. La legge assicura alle parti una adeguata difesa; quella dei non abbienti, a carico
dello Stato, è garantita dalle istituzioni dell‟avvocatura con le modalità previste
dalla legge.
5. L‟avvocatura concorre, con propri rappresentanti, all‟Amministrazione della
giustizia nelle diverse articolazioni.
Articolo 114
1. L‟esercizio della professione forense è consentito solo agli iscritti agli albi.
2. La legge determina le modalità di accesso e le condizioni di permanenza negli albi.
3. Il Consiglio Nazionale Forense, composto ed eletto con le forme previste dalla
legge, è organo giurisdizionale in materia disciplinare.
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206
ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA
COMUNICATO STAMPA
GIUSTIZIA, OUA: PER AVERE DAVVERO UN GIUSTO PROCESSO
SERVE PARITÀ TRA ACCUSA E DIFESA
ALLA CAMERA DEI DEPUTATI GIOVEDÌ 11 NOVEMBRE CONVEGNO SU:
“AVVOCATURA SOGGETTO COSTITUZIONALE NELLA GIURISDIZIONE”
“Il riconoscimento dell’avvocatura come soggetto costituzionale nella
giurisdizione è una riforma necessaria. È lodevole l’iniziativa della Camera dei
Deputati che organizza un convegno su questo importante tema”. Questo il
positivo commento di Maurizio de Tilla, presidente Organismo Unitario
Avvocatura, sul convegno: “Avvocatura soggetto costituzionale nella
giurisdizione”, organizzato alla Camera dei Deputati giovedì 11 novembre (alle
ore 15 - Sala della Lupa).
Il presidente dell’organismo di rappresentanza politica dell’avvocatura, Oua,
che da mesi è impegnato su questa proposta di riforma, ha voluto sottolineare che
«per una visione strategica sulla giustizia va anzitutto prestata la giusta attenzione
alla importante funzione dell’avvocatura nell’ambito della giurisdizione». «Lo
stesso Parlamento europeo – spiega - in una importante risoluzione del 23 marzo
2006, ha riaffermato il pieno riconoscimento della funzione cruciale esercitata dalla
professione di avvocato in una società democratica, al fine di garantire il rispetto
dei diritti fondamentali, lo Stato di diritto e la sicurezza nell‟applicazione della
legge».
«La presenza dell’avvocato nei processi – aggiunge de Tilla - è stata configurata
come strumento per porre rimedio alle naturali disparità delle parti. Il ruolo
dell‟avvocato è, quindi, essenzialmente una funzione, non solo dal punto di vista
giuridico, ma anche politico e sociale, perché stando tra le parti e i giudici, gli
avvocati costituiscono l‟elemento fondamentale attraverso il quale i rapporti fra
l‟amministrazione della giustizia e i cittadini possono migliorare, crescendo da un
lato l‟autorità, dall‟altro la fiducia.
Il corretto funzionamento del sistema della giustizia, quindi, dipende non solo
dall‟assetto dell‟apparato e dei mezzi che sono assegnati a tale compito, ma anche
dall’indipendenza e dai rapporti equilibrati tra giudici e avvocati. Entrambi i
soggetti (avvocati e magistrati) sono quindi i protagonisti della giurisdizione».
«In quest‟ambito – ribadisce il presidente Oua - si colloca la proposta
dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura che chiede l’inserimento nel titolo IV
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207
ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA
della Costituzione di alcune norme specifiche e l‟allargamento dell‟ambito a tutti i
soggetti della giurisdizione, compresa l’Avvocatura. L’assenza, infatti, del
soggetto “Avvocatura” nel titolo IV della Parte II della Costituzione, titolato “La
Magistratura”, è il probabile residuo della visione di un‟idea autoritaria che
considera la tutela giudiziaria come un servizio che lo Stato rende al cittadino. Per
questo il titolo è dedicato alla Magistratura che è colei che eroga il servizio. Ma da
tale visione è assente ogni connotato dello Stato democratico, lo Stato di oggi, nel
quale la funzione giudiziaria non va più vista solo come un servizio che esso può
concedere, ma anche e principalmente come oggetto dell‟aspirazione di un diritto del
cittadino ad ottenerla. Nessun cenno nelle norme costituzionali sulla giurisdizione vi
è, infatti, all‟altro protagonista fondamentale della realtà giudiziaria, cioè
all‟avvocato, sulla cui opera si riverbera il desiderio e l‟ansia del cittadino ad ottenere
giustizia».
«Da qui può e deve consolidarsi un discorso serio – conclude de Tilla - sulla riforma
del sistema giustizia, sul giusto processo e sui contenuti della giurisdizione che
parta non solo dalla modifica costituzionale, ma anche da una più puntuale
legislazione ordinaria. In questo senso va la proposta di legge presentata
dall’onorevole Pecorella e in questa direzione va la grande attenzione dimostrata
dal vice presidente della Camera, Antonio Leone con l‟organizzazione di un
convegno su questo importante tema, il prossimo 11 novembre, alla sala della Lupa,
con la partecipazione del sottosegretario Giacomo Caliendo, del presidente della
Commissione Giustizia, Giulia Bongiorno, del prof. Giorgio Orsoni, con lo stesso
Gaetano Pecorella e con l’intervento dell’Oua».
Roma, 4 novembre 2010
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CAMERA DEI DEPUTATI N. 2556
—
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE
d’iniziativa del deputato PECORELLA
Introduzione della sezione I-bis del titolo IV della parte seconda della Costituzione, concernente
l‟avvocatura
Presentata il 26 giugno 2009
ONOREVOLI COLLEGHI! – La funzione dell‟avvocatura è prevista, in tutta la sua pienezza, a
livello costituzionale, nell‟articolo 24 che riconosce e garantisce, come diritto inviolabile, la difesa
in ogni stato e grado del procedimento. La « inviolabilità » significa, come è ovvio, non solo che
nessuna legge ordinaria può limitare questo diritto, ma altresì, e in forma assai più incisiva, che non
è consentito neanche al legislatore costituzionale limitare tale diritto.
Ciononostante l‟avvocatura, come soggetto della giurisdizione, non è richiamata in alcuna norma
costituzionale, né sono definite le sue prerogative. Il che la differenzia negativamente rispetto al
riconoscimento e alla costituzionalizzazione, dalle altre figure della giurisdizione: il giudice e il
pubblico ministero.
È chiaro che l‟introduzione di norme che definiscono la figura dell‟avvocato dovrà avvenire,
preferibilmente, all‟interno di una complessiva rielaborazione dell‟intero titolo IV della parte
seconda della Costituzione, di cui naturalmente dovrà modificarsi l‟intestazione da « La
Magistratura», in « I soggetti della giurisdizione ».
Peraltro, già le disposizioni vigenti del citato titolo IV sono state oggetto di proposte di riforma
anche molto radicali, come l‟introduzione della giuria o la separazione delle carriere: ragion per cui
il legislatore dovrà porre mano a tutto il settore in un unico contesto e secondo una nuova cultura
della giurisdizione, che muove proprio dal nuovo articolo 111.
Motivi di perplessità potranno esserci, e potranno venire proprio dall‟avvocatura, oltre che, ma per
motivi assai diversi, dalla magistratura. Si teme, probabilmente, che la previsione in Costituzione
della figura dell‟avvocato possa fare di lui un soggetto tendenzialmente pubblico: il che, del resto,
sta già avvenendo, a seguito del riconoscimento delle indagini difensive, ma con il solo obiettivo di
sottoporre il difensore a responsabilità, della cui esistenza è dominus la controparte, e cioè il
pubblico ministero.
È questa, al contrario, una buona ragione per la previsione in Costituzione della figura
dell‟avvocato, così da ribadirne il carattere strettamente privatistico. La presente proposta di legge
costituzionale introduce la sezione I-bis del titolo IV della parte seconda della Costituzione,
intestata « Avvocatura » e composta dagli articoli 110-bis e 110-ter.
L‟articolo 110-bis ribadisce, tra l‟altro, che l‟avvocatura è un‟attività privata, libera e indipendente.
L‟indipendenza dell‟avvocatura significa non soltanto autonomia dai poteri dello Stato, ma altresì,
precisi limiti alle interferenze del potere economico, oltre a ribadire la regola secondo cui
l‟avvocato deve conservare la propria libertà anche rispetto al cliente. Lo stesso articolo 110-bis
afferma che la difesa è una funzione essenziale in ogni procedimento giudiziario: ribadendo, così,
non solo i princìpi dell‟articolo 24, ma riconoscendo anche il ruolo dell‟avvocato, insieme al diritto
dell‟assistito.
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209
ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA
Non meno significativo è stabilire che l‟avvocatura concorre all‟amministrazione della giustizia
nelle diverse articolazioni: si dovrà rivedere, ad esempio, la composizione dei consigli giudiziari,
del Consiglio superiore della magistratura e della stessa Corte costituzionale.
Con l‟articolo 110-ter si conferma che la professione forense è riservata a chi è iscritto agli albi,
escludendo così un esercizio « libero » della stessa.
Con la presente proposta di legge costituzionale si vuole colmare una lacuna della Costituzione
dando all‟avvocatura quella dignità di ruolo che le compete.
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE
__
ART. 1.
1. Dopo la sezione I del titolo IV della parte seconda della Costituzione è inserita la seguente:
« SEZIONE I-bis
AVVOCATURA
ART. 110-bis. – L‟avvocatura è un‟attività privata, libera ed indipendente.
La difesa è funzione essenziale in ogni procedimento giudiziario.
L‟esercizio della professione forense è incompatibile con lo svolgimento delle funzioni di
magistrato.
La legge assicura alle parti un‟adeguata difesa. La difesa dei non abbienti, a carico dello Stato, è
garantita dalle istituzioni dell‟avvocatura con le modalità previste dalla legge.
L‟avvocatura concorre, con propri rappresentanti, all‟amministrazione della giustizia nelle diverse
articolazioni.
ART. 110-ter. – L‟esercizio della professione forense è consentito solo agli iscritti agli albi.
La legge determina le modalità di accesso e le condizioni di permanenza negli albi.
Il Consiglio nazionale forense, composto ed eletto con le forme previste dalla legge, è organo
giurisdizionale in materia disciplinare ».
2. La rubrica del titolo IV della parte seconda della Costituzione è sostituita dalla seguente: « I
soggetti della giurisdizione».
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210
ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA
AVVOCATURA E MAGISTRATURA NELLA COSTITUZIONE
L‟art. 101 della Costituzione nel proclamare che “la giustizia è amministrata in nome
del popolo” e che “i giudici sono soggetti soltanto alla legge” ha inteso sancire un
principio fondamentale, che pone il potere giudiziario in una posizione di
indipendenza da qualsiasi altro potere, in particolare da quello esecutivo.
Il principio della soggezione dei giudici alla legge, oltre a garantire l‟indipendenza
del potere giudiziario, realizza il collegamento tra il giudice e la sovranità popolare,
che si esprime appunto nella legge, approvata da organi eletti dal popolo e
politicamente responsabili.
La Costituzione ha previsto rigorose garanzie di indipendenza dei giudici che operano
sotto due aspetti: a) come indipendenza della magistratura nel suo complesso, nei
confronti dei condizionamenti che possono giungere da altri poteri dello Stato e, in
particolare, dal Governo (cd. indipendenza esterna); b) come indipendenza personale
del singolo giudice all‟interno dello stesso ordine giudiziario, cioè dai
condizionamenti provenienti da altri organi del potere giudiziario (cd. indipendenza
interna).
L‟indipendenza del potere giudiziario è uno dei principi fondamentali della
Costituzione. Ma non il solo, per quel che riguarda la giurisdizione.
Tra i principi fondamentali della Costituzione vanno inclusi: 1) il principio della
ragionevole durata del processo (art. 111); 2) il principio della parità delle parti nel
processo (art. 111); 3) il principio della inviolabilità del diritto di difesa in ogni stato
e grado del processo e collegato a questo il principio della tutela dei non abbienti (art.
24).
Nel convegno di Fermo organizzato dall‟OUA sull‟“Avvocatura soggetto
costituzionale” Annibale Marini, Presidente emerito della Corte Costituzionale, ha
puntualmente osservato che si tratta di vedere se e in quale misura questi principi
possono considerarsi dotati di una loro effettività e, in caso di risposta negativa, quali
siano le cause e quali i rimedi di quella che può considerarsi una grave patologia
dell‟intero sistema.
Accanto a questa indagine su cause e rimedi non si può non riflettere sul fatto che
l‟Avvocatura è una componente essenziale della giurisdizione che trova una
giustificazione sostanziale nel fatto che i principi fondamentali della giurisdizione
vengono attuati con il suo concorso decisivo.
Sicché l‟Avvocatura entra a pieno titolo nel processo attuativo dei principi
costituzionali, acquistando la veste protagonista del processo e, quindi, uno specifico
rilievo istituzionale. E poi, se è vero che il processo risulta essere la sede
dell‟esercizio della funzione giurisdizionale è innegabile che la rilevanza
costituzionale di quest‟ultima debba estendersi a tutti i soggetti che ad esso
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ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA
partecipano da protagonisti: non solo, quindi, alla magistratura, ma anche
all‟avvocatura, coerentemente con quanto stabilito dall‟art. 24 della Costituzione.
La magistratura e l‟avvocatura sono, con pari dignità, le componenti della
giurisdizione. L‟ordine giudiziario, nei due ruoli distinti, è autonomo e indipendente
da ogni potere. Allo stesso tempo l‟avvocatura è libera e indipendente così che la
difesa assume una funzione indeclinabile in ogni procedimento giudiziario (in tal
senso è la proposta presentata alla Camera dei deputati da Gaetano Pecorella).
Pari rilevanza costituzionale dei soggetti della giurisdizione vuol dire operare un
bilanciamento all‟interno di tale assetto, che si presenta come garanzia di
neutralizzazione delle possibili distorsioni e degenerazioni, senza bisogno di ricorrere
a vincoli esterni, abbandonando così i principi di autonomia e di rappresentatività
della giurisdizione la quale non può che essere affidata, a livello costituzionale, a tutti
i soggetti che ad essa concorrono.
Di qui la proposta dell‟Organismo Unitario dell‟Avvocatura italiana di riforma del
titolo IV della parte II della Costituzione:
Il “titolo” dovrebbe articolarsi in tre “sezioni”; la prima dedicata ai principi fondamentali della funzione giurisdizionale, la seconda contenente quelli riguardanti la
magistratura. la terza quelli relativi alla difesa ed alla Avvocatura.
Nella “sezione prima” si afferma il principio della essenzialità delle due componenti
della giurisdizione e della loro pari dignità nonché della assoluta parità tra le parti nel
processo.
Si prevede l‟impegno della Repubblica ad assicurare una ragionevole durata del processo e l‟adeguatezza dei costi della giustizia.
Nella “sezione seconda” si tratta della magistratura.
Si introduce come principio costituzionale la separazione dei ruoli, tra i magistrati
giudicanti e quelli requirenti.
Nell‟ordinamento giudiziario dovranno prevedersi quali debbano essere le specifiche
garanzie di autonomia e indipendenza per la magistratura requirente.
La “sezione terza”, infine, tratta della avvocatura.
Si costituzionalizza il principio della difesa come funzione essenziale in ogni procedimento giudiziario e della incompatibilità fra lo svolgimento della attività di avvocato con ogni altra, ivi compresa quella di magistrato non togato.
Si dà attuazione, attraverso un principio costituzionale, al diritto della difesa prevedendosi che i costi facciano carico allo Stato ma che la organizzazione concreta della
difesa per i non abbienti venga affidata alle istituzioni dell‟Avvocatura.
Si costituzionalizza, infine, il principio della iscrizione all‟albo professionale e,
conformemente a quanto accade per la magistratura, quello della giurisdizione
domestica.
Il giurista Aldo Loiodice ha addotto come ulteriore argomento del dibattito in corso
sulla costituzionalizzazione dell‟avvocato che, nel processo, l‟avvocato diventa il
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ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA
depositario e l‟affidatario della quota di sovranità appartenente alle parti processuali
che non possono restare nella totale disponibilità del giudice. Il ruolo dell‟avvocatura
diventa, quindi, l‟indispensabile sostegno alla correttezza e pienezza del ruolo del
giudice per la rappresentazione della situazione giuridica delle parti, nella quale la
sovranità trova motivo di svolgersi concretamente. Con un ruolo di rigore e selezione
e un ambito di azione più vasto di quello attuale. Se la presenza dell‟avvocato è
garanzia di terzietà del processo, l‟Avvocatura dovrà concorrere, con propri
rappresentati, all‟Amministrazione della giustizia nelle diverse articolazioni, con un
bilanciamento di ruoli e di funzioni.
Non va dimenticata la tradizione che è alla base dell‟art. 82 c.p.c. in cui si parla di
“ministero dell‟avvocato” e che sottolinea l‟esigenza che gli avvocati abbiano “piena
coscienza dell‟altezza morale e dell‟importanza pubblica del loro ministero che li
richiama ad essere i più preziosi collaboratori del giudice” (relazione al codice). Piero
Calamandrei proclamava che l‟avvocato nell‟esercizio del proprio ministero “deve
obbedire solo alle leggi e alla propria coscienza e non curarsi d‟altro”, di guisa che il
difensore può essere posto sullo stesso piano del giudice quando giudica.
L‟autonomia e la libertà dell‟avvocato è, infatti, condizione e garanzia
dell‟imparzialità del giudice e, quindi, dell‟attuazione della giustizia. In tal modo la
giustizia viene amministrata effettivamente in nome del popolo.
La previsione costituzionale può, quindi, avere già oggi una forte ricaduta sulla
riforma della professione forense che va modellata significativamente sulla funzione
dell‟avvocato nel processo.
Maurizio de Tilla
(Presidente OUA)
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VI CONFERENZA NAZIONALE DELL’AVVOCATURA
“AVVOCATURA E RIFORMA DELLA GIUSTIZIA NELLA COSTITUZIONE E
NELL’ORDINAMENTO”
ROMA, 20-21 NOVEMBRE 2009
Hotel Cavalieri Hilton
AVVOCATI E COSTITUZIONE
di Riccardo Chieppa
Pres. Emerito Corte Costituzionale, Pres. Onorario del Consiglio di Stato
1.- L’avvocato nella previsione costituzionale
La previsione diretta degli avvocati in Costituzione si rinviene in quattro disposizioni: tre delle quali
riguardano requisiti attitudinali per la nomina elettiva come giudice della Corte costituzionale (art. 135,
comma secondo), o come componente del Consiglio superiore della Magistratura (art. 104, comma quarto), o
per la chiamata all‟ufficio di consiglieri di cassazione ed una quarta norma concerne un caso di
incompatibilità nell‟ufficio di giudice della Corte costituzionale (art. 135, comma sesto: incompatibilità con
l‟esercizio della professione di avvocato).
Il requisito attitudinale, accompagnato dal possesso di una notevole anzianità di esercizio professionale, è
previsto, accanto a quello di professore ordinario universitario in materie giuridiche, per componente del
CSM e per consigliere di cassazione e, insieme alla ulteriore previsione alternativa di magistrato delle
giurisdizioni superiori, per giudice costituzionale, così comprovando un alto apprezzamento in sede di
Costituente delle attitudini della classe forense collegata a notevole anzianità di effettivo esercizio
professionale.
In relazione alla significativa previsione di precedente esperienza professionale come “avvocati dopo 15 (o
venti) anni di esercizio”, configurata quando nell‟ordinamento professionale vi era un normale precedente
periodo minimo di esercizio professionale come procuratore legale, si impone ora un adeguamento a seguito
della unificazione delle figure professionali.
Su di un altro piano l‟incompatibilità dell‟esercizio della professione di avvocato è prevista in Costituzione
per il giudice costituzionale, insieme a quella di membro del Parlamento o di un Consiglio regionale oltre ad
ogni carica ed ufficio indicato da legge ordinaria, cui si fa rinvio . Questa previsione è stata attuata, anche in
base all‟art. 1 legge cost. 11 marzo 1953, n. 1, con l‟art. 7 della legge 11 marzo 1953, n. 87, che, con una
quanto mai giusta ampiezza, ha previsto una incompatibilità generale (raffrontabile con quella della
previsione e della attuazione egualmente ampia per il Presidente della Repubblica: art. 84, comma secondo
Cost.:“incompatibile con qualsiasi altra carica”).
Infatti per il giudice costituzionale è esclusa l‟assunzione o la conservazione di altri uffici o impieghi
pubblici o privati o l‟esercizio di qualsiasi attività professionale (quindi anche quella di avvocato, prevista
espressamente in Costituzione), e attività commerciale o industriale o di amministratore o sindaco in società
con fine di lucro.
Inoltre la Costituzione prevede indirettamente la funzione dell‟avvocato attraverso le garanzie di inviolabilità
della difesa processuale in ogni stato e grado del procedimento avanti a qualsiasi giudice (art. 24, comma
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ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA
secondo), principio ulteriormente esplicitato e rafforzato dalle regole del giusto processo e delle condizioni
di parità delle parti in ogni processo (art. 111, comma primo e secondo) 1.
In realtà in sede di Assemblea costituente in sede di 1^ sottocommissione vi fu una proposta, aggiuntiva
all‟articolo riguardante la difesa in giudizio (divenuto 24 nel testo definitivo della Costituzione). dell‟on
Mastrojanni, preoccupato di talune limitazioni alla difesa a mezzo degli avvocati in tempo di guerra e per
talune fasi giurisdizionali: la proposta volta ad una maggiore garanzia di tempo, “anche in tempo di guerra”,
consisteva nella specificazione che “La difesa è garantita in ogni grado e stato processuale, in ogni tempo e
davanti a qualsiasi giurisdizione. Essa è affidata solo agli avvocati”. La proposta non fu accolta in sede di
sottocommissione perché ritenuta in parte inutile considerando la formula “in ogni stato” comprensiva anche
del “tempo”, mentre fu ritenuta a rischio una garanzia espressa della “difesa solo attraverso difensori di
fiducia”. In realtà vi era una precisa volontà di dare veste costituzionale al principio che la difesa per mezzo
di avvocato fosse garentita in ogni tempo e davanti ad ogni giudice (intervento del presidente on Tupini,
Resoconto, I Sc, p. 60).
D‟altro canto in sede di Assemblea costituente il vero dibattito dialettico sui diritti dei cittadini specificamente sulla tutela e difesa in giudizio - fu quello di non accontentarsi dell‟affermazione e
proclamazione degli stessi diritti. Nella precisa volontà di una Costituzione veramente democratica, si cercò
di spostare il centro di gravità sulla garanzia di tali diritti, e quindi sui mezzi per l‟esercizio del diritto di
difesa, ritenendo necessario assicurare realmente la possibilità di questa difesa 2, dare il modo di esercitare
questo diritto, stabilendo che ognuno deve essere assistito convenientemente in giudizio.
La vera preoccupazione fu quella di assicurare ai non abbienti, ai disagiati e agli indigenti - si noti su un
piano di parità tra le parti - una giusta posizione processuale con una adeguata difesa : furono richiamati i
precedenti del diritto romano (legge Cinzia contro abusi e la proibizione di compensi intendendo la gratuità
come honorificum munus), dell‟ordinamento carolingio con i messi di Carlo Magno per la protezione dei
poveri, della istituzione dell’advocatus pauperorum nel diritto canonico, della tradizione di molti Comuni
italiani con una avvocatura speciale a difesa del povero (fu ricordato che Giuseppe Mazzini esercitava nel
foro genovese l‟avvocatura dei poveri prima del suo arresto), fino alla legge Rattazzi del 1859.
Protagonisti di questo dibattito furono l‟on La Rocca (originariamente favorevole ad una avvocatura dei
poveri), mentre l‟on Persico e l‟on Paolo Rossi furono decisamente contrari alla istituzione di una
Avvocatura speciale e favorevoli ad un perfezionamento del gratuito patrocinio. Su questa ultima tesi fu
raggiunta una intesa concordata tra gli on La Rocca, Persico e Nobile che portò ad un testo accettato dalla
Commissione e votato dall‟Assemblea, divenuto poi art. 24, comma terzo della Costituzione, con l‟aggiunta
successiva, in sede di coordinamento finale, accanto al concetto della difesa, di quello dell‟azione (mezzi per
agire e difendersi). Del resto sa soluzione finale era perfettamente in linea con l‟affermazione del primo
comma e dell‟intero dibattito secondo cui azione in giudizio, tutela dei propri diritti ed interessi legittimi
sono una endiadi unitariamente garantita a tutti.
Così l‟obiettivo di una adeguata tutela per tutti fu raggiunto puntando sull‟utilizzo di un patrocinio gratuito
(tale dovrebbe essere per chi non ha mezzi e non necessariamente come onere del legale) patrocinio
1
V. per la notevole rilevanza della garenzia della difesa processuale, Corte cost. sent. n. 20 del 2009: <<Gli articoli
24 e 113, Cost., enunciano il principio dell'effettività del diritto di difesa, il primo in ambito generale, il secondo con
riguardo alla tutela contro gli atti della pubblica amministrazione. Entrambi tali parametri sono volti a presidiare
l'adeguatezza degli strumenti processuali posti a disposizione dall'ordinamento per la tutela in giudizio dei diritti ed
operano esclusivamente sul piano processuale (in tal senso, ex plurimis, le sentenze n. 182 del 2008, nn. 180, 181, 282,
420 del 2007, n. 101 del 2003 e n. 419 del 2000). A sua volta, il principio del giusto processo, consacrato nell'art.
111, Cost., è finalizzato ad assicurare che gli strumenti procedurali vigenti pongano accusa e difesa in una posizione di
parità e offrano idonea tutela ai diritti sostanziali su cui si controverte nel processo, attraverso la piena attuazione del
principio del contraddittorio, del principio di ragionevole durata del procedimento, della motivazione della decisione.
Anche in tal caso si tratta di garanzie di carattere esclusivamente processuale>>.
2
V. La Rocca, Res. Ass. costituente, p. 2532; Carullo, La Costituzione della Repubblica italiana, Milano, Giuffrè,
1959, p. 69; v. anche Onida, La Costituzione, Bologna, Il Mulino, 2004, 74, a proposito del diritto al giudice e alla
difesa giudiziaria come oggetto di un diritto fondamentale, costituzionalmente garantito, che è strumento e condizione
per la tutela di tutti gli altri..
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opportunamente perfezionato, con il netto superamento delle caratteristiche talvolta usuali di molto meno di
una formalità, ma strutturato “allo scopo di assicurare effettivamente la difesa dei non abbienti”.
Trionfò così implicitamente l‟utilizzo della libera professione escludendosi l‟idea di vincolarsi ad una
“istituzione stabile” attraverso una “avvocatura speciale,” con propria carriera e avvocati ad hoc, lasciando
invece discrezionalità al legislatore di configurare gli appositi istituti giuridici che assicurino ai non abbienti i
mezzi - si noti l‟espressione i mezzi - per agire e difendersi, in modo da potere realizzare a favore degli
interessati anche una libertà di scegliere a chi affidarsi per l‟azione e la difesa.
La previsione costituzionale è quanto mai aperta, imponendo solo la messa a disposizione di mezzi attraverso
appositi istituti giuridici, che possono spaziare tra facoltative forme di patronato, collegate o meno ad
organizzazioni di categoria, purché adeguatamente sussidiate, fino alla assunzione di oneri economici per gli
onorari e spese a favore di chi esercita tali difese per i non abbienti, ovvero ogni altro sistema di messa a
disposizione di mezzi per avvalersi di assistenza tecnica nei giudizi.
Vi è, tuttavia, da notare che il vigente sistema del patrocinio a spese dello Stato 3, quanto mai giusto nelle
finalità di principio, presenta una serie di anomalie finanziarie per talune distorsioni e notevoli esborsi delle
finanze pubbliche (originariamente non previsti e prevedibili), specialmente per taluni eccessi di ricorsi
seriali in tutti i gradi di giudizio con esito negativo, soprattutto nel settore di tutela giudiziaria di
extracomunitari (spese certamente non recuperabili dall‟Erario). Questo assume notevole gravità dal
momento vi è un ricorrente difetto di mezzi a disposizione per l‟espletamento delle stesse funzioni di
giustizia e talvolta anche per una assistenza adeguata a livelli minimi a favore degli anzidetti soggetti in
difficoltà. Tali risorse finanziarie potrebbero essere meglio utilizzate per una giustizia e assistenza più
efficiente.
2.- Ordinamento professionale forense, competenze dello Stato e delle Regioni.
Tutto l‟ordinamento forense (e anche la disciplina dell‟assistenza professionale giudiziale e consultiva
giuridica alle Amministrazioni statali 4) rientra nella competenza legislativa statale in quanto
inscindibilmente collegato e connesso con la lett. l) del comma secondo dell‟art. 117 della Costituzione
(giurisdizione e norme processuali, ordinamento civile e penale, giustizia amministrativa), tenuto conto della
interpretazione restrittiva, anche alla luce della giurisprudenza costituzionale 5della competenza concorrente
regionale in materia di “professioni” (art. 117, comma terzo Cost.) e della estraneità delle Regioni rispetto al
settore giustizia.
Alle Regioni spetta una competenza residuale in ordine all‟ordinamento e all‟organizzazione amministrativa
dei propri uffici legali e di quelli degli enti pubblici regionali, con il rispetto delle norme sulla professione
forense fissate in sede unitaria nazionale, oltre, beninteso, taluni interventi strumentali come la messa a
diposizione di mezzi per l‟assistenza giudiziale.
3
V. art. 32, comma 2, del d.lgs. n. 271 del 1989, nel testo introdotto dall'art. 17 della legge n. 60 del 2001, poi
trasfuso nell'art. 116 del d.lgs. n. 113 del 2002 e riprodotto nell'art. 116 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico
delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia); da rilevare che una questione di
legittimità costituzionale relativa alla mancanza di copertura finanziaria è stata dichiarata infondata dalla Corte
costituzionale con sentenza n. 266 del 2003, cui sono seguite le ordinanze di manifesta infondatezza 328 del 2003, 67
del 2004, 171 del 2004 4 128 del 2005.
4
Da segnalare, per quanto riguarda le amministrazioni statali che fruiscono dell‟assistenza dell‟Avvocatura dello
stato, Tar Lazio 7 luglio 2009 n. 6527, con annullamento di un bando di gara per un servizio legale triennale per
l‟assistenza in materia di protezione delle denominazioni di origine dei prodotti italiani (ministero politiche agricole)
sotto il profilo che il ricorso ad avvocati del libero foro non può essere in modo sistematico ed, in ogni caso,
ammissibile solo con carattere di eccezionalità, specificamente motivata.
5
V. da ultimo Corte cost. sent. 8 maggio 2009, n. 138; n. 222, 179 e 93 del 2008; n. 300, n. 57 del 2007; n. 449,
424, 423 153 e 40 del 2006, nonché la sentenza n. 353 del 2003. V. anche il d.lgs. n. 30 del 2006, art. 1 e 4, con
ricognizione dei principi fondamentali in materia di professioni. A questo ultimo riguardo occorre, inoltre, tenere
presente che la materia della professione di avvocato e dell‟ordinamento forense è inscindibilmente collegata e connessa
con il sistema giurisdizione e processo, rientrante nella competenza esclusiva statale (art. 117, comma secondo,
Costituzione).
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Inoltre le stesse Regioni non possono imporre la configurazione di eventuali servizi legali o vincoli ad enti
pubblici o a Comini e Provincie diretti ad utilizzazione dei servizi regionali nel settore legale 6. Del resto la
disciplina dell‟organizzazione e dello svolgimento delle funzioni attribuite agli stessi Comuni e Province
rientrano nella potestà regolamentare dei medesimi Enti, ormai costituzionalmente garantita (art, 117,
comma sesto, Cost.).
D‟altro canto appare assai dubbia sul piano sostanziale una utilizzazione da parte di enti diversi dalla
Regione di avvocati iscritti in albo speciale, che, secondo norme di spettanza statale, sono abilitati a svolgere
attività di avvocato soltanto “per quanto concerne le cause e gli affari propri dell‟ente presso il quale
prestano la loro opera” e non a favore di soggetti autonomi rispetto all‟organizzazione regionale in senso
allargato. Un intervento regionale del genere di quello ipotizzato può, altresì, assumere profili di contrasto
con le norme della concorrenza nella professione di avvocato.
3.- Giusto processo, contraddittorio e posizione degli avvocati.
Il principio del giusto processo e del contraddittorio, quale riaffermato ed esplicitato dall‟art. 111 Cost.,
come rafforzativo della garanzia giudiziaria (diritto di avvalersi della giustizia e di difesa processuale), in
posizione di parità ed eguaglianza delle parti, esige che ogni pronuncia , tanto più se sfavorevole ad una delle
parti sia preceduta dalla possibilità di effettivo contraddittorio, di modo che gli avvocati, che svolgono la
difesa di ciascuna parte, devono essere posti in grado di intervenire tempestivamente esprimendo le ragioni
difensive sul profilo introdotto per la prima volta in giudizio 7
6
V. Tar Lombardia 7 febbraio 2008, ordinanza di rimessione alla Corte cost. della questione di l.c. dell‟art. 1,
comma 2, legge reg Lombardia 27 dicembre 2006, n. 30 per il caso di imposizione ad Enti pubblici. La Corte, con
ordinanza n. 43 del 2009, ha disposto la restituzione degli atti al giudice remittente in quanto era sopravvenuta
l‟abrogazione della disposizione censurata con l‟eliminazione dell‟obbligo per gli enti pubblici operanti nella Regione
di fare ricorso agli avvocati della Regione.
7
V. Comoglio, Ferri e Taruffo, Lezioni sul processo civile, Il Mulino, 2005, vol. I, cap. III, Le Garanzie
costituzionali; Denti, Questioni rilevabili d’ufficio e contraddittorio, in Riv. dir. proc., 1968, 217 ss., che si sofferma su
una “ visione dei rapporti tra i poteri del giudice ed i poteri delle parti, che trova il suo fondamento nell‟art. 101 cod.
proc. civ., interpretato alla luce dello art. 24, 2° comma della Costituzione”, opinione criticata da Ferri C.,
Contraddittorio e poteri decisori del giudice, in Studi Urbinati, anno XLIX, n. 33, Città di Castello 1984, che , partendo
dall‟art. 24, comma 2, Cost., ritiene che dalla norma «discenda la necessità dell‟integrale attuazione del contraddittorio
in ogni fase del procedimento ed in particolare la necessità che le parti siano poste in condizione di poter interloquire e
difendersi preventivamente su ogni aspetto della decisione».
V. in particolare Bernini E., Principio del contraddittorio ed arbitrato, PhD thesis, LUISS Guido Carli,
eprints.luiss.it/119/1/bernini-20090319.pdf, che, in una premessa di carattere generale, offre una amplissima rassegna
dell‟alterno svolgimento del dibattito, sia sul piano dottrinale, sia negli interventi normativi in Francia (dal d. 13 ottobre
1965, art. 82, con la previsione che «aucun moyen, même d‟ordre public, non soulevé par les parties ne pourra être
examiné d‟office sans que celles-ci aîent été appellés à prèsenter leur observation à cette egard»; d. 9 settembre 1971,
art. 16, con l‟eccezione dei moyens d’ordre public; confermato dal d. 20 luglio 1972, con l‟eliminazione della eccezione
e la espressa prescrizione al presidente dell‟organo giudicante di riaprire la discussione; nella nuova formulazione delle
modifiche nel testo unificato del cod, proc. civ., l‟art. 16 rovescia completamente l‟indirizzo e non prevede più che il
giudice sia tenuto a rispettare il principio del contraddittorio, ma semplicemente che lo faccia rispettare alle parti;
disposizione annullata dal Conseil d‟État, sentenza 18 ottobre 1979, in Dalloz 1979, 606, nella parte in cui dispensava il
giudice dall‟osservare il principio del contraddittorio, allorquando rilevi d‟ufficio una questione di puro diritto; fino alla
nuova riforma dell‟art. 16 cod. proc. civ. del 12 maggio 1981, che contiene la definitiva riaffermazione di una ampia
necessità del previo contraddittorio di parte su qualunque questione rilevata d‟ufficio: “.- Le juge doit, en toutes
circonstances, faire observer et observer lui-même le principe de la contradiction. - Le juge ne peut retenir dans sa
décision les moyens, explications et les documents invoqués ou produits par le parties que si celles-ci ont été à même
d‟en debattre contradictoirement …. ne peut fonder sa décision sur les moyens de droit qu‟il a relevés d‟office sans
avoir au préalable invité les parties à presenter leurs observations”). L‟accurato lavoro di Bernini è completato, per la
parte che qui interessa, dalle evoluzioni della giurisprudenza in Italia.
Per la recente dottrina italiana v. anche Cecchella C., Le relazioni tra le parti, i giudici e i difensori, Relazione
nazionale al 12° Congresso Mondiale di diritto processuale, Città del Messico 22 – 26 settembre 2003, in
www.judicium.it; Capponi, Trattazione della causa, ruolo del giudice, cultura del contraddittorio nel d.d.l. Mastella
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Questo comporta che tutte le volte che sia introdotta d‟ufficio una eccezione di decadenza o di
inammissibilità o altro profilo pregiudiziale o preclusivo al giudizio, il giudice è tenuto ad assicurare il
contraddittorio, annunciando anche in sede di discussione in udienza il problema., in modo da rendere
possibile una difesa8.
sulle «Disposizioni per la razionalizzazione e l’accelerazione del processo civile», ivi; Fabiani, Sasso nello stagno,
Postilla minima sul rito societario dopo la legge 28/12/2005 n.263, ivi; Sassani B., Nuovo giudizio di Cassazione, in
Riv. Dir. Proc., 2006, 217 in particolare al n. 17, Questioni sollevate d‟ufficio e contraddittorio; Ricci E.F., La sentenza
«della terza via» e il contraddittorio, in Riv. dir. proc., 2006, 750, che esclude che l‟omissione da parte del giudice di
indicare alle parti la questione rilevabile d‟ufficio, ponga un problema di rispetto del contraddittorio, che sarebbe in
ogni caso garantito ogni qual volta la parte ha la possibilità di giovarsi di una difesa tecnica, in quanto l‟art. 183 c.p.c.
(che prevede che il giudice «indica alle parti le questioni rilevabili d‟ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione)
può invece essere collegato al principio del contraddittorio, con il significato di mezzo attraverso il quale si può
giungere a una migliore ricostruzione dei fatti e della loro interpretazione giuridica.
Sul piano normativo v. , ora, per i giudizi in Cassazione l‟art. 384 c.p.c., nel testo novellato dal d lgs. N. 40 del 2006,
con l‟obbligo di assegnare termine per depositare osservazioni su questioni rilevate d‟ufficio e le osservazioni di
Carratta, Le riforme del processo civile, diretto da Chiarloni, tomo primo, 503, Bologna, 2007, nel senso della
applicabilità ai soli casi di decisione di merito da parte della Corte di cassazione, interpretazione restrittiva messa in
dubbio da Di Iasi C. , I poteri d’ufficio del giudice alla luce dei principi di efficienza e del giusto processo, relazione in
http://appinter.csm.it/incontrirelaz/16576.pdf.
8
V. per la svolta iniziale della giurisprudenza: Cass. 21 novembre 2001, n. 14637, in Giust. civ., 2002, I, 1611, con
nota adesiva di Luiso F.P., Questione rilevate di ufficio e contraddittorio: una sentenza <<rivoluzionaria>>?,
www.judicium.it/archivio/pluiso03.html, sentenza pubblicata anche in Giur. it., 2002, 1363, con nota contraria di S.
Chiarloni; Cass. 27 luglio 2005 n. 15705 e 5 agosto 2005, n. 16577, in Foro it., 2006, 1, 3174 con nota di Fabiani E,,
Rilievo di ufficio di questioni da parte del giudice, obbligo di sollevare il contraddittorio delle parti e nullità della
sentenza; nonché in Riv. dir. proc., 2006, 747; Cass. 31 ottobre 2005, n. 31108 in Giur. it. 2006, 1456 e Corr. giur.,
2006, 507, con nota di C. Consolo; Cass. 9 giugno 2008, n. 15194, secondo la quale «il giudice non può decidere la lite
in base ad una questione rilevata d‟ufficio senza averla previamente sottoposta alle parti, al fine di provocare sulla
stessa il contraddittorio e consentire lo svolgimento delle rispettive difese in relazione al mutato quadro della materia
del contendere, dovendo invece procedere alla segnalazione della questione medesima e riaprire su di essa il dibattito,
dando spazio alle consequenziali attività delle parti. Infatti, ove lo stesso giudice decida in base a questione rilevata
d‟ufficio e non segnalata alle parti, si avrebbe violazione del diritto di difesa per mancato esercizio del contraddittorio,
con conseguente nullità della emessa pronuncia”.
V. anche la sentenza Cons. Stato, ad plen., n. 1 del 2000, che afferma in maniera netta che “il giudice amministrativo,
prima di decidere una questione rilevata d‟ufficio deve indicarla alle parti, per consentirne la trattazione, in attuazione
del principio del contraddittorio: da notare che tale indirizzo nella giurisprudenza amministrativa ha avuto scarso
seguito in pronunce successive, probabilmente anche per una consuetudine dei più attenti presidenti di collegio ad un
dialogo collaborativo in udienza sulle questioni da trattare e quindi anche sulle questioni non sollevate in precedenza..
V. per qualche riferimento C. Conti 9 febbraio 2003 n. 75, Riv. Corte Conti, 2002, 125; Corte Conti n. 208 del 2001,
ivi, 2001, 152; in sede di controllo preventivo Corte Conti sez controllo 7 dicembre 1999, n. 107, ivi, 1999, 19.
Per un riferimento a contraddittorio successivo v. Corte cost. ord. 30 luglio 2009, n. 255, riguardo all‟applicazione di
ufficio di amnistia e indulto e sulla rilevante possibilità di chiedere nuova sottoposizione della questione in
contraddittorio.
Da segnalare infine la recente sentenza della Corte europea dei diritti umani, sez. II, Cimolino c/Italia, (Ricorso n.
12532/05), 22 settembre 2009, che ha confermato il dovere del giudice di rispettare il principio del contraddittorio,
quando rigetta un ricorso e decide una controversia sulla base di un motivo o una riqualificazione giuridica dei fatti
operata d‟ufficio, ma ha risolto il caso escludendo che vi sia stata violazione, in quanto avendo il giudice posta a
fondamento del rigetto anche un altro profilo, non nuovo, non avrebbe impedito al ricorrente di presentare le sue
argomentazioni su una questione determinante per l‟esito del procedimento, in quanto il ricorso sarebbe stato, anche per
altra via, rigettato -le relative doglianze erano state esaminate e dichiarate infondate dal giudice (Corte di Cassazione)-.
Si riporta la parte della motivazione della Corte europea di particolare interesse: <<43. -. Il concetto di processo equo
comprende il diritto ad un processo in contraddittorio il quale implica il diritto per le parti di portare a conoscenza
dell‟avversario gli elementi necessari al successo delle loro pretese, ma anche di prendere visione di ogni atto ed
osservazione presentati al giudice per influenzare la sua decisione e di discuterli (Vermeulen c/Belgio, sentenza del
20 febbraio 1996, Raccolta 1996-I, p. 234, § 33; Nideröst-Huber c/Svizzera, sentenza del 18 febbraio 1997, Raccolta
delle sentenze e decisioni 1997-I, pp. 107-108, § 24). Il principio vale per le osservazioni e gli atti presentati dalle parti,
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Questo ultimo aspetto coinvolge anche l‟imparzialità del giudice e la parità delle parti, che esigono che i
giudice deve essere in una posizione nella quale tutti gli interessati (parti del processo) possano raffigurarlo
come soggetto che deciderà non secondo un pregiudizio che lo leghi ad un interesse in gioco, ma secondo
legge, dopo avere sentito le parti, rispettando i diritti di tutti 9.
4.- Ordinamento professionale forense e ordinamento comunitario
Deve innanzitutto essere posta in rilievo la attenzione data alla particolare posizione dell‟avvocatura dal
Parlamento europeo, che. con risoluzione 23 marzo 2006 10 ha riaffermato il pieno riconoscimento della
“funzione cruciale esercitata dalle professioni legali in una società democratica, al fine di garantire il rispetto
dei diritti fondamentali, lo stato di diritto e la sicurezza nell'applicazione della legge, sia quando gli avvocati
rappresentano e difendono i clienti in tribunale che quando danno parere legale ai loro clienti”.
Il Parlamento europeo è partito dalla duplice considerazione “che la protezione adeguata dei diritti umani e
delle libertà fondamentali, cui ha diritto ogni persona, nel campo economico, sociale, culturale, civile e
politico, richiede che ogni persona abbia effettivo accesso ai servizi legali forniti da una professione legale
indipendente” e che “ qualsiasi riforma delle professioni legali ha conseguenze importanti che vanno al di là
delle norme della concorrenza incidendo nel campo della libertà, della sicurezza e della giustizia e in modo
più ampio, sulla protezione dello stato di diritto nell'Unione europea”.In realtà l‟approccio comunitario specifico per la professione forense appare legato all‟interesse generale al
servizio e alla funzione sociale 11, accanto alla particolare rilevanza della salvaguardia degli interessi del
consumatore e quindi della concorrenza, in un bilanciamento che mantenga ferma la funzione esercitata dalle
professioni legali per il rispetto dei diritti fondamentali.
5.- La funzione dell’avvocato alla luce delle garenzie dei diritti fondamentali 12
La presenza dell‟avvocato nei giudizi è stata configurata come strumento per porre rimedio alle naturali
disparità delle parti, per prestigio personale, per censo, posizione sociale, peso politico o altro, servendo ad
impedire che le regole del giuoco, cioè le norme, vengano ad un certo punto messe da parte a vantaggio di
“armi improprie”, vale a dire di criteri di giudizio alternativi rispetto alle norme stesse.. In realtà la presenza
necessaria dell‟avvocato-difensore è correlata alla eccezionalità della autodifesa della parte e ad un presunto
stato di incapacità, cui la stessa parte si troverebbe esposta nel processo, come stato di minorazione di gestire
di persona per il tecnicismo dl processo e per la naturale passione della parte, ma soprattutto serve a impedire
turbamenti al contraddittorio determinato da una disparità tra le parti13.
ma anche da un magistrato indipendente quale il commissario del Governo (Kress c/Francia [GC], n. 39594/98, CEDU
2001-VI; APBP c/Francia, n. 38436/97, 21 marzo 2002), da un‟amministrazione (sentenza Krčmář e altri c/Repubblica
ceca, n. 35376/97, § 39, 3 marzo 2000) o dal giudice autore della sentenza impugnata (Nideröst-Huber, succitata). >>
<< 44.- . Anche il giudice deve rispettare il principio del contraddittorio, in particolare quando rigetta un ricorso o
decide una controversia sulla base di un motivo sollevato d‟ufficio o di una riqualificazione giuridica dei fatti operata
d‟ufficio (Skondrianos c/Grecia, nn. 63000/00, 74291/01 e 74292/01, §§ 29-30, 18 dicembre 2003; Clinique des
Acacias e altri c/Francia, nn. 65399/01, 65406/01, 65405/01 e 65407/01, § 38, 13 ottobre 2005; Prikyan e Angelova
c/Bulgaria, n. 44624/98, § 42, 16 febbraio 2006; Drassich c/Italia, n. 25575/04, §§ 31 e 32, 11 dicembre 2007).>>
<<.45.- Innanzitutto, la Corte conviene con il Governo che la Corte di cassazione si è avvalsa del suo potere
incontestato di decidere la causa sulla base di una questione sollevata d‟ufficio. Solo la mancata comunicazione alle
parti dell‟intenzione di ammettere d‟ufficio detta questione potrebbe porre un problema rispetto alla Convenzione.>>
La Corte di Strasburgo ha quindi escluso che vi sia stata violazione dell‟articolo 6 § 1 della Convenzione, in
relazione alla duplice via seguita nella motivazione dalla Corte di Cassazione.
9
Onida, La Costituzione, cit, p. 108.
10
Risoluzione del Parlamento europeo sulle professioni legali e l'interesse generale nel funzionamento dei sistemi
giuridici, approvata il 23 marzo 2006
11
V. anche De Giorgi A., Il ruolo sociale dell’avvocatura italiana,in Rassegna forense, 2008,, p. 843.
12
V. sull‟avvocatura come componente essenziale della giurisdizione e come soggetto costituzionale Marini A., in
Convegno “L’avvocatura come soggetto costituzionale nella giurisdizione, proposta di modifica costituzionale, Fermo
26-27 giugno 2009; Loiodice A., La soggettività costituzionale dell’Avvocatura, ivi; Calvi G., ivi;
13
Agrifoglio, op. cit., p. 87.
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Significativa, a questo proposito, è la tendenziale avversità dei giudici amministrativi –richiamata da
Agrifoglio14 – a far partecipare le parti alla discussione in udienza, “con buona pace della <<popolarità >>
dell‟azione( nei giudizi elettorali) e della previsione legislativa che li abilita a stare in giudizio
personalmente.”
6.- Il necessario apporto dell’avvocatura per una efficienza nel settore giustizia : inseparabilità rispetto al
concorso concertato tra tutte le componenti del settore compresa la magistratura.
Giuseppe Chiovenda, a proposito degli avvocati sottolineava che “meglio di una professione il loro ufficio è
una funzione, non solo dal punto di vista giuridico, ma politico sociale, perché stando tra le parti e i giudici,
sono l‟elemento traverso cui i rapporti fra l‟amministrazione della giustizia e i cittadini possono migliorare,
crescendo da un lato l‟autorità, dall‟altro la fiducia, dal che dipende il miglioramento degli istituti
processuali” 15.
Su questo profilo quanto mai attuale è il pensiero espresso dall‟indimenticabile Piero Calamandrei:” in
regime di democrazia il processo deve essere … un colloquio civile tra persone poste sullo stesso livello
umano”, di qui “l‟importanza ….degli avvocati, interlocutori necessari di questo dialogo. L‟esito del
processo, quindi la sorte della giustizia, dipende dall‟amichevole e leale svolgimento di questo colloquio:
dalle buone relazioni tra giudici e gli avvocati dipende, più che dalla bontà delle leggi, il funzionamento della
giustizia.
Giudici ed avvocati somigliano, nel processo, a un sistema di vasi comunicanti: cultura e lealtà si
mantengono costantemente, per i giudici e gli avvocati, allo stesso livello; si innalzano o calano per gli uni e
per gli altri, in misura eguale e costante 16. I buoni giudici fanno i buoni avvocati e viceversa: i magistrati che
disprezzano i difensori, disprezzano se stessi; ma gli avvocati che non rispettano la dignità del magistrato
offendono la dignità della toga……. Gli avvocati nel processo rappresentano la libertà.. per arrivare alla
giustizia bisogna passare attraverso la libertà…. strumento indispensabile per conquistare una maggiore
giustizia” 17. “L‟avvocato è il simbolo pericoloso della ragione critica, della obiezione ad ogni conformismo;
nei regimi di oppressione e di viltà, l‟ultimo rifugio della libertà è la toga” (fine della citazione).
Calamandrei ricordò, in quella occasione, che obiettivo di spedizioni punitive squadristiche dei primi tempi
di instaurazione del regime furono anche gli studi degli avvocati:sulla fine del 1924 in una sola giornata ne
furono incendiati a Firenze più di venti.
Posso aggiungere - in base a miei ricordi anche familiari, che alla fine degli anni venti - inizio degli anni
trenta, in pieno regime, le ultime voci di libertà non furono decisioni delle magistrature 18, compresa quella
amministrativa, ma alcune pronunce della Reale commissione straordinaria superiore, quale collegio
giurisdizionale degli avvocati con funzioni corrispondenti all‟attuale Consiglio superiore forense. Questa
giustizia speciale seppe dare, proprio perché ancora permeata dalla provenienza da libera professione,
14
Agrifoglio, op cit, p. 43 e 86
Chiovenda, Istituzioni di diritto processuale civile, Napoli, Jovene,1936, vol. II, sez. I, p. 253
16
V. anche, sul rapporto di cooperazione tra magistrati e avvocati basata sulla insostituibile utilità e necessità sociale
dell‟opera del difensore e sulla reciproca dignità ed elevazione della magistratura ed avvocatura, Chieppa V., Principi
di un etica professionale del magistrato, in Studi in onore di E. Eula, Vol. I, 116,Milano, Giuffrè, 1957; Contento G.,
La deontologia dell’avvocato,, in Deontologia delle professioni giuridiche, a cura della sez. di Bari dell‟UGCI, Bari,
Cacucci, 1989, p. 126 ss., sulla necessità dell‟avvocato per la difesa come diritto inviolabile e sulla sua funzione di
vigilanza del rispetto delle regole, del gioco, come funzione sociale e di collaborazione; v. anche, sulla funzione
“fondante” o “costituente” dell‟avvocato difensore, in funzione di libertà, come figura essenziale tra i principali tutori
della persona umana, Cioffi M., L’avvocato come esperto in strutture di supporto, La funzione costituente e consulente,
in Iustitia, 1990, 346.
17
Calamandrei, Processo e democrazia, Padova, Cedam, 1954, Conferenze tenute alla Facoltà di diritto
dell’Università nazionale del Messico, La dielettricità del processo, p. 130, 132; v. anche sul rapporto tra indipendenza
degli avvocati e imparzialità dei giudici e sul rapporto tra rispetto degli avvocati e dignità dei magistrati, in L’elogio dei
giudici scritto da un avvocato, Firenze, Le Monnier, 3^ ed. raddoppiata. 1954, pp. XXVIII, e 52.
18
Per difetto di coraggio, v. Zangrandi, Il lungo viaggio attraverso il fascismo, Milano, Feltrinelli, 1962, p. 350. In
realtà il riscatto della magistratura ordinaria si è avuto a partire dal 1942 e per il Consiglio di Stato, ancora prima, nella
applicazione, giustamente e dichiaratamente elusiva, di alcune norme razziali, ai professori universitari
15
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dimostrazione di indipendenza, annullando alcuni rifiuti di iscrizione all‟albo degli avvocati per esclusivi e
dichiarati motivi politici, nonostante il regime ormai consolidato19.
L‟anzidetta inseparabilità dell‟apporto dei magistrati e degli avvocati per un efficienza nel settore giustizia 20
porta ad un altro postulato, cioè ogni scelta di modifica fondamentale o di riforma del sistema giustizia, sia
per gli aspetti ordinamentali che per quelli meramente processuali, deve necessariamente passare attraverso
un dialogato confronto e partecipazione delle due componenti che costituiscono i pilastri della funzione
giustizia.
Il processo e l‟ordinamento delle magistrature e dell‟avvocatura sono settori assai delicati di funzionamento
e presentano tanti aspetti tecnico-giuridico legati alla efficienza dell‟intero sistema giustizia, per cui sarebbe
irragionevole ogni decisione squisitamente politica, che prescinda dall‟indispensabile apporto delle
rappresentanze istituzionali delle magistrature e dell‟avvocatura. Le vie finora seguite, anche in tempi
risalenti ,sono state diverse :
a) una apposita specifica previsione normativa di una elaborazione preparatoria di un testo organico
codicistico affidato ad un comitato di composizione mista;
b) il ricorso ad una delega legislativa con l‟inserzione, tra i principi e criteri direttivi della delega, il
coinvolgimento o il parere delle parti (sociali) interessate 21;
c) il ricorso ad una delega legislativa con la previsione di una commissione preparatoria di
composizione mista, con l‟apporto di avvocati, magistrati e professori universitari,;
d) il ricorso ad una delega legislativa in uno specifico settore processuale (amministrativo) con
l„affidamento ad organo consultivo della attività redigente e con la prescrizione della partecipazione di tutte
le componenti del determinato settore di giustizia 22.
7.- Ulteriore rafforzamento della posizione dell’avvocato in Costituzione: iniziative e concrete esigenze
Nel 2009 si sono manifestate in maniera decisa alcune iniziative dirette a qualificare sul piano costituzionale
la posizione funzionale del‟avvocatura nell‟esercizio della giurisdizione, con l‟inserimento nel titolo IV della
Costituzione di alcune norme specifiche e l‟allargamento dell‟ambito a tutti i soggetti della giurisdizione
compresa l‟avvocatura.
19
Chieppa Ri., Le testimonianze nell’Associazione magistrati: una guida per un futuro migliore nella Giustizia in
Italia, in Giornale Storia costituzionale, 2009, p. 247
20
Perrone B., Questa povera giustizia, in Iustitia, 2009, p. 261, secondo cui le buone idee, per essere realizzate,
devono… marciare sulle gambe degli uomini. E‟ urgente e necessario, in altre parole, il concorso solidale di tutti gli
operatori di giustizia”: che, in vario modo e nei distinti ambiti di responsabilità, debbono contribuire a realizzare il
risultato sperato con il rischio che le croniche difficoltà della giustizia civile ancora una volta non potranno essere
superate.
V. anche le lodevoli iniziative come il “Patto per la Giustizia e per i Cittadini, promosso nel corso della “Giornata
nazionale per la giustizia” svoltasi per la prima volta in Italia il 5 maggio 2009, che ha condotto il 9-10 luglio scorso
alla stipula del “Patto” con il quale le maggiori associazioni rappresentative degli operatori del sistema giustizia
propongono al Governo delle linee guida condivise che dimostrano la possibilità di fare funzionare la giustizia e di
fornire ai cittadini un servizio più rapido ed efficiente, in grado di garantire agli utenti il diritto costituzionale della
“ragionevole durata” del processo civile e penale.
21
Disegno di legge su “ Disposizioni per l‟adempimento degli obblighi derivanti dall‟appartenenza della Italia alle
Comunità europee – Legge comunitaria 2009”, nel testo approvato in prima lettura dalla Camera dei Deputati il 22
settembre 2009 (AC 2449 A) e ora all‟esame del Senato (S 1781): art. 2 , principi e criteri direttivi generali della delega
legislativa, lett. g) nella predisposizione dei decreti legislativi,relativi alle direttive elencate negli allegati A e B, si tiene
conto delle esigenze di coordinamento tra le norme previste nelle direttive medesime e quanto stabilito dalla
legislazione vigente, con particolare riferimento alla normativa in materia di lavoro e politiche sociali, per la cui
revisione e` assicurato il coinvolgimento delle parti sociali interessate, ai fini della definizione di eventuali specifici
avvisi comuni e dell‟acquisizione, ove richiesto dalla complessità della materia, di un parere delle stesse parti sociali sui
relativi schemi di decreto legislativo.
22
V. la delega per il riassetto della disciplina del processo amministrativo (art.. 44 legge n. 69 del 2009, con
Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, nonché in materia di processo civile).
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Una iniziativa, originata dall‟impegno appassionato dell‟avv. Maurizio De Tilla –degno di apprezzamento ed
ammirazione-, è nata nell‟ambito dell‟Organismo unitario dell‟avvocatura italiana (OUA) ed ha trascinato. in
buona parte, ampie adesioni nell‟ambiente forense,
Questa proposta si articola in una pluralità di obiettivi: il primo prioritario, partendo dalla esigenza di
autonomia delle funzioni (si noti al plurale) della giurisdizione e della rilevanza costituzionale di tutti i
soggetti, che vi partecipano come protagonisti necessari (giudici e difesa delle parti alla luce dell‟art. 24
Cost.), vuole inserire un sistema di bilanciamento e di partecipazione di tutte le componenti della giustizia
(ciascuna beninteso conservando la propria autonomia e specificità, il proprio ruolo e i propri organi).
Su questa parte della proposta ritengo che si possa essere tutti completamente d‟accordo sulla base della
concezione di Calamandrei del rapporto giudici-avvocati come “vasi comunicanti” e della raffigurazione
dell‟avvocato e del giudice come ciascuno avanti ad uno specchio. Sul piano costituzionale soccorre
all‟affermazione dei suddetti principi il rilievo della essenzialità ed inviolabilità del fattore difesa.
Infine aiuta in questa convinzione soprattutto l‟elemento dalla esperienza come realmente vissuta e
realizzata, che deve costituire, nel campo degli istituti organizzatori del diritto-giustizia, una sorta di cartina
al tornasole per misurarne la effettività e l‟efficienza, come endiadi inseparabile per una ragionevolezza delle
innovazioni.
Infatti, si può facilmente constatare che quando si perviene a soluzioni dialogate e condivise gli istituti
funzionano in modo largamente più efficiente e spedito e proprio nel settore giustizia gli esempi possono
essere innumerevoli. Questo può verificarsi , ed è comprovato, sia nella soluzione di problemi prettamente
organizzatori come la sede di organi giurisdizionali per armonizzarlo con la localizzazione degli altri organi
delle diverse articolazioni, come il calendario delle udienze e perfino il loro carico e la distribuzione
razionale e programmata,degli orari, così ancora per tutti i diversi profili degli adempimenti processuali. Ne
ho avuto personale conferma negli uffici giurisdizionali in cui ho prestato servizio, ove, attraverso il
concorso collaborativo e partecipativo degli avvocati e giudici, si è arrivati a rapido svolgimento dei
procedimenti e smaltimento delle pendenze con ritmi talvolta superiori al 125% del carico sopravvenuto:
tuttaltro si verifica quando vi è una conflittualità permanente o una mancanza di cooperazione
reciprocamente rispettosa.
Questo apporto e concorso fondamentale di tutte le componenti della giurisdizione non deve essere applicato
in modo riduttivo e limitato alla sola “amministrazione della giustizia nelle diverse articolazioni”, come
potrebbe ricavarsi dalla lettera della proposta, ma deve essere istituzionalizzato con applicazione anche al
settore normativo, utilizzando uno schema, che ha dato dei risultati razionalmente apprezzabili nelle
giurisdizioni amministrative, quando è stato applicato puntualmente. Mi riferisco alla previsione 23 che “ i
procedimenti legislativi che comportino il conferimento di nuove attribuzioni…, nonché la soppressione o la
modificazioni di quelle esistenti e che comunque riguardino l‟ordinamento e le funzioni “ (la norma si
riferisce al Consiglio i Stato e Corte dei Conti), sono adottati previo parere”. Occorrerà ampliare la
previsione a tutte le componenti della giurisdizione e alle norme fondamentali dell‟ordinamento processuale.
L‟anzidetta proposta può essere anche immediatamente attuata in via pragmatica con la richiesta di un parere
e con una consultazione, indipendentemente da ogni introducendo obbligo legislativo, anche utilizzando uno
dei meccanismi di delega legislativa concertata di cui ho fatto cenno, salvo a sanzionarla legislativamente
anche con un garanzia costituzionale.
Un secondo obiettivo accessorio della proposta (sinteticamente OUA De Tilla) ha funzioni esplicative delle
funzioni dell‟avvocato, della terzietà del giudice, della parità delle parti nel processo e della ragionevole
durata di un processo giusto insieme ad un obbligo di adeguatezza degli strumenti e costi della giustizia.
Il problema degli strumenti e costi è giustamente essenziale per qualsiasi riforma o innovazione positiva nel
servizio giustizia e per raggiungere i livelli essenziali delle relative prestazioni concernenti diritti civili e
sociali. Se il servizio giustizia non funziona adeguatamente, difetta la protezione dei diritti fondamentali del
cittadino, del lavoratore e della stessa attività economica soprattutto in periodo di crisi. I ritardi della
giustizia allontanano spesso gli investimenti.
23
R.d.l. 9 febbraio 1939, n. 273, convertito in legge 2 giugno 1939, n. 739.
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223
ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA
Attenzione particolare è prestata agli strumenti per assicurare una effettiva difesa dei non abbienti,
esplicitando l‟0nere “a carico dello Stato”, spostando – in modo condivisibile - il centro di elargizione verso”
le istituzioni dell‟avvocatura” con modalità stabilite dalla legge: attenzione alle esigenze di una libera scelta
dell‟avvocato, sia pure entro un elenco di avvocati disponibili o inclusi di ufficio, evitando ghetti che
rievochino la ormai superata avvocatura dei poveri.
Quanto alla posizione e all‟esercizio della professione di avvocato sono previste una incompatibilità assoluta
con le funzioni di magistrato, razionalmente da intendersi rispetto a tutte le giurisdizioni compresa quella
tributaria e a tutte le funzioni compresa quella onoraria.
Un terzo obiettivo autonomo è quello della netta distinzione e separazione tra magistrati giudicanti e
magistrati requirenti, relativi ruoli e quindi modalità di accesso. Certamente sul punto possono esistere
problemi, spesso collegati a situazioni locali e personali, risolvibili più adeguatamente e con adeguata
ponderazione 24 anche con accorgimenti meno drastici e separatisti. Occorre prevedere esclusioni tassative di
passaggi di funzioni o ritorno nella stessa Regione, limiti temporali a passaggi di funzioni, stabilendo un
congruo periodo minimo di intervallo, ed in ogni caso solo se accompagnati da accertati requisiti attitudinali
e giustificazioni adeguate. Occorre evitare, in maniera rigorosa, che la scelta sia del singolo per motivi
predominati di località, ovvero che si verifichi contiguità territoriali di funzioni o indirette incompatibilità in
ogni trasferimento o passaggio, anche per funzioni superiori
Maggiore apprezzamento, invece, può riscuotere, sul punto della separazione delle carriere, la equilibrata
presa di posizione della III Conferenza nazionale dell‟avvocatura tenutasi a Riva del Garda nel 2008.
Il vero problema da affrontare per un migliore ed imparziale servizio giustizia, per quanto riguarda i
magistrati (giudicanti o requirenti che siano), è relativo alla loro localizzazione territoriale, derivante da un
distorto sistema di progressione economica, di funzioni e di mutamenti di sede, per cui si sta verificando,
troppo spesso, un fenomeno di magistrati stanziali (ai mie tempi della magistratura assolutamente inusuale o
eccezionale), che rimangono nella stessa sede o in circoscritto ambito territoriale per tutta o la prevalente
durata del servizio, tranne nella generalità dei casi nel periodo “di frontiera” del primo esercizio di funzioni
dopo la nomina.. Questo provoca25, come fenomeno naturale non sempre addebitabile specificamente al
singolo soggetto, incrostazioni di consuetudine, di relazioni, e legami familiari, di amicizie e di colleganza o
di precedenti rapporti, frequenti rischi di incompatibilità con magistrati nella stessa sede o con avvocati per
maggiore o minore prossimità di parentela o di convivenza (anagrafica), rimediati solo formalmente, con
compiacenti assegnazioni a settori differenti di attività o con iscrizioni in albi viciniori, ma contigui e comuni
per ambito di utenza.
A sua volta il fenomeno ha effetti sulla diminuzione di arricchimento di esperienza e di varianza di
acquisizioni culturali e di pratica giuridica, attraverso nuovi e più larghi contatti con altri colleghi magistrati
e sopratutto con un diverso ambiente di avvocati e con una serie di problemi giuridico - sociali differenti.
Devo confessare che in questo giudizio negativo sulla tendenza stanziale e su legami territoriali dei giudici
(requirenti e giudicanti che siano) – questo è il più attuale dei problemi di imparzialità anche sul profilo
dell‟apparire - sono stato influenzato da continui riscontri nel mio peregrinare tra le diverse regioni e da
ricorrenti sussurrii nell‟ambiente forense (non riguardanti l‟ufficio di cui ero responsabile). In un certo senso
sono “pregiudicato” (ed insieme mi ritengo fortunato) per le mie variazioni periodiche di esercizio di
funzioni da Roma in Sardegna, nel Lazio, ancora a Roma, in Sicilia, a Roma ed in Trentino-Alto Adige, con
arricchimento di conoscenze ed esperienze giuridiche, anche per il variare (e ne sono consapevole) del
mondo forense in cui ho operato come magistrato prima ordinario, poi amministrativo. Di ciò sono
24
Occorre fare attenzione, soprattutto per il processo penale, della”duale” esigenza primaria di eguaglianza di
posizioni e di poteri, sia della parte privata, che del PM, per cui devitalizzando la posizione del P:M: si rischia anche di
mettere in gioco talune conquiste paritarie (ancorché incomplete), come quelle nel campo investigativo e della offerte di
prove acquisite o promosse dagli avvocati difensori.
25
Consentitemi –anche a costo di dispiacere a qualcuno- di essere sincero per avere indossato le diverse toghe per
oltre 56 anni, appartenendo alla generazione della metà degli anni 20.
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riconoscente anche alla classe forense, alla quale mi onore di avere appartenuto 26, sia pure per breve
periodo, all‟inizio della mia attività.
Di questi problemi è ora che si occupi il CSM ed il legislatore che, senza modificare il principio di
inamovibilità del giudice in mancanza di suo consenso (art. 107, comma primo, Costituzione), potrebbe
stabilire che vi sia un limite massimo di anni di permanenza nello stesso ufficio o sede, per l‟avvenire
computabili per progressioni o variazioni di funzioni, ferma l‟esigenza di una puntuale ed effettiva
applicazione delle regole sulle incompatibilità.
L’altra iniziativa sul piano di proposta di legge costituzionale concernente l‟avvocatura è quella presentata
alla Camera dei deputati dall‟on. Pecorella (N. 2556), che, limitata al solo aspetto fondamentale del
riconoscimento della avvocatura come soggetto costituzionale, segue per questa parte la proposta OUA De
Tilla, arricchita da una più chiara conferma del carattere squisitamente privato della relativa attività, oltreché
libera ed indipendente, per cui merita tutti gli apprezzamenti che ho svolto per questa parte alla proposta De
Tilla.
Chiudo con un augurio che un intervento di riforma del settore della giustizia sia prontamente effettuato - se
ne parla da troppo tempo sotto tutte le bandiere di schieramenti, senza realizzazioni concrete produttive di
buon funzionamento - : l‟unica via praticabile, con risultati valevoli per lungo periodo, è quella attraverso un
apporto aperto di tutti gli organi e le componenti della giustizia (magistratura ed avvocatura nessuna esclusa)
in un dialogo pacato e costruttivo.
Questo dialogo, valido strumento di comprensione e quindi di confronto e scambio – ripetutamente
invocato anche dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano -, è agevolato da un linguaggio e
culturale comune agli operatori della giustizia.
Il dialogo deve essere sempre aperto e pacato (immune da pregiudizi e da conflittualità preconcetta
di schieramento), con l‟umiltà essenziale in ogni civile discorso nel rispettoso raffronto tra più
soggetti, ciascuno orientato dal principio di leale collaborazione e da uno spirito di servizio,
nell‟interesse esclusivo della collettività. Il metodo del dialogo deve escludere una “diffidenza” o
manifestazione di sfiducia o di chiusura preconcetta, purtroppo troppo spesso strisciante in questi
periodi, nessuna parte è immune.
Questo del dialogo leale, invece, non è altro che il metodo essenziale che deve guidare ogni società civile,
democratica e pluralista in senso moderno ed è stato il metodo dei nostri Padri Costituenti. Quando si tratta
di riforme essenziali, lo dobbiamo ricordare e pretendere tutti, sia come semplici componenti della comunità
sociale, sia come titolari di pubblici uffici, sia quando impegnati in organizzazioni sindacali e di categoria,
ciò vale –e soprattutto- per chi concorre a determinare con metodo democratico la politica nazionale.
L‟anzidetto spirito di leale collaborazione nel metodo del dialogo, che hanno testimoniato coloro che ci
hanno preceduti, e tentano di perseguire gli organi e le istituzioni più responsabili, quell‟ideale comune di
rinnovamento della giustizia italiana, che deve animare tutti, al di sopra delle persone, degli orientamenti
politici e degli interessi particolari, deve costituire – come ho avuto occasione di ricordare in un recente
convegno con la magistratura associata - un impegno di tutti e quindi una certezza da realizzare con risultati
soprattutto destinati a durare, per il bene della società italiana.
26
Questa è anche la ragione del pronto accoglimento, con entusiasmo, dell‟invito ad intervenire alla Conferenza
dell'Avvocatura, formulatomi dall‟avv. Antonio Giorgino, con il quale, a parte la comune origine pugliese, mi lega una
amicizia familiare che risale a tre generazioni.
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226
ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA
VI CONFERENZA NAZIONALE DELL’AVVOCATURA
“AVVOCATURA E RIFORMA DELLA GIUSTIZIA NELLA COSTITUZIONE E
NELL’ORDINAMENTO”
ROMA, 20-21 NOVEMBRE 2009
Hotel Cavalieri Hilton
Prof. Avv. Annibale Marini
Presidente Emerito della Corte Costituzionale
Maurizio De Tilla, nel programmare con la bravura e la capacità che tutti conosciamo e (almeno un
po‟) invidiamo, queste due giornate di studio, mi ha assegnato un tema, i principi fondamentali della
giurisdizione, che per la sua ampiezza può essere solo accennato così come può essere accennata la
premessa da cui il mio discorso deve muovere. E ciò varrà, almeno spero, ad assolvermi non solo
dalle lacune ed incompletezze, ma dalla stessa elementarità di quanto verrò a dire.
Quanto alla premessa si tratta, in primo luogo, di ricordare che l‟effettività è un carattere essenziale
della norma (e del principio) senza il quale la norma non esiste come regola di condotta ma come
mero fatto espressivo, giuridicamente irrilevante.
Fermo restando che ogni norma può presentare un differente grado di effettività che si riflette sul
diverso giudizio di valore che è possibile dare della stessa.
Quando, dunque, si parla dei principi fondamentali della giurisdizione, il nostro compito, il compito
dei giuristi, non è solo quello di individuarli ma di verificare se ed in quale misura essi risultino
dotati di effettività e siano, quindi, parte integrante e costitutiva dell‟ordinamento.
E se l‟esito di tale indagine è negativo, la conclusione è quella dell‟inesistenza del principio o, il che
è lo stesso, di un principio solo apparente. Ciò che si traduce, poi, in un grave vulnus
dell‟ordinamento che su quel principio, almeno formalmente, riposa.
Volendo a questo punto fissare l‟ordine di trattazione del tema sopra indicato, occorre, dunque,
procedere all‟individuazione di quei principi che possono definirsi fondamentali della giurisdizione
e, successivamente, accertare il loro grado o, se si preferisce, la loro misura di effettività. Ed è
questo appunto il compito cui mi accingo iniziando dal primo di tali momenti.
La domanda che ci dobbiamo porre in proposito consiste nello stabilire quali tra i principi attinenti
alla giurisdizione possono e devono considerarsi fondamentali.
E la risposta non è semplice posto che ogni principio, essendo il risultato di un processo deduttivo
condotto con riferimento ad un dato settore normativo o, talvolta, all‟intero ordinamento, risulta
dotato di una generalità più o meno ampia e in questo senso si presenta come il fondamento di una
data disciplina. Così, nel campo del diritto civile, la buona fede, la tutela del contraente debole, la
libertà testamentaria e via dicendo sono principi generali o, con variazione talvolta puramente
terminologica, fondamentali dell‟ordinamento.
Occorre, allora, nel rispondere all‟interrogativo che precede, abbandonare criteri d‟ordine
sostanziale e far riferimento a criteri d‟ordine formale nel senso di considerare fondamentali quei
principi che trovano la loro espressione nella legge fondamentale del nostro ordinamento e
precisamente nella Costituzione.
Sicchè, ed è la conclusione, possono definirsi fondamentali tutti e solo i principi costituzionali in
tema di giurisdizione.
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ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA
E se i principi costituzionali sulla giurisdizione sono fondamentali è del pari evidente che la loro
assenza di effettività si traduce in un grave pregiudizio della stessa giurisdizione.
Tra questi principi quelli che presentano, anche per il loro immediato interesse applicativo, un
particolare interesse sono tre:
1) il principio della ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.);
2) il principio della parità delle parti nel processo (art. 111 Cost.);
3) il principio della inviolabilità del diritto di difesa in ogni stato e grado del giudizio e, collegato a
questo, il principio della tutela dei non abbienti (art. 24 Cost.).
Si tratta, allora, di vedere se ed in quale misura questi principi possono considerarsi dotati di una
loro effettività e, in caso di risposta negativa, quali siano le cause e quali i rimedi di quella che può
considerarsi una grave patologia dell‟intero sistema.
Diverso è, invece, il problema del ruolo che va riconosciuto all‟Avvocatura in relazione ai principi
fondamentali della giurisdizione come sopra precisati.
Ed in proposito, e per quanto è consentito in questa sede, occorre richiamare quella considerazione
dell‟Avvocatura quale componente essenziale della giurisdizione che, a prima vista, può forse,
come accade per tutte le definizioni, lasciare perplessi e che, invece, ad una più attenta riflessione,
finisce per trovare una giustificazione sostanziale nel fatto che i principi fondamentali della
giurisdizione devono essere attuati e non possono non essere attuati anche dall‟Avvocatura.
Sicchè, quest‟ultima entra a pieno titolo nel processo attuativo del principi costituzionali,
acquistando la veste di protagonista di quel processo e, quindi, uno specifico rilievo istituzionale.
Passando, ora, ad una valutazione dei principi fondamentali della giurisdizione, il primo che
abbiamo individuato, quello cioè della ragionevole durata del processo, nonostante la sua solenne
enunciazione nell‟art. 111 Cost., può considerarsi sistematicamente violato nel nostro Paese che per
tale illecito ha collezionato un numero di condanne della Corte di Strasburgo superiore a quello di
tutti gli altri Paesi europei. Sicchè, si tratta, in definitiva, di un principio solo enunciato, ma non
attuato e perciò privo di qualsiasi effettività.
Se mi è consentita un‟osservazione di carattere corporativo, direi che l‟unico settore nel quale vige
il principio della ragionevole durata del processo è quello della giustizia costituzionale essendo noto
che i tempi di definizione dei giudizi di costituzionalità non superano quasi mai la durata di un anno
e sono comunque assai brevi.
Ferma, dunque, la patologica durata dei processi, occorrerebbe individuarne le cause e indicarne i
rimedi.
Tra le cause, il discorso sarebbe lungo e complesso, non ricomprenderei, comunque, come talvolta
si è fatto, l‟ostruzionismo o, comunque, la mancata collaborazione dell‟Avvocatura alla sollecita
definizione dei processi.
E ciò sia perchè gli avvocati sono le vittime della durata abnorme dei giudizi per la perdita di
fiducia nella giustizia e, di riflesso, nell‟attività forense sia perché i tempi della giustizia non sono
certo scanditi dagli avvocati.
Né è vero che gli avvocati siano responsabili dell‟alto grado di litigiosità che esiste nel nostro
Paese, che rinviene, invece, le sue cause in fattori ben diversi dal numero degli avvocati e da una
loro asserita modestia professionale.
Gli avvocati sono troppi e poco preparati, e possiamo essere (parzialmente, ma solo parzialmente)
d‟accordo, ma una cosa certa è che non sono essi i responsabili della lentezza della giustizia, da cui,
invece, come si è detto, risultano, sotto vari aspetti, pregiudicati:
E se finalmente è stato recentemente attivato un processo riformatore di codici ormai obsoleti o,
comunque, superati; processo, i cui effetti positivi non mancheranno di avvertirsi nel breve e medio
periodo, non può tacersi che le cause, almeno le principali, della lentezza della giustizia sono da
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individuarsi in una disciplina unitaria di vicende giudiziarie di scarsa o nessuna importanza e di
vicende di grande rilievo economico o sociale. Con il brillante risultato di ottenere (parlo della
giustizia civile) tempi biblici per la definizione delle prime e di demandare le seconde alla c.d.
giustizia privata (o arbitrale).
Mentre non si può non accennare (parlo sempre della giustizia civile) anche al cattivo uso che i
magistrati hanno fatto e continuano a fare del loro potere-dovere di condannare il soccombente al
pagamento delle spese di giudizio, finendo in tal modo per rendere paragratuito il giudizio ed
incentivando proprio quella litigiosità che per ragioni storiche è assai diffusa nel tessuto sociale del
nostro paese.
Senza ascoltare il monito di antica saggezza, il nostro Praetor finisce così per occuparsi
prevalentemente “de minimis”, con la conseguenza che l‟esito finale di tutti i giudizi, sia di quelli
de minimis che di quelli de maximis, finisce per essere o la prescrizione del reato o la inutilità della
sentenza conclusiva dei giudizi.
Ma quali i rimedi? L‟intervento della Corte Costituzionale in questa materia serve poco o niente,
essendo evidente che l‟abnorme durata del processo non può certo essere eliminata da una
pronuncia caducatoria di una o più norme, ma, come si è detto, da una radicale riforma
dell‟ordinamento di esclusiva competenza del Parlamento.
L‟unica via di salvezza, almeno fino ad ora, ci viene, dunque, dall‟Europa ed in particolare dalla
Corte di Strasburgo e dalle condanne da quest‟ultima inflitte al nostro Paese per l‟abnorme durata
dei processi. Anche se, non andrebbe dimenticato che le condanne di Strasburgo meriterebbero una
immediata esecuzione che allo stato manca.
Quel che interessa evidenziare, tuttavia, è l‟irreparabile pregiudizio che la lentezza dei giudizi viene
ad arrecare non solo al nostro tessuto economico ed allo sviluppo degli investimenti stranieri nel
nostro Paese, ma anche, e direi soprattutto, allo stesso principio di legalità. Vulnus quest‟ultimo
evidenziato dalla corrente e ricorrente constatazione secondo cui “giustizia ritardata è giustizia
negata”.
E ciò comporta la ormai indilazionabile necessità di bilanciare l‟esigenza della ricorribilità ad un
giudice di grado superiore a quello che ha emesso una data decisione con il principio della
ragionevole durata del processo, trovando un punto di equilibrio tra aspetti egualmente necessari al
concetto di giusto processo.
Occorre, cioè, ricordare che una costante e continua violazione del principio della ragionevole
durata del processo viene a negare proprio quella giustizia che il processo tende ad assicurare.
Tutela, dunque e sempre, della persona che invoca giustizia, ma coniugata alla essenziale garanzia
di una non irragionevole durata del processo.
E passiamo all‟altro principio: quello, anch‟esso fondamentale, relativo alla parità delle parti nel
processo.
Consentitemi anche in proposito di procedere, come già fatto, per semplici cenni e pervenire,
dunque, alla conclusione che anche siffatto principio, considerato nel suo significato politico –
costituzionale, continua ad essere inattuato, o comunque, insufficientemente attuato nella realtà
giuridica del nostro paese. E spiego subito il perché.
Mi sembra, infatti, che l‟ostacolo maggiore all‟attuazione di quel principio consista, per quanto
riguarda la giustizia penale, nella storica unificazione delle carriere del pubblico ministero e del
giudice ai quali è, paradossalmente, attribuito uno stesso status nonostante la assoluta diversità delle
rispettive funzioni. Ciò che, è appena il caso di dire, non si verifica in alcun altro settore
dell‟ordinamento.
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In altri termini, quando una delle parti del processo e precisamente il Pubblico Ministero ha lo
stesso status del giudice la diversità delle parti (e cioè del pubblico ministero e del difensore) è in re
ipsa e prescinde dalla disciplina interna al processo.
Il principio di parità richiede, logicamente, che le parti del processo (e non solo nel processo) siano
in posizione di effettiva eguaglianza (uso volutamente un termine atecnico) al di là della loro
diversa possibile coloritura, pubblicistica e privatistica. Se, infatti, il difensore in quanto tale e
perché tale non può non avere natura privata, (essendo l‟avvocato pubblico una triste eredità di
regimi dittatoriali) il pubblico ministero non può non essere dotato di poteri pubblicistici che,
tuttavia, diversamente da quelli del giudice, devono essere bilanciati da altri poteri attribuiti ai
difensori in quella dialettica tra accusa e difesa che non altera la parità delle parti del processo.
Quando, invece, una soltanto delle due parti (come oggi accade) e precisamente il p.m. è investito di
uno status identico a quello del giudice, ipotizzare una sua parità con il difensore costituisce
esercizio di una modesta retorica tanto datata quanto fuorviante.
Mi sia consentito ricordare che quello della parità è un processo lungo e difficile anche se qualcosa
si è fatto dall‟epoca in cui nei giudizi di legittimità il procuratore generale presso la Corte di
Cassazione partecipava alla camera di consiglio e diveniva un ulteriore componente (occulto) del
collegio, tanto molto raramente le sue conclusioni risultavano difformi dalla sentenza di cui
rappresentavano un‟anticipazione ad uso e consumo degli avvocati.
Si trattava di un caso limite (fortunatamente ormai eliminato), ma significativo, di quanto può
accadere quando p.m. e giudice non vengono separati non solo nelle funzioni (il che è ovvio), ma
nel loro status giuridico, a cominciare dallo stesso concorso di accesso alla carriera che deve essere
(e non può non essere) diverso per le due categorie essendo funzionale ad una diversa preparazione
professionale. A solo titolo esemplificativo, un tema sul retratto successorio sarebbe impensabile
per l‟accesso alla carriera di p.m., così come sarebbe atipica (per non dire stravagante) la scelta di
un argomento di medicina legale per l‟accesso alla carriera di giudice.
Conclusivamente sul punto, fino a quando la separazione delle carriere o, come si dice, degli ordini,
non sarà attuata, avremo una parità puramente formale del pubblico ministero e del difensore e
avremo anche, e corrispondentemente, una insoddisfacente terzietà del giudice.
E vengo all‟ultimo principio che, come ho detto, riguarda la difesa dei non abbienti, principio che,
ove non attuato, finisce per vanificare lo stesso diritto di difesa e cioè uno dei diritti essenziali della
persona.
La norma secondo cui la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del giudizio significa che
non ci può essere giurisdizione senza difesa e non ci può essere difesa senza il patrocinio di un
avvocato liberamente scelto dalla parte, dotato di capacità professionale e in quanto tale retribuito
con onere a carico dello Stato.
Da ciò discende il dovere dell‟avvocato prescelto dal non abbiente di prestare la sua opera con
diligenza e professionalità, restando in caso contrario, soggetto alle sanzioni disciplinari previste
per l‟inosservanza dei suoi doveri.
A questo punto, ritorna ancora una volta l‟interrogativo se possa ritenersi compiutamente attuato nel
nostro Paese il diritto alla difesa dei non abbienti. E la risposta, come ben sanno gli avvocati oggi
presenti, è negativa nel senso che la c.d. difesa d‟ufficio è solo una parodia (e talvolta una brutta
parodia) della vera difesa e che, purtroppo, quando ciò accade diventa una parodia anche la
giurisdizione che rimane priva del suo momento essenziale riducendosi ad un manichino senza vita.
E allora? Allora dobbiamo avere ben presente che il diritto alla difesa è un diritto fondamentale
della persona come il diritto alla salute, all‟istruzione e via dicendo e che, pertanto, è del tutto
ingiustificata la posizione di Cenerentola che gli è stata in passato riservata nella realtà giuridica del
nostro Paese, al di là di enfatiche e ricorrenti dichiarazioni di segno contrario.
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ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA
Posizione di Cenerentola che non fa certo onore ad un Paese come il nostro di antica civiltà
giuridica.
Vorrei finire con una riflessione. E‟ stato di recente scritto da Franco Galgano che una accusa
mossa di frequente ai giuristi è quella di essere stati storicamente sempre dalla parte del potere
costituito secondo la nota formula del giurista segretario del principe. Ma lo stesso Franco Galgano,
che pur aveva mostrato di condividere quell‟accusa, doveva riconoscere, con grande onestà
intellettuale, di essersi sbagliato e citava il caso di Mario Pagano che aveva pagato con la vita il
rifiuto di riconoscere alla tortura, sulla quale si reggeva il regime borbonico, la dignità di un valido
mezzo di prova. E ciò in quanto, aggiungo, il mezzo di prova non può mai comportare in nome
della giustizia la violazione di quei diritti che della giustizia rappresentano il fondamento.
A distanza di secoli il sacrificio di Mario Pagano conserva la sua attualità in quella che può definirsi
la lotta per il diritto che nel presente momento assume le sembianze della lotta per l‟attuazione dei
principi che ho indicato quale fondamento del giusto processo e che non possono essere disattesi
senza vanificare quello Stato di diritto che resta una delle conquiste più significative della civiltà
contemporanea.
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VI CONFERENZA NAZIONALE DELL’AVVOCATURA
“AVVOCATURA E RIFORMA DELLA GIUSTIZIA NELLA COSTITUZIONE E
NELL’ORDINAMENTO”
ROMA, 20-21 NOVEMBRE 2009
Hotel Cavalieri Hilton
DIMENSIONE COSTITUZIONALE DELL’AVVOCATO
relazione Prof. Avv. Aldo Loiodice
(Ordinario di diritto costituzionale nell‟Università di Bari e docente di diritto amministrativo
nell‟Università Europea di Roma)
1. Verso una più forte tutela costituzionale dell’avvocato nella giurisdizione
La soggettività costituzionale dell‟avvocatura trova riferimenti, impliciti, in diverse disposizioni
costituzionali, ma richiede una chiara esplicitazione al fine di evitare equivoci nella collocazione
dell‟attività libero professionale rispetto all‟esercizio della funzione giurisdizionale. In tale
prospettiva occorre seguire un percorso, ragionevole, di approccio ad una proposta di riforma
costituzionale del Titolo IV della Costituzione, che non dovrebbe più intitolarsi solo alla
“Magistratura” ma riferirsi alla “Giurisdizione” con la previsione esplicita dell‟avvocato 27.
Si può seguire un itinerario che si snoda attraverso l‟esame di alcuni profili differenziati: l‟avvocato
nella Costituzione oggi (e si scoprirà che vi è un riconoscimento forte, anche se implicito); le
ragioni che inducono a rinforzare il ruolo costituzionale dell‟avvocatura con un‟espressa previsione;
l‟avvocato nella giurisdizione sotto il profilo costituzionale; le linee della proposta di riforma
costituzionale del Titolo IV.
2. Il ruolo dell’avvocato tra concezione concorrenziale e concezione garantistica
Occorre premettere che il quadro dei valori costituzionali (italiani ed europei) manifesta la
specialità della professione forense, attraverso una serie di indici che non possono essere ignorati
nella disciplina della professione di avvocato (attuale o futura). L‟innovazione tecnologica,
l‟evoluzione dei mercati e l‟intervento del diritto comunitario fanno emergere problemi che,
tuttavia, non modificano in alcun modo la consolidata collocazione della professione forense nel
ruolo di garanzia dei diritti dell‟uomo (sia esso cittadino che straniero). Il conflitto, che può
emergere dall‟atteggiamento di chi vorrebbe privilegiare la concezione imprenditoriale e
concorrenziale della professione forense (raffrontata alla concezione garantistica), non determina
alcuna esigenza di innovare sul ruolo dell‟avvocato e sulla sua collocazione nell‟ambito della tutela
giudiziaria ed extragiudiziaria dei diritti e degli interessi delle persone, potendo incidere solo sulle
modalità di esercizio della professione e sui profili meno caratterizzanti di essa. È noto che,
nell‟ambito del diritto comunitario, la costruzione della natura giuridica delle professioni è
sottoposta a riesame, anche se ciò avviene ai soli fini dell‟applicazione della disciplina della
concorrenza; al di fuori di tale disciplina, infatti, tutte le professioni dovrebbero riprendere la loro
27
Sulla funzione giurisdizionale si rinvia alle riflessioni svolte nel convegno annuale della Associazione
italiana dei Costituzionalisti del 22 e 23 ottobre 2004: Aa.Vv.,
Separazione dei poteri e funzione giurisdizionale: atti del 19° Convegno annuale dell’Associazione Italiana dei
costituzionalisti, CEDAM, Padova 2008.
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natura tradizionale e, quindi, anche la professione forense non dovrebbe perdere i suoi connotati
peculiari28
3. L’avvocato come produttore di servizi
Occorre rimarcare il quadro dei valori costituzionali perché la concezione concorrenziale e
mercantile, qualora non affrontata con la dovuta attenzione, rischia di snaturare l‟opposta
concezione radicata nella tradizione di molti ordinamenti giuridici in cui la professione intellettuale
dell‟avvocato ha una garanzia ed un ruolo inconfondibili (ciò, anche nell‟ordinamento inglese che
potrebbe sembrare il più lontano da quello italiano)29
3.Anche se si volesse considerare l‟attività forense come una sottocategoria delle attività produttive
di servizi e, quindi, la professione forense come una sottospecificazione delle professioni
intellettuali appartenenti alla categoria dei produttori di servizi, ciononostante il ruolo
dell‟avvocatura resterebbe sempre immutato nella sostanza, nelle finalità e nelle esigenze di
garanzia. L‟eliminazione delle c.d. “barriere” o “frontiere giuridiche” (che sarebbero ostacolo alla
concorrenza e al mercato) non può
verificarsi laddove i limiti giuridici all‟esercizio professionale siano giustificati dalla specialità della
professione. La giustificazione di tali limiti si collega all‟apprezzabilità delle restrizioni in essi
contenute (accesso, albi, poteri disciplinari, tariffe, Ordini) quando i destinatari dei servizi, in questo
caso i clienti dell‟avvocato, non sono in grado di valutare correttamente la qualità dei servizi stessi;
di qui il riemergere del ruolo tradizionale dell‟avvocato nelle sue peculiarità essenziali. Ciò deriva
dal quadro costituzionale italiano ed europeo.
4. Rilievo costituzionale dell’avvocato: il diritto di difesa
Il riferimento costituzionale che emerge in maniera più evidente è quello dell‟art. 24 Cost., laddove
si precisa che «tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi»
(comma 1) e che «la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento» (comma 2.);
a ciò si aggiunga il comma 3 per cui «sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi
per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione»30
Che tale disposizione copra, costituzionalmente, l‟attività dell‟avvocato non sembra possa essere
revocato in dubbio; si potrebbe, tuttavia, obiettare che il legislatore (discrezionalmente o in
attuazione di norme comunitarie) possa eliminare la difesa tecnica dell‟avvocato consentendo ai
cittadini la sola autodifesa, con la conseguenza di un disconoscimento del rilievo costituzionale
dell‟avvocato. Invero, all‟affermazione categorica del diritto inviolabile di difesa non si
accompagna, nel testo costituzionale, l‟indicazione (dotata di pari forza cogente) dei modi di
28
Di fronte a tali rischi una sottolineatura costituzionale dell’avvocatura appare opportuna e coerente
con la stessa impostazione costituzionale oggi vigente. Cfr. G.F. Cartei, V. Vannucci (a cura di), Diritto
comunitario e ordinamento nazionale:professioni forensi, sistema giudiziario, processo amministrativo, servizio
pubblico, diritto sociale, diritto del lavoro, professioni intellettuali, Giuffrè, Milano 2003.
3 Cfr. G. Alpa, Disciplina delle professioni legali: luci ed ombre della ricetta inglese, in «Guida al Diritto (Il
Sole 24-Ore)», 11 settembre 2004, n. 35, p. 106 e ss.
29
4 Sul diritto di difesa si veda P. Grossi, il diritto di difesa nella Costituzione italiana nella sua individuazione
come principio supremo nell’ordinamento costituzionale, in Aa.Vv., La sentenza della Corte Europea dei Diritti
dell’Uomo del 20 luglio 2001,
Giuffré, Milano 2004.
30
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esercizio di quel medesimo diritto. Ciò potrebbe avere la conseguenza di consentire al legislatore,
valutata la situazione, i diritti e gli interessi in gioco, di stabilire in quali casi non sia necessaria la
difesa tecnica o, addirittura, di eliminarla dai giudizi. Questa ipotesi potrebbe far ritenere che la
disciplina della professione forense sia nella totale disponibilità del legislatore nazionale e, quindi,
anche del legislatore comunitario. La conclusione però è priva di fondamento.
5. segue: l’autodifesa e la difesa tecnica
La semplice possibilità di autodifesa, pur garantita dalla Costituzione, non esclude che la difesa
tecnica dell‟avvocato sia indispensabile, salvo che in poche limitate categorie di controversie.
Invero l‟art. 24 Cost. garantisce sia la difesa tecnica, cioè l‟esistenza di un esercente la professione
legale, sia l‟autodifesa che, intesa quale personale partecipazione della parte, va considerata come
uno tra i profili della difesa in senso sostanziale.
Che il diritto di autodifesa sia costituzionalmente tutelato è stato affermato più volte dalla Corte
costituzionale. Tale diritto trova attuazione nel codice penale di rito, come viene ricordato dalla
Corte costituzionale (188/1980), secondo cui la possibilità di una piena difesa personale è
riconosciuta all‟imputato in tutto il corso del dibattimento ed a conclusione di esso. Tale possibilità
deve essere effettivamente garantita all‟imputato, rimanendo consentito di procedere senza di lui
solo se l‟assenza sia una libera scelta (Corte cost. 9/1982). Però, l‟autodifesa è un diritto ma non un
obbligo; l‟imputato può rifiutare di difendersi personalmente e può anche astenersi dal presenziare
al dibattimento (Corte cost. 125/1979). Diversamente dall‟autodifesa, l‟assistenza di un difensore,
oltre ad essere un diritto costituzionalmente protetto, perché rientra nel diritto inviolabile di difesa,
si configura anche come una necessità nella grandissima maggioranza dei casi.
Invero nel processo penale, la difesa tecnica è obbligatoria ed è prevista la nomina d‟ufficio di un
difensore; secondo il costante orientamento della Corte l‟obbligatorietà della difesa tecnica è
certamente compatibile con la disposizione che, talvolta, esclude la presenza del difensore per casi
di minore rilevanza31
Anche nel processo civile la difesa tecnica, pur presentandosi come onere, risulta indispensabile per
la stessa costituzione in giudizio; analoga la situazione nel processo amministrativo32.
Da altro punto di vista, non è prevista la possibilità di un rifiuto della difesa tecnica perché tale
rifiuto non è garantito dall‟art. 24 Cost., essendo il diritto di difesa non soltanto inviolabile ma
altresì irrinunciabile.
6. segue: i valori sottesi al gratuito patrocinio
Il comma 3 dell‟art. 24 Cost., che prevede il patrocinio legale assicurato ai non abbienti (Corte cost.
114/1964), individua nel gratuito patrocinio e nella difesa d‟ufficio gli istituti necessari a tutelare i
non abbienti
e manifesta l‟evidente necessità della difesa tecnica.33
In altri termini nell‟art. 24 Cost., laddove si stabilisce la necessità di un patrocinio gratuito ai non
abbienti, è evidente l‟implicita convinzione del costituente che un patrocinio, pur se retribuito,
debba essere assicurato
anche agli abbienti. In sostanza ricorrere ad un avvocato potrebbe essere più facile per chi non è
abbiente, perché può contare sul gratuito patrocinio e per chi è molto abbiente perché può contare
5 Cfr. E. Ranieri, Evoluzione normativa del diritto alla difesa tecnica dell’imputato, Dipartimento di diritto
pubblico e teoria generale delle istituzioni, Salerno 2004.
31
32
6 Cfr. C. Pepe, La tutela costituzionale del diritto di difesa nei giudizi contro la P.A., CEDAM, Padova 2000.
33
7 Sul gratuito patrocinio si veda F. Sassano, Il gratuito patrocinio, Giappichelli, Torino 2004.
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sui propri mezzi, mentre chi si trova nella fascia mediana (tra non abbiente e molto abbiente)
potrebbe avere difficoltà a sopportare le spese per onorari e spesso potrebbe essere costretto a
rivolgersi a chi non è professionalmente qualificato, peggiorando così la sua situazione; occorre,
quindi, tener conto di ciò nell‟evoluzione del mercato professionale, ma quel che più conta è
salvaguardare il valore della professionalità; questo valore, invero, è la differenza tra chi offre
servizi legali senza essere qualificato e chi invece appartiene ad una categoria costituzionalmente
rilevante come l‟avvocato.
Vi è, quindi, il primo indizio pacifico della copertura costituzionale della professione forense.
D‟altra parte, in dottrina, si è osservato che la disposizione sul gratuito patrocinio ha lo scopo di
sollevare il libero professionista dall‟obbligo di prestare assistenza gratuita in quanto, con esso, si
prevede che alla sua retribuzione provveda lo stato. In altri termini emerge un‟altra ragione di
approfondimento del ruolo del gratuito patrocinio che non è solo quello di stabilire che il patrocinio
è comunque necessario, ma anche quella di stabilire che il patrocinio è comunque retribuito e che,
soltanto a seguito di una disposizione costituzionale, si può immaginare che la retribuzione non
faccia carico al cliente ma ad un soggetto diverso (lo Stato o altro ente).
Appare allora chiaro che la difesa dei diritti e degli interessi (che è inviolabile in ogni stato e grado
del procedimento) non è soltanto l‟auto - difesa ma è, necessariamente, anche la difesa affidata al
libero professionista. È una conclusione condivisa da tutti, ma il suo radicamento costituzionale
serve a stabilire che, per il legislatore, c‟è un limite nella modifica del ruolo costituzionale della
professione forense in un doppio senso: in primo luogo non si può esaurire la difesa nell‟autodifesa,
se non in alcuni casi limitati e di scarso rilievo; in secondo luogo lo svolgimento della professione
deve essere assicurato, dal legislatore, con caratteristiche tali da richiedere un‟obbligatoria
retribuzione e, comunque, l‟impossibilità di rinunciare agli onorari professionali in misura adeguata
(il che giustifica i minimi tariffari).
7. Collegamento con la funzione giurisdizionale; l’avvocato e il “giusto
processo”
Approfondendo l‟ambito degli effetti prodotti dall‟art. 24 Cost., emerge anche il suo collegamento
con la funzione giurisdizionale e la conseguente esigenza di assicurare dignità, decoro e libertà
all‟avvocato.
I lavori preparatori della Costituente confermano l‟opinione esposta; in essi si chiarisce che «da
questa proposizione è data veste costituzionale al principio che la difesa per mezzo di avvocato è
garantita in ogni tempo e davanti ad ogni giudice» (Tupini, Res. 1° Sc.C. p. 60).34.
La presenza implicita, ma necessaria, della difesa tecnica e dell‟avvocato emerge anche in altre
disposizioni della Costituzione: nell‟art. 111, riguardante il giusto processo, laddove stabilisce una
serie di requisiti perché il processo possa considerarsi giusto ed indica, per l‟accusato, gli elementi
(comma 3) «necessari per preparare la sua difesa» anche nell‟ultimo e penultimo comma dell‟art.
8 Sui lavori preparatori della Costituzione si rammenta l’utilità delle seguenti pubblicazioni:
V. Carullo, La Costituzione della Repubblica italiana illustrata nei lavori preparatori, Giuffrè, Milano 1959;
Camera dei Deputati –- Segretariato Generale, La costituzione della Repubblica nei lavori preparatori
dell’Assemblea Costituente; L.P.
Comoglio, Metello Scaparone, art. 24 Cost., in Aa.Vv., Rapporti Civili, in Commentario alla Costituzione a
cura di G. Branca, artt. 24-26, Zanichelli, Bologna; La Costituzione italiana - Analisi degli emendamenti, IBM
Italia 1979; Crisafulli, Paladin, Commentario breve alla Costituzione, CEDAM, Padova 1990; M. Ainis, T.
Martines, Codice costituzionale, Laterza, Roma-Bari 2001.
34
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111 Cost. l‟opera dell‟avvocato risulta indispensabile perché si prevede il ricorso in Cassazione sia
in materia di libertà personale sia avverso le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti
(queste ultime solo per motivi inerenti alla giurisdizione)35.
Si tratta di atti difensivi estremamente tecnici, che non possono essere redatti se non da un
professionista qualificato. È vero che si potrebbe obiettare che, eliminando la necessità del
difensore in giudizio attraverso una legge, si potrebbe far partecipare ai giudizi soltanto le parti
personalmente, che, poi, si muniscono di consulenze e di pareri tecnici forniti dai giuristi esperti.
Ma questa eventualità, peraltro non ammissibile nell‟ordinamento italiano, non esclude, comunque,
la tutela del ruolo dell‟avvocato che diventa (attraverso quegli atti che esprimono la sua conoscenza,
sensibilità e preparazione) indispensabile per far esercitare alla parte il suo diritto di difesa
dichiarato inviolabile.36
8. L’avvocato negli organi costituzionali o di rilievo costituzionale
Sotto un diverso profilo si ha un altro indizio del ruolo costituzionale attribuito agli avvocati
laddove, nella Costituzione, da tale categoria si attingono persone che devono occupare organi
costituzionali o di rilievo costituzionale. Nell‟art. 104 Cost. si prevede che gli avvocati, dopo 15
anni di esercizio, siano eleggibili al Consiglio Superiore della Magistratura unitamente ai professori
ordinari di università in materie giuridiche; nell‟art. 106 Cost. si prevede che, oltre ai professori
ordinari, possono essere nominati all‟ufficio di Consiglieri di Cassazione avvocati che abbiano 15
anni di esercizio e siano iscritti negli Albi speciali per le giurisdizioni superiori; ma ancor più l‟art.
135 Cost., comma 2, prevede che possano essere eletti giudici costituzionali, oltre i magistrati anche
a riposo delle giurisdizioni superiori ed i professori ordinari in materie giuridiche, gli avvocati dopo
20 anni di esercizio. Si tenga presente che le categorie di eleggibili a queste cariche viene ristretta a
soggetti per i quali la Costituzione garantisce l‟autonomia e l‟indipendenza; per i magistrati
l‟autonomia e l‟indi pendenza sono previste dall‟art. 104 Cost. e per i professori universitari
dall‟art. 33 Cost., ultimo comma, con riferimento alle istituzioni di cui essi fanno parte. Si tratta di
categorie di persone alle quali la Costituzione ha ritenuto (per la loro professionalità e per le
esigenze di interesse pubblico cui si collega la loro attività) di assicurare libertà, autonomia ed
indipendenza. Un motivo ragionevolmente plausibile di spiegazione della scelta del costituente in
favore degli avvocati, laddove possono essere scelti e concorrono anche professori universitari o
magistrati, deve rintracciarsi nella tradizione degli avvocati che si è sempre collegata ad una
caratteristica di dignità, autonomia e libertà.
Questi profili manifestano come la disciplina forense non possa essere delineata in maniera corretta
se i connotati della dignità, del decoro e della libertà non vengono assicurati in maniera effettiva.
Da quanto esposto emerge il disegno costituzionale dell‟avvocato che la Costituzione collega
all‟esercizio di un diritto inviolabile fondamentale ed all‟esercizio di funzioni pubbliche quali la
giurisdizione.
9. Le competenze legislative regionali e statali nella disciplina della professione forense; i principi
fondamentali e i livelli essenziali delle prestazioni
9 Sul tema del giusto processo si veda, fra i tanti, P. Ferrua, Il giusto processo, Zanichelli, Bologna 2007, e A.
Bodrito, Giusto processo e riti speciali, Giuffrè Milano 2009.
35
10 Di recente la Corte di Cassazione, a sezioni unite, con la sentenza 15 dicembre 2008, n. 29294, ha
affermato che il principio del “giusto processo” stabilisce «dei parametri che debbono essere tenuti
necessariamente presenti anche al di fuori del particolare settore d’elezione», sicché è applicabile anche alla fase
di apertura del procedimento disciplinare a carico degli avvocati, avente “natura amministrativa”.
36
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Il disegno costituzionale non viene modificato dalla previsione della competenza regionale in
materia di professioni. Invero l‟art. 117 Cost., al comma 3, prevede tra le materie di legislazione
concorrente quella delle
professioni. Tale norma, tuttavia, stabilisce che i principi fondamentali siano stabiliti con legge
dello Stato. In fondo i principi fondamentali devono assicurare gli obiettivi della disciplina della
professione legale individuabili nella indipendenza, nell‟integrità morale, nel dovere di agire
nell‟interesse del cliente e nel segreto professionale.
Un ulteriore obiettivo è collegato alla connessione tra l‟attività dell‟avvocato e l‟amministrazione
della giustizia, che deve assicurare l‟indipendenza dei professionisti attraverso standards etici e cioè
tramite la deontologia.
Infine l‟indipendenza della professione forense deve essere assunta come un valore indefettibile in
uno stato di diritto a base democratica.
La professione di avvocato porta benefici alla società e arreca affidamento ai cittadini. Talvolta
l‟avvocato deve spingere a fondo la sua difesa a favore dei cittadini, anche nei casi più avversi in
cui, nell‟opinione pubblica dei c.d. benpensanti, la bilancia penda in senso contrario agli interessi
del cliente.
Già questa precisazione permette di cogliere la presenza di un nucleo forte normativo cui la
disciplina concernente l‟avvocato deve confermarsi essendo, quel nucleo, oggetto di principi
fondamentali non disponibili da parte delle regioni.
Ma vi è di più; ai sensi del comma 2 dell‟art. 117, lett. m), lo Stato in via esclusiva deve
determinare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili che debbono essere
garantiti in maniera uguale su tutto il territorio nazionale.37
Il diritto di difesa garantito dall‟art. 24 Cost. è un fondamentale diritto civile; appartiene invero al
Titolo I della Costituzione denominato “Rapporti civili”. In conseguenza, l‟intervento delle regioni
sulle professioni non può eccedere i profili di incentivazione e ausilio relativi all‟aggiornamento,
alla formazione e alla qualificazione degli avvocati, nonché alle agevolazioni nell‟utilizzo della
difesa tecnica in favore delle categorie meno abbienti; inoltre la competenza regionale non può
superare la soglia delle peculiarità costituzionali della figura dell‟avvocato. Queste peculiarità
appartengono alla legislazione esclusiva dello Stato; sono eguali su tutto il territorio nazionale e, per
le ragioni che si vedranno, in tutto il territorio dell‟Unione europea; né al legislatore statale, come si
è detto, può riconoscersi competenza a modificare o ridurre il peso delle peculiarità tradizionali
della figura dell‟avvocato, ravvisabili appunto nella dignità, nel decoro e nella libertà; il che implica
il riconoscimento di un divieto di ingerenza dello Stato o dei magistrati nell‟esercizio dell‟attività
professionale, perché l‟unica via percorribile (conforme a Costituzione) resta l‟affidamento dei
poteri disciplinari e dell‟accertamento della qualità e regolarità della professione alla stessa
categoria forense attraverso meccanismi di autocontrollo. In altri termini, la tradizione relativa
all‟organizzazione della disciplina forense e della sua applicazione viene costituzionalizzata (nei
suoi profili fondanti) e, quindi, resa indisponibile al legislatore, che potrà pur modificare diversi
profili dell‟attuale disciplina, ma dovrà sempre assicurare che l‟avvocato sia il libero, dignitoso e
decoroso difensore dei diritti e degli interessi di chiunque.38
11 A. Predieri, Annotazioni sull’esame di Stato e l’esercizio professionale, in «Giur. cost.», 1963, pp. 506 e ss.;
V. Caianiello, L’inserimento delle professioni nel titolo V della Costituzione, in Aa.Vv., Atti del Convegno
nazionale “Quale federalismo per le professioni” del 18 marzo 2002, in www.odg.mi.it; E. Bindi, M. Mancini,
Principi costituzionali in materia di professioni e possibili contenuti della competenza legislativa statale
e regionale alla luce della riforma del titolo V, in «Le Regioni», 2004, pp. 1320 e ss.
37
38
12 Cfr. L. Olivieri, Professioni, l’ordinamento entra nell’esclusiva statale, in «Italia Oggi», 16 ottobre 2004.
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10. Diritto al lavoro, retribuzione professionale e strumentalità del profilo imprenditoriale
Il quadro descritto manifesta una specialità della professione forense che non trova fondamento
soltanto negli artt. 4 e 36 della Costituzione laddove si tutelano in genere il diritto al lavoro e la sua
retribuzione; l‟art. 4 Cost. consente la libera scelta del lavoro e la trasforma in dovere di concorrere
al progresso materiale o spirituale della società; l‟art. 36 Cost. prevede una retribuzione
proporzionata alla qualità e quantità del lavoro, in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé ed alla
famiglia un‟esistenza libera e dignitosa.39
Questi principi valgono per tutti i lavoratori e vengono adattati alla peculiarità dei singoli lavori.
Inoltre, la professione di avvocato, normalmente, non può essere svolta in condizioni di dipendenza.
L‟esercizio professionale, infatti, deve essere libero ed autonomo (per i profili caratterizzanti la
professione) anche per coloro che siano preposti agli uffici legali degli enti pubblici, laddove si
deve prevedere un regime speciale(proprio per la natura della professione svolta) suscettibile di non
snaturare l‟impegno forense.
Il principio dell‟art. 36 trova specificazione in riferimento alle caratteristiche di ogni lavoro e,
quindi, il compenso professionale deve attingere livelli idonei ad assicurare dignità e libertà. Di qui
discende che la previsione delle tariffe e dei poteri degli Ordini in materia di compensi professionali
costituisce uno strumento indispensabile per assicurare all‟avvocato la tutela della sua libertà ed
autonomia rispetto alle possibili occasioni di assoggettamento, condizionamento o disconoscimento
del ruolo dell‟avvocato.
Da questo disegno normativo non emerge alcuna concezione mercantile o imprenditoriale della
professione forense; il che non significa che uno studio professionale singolo o associato non possa
configurarsi come struttura economica assimilabile (solo sotto il profilo organizzativo ed
economico) ad un‟impresa, ma in questo caso l‟impresa è strumentale all’esercizio della
professione e lo studio professionale non può essere in alcun modo assimilato ad altre imprese che
svolgono attività differenti non costituzionalmente garantite.
Un profilo analogo può essere rintracciato nella disciplina della professione medica che ha un
rilievo costituzionale in virtù dell‟art. 32 Cost. che tutela il diritto alla salute.
Poiché la professione medica è indispensabile alla tutela del diritto fondamentale alla salute, la sua
disciplina non può essere condizionata dai profili imprenditoriali che possono collegarsi allo
svolgimento dell‟attività
medica attraverso case di cura, ambulatori, poliambulatori e strutture economicamente rilevanti.
L‟attività del medico resta tale (costituzionalmente tutelata) ed immodificabile in ogni tempo. È,
questo, un altro esempio di professione costituzionalmente rilevante, come quella forense. 40
11. Il diritto europeo; la costituzione europea: la concorrenza, le professioni e il collegamento
all’esercizio dei pubblici poteri
13 Per quanto riguarda la specialità della professione forense rispetto alle altre libere professioni sotto il
profilo costituzionale si veda A. Loiodice, La specialità della professione forense nel quadro dei valori
costituzionali, relazione al Convegno nazionale degli Ordini forensi, organizzato dal Consiglio Nazionale
Forense a Bari, il 19-20 novembre 2004; G. Colavitti, Interessi pubblici connessi all’ordinamento delle
professioni libere: la Corte conferma l’assetto consolidato dei principi fondamentali in materia di professioni, in
«Giur. cost.», 2005, pp. 4417 e ss.; G. Colavitti, Il rapporto di impiego pubblico a tempo parziale tra libertà di
concorrenza e specialità della professione forense, in «Giur. cost.», n. 6/2006.
39
14 G. Demuro, Art. 15, in Aa.Vv., L’Europa dei diritti. Commento alla carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea, a cura di R. Bifulco, M. Cartabia, A. Celotto, Bologna 2001, pp. 125 e ss.
40
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Il quadro delineato potrebbe subire modificazioni per effetto del diritto europeo.41
Invero, la normativa europea, specie da quando entrerà in vigore la Costituzione europea, avrà
un‟efficacia diretta (ancor più forte di quella attuale) nell‟ordinamento italiano; essa risulta ispirata
da principi costituzionali che, qualora difformi da quelli della Costituzione italiana, potrebbero
essere prioritariamente osservati ed avere efficacia derogatoria al quadro costituzionale interno.42
Tale circostanza, però, in concreto, non si verifica in alcun modo, per la disciplina della professione
forense, perché anche i principi costituzionali dell’Unione europea depongono nel senso della
specificità della professione forense e della sua indispensabile, necessaria strumentalità rispetto alla
difesa in giudizio.
Si badi che non si tratta solo di tutela dell‟attività giudiziaria ma anche di quella extragiudiziaria per
la semplice considerazione che l‟attività di consulenza e quella stragiudiziale costituiscono un
ambito che, potenzialmente, può rifluire o tracimare nel livello giudiziario e che pertanto
condiziona quest‟ultimo e, quindi, la difesa inviolabile in giudizio.
Ciò significa che, qualora l‟attività stragiudiziale e di consulenza legale non sia svolta dagli
avvocati, si rischia di compromettere a priori il futuro esercizio del diritto di difesa.
L‟essenzialità della prestazione forense si estende, pertanto, anche all‟attività non contenziosa. La
normativa costituzionale europea non contraddice questa prospettiva.
Invero, l‟art. I-5 bis intitolato “Diritto dell‟Unione” della Costituzione europea stabilisce che tale
Costituzione e il diritto adottato dalle istituzioni dell‟Unione, nell‟esercizio delle competenze a
queste attribuite, hanno prevalenza sul diritto degli stati membri; rientra nella competenza esclusiva
(art. I-12) la definizione delle regole di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato
interno e nel settore di competenza concorrente (art. I-13) il mercato interno.
Nel Parte terza, Titolo III, della Costituzione europea concernente le politiche del funzionamento
dell‟Unione, alla sezione 2 del capo 1, si tratta della libera circolazione delle persone e dei servizi;
nell‟art. III-30 si prevedono le attività delle libere professioni. Per questa via l‟Unione europea
potrebbe disciplinare anche la professione forense assimilandola alle altre categorie di produttori di
servizi.
Da un lato, però, l‟art. III-24 prevede che la normativa sulla concorrenza non si applica quando
alcune attività siano (sia pure occasionalmente) collegate all‟esercizio dei pubblici poteri. Ma su
questo punto la giurisprudenza della Corte di Giustizia non è molto chiara e, quindi, vi è uno
spiraglio notevole di possibilità di intervento del legislatore comunitario. Dall‟altro, poi, vi osta la
tutela dei diritti fondamentali.
12. Il livello di protezione più elevato
È chiaro che la normativa comunitaria dovrà osservare la Costituzione europea dal momento in cui
entrerà in vigore ma, attualmente, il contenuto della Costituzione europea è già in larga parte
rintracciabile nei trattati vigenti e nella Carta di Nizza; facendo riferimento al testo della
Costituzione europea si deve ricordare che l‟art. II-53, denominato “Livello di protezione”,
stabilisce un principio in virtù del quale la prevalenza del diritto europeo su quello degli Stati
membri diventa recessiva laddove alcuni contenuti delle normative interne degli Stati membri
41
15 Cfr. G. Talbi, L’avvocato in Europa, in «Diritto e Diritti - Riv. Giur. on line».
16 Per il diritto europeo si rinvia a L. Daniele, Il diritto materiale della Comunità europea, Giuffrè, Milano
2000; F. Pocar, Diritto dell’Unione delle comunità europee, Giuffrè, Milano 2002; N. Irti, Il mercato, in
Seminario sui diritti fondamentali e le Corti in Europa, in «Osservatorio costituzionale», bollettino n. 4/2004;
A. Loiodice, Il diritto pubblico europeo, in A. Loiodice, P. Giocoli Nacci, La costituzione tra interpretazione e
istituzioni, Cacucci, Bari, 2004, pp. 95 e ss.
42
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vengano “europeizzati”; in sostanza tale disposizione stabilisce che, qualora le Costituzioni degli
Stati membri attribuiscano un livello di tutela superiore a quello della Carta dei diritti fondamentali
incorporata nella Costituzione europea, esso prevale quale livello di protezione più alto; viceversa,
qualora la Costituzione dei singoli Stati membri assicuri una tutela inferiore a quella europea,
prevale la tutela europea43
In sostanza nell‟applicare la normativa europea di fronte a chi volesse invocare il criterio di
prevalenza del diritto europeo, si può opporre che esso non può annullare il principio attinente al
livello di protezione più elevato. Sulla base di tali precisazioni il livello di protezione accordato al
diritto di difesa tecnica dalla Costituzione italiana, qualora sia inferiore a quello europeo, viene da
questo integrato; qualora, viceversa, costituisca una soglia superiore di protezione, esso resta come
tale anche in deroga al diritto europeo, perché trattasi di disciplina concernente i diritti fondamentali
rispetto ai quali la Costituzione europea cerca di offrire il massimo di tutela.
La normativa riguardante la concorrenza, pertanto, non può prevalere sulla normativa concernente i
diritti fondamentali.44
Il collegamento della professione forense ai diritti fondamentali, in definitiva, non può essere
annullato per esigenze di concorrenza.
13. Tradizioni costituzionali comuni e diritti fondamentali
D‟altra parte la stessa Costituzione europea fornisce criteri di tutela della libera professione che
sono pari (e talvolta superiori) a quelli della Costituzione italiana.
Invero, l‟art. I-7 richiama nel comma 1 i principi della Carta di Nizza che è incorporata nella
Costituzione europea; nel comma 2 i diritti della CEDU e nel comma 3 le tradizioni costituzionali
comuni.
Ciò precisato, è evidente che quando si va ad applicare il diritto europeo attraverso atti delle
istituzioni europee, la sua applicazione deve essere conforme alla Costituzione europea e, quindi,
laddove tale testo parla di “tradizioni costituzionali comuni ”, si deve ritenere che la disciplina
forense con le sue peculiarità specifiche (rispetto alle altre professioni) debba restare garantita;
trattasi, infatti, di un settore professionale
speciale messo in luce dal suo particolare collegamento con un diritto civile fondamentale, quale
quello della difesa prima, durante e dopo il giudizio.
La Carta di Nizza (ora incorporata nella Costituzione), garantisce nell‟art. II-15 la libertà
professionale e nell‟art. II-16 la distingue dalla libertà di impresa.
Negli artt. II-47 e II-48, rispettivamente, si tutelano il diritto ad un ricorso e i diritti della difesa.
Queste ultime due disposizioni somigliano al comma 1 e 2 dell‟art. 24 della Costituzione italiana; si
collocano, peraltro, nell‟alveo della tradizione costituzionale comune in cui l‟avvocatura ha un
rilievo intoccabile da ogni interferenza che riduca dignità, autonomia e libertà del professionista. Vi
è, poi, un profilo interpretativo di notevole rilievo che si collega all‟art. II-52 denominato “Portata e
interpretazione dei diritti e dei principi”.
Non solo va rispettato il principio di proporzionalità nell‟esercizio dei diritti e delle libertà
riconosciuti ma, nel comma 3, si richiama la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell‟uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), dove si coglie la linea di ricostruzione già esposta;
inoltre, nel comma 4, vi è il riconoscimento dei diritti fondamentali quali risultano dalle tradizioni
17 C. Pinelli, A. Treu (a cura di), La disciplina delle professioni tra Costituzione italiana ed ordinamento
europeo, Bologna 2009.
43
18 G. Alpa, I diritti fondamentali nell’ordinamento comunitario e il ruolo dell’Avvocatura, in «Rassegna
forense», 2007, pp. 67-75.
44
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costituzionali comuni agli Stati membri, di guisa che tali diritti devono essere interpretati in
armonia con dette tradizioni.
Poiché la Carta dei diritti fondamentali riconosce, negli artt. II-47 e II-48, i diritti di difesa come
azione, e i diritti di difesa in giudizio come resistenza, ne deriva che tali situazioni soggettive
devono essere interpretate conformemente alla tradizione costituzionale. La tradizione italiana,
quanto meno da 130 anni, ha manifestato (basta vedere gli scritti di Carrara, Zanardelli e
Calamadrei) una capacità di espressione e vitalità che, nella Costituzione italiana, trova riscontro; la
professionalità richiesta determina una specialità della figura dell‟avvocato che impone una
distinzione del suo ruolo (e della normativa che lo riguarda) da tutte le altre professioni liberali e da
tutti gli altri produttori di servizi.
La specialità, in virtù dell‟art. III-24 della Costituzione europea, permette di invocare l‟applicazione
del comma 2 dell‟art.III-24 secondo cui la legge quadro europea può escludere talune attività
dall‟applicazione delle disposizioni concernenti la sezione attinente alla disciplina delle libertà di
stabilimento e di prestazione dei servizi; anche l‟art. III-30, laddove prevede le libere professioni
come sottosezioni dei produttori di servizi, può riconoscere una specialità dell‟attività che giustifica
un trattamento differenziato rispetto agli altri produttori di servizi ed alle altre libere professioni. 45
Qualora questi brevi cenni, riguardanti le linee fondanti della Costituzione europea, non fossero
sufficienti a rendere chiara la singolare ed autonoma collocazione della professione forense non
solo nel quadro costituzionale italiano ma soprattutto in quello europeo, si dovrebbe, comunque, far
ricorso ai valori costituzionali italiani che, essendo riferiti a un diritto fondamentale quale quello
della difesa, rappresentano un limite per lo stesso diritto europeo o, secondo altra terminologia, un
controlimite rispetto al potere di compressione (limitativo) della normativa italiana che viene
affidato al diritto europeo con criterio di prevalenza.46
L‟occasione della determinazione delle regole della concorrenza, da parte del diritto comunitario,
può essere utile per fare una riflessione sulla professione di avvocato, ma gli elementi costituzionali
raccolti permettono di affermare che la tradizione resta ferma ed è tale, nei suoi connotati, da
consentire il recepimento delle più ampie innovazioni normative e tecnologiche, sempre che queste
non vengano a snaturare la peculiarità della professione forense.
14. L’avvocato quale coprotagonista nel giudizio
Da quanto esposto emerge, quindi, che l‟avvocato riceve pieno riconoscimento costituzionale a
livello italiano ed europeo. Tuttavia, il vento europeo e l‟influenza della mentalità inglese
(condizionata dai differenti ruoli dei “sollicitors” e “barristers”) su tale vento, portato avanti dal
mondo imprenditoriale ed economico, rischiano di relegare l‟avvocato nel ruolo imprenditoriale di
produttore di servizi, riconducibile all‟art. 41 della Costituzione e non più all‟art. 24 Cost., con
un‟evidente ed ampia discrezionalità del legislatore e conseguente svilimento delle nobili tradizioni
che hanno una radice ontologica e che connotano l‟effettiva funzione dell‟avvocatura.47
19 Sulle recenti proposte di modifica dell’ordinamento professionale forense v. R. Bin, Al Consiglio
Nazionale Forense, la consulenza di un giurista potrebbe giovare?, in www.forumcostituzionale.it.
45
20 Più in generale, la riflessione induce a confermare l’idea secondo cui i rapporti tra ordinamento interno e
comunitario devono essere ricostruiti in base al criterio della “sussidiarietà intercostituzionale”, in luogo della
“sussidiarietà bidirezionale”, alla cui stregua, di volta in volta, prevarrebbe il primo o il secondo. Cfr. A.
Ruggeri, Tradizioni costituzionali comuni e “controlimiti”, tra teoria delle fonti e teoria dell’interpretazione, in
«Dir. pubbl. comp. eur.», 2003, pp. 102 e ss.
46
47
21 Cfr. M. Clarich, Professioni, compromessi al ribasso, in «Il Sole 24-Ore», 13 ottobre 2004.
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A questo rischio di svilimento occorre rispondere con il richiamo del ruolo dell‟avvocato nella
giurisdizione in modo da comprendere le ragioni che inducono a sottolineare costituzionalmente
l‟avvocatura.48
Si deve affermare, infatti, che l‟avvocato riveste un ruolo di coprotagonista nella giurisdizione; egli
è indispensabile all‟esercizio della funzione giurisdizionale ed allora la Costituzione, che pur lo
riconosce implicitamente, dovrebbe chiaramente esplicitare, almeno per quanto riguarda la
partecipazione all‟esercizio della funzione giurisdizionale, il ruolo costituzionale dell‟avvocato.
15. La giurisdizione, la certezza del diritto e il contraddittorio
Occorre chiarire il significato di questa prospettiva dedicando alcune riflessioni alla giurisdizione.
Il termine “giurisdizione” deriva dal latino “juris dictio” che letteralmente significa “dire o
dichiarare il diritto”; la funzione di tale dichiarazione persegue il fine di pervenire alla qualifica di
singoli rapporti; il suo
contenuto deve, cioè, riferirsi a rapporti in ordine ai quali si facciano valere pretese fra loro
contrastanti da parte dei soggetti ad essi interessati oppure esigenze di reintegrazione dell‟ordine
giuridico quando sia stato
violato. Se in questa definizione si vuole cogliere l‟elemento differenziale della giurisdizione
rispetto all‟amministrazione49 in quanto risponde ad un effettivo bisogno sociale, esso consiste nel
conferire al diritto oggettivo, nel momento della sua applicazione, quella particolare garanzia di
certezza che si ottiene eliminando, con la pronuncia del giudice, le situazioni di incertezza che la
pratica applicazione del diritto oggettivo può far sorgere ovvero reprimendo le infrazioni che
attentano all‟applicazione del diritto oggettivo. In questa funzione il ruolo dell‟avvocato si colloca
in maniera indispensabile per le ulteriori ragioni che si vanno a chiarire.50
In genere i livelli di civiltà giuridica hanno condotto i diversi sistemi, pur vari tra di loro, ad
adottare la giurisdizione quale funzione destinata a procedere alla risoluzione delle controversie
insorte in ordine alla spettanza dei diritti o alla punizione dei delitti con il compito specifico di
sottrarre la decisione delle une o la comminazione delle pene alle parti interessate che, pur essendo
parti del giudizio, non possono concorrere direttamente all‟esercizio della funzione giurisdizionale.
I soggetti del processo, accanto al giudice ed agli altri organi pubblici, sono le parti nei cui confronti
si esplica la funzione giurisdizionale ed esse, per legge, sono tenute a collocarsi in posizione
estranea rispetto al giudice.
La struttura del processo, inoltre, acquisisce una connotazione dialettica perché tende
all‟accertamento della verità attraverso l‟esposizione e lo svolgimento delle opposte ragioni e questa
struttura connota il principio
fondamentale del processo che è quello del contraddittorio.51
48
22 Cfr. G. Alpa, La nobiltà della professione, Cacucci, Bari 2004.
23 L. Buffoni, Il rango costituzionale del “giusto procedimento” e l’archetipo del “processo”, in
http://www.forumcostituzionale.it/site/images/stories/pdf/documenti_ forum/paper/0076_buffoni.pdf.
49
Analoghe riflessioni potrebbero essere estese anche all’attività delle Autorità amministrative indipendenti,
chiamate a svolgere funzioni c.d. “paragiurisdizionali”.
50
25 S. Sicardi, Politica e giurisdizione nello Stato costituzionale; modelli “buoni” e modelli “degenerati”, in
www.forumcostituzionale.it. In tale ambito, V. Caianiello, Le autortità indipendenti tra potere politico e società
civile, in «Rass. giur. energia elettrica», 1997, pp. 37 e ss. Conf. F. Merusi, Democrazie e autorità indipendenti,
Bologna 2000, pp. 28 e 83.
51
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Nell‟esplicazione di tale principio vi sono diversi aspetti, tra i quali figura quello concernente
l‟onere della prova, che non è a carico del giudice ma a carico di colui che asserisce determinate
circostanze di fatto e cioè delle parti; poiché le parti non stanno in giudizio personalmente, l‟onere
viene soddisfatto dall‟avvocato; mentre per le norme di diritto (su cui la pretesa si fonda) vige il
principio che impone l‟obbligo della conoscenza della legge al giudice secondo il principio “iura
novit curia”.
L‟avvocato, quindi, con la sua assistenza, corrisponde non solo all‟interesse delle parti ma anche a
quello della giustizia in quanto le sue deduzioni ed allegazioni ed il suo lavoro cooperano alla
formazione di un retto giudizio da parte del giudice.
Lo svolgimento della funzione giurisdizionale, nella sua articolazione processuale, pertanto, vede
come principale soggetto il giudice ma egli non è un soggetto solitario, deve necessariamente
operare in compagnia, in una cooperazione predeterminata con ruoli specifici e con diversità di
compiti, ma tutti concorrenti all‟unico risultato di dare certezza nell‟applicazione del diritto.
16. L’interpretazione giudiziale e il contributo imprescindibile dell’avvocato
Il principio dell‟obbligatoria conoscenza del diritto da parte del giudice ha comportato
un‟accentuazione del profilo tecnico professionale nell‟ordinamento riguardante la selezione e la
carriera dei magistrati.
In tal modo si è data prevalenza ad una concezione essenzialmente restrittiva della funzione
giurisdizionale intesa come mera applicazione a casi particolari dei disposti generali della legge.
Tale concezione, però, è stata sottoposta a diverse verifiche; infatti, la nozione restrittiva di
funzione giurisdizionale fondata esclusivamente sulla capacità tecnico-professionale del giudice è
abbastanza superata; si va affermando la tendenza a ravvisare nelle decisioni dei giudici non già una
mera traduzione in termini concreti della volontà legislativa, ma il risultato di un‟operazione
intellettuale più complessa e sofisticata nella quale si inseriscono scelte e valutazioni autonome
degli stessi giudici.
Si pensi ai casi in cui vi sono disposizioni legislative ambigue o vi sono vuoti legislativi, le c.d.
lacune; in questo casi la giurisdizione viene a configurarsi come una funzione parzialmente
produttiva di diritto in quanto non integralmente vincolata.
In ogni caso al risultato del processo concorrono non solo la personale preparazione del giudice ma
le sue convinzioni sulle quali influisce il contesto socio-politico-culturale, che non può essere
privilegiato rispetto
all‟esigenza di applicare imparzialmente il diritto.
D‟altra parte la terzietà del giudice viene a connotare una necessaria presenza di soggetti che, nel
processo, non sono terzi (ma parti) e rispetto ai quali occorre che il giudice sia imparziale.52
Poiché si è visto che le parti non possono stare personalmente in giudizio, il ruolo della parte viene
affidato necessariamente all‟avvocato che ha il compito delicatissimo di arrecare un contributo
efficace e costruttivo
allo svolgimento delle funzioni che spettano al giudice.
La sostanziale natura dell‟interpretazione giudiziale, che manifesta un elemento di creatività,
richiede la presenza necessaria dell‟avvocato nel procedimento (processo) in cui si svolge la
funzione giurisdizionale.
Le parti sono titolari di quella quota di sovranità rappresentata dai diritti che la Costituzione
attribuisce ai cittadini e che viene incisa dalle pronunce del giudice; il fatto che la parti non possono
52
26 L. D’Avach, F. Riccobono, Equità e ragionevolezze nell’attuazione dei diritti, Guida, Napoli 2004.
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stare in giudizio personalmente ma devono stare in giudizio tramite avvocato determina
conseguenze che vanno tenute presenti.
Se il giudice sostituisce la sua decisione a quella delle parti, per dare certezza nell‟applicazione del
diritto, tale suo compito rispetto alle parti espropriate della partecipazione personale richiede un
riequilibrio che viene operato, appunto, con la presenza e l‟attività dell‟avvocato.
In tal modo l‟avvocato diventa il depositario e l‟affidatario della quota di sovranità appartenente alle
parti processuali e che sono oggetto del giudizio e che non possono restare nella totale disponibilità
del giudice.
Il ruolo dell‟avvocato in giudizio diventa, quindi, l‟indispensabile sostegno alla correttezza e
pienezza del ruolo del giudice per la rappresentazione della situazione giuridica delle parti, nella
quale la sovranità trova motivo di svolgersi concretamente.
Il giudice che dovesse pronunciarsi senza il contributo degli avvocati non amministrerebbe la
giustizia in nome del popolo come dice l‟art. 101 Cost. ma la eserciterebbe in nome proprio.
Sarebbe un giudice solitario non espressivo del radicamento popolare della funzione, vista come
risposta ad un bisogno sociale.53
In sostanza non c‟è giudice, nel processo, senza avvocato.
17. La riforma del Titolo IV della Costituzione
La riforma costituzionale, che è stata proposta in riferimento alla soggettività dell‟avvocatura,
intende mettere in evidenza una prospettiva che già esiste nella Costituzione ma che richiede
un‟esplicita sottolineatura.54
È, infatti, opportuno che il Titolo IV invece di intitolarsi alla magistratura venga intitolato alla
giurisdizione ed è necessario che vi siano norme distinte che riguardano il giudice e l‟avvocatura. 55
Non va dimenticata la tradizione che è alla base dell‟art. 82 c.p.c. in cui si parla di “ministero
dell‟avvocato” e che sottolinea l‟esigenza che gli avvocati abbiano «piena coscienza dell‟altezza
morale e dell‟importanza pubblica del loro ministero che li richiama ad essere i più preziosi
collaboratori del giudice» (relazione al codice) e Piero Calamandrei proclamava che l‟avvocato
nell‟esercizio del proprio ministero «deve obbedire solo alle leggi ed alla propria coscienza e non
curarsi d‟altro», di guisa che il difensore può essere posto sullo stesso piano del giudice quando
giudica, appunto per riaffermare, anche di fronte ai pubblici poteri, la specifica situazione
dell‟avvocato.
L‟autonomia e la libertà dell‟avvocato è, infatti, condizione e garanzia dell‟imparzialità del giudice
e quindi dell‟attuazione della giustizia; in tal modo la giustizia viene amministrata effettivamente in
nome del popolo
(art. 101 Cost.).
27 Sulla funzione del giudice nelle società moderne, A. Garapon, I custodi dei diritti, Feltrinelli, Milano
1997.
53
28 Una proposta di modifica che accentua il contributo dell’avvocatura è nei documenti dell’Organismo
Unitario dell’Avvocatura italiana reperibile presso il sito internet http://www.oua.it/.
54
29 G. Bognetti, Sull’idea liberale di giurisdizione e il Titolo IV, Parte Seconda della Costituzione, in
http://www.associazionedeicostituzionalisti.it/materiali/convegni/aic 200210/bognetti.html.
55
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246
ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA
VI CONFERENZA NAZIONALE DELL’AVVOCATURA
“AVVOCATURA E RIFORMA DELLA GIUSTIZIA NELLA COSTITUZIONE E
NELL’ORDINAMENTO”
ROMA, 20-21 NOVEMBRE 2009
Hotel Cavalieri Hilton
L’AVVOCATURA COME SOGGETTO COSTITUZIONALE
Relazione Prof. Avv. Gian Franco Ricci - Ordinario nell‟Università di Bologna
SOMMARIO: 1. Il processo serve alle parti e le parti servono al processo. – 2. L‟essenzialità
dell‟avvocato nello svolgimento della funzione giudiziaria. – 3. L‟ingiustificata mancata menzione
dell‟Avvocatura nella Carta Costituzionale. – 4. Proposte e rimedi.
1. Processus est actus trium personarum: iudicis, actoris et rei. L‟antico brocardo esprime in
incisiva maniera l‟essenza stessa della funzione giurisdizionale. Non vi può essere giudizio se non
nella presenza necessitata di tre persone: il giudice, colui che esperisce l‟iniziativa giudiziaria e
colui che dalla stessa si difende. Questa realtà, perpetrata nei secoli, è sempre rimasta identica ed è
ribadita in modo inequivoco dalla nota frase, scritta, sia pure per il processo civile, da Tito
Carnacini nella sua opera Tutela giurisdizionale e tecnica del processo: «se il processo serve alle
parti le parti servono al processo».
Non c‟è dunque giudizio, se oltre al giudice non vi siano dei contendenti. La presenza del
primo serve a soddisfare il bisogno di giustizia. La presenza dei secondi, serve affinché la tutela
giudiziaria possa realizzarsi.
E non c‟è alcun dubbio, che allorché si parla di parte del processo, si debba in realtà di
parlare di avvocati nel processo. Senza di essi la parte è muta. Non può parlare, perché il tecnicismo
del giudizio glielo impedisce. Ed è proprio per questo che la legge impone che il tecnico parli per
lei.
L‟essenzialità dell‟avvocato nel processo è del resto ribadita con efficacia dalle parole di
Calamandrei, pronunciate nella Prolusione senese del 1920 su L’avvocatura e la riforma del
processo civile, per cui «nessuna legge può essere applicata con frutto, se il giudice nella
esplicazione del suo ufficio non si trova coadiuvato da un ordine di professionisti, nel quale la
coscienza dei doveri che l‟avvocato si assume nella condotta del processo civile sia nitida ed
imperiosa».
2. Il ruolo essenziale dell‟Avvocatura nell‟esercizio della funzione giurisdizionale non sempre è
stato compreso in passato e neppure lo è sempre attualmente: né dagli studiosi, né dai politici. E‟
infatti cosa nota che se un aspirante ad un Cattedra universitaria di Diritto processuale civile scrive
per esempio un libro su Il regolamento di competenza o simili, ed un aspirante ad una cattedra di
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247
ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA
Procedura penale scrive un libro su Le indagini preliminari o su qualche altro tema del codice, ove
tali scritti siano ben fatti, il candidato può avere la fortuna di vincere il concorso.
Ma se l‟aspirante scrivesse un libro, per quanto eccellentemente redatto, per esempio su Il
giudizio disciplinare di fronte al Consiglio dell‟Ordine degli Avvocati, avrebbe ben poche
possibilità di successo. Eppure di questioni processuali è pieno zeppo anche tale tipo di
procedimento, per cui ben potrebbe concorrere anch‟esso ad un concorso ad una Cattedra di
procedura.
La risposta sarebbe però quella, per cui la materia su cui è stata scritta l‟opera, non è materia
che a stretto rigore interessi il diritto processuale.
Per effetto di tale ottica completamente erronea, l‟Avvocatura viene dunque considerata non
molto di più di un semplice accessorio alla funzione giudiziaria. E‟ per esempio noto come prima
della redazione del Codice di procedura civile del 1942, le Cattedre in tale materia avessero un
oggetto ben più ampio di quello odierno e si nominassero quale Cattedre di Procedura civile e
Ordinamento giudiziario. Vi si studiava cioè, oltrechè lo svolgimento del processo, anche la
struttura e l‟ordinamento della Magistratura. Ma non v‟è mai stata alcuna occasione in cui la
denominazione fosse stata ampliata, tanto da ricomprendervi anche lo studio dell‟Ordinamento
forense.
Di chi la colpa? Senza dubbio in primis di noi docenti universitari, che raramente abbiamo
evidenziato il rilievo decisivo dell‟Avvocatura nell‟applicazione della legge. Anzi, direi che v‟è
stato anche da parte dei maggiori studiosi un atteggiamento contrario, che potrebbe definirsi di
palese sudditanza nei confronti del giudice. Anche lo stesso Calamandrei, che forse fra tutti i
processualisti è quello che più si occupato del tema degli avvocati, ne ha sempre parlato con accenti
che ne subordinavano la posizione a quella del magistrato.
E‟ noto che Egli scrive nell‟Elogio dei giudici fatto da un avvocato (il titolo senz‟altro è già
di per se significativo della posizione di cui sopra si parlava) queste parole: «L‟aforisma iura novit
curia non è soltanto una regola di diritto processuale, la quale significa che il giudice deve trovar
d‟ufficio la norma che serve al fatto; ma è anche una norma di galateo forense, la quale avverte che
l‟avvocato farà bene, se gli sta a cuore la causa, a non darsi l‟aria di insegnare ai giudici quel diritto,
di cui la buona creanza impone di considerarli maestri! Sarà un grande giurista, ma è certo un
pessimo psicologo (e quindi un mediocre avvocato) colui che, parlando ai giudici come se fosse in
cattedra, li indispettisce colla ostentazione della sua sapienza».
Ma la funzione dell‟avvocato non è solo quella di difendere il cliente, bensì anche quella di
contribuire a correggere l‟errore del giudicante onde evitare che questo si risolva a danno del primo.
Il che gli antichi avevano ben capito, quando decidevano: error iudicis est error partis. Altro è che
la segnalazione dell‟errore debba essere fatta nella debita forma, con educazione e signorilità, quale
si addice ad un avvocato di livello. Ma sempre con quella fermezza e decisione che possano
esprimere con efficacia che l‟avvocato è portatore di un «ministero» essenziale per la realizzazione
della tutela giudiziaria. Se fare questo significa essere cattivi psicologi, ebbene è preferibile essere
definiti tali, piuttosto che cattivi avvocati che piegano la loro funzione alle convenienze del caso,
rinunziando a quella dignità di cui la loro alta funzione li rende portatori.
Lo stesso Carnelutti, forse il più grande dei nostri avvocati, ha scritto pagine bellissime su
questo tema nella sua opera Vita di avvocato. Ed al contrario di quello che aveva fatto Floriot,
magnifico avvocato di Francia dell‟epoca, che in un suo libro aveva esaltato le glorie
dell‟Avvocatura, Carnelutti ne esalta invece quel lato meno evidente, ma sicuramente più elevato,
che riguarda le pene e le sofferenze dell‟avvocato.
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248
ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA
Per l‟avvocato – egli dice – non v‟è tormento più grande dell‟attesa del verdetto del giudice
allorché uscirà dalla camera di Consiglio. Nonostante che ciò venisse affermato dall‟Autore quando
ormai aveva dietro le spalle una carriera forense lunghissima e piena di successi, egli diceva che
ancora non era riuscito ad abituarsi a quel tormento. Parole magiche e piene di profonda umanità,
pari a quelle con le quali egli paragonava la sua vita ad uno di quei lunghi sentieri di montagna,
prossimo ormai alla fine, lungo il quale ogni tanto si vedeva piantata una croce: essa simboleggiava
non tanto una sconfitta legale, quanto il fatto di non essere riuscito in quell‟occasione a salvare il
suo difeso.
Grande emotività dunque, dettata dal fatto che a differenza del giudice che esercita il suo
ruolo in modo oggettivo e per così dire asettico, l‟avvocato lo svolge con sofferenza fisica e
psicologica oltre che con grande calore umano. Ed è proprio ciò che nobilita l‟Avvocatura. Il fatto
che essa svolga una funzione coessenziale a quella del giudice, ma con maggiore calore e
sofferenza.
3. La figura dell‟avvocato è ingiustamente trascurata negli studi universitari, nelle aule
giudiziarie ed in quelle parlamentari.
Eppure l‟Ordine forense rappresenta una grande forza, che non sarebbe sbagliato definire
addirittura superiore a quella dell‟Ordine giudiziario. Se quest‟ultimo si blocca per uno sciopero, la
funzione giurisdizionale ne risente negativamente ma non muore. L‟avvocato sarà sempre in grado
di risolvere i problemi della giustizia con metodi alternativi a quelli dello Stato, come l‟arbitrato e la
transazione. Ma se si ferma l‟avvocatura, la giustizia muore. Il giudice del solo non può far nulla.
La coessenzialità fra giudice e avvocato di cui sopra si parlava, sembra dunque fare
guadagnare un margine di credito all‟Avvocatura. Ma qui non interessa valutare se conti più la
posizione dell‟uno o quella dell‟altro. Ciò che interessa rilevare è che la posizione del secondo non
è meno fondamentale di quella del primo.
Già questa impostazione, che nessuno potrebbe seriamente contestare, sarebbe di per se
sufficiente a far sì che l‟Avvocatura debba essere contemplata dalla Carta Costituzionale come
soggetto essenziale ed imprescindibile per l‟esercizio della funzione giudiziaria.
La stessa impostazione del Titolo IV della Parte II della Costituzione, titolato a “La
Magistratura”, con le due sezioni dedicate rispettivamente all‟“Ordinamento giurisdizionale” (la
prima) e alle “Norme sulla giurisdizione” (la seconda), non può dirsi tecnicamente esatta. Essa è il
probabile residuo della visione di un‟idea autoritaria che considera la tutela giudiziaria come un
servizio che lo Stato rende al cittadino. Per questo il Titolo è dedicato alla Magistratura, che è colei
che eroga il servizio. Ma da tale visione è assente ogni connotato dello Stato democratico, lo Stato
di oggi, nel quale la funzione giudiziaria non va più vista solo come un servizio che esso può
concedere, ma anche come oggetto dell‟aspirazione di un diritto del cittadino ad ottenerla.
Lo stesso riconoscimento del diritto di azione confinato nell‟art. 24 Cost., dovrebbe essere
definitivamente ricompreso fra le norme sulla funzione giurisdizionale. Fra le quali, all‟art. 112
campeggia la figura dell‟azione penale, ma non quella dell‟azione civile. E ciò per la ragione alla
quale si accennava in precedenza. Il titolare dell‟azione penale è pur sempre un magistrato, cioè un
appartenente dell‟Ordine giudiziario, quell‟ordine che secondo l‟idea del tempo era considerato
l‟unico depositario della funzione giudiziaria.
Ma nessun cenno nelle norme costituzionali sulla giurisdizione v‟è all‟altro protagonista
fondamentale della realtà giudiziaria, cioè all‟Avvocato, che è colui che esperimenta l‟altro tipo di
azione, quella civile, altrettanto importante quanto quella penale se non di più, proprio perché nella
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249
ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA
stessa si riverbera il desiderio e l‟ansia del cittadino ad ottenere giustizia. E nessun cenno c‟è
neppure all‟avvocato, quale contraltare necessario all‟azione penale.
4. Dunque l‟impostazione dell‟intero Titolo IV della Parte II della Costituzione, è superata
dai tempi, dagli eventi e dal mutato clima ideologico.
La proposta che ne deriva, che ovviamente in questa sede può essere esposta solo per grandi
linee, è quella di sostituire la rubrica di tale Titolo intitolandolo alla Funzione giudiziaria. Nel suo
ambito dovrebbero poi essere distinte tre sezioni. La prima, per rispetto se vogliamo, alla funzione
pubblica, da intitolare alla Magistratura; la seconda all‟Avvocatura; la terza dovrebbe riguardare le
Norme sulla giurisdizione, nel cui ambito andrebbero raccolte, oltre alle disposizioni in essa già
inserite, anche le altre sparse nella Carta costituzionale che interessano la funzione giudiziaria:
come l‟art. 24 (sul diritto di azione civile e sul diritto di difesa), l‟art. 25 (sul diritto al giudice
naturale) e l‟art. 27 (sulla presunzione di innocenza).
Del resto, tale nuovo assetto ci appare il più compatibile con la struttura stessa della
Costituzione, che infatti dedica il Titolo precedente a quello che riguarda la Magistratura (cioè il
Titolo III) al Governo, inteso non come soggetto costituzionale (dato che non esiste alcun organo
che può definirsi tale), ma come «funzione» governativa, ricomprendendovi poi le tre sezioni de Il
Consiglio dei Ministri, de La pubblica amministrazione e de Gli organi ausiliari. E ciò corrisponde
perfettamente all‟idea qui esposta di dedicare il successivo titolo alla «funzione» giudiziaria,
distinguendone nelle rispettive prime due sezioni i protagonisti (magistratura e avvocatura) e nella
terza le norme fondamentali sull‟espletamento della funzione.
Non è qui il caso di indicare quali precise prescrizioni dovrebbero essere inserite nel capo
dedicato all‟Avvocatura, perché ciò richiederebbe una meditazione lunga e complessa volta a
mettere in luce i principi cardine dell‟Ordine forense, che credo non possa essere fatta in questa
sede.
Qui ciò che interessa è quello di avere messo a fuoco il problema. Ci si aspetta dunque che
le forze dell‟Avvocatura, rappresentate dall‟OUA, dal Consiglio Nazionale Forense e dai singoli
Consigli dell‟Ordine, si muovano in questo senso, sensibilizzando il Governo ed il Parlamento ad
intraprendere un‟iniziativa legislativa che porti all‟elaborazione di una Legge costituzionale che
modifichi nel senso sopra detto il Titolo IV della Parte II Costituzione, inserendovi anche l‟Ordine
forense come protagonista indispensabile della funzione giudiziaria.
Nel contempo dovrebbe anche essere costituita una Commissione dall‟OUA e dal Consiglio
Nazionale forense congiuntamente, per studiare in dettaglio la normativa concernente l‟avvocatura
da inserire nella Costituzione. Non è difficile mettere insieme un gruppo di giuristi (avvocati e
docenti universitari) in grado di farlo.
Molto più complessa e comunque la prima iniziativa, quella di sensibilizzare gli organi
Statuali al mutamento costituzionale. Ma è finalmente venuto il momento di farlo. La realtà pratica
lo richiede, ma soprattutto lo richiede l‟essenza stessa dell‟Avvocatura, soggetto già nella sostanza
con valenza costituzionale, anche se fino ad oggi non lo è nella forma.
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CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
- Ufficio studi -
Testo a fronte dei successivi testi della riforma professionale forense (aggiornato al 2 febbraio 2011)
TESTO
APPROVATO
NELLA
SEDUTA
AMMINISTRATIVA DEL 27 FEBBRAIO 2009
CORRETTO FORMALMENTE
TESTO DEL DDL AS-601 E COLLEGATI NEL
TESTO PRESENTATO ALL’AULA DEL SENATO
TESTO
APPROVATO
DAL
SENATO
IL
23/11/2010 E PRESENTATO ALLA CAMERA
CON N. AC-3900
TITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI
TITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI
TITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1.
(Disciplina dell’ordinamento forense)
1. La presente legge, nel rispetto dei principi
costituzionali e della normativa comunitaria,
disciplina in modo autonomo la professione
di avvocato e le norme in essa contenute
hanno carattere di specialità.
2. In considerazione della specificità e
rilevanza
della
funzione
difensiva,
l’ordinamento forense:
Art. 1.
(Disciplina dell’ordinamento forense)
1. La presente legge, nel rispetto dei princìpi
costituzionali e della normativa comunitaria,
disciplina la professione di avvocato.
Art. 1.
(Disciplina dell'ordinamento forense).
1. La presente legge, nel rispetto dei princìpi
costituzionali e della normativa comunitaria,
disciplina la professione di
avvocato.
a) regolamenta l’organizzazione e l’esercizio
della professione di avvocato onde garantire
la tutela degli interessi generali sui quali essa
incide;
2.
L’ordinamento
forense,
stante
la
specificità della funzione difensiva e in
considerazione della primaria rilevanza
giuridica e sociale dei diritti alla cui tutela
essa è preposta:
a) regolamenta l’organizzazione e l’esercizio
della professione di avvocato onde garantire
la tutela degli interessi individuali e collettivi
sui quali essa incide;
b) valorizza la rilevanza sociale ed economica
della professione forense, favorendo la
b) valorizza la rilevanza sociale ed economica
della professione forense, al fine di garantire
2.
L'ordinamento
forense,
stante
la
specificità della funzione difensiva e in
considerazione della primaria rilevanza
giuridica e sociale dei diritti alla cui tutela
essa è preposta:
a) regolamenta l'organizzazione e l'esercizio
della professione di avvocato e, nell'interesse
pubblico, assicura la idoneità professionale
degli iscritti onde garantire la tutela degli
interessi individuali e collettivi sui quali essa
incide;
b) valorizza la rilevanza sociale ed economica
della professione forense, al fine di garantire
1
251
partecipazione
dell’avvocatura
all’organizzazione
politica,
sociale
ed
economica del Paese, al fine di garantire in
ogni sede la massima tutela dei diritti, delle
libertà e della dignità della persona e dare
attuazione agli articoli 3 e 24 della
Costituzione;
c) garantisce l’indipendenza e l’autonomia
degli avvocati, indispensabili condizioni
dell’effettività della difesa e della tutela dei
diritti;
d) tutela l’affidamento della collettività e
della clientela, favorendo correttezza dei
comportamenti e qualità della prestazione
professionale.
in ogni sede, in attuazione degli articoli 3 e
24 della Costituzione, la tutela dei diritti,
delle libertà e della dignità della persona;
in ogni sede, in attuazione degli articoli 3 e
24 della Costituzione, la tutela dei diritti,
delle libertà e della dignità della persona;
c) garantisce l’indipendenza e l’autonomia
degli avvocati, indispensabili condizioni
dell’effettività della difesa e della tutela dei
diritti;
d) tutela l’affidamento della collettività e
della clientela, imponendo l’obbligo della
correttezza dei comportamenti e favorendo
la qualità e l’efficacia della prestazione
professionale.
c) garantisce l'indipendenza e l'autonomia
degli avvocati, indispensabili condizioni
dell'effettività della difesa e della tutela dei
diritti;
d) tutela l'affidamento della collettività e
della clientela, prescrivendo l'obbligo della
correttezza dei comportamenti e la cura della
qualità
ed
efficacia
della
prestazione
professionale;
e) favorisce l'ingresso alla professione di
avvocato e l'accesso alla stessa, in
particolare alle giovani generazioni.
3. All’attuazione della presente legge si
provvede mediante regolamenti adottati dal
Consiglio nazionale forense (CNF). La potestà
regolamentare del CNF prevista dalla
presente legge, eccettuata quella relativa al
suo funzionamento interno, è esercitata
previa richiesta di parere dei consigli
dell’ordine territoriali e sentite le associazioni
forensi maggiormente rappresentative, come
tali individuate dal Congresso nazionale
forense di cui all’articolo 37, nonché la Cassa
nazionale di previdenza e assistenza forense
per le sole materie di suo interesse e, in
quanto costituito, l’organismo previsto dallo
statuto del Congresso nazionale forense.
3. All’attuazione della presente legge si
provvede mediante regolamenti adottati con
decreto del Ministro della giustizia, ai sensi
dell’articolo 17, comma 3, della legge 23
agosto 1988, n. 400, entro un anno dalla
data della sua entrata in vigore, previo
parere del Consiglio nazionale forense (CNF)
e, per le sole materie di interesse di questa,
della Cassa nazionale di previdenza e
assistenza forense. Il CNF esprime i suddetti
pareri entro novanta giorni dalla richiesta,
sentiti i consigli dell’ordine territoriali e le
associazioni forensi che siano costituite da
almeno cinque anni e che siano state
individuate
come
maggiormente
rappresentative dal CNF. Gli schemi dei
regolamenti sono trasmessi alle Camere,
ciascuno corredato di relazione tecnica, che
evidenzi gli effetti delle disposizioni recate, e
3. All'attuazione della presente legge si
provvede mediante regolamenti adottati con
decreto del Ministro della giustizia, ai sensi
dell'articolo 17, comma 3, della legge 23
agosto 1988, n. 400, entro un anno dalla
data della sua entrata in vigore, previo
parere del Consiglio nazionale forense (CNF)
e, per le sole materie di interesse di questa,
della Cassa nazionale di previdenza e
assistenza forense. Il CNF esprime i suddetti
pareri entro novanta giorni dalla richiesta,
sentiti i consigli dell'ordine territoriali e le
associazioni forensi che siano costituite da
almeno cinque anni e che siano state
individuate
come
maggiormente
rappresentative dal CNF. Gli schemi dei
regolamenti sono trasmessi alle Camere,
ciascuno corredato di relazione tecnica, che
evidenzi gli effetti delle disposizioni recate, e
2
252
4. Al fine della consultazione di cui al comma
precedente il CNF trasmette ai soggetti ivi
indicati lo schema di regolamento, fissando
un termine per l’invio dei pareri non inferiore
a trenta giorni.
5. Scaduto il termine di cui al comma
precedente il CNF raccoglie il parere di una
commissione composta da un delegato per
ogni
regione
designato
dagli
ordini
circondariali della stessa e da un delegato di
ciascuno degli altri soggetti di cui al comma
quinto.
6. Tale commissione viene costituita entro
sessanta giorni dall’elezione del CNF e dura
in carica quanto il CNF.
Art. 2.
(Disciplina della professione di avvocato)
1. L’avvocato è un libero professionista che
opera con attività abituale e prevalente in
piena libertà, autonomia, e indipendenza,
per la tutela dei diritti e degli interessi della
dei pareri di cui al primo periodo, ove gli
stessi risultino essere stati tempestivamente
comunicati, perché su di essi sia espresso,
nel termine di sessanta giorni dalla richiesta,
il parere delle Commissioni parlamentari
competenti.
4. Decorsi i termini per l’espressione dei
pareri
da
parte
delle
Commissioni
parlamentari, i regolamenti possono essere
comunque adottati. Il Ministro della giustizia,
qualora non intenda conformarsi ai pareri
parlamentari, ritrasmette i testi alle Camere
con le sue osservazioni e con eventuali
modificazioni e rende comunicazioni davanti
a ciascuna Camera. Decorsi trenta giorni
dalla data della nuova trasmissione, i decreti
possono comunque essere adottati in via
definitiva.
5. Almeno uno dei regolamenti di cui al
comma 3 è adottato entro un anno dalla data
di entrata in vigore della presente legge e
reca le disposizioni riguardanti il tirocinio,
l’esame di Stato e l’accesso alla professione
forense.
6. Entro due anni dalla data della loro
entrata in vigore possono essere adottate
disposizioni integrative e correttive dei
regolamenti di cui al comma 3. Si applica la
medesima procedura prevista dai commi 3, 4
e 5.
dei pareri di cui al primo periodo, ove gli
stessi risultino essere stati tempestivamente
comunicati, perché su di essi sia espresso,
nel termine di sessanta giorni dalla richiesta,
il parere delle Commissioni parlamentari
competenti.
4. Decorsi i termini per l'espressione dei
pareri
da
parte
delle
Commissioni
parlamentari, i regolamenti possono essere
comunque adottati. Il Ministro della giustizia,
qualora non intenda conformarsi ai pareri
parlamentari, ritrasmette i testi alle Camere
con le sue osservazioni e con eventuali
modificazioni e rende comunicazioni davanti
a ciascuna Camera. Decorsi trenta giorni
dalla data della nuova trasmissione, i decreti
possono comunque essere adottati in via
definitiva.
Art. 2.
(Disciplina della professione di avvocato)
1. L’avvocato è un libero professionista che,
in libertà, autonomia e indipendenza, svolge
in via abituale e prevalente le attività di cui
ai commi 5 e 6.
Art. 2.
(Disciplina della professione di avvocato).
1. L'avvocato è un libero professionista che,
in libertà, autonomia e indipendenza, svolge
le attività di cui ai commi 5 e 6.
5. Entro due anni dalla data di entrata
vigore dell'ultimo dei regolamenti di cui
comma 3 possono essere adottate, con
medesima procedura di cui ai commi 3 e
le necessarie disposizioni integrative
correttive.
in
al
la
4,
e
3
253
persona, in attuazione dei princìpi di cui agli
articoli 4 e 35 della Costituzione, e
dell’articolo 15 della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea.
2. L’avvocato, quale soggetto necessario e
insostituibile per l’attuazione concreta della
giustizia nella società e nell’esercizio della
giurisdizione, ha la funzione indispensabile di
garantire al cittadino l’effettività della tutela
dei diritti in ogni sede.
3. L’iscrizione ad un albo circondariale è
condizione per l’esercizio della professione di
avvocato. L’avvocato può esercitare l’attività
di difesa avanti tutti gli organi giurisdizionali
della Repubblica; per esercitarla avanti le
giurisdizioni superiori deve essere iscritto
all’albo speciale regolato dall’articolo 20.
2. L’avvocato, quale soggetto necessario e
insostituibile per l’attuazione concreta della
giustizia nella società e nell’esercizio della
giurisdizione, ha la funzione indispensabile di
garantire al cittadino l’effettività della tutela
dei
diritti
in
ogni
sede.
3. L’iscrizione ad un albo circondariale è
condizione per l’esercizio della professione di
avvocato.
Possono
essere
iscritti
esclusivamente coloro che hanno superato
l’esame di Stato di cui all’articolo 46.
L’avvocato può esercitare l’attività di difesa
avanti tutti gli organi giurisdizionali della
Repubblica.
Per
esercitarla
avanti
le
giurisdizioni superiori deve essere iscritto
all’albo speciale regolato dall’articolo 21.
Restano iscritti agli albi circondariali coloro
che, senza aver sostenuto l’esame di Stato,
risultino iscritti alla data di entrata in vigore
della presente legge.
2. L'avvocato, quale soggetto necessario e
insostituibile per l'attuazione concreta della
giustizia nella società e nell'esercizio della
giurisdizione, ha la funzione indispensabile di
garantire al cittadino l'effettività della tutela
dei
diritti
in
ogni
sede.
3. L'iscrizione ad un albo circondariale è
condizione per l'esercizio della professione di
avvocato. Possono essere iscritti coloro che,
in possesso del diploma di laurea in
giurisprudenza conseguito a seguito di corso
universitario di durata non inferiore a quattro
anni, hanno superato l'esame di Stato di cui
all'articolo 45, ovvero l'esame di abilitazione
all'esercizio della professione di avvocato
prima della data di entrata in vigore della
presente legge. Possono essere altresì
iscritti: a) coloro che hanno svolto le funzioni
di magistrato ordinario, di magistrato
militare, di magistrato amministrativo o
contabile, o di avvocato dello Stato, e che
abbiano cessato le dette funzioni senza
essere incorsi nel provvedimento disciplinare
della censura o in provvedimenti disciplinari
più gravi. L'iscritto, nei successivi due anni,
non può esercitare la professione nei
circondari nei quali ha svolto le proprie
funzioni negli ultimi quattro anni antecedenti
alla cessazione; b) i professori universitari di
ruolo, dopo cinque anni di insegnamento di
materie giuridiche. L'avvocato può esercitare
l'attività di difesa davanti a tutti gli organi
giurisdizionali
della
Repubblica.
Per
esercitarla davanti alle giurisdizioni superiori
deve essere iscritto all'albo speciale regolato
4
254
dall'articolo 21. Restano iscritti agli albi
circondariali
coloro
che,
senza
aver
sostenuto l'esame di Stato, risultino iscritti
alla data di entrata in vigore della presente
legge.
4. L'avvocato, nell'esercizio della sua attività,
è soggetto solo alla legge.
4. Nell’esercizio delle loro funzioni ed attività,
l’ordine forense e l’avvocato sono soggetti
soltanto alla legge.
5. Sono attività esclusive dell’avvocato, in
quanto necessarie e insostituibili per la tutela
del diritto alla difesa costituzionalmente
garantito: la rappresentanza, l’assistenza e
la difesa nei giudizi avanti a tutti gli organi
giurisdizionali, nelle procedure arbitrali, nei
procedimenti
di
fronte
alle
autorità
amministrative indipendenti e ad ogni altra
amministrazione pubblica, e nei procedimenti
di mediazione e di conciliazione, salvo
quanto previsto dalle leggi speciali per
l’assistenza e la rappresentanza per la
pubblica amministrazione.
6. Sono riservate in via generale agli
avvocati e, nei limiti loro consentiti da
particolari disposizioni di legge, agli iscritti in
altri albi professionali, l’assistenza, la
rappresentanza e la difesa in procedimenti di
natura
amministrativa,
tributaria
e
disciplinare.
7. È riservata, altresì, agli avvocati in quanto
soggetti necessari ed insostituibili per
assicurare ai cittadini una tutela dei diritti
4. Nell’esercizio delle loro funzioni ed attività,
l’ordine forense e l’avvocato sono soggetti
soltanto alla legge.
5. Sono attività esclusive dell’avvocato, fatti
salvi i casi espressamente previsti dalla
legge, l’assistenza, la rappresentanza e la
difesa nei giudizi avanti a tutti gli organi
giurisdizionali e nelle procedure arbitrali
rituali.
6. Fuori dei casi previsti dalla legge, l’attività
professionale di consulenza legale e di
assistenza stragiudiziale è riservata agli
avvocati. È, in ogni caso, consentita
l’instaurazione
di
rapporti
di
lavoro
subordinato o di prestazione di opera
continuativa e coordinata aventi ad oggetto
la prestazione di consulenza legale e di
assistenza
stragiudiziale
ad
esclusivo
vantaggio del datore di lavoro o del soggetto
in favore del quale l’opera viene prestata.
5. Sono attività esclusive dell'avvocato, fatti
salvi i casi espressamente previsti dalla
legge, l'assistenza, la rappresentanza e la
difesa nei giudizi davanti a tutti gli organi
giurisdizionali e nelle procedure arbitrali
rituali.
6. Fuori dai casi in cui ricorrono competenze
espressamente individuate relative a specifici
settori del diritto e che sono previste dalla
legge per gli esercenti altre professioni
regolamentate, l'attività di consulenza legale
e di assistenza legale stragiudiziale è
riservata
agli
avvocati.
È
comunque
consentita l'instaurazione di rapporti di
lavoro subordinato ovvero la stipulazione di
contratti di prestazione di opera continuativa
e coordinata, aventi ad oggetto la consulenza
e
l'assistenza
legale
stragiudiziale,
nell'esclusivo interesse del datore di lavoro o
del soggetto in favore del quale l'opera viene
prestata. Se il destinatario delle predette
attività è costituito in forma di società, tali
attività possono essere altresì svolte in
favore dell'eventuale società controllante,
5
255
competente e qualificata, l’attività, svolta
professionalmente, di consulenza legale e di
assistenza stragiudiziale in ogni campo del
diritto, fatte salve le particolari competenze
riconosciute dalla legge ad altri esercenti
attività
professionali,
espressamente
individuati con riguardo a specifici settori del
diritto.
8. L’uso del titolo di avvocato spetta
esclusivamente a coloro che siano o siano
stati iscritti ad un albo circondariale.
9. L’uso del titolo è vietato a chi sia stato
radiato.
10. La violazione delle disposizioni di cui al
presente articolo, quando non costituiscano
più grave reato, è punita, nel caso di
usurpazione del titolo di avvocato, ai sensi
dell’articolo 498 del codice penale e, nel caso
di esercizio abusivo delle funzioni, ai sensi
dell’articolo 348 dello stesso codice.
Art. 3.
(Doveri e deontologia)
1. L’avvocato è tenuto a rispettare le leggi e
il codice deontologico, a tutela dell’interesse
controllata o collegata, ai sensi dell'articolo
2359 del codice civile. Se il destinatario è
un'associazione o un ente esponenziale nelle
diverse articolazioni, purché portatore di un
interesse di particolare rilievo sociale e
riferibile ad un gruppo non occasionale, tali
attività
possono
essere
svolte
esclusivamente nell'ambito delle rispettive
competenze istituzionali e limitatamente
all'interesse dei propri associati ed iscritti. È
altresì consentita, nelle medesime forme e
con gli stessi limiti, la prestazione di
consulenza da parte di professori universitari
di ruolo e di ricercatori confermati in materie
giuridiche.
7. L'uso del titolo di avvocato spetta
esclusivamente a coloro che siano o siano
stati iscritti ad un albo circondariale, nonché
agli
avvocati
dello
Stato.
8. L'uso del titolo è vietato a chi sia stato
radiato.
7. L’uso del titolo di avvocato spetta
esclusivamente a coloro che siano o siano
stati iscritti ad un albo circondariale, nonché
agli avvocati dello Stato.
8. L’uso del titolo è vietato a chi sia stato
radiato.
Art. 3.
(Doveri e deontologia)
1. L’avvocato è tenuto a rispettare le norme
deontologiche di comportamento emanate a
Art. 3.
(Doveri e deontologia).
1. L'esercizio dell'attività di avvocato deve
essere fondato sull'autonomia e sulla
6
256
pubblico
al
corretto
esercizio
della
professione.
L’esercizio
dell’attività
dell’avvocato
deve
essere
fondato
sull’autonomia e sulla indipendenza di
giudizio intellettuale e tecnica. È dovere
dell’avvocato adempiere agli obblighi della
difesa d’ufficio e del patrocinio in favore dei
non abbienti.
2. La professione forense deve essere
esercitata con indipendenza, lealtà, probità,
dignità, decoro e diligenza tenendo conto del
rilievo sociale della difesa e rispettando i
principi della corretta e leale concorrenza.
3. Le norme deontologiche, la cui violazione
comporta responsabilità disciplinare, sono
emanate dal CNF, sentiti gli Ordini forensi
circondariali, con la finalità di tutelare
l’interesse pubblico al corretto esercizio della
professione, che deve essere esercitata per
la prevalente tutela dell’interesse del cliente.
Le norme di cui al presente comma sono
aggiornate periodicamente e realizzano i
princìpi etici della professione e quelli
enunciati dalle leggi, nel rispetto del diritto
comunitario, da attuare tenendo conto delle
consuetudini e delle tradizioni italiane.
4. Il codice deontologico e i suoi
aggiornamenti
sono
pubblicati
e
resi
accessibili a chiunque secondo norme
stabilite con decreto del Ministro della
giustizia, adottato ai sensi dell’articolo 17,
tutela dell’interesse pubblico e del corretto
esercizio
della
professione.
L’esercizio
dell’attività di avvocato deve essere fondato
sull’autonomia
e
sulla
indipendenza
dell’azione professionale e del giudizio
intellettuale.
L’avvocato
adempie
agli
obblighi della difesa d’ufficio e del patrocinio
in favore dei non abbienti.
2. La professione forense deve essere
esercitata con indipendenza, lealtà, probità,
dignità, decoro, diligenza e competenza,
tenendo conto del rilievo sociale della difesa
e rispettando i princìpi della corretta e leale
concorrenza.
3. Le norme deontologiche la cui violazione
comporta responsabilità disciplinare sono
emanate dal CNF, strettamente osservato il
principio della tipizzazione delle condotte,
con la finalità di tutelare anche l’interesse
pubblico
al
corretto
esercizio
della
professione. Il CNF emana le norme
deontologiche entro sei mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge, sentiti
gli ordini forensi circondariali. Il CNF ha
facoltà
di
aggiornare
le
norme.
4. Le norme deontologiche di cui al comma 3
e i loro aggiornamenti sono pubblicati e resi
accessibili a chiunque secondo disposizioni
stabilite con decreto del Ministro della
giustizia, adottato ai sensi dell’articolo 17,
indipendenza dell'azione professionale e del
giudizio intellettuale. L'avvocato ha obbligo,
se chiamato, di prestare la difesa d'ufficio e
di assicurare il patrocinio in favore dei non
abbienti.
2. La professione forense deve essere
esercitata con indipendenza, lealtà, probità,
dignità, decoro, diligenza e competenza,
tenendo conto del rilievo sociale della difesa
e rispettando i princìpi della corretta e leale
concorrenza.
3.
L'avvocato
esercita
la
professione
uniformandosi ai princìpi contenuti nel codice
deontologico emanato dal CNF ai sensi degli
articoli 33, comma 1, lettera d), e 64,
comma 6. Il codice deontologico stabilisce le
norme di comportamento che l'avvocato è
tenuto ad osservare in via generale e,
specificamente, nei suoi rapporti con il
cliente, con la controparte, con altri avvocati
e
con
altri
professionisti.
Il
codice
deontologico espressamente individua fra le
norme in esso contenute quelle che,
rispondendo alla tutela di un pubblico
interesse
al
corretto
esercizio
della
professione, hanno rilevanza disciplinare. Tali
norme devono essere caratterizzate dalla
stretta osservanza del principio della
tipizzazione
della
condotta
e
devono
contenere
l'espressa
indicazione
della
sanzione applicabile.
4. Il codice deontologico di cui al comma 3 e
i suoi aggiornamenti sono pubblicati e resi
accessibili a chiunque secondo disposizioni
stabilite con decreto del Ministro della
giustizia, adottato ai sensi dell'articolo 17,
7
257
comma 3, della legge 23 agosto 1988,
n. 400.
comma 3, della legge 23 agosto 1988,
n. 400. Le norme deontologiche entrano in
vigore decorsi sessanta giorni dalla data di
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
comma 3, della legge 23 agosto 1988, n.
400. Il codice deontologico entra in vigore
decorsi sessanta giorni dalla data di
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Art. 4.
(Associazioni e società tra avvocati e
multidisciplinari)
1. La professione forense può essere
esercitata, oltre che a titolo individuale,
anche in forma associativa o societaria,
purché con responsabilità solidale e illimitata
dei soci, tutti necessariamente iscritti
all’albo.
Lo
svolgimento
di
attività
professionale è personale anche nell’ipotesi
in cui l’incarico sia conferito all’avvocato
componente di un’associazione o società
professionale.
L’appartenenza
a
un’associazione o a una società non
pregiudica l’autonomia o l’indipendenza
intellettuale o di giudizio degli associati e dei
soci. Alle società si applicano le norme del
decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96;
alle associazioni professionali si applicano
l’articolo 1 della legge 23 novembre 1939,
n. 1815, e le norme della società semplice, in
quanto compatibili.
2. È vietata la costituzione di società di
capitali che abbiano nel proprio oggetto
l’esecuzione
delle
prestazioni
indicate
nell’articolo 2.
Art. 4.
(Associazioni e società tra avvocati
e multidisciplinari)
1. La professione forense può essere
esercitata
individualmente
o
con
la
partecipazione ad associazioni o società tra
avvocati. L’incarico professionale è tuttavia
sempre
conferito
all’avvocato
in
via
personale.
La
partecipazione
ad
un’associazione o ad una società tra avvocati
non può pregiudicare l’autonomia, la libertà e
l’indipendenza intellettuale o di giudizio
dell’avvocato nello svolgimento dell’incarico
che gli è conferito. È nullo ogni patto
contrario.
2. Alle società si applicano le norme del
decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96.
Alle associazioni professionali si applicano
l’articolo 1 della legge 23 novembre 1939,
n. 1815, e le disposizioni relative alla società
semplice, in quanto compatibili. Gli associati
e i soci hanno responsabilità solidale e
illimitata
nei
confronti
dei
terzi.
3. Le associazioni e le società di cui al
comma
1
possono
essere
anche
multidisciplinari, comprendendo, oltre agli
iscritti all’albo forense, altri professionisti
iscritti in albi appartenenti a categorie
individuate dal CNF con regolamento.
3. Allo scopo di assicurare al cliente
prestazioni
anche
a
carattere
multidisciplinare, possono partecipare alle
associazioni o alle società di cui al comma 1,
oltre agli iscritti all’albo forense, anche altri
liberi
professionisti
appartenenti
alle
Art. 4.
(Associazioni e società tra avvocati e
multidisciplinari).
1. La professione forense può essere
esercitata
individualmente
o
con
la
partecipazione ad associazioni o società tra
avvocati. L'incarico professionale è tuttavia
sempre
conferito
all'avvocato
in
via
personale.
La
partecipazione
ad
un'associazione o ad una società tra avvocati
non può pregiudicare l'autonomia, la libertà e
l'indipendenza intellettuale o di giudizio
dell'avvocato nello svolgimento dell'incarico
che gli è conferito. È nullo ogni patto
contrario.
2. Alle società si applicano le norme del
decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96.
Alle associazioni professionali si applicano
l'articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n.
1815, e le disposizioni relative alla società
semplice, in quanto compatibili. Hanno
responsabilità solidale e illimitata nei
confronti dei terzi gli associati e i soci, salvo
il caso in cui questi non partecipino
all'amministrazione della società per effetto
di pattuizione a norma dell'articolo 23,
comma 2, del decreto legislativo 2 febbraio
2001, n. 96.
3. Allo scopo di assicurare al cliente
prestazioni
anche
a
carattere
multidisciplinare, possono partecipare alle
associazioni o alle società di cui al comma 1,
oltre agli iscritti all'albo forense, anche altri
liberi
professionisti
appartenenti
alle
8
258
4. Le società o associazioni multidisciplinari
possono comprendere nel loro oggetto
l’esercizio di attività proprie della professione
di avvocato solo se, e fin quando, vi sia tra i
soci od associati almeno un avvocato iscritto
all’albo. Solo gli iscritti nell’albo degli
avvocati e i praticanti avvocati nel periodo di
abilitazione al patrocinio, nei limiti della loro
competenza, possono eseguire le prestazioni
esclusive o riservate, indicate nell’art. 2. Le
associazioni e le società hanno ad oggetto
esclusivamente lo svolgimento di attività
professionale, non hanno natura di imprese
commerciali e non sono assoggettate alle
procedure fallimentari e concorsuali.
5. L’associato e il socio possono far parte di
una sola associazione o società.
6. Le associazioni e le società sono iscritte in
un elenco speciale aggiunto all’albo forense
nel cui circondario hanno sede. La sede
dell’associazione o della società è fissata nel
circondario ove si trova il centro principale
degli affari. I soci e gli associati hanno
domicilio professionale nella sede della
associazione o della società.
7. Alle società multidisciplinari si applicano,
in quanto compatibili, le norme che regolano
le società tra avvocati indicate nel comma 1.
categorie individuate con regolamento del
Ministro della giustizia ai sensi dell’articolo 1,
commi 3 e seguenti. La professione forense
può essere altresì esercitata da un avvocato
associato o che partecipa ad associazioni o
società costituite fra altri liberi professionisti,
purché le stesse abbiano caratteristiche
identiche a quelle di cui al comma 2.
4. Possono essere soci delle associazioni o
società tra avvocati solo coloro che sono
iscritti al relativo albo. Le associazioni e le
società tra avvocati sono iscritte in un elenco
speciale aggiunto all’albo forense nel cui
circondario
hanno
sede.
La
sede
dell’associazione o della società è fissata nel
circondario ove si trova il centro principale
degli affari. Gli associati e i soci hanno
domicilio professionale nella sede della
associazione o della società. L’attività
professionale svolta dagli associati o dai soci
dà luogo agli obblighi e ai diritti previsti dalle
disposizioni
in
materia
previdenziale.
5. L’avvocato può essere associato ad una
sola
associazione
o
società.
6. Le associazioni o le società tra
professionisti possono indicare l’esercizio di
attività proprie della professione forense fra
quelle previste dal proprio oggetto sociale,
oltre che in qualsiasi comunicazione a terzi,
solo se tra gli associati o i soci vi è almeno
un
avvocato
iscritto
all’albo.
7. La costituzione di società di capitali che
indicano l’esercizio di attività proprie della
professione forense fra quelle previste dal
proprio oggetto sociale, oltre che in qualsiasi
comunicazione
a
terzi,
è
vietata.
categorie individuate con regolamento del
Ministro della giustizia ai sensi dell'articolo 1,
commi 3 e seguenti. La professione forense
può essere altresì esercitata da un avvocato
che partecipa ad associazioni o società
costituite fra altri liberi professionisti, purché
le stesse abbiano caratteristiche identiche a
quelle di cui al comma 2.
4. Possono essere soci delle associazioni o
società tra avvocati solo coloro che sono
iscritti al relativo albo. Le associazioni e le
società tra avvocati sono iscritte in un elenco
tenuto presso il consiglio dell'ordine nel cui
circondario hanno sede, ai sensi dell'articolo
14, comma 1, lettera l). La sede
dell'associazione o della società è fissata nel
circondario ove si trova il centro principale
degli affari. Gli associati e i soci hanno
domicilio professionale nella sede della
associazione o della società. L'attività
professionale svolta dagli associati o dai soci
dà luogo agli obblighi e ai diritti previsti dalle
disposizioni
in
materia
previdenziale.
5. L'avvocato può essere associato ad una
sola
associazione
o
società.
6. Le associazioni o le società tra
professionisti possono indicare l'esercizio di
attività proprie della professione forense fra
quelle previste nel proprio oggetto sociale,
oltre che in qualsiasi comunicazione a terzi,
solo se tra gli associati o i soci vi è almeno
un
avvocato
iscritto
all'albo.
7. La costituzione di società di capitali che
indicano l'esercizio di attività proprie della
professione forense fra quelle previste nel
proprio oggetto sociale, oltre che in qualsiasi
comunicazione a terzi, è vietata. Sono nulli i
relativi
atti
costitutivi
e
quelli
9
259
successivamente intervenuti di modifica dei
patti sociali, contenenti la detta indicazione.
Sono altresì nulli i contratti stipulati con terzi
a seguito delle comunicazioni di cui al primo
periodo
del
presente
comma.
8. L’attività professionale svolta dagli
associati o dai soci dà luogo agli obblighi e ai
diritti previsti dalle norme previdenziali.
9. I redditi delle associazioni e delle società
sono determinati secondo i criteri di cassa,
come per i professionisti che esercitano la
professione in modo individuale.
10. Gli avvocati, le associazioni e le società
di cui al presente articolo possono stipulare
fra loro contratti di associazione in
partecipazione ai sensi dell’articolo 2549 e
seguenti del codice civile, nel rispetto delle
disposizioni del regolamento emanato dal
CNF al fine di adeguare le suindicate norme
del codice civile alle previsioni della presente
legge ed alle specificità della professione
forense.
11. Il socio o l’associato deve essere escluso
se cancellato dall’albo con provvedimento
definitivo o sospeso con provvedimento
disciplinare definitivo non inferiore ad un
anno e può essere escluso secondo quanto
previsto dall’art. 2286 c.c.
Art. 5.
(Segreto professionale)
8. La violazione di quanto previsto ai commi
5 e 6 costituisce illecito disciplinare.
8. La violazione di quanto previsto ai commi
5 e 6 costituisce illecito disciplinare.
9. I redditi delle associazioni e delle società
tra avvocati sono determinati secondo i
criteri di cassa, come per i professionisti che
esercitano
la
professione
in
modo
individuale.
10. Gli avvocati, le associazioni e le società
di cui al presente articolo possono stipulare
fra loro contratti di associazione in
partecipazione ai sensi degli articoli 2549 e
seguenti
del
codice
civile.
9. I redditi delle associazioni e delle società
tra avvocati sono determinati secondo i
criteri di cassa, come per i professionisti che
esercitano
la
professione
in
modo
individuale.
10. Gli avvocati, le associazioni e le società
di cui al presente articolo possono stipulare
fra loro contratti di associazione in
partecipazione ai sensi degli articoli 2549 e
seguenti
del
codice
civile.
11. Il socio o l’associato è escluso se
cancellato o sospeso dall’albo per un periodo
non inferiore ad un anno con provvedimento
disciplinare definitivo. Può essere escluso per
effetto di quanto previsto dall’articolo 2286
del codice civile.
12. Le associazioni e le società che hanno ad
oggetto esclusivamente lo svolgimento di
attività professionale non hanno natura di
imprese
commerciali
e
non
sono
assoggettate alle procedure fallimentari e
concorsuali.
11. Il socio o l'associato è escluso se
cancellato o sospeso dall'albo per un periodo
non inferiore ad un anno con provvedimento
disciplinare definitivo. Può essere escluso per
effetto di quanto previsto dall'articolo 2286
del codice civile.
12. Le associazioni e le società che hanno ad
oggetto esclusivamente lo svolgimento di
attività professionale non sono assoggettate
alle procedure fallimentari e concorsuali.
Art. 5.
(Segreto professionale)
Art. 5.
(Segreto professionale).
10
260
1. L’avvocato è tenuto nei confronti della
parte assistita alla rigorosa osservanza del
segreto
professionale
nell’attività
di
rappresentanza e assistenza in giudizio,
nonché nello svolgimento dell’attività di
consulenza
legale
e
di
assistenza
stragiudiziale.
2. L’avvocato è altresì tenuto all’osservanza
del massimo riserbo in ordine agli affari in
cui è stato chiamato a svolgere la sua opera.
3. L’avvocato è tenuto ad adoperarsi per far
osservare gli obblighi di cui al presente
articolo anche ai suoi collaboratori e
dipendenti.
4. L’avvocato, i suoi collaboratori e
dipendenti non possono essere obbligati a
deporre nei giudizi di qualunque specie su ciò
di cui siano venuti a conoscenza nell’esercizio
della
professione
o
dell’attività
di
collaborazione o in virtù del rapporto di
dipendenza, salvo quanto disposto nel codice
di procedura penale.
1. L’avvocato è tenuto, nell’interesse della
parte assistita, alla rigorosa osservanza del
segreto professionale sui fatti e sulle
circostanze
apprese
nell’attività
di
rappresentanza e assistenza in giudizio,
nonché nello svolgimento dell’attività di
consulenza
legale
e
di
assistenza
stragiudiziale.
2. L’avvocato è tenuto altresì all’osservanza
del
massimo
riserbo
verso
i
terzi.
1. L'avvocato è tenuto, nell'interesse della
parte assistita, alla rigorosa osservanza del
segreto professionale sui fatti e sulle
circostanze
apprese
nell'attività
di
rappresentanza e assistenza in giudizio,
nonché nello svolgimento dell'attività di
consulenza
legale
e
di
assistenza
stragiudiziale.
2. L'avvocato è tenuto altresì all'osservanza
del massimo riserbo verso i terzi.
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si
applicano
anche
nei
confronti
dei
collaboratori e dei dipendenti dell’avvocato,
oltre che di coloro che svolgono il tirocinio
presso lo stesso, in relazione ai fatti e alle
circostanze da loro apprese nella loro qualità
o per effetto dell’attività svolta. L’avvocato è
tenuto a far osservare gli obblighi di
segretezza e di riserbo.
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si
applicano anche nei confronti dei dipendenti
e
dei
collaboratori
anche
occasionali
dell'avvocato, oltre che di coloro che
svolgono il tirocinio presso lo stesso, in
relazione ai fatti e alle circostanze da loro
apprese nella loro qualità o per effetto
dell'attività svolta. L'avvocato è tenuto ad
adoperarsi affinché anche da tali soggetti
siano osservati gli obblighi di segretezza e di
riserbo sopra previsti.
4. L'avvocato, i suoi collaboratori e i
dipendenti non possono essere obbligati a
deporre nei procedimenti e nei giudizi di
qualunque specie su ciò di cui siano venuti a
conoscenza nell'esercizio della professione o
dell'attività di collaborazione o in virtù del
rapporto di dipendenza, salvi i casi previsti
dalla legge.
5. La violazione degli obblighi di cui ai commi
1 e 2 costituisce illecito disciplinare. La
violazione degli obblighi di cui al comma 3
costituisce giusta causa per l'immediato
scioglimento del rapporto di collaborazione o
di dipendenza.
4. L’avvocato, i suoi collaboratori e i
dipendenti non possono essere obbligati a
deporre nei giudizi di qualunque specie su ciò
di cui siano venuti a conoscenza nell’esercizio
della
professione
o
dell’attività
di
collaborazione o in virtù del rapporto di
dipendenza, salvi i casi previsti dalla legge.
5. La violazione degli obblighi di cui ai commi
1 e 2 costituisce illecito disciplinare.
Art. 6.
(Prescrizioni per il domicilio)
Art. 6.
(Prescrizioni per il domicilio)
Art. 6.
(Prescrizioni per il domicilio).
11
261
1. L’avvocato deve iscriversi nell’albo del
circondario del Tribunale ove ha domicilio
professionale. Il domicilio professionale è il
luogo ove l’avvocato svolge la professione in
modo
prevalente.
Ogni
variazione
è
tempestivamente comunicata per iscritto
all’ordine. In mancanza, ogni comunicazione
del Consiglio dell’Ordine di appartenenza si
intende
validamente
effettuata
presso
l’ultimo domicilio.
1. L’avvocato deve iscriversi nell’albo del
circondario del tribunale ove ha domicilio
professionale, di regola coincidente con il
luogo in cui svolge la professione in modo
prevalente, come da attestazione scritta da
inserire nel fascicolo personale e da cui deve
anche risultare se sussistano rapporti di
parentela, coniugio, affinità e convivenza con
magistrati, evincibili dal decreto legislativo
23 febbraio 2006, n. 109.
2. L’avvocato che stabilisca uffici al di fuori
del circondario del Tribunale ove ha domicilio
professionale
ne
dà
immediata
comunicazione scritta sia all’ordine di
iscrizione, sia all’ordine del luogo ove si trova
l’ufficio.
3. Presso ogni ordine è tenuto un elenco
degli avvocati iscritti in altri albi che abbiano
ufficio nel circondario ove ha sede l’ordine.
4. La violazione degli obblighi prescritti ai
2. L’avvocato che stabilisca uffici al di fuori
del circondario del tribunale ove ha domicilio
professionale
ne
dà
immediata
comunicazione scritta sia all’ordine di
iscrizione, sia all’ordine del luogo ove si trova
l’ufficio.
3. Presso ogni ordine è tenuto un elenco
degli avvocati iscritti in altri albi che abbiano
ufficio nel circondario ove ha sede l’ordine.
4. Gli avvocati italiani, che esercitano la
1. L'avvocato deve iscriversi nell'albo del
circondario del tribunale ove ha domicilio
professionale, di regola coincidente con il
luogo in cui svolge la professione in modo
prevalente, come da attestazione scritta da
inserire nel fascicolo personale e da cui deve
anche risultare se sussistano rapporti di
parentela, coniugio, affinità e convivenza con
magistrati, rilevanti in relazione a quanto
previsto dall'articolo 18 dell'ordinamento
giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio
1941, n. 12, e successive modificazioni. Ogni
variazione deve essere tempestivamente
comunicata
dall'iscritto
all'ordine.
In
mancanza, ogni comunicazione del consiglio
dell'ordine di appartenenza si intende
validamente
effettuata
presso
l'ultimo
domicilio
comunicato.
2. Gli ordini professionali presso cui i singoli
avvocati sono iscritti pubblicano in apposito
elenco,
consultabile
dalle
pubbliche
amministrazioni, gli indirizzi
di
posta
elettronica comunicati dagli iscritti ai sensi
dell'articolo 16, comma 7, del decreto-legge
29 novembre 2008, n. 185, convertito, con
modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009,
n. 2, anche al fine di consentire notifiche di
atti e comunicazioni per via telematica da
parte
degli
uffici
giudiziari.
3. L'avvocato che stabilisca uffici al di fuori
del circondario del tribunale ove ha domicilio
professionale
ne
dà
immediata
comunicazione scritta sia all'ordine di
iscrizione, sia all'ordine del luogo ove si trova
l'ufficio.
4. Presso ogni ordine è tenuto un elenco
degli avvocati iscritti in altri albi che abbiano
ufficio nel circondario ove ha sede l'ordine.
5. Gli avvocati italiani, che esercitano la
12
262
commi 1 e 2 costituisce illecito disciplinare.
professione all’estero e che ivi hanno la loro
residenza, mantengono l’iscrizione nell’albo
del circondario del tribunale ove avevano
l’ultimo
domicilio
in
Italia.
5. La violazione degli obblighi di cui ai commi
1 e 2 costituisce illecito disciplinare.
professione all'estero e che ivi hanno la loro
residenza, mantengono l'iscrizione nell'albo
del circondario del tribunale ove avevano
l'ultimo
domicilio
in
Italia.
6. La violazione degli obblighi di cui ai commi
1 e 3 costituisce illecito disciplinare.
Art. 7.
(Impegno solenne)
1. Per poter esercitare la professione,
l’avvocato assume dinanzi al consiglio
dell’ordine in pubblica seduta l’impegno di
osservare i relativi doveri, secondo la
formula: «Consapevole della dignità della
professione forense e della sua funzione
sociale, mi impegno solennemente ad
osservare con lealtà, onore e diligenza i
doveri della professione di avvocato per i fini
della giustizia».
Art. 7.
(Impegno solenne)
1. Per poter esercitare la professione,
l’avvocato assume dinanzi al consiglio
dell’ordine in pubblica seduta l’impegno di
osservare i relativi doveri, secondo la
formula: «Consapevole della dignità della
professione forense e della sua funzione
sociale, mi impegno solennemente ad
osservare con lealtà, onore e diligenza i
doveri della professione di avvocato per i fini
della giustizia ed a tutela dell’assistito nelle
forme e secondo i princìpi del nostro
ordinamento».
Art. 7.
(Impegno solenne).
1. Per poter esercitare la professione,
l'avvocato assume dinanzi al consiglio
dell'ordine in pubblica seduta l'impegno di
osservare i relativi doveri, secondo la
formula: «Consapevole della dignità della
professione forense e della sua funzione
sociale, mi impegno solennemente ad
osservare con lealtà, onore e diligenza i
doveri della professione di avvocato per i fini
della giustizia ed a tutela dell'assistito nelle
forme e secondo i princìpi del nostro
ordinamento».
Art. 8.
(Specializzazioni)
1. È riconosciuta la possibilità per gli
avvocati di ottenere e indicare il titolo di
specialista, secondo modalità che sono
stabilite con regolamento adottato dal CNF ai
sensi dell’articolo 1, comma 5, e acquisiti i
pareri
delle
associazioni
specialistiche
costituite ai sensi del comma 8.
Art. 8.
(Specializzazioni)
1. È riconosciuta la possibilità per gli
avvocati di ottenere e indicare il titolo di
specialista secondo modalità che sono
stabilite con regolamento adottato dal CNF ai
sensi dell’articolo 1 e acquisiti i pareri delle
associazioni specialistiche costituite ai sensi
del comma 9 del presente articolo.
2. Il regolamento di cui al comma 1, prevede
in maniera da garantire libertà e pluralismo
dell’offerta formativa e della relativa scelta
individuale:
a)
l’elenco
delle
specializzazioni
riconosciute, tenuto anche conto delle
specificità formative imposte dai differenti riti
2. Il regolamento di cui al comma 1 prevede,
in maniera da garantire libertà e pluralismo
dell’offerta formativa e della relativa scelta
individuale:
a) l’elenco delle specializzazioni riconosciute,
tenuto anche conto delle specificità formative
imposte dai differenti riti processuali, da
Art. 8.
(Specializzazioni).
1. È riconosciuta la possibilità per gli
avvocati di ottenere e indicare il titolo di
specialista secondo modalità che sono
stabilite con regolamento adottato dal
Ministro della giustizia previo parere del CNF,
ai sensi dell'articolo 1, e acquisiti i pareri
delle associazioni specialistiche costituite ai
sensi del comma 9 del presente articolo.
2. Il regolamento di cui al comma 1 prevede,
in maniera da garantire libertà e pluralismo
dell'offerta formativa e della relativa scelta
individuale:
a) l'elenco delle specializzazioni riconosciute,
tenuto anche conto delle specificità formative
imposte dai differenti riti processuali, da
13
263
processuali, da aggiornarsi almeno ogni tre
anni;
b) i percorsi formativi e professionali, di
durata almeno biennale, necessari per il
conseguimento dei titoli di specializzazione,
ai quali possono accedere soltanto gli
avvocati che alla data della presentazione
della domanda di iscrizione abbiano maturato
una anzianità di iscrizione all’albo avvocati,
ininterrottamente e senza sospensioni, per
almeno due anni;
aggiornare almeno ogni tre anni;
aggiornare almeno ogni tre anni;
b) percorsi formativi e professionali, di
durata almeno biennale, necessari per il
conseguimento dei titoli di specializzazione ai
quali possono accedere soltanto gli avvocati
che alla data della presentazione della
domanda di iscrizione abbiano maturato una
anzianità di iscrizione all’albo degli avvocati,
ininterrottamente e senza sospensioni, di
almeno quattro anni;
c) le prescrizioni destinate agli ordini
territoriali, alle associazioni forensi, ad altri
enti ed istituzioni pubbliche o private per
l’organizzazione, anche di intesa tra loro, di
scuole e corsi di alta formazione per il
conseguimento del titolo di specialista;
c) le prescrizioni destinate agli ordini
territoriali, alle associazioni forensi, ad altri
enti ed istituzioni pubbliche o private per
l’organizzazione, anche di intesa tra loro, di
scuole e corsi di alta formazione per il
conseguimento del titolo di specialista;
d) le sanzioni per l’uso indebito dei titoli di
specializzazione;
e) il regime transitorio.
d) le sanzioni per l’uso indebito dei titoli di
specializzazione;
e) i requisiti richiesti ai fini del conferimento
da parte dei consigli dell’ordine del titolo di
specialista agli avvocati iscritti all’albo da
almeno dieci anni.
3. Le scuole e i corsi di alta formazione per il
conseguimento del titolo di specialista non
possono avere durata inferiore a due anni
per un totale di almeno 200 ore di
formazione
complessive.
All’esito
della
frequenza l’avvocato sostiene un esame di
specializzazione presso il CNF, il cui esito
positivo
è
condizione
necessaria
per
l’acquisizione del titolo. La commissione
d’esame è designata dal CNF e composta da
suoi membri, da avvocati indicati dagli ordini
b) percorsi formativi e professionali, di
durata almeno biennale per un totale di
almeno centocinquanta ore complessive,
necessari per il conseguimento dei titoli di
specializzazione, ai quali possono accedere
soltanto gli avvocati che alla data della
presentazione della domanda di iscrizione
abbiano maturato una anzianità di iscrizione
all'albo degli avvocati, ininterrottamente e
senza sospensioni, di almeno un anno;
c) le prescrizioni destinate agli ordini
territoriali, alle associazioni forensi e ad altri
enti ed istituzioni pubbliche o private,
prioritariamente alle facoltà di giurisprudenza
nell'ambito delle proprie risorse finanziarie e
senza nuovi o maggiori oneri per la finanza
pubblica, per l'organizzazione, anche di
intesa tra loro, di scuole e corsi di alta
formazione per il conseguimento del titolo di
specialista;
d) le sanzioni per l'uso indebito dei titoli di
specializzazione;
e) i requisiti richiesti ai fini del conferimento
da parte dei consigli dell'ordine del titolo di
specialista agli avvocati iscritti all'albo da
almeno dieci anni.
3. Al termine del percorso formativo per il
conseguimento del titolo di specialista
l'avvocato
sostiene
un
esame
di
specializzazione presso il CNF, il cui esito
positivo
è
condizione
necessaria
per
l'acquisizione del titolo. La commissione
d'esame è designata dal CNF e composta da
suoi membri, da avvocati indicati dallo stesso
CNF e dagli ordini forensi del distretto, da
docenti universitari, da magistrati a riposo,
da componenti indicati dalle associazioni
3. Le scuole e i corsi di alta formazione per il
conseguimento del titolo di specialista non
possono avere durata inferiore a due anni
per un totale di almeno 400 ore di
formazione
complessive.
All’esito
della
frequenza l’avvocato sostiene un esame di
specializzazione, presso il CNF, il cui esito
positivo
è
condizione
necessaria
per
l’acquisizione del titolo. La commissione
d’esame sarà designata dal Consiglio
nazionale forense e composta da suoi
14
264
membri, da avvocati indicati dagli ordini
distrettuali, da docenti universitari, da
magistrati, da componenti indicati delle
associazioni forensi di cui al regolamento di
cui al comma 1.
4. Il titolo di specialista è attribuito
esclusivamente dal CNF.
forensi del distretto, da docenti universitari,
da magistrati, da componenti indicati delle
associazioni forensi di cui al comma 9.
forensi
4. Il titolo di
esclusivamente
4. Il titolo di specialista è attribuito
esclusivamente dal CNF e può essere
revocato nel caso previsto dal comma 5.
5. L'avvocato specialista è tenuto a curare il
proprio
specifico
aggiornamento
professionale con riferimento alla disciplina
giuridica per cui ha conseguito il titolo. Il CNF
stabilisce, senza nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica, con proprio
regolamento le modalità con cui ha luogo
detto aggiornamento, i cui corsi annuali
devono essere di almeno cinquanta ore.
L'aggiornamento professionale in relazione
alla disciplina giuridica specialistica è
condizione per il mantenimento del titolo.
6. I soggetti di cui al comma 2, lettera c),
organizzano
con
cadenza
annuale,
nell'ambito delle proprie risorse finanziarie e
senza nuovi o maggiori oneri per la finanza
pubblica, corsi di formazione continua nelle
materie specialistiche conformemente al
regolamento
di
cui
al
comma
1.
7. Il conseguimento del titolo di specialista
non
comporta
riserva
di
attività
professionale.
8. Gli avvocati docenti universitari in materie
giuridiche e coloro che abbiano conseguito
titoli
specialistici
universitari
possono
indicare il relativo titolo accademico con le
opportune
specificazioni.
9. Tra avvocati iscritti agli albi possono
essere costituite associazioni specialistiche
nel rispetto dei seguenti requisiti:
a) l'associazione deve avere adeguata
specialista
dal
è
attribuito
CNF.
5. Gli avvocati che abbiano conseguito il
titolo di specialista sono tenuti, ai fini del
mantenimento del titolo, a curare il proprio
aggiornamento professionale secondo le
modalità stabilite con regolamento del CNF.
5. I soggetti di cui al comma 3, lettera c),
organizzano con cadenza annuale corsi di
formazione
continua
nelle
materie
specialistiche conformemente al regolamento
di cui al comma 1.
6. I soggetti di cui al comma 2, lettera c),
organizzano con cadenza annuale corsi di
formazione
continua
nelle
materie
specialistiche conformemente al regolamento
di cui al comma 1.
6. Il conseguimento del titolo di specialista
non
comporta
riserva
di
attività
professionale.
7. Gli avvocati docenti universitari in materie
giuridiche e coloro che abbiano conseguito
titoli
specialistici
universitari
possono
indicare il relativo titolo accademico con le
opportune
specificazioni.
8. Tra avvocati iscritti agli albi possono
essere costituite associazioni specialistiche
nel rispetto dei seguenti requisiti:
a) l’associazione deve avere adeguata
7. Il conseguimento del titolo di specialista
non
comporta
riserva
di
attività
professionale.
8. Gli avvocati docenti universitari in materie
giuridiche e coloro che abbiano conseguito
titoli
specialistici
universitari
possono
indicare il relativo titolo accademico con le
opportune specificazioni.
9. Il CNF tiene l’elenco delle associazioni
aventi personalità giuridica costituite fra
avvocati
specialisti,
che
delibera
di
riconoscere
sulla
base
della
loro
di
cui
al
comma
9.
15
265
diffusione e rappresentanza territoriale,
secondo quanto stabilito con regolamento da
adottare ai sensi dell’art. 1, comma 5, per il
riconoscimento e il mantenimento della
qualifica di associazione maggiormente
rappresentativa a livello nazionale per il
relativo settore specialistico;
b) lo statuto dell’associazione prevede
espressamente come scopo la promozione
del profilo professionale, la formazione e
l’aggiornamento specialistico dei suoi iscritti;
c) lo statuto esclude espressamente il rilascio
da parte dell’associazione di attestati di
competenza professionale;
d) lo statuto prevede una disciplina degli
organi associativi su base democratica ed
esclude espressamente ogni attività a fini di
lucro;
e) l’associazione si dota di strutture,
organizzative e tecnico-scientifiche, idonee
ad assicurare la determinazione dei livelli di
qualificazione professionale e il relativo
aggiornamento professionale;
f) le associazioni professionali sono incluse in
un elenco tenuto dal CNF.
9. Il CNF, anche per il tramite degli ordini
circondariali, esercita la vigilanza sui requisiti
e le condizioni per il riconoscimento delle
associazioni di cui al presente articolo, ed il
controllo sul rispetto delle prescrizioni di cui
al comma 2, lett. c).
rappresentatività, diffusione territoriale e
dell’eventuale accreditamento internazionale.
Le associazioni non possono rilasciare
attestati di specializzazione o di specifica
competenza
professionale.
10. Gli avvocati che alla data di entrata in
vigore della presente legge risultano iscritti
all’albo da almeno dieci anni sono dispensati
dalla frequenza dei corsi di cui al comma 6 e
sono autorizzati a qualificarsi con il titolo di
specialista in una o più discipline giuridiche
previo superamento dell’esame di cui al
comma 3. Gli avvocati che alla data di
diffusione e rappresentanza territoriale,
secondo quanto stabilito con regolamento da
adottare ai sensi dell'articolo 1, per il
riconoscimento e il mantenimento della
qualifica di associazione maggiormente
rappresentativa a livello nazionale per il
relativo settore specialistico;
b) lo statuto dell'associazione prevede
espressamente come scopo la promozione
del profilo professionale, la formazione e
l'aggiornamento specialistico dei suoi iscritti;
c) lo statuto include espressamente il rilascio
da parte dell'associazione di attestati di
competenza professionale;
d) lo statuto prevede una disciplina degli
organi associativi su base democratica ed
esclude espressamente ogni attività a fini di
lucro;
e) l'associazione si dota di strutture,
organizzative e tecnico-scientifiche, idonee
ad assicurare adeguati livelli di qualificazione
professionale e il relativo aggiornamento
professionale;
f) le associazioni professionali sono incluse in
un elenco tenuto dal CNF.
10. Il CNF, anche per il tramite degli ordini
circondariali, esercita la vigilanza sui requisiti
e le condizioni per il riconoscimento delle
associazioni di cui al presente articolo ed il
controllo sul rispetto delle prescrizioni di cui
al
comma
2,
lettera
c).
11. Gli avvocati che alla data di entrata in
vigore della presente legge risultano iscritti
all'albo da almeno dieci anni sono dispensati
dalla frequenza dei corsi di cui al comma 6 e
sono autorizzati a qualificarsi con il titolo di
specialista in una o più discipline giuridiche
previo superamento dell'esame di cui al
comma 3.
16
266
entrata in vigore della presente legge
risultano iscritti all’albo da almeno venti anni
sono autorizzati a qualificarsi con il titolo di
specialista in non più di due discipline
giuridiche da essi indicate e per le quali
attestino
di
aver
acquisito
specifica
conoscenza teorica e significativa esperienza.
Art. 9.
(Pubblicità e informazioni sull’esercizio della
professione)
1. È consentito all’avvocato dare informazioni
sul modo di esercizio della professione,
purché in maniera veritiera, non elogiativa,
non ingannevole e non comparativa.
Art. 9.
(Informazioni sull’esercizio
della professione)
1. È consentito all’avvocato dare informazioni
sul modo di esercizio della professione,
purché in maniera veritiera, non elogiativa,
non ingannevole e non comparativa.
2. Il contenuto e la forma dell’informazione
devono essere coerenti con la finalità della
tutela dell’affidamento della collettività, nel
rispetto del prestigio della professione e degli
obblighi di segretezza e di riservatezza dei
principi del codice deontologico.
2. Il contenuto e la forma dell’informazione
devono essere coerenti con la finalità della
tutela dell’affidamento della collettività, nel
rispetto del prestigio della professione e degli
obblighi di segretezza e di riservatezza
nonché nel rispetto dei princìpi del codice
deontologico.
3. Il CNF determina i criteri concernenti le
modalità e gli strumenti dell’informazione e
della
comunicazione.
4. L’inosservanza dei commi 1 e 2 comporta
illecito disciplinare.
Art. 10.
(Formazione continua)
1. L’avvocato ha l’obbligo di curare il
continuo e costante aggiornamento della
propria competenza professionale al fine di
assicurare la qualità delle prestazioni
professionali e di contribuire al miglior
esercizio della professione nell’interesse degli
utenti.
Art. 10.
(Formazione continua)
1. L’avvocato ha l’obbligo di curare il
continuo e costante aggiornamento della
propria competenza professionale al fine di
assicurare la qualità delle prestazioni
professionali e di contribuire al migliore
esercizio della professione nell’interesse dei
clienti.
Art. 9.
(Informazioni sull'esercizio della
professione).
1. È consentito all'avvocato dare informazioni
sul modo di esercizio della professione,
purché in maniera veritiera, non elogiativa,
non ingannevole e non comparativa.
2. Il contenuto e la forma dell'informazione
devono essere coerenti con la finalità della
tutela dell'affidamento della collettività, nel
rispetto del prestigio della professione e degli
obblighi di segretezza e di riservatezza
nonché nel rispetto dei princìpi del codice
deontologico.
3. Il CNF determina i criteri concernenti le
modalità
dell'informazione
e
della
comunicazione.
4. L'inosservanza dei commi 1 e 2 comporta
illecito disciplinare.
Art. 10.
(Formazione continua).
1. L'avvocato ha l'obbligo di curare il
continuo e costante aggiornamento della
propria competenza professionale al fine di
assicurare la qualità delle prestazioni
professionali e di contribuire al migliore
esercizio della professione nell'interesse dei
clienti e dell'amministrazione della giustizia.
17
267
2. Sono esentati dall’obbligo di cui al comma
1: gli avvocati iscritti nell’albo speciale per il
patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori;
gli avvocati che hanno ottenuto il titolo di
specialista, ai sensi dell’articolo 8; gli
avvocati sospesi dall’esercizio professionale,
ai sensi dell’articolo 19, comma 1, per il
periodo del loro mandato; gli avvocati dopo
venti anni di iscrizione all’albo; i membri del
Parlamento
nazionale
ed
europeo;
i
consiglieri regionali; i presidenti di provincia
e gli assessori provinciali; i sindaci e gli
assessori
di
comuni
con
popolazione
superiore a 100.000 abitanti; i docenti e i
ricercatori confermati delle università in
materie giuridiche.
2. Con apposito regolamento approvato dal
CNF sono disciplinate, in maniera da
garantire la libertà e il pluralismo dell’offerta
formativa e della relativa scelta individuale,
le modalità e le condizioni per l’assolvimento
dell’obbligo di formazione continua da parte
degli
iscritti
e
per
la
gestione
e
l’organizzazione dell’attività di formazione da
parte
degli
ordini
territoriali,
delle
associazioni forensi e di terzi.
3. L’attività di formazione svolta dagli ordini
territoriali,
anche
in
cooperazione
o
convenzione
con
altri
soggetti,
non
costituisce attività commerciale e non può
avere
fini
di
lucro.
4. Le regioni, nell’ambito delle potestà ad
esse
attribuite
dall’articolo
117
della
Costituzione, disciplinano l’attribuzione di
fondi per l’organizzazione di scuole, corsi ed
eventi di formazione professionale per
avvocati.
3. Il CNF stabilisce le modalità e le condizioni
per
l’assolvimento
dell’obbligo
di
aggiornamento da parte degli iscritti e per la
gestione e l’organizzazione dell’attività di
aggiornamento a cura degli ordini territoriali,
delle associazioni forensi e di terzi.
2. Sono esentati dall'obbligo di cui al comma
1: gli avvocati che hanno ottenuto il titolo di
specialista, ai sensi dell'articolo 8, fermo
quanto previsto nel regolamento del CNF di
cui al comma 5 del medesimo articolo; gli
avvocati sospesi dall'esercizio professionale,
ai sensi dell'articolo 19, comma 1, per il
periodo del loro mandato; gli avvocati dopo
venticinque anni di iscrizione all'albo o dopo
il compimento del sessantesimo anno di età;
i membri del Parlamento nazionale ed
europeo; i consiglieri regionali; i presidenti di
provincia e gli assessori provinciali; i sindaci
e gli assessori di comuni con popolazione
superiore a 100.000 abitanti; i docenti e i
ricercatori confermati delle università in
materie
giuridiche.
3. Il CNF stabilisce le modalità e le condizioni
per
l'assolvimento
dell'obbligo
di
aggiornamento da parte degli iscritti e per la
gestione e l'organizzazione dell'attività di
aggiornamento a cura degli ordini territoriali,
delle associazioni forensi e di terzi.
4. L’attività di formazione svolta dagli ordini
territoriali,
anche
in
cooperazione
o
convenzione
con
altri
soggetti,
non
costituisce attività commerciale e non può
avere
fini
di
lucro.
5. Le regioni, nell’ambito delle potestà ad
esse
attribuite
dall’articolo
l17
della
Costituzione,
possono
disciplinare
l’attribuzione di fondi per l’organizzazione di
scuole, corsi ed eventi di formazione
professionale per avvocati.
4. L'attività di formazione svolta dagli ordini
territoriali,
anche
in
cooperazione
o
convenzione
con
altri
soggetti,
non
costituisce attività commerciale e non può
avere
fini
di
lucro.
5. Le regioni, nell'ambito delle potestà ad
esse
attribuite
dall'articolo
117
della
Costituzione,
possono
disciplinare
l'attribuzione di fondi per l'organizzazione di
scuole, corsi ed eventi di formazione
professionale per avvocati.
18
268
Art. 11.
(Assicurazione per la responsabilità civile)
1. L’avvocato, l’associazione o la società fra
professionisti stipulano polizza assicurativa a
copertura della responsabilità civile derivante
dall’esercizio della professione, compresa
quella per la custodia di documenti, somme
di denaro, titoli e valori, di volta in volta
ricevuti in deposito dai clienti. L’avvocato, se
richiesto, rende noti al cliente gli estremi
della propria polizza assicurativa.
2. Degli estremi della polizza assicurativa e
di ogni sua successiva variazione è data
comunicazione, se richiesta, al consiglio
dell’ordine.
3. La mancata osservanza delle disposizioni
previsti nel presente articolo costituisce
illecito disciplinare.
4. Le condizioni generali delle polizze
possono essere negoziate, per i propri
iscritti, da ordini territoriali, associazioni ed
enti previdenziali forensi.
5. Il presente articolo entra in vigore
contestualmente e secondo i contenuti delle
direttive comunitarie in corso di emanazione.
6. Sino al verificarsi della previsione di cui al
comma 5 l’avvocato rende noto, se richiesto,
se ha stipulato polizza assicurativa a
copertura della responsabilità civile derivante
dall’esercizio della professione indicandone
gli estremi.
Art. 12.
Art. 11.
(Assicurazione per la responsabilità civile)
1. L’avvocato, l’associazione o la società fra
professionisti devono stipulare, anche per il
tramite di convenzioni sottoscritte dal CNF,
da ordini territoriali, associazioni ed enti
previdenziali forensi, polizza assicurativa a
copertura della responsabilità civile derivante
dall’esercizio della professione, compresa
quella per la custodia di documenti, somme
di denaro, titoli e valori ricevuti in deposito
dai clienti. L’avvocato, se richiesto, rende
noti al cliente gli estremi della propria polizza
assicurativa.
2. Degli estremi della polizza assicurativa e
di ogni sua successiva variazione è data
comunicazione
al
consiglio
dell’ordine.
Art. 11.
(Assicurazione per la responsabilità civile).
1. L'avvocato, l'associazione o la società fra
professionisti devono stipulare, anche per il
tramite di convenzioni sottoscritte dal CNF,
da ordini territoriali, associazioni ed enti
previdenziali forensi, polizza assicurativa a
copertura della responsabilità civile derivante
dall'esercizio della professione, compresa
quella per la custodia di documenti, somme
di denaro, titoli e valori ricevuti in deposito
dai clienti. L'avvocato, se richiesto, rende
noti al cliente gli estremi della propria polizza
assicurativa.
2. Degli estremi della polizza assicurativa e
di ogni sua successiva variazione è data
comunicazione
al
consiglio
dell'ordine.
3. La mancata osservanza delle disposizioni
previste nel presente articolo costituisce
illecito
disciplinare.
4. Le condizioni della polizza sono stabilite
dal Ministro della giustizia, sentito il CNF.
3. La mancata osservanza delle disposizioni
previste nel presente articolo costituisce
illecito
disciplinare.
4. Le condizioni essenziali e i massimali
minimi della polizza sono stabiliti e aggiornati
ogni cinque anni dal Ministro della giustizia,
sentito il CNF.
5. Il presente articolo entra in vigore
contestualmente e secondo i contenuti delle
direttive comunitarie in corso di emanazione.
6. Fino al verificarsi della previsione di cui al
comma 5 l’avvocato rende noto, se richiesto,
se ha stipulato polizza assicurativa a
copertura della responsabilità civile derivante
dall’esercizio della professione, indicandone
gli estremi.
Art. 12.
Art. 12.
19
269
(Tariffe professionali)
(Tariffe professionali)
1. Il compenso professionale è determinato
tra cliente e avvocato in base alla natura, al
valore e alla complessità della controversia e
al raggiungimento degli obiettivi perseguiti,
nel
rispetto
del
principio
di
libera
determinazione di cui all’articolo 2233 del
codice civile, fermi peraltro i limiti di cui al
comma 5. I compensi sono determinati in
modo da consentire all’avvocato, oltre al
rimborso delle spese generali e particolari,
un guadagno adeguato alla sua funzione
sociale e al decoro della professione.
2. L’avvocato è tenuto a rendere nota la
complessità
dell’incarico
fornendo
le
informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili al
momento del conferimento. In caso di
mancata determinazione consensuale del
compenso si applicano le tariffe professionali
approvate ogni due anni con decreto del
Ministro della giustizia su proposta del CNF,
sentiti il Comitato interministeriale per la
programmazione economica (CIPE) e il
Consiglio di Stato.
1. Il compenso professionale è determinato
tra cliente e avvocato in base alla natura, al
valore e alla complessità della controversia e
al raggiungimento degli obiettivi perseguiti,
nel
rispetto
del
principio
di
libera
determinazione di cui all’articolo 2233 del
codice civile, fermi peraltro i limiti di cui al
comma 5.
3. Per ogni incarico professionale, l’avvocato
ha diritto ad un giusto compenso e al
rimborso delle spese documentate, ai sensi
dell’articolo 2233 del codice civile. L’avvocato
può prestare la sua attività gratuitamente
per giustificati motivi. Sono fatte salve le
norme per le difese d’ufficio e per il
patrocinio dei non abbienti.
4. Le tariffe indicano gli onorari minimi e
massimi nonché i diritti e le indennità e sono
articolate in relazione al tipo di prestazione e
al valore della pratica.
3. Per ogni incarico professionale, l’avvocato
ha diritto ad un giusto compenso e al
rimborso delle spese documentate, ai sensi
dell’articolo 2233 del codice civile. L’avvocato
può prestare la sua attività gratuitamente
per giustificati motivi. Sono fatte salve le
norme per le difese d’ufficio e per il
patrocinio dei non abbienti.
4. Le tariffe indicano gli onorari minimi e
massimi nonché i diritti e le indennità e sono
articolate in relazione al tipo di prestazione e
al valore della pratica.
2. L’avvocato è tenuto a rendere nota la
complessità
dell’incarico,
fornendo
le
informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili al
momento del conferimento. In caso di
mancata determinazione consensuale del
compenso, si applicano le tariffe professionali
approvate ogni due anni con decreto del
Ministro della giustizia su proposta del CNF,
sentiti il Comitato interministeriale per la
programmazione economica (CIPE) e il
Consiglio di Stato.
(Conferimenti dell'incarico e tariffe
professionali).
1. L'incarico professionale non può essere
conferito con l'apposizione di condizioni.
2. Il compenso professionale è determinato
tra cliente e avvocato con accordo pattuito
in funzione della natura, della complessità e
del valore della controversia determinato a
norma del codice di procedura civile, nel
rispetto del principio di libera determinazione
di cui all'articolo 2233 del codice civile. La
violazione della disposizione di cui al comma
6
comporta
la
nullità
dell'accordo.
3. L'avvocato è tenuto a rendere nota la
complessità
dell'incarico,
fornendo
le
informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili al
momento del conferimento. In caso di
mancata determinazione consensuale del
compenso o di nullità dell'accordo di cui ai
commi 2 e 7, si applicano le tariffe
professionali approvate ogni due anni con
decreto del Ministro della giustizia su
proposta del CNF, sentiti il Comitato
interministeriale per la programmazione
economica (CIPE) e il Consiglio di Stato.
4. Per ogni incarico professionale, l'avvocato
ha diritto ad un giusto compenso e al
rimborso delle spese documentate, ai sensi
dell'articolo 2233 del codice civile. L'avvocato
può prestare la sua attività gratuitamente
per giustificati motivi. Sono fatte salve le
norme per le difese d'ufficio e per il
patrocinio
dei
non
abbienti.
5. Le tariffe professionali, approvate secondo
quanto previsto dal comma 3, devono essere
semplici e di facile comprensione per il
cliente. Esse devono indicare solo gli onorari
minimi e massimi e le spese da rimborsare
20
270
5. Gli onorari minimi e massimi sono sempre
vincolanti, a pena di nullità, tranne che nelle
particolari ipotesi disciplinate dalle tariffe
5. Gli onorari minimi sono inderogabili e
vincolanti. A tale norma deve attenersi ogni
magistratura giudicante allorché procede alla
liquidazione di spese, onorari e competenze.
6. È consentito che venga concordato tra
avvocato e cliente un compenso ulteriore
rispetto a quello tariffario per il caso di
conciliazione della lite o di esito positivo della
controversia, fermi i limiti previsti dal codice
deontologico. Sono nulli gli accordi che
prevedano la cessione all’avvocato, in tutto o
in parte, del bene oggetto della controversia
o che attribuiscano all’avvocato una quota
del risultato della controversia. Deve essere
redatto per iscritto, a pena di nullità, ogni
accordo:
a) quando l’ammontare del compenso è
predeterminato tra le parti;
b) in deroga ai minimi ed ai massimi di
tariffa, quando consentiti dal comma 5;
c) con la previsione di un premio in caso di
esito positivo della controversia o per il caso
di conciliazione, come previsto nel comma 6.
7. Quando una controversia oggetto di
procedimento giudiziale o arbitrale viene
definita mediante accordi presi in qualsiasi
6. È consentito che venga concordato tra
avvocato e cliente un compenso ulteriore
rispetto a quello tariffario per il caso di
conciliazione della lite o di esito positivo della
controversia, fermi i limiti previsti dal codice
deontologico. Sono nulli gli accordi che
prevedono la cessione all’avvocato, in tutto o
in parte, del bene oggetto della controversia
o che attribuiscano all’avvocato una quota
del risultato della controversia. Deve essere
redatto per iscritto, a pena di nullità,
l’accordo che:
a)
predetermini
l’ammontare
del
compenso;
b)
deroghi
ai
massimi
di
tariffa;
c) preveda un premio in caso di esito
positivo della controversia o per il caso di
conciliazione.
7. Quando una controversia oggetto di
procedimento giudiziale o arbitrale viene
definita mediante accordi presi in qualsiasi
per l'attività effettivamente svolta. La misura
degli onorari e dei rimborsi deve essere
articolata in relazione al tipo di prestazione e
al
valore
della
pratica.
6. Tranne che nelle particolari ipotesi
disciplinate dalle tariffe, gli onorari minimi
previsti dagli scaglioni tariffari di riferimento
commisurati
al
valore
di
ciascuna
controversia sono inderogabili e vincolanti
indipendentemente dalla natura occasionale
o continuativa della prestazione. Se le parti
convengono una clausola di contenuto
contrario, questa è nulla e sono dovuti gli
onorari minimi. A tale norma deve attenersi
ogni
magistratura
giudicante
allorché
procede alla liquidazione di spese, onorari e
competenze.
7. È consentito che venga concordato tra
avvocato e cliente un compenso ulteriore
rispetto a quello tariffario per il caso di
conciliazione della lite o di esito positivo della
controversia, fermi i limiti previsti dal codice
deontologico. Sono nulli gli accordi che
prevedano la cessione all'avvocato, in tutto o
in parte, del bene oggetto della controversia
o che attribuiscano all'avvocato una quota
del risultato della controversia. Deve essere
redatto per iscritto, a pena di nullità, ogni
accordo:
a) quando l'ammontare del compenso è
predeterminato tra le parti;
b) che preveda un premio in caso di esito
positivo della controversia o in caso di
conciliazione della lite.
8. Quando una controversia oggetto di
procedimento giudiziale o arbitrale viene
definita mediante accordi presi in qualsiasi
21
271
forma, le parti, salvo diversi accordi, sono
solidalmente tenute al pagamento dei
compensi e dei rimborsi delle spese a tutti gli
avvocati costituiti che hanno prestato la loro
attività professionale negli ultimi tre anni.
forma, le parti sono solidalmente tenute al
pagamento dei compensi e dei rimborsi delle
spese a tutti gli avvocati costituiti che hanno
prestato la loro attività professionale negli
ultimi tre anni e che risultino ancora
creditori.
8. In mancanza di accordo tra avvocato e
cliente, ciascuno di essi può rivolgersi al
Consiglio del’Ordine affinché esperisca il
tentativo di conciliazione e, se esso non è
raggiunto, per determinare i compensi,
secondo le voci ed i criteri della tariffa, ai
sensi dell’art. 27, comma 1, lettera l).
9. Sono abrogate le disposizioni di cui all’art.
2 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 così
come modificate dalla legge
4
agosto
2006, n. 248.
8. In mancanza di accordo tra avvocato e
cliente, ciascuno di essi può rivolgersi al
consiglio dell’ordine affinché esperisca il
tentativo di conciliazione e, se esso non è
raggiunto, per determinare i compensi,
secondo le voci ed i criteri della tariffa, ai
sensi dell’articolo 28, comma 1, lettera l).
Art. 13.
(Sostituzioni e collaborazioni)
1. Salvo quanto stabilito per le difese
d’ufficio ed il patrocinio dei meno abbienti,
l’avvocato ha piena libertà di accettare o
meno ogni incarico; il mandato professionale
si perfeziona con l’accettazione. L’avvocato
ha inoltre sempre la facoltà di recedere dal
mandato, con le cautele necessarie per
evitare pregiudizi al cliente.
Art. 13.
(Sostituzioni e collaborazioni)
1. Salvo quanto stabilito per le difese
d’ufficio ed il patrocinio dei meno abbienti,
l’avvocato ha piena libertà di accettare o
meno ogni incarico. Il mandato professionale
si perfeziona con l’accettazione. L’avvocato
ha inoltre sempre la facoltà di recedere dal
mandato, con le cautele necessarie per
evitare pregiudizi al cliente.
2. L’incarico per lo svolgimento di attività
professionale è personale anche nell’ipotesi
in cui sia conferito all’avvocato componente
di un’associazione o società professionale;
con l’accettazione dell’incarico l’avvocato ne
assume la responsabilità personale illimitata,
solidalmente con l’associazione o la società.
2. L’incarico per lo svolgimento di attività
professionale è personale anche nell’ipotesi
in cui sia conferito all’avvocato componente
di un’associazione o società professionale.
Con l’accettazione dell’incarico l’avvocato ne
assume la responsabilità personale illimitata,
solidalmente con l’associazione o la società.
forma, le parti sono solidalmente tenute al
pagamento dei compensi e dei rimborsi delle
spese a tutti gli avvocati costituiti che hanno
prestato la loro attività professionale negli
ultimi tre anni e che risultino ancora
creditori, salvo espressa rinuncia al beneficio
della
solidarietà.
9. In mancanza di accordo tra avvocato e
cliente, ciascuno di essi può rivolgersi al
consiglio dell'ordine affinché esperisca il
tentativo di conciliazione e, se esso non è
raggiunto, per determinare i compensi,
secondo le voci ed i criteri della tariffa, ai
sensi dell'articolo 28, comma 1, lettera l).
10. Le eccezioni di nullità di cui ai commi 2 e
7 non possono essere sollevate decorsi
cinque anni dalla conclusione dell'incarico o
del rapporto professionale in caso di pluralità
di incarichi.
Art. 13.
(Mandato professionale. Sostituzioni e
collaborazioni).
1. Salvo quanto stabilito per le difese
d'ufficio ed il patrocinio dei meno abbienti,
l'avvocato ha piena libertà di accettare
o
meno
ogni
incarico.
Il
mandato
professionale
si
perfeziona
con
l'accettazione. L'avvocato ha inoltre sempre
la facoltà di recedere dal mandato, con le
cautele necessarie per evitare pregiudizi al
cliente.
2. L'incarico per lo svolgimento di attività
professionale è personale anche nell'ipotesi
in cui sia conferito all'avvocato componente
di un'associazione o società professionale.
Con l'accettazione dell'incarico l'avvocato ne
assume la responsabilità personale illimitata,
solidalmente con l'associazione o la società.
22
272
Gli avvocati possono farsi sostituire in
giudizio da altro avvocato con delega scritta.
3. L’avvocato che si fa sostituire o
coadiuvare da altri avvocati o praticanti
rimane personalmente responsabile verso i
clienti.
Gli avvocati possono farsi sostituire da altro
avvocato, con incarico anche verbale, o da
un praticante abilitato, con delega scritta.
3. L’avvocato che si fa sostituire o
coadiuvare da altri avvocati o praticanti
rimane personalmente responsabile verso i
clienti.
4. La collaborazione tra avvocati, anche se
continuativa, non dà mai luogo a rapporto di
lavoro subordinato.
Gli avvocati possono farsi sostituire da altro
avvocato, con incarico anche verbale, o da
un praticante abilitato, con delega scritta.
3. L'avvocato che si fa sostituire o
coadiuvare da altri avvocati o praticanti
rimane personalmente responsabile verso i
clienti.
4. La collaborazione tra avvocati, anche se
continuativa, non dà mai luogo a rapporto di
lavoro
subordinato.
5. L’avvocato può nominare stabilmente uno
o più sostituti presso ogni ufficio giudiziario,
depositando la nomina presso l’ordine di
appartenenza.
5. L'avvocato può nominare stabilmente uno
o più sostituti presso ogni ufficio giudiziario,
depositando la nomina presso l'ordine di
appartenenza.
TITOLO II
ALBI, ELENCHI E REGISTRI
TITOLO II
ALBI, ELENCHI E REGISTRI
TITOLO II
ALBI, ELENCHI E REGISTRI
Art. 14.
(Albi, elenchi e registri)
1. Presso ciascun consiglio dell’ordine sono
istituiti e tenuti aggiornati:
a) l’albo ordinario degli esercenti la libera
professione; per coloro che esercitano la
professione in forma collettiva sono indicate
le associazioni o le società di appartenenza;
b) gli elenchi speciali degli avvocati
dipendenti da enti pubblici;
c) gli elenchi degli avvocati specialisti;
d) l’elenco speciale dei docenti e ricercatori
universitari a tempo pieno;
e)
l’elenco
degli
avvocati
sospesi
Art. 14.
(Albi, elenchi e registri)
1. Presso ciascun consiglio dell’ordine sono
istituiti e tenuti aggiornati:
a) l’albo ordinario degli esercenti la libera
professione. Per coloro che esercitano la
professione in forma collettiva sono indicate
le associazioni o le società di appartenenza;
b) gli elenchi speciali degli avvocati
dipendenti
da
enti
pubblici;
c) gli elenchi degli avvocati specialisti;
d) l’elenco speciale dei docenti e ricercatori
universitari
a
tempo
pieno;
e)
l’elenco
degli
avvocati
sospesi
Art. 14.
(Albi, elenchi e registri).
1. Presso ciascun consiglio dell'ordine sono
istituiti e tenuti aggiornati:
a) l'albo ordinario degli esercenti la libera
professione. Per coloro che esercitano la
professione in forma collettiva sono indicate
le associazioni o le società di appartenenza;
b) gli elenchi speciali degli avvocati
dipendenti da enti pubblici;
c) gli elenchi degli avvocati specialisti;
d) l'elenco speciale dei docenti e ricercatori
universitari a tempo pieno;
e)
l'elenco
degli
avvocati
sospesi
4.
L’avvocato
che
si
avvale
della
collaborazione continuativa di altri avvocati
deve corrispondere loro adeguato compenso
per l’attività svolta, commisurato all’effettivo
apporto
dato
nella
esecuzione
delle
prestazioni. Tale collaborazione, anche se
continuativa e con retribuzione periodica,
non dà mai luogo a rapporto di lavoro
subordinato.
5. L’avvocato può nominare stabilmente uno
o più sostituti presso ogni ufficio giudiziario,
depositando la nomina presso l’ordine di
appartenenza.
23
273
dall’esercizio professionale per qualsiasi
causa, cha va indicata, ed inoltre degli
avvocati
cancellati
per
mancanza
dell’esercizio continuativo della professione;
dall’esercizio professionale per qualsiasi
causa, che deve essere indicata, ed inoltre
degli avvocati cancellati per mancanza
dell’esercizio continuativo della professione;
f) il registro dei praticanti;
g) l’elenco dei praticanti abilitati al patrocinio
sostitutivo, allegato al registro;
h) il registro degli avvocati stabiliti, che
abbiano il domicilio professionale nel
circondario;
f)
il
registro
dei
praticanti;
g) l’elenco dei praticanti abilitati al patrocinio
sostitutivo, allegato al registro di cui alla
lettera f);
h) il registro degli avvocati stabiliti, che
abbiano il domicilio professionale nel
circondario;
i) l’elenco delle associazioni e delle società
comprendenti avvocati tra i soci, con
l’indicazione di tutti i partecipanti, anche se
non avvocati;
l) l’elenco degli avvocati domiciliati nel
circon-dario
ai
sensi
del
comma
2
dell’articolo 6;
m) ogni altro albo, registro, o elenco previsto
dalla legge o da regolamento.
i) l’elenco delle associazioni e delle società
comprendenti avvocati tra i soci, con
l’indicazione di tutti i partecipanti, anche se
non
avvocati;
l) l’elenco degli avvocati domiciliati nel
circondario ai sensi del comma 2 dell’articolo
6;
m) ogni altro albo, registro o elenco previsto
dalla legge o da regolamento.
2. La tenuta e l’aggiornamento dell’albo,
degli elenchi e dei registri, le modalità di
iscrizione e di trasferimento, i casi di
cancellazione e le relative impugnazioni dei
provvedimenti resi in materia dai consigli
dell’ordine
sono
disciplinati
con
un
regolamento emanato dal CNF.
2. La tenuta e l’aggiornamento dell’albo,
degli elenchi e dei registri, le modalità di
iscrizione e di trasferimento, i casi di
cancellazione e le relative impugnazioni dei
provvedimenti resi in materia dai consigli
dell’ordine
sono
disciplinati
con
un
regolamento emanato dal CNF.
3. L’albo, gli elenchi ed i registri sono a
disposizione del pubblico e sono pubblicati
nel sito internet dell’ordine. Almeno ogni due
3. L’albo, gli elenchi ed i registri sono a
disposizione del pubblico e sono pubblicati
nel sito internet dell’ordine. Almeno ogni due
dall'esercizio professionale per qualsiasi
causa, che deve essere indicata, ed inoltre
degli avvocati cancellati per mancanza
dell'esercizio effettivo, continuativo, abituale
e prevalente della professione;
f) l'elenco degli avvocati che hanno subìto
provvedimento
disciplinare
non
più
impugnabile, comportante la radiazione;
g) il registro dei praticanti;
h) l'elenco dei praticanti abilitati al patrocinio
sostitutivo, allegato al registro di cui alla
lettera g);
i) la sezione speciale dell'albo degli avvocati
stabiliti, di cui all'articolo 6 del decreto
legislativo 2 febbraio 2001, n. 96, che
abbiano
la
residenza
o
il
domicilio
professionale nel circondario;
l) l'elenco delle associazioni e delle società
comprendenti avvocati tra i soci, con
l'indicazione di tutti i partecipanti, anche se
non avvocati;
m) l'elenco degli avvocati domiciliati nel
circondario ai sensi del comma 3 dell'articolo
6;
n) ogni altro albo, registro o elenco previsto
dalla legge o da regolamento.
2. La tenuta e l'aggiornamento dell'albo,
degli elenchi e dei registri, le modalità di
iscrizione e di trasferimento, i casi di
cancellazione e le relative impugnazioni dei
provvedimenti adottati in materia dai consigli
dell'ordine
sono
disciplinati
con
un
regolamento emanato dal Ministro della
giustizia, sentito il CNF.
3. L'albo, gli elenchi ed i registri sono a
disposizione del pubblico e sono pubblicati
nel sito internet dell'ordine. Almeno ogni due
anni, essi sono pubblicati a stampa ed una
24
274
anni, essi sono pubblicati a stampa ed una
copia è inviata al Ministro della giustizia, ai
presidenti di tutte le Corti d’appello, ai
presidenti dei Tribunali del distretto, al CNF,
agli altri consigli degli ordini forensi del
distretto, alla Cassa nazionale di assistenza e
previdenza forense.
anni, essi sono pubblicati a stampa ed una
copia è inviata al Ministro della giustizia, ai
presidenti di tutte le corti d’appello, ai
presidenti dei tribunali del distretto, al CNF,
agli altri consigli degli ordini forensi del
distretto, alla Cassa nazionale di assistenza e
previdenza forense.
4. Entro il mese di marzo di ogni anno il
consiglio dell’ordine trasmette per via
telematica al CNF gli albi e gli elenchi di cui è
custode, aggiornati al 31 dicembre dell’anno
precedente.
5. Entro il mese di giugno di ogni anno il CNF
redige, sulla base dei dati ricevuti dai consigli
dell’ordine, l’elenco nazionale degli avvocati,
aggiornato
al
31
dicembre
dell’anno
precedente.
6. Le modalità di trasmissione degli albi e
degli elenchi, nonché le modalità di
redazione
e
pubblicazione
dell’elenco
nazionale degli avvocati sono determinati
con regolamento adottato dal CNF.
4. Entro il mese di marzo di ogni anno il
consiglio dell’ordine trasmette per via
telematica al CNF gli albi e gli elenchi di cui è
custode, aggiornati al 31 dicembre dell’anno
precedente.
5. Entro il mese di giugno di ogni anno il CNF
redige, sulla base dei dati ricevuti dai consigli
dell’ordine, l’elenco nazionale degli avvocati,
aggiornato
al
31
dicembre
dell’anno
precedente.
6. Le modalità di trasmissione degli albi e
degli elenchi, nonché le modalità di
redazione
e
pubblicazione
dell’elenco
nazionale degli avvocati sono determinati
con regolamento adottato dal CNF.
Art. 15.
(Modifiche all’articolo 29 delle norme di
attuazione, di coordinamento e transitorie
del codice di procedura penale, in materia di
elenchi e tabelle dei difensori d’ufficio)
1. Il comma 1 dell’articolo 29 delle norme di
attuazione, di coordinamento e transitorie
del codice di procedura penale, di cui al
decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, di
seguito denominate «decreto legislativo
n. 271 del 1989» è sostituito dal seguente:
«1.
Il
Consiglio
dell’ordine
forense
predispone e aggiorna annualmente l’elenco
copia è inviata al Ministro della giustizia, ai
presidenti di tutte le corti di appello, ai
presidenti dei tribunali del distretto, ai
procuratori della Repubblica presso i tribunali
e ai procuratori generali della Repubblica
presso le corti di appello,
al CNF, agli altri consigli degli ordini forensi
del distretto, alla Cassa nazionale di
assistenza
e
previdenza
forense.
4. Entro il mese di marzo di ogni anno il
consiglio dell'ordine trasmette per via
telematica al CNF gli albi e gli elenchi di cui è
custode, aggiornati al 31 dicembre dell'anno
precedente.
5. Entro il mese di giugno di ogni anno il CNF
redige, sulla base dei dati ricevuti dai consigli
dell'ordine, l'elenco nazionale degli avvocati,
aggiornato
al
31
dicembre
dell'anno
precedente.
6. Le modalità di trasmissione degli albi e
degli elenchi, nonché le modalità di
redazione
e
pubblicazione
dell'elenco
nazionale degli avvocati sono determinate
dal CNF.
Art. 15.
(Modifiche all'articolo 29 delle norme di
attuazione, di coordinamento e transitorie
del codice di procedura penale, in materia di
elenchi e tabelle dei difensori d'ufficio).
1. Il comma 1 dell'articolo 29 delle norme di
attuazione, di coordinamento e transitorie
del codice di procedura penale, di cui al
decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, di
seguito denominate «decreto legislativo n.
271 del 1989», è sostituito dal seguente:
«1.
Il
Consiglio
dell'ordine
forense
predispone e aggiorna annualmente l'elenco
alfabetico
degli
iscritti
disponibili
ad
25
275
alfabetico degli iscritti idonei disponibili ad
assumere le difese d’ufficio di cui all’articolo
97 del codice in modo tale che il numero
degli iscritti garantisca le esigenze degli uffici
giudiziari».
2. Il comma 1-bis dell’articolo 29 del decreto
legislativo n. 271 del 1989 è sostituito dal
seguente:
«1-bis. Per l’iscrizione nell’elenco dei
difensori di ufficio di cui al comma 1 è
necessario essere iscritti nell’elenco degli
avvocati specialisti in diritto penale e non
aver riportato sanzioni disciplinari superiori
all’avvertimento nei cinque anni precedenti la
richiesta di iscrizione. L’irrogazione di una
sanzione disciplinare comporta l’esclusione
dall’elenco
dei
difensori
di
ufficio».
3. Le disposizioni di cui al comma 2 si
applicano a decorrere dal quarto anno
successivo all’entrata in vigore della presente
legge.
assumere le difese d'ufficio di cui all'articolo
97 del codice in modo tale che il numero
degli iscritti garantisca le esigenze degli uffici
giudiziari».
2. Il comma 1-bis dell'articolo 29 del decreto
legislativo n. 271 del 1989 è sostituito dal
seguente:
«1-bis. Per l'iscrizione nell'elenco dei
difensori di ufficio di cui al comma 1 è
necessario essere iscritti nell'elenco degli
avvocati specialisti in diritto penale e non
aver riportato sanzioni disciplinari superiori
all'avvertimento nei cinque anni precedenti
la richiesta di iscrizione. L'irrogazione di una
sanzione disciplinare comporta l'esclusione
dall'elenco dei difensori di ufficio».
3. Le disposizioni di cui al comma 2 si
applicano a decorrere dal quarto anno
successivo all'entrata in vigore della presente
legge.
Art. 15.
(Iscrizione e cancellazione)
1. Costituiscono requisiti per l’iscrizione
all’albo:
Art. 16.
(Iscrizione e cancellazione)
1. Costituiscono requisiti per l’iscrizione
all’albo:
a) avere superato l’esame di abilitazione non
oltre i cinque anni antecedenti la data di
presentazione della domanda di iscrizione;
b) avere il domicilio professionale nel
circondario del tribunale ove ha sede il
consiglio dell’ordine;
a) avere superato l’esame di abilitazione;
b) avere il domicilio professionale nel
circondario del tribunale ove ha sede il
consiglio dell’ordine;
c) godere del pieno esercizio dei diritti civili;
d) non trovarsi in una delle condizioni di
Art. 16.
(Iscrizione e cancellazione).
1. Costituiscono requisiti per l'iscrizione
all'albo:
a) essere cittadino italiano o di Stato
appartenente all'Unione europea, salvo
quanto previsto dal comma 2 per gli stranieri
cittadini di uno Stato non appartenente
all'Unione europea;
b) avere superato l'esame di abilitazione;
c) avere il domicilio professionale nel
circondario del tribunale ove ha sede il
consiglio dell'ordine;
d) godere del pieno esercizio dei diritti civili;
e) non trovarsi in una delle condizioni di
26
276
c) godere del pieno esercizio dei diritti civili e
non essere stato dichiarato fallito, salvo aver
ottenuto la esdebitazione;
d) non trovarsi in una delle condizioni di
incompatibilità di cui all’articolo 16;
e) non essere sottoposto ad esecuzione di
pene detentive, di misure cautelari o
interdittive;
f) essere di condotta irreprensibile; il relativo
accertamento è compiuto dal consiglio
dell’ordine,
osservate
le
norme
dei
procedimenti
disciplinari,
in
quanto
applicabili.
incompatibilità
di
cui
all’articolo
17;
e) non essere sottoposto ad esecuzione di
pene detentive, di misure cautelari o
interdittive;
f) essere di condotta irreprensibile secondo i
canoni previsti dal codice deontologico
forense.
2. Il relativo accertamento è compiuto dal
consiglio dell’ordine, osservate le norme dei
procedimenti
disciplinari,
in
quanto
incompatibilità di cui all'articolo 17;
f) non essere sottoposto ad esecuzione di
pene detentive, di misure cautelari o
interdittive;
g) essere di condotta irreprensibile secondo i
canoni previsti dal codice deontologico
forense.
2. L'iscrizione all'albo per gli stranieri privi
della cittadinanza italiana o della cittadinanza
di altro Stato appartenente all'Unione
europea è consentita esclusivamente nelle
seguenti ipotesi:
a) allo straniero che ha conseguito il diploma
di
laurea
in
giurisprudenza
presso
un'università italiana e ha superato l'esame
di Stato, o che ha conseguito il
titolo di avvocato in uno Stato membro
dell'Unione europea ai sensi della direttiva
98/5/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 16 febbraio 1998, previa
documentazione al consiglio dell'ordine degli
specifici visti di ingresso e permessi di
soggiorno
di
cui
all'articolo
47
del
regolamento di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394;
b) allo straniero regolarmente soggiornante
in possesso di un titolo abilitante conseguito
in uno Stato non appartenente all'Unione
europea, nei limiti delle quote definite a
norma dell'articolo 3, comma 4, del testo
unico di cui al decreto legislativo 25 luglio
1998, n. 286, previa documentazione del
riconoscimento del titolo abilitativo rilasciato
dal Ministero della giustizia e del certificato
del CNF di attestazione di superamento della
prova attitudinale.
3. L'accertamento dei requisiti è compiuto
dal consiglio dell'ordine, osservate le norme
dei procedimenti disciplinari, in quanto
27
277
applicabili.
2. Per l’iscrizione nel registro dei praticanti
occorre il possesso dei requisiti di cui alle
lettere b), c), d), e) e f).
3. È consentita l’iscrizione ad un solo albo
circondariale.
3. Per l’iscrizione nel registro dei praticanti
occorre il possesso dei requisiti di cui alle
lettere b), c), d), e) ed f) del comma 1.
4. È consentita l’iscrizione ad un solo albo
circondariale.
4. La domanda di iscrizione è rivolta al
consiglio dell’ordine del circondario nel quale
il richiedente intende stabilire il proprio
domicilio professionale e deve essere
corredata dai documenti comprovanti il
possesso di tutti i requisiti richiesti.
5. Il consiglio, accertata la sussistenza dei
requisiti
e
delle
condizioni
prescritti,
provvede alla iscrizione entro il termine di tre
mesi dalla presentazione della domanda. Il
rigetto della domanda può essere deliberato
solo dopo aver sentito il richiedente nei modi
e termini di cui al comma 9. La deliberazione
è motivata ed è notificata in copia integrale
entro quindici giorni all’interessato e al
procuratore della Repubblica, al quale sono
trasmessi altresì i documenti giustificativi.
Nei dieci giorni successivi il procuratore della
Repubblica riferisce con parere motivato al
procuratore generale presso la Corte
d’appello.
Quest’ultimo
e
l’interessato
possono presentare entro venti giorni dalla
notificazione, ricorso al CNF. Il ricorso del
pubblico ministero ha effetto sospensivo.
5. La domanda di iscrizione è rivolta al
consiglio dell’ordine del circondario nel quale
il richiedente intende stabilire il proprio
domicilio professionale e deve essere
corredata dai documenti comprovanti il
possesso di tutti i requisiti richiesti.
6. Il consiglio, accertata la sussistenza dei
requisiti
e
delle
condizioni
prescritti,
provvede alla iscrizione entro il termine di tre
mesi dalla presentazione della domanda. Il
rigetto della domanda può essere deliberato
solo dopo aver sentito il richiedente nei modi
e nei termini di cui al comma 11. La
deliberazione deve essere motivata ed è
notificata in copia integrale entro quindici
giorni all’interessato. Costui può presentare
entro venti giorni dalla notificazione ricorso
al CNF. Qualora il consiglio non abbia
provveduto sulla domanda nel termine di tre
mesi di cui al primo periodo, l’interessato
può entro dieci giorni dalla scadenza di tale
termine presentare ricorso al CNF, che
decide
sul
merito
dell’iscrizione.
Il
provvedimento del CNF è immediatamente
applicabili.
4. L'iscrizione nella sezione speciale dell'albo
ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo
2 febbraio 2001, n. 96, può essere
subordinata dal consiglio dell'ordine alla
presentazione di apposita documentazione
comprovante l'esercizio della professione nel
Paese di origine per un congruo periodo di
tempo.
5. Per l'iscrizione nel registro dei praticanti
occorre il possesso dei requisiti di cui alle
lettere a), c), d), e), f) e g) del comma 1.
6. È consentita l'iscrizione ad un solo albo
circondariale
salva
la
possibilità
di
trasferimento.
7. La domanda di iscrizione è rivolta al
consiglio dell'ordine del circondario nel quale
il richiedente intende stabilire il proprio
domicilio professionale e deve essere
corredata dai documenti comprovanti il
possesso di tutti i requisiti richiesti.
8. Il consiglio, accertata la sussistenza dei
requisiti
e
delle
condizioni
prescritti,
provvede alla iscrizione entro il termine di
tre mesi dalla presentazione della domanda.
Il rigetto della domanda può essere
deliberato solo dopo aver sentito il
richiedente nei modi e nei termini di cui al
comma 13. La deliberazione deve essere
motivata ed è notificata in copia integrale
entro quindici giorni all'interessato. Costui
può presentare entro venti giorni dalla
notificazione ricorso al CNF. Qualora il
consiglio
non
abbia
provveduto
sulla
domanda nel termine di tre mesi di cui al
primo periodo, l'interessato può entro dieci
giorni dalla scadenza di tale termine
presentare ricorso al CNF, che decide sul
merito dell'iscrizione. Il provvedimento del
28
278
Qualora il consiglio non abbia provveduto
sulla domanda nel termine di tre mesi
stabilito nel presente comma l’interessato
può entro dieci giorni dalla scadenza di tale
termine presentare ricorso al CNF, il quale
decide sul merito dell’iscrizione. La sentenza
del CNF è immediatamente esecutiva.
6. Gli iscritti in albi, elenchi e registri devono
comunicare al consiglio dell’ordine ogni
variazione dei dati di iscrizione con la
massima sollecitudine.
7. La cancellazione dagli albi, elenchi e
registri è pronunciata dal consiglio dell’ordine
a richiesta dell’iscritto, quando questi rinunci
all’iscrizione, ovvero d’ufficio o su richiesta
del pubblico ministero:
a) quando viene meno uno dei requisiti
indicati nel presente articolo;
b) quando l’iscritto non abbia prestato
l’impegno solenne di cui all’articolo 7 senza
giustificato motivo entro 60 giorni dalla
notificazione del provvedimento di iscrizione;
c) quando viene accertata la mancanza del
requisito dell’esercizio continuativo della
professione ai sensi dell’articolo 19;
d) per gli avvocati dipendenti di enti pubblici,
di cui all’articolo 22, quando sia cessata
l’appartenenza all’ufficio legale dell’Ente,
salva la possibilità di iscrizione all’albo
ordinario, sulla base di apposita richiesta.
esecutivo.
CNF
è
immediatamente
esecutivo.
7. Gli iscritti in albi, elenchi e registri devono
comunicare al consiglio dell’ordine ogni
variazione dei dati di iscrizione con la
massima sollecitudine.
8. La cancellazione dagli albi, elenchi e
registri è pronunciata dal consiglio dell’ordine
a richiesta dell’iscritto, quando questi rinunci
all’iscrizione, ovvero d’ufficio o su richiesta
del procuratore generale:
a) quando viene meno uno dei requisiti
indicati nel presente articolo;
b) quando l’iscritto non abbia prestato
l’impegno solenne di cui all’articolo 7 senza
giustificato motivo entro sessanta giorni dalla
notificazione del provvedimento di iscrizione;
c) quando viene accertata la mancanza del
requisito dell’esercizio continuativo della
professione
ai
sensi
dell’articolo
20;
d) per gli avvocati dipendenti di enti pubblici,
di cui all’articolo 22, quando sia cessata
l’appartenenza all’ufficio legale dell’ente,
salva la possibilità di iscrizione all’albo
ordinario, sulla base di apposita richiesta.
8. La cancellazione dal registro dei praticanti
e dall’elenco allegato dei praticanti abilitati al
patrocinio sostitutivo è deliberata, osservata
la procedura prevista nei commi 10, 11 e 12,
nei casi seguenti:
a) se il tirocinio è stato interrotto senza
giustificato motivo per oltre sei mesi; è in
ogni caso giustificata l’interruzione per
9. La cancellazione dal registro dei praticanti
e dall’elenco allegato dei praticanti abilitati al
patrocinio sostitutivo è deliberata, osservata
la procedura prevista nei commi 11, 12 e 13,
nei casi seguenti:
a) se il tirocinio è stato interrotto senza
giustificato motivo per oltre un anno.
L’interruzione è in ogni caso giustificata
9. Gli iscritti ad albi, elenchi e registri devono
comunicare al consiglio dell'ordine ogni
variazione dei dati di iscrizione con la
massima
sollecitudine.
10. La cancellazione dagli albi, elenchi e
registri è pronunciata dal consiglio dell'ordine
a richiesta dell'iscritto, quando questi rinunci
all'iscrizione, ovvero d'ufficio o su richiesta
del procuratore generale:
a) quando viene meno uno dei requisiti
indicati nel presente articolo;
b) quando l'iscritto non abbia prestato
l'impegno solenne di cui all'articolo 7 senza
giustificato motivo entro sessanta giorni dalla
notificazione del provvedimento di iscrizione;
c) quando viene accertata la mancanza del
requisito dell'esercizio effettivo, continuativo,
abituale e prevalente della professione ai
sensi dell'articolo 20;
d) per gli avvocati dipendenti di enti pubblici,
di cui all'articolo 22, quando sia cessata
l'appartenenza all'ufficio legale dell'ente,
salva la possibilità di iscrizione all'albo
ordinario, sulla base di apposita richiesta.
11. La cancellazione dal registro dei
praticanti e dall'elenco allegato dei praticanti
abilitati al patrocinio sostitutivo è deliberata,
osservata la procedura prevista nei commi
13, 14 e 15, nei casi seguenti:
a) se il tirocinio è stato interrotto senza
giustificato motivo per oltre un anno.
L'interruzione è in ogni caso giustificata per
29
279
maternità;
b) al compimento del cinquantesimo anno di
età; gli effetti del provvedimento sono
sospesi se il praticante stia sostenendo o stia
per sostenere l’esame di abilitazione, già
indetto, e fino alla conclusione di questo;
c) dopo il rilascio del certificato di compiuta
pratica, che non può essere richiesto
trascorsi sei anni dall’inizio, per la prima
volta, della pratica; l’iscrizione può tuttavia
permanere per tutto il tempo per cui è stata
chiesta o poteva essere chiesta l’abilitazione
al patrocinio sostitutivo, fermo restando il
limite di età stabilito nella lettera b);
d) nei casi previsti per la cancellazione
dall’albo di avvocato, in quanto compatibili.
9. Gli effetti della cancellazione si hanno:
a) con effetto costitutivo dalla data della
delibera per i casi di cui alle lettere a), c) e
d) del comma 8;
b) con effetto di accertamento, dall’avverarsi
di cui alla lettera b) del medesimo comma;
c) alla scadenza del termine per l’abilitazione
al patrocinio sostitutivo.
10. Nei casi in cui sia rilevata la mancanza di
uno dei requisiti necessari per l’iscrizione, il
Consiglio,
prima
di
deliberare
la
cancellazione, con lettera raccomandata con
avviso di ricevimento invita l’iscritto a
presentare eventuali osservazioni entro un
termine non inferiore a dieci giorni. L’iscritto
può
chiedere
di
essere
ascoltato
personalmente.
quando
ricorrono
le
condizioni
per
l’applicazione delle disposizioni in materia di
maternità e di adozione;
accertati motivi di salute e quando ricorrono
le
condizioni
per
l'applicazione
delle
disposizioni in materia di maternità e di
paternità oltre che di adozione;
b) dopo il rilascio del certificato di compiuta
pratica, che non può essere richiesto
trascorsi sei anni dall’inizio, per la prima
volta, della pratica. L’iscrizione può tuttavia
permanere per tutto il tempo per cui è stata
chiesta o poteva essere chiesta l’abilitazione
al patrocinio sostitutivo;
b) dopo il rilascio del certificato di compiuta
pratica, che non può essere richiesto
trascorsi sei anni dall'inizio, per la prima
volta, della pratica. L'iscrizione può tuttavia
permanere per tutto il tempo per cui è stata
chiesta o poteva essere chiesta l'abilitazione
al patrocinio sostitutivo;
c) nei casi previsti per la cancellazione
dall’albo di avvocato, in quanto compatibili.
10. Gli effetti della cancellazione di cui al
comma 9 si hanno:
a) con effetto costitutivo dalla data della
delibera per i casi di cui al comma 9;
b) alla scadenza del termine per l’abilitazione
al patrocinio sostitutivo.
c) nei casi previsti per la cancellazione
dall'albo ordinario, in quanto compatibili.
12. Gli effetti della cancellazione dal registro
si hanno:
a) dalla data della delibera, per i casi di cui al
comma 11;
b) automaticamente, alla scadenza del
termine per l'abilitazione al patrocinio
sostitutivo.
11. Nei casi in cui sia rilevata la mancanza di
uno dei requisiti necessari per l’iscrizione, il
consiglio,
prima
di
deliberare
la
cancellazione, con lettera raccomandata con
avviso di ricevimento invita l’iscritto a
presentare eventuali osservazioni entro un
termine non inferiore a dieci giorni. L’iscritto
può
chiedere
di
essere
ascoltato
personalmente.
11. Le deliberazioni del consiglio dell’ordine
in materia di cancellazione sono notificate,
entro quindici giorni, all’interessato e al
pubblico ministero presso la Corte d’appello
e il tribunale.
12. Le deliberazioni del consiglio dell’ordine
in materia di cancellazione sono notificate,
entro quindici giorni, all’interessato.
13. Nei casi in cui sia rilevata la mancanza di
uno dei requisiti necessari per l'iscrizione, il
consiglio,
prima
di
deliberare
la
cancellazione, con lettera raccomandata con
avviso di ricevimento invita l'iscritto a
presentare eventuali osservazioni entro un
termine non inferiore a trenta giorni dal
ricevimento di tale raccomandata. L’iscritto
può
chiedere
di
essere
ascoltato
personalmente.
14. Le deliberazioni del consiglio dell'ordine
in materia di cancellazione sono notificate,
entro
quindici
giorni,
all'interessato.
30
280
12. L’interessato e il pubblico ministero
possono presentare ricorso al CNF nel
termine di quindici giorni dalla notificazione.
Il ricorso proposto dall’interessato ha effetto
sospensivo.
13. L’avvocato cancellato dall’albo a termini
del presente articolo ha il diritto di esservi
nuovamente iscritto qualora dimostri, se ne è
il caso, la cessazione dei fatti che hanno
determinato la cancellazione e l’effettiva
sussistenza dei titoli in base ai quali fu
originariamente iscritto e sia in possesso dei
requisiti di cui alle lettere da a) a f) del
comma 1. Per le reiscrizioni sono applicabili
le disposizioni dei commi da 1 a 5.
14. Non si può pronunciare la cancellazione
quando sia in corso un procedimento
disciplinare,
fermo
quanto
previsto
dall’articolo 60.
15. L’avvocato riammesso nell’albo ai termini
del comma 13 è anche reiscritto nell’albo
speciale di cui all’articolo 20 se ne sia stato
cancellato in seguito alla cancellazione
dall’albo del tribunale al quale era assegnato.
16. Qualora il consiglio abbia rigettato la
domanda oppure abbia disposto per qualsiasi
motivo la cancellazione, l’interessato può
proporre ricorso al CNF ai sensi dell’articolo
57. Il ricorso contro la cancellazione ha
effetto sospensivo e il CNF può provvedere in
via sostitutiva.
17. Divenuta esecutiva la pronuncia, il
consiglio
dell’ordine
comunica
immediatamente al CNF e a tutti i consigli
degli ordini territoriali la cancellazione.
1.
La
Art. 16.
(Incompatibilità)
professione
di
avvocato
è
13. L’interessato può presentare ricorso al
CNF nel termine di quindici giorni dalla
notificazione.
Il
ricorso
proposto
dall’interessato
ha
effetto
sospensivo.
15. L'interessato può presentare ricorso al
CNF nel termine di trenta giorni dalla
notificazione.
Il
ricorso
proposto
dall'interessato ha effetto sospensivo.
14. L’avvocato cancellato dall’albo ai sensi
del presente articolo ha il diritto di esservi
nuovamente iscritto qualora dimostri la
cessazione dei fatti che hanno determinato la
cancellazione e l’effettiva sussistenza dei
titoli in base ai quali fu originariamente
iscritto e sia in possesso dei requisiti di cui
alle lettere da a) a e) del comma 1. Per le
reiscrizioni sono applicabili le disposizioni dei
commi da 1 a 6.
15. Non si può pronunciare la cancellazione
quando sia in corso un procedimento
disciplinare,
salvo
quanto
previsto
dall’articolo 60.
16. L’avvocato riammesso nell’albo ai termini
del comma 14 è anche reiscritto nell’albo
speciale di cui all’articolo 21 se ne sia stato
cancellato in seguito alla cancellazione
dall’albo del tribunale al quale era assegnato.
17. Qualora il consiglio abbia rigettato la
domanda oppure abbia disposto per qualsiasi
motivo la cancellazione, l’interessato può
proporre ricorso al CNF ai sensi dell’articolo
57. Il ricorso contro la cancellazione ha
effetto sospensivo e il CNF può provvedere in
via sostitutiva.
18. Divenuta esecutiva la pronuncia, il
consiglio
dell’ordine
comunica
immediatamente al CNF e a tutti i consigli
degli ordini territoriali la cancellazione.
16. L'avvocato cancellato dall'albo ai sensi
del presente articolo ha il diritto di esservi
nuovamente iscritto qualora dimostri la
cessazione dei fatti che hanno
determinato la cancellazione e l'effettiva
sussistenza dei titoli in base ai quali fu
originariamente iscritto e sia in possesso dei
requisiti di cui alle lettere da b) a f) del
comma 1. Per le reiscrizioni sono applicabili
le disposizioni dei commi da 1 a 8.
17. Non si può pronunciare la cancellazione
quando sia in corso un procedimento
disciplinare,
salvo
quanto
previsto
dall'articolo 59.
18. L'avvocato riammesso nell'albo ai termini
del comma 16 è anche reiscritto nell'albo
speciale di cui all'articolo 21 se ne sia stato
cancellato in seguito alla cancellazione
dall'albo ordinario.
19. Qualora il consiglio abbia rigettato la
domanda oppure abbia disposto per qualsiasi
motivo la cancellazione, l'interessato può
proporre ricorso al CNF ai sensi dell'articolo
56. Il ricorso contro la cancellazione ha
effetto sospensivo e il CNF può provvedere in
via sostitutiva.
20. Divenuta esecutiva la pronuncia, il
consiglio
dell'ordine
comunica
immediatamente al CNF e a tutti i consigli
degli ordini territoriali la cancellazione.
1.
La
Art. 17.
(Incompatibilità)
professione
di
avvocato
è
1.
La
Art. 17.
(Incompatibilità).
professione
di
avvocato
è
31
281
incompatibile:
a) con qualsiasi altra attività di lavoro
autonomo
svolta
continuativamente
o
professionalmente,
escluse
quelle
di
carattere scientifico, letterario, artistico e
culturale; è consentita l’iscrizione, nell’elenco
dei pubblicisti e nel registro dei revisori
contabili;
b) con l’esercizio di qualsiasi attività di
impresa svolta in nome proprio o in nome o
per conto altrui; è fatta salva la possibilità di
assumere incarichi di gestione e vigilanza
nelle procedure concorsuali o in altre
procedure relative a crisi di impresa;
c) con la qualità di socio illimitatamente
responsabile, o di amministratore di società
di persone, in qualunque forma costituite,
nonché con la qualità di amministratore
unico o consigliere delegato di società di
capitali, nonché con la qualità di presidente
di consiglio di amministrazione con poteri di
gestione; l’incompatibilità non sussiste se
l’oggetto della attività della società è limitato
esclusivamente all’amministrazione di beni,
personali o familiari, senza lo svolgimento di
attività di impresa;
d) con la qualità di imprenditore agricolo
professionale;
e) con la qualità di ministro di culto;
f) con qualsiasi attività di lavoro subordinato,
pubblico o privato, anche se con orario di
lavoro limitato.
2. Qualora l’esercizio di una attività
incompatibile, ancorché non rilevato dal
incompatibile:
a) con qualsiasi altra attività di lavoro
autonomo
svolta
continuativamente
o
professionalmente,
escluse
quelle
di
carattere scientifico, letterario, artistico e
culturale. È consentita l’iscrizione nell’albo
dei dottori commercialisti e degli esperti
contabili, nell’elenco dei pubblicisti e nel
registro dei revisori contabili;
b) con l’esercizio effettivo di qualsiasi attività
di impresa commerciale svolta in nome
proprio o in nome o per conto altrui. È fatta
salva la possibilità di assumere incarichi di
gestione
e
vigilanza
nelle
procedure
concorsuali o in altre procedure relative a
crisi di impresa;
c) con la qualità di socio illimitatamente
responsabile, o di amministratore di società
di persone, aventi quale finalità l’esercizio di
attività
di
impresa
commerciale,
in
qualunque forma costituite, nonché con la
qualità di amministratore unico o consigliere
delegato di società di capitali, anche in forma
cooperativa, nonché con la qualità di
presidente di consiglio di amministrazione
con effettivi poteri individuali di gestione.
L’incompatibilità non sussiste se l’oggetto
della attività della società è limitato
esclusivamente all’amministrazione di beni,
personali o familiari;
d)
con
la
qualità
di
ministro
di
culto;
e) con qualsiasi attività di lavoro subordinato
pubblico o privato anche se con orario di
lavoro limitato.
-
incompatibile:
a) con qualsiasi altra attività di lavoro
autonomo
svolta
continuativamente
o
professionalmente,
escluse
quelle
di
carattere scientifico, letterario, artistico e
culturale. È consentita l'iscrizione nell'albo
dei dottori commercialisti e degli esperti
contabili, nell'elenco dei pubblicisti e nel
registro dei revisori contabili;
b) con l'esercizio di qualsiasi attività di
impresa commerciale svolta in nome proprio
o in nome o per conto altrui. È fatta salva la
possibilità di assumere incarichi di gestione e
vigilanza nelle procedure concorsuali o in
altre procedure relative a crisi di impresa;
c) con la qualità di socio illimitatamente
responsabile o di amministratore di società di
persone, aventi quale finalità l'esercizio di
attività
di
impresa
commerciale,
in
qualunque forma costituite, nonché con la
qualità di amministratore unico o consigliere
delegato di società di capitali, anche in forma
cooperativa, nonché con la qualità di
presidente di consiglio di amministrazione
con
poteri
individuali
di
gestione.
L'incompatibilità non sussiste se l'oggetto
della attività della società è limitato
esclusivamente all'amministrazione di beni,
personali o familiari, nonché per gli enti e
consorzi pubblici e per le società a capitale
interamente pubblico;
d) con qualsiasi attività di lavoro subordinato
anche se con orario di lavoro limitato.
32
282
Consiglio dell’Ordine, abbia avuto carattere
di prevalenza rispetto all’esercizio della
professione di avvocato, la Cassa Nazionale
di Previdenza forense può dichiarare, senza
limiti temporali, l’inefficacia dell’iscrizione ai
fini previdenziali, secondo quanto previsto
nell’art. 2 della legge 22 luglio 1975 n. 319.
La prevalenza è definita dal Comitato dei
Delegati della Cassa nazionale di Previdenza
forense con la delibera che determina i
requisiti per l’esercizio continuativo della
professione. La prevalenza sussiste sempre
per il compimento di attività di lavoro
subordinato. La Cassa da notizia della
delibera di inefficacia al Consiglio dell’Ordine
di iscrizione dell’avvocato.
Art. 17.
(Eccezioni alle norme sull’incompatibilità)
1. In deroga a quanto stabilito nell’articolo
16, l’esercizio della professione di avvocato è
compatibile con l’insegnamento o la ricerca
in materie giuridiche nell’università e nelle
scuole secondarie pubbliche o private
parificate.
2. I docenti e i ricercatori universitari a
tempo pieno possono esercitare l’attività
professionale
nei
limiti
consentiti
dall’ordinamento universitario. Per questo
limitato esercizio professionale essi devono
essere iscritti nell’elenco speciale, annesso
all’albo ordinario.
3. È fatta salva l’iscrizione nell’elenco
speciale per gli avvocati che esercitano
attività legale per conto degli enti pubblici
con le limitate facoltà disciplinate dall’articolo
21.
Art. 18.
(Eccezioni alle norme sull’incompatibilità)
1. In deroga a quanto stabilito nell’articolo
17, l’esercizio della professione di avvocato è
compatibile con l’insegnamento o la ricerca
in materie giuridiche nell’università e nelle
scuole secondarie pubbliche o private
parificate.
2. I docenti e i ricercatori universitari a
tempo pieno possono esercitare l’attività
professionale
nei
limiti
consentiti
dall’ordinamento universitario. Per questo
limitato esercizio professionale essi devono
essere iscritti nell’elenco speciale, annesso
all’albo ordinario.
3. È fatta salva l’iscrizione nell’elenco
speciale per gli avvocati che esercitano
attività legale per conto degli enti pubblici
con
le
limitate
facoltà
disciplinate
dall’articolo 22.
Art. 18.
(Eccezioni alle norme sulla incompatibilità).
1. In deroga a quanto stabilito nell'articolo
17, l'esercizio della professione di avvocato è
compatibile con l'insegnamento o la ricerca
in materie giuridiche nell'università e nelle
scuole secondarie pubbliche o private
parificate.
2. I docenti e i ricercatori universitari a
tempo pieno possono esercitare l'attività
professionale
nei
limiti
consentiti
dall'ordinamento universitario. Per questo
limitato esercizio professionale essi devono
essere iscritti nell'elenco speciale, annesso
all'albo ordinario.
3. È fatta salva l'iscrizione nell'elenco
speciale per gli avvocati che esercitano
attività legale per conto degli enti pubblici
con le limitate facoltà disciplinate dall'articolo
22.
Art. 18.
Art. 19.
Art. 19.
33
283
(Sospensione dall’esercizio professionale)
1. È sospeso dall’esercizio professionale
durante il periodo della carica l’avvocato
nominato
presidente
della
Repubblica,
presidente della Camera dei deputati,
presidente del Senato, presidente del
Consiglio dei ministri, Ministro, Viceministro
o Sottosegretario di Stato, presidente di
giunta regionale e assessore regionale,
membro della Corte costituzionale, membro
del Consiglio superiore della magistratura,
commissario
straordinario
governativo,
componente di una autorità indipendente,
presidente
di
provincia
o
assessore
provinciale
di
provincia
con
più
di
trecentomila residenti, sindaco o assessore
comunale di comune con più di centomila
residenti.
2. L’avvocato iscritto all’albo può chiedere la
sospensione dall’esercizio professionale.
3. Della sospensione è fatta annotazione
dell’albo.
(Sospensione dall’esercizio professionale)
1. Sono sospesi dall’esercizio professionale
durante il periodo della carica: l’avvocato
eletto
presidente
della
Repubblica,
presidente del Senato della Repubblica,
presidente della Camera dei deputati;
l’avvocato nominato Presidente del Consiglio
dei
ministri,
Ministro,
Viceministro
o
Sottosegretario di Stato, presidente di giunta
regionale e presidente delle province
autonome di Trento e di Bolzano; l’avvocato
membro della Corte costituzionale o del
Consiglio superiore della magistratura;
l’avvocato eletto presidente di provincia con
più di un milione di abitanti e sindaco di
comune con più di 500.000 abitanti.
(Sospensione dall'esercizio professionale).
1. Sono sospesi dall'esercizio professionale
durante il periodo della carica: l'avvocato
eletto
Presidente
della
Repubblica,
Presidente del Senato della Repubblica,
Presidente della Camera dei deputati;
l'avvocato nominato Presidente del Consiglio
dei
ministri,
Ministro,
Viceministro
o
Sottosegretario di Stato; l'avvocato eletto
presidente di giunta regionale e presidente
delle province autonome di Trento e di
Bolzano; l'avvocato membro della Corte
costituzionale o del Consiglio superiore della
magistratura; l'avvocato eletto presidente di
provincia con più di un milione di abitanti e
sindaco di comune con più di 500.000
abitanti.
2. L’avvocato iscritto all’albo può chiedere la
sospensione dall’esercizio professionale per
giustificati
motivi,
pubblici
o
privati.
3. Della sospensione, prevista dai commi 1 e
2, è fatta annotazione nell’albo.
2. L'avvocato iscritto all'albo può chiedere la
sospensione dall'esercizio professionale per
giustificati
motivi,
pubblici
o
privati.
3. Della sospensione, prevista dai commi 1 e
2, è fatta annotazione nell'albo.
Art. 19.
(Esercizio effettivo e continuativo e revisione
degli albi, degli elenchi e dei registri)
Art. 20.
(Esercizio effettivo e continuativo e revisione
degli albi, degli elenchi e dei registri)
1. La permanenza dell’iscrizione all’albo è
subordinata all’esercizio della professione in
modo effettivo e continuativo, salve le
eccezioni previste per regolamento anche in
riferimento ai primi anni di esercizio
professionale. Le modalità di accertamento
dell’esercizio effettivo e continuativo e le
modalità per la reiscrizione sono disciplinate
con regolamento del CNF che preveda anche
eventuali criteri presuntivi, sentita la Cassa
1. La permanenza dell’iscrizione all’albo è
subordinata all’esercizio della professione in
modo effettivo e continuativo, salve le
eccezioni previste per regolamento anche in
riferimento ai primi anni di esercizio
professionale. Le modalità di accertamento
dell’esercizio effettivo e continuativo e le
modalità per la reiscrizione sono disciplinate
con regolamento emanato dal Ministro della
giustizia su proposta del CNF.
Art. 20.
(Esercizio professionale effettivo,
continuativo, abituale e prevalente e
revisione degli albi, degli elenchi e dei
registri).
1. La permanenza dell'iscrizione all'albo è
subordinata all'esercizio della professione in
modo effettivo, continuativo, abituale e
prevalente, salve le eccezioni previste anche
in riferimento ai primi anni di esercizio
professionale. Le modalità di accertamento
dell'esercizio effettivo, continuativo, abituale
e prevalente della professione, le eccezioni
consentite e le modalità per la reiscrizione
sono disciplinate con regolamento adottato ai
34
284
nazionale di assistenza e previdenza forense.
Può costituire criterio presuntivo il livello
minimo di reddito in vigore per la Cassa di
previdenza e assistenza per l’accertamento
dell’esercizio effettivo e continuativo della
professione.
2. Il consiglio dell’ordine, almeno ogni due
anni, compie le verifiche necessarie anche
mediante richiesta di informazione agli uffici
finanziari e all’ente previdenziale.
3. Con la stessa periodicità, il consiglio
dell’ordine esegue la revisione degli albi,
degli elenchi e dei registri, per verificare se
permangano i requisiti per la iscrizione, e
provvede di conseguenza. Della revisione e
dei suoi risultati è data notizia al CNF.
4. La mancanza della continuità ed effettività
dell’esercizio professionale comporta la
cancellazione dall’albo, con l’applicazione dei
criteri dell’articolo 15, comma 8.
5. Qualora il consiglio dell’ordine non
provveda
alla
revisione
periodica
dell’esercizio effettivo e continuativo o
compia la revisione con numerose e gravi
omissioni, il CNF nomina uno o più
commissari, scelti tra gli avvocati con più di
venti anni di anzianità anche iscritti presso
altri
ordini,
affinché
provvedano
in
sostituzione. Ai commissari spetta il rimborso
delle spese di viaggio e di soggiorno e una
indennità giornaliera determinata dal CNF.
Spese e indennità sono a carico del consiglio
dell’ordine inadempiente.
sensi dell'articolo 1 e con le modalità nello
stesso stabilite.
2. Il consiglio dell’ordine, almeno ogni due
anni, compie le verifiche necessarie anche
mediante richiesta di informazione all’ente
previdenziale.
3. Con la stessa periodicità, il consiglio
dell’ordine esegue la revisione degli albi,
degli elenchi e dei registri, per verificare se
permangano i requisiti per la iscrizione, e
provvede di conseguenza. Della revisione e
dei suoi risultati è data notizia al CNF.
4. La mancanza della continuità ed effettività
dell’esercizio professionale può comportare,
se non sussistono giustificati motivi, la
cancellazione dall’albo. La procedura deve
prevedere il contraddittorio con l’interessato,
che dovrà essere invitato a presentare
osservazioni scritte e, se necessario o
richiesto, anche l’audizione del medesimo in
applicazione dei criteri di cui all’articolo 16,
comma 11.
5. Qualora il consiglio dell’ordine non
provveda alla verifica periodica dell’esercizio
effettivo e continuativo o compia la revisione
con numerose e gravi omissioni, il CNF
nomina uno o più commissari, scelti tra gli
avvocati con più di venti anni di anzianità
anche iscritti presso altri ordini, affinché
provvedano in sostituzione. Ai commissari
spetta il rimborso delle spese di viaggio e di
soggiorno e una indennità giornaliera
determinata dal CNF. Spese e indennità sono
a
carico
del
consiglio
dell’ordine
inadempiente.
2. Il consiglio dell'ordine, con regolarità ogni
tre anni, compie le verifiche necessarie
anche mediante richiesta di informazione
all'ente
previdenziale.
3. Con la stessa periodicità, il consiglio
dell'ordine esegue la revisione degli albi,
degli elenchi e dei registri, per verificare se
permangano i requisiti per la iscrizione, e
provvede di conseguenza. Della revisione e
dei suoi risultati è data notizia al CNF.
4.
La
mancanza
della
effettività,
continuatività,
abitualità
e
prevalenza
dell'esercizio professionale comporta, se non
sussistono giustificati motivi, la cancellazione
dall'albo. La procedura deve prevedere il
contraddittorio con l'interessato, che dovrà
essere invitato a presentare osservazioni
scritte e, se necessario o richiesto, anche
l'audizione del medesimo in applicazione dei
criteri di cui all'articolo 16, comma 13.
5. Qualora il consiglio dell'ordine non
provveda alla verifica periodica dell'esercizio
effettivo, continuativo, abituale e prevalente
o compia la revisione con numerose e gravi
omissioni, il CNF nomina uno o più
commissari, scelti tra gli avvocati con più di
venti anni di anzianità anche iscritti presso
altri
ordini,
affinché
provvedano
in
sostituzione. Ai commissari spetta il rimborso
delle spese di viaggio e di soggiorno e una
indennità giornaliera determinata dal CNF.
Spese e indennità sono a carico del consiglio
dell'ordine
inadempiente.
35
285
6. L’effettività e la continuità non sono
richieste durante il periodo della carica, per
gli avvocati sospesi di diritto dall’esercizio
professionale, ai sensi dell’art. 18 e per gli
avvocati che svolgono funzioni di membro
del Parlamento nazionale o del Parlamento
europeo, consigliere regionale, membro di
giunta regionale, presidente di provincia con
numero di abitanti inferiore ad un milione,
sindaco di comune con più di diecimila
abitanti e meno di cinquecentomila, membro
di giunta comunale di un comune con più di
trentamila abitanti e che ricopre un incarico
politico giudicato equivalente dal C.N.F.
6. La prova dell’effettività e della continuità
non è richiesta durante il periodo della
carica, per gli avvocati sospesi di diritto
dall’esercizio
professionale,
ai
sensi
dell’articolo 19, e per gli avvocati che
svolgono funzioni di membro del Parlamento
nazionale o del
Parlamento europeo,
consigliere regionale, membro di giunta
regionale, presidente di provincia, membro di
giunta provinciale, sindaco di comune con
più di 10.000 abitanti, membro di giunta
comunale di un comune con più di 30.000
abitanti o per gli avvocati che ricoprono un
incarico politico giudicato equivalente dal
CNF.
6. La prova dell'effettività, continuità,
abitualità e prevalenza non è richiesta
durante il periodo della carica, per gli
avvocati sospesi di diritto dall'esercizio
professionale ai sensi dell'articolo 19, e per
gli avvocati che svolgono funzioni di membro
del Parlamento nazionale o del Parlamento
europeo, di consigliere regionale, di membro
di giunta regionale, di presidente di
provincia, di membro di giunta provinciale, di
sindaco di comune con più di 30.000
abitanti, di membro di giunta comunale di
comune con più di 50.000 abitanti, nonché
per gli avvocati che ricoprono un incarico
pubblico o di rilievo sociale che il CNF giudica
equivalente.
7. La prova dell'effettività, continuità,
abitualità e prevalenza non è, in ogni caso,
richiesta:
a) alle donne avvocato in maternità e nei
primi due anni di vita del bambino o, in caso
di adozione, nei successivi due anni dal
momento dell'adozione stessa. L'esenzione si
applica, altresì, agli avvocati vedovi o
separati affidatari della prole in modo
esclusivo;
b) agli avvocati che dimostrino di essere
affetti o di essere stati affetti da malattia che
ne ha ridotto grandemente la possibilità di
lavoro in modo tale da non
rientrare nel limite minimo di reddito
imponibile.
Art. 20.
(Albo speciale per il patrocinio avanti alle
giurisdizioni superiori)
1. L’iscrizione nell’albo speciale per il
patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori
può essere richiesta al CNF da chi sia iscritto
Art. 21.
(Albo speciale per il patrocinio avanti alle
giurisdizioni superiori)
1. L’iscrizione nell’albo speciale per il
patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori
può essere richiesta al CNF da chi sia iscritto
Art. 21.
(Albo speciale per il patrocinio davanti alle
giurisdizioni superiori).
1. L'iscrizione nell'albo speciale per il
patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori
può essere richiesta al CNF da chi sia iscritto
36
286
in un albo ordinario circondariale da almeno
cinque anni e abbia superato l’esame
disciplinato dalla legge 28 maggio 1936,
n. 1003, e dal regio decreto 9 luglio 1936,
n. 1482, al quale sono ammessi gli avvocati
iscritti all’albo. A modificazione di quanto
prescritto nell’articolo 4 della citata legge n.
1003 del 1936, sono dichiarati idonei i
candidati che, in ciascuna prova, abbiano
ottenuto una votazione non inferiore a sei e
una media, tra tutte le prove, non inferiore a
sette. Alternativamente, l’iscrizione può
essere richiesta anche da chi, avendo
maturato una anzianità di iscrizione all’albo
di anni dodici, e successivamente abbia
lodevolmente e proficuamente frequentato la
Scuola superiore dell’Avvocatura, istituita e
disciplinata con regolamento del CNF. Il
regolamento può prevedere specifici criteri e
modalità di selezione per l’accesso e per la
verifica finale di idoneità. La verifica finale di
idoneità sarà eseguita da una commissione
d’esame designata dal CNF e composta da
suoi membri, avvocati, professori universitari
e magistrati addetti alla Corte di cassazione,
con un esame incentrato prevalentemente
sui settori professionali esercitati dal
candidato. Coloro che alla data di entrata in
vigore della presente legge sono iscritti
nell’albo
dei
patrocinanti
dinanzi
alle
giurisdizioni superiori conservano l’iscrizione;
allo
stesso
modo
possono
chiedere
l’iscrizione entro il limite massimo di tre anni
coloro che alla data di entrata in vigore della
presente legge abbiano maturato i requisiti
per detta iscrizione secondo la previgente
normativa.
in un albo ordinario circondariale da almeno
cinque anni e abbia superato l’esame
disciplinato dalla legge 28 maggio 1936,
n. 1003, e dal regio decreto 9 luglio 1936,
n. 1482, al quale sono ammessi gli avvocati
iscritti all’albo.
in un albo ordinario circondariale da almeno
cinque anni e abbia superato l'esame
disciplinato dalla legge 28 maggio 1936, n.
1003, e dal regio decreto 9 luglio 1936, n.
1482, al quale sono ammessi gli avvocati
iscritti all'albo.
2. L’iscrizione può essere altresì richiesta
anche da chi, avendo maturato una anzianità
di
iscrizione
all’albo
di
anni
otto,
successivamente abbia lodevolmente e
proficuamente
frequentato
la
Scuola
superiore
dell’avvocatura,
istituita
e
disciplinata con regolamento del CNF. Il
regolamento può prevedere specifici criteri e
modalità di selezione per l’accesso e per la
verifica finale di idoneità. La verifica finale di
idoneità sarà eseguita da una commissione
d’esame designata dal CNF e composta da
suoi membri, avvocati, professori universitari
e magistrati addetti alla Corte di cassazione,
con un esame incentrato prevalentemente
sui settori professionali esercitati dal
candidato.
3. Coloro che alla data di entrata in vigore
della presente legge sono iscritti nell’albo dei
patrocinanti
dinanzi
alle
giurisdizioni
superiori conservano l’iscrizione. Allo stesso
modo possono chiedere l’iscrizione coloro che
alla data di entrata in vigore della presente
legge abbiano maturato i requisiti per detta
iscrizione secondo la previgente normativa.
4. All’articolo 4 della legge 28 maggio 1936,
n. 1003, il quinto comma è sostituito dal
seguente:
2. L'iscrizione può essere richiesta anche da
chi, avendo maturato una anzianità di
iscrizione
all'albo
di
otto
anni,
successivamente abbia lodevolmente e
proficuamente
frequentato
la
Scuola
superiore
dell'avvocatura,
istituita
e
disciplinata con regolamento dal CNF. Il
regolamento può prevedere specifici criteri e
modalità di selezione per l'accesso e per la
verifica finale di idoneità. La verifica finale di
idoneità è eseguita da una commissione
d'esame designata dal CNF e composta da
suoi membri, avvocati, professori universitari
e magistrati addetti alla Corte di cassazione,
con un esame incentrato prevalentemente
sui settori professionali esercitati dal
candidato.
3. Coloro che alla data di entrata in vigore
della presente legge sono iscritti nell'albo dei
patrocinanti
davanti
alle
giurisdizioni
superiori conservano l'iscrizione. Allo stesso
modo possono chiedere l'iscrizione coloro che
alla data di entrata in vigore della presente
legge abbiano maturato i requisiti per detta
iscrizione secondo la previgente normativa.
4. All'articolo 4 della legge 28 maggio 1936,
n. 1003, il quinto comma è sostituito dal
seguente:
37
287
Art. 21.
(Avvocati degli enti pubblici)
1. Fatti salvi i diritti quesiti alla data di
entrata in vigore della presente legge, gli
avvocati degli uffici legali specificamente
istituiti presso gli enti pubblici, anche se
trasformati in persone giuridiche di diritto
privato, sino a quando siano partecipati
prevalentemente da enti pubblici ai quali
venga assicurata la piena indipendenza ed
autonomia nella trattazione esclusiva e
stabile degli affari legali dell'Ente, ed un
trattamento
economico
adeguato
alla
funzione professionale svolta sono iscritti in
un
elenco
speciale
annesso
all’albo.
L’iscrizione nell’elenco è obbligatoria per
compiere le prestazioni indicate nell’articolo
2. Nel contratto di lavoro è garantita
l’autonomia e l’indipendenza di giudizio
intellettuale e tecnica dell’avvocato.
2. Per l’iscrizione nell’elenco gli interessati
presentano la deliberazione dell’ente dalla
quale risulti la stabile costituzione di un
ufficio legale con specifica attribuzione della
trattazione degli affari legali dell’ente stesso
e
l’appartenenza
a
tale
ufficio
del
professionista incaricato in forma esclusiva di
tali funzioni.
«Sono dichiarati idonei i candidati che
conseguano una media di sette decimi nelle
prove scritte e in quella orale avendo
riportato non meno di sei decimi in ciascuna
di esse».
«Sono dichiarati idonei i candidati che
conseguano una media di sette decimi nelle
prove scritte e in quella orale avendo
riportato non meno di sei decimi in ciascuna
di esse».
Art. 22.
(Avvocati degli enti pubblici)
1. Fatti salvi i diritti acquisiti alla data di
entrata in vigore della presente legge, gli
avvocati degli uffici legali specificamente
istituiti presso gli enti pubblici, anche se
trasformati in persone giuridiche di diritto
privato, sino a quando siano partecipati
prevalentemente da enti pubblici, ai quali
venga assicurata la piena indipendenza ed
autonomia nella trattazione esclusiva e
stabile degli affari legali dell’ente ed un
trattamento
economico
adeguato
alla
funzione professionale svolta, sono iscritti in
un
elenco
speciale
annesso
all’albo.
L’iscrizione nell’elenco è obbligatoria per
compiere le prestazioni indicate nell’articolo
2. Nel contratto di lavoro è garantita
l’autonomia e l’indipendenza di giudizio
intellettuale e tecnica dell’avvocato, nonché
un trattamento economico adeguato alla
funzione esercitata da determinare in sede di
contrattazione separata del pubblico impiego
per la disciplina specifica degli avvocati.
2. Per l’iscrizione nell’elenco gli interessati
presentano la deliberazione dell’ente dalla
quale risulti la stabile costituzione di un
ufficio legale con specifica attribuzione della
trattazione degli affari legali dell’ente stesso
e
l’appartenenza
a
tale
ufficio
del
professionista incaricato in forma esclusiva di
tali funzioni; la responsabilità dell’ufficio è
affidata ad un avvocato iscritto nell’elenco
Art. 22.
(Avvocati degli enti pubblici).
1. Fatti salvi i diritti acquisiti alla data di
entrata in vigore della presente legge, gli
avvocati degli uffici legali specificamente
istituiti presso gli enti pubblici, anche se
trasformati in persone giuridiche di diritto
privato, sino a quando siano partecipati
prevalentemente da enti pubblici, ai quali
venga assicurata la piena indipendenza ed
autonomia nella trattazione esclusiva e
stabile degli affari legali dell'ente ed un
trattamento
economico
adeguato
alla
funzione professionale svolta, sono iscritti in
un
elenco
speciale
annesso
all'albo.
L'iscrizione nell'elenco è obbligatoria per
compiere le prestazioni indicate nell'articolo
2. Nel contratto di lavoro è garantita
l'autonomia e l'indipendenza di giudizio
intellettuale
e
tecnica
dell'avvocato.
2. Per l'iscrizione nell'elenco gli interessati
presentano la deliberazione dell'ente dalla
quale risulti la stabile costituzione di un
ufficio legale con specifica attribuzione della
trattazione degli affari legali dell'ente stesso
e
l'appartenenza
a
tale
ufficio
del
professionista incaricato in forma esclusiva di
tali funzioni; la responsabilità dell'ufficio è
affidata ad un avvocato iscritto nell'elenco
38
288
3. Gli avvocati iscritti nell’elenco sono
sottoposti al potere disciplinare del consiglio
dell’ordine.
speciale che esercita i suoi poteri in
conformità con i princìpi della legge
professionale.
3. Gli avvocati iscritti nell’elenco sono
sottoposti al potere disciplinare del consiglio
dell’ordine.
speciale che esercita i suoi poteri in
conformità con i princìpi della legge
professionale.
3. Gli avvocati iscritti nell'elenco sono
sottoposti al potere disciplinare del consiglio
dell'ordine.
TITOLO III
ORGANI E FUNZIONI
DEGLI ORDINI FORENSI
Capo I
L’ORDINE FORENSE E GLI ORDINI
TERRITORIALI
TITOLO III
ORGANI E FUNZIONI DEGLI ORDINI
FORENSI
Capo I
L’ORDINE FORENSE E GLI ORDINI
TERRITORIALI
TITOLO III
ORGANI E FUNZIONI DEGLI ORDINI
FORENSI
Capo I
L'ORDINE FORENSE
Art. 22.
(L’Ordine forense)
1. Gli iscritti negli albi degli avvocati
costituiscono l’Ordine forense.
2. L’Ordine forense si articola negli ordini
circondariali e nel Consiglio nazionale
forense.
3. Il CNF e gli ordini circondariali sono enti
pubblici
non
economici
a
carattere
associativo istituiti per garantire il rispetto
dei princìpi previsti dalla presente legge e
delle regole deontologiche. Essi hanno
prevalente finalità di tutela della utenza e
degli interessi pubblici connessi all’esercizio
della professione e al corretto svolgimento
della funzione giurisdizionale. Essi sono
dotati
di
autonomia
patrimoniale
e
finanziaria,
determinano
la
propria
organizzazione con appositi regolamenti, nel
rispetto delle disposizioni di legge, e sono
soggetti esclusivamente alla vigilanza del
Ministro della giustizia.
Art. 23.
(L’Ordine forense)
1. Gli iscritti negli albi degli avvocati
costituiscono l’Ordine forense.
2. L’Ordine forense si articola negli ordini
circondariali e nel CNF.
4. Ad essi non si applicano le disposizioni
4. Al CNF e agli ordini circondariali non si
3. Il CNF e gli ordini circondariali sono enti
pubblici
non
economici
a
carattere
associativo istituiti per garantire il rispetto
dei princìpi previsti dalla presente legge e
delle regole deontologiche. Essi hanno
prevalente finalità di tutela della utenza e
degli interessi pubblici connessi all’esercizio
della professione e al corretto svolgimento
della funzione giurisdizionale. Essi sono
dotati
di
autonomia
patrimoniale
e
finanziaria,
determinano
la
propria
organizzazione con appositi regolamenti, nel
rispetto delle disposizioni di legge, e sono
soggetti esclusivamente alla vigilanza del
Ministro della giustizia.
Art. 23.
(L'ordine forense).
1. Gli iscritti negli albi degli
costituiscono l'ordine forense.
avvocati
2. L'ordine forense si articola negli ordini
circondariali e nel CNF.
3. Il CNF e gli ordini circondariali sono enti
pubblici
non
economici
a
carattere
associativo istituiti per garantire il rispetto
dei princìpi previsti dalla presente legge e
delle regole deontologiche, nonché con
finalità di tutela della utenza e degli interessi
pubblici
connessi
all'esercizio
della
professione e al corretto svolgimento della
funzione giurisdizionale. Essi sono dotati di
autonomia patrimoniale e finanziaria, sono
finanziati esclusivamente con i contributi
degli
iscritti,
determinano
la
propria
organizzazione con appositi regolamenti, nel
rispetto delle disposizioni di legge, e sono
soggetti esclusivamente alla vigilanza del
Ministro della giustizia.
-
39
289
della legge 21 marzo 1958, n. 259, l’articolo
1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165, e successive modificazioni e la
legge 14 gennaio 1994, n. 20, né il
regolamento di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 27 febbraio 2003, n. 97, ed
ogni norma concernente l’amministrazione e
la contabilità degli enti pubblici. In relazione
all’attività svolta essi redigono scritture
contabili cronologiche e sistematiche atte ad
esprimere con compiutezza ed analiticità le
operazioni poste in essere in ogni periodo di
gestione e rappresentare adeguatamente in
apposito
documento
annuale
la
loro
situazione
patrimoniale,
finanziaria
ed
economica, in conformità a regolamento
emanato dal CNF.
applicano le disposizioni della legge 21
marzo 1958, n. 259, l’articolo 1, comma 2,
del decreto legislativo 30 marzo 2001,
n. 165, e la legge 14 gennaio 1994, n. 20,
né il regolamento di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 27 febbraio
2003, n. 97, ed ogni norma concernente
l’amministrazione e la contabilità degli enti
pubblici. In relazione all’attività svolta essi
redigono scritture contabili cronologiche e
sistematiche
atte
ad
esprimere
con
compiutezza ed analiticità le operazioni poste
in essere in ogni periodo di gestione e
rappresentare adeguatamente in apposito
documento annuale la loro situazione
patrimoniale, finanziaria ed economica, in
conformità a regolamento emanato dal CNF.
Capo II
ORDINE CIRCONDARIALE
Art. 23.
(L’Ordine circondariale forense)
1. Presso ciascun tribunale è costituito
l’ordine degli avvocati, al quale sono iscritti
tutti gli avvocati aventi il principale domicilio
professionale
nel
circondario.
L’ordine
territoriale ha la rappresentanza istituzionale
dell’Avvocatura a livello locale e promuove i
rapporti con le istituzioni e le pubbliche
amministrazioni.
2. Gli iscritti aventi titolo eleggono i
componenti del consiglio dell’ordine, con le
modalità stabilite dall’articolo 29 e dal
regolamento approvato dal CNF.
Art. 24.
(L’ordine circondariale forense)
1. Presso ciascun tribunale è costituito
l’ordine degli avvocati, al quale sono iscritti
tutti gli avvocati aventi il principale domicilio
professionale
nel
circondario.
L’ordine
territoriale ha la rappresentanza istituzionale
dell’avvocatura a livello locale e promuove i
rapporti con le istituzioni e le pubbliche
amministrazioni.
2. L’ordine circondariale di Roma Capitale ha
sede presso la Corte di cassazione.
3. Gli iscritti aventi titolo eleggono i
componenti del consiglio dell’ordine, con le
modalità stabilite dall’articolo 27 e dal
regolamento
approvato
dal
CNF.
Art. 24.
(L'ordine circondariale forense).
1. Presso ciascun tribunale è costituito
l'ordine degli avvocati, al quale sono iscritti
tutti gli avvocati aventi il principale domicilio
professionale
nel
circondario.
L'ordine
circondariale
ha
in
via
esclusiva
la
rappresentanza istituzionale dell'avvocatura
a livello locale e promuove i rapporti con le
istituzioni e le pubbliche amministrazioni.
2. L'ordine circondariale di Roma capitale ha
sede presso la Corte di cassazione.
3. Al fine di assicurare il funzionamento in
relazione alle effettive esigenze gestionali ed
organizzative del consiglio dell'ordine degli
avvocati di Roma, capitale della Repubblica,
sono ad esso destinati i medesimi locali e
spazi utilizzati dallo stesso consiglio alla data
40
290
di entrata in vigore della presente legge
nell'edificio
della
suprema
Corte
di
cassazione.
4. Gli iscritti aventi titolo eleggono i
componenti del consiglio dell'ordine, con le
modalità stabilite dall'articolo 27 e in
base a regolamento adottato ai sensi
dell'articolo 1.
5. Presso ogni consiglio dell'ordine è
costituito il collegio dei revisori dei conti,
nominato dal presidente del tribunale.
6. Presso ogni consiglio dell'ordine è
costituito il comitato pari opportunità degli
avvocati, eletto con le modalità stabilite con
regolamento
approvato
dal
consiglio
dell'ordine.
3. Presso ogni consiglio dell’ordine è
costituito il Collegio dei revisori dei conti
nominato dal presidente del Tribunale.
4. Presso ogni consiglio dell’ordine è
costituito il collegio dei revisori dei conti,
nominato dal presidente del tribunale.
Art. 24.
(Organi dell’ordine circondariale)
Art. 25.
(Organi dell’ordine circondariale e degli ordini
del distretto)
1. Sono organi dell’ordine circondariale:
a) l’assemblea degli iscritti;
b) il consiglio;
c) il presidente;
d) il segretario;
e) il tesoriere;
f) il collegio dei revisori.
2.
Il
presidente
rappresenta
l’ordine
circondariale.
3. Sono organi degli ordini forensi del
distretto:
a) il Consiglio istruttore di disciplina;
b) il Collegio giudicante.
Art. 25.
(Organi dell'ordine circondariale e degli ordini
del distretto).
1. Sono organi dell'ordine circondariale:
a) l'assemblea degli iscritti;
b) il consiglio;
c) il presidente;
d) il segretario;
e) il tesoriere;
f) il collegio dei revisori.
2.
Il
presidente
rappresenta
l'ordine
circondariale.
3. Sono organi degli ordini circondariali del
distretto:
a) il Consiglio istruttore di disciplina;
b) il Collegio giudicante.
Art. 26.
(L’assemblea)
1. L’assemblea è costituita dagli avvocati
iscritti all’albo ed agli elenchi speciali. Essa
elegge i componenti del consiglio; approva il
Art. 26.
(L'assemblea).
1. L'assemblea è costituita dagli avvocati
iscritti all'albo ed agli elenchi speciali. Essa
elegge i componenti del consiglio; approva il
1. Sono organi dell’ordine circondariale:
a) l’assemblea degli iscritti;
b) il Consiglio;
c) il presidente;
d) il segretario;
e) il tesoriere;
f) il collegio dei revisori.
2.
Il
presidente
rappresenta
l’ordine
circondariale.
Art. 25.
(L’assemblea)
1. L’assemblea è costituita dagli avvocati
iscritti all’albo ed agli elenchi speciali. Essa
elegge i componenti del consiglio; approva il
41
291
bilancio consuntivo e quello preventivo;
esprime il parere sugli argomenti sottoposti
ad essa dal consiglio; esercita ogni altra
funzione
attribuita
dall’ordinamento
professionale.
2. L’assemblea, previa delibera del consiglio,
è convocata dal presidente o, in caso di suo
impedimento, dal vicepresidente, o dal
consigliere più anziano per iscrizione.
3.
Le
regole
per
il
funzionamento
dell’assemblea e per la sua convocazione,
nonché per l’assunzione delle relative
delibere,
sono
stabilite
da
apposito
regolamento approvato dal CNF ai sensi
dell’articolo 1, comma 5.
4. L’assemblea ordinaria è convocata almeno
una volta l’anno per l’approvazione dei
bilanci, consuntivo e preventivo; quella per
la elezione del consiglio si svolge, per il
rinnovo normale, entro il mese di gennaio
successivo alla scadenza.
5. Il consiglio delibera altresì la convocazione
dell’assemblea ogni qualvolta lo ritenga
necessario o qualora ne faccia richiesta
almeno un terzo dei suoi componenti o
almeno un decimo degli iscritti nell’albo.
bilancio consuntivo e quello preventivo;
esprime il parere sugli argomenti sottoposti
ad essa dal consiglio; esercita ogni altra
funzione
attribuita
dall’ordinamento
professionale.
2. L’assemblea, previa delibera del consiglio,
è convocata dal presidente o, in caso di suo
impedimento, dal vicepresidente, o dal
consigliere più anziano per iscrizione.
3.
Le
regole
per
il
funzionamento
dell’assemblea e per la sua convocazione,
nonché per l’assunzione delle relative
delibere,
sono
stabilite
da
apposito
regolamento approvato dal CNF ai sensi
dell’articolo.
4. L’assemblea ordinaria è convocata almeno
una volta l’anno per l’approvazione dei
bilanci consuntivo e preventivo. L’assemblea
per la elezione del consiglio si svolge, per il
rinnovo normale, entro il mese di gennaio
successivo
alla
scadenza.
5. Il consiglio delibera altresì la convocazione
dell’assemblea ogniqualvolta lo ritenga
necessario o qualora ne faccia richiesta
almeno un terzo dei suoi componenti o
almeno un decimo degli iscritti nell’albo.
bilancio consuntivo e quello preventivo;
esprime il parere sugli argomenti sottoposti
ad essa dal consiglio; esercita ogni altra
funzione
attribuita
dall'ordinamento
professionale.
2. L'assemblea, previa delibera del consiglio,
è convocata dal presidente o, in caso
di suo impedimento, dal vicepresidente o dal
consigliere più anziano per iscrizione.
3.
Le
regole
per
il
funzionamento
dell'assemblea e per la sua convocazione,
nonché per l'assunzione delle relative
delibere,
sono
stabilite
da
apposito
regolamento adottato ai sensi dell'articolo 1
e con le modalità nello stesso stabilite.
4. L'assemblea ordinaria è convocata almeno
una volta l'anno per l'approvazione dei
bilanci consuntivo e preventivo. L'assemblea
per la elezione del consiglio si svolge, per il
rinnovo normale, entro il mese di gennaio
successivo
alla
scadenza.
5. Il consiglio delibera altresì la convocazione
dell'assemblea ogniqualvolta lo ritenga
necessario o qualora ne faccia richiesta
almeno un terzo dei suoi componenti o
almeno un decimo degli iscritti nell'albo.
Art. 26.
(Il consiglio dell’ordine)
1. Il consiglio ha sede presso il tribunale ed è
composto mediante elezione:
a) da cinque membri, qualora l’ordine conti
fino a cento iscritti;
b) da sette membri, qualora l’ordine conti
fino a duecento iscritti;
c) da nove membri, qualora l’ordine conti
fino a cinquecento iscritti;
Art. 27.
(Il consiglio dell’ordine)
1. Il consiglio, fatta salva la previsione di cui
all’articolo 24, comma 2, ha sede presso il
tribunale ed è composto:
a) da cinque membri, qualora l’ordine conti
fino a cento iscritti;
b) da sette membri, qualora l’ordine conti
fino
a
duecento
iscritti;
c) da nove membri, qualora l’ordine conti
Art. 27.
(Il consiglio dell'ordine).
1. Il consiglio, fatta salva la previsione di cui
all'articolo 24, comma 2, ha sede presso il
tribunale ed è composto:
a) da cinque membri, qualora l'ordine conti
fino a cento iscritti;
b) da sette membri, qualora l'ordine conti
fino a duecento iscritti;
c) da nove membri, qualora l'ordine conti
42
292
d) da undici membri, qualora l’ordine conti
fino a mille iscritti;
e) da quindici membri qualora l’ordine conti
fino a duemila iscritti;
f) da ventuno membri, qualora l’ordine conti
fino a cinquemila iscritti;
g) da venticinque membri, qualora l’ordine
conti oltre cinquemila iscritti.
2. I componenti del consiglio sono eletti dagli
iscritti con voto segreto con le modalità
previste dal regolamento emanato dal CNF.
Hanno diritto al voto tutti coloro che
risultano iscritti negli albi e negli elenchi dei
dipendenti degli Enti pubblici e dei docenti
universitari a tempo pieno e nell’elenco degli
avvocati stabiliti, il giorno antecedente
l’inizio delle operazioni elettorali. Sono
esclusi dal diritto di voto gli avvocati per
qualunque ragione sospesi dall’esercizio della
professione.
fino
a
cinquecento
iscritti;
d) da undici membri, qualora l’ordine conti
fino
a
mille
iscritti;
e) da quindici membri, qualora l’ordine
conti
fino
a
duemila
iscritti;
f) da ventuno membri, qualora l’ordine
conti
fino
a
cinquemila
iscritti;
g) da venticinque membri, qualora l’ordine
conti oltre cinquemila iscritti.
2. I componenti del consiglio sono eletti dagli
iscritti con voto segreto con le modalità
previste dal regolamento emanato dal CNF.
Hanno diritto al voto tutti coloro che
risultano iscritti negli albi e negli elenchi dei
dipendenti degli enti pubblici e dei docenti
universitari a tempo pieno e nell’elenco degli
avvocati stabiliti, il giorno antecedente
l’inizio delle operazioni elettorali. Sono
esclusi dal diritto di voto gli avvocati per
qualunque ragione sospesi dall’esercizio della
professione.
3. Ciascun elettore può esprimere un numero
di voti non superiore ai due terzi dei
consiglieri da eleggere, arrotondati per
difetto.
4. Sono eleggibili gli iscritti che hanno diritto
di voto, che non abbiano riportato, nei
cinque anni precedenti, una sanzione
disciplinare
esecutiva
più
grave
dell’avvertimento.
5. Risultano eletti coloro che hanno riportato
il maggior numero di voti; in caso di parità di
voti risulta eletto il più anziano per
iscrizione; e, tra coloro che abbiano uguale
anzianità di iscrizione, il maggiore di età. I
consiglieri
non
possono
essere
eletti
consecutivamente più di tre volte. Non sono
considerate le elezioni fatte nel corso di un
3. Ciascun elettore può esprimere un numero
di voti non superiore ai due terzi dei
consiglieri da eleggere, arrotondati per
difetto.
4. Sono eleggibili gli iscritti che hanno diritto
di voto, che non abbiano riportato, nei
cinque anni precedenti, una sanzione
disciplinare
esecutiva
più
grave
dell’avvertimento.
5. Risultano eletti coloro che hanno riportato
il maggior numero di voti. In caso di parità di
voti risulta eletto il più anziano per iscrizione
e, tra coloro che abbiano uguale anzianità di
iscrizione, il maggiore di età. I consiglieri non
possono essere eletti consecutivamente più
di tre volte, salvo che uno dei tre mandati
abbia avuto durata inferiore ad un anno.
fino a cinquecento iscritti;
d) da undici membri, qualora l'ordine conti
fino a mille iscritti;
e) da quindici membri, qualora l'ordine conti
fino a duemila iscritti;
f) da ventuno membri, qualora l'ordine conti
fino a cinquemila iscritti;
g) da venticinque membri, qualora l'ordine
conti oltre cinquemila iscritti.
2. I componenti del consiglio sono eletti dagli
iscritti con voto segreto in base a
regolamento adottato ai sensi dell'articolo 1
e con le modalità nello stesso stabilite.
Hanno diritto al voto tutti coloro che
risultano iscritti negli albi e negli elenchi dei
dipendenti degli enti pubblici e dei docenti e
ricercatori universitari a tempo pieno e nella
sezione speciale degli avvocati stabiliti, il
giorno antecedente l'inizio delle operazioni
elettorali. Sono esclusi dal diritto di voto gli
avvocati per qualunque ragione sospesi
dall'esercizio della professione.
3. Ciascun elettore può esprimere un numero
di voti non superiore ai due terzi dei
consiglieri da eleggere, arrotondati per
difetto.
4. Sono eleggibili gli iscritti che hanno diritto
di voto, che non abbiano riportato, nei
cinque anni precedenti, una sanzione
disciplinare
esecutiva
più
grave
dell'avvertimento.
5. Risultano eletti coloro che hanno riportato
il maggior numero di voti. In caso di parità di
voti risulta eletto il più anziano per iscrizione
e, tra coloro che abbiano uguale anzianità di
iscrizione, il maggiore di età. I consiglieri non
possono essere eletti consecutivamente più
di tre volte, salvo che uno dei tre mandati
abbia avuto durata inferiore ad un anno.
43
293
mandato del consiglio se l’incarico è durato
meno di un anno.
6. In caso di morte, dimissioni, decadenza,
impedimento permanente per qualsiasi
causa, di uno o più consiglieri, subentra il
primo dei non eletti; in caso di parità di voti,
subentra il più anziano per iscrizione; e, tra
coloro che abbiano uguale anzianità di
iscrizione, il maggiore di età. Il consiglio,
preso
atto,
provvede
all’integrazione
improrogabilmente
nei
trenta
giorni
successivi al verificarsi dell’evento.
7. Il consiglio dura in carica un triennio e
scade il 31 dicembre del terzo anno. Il
consiglio uscente resta in carica per il
disbrigo
degli
affari
correnti
fino
all’insediamento del consiglio neoeletto.
8. L’intero consiglio decade se cessa dalla
carica oltre la metà dei suoi componenti.
9. Il consiglio elegge il presidente, il
segretario e il tesoriere. Nei consigli con
almeno quindici componenti, il consiglio può
eleggere un vicepresidente. A ciascuna carica
è eletto il consigliere che ha ricevuto il
maggior numero di voti. In caso di parità di
voti è eletto presidente o vicepresidente,
segretario o tesoriere il più anziano per
iscrizione all’albo, o in caso di pari anzianità
di iscrizione, il più anziano per età.
10. La carica di consigliere è incompatibile
con quella di consigliere nazionale, di
componente del consiglio di amministrazione
e del comitato dei delegati della Cassa
nazionale di previdenza e assistenza forense.
L’eletto che viene a trovarsi in condizione di
incompatibilità deve optare per uno degli
incarichi
entro
trenta
giorni
dalla
proclamazione; nel caso in cui non vi
provveda
decade
automaticamente
6. In caso di morte, dimissioni, decadenza,
impedimento permanente per qualsiasi causa
di uno o più consiglieri, subentra il primo dei
non eletti. In caso di parità di voti, subentra
il più anziano per iscrizione e, tra coloro che
abbiano uguale anzianità di iscrizione, il
maggiore di età. Il consiglio, preso atto,
provvede all’integrazione improrogabilmente
nei trenta giorni successivi al verificarsi
dell’evento.
7. Il consiglio dura in carica un quadriennio e
scade il 31 dicembre del quarto anno. Il
consiglio uscente resta in carica per il
disbrigo
degli
affari
correnti
fino
all’insediamento del consiglio neoeletto.
8. L’intero consiglio decade se cessa dalla
carica oltre la metà dei suoi componenti.
9. Il consiglio elegge il presidente, il
segretario e il tesoriere. Nei consigli con
almeno quindici componenti, il consiglio può
eleggere un vicepresidente. A ciascuna carica
è eletto il consigliere che ha ricevuto il
maggior numero di voti. In caso di parità di
voti è eletto presidente o vicepresidente,
segretario o tesoriere il più anziano per
iscrizione all’albo o, in caso di pari anzianità
di iscrizione, il più anziano per età.
10. La carica di consigliere è incompatibile
con quella di consigliere nazionale, di
componente del consiglio di amministrazione
e del comitato dei delegati della Cassa
nazionale di previdenza e assistenza forense.
L’eletto che viene a trovarsi in condizione di
incompatibilità deve optare per uno degli
incarichi
entro
trenta
giorni
dalla
proclamazione. Nel caso in cui non vi
provveda,
decade
automaticamente
6. In caso di morte, dimissioni, decadenza,
impedimento permanente per qualsiasi causa
di uno o più consiglieri, subentra il primo dei
non eletti. In caso di parità di voti, subentra
il più anziano per iscrizione e, tra coloro che
abbiano uguale anzianità di iscrizione, il
maggiore di età. Il consiglio, preso atto,
provvede all'integrazione improrogabilmente
nei trenta giorni successivi al verificarsi
dell'evento.
7. Il consiglio dura in carica un quadriennio e
scade il 31 dicembre del quarto anno. Il
consiglio uscente resta in carica per il
disbrigo
degli
affari
correnti
fino
all'insediamento del consiglio neoeletto.
8. L'intero consiglio decade se cessa dalla
carica oltre la metà dei suoi componenti.
9. Il consiglio elegge il presidente, il
segretario e il tesoriere. Nei consigli con
almeno quindici componenti, il consiglio può
eleggere un vicepresidente. A ciascuna carica
è eletto il consigliere che ha ricevuto il
maggior numero di voti. In caso di parità di
voti è eletto presidente o vicepresidente,
segretario o tesoriere il più anziano per
iscrizione all'albo o, in caso di pari anzianità
di iscrizione, il più anziano per età.
10. La carica di consigliere è incompatibile
con quella di consigliere nazionale, di
componente del consiglio di amministrazione
e del comitato dei delegati della Cassa
nazionale di previdenza e assistenza forense.
L'eletto che viene a trovarsi in condizione di
incompatibilità deve optare per uno degli
incarichi
entro
trenta
giorni
dalla
proclamazione. Nel caso in cui non vi
provveda,
decade
automaticamente
44
294
dall’incarico assunto in precedenza.
11. Per la validità delle riunioni del consiglio
è
necessaria
la
partecipazione
della
maggioranza dei membri. Per la validità delle
deliberazioni è richiesta la maggioranza
assoluta
di
voti
dei
presenti.
12. Contro i risultati delle elezioni per il
rinnovo del consiglio dell’ordine ciascun
avvocato iscritto nell’albo può proporre
reclamo al CNF entro dieci giorni dalla
proclamazione, tuttavia la presentazione del
reclamo non sospende l’insediamento del
nuovo consiglio.
dall’incarico assunto in precedenza. Ai
componenti del consiglio, per il tempo in cui
durano in carica, non possono essere
conferiti incarichi giudiziari da parte dei
magistrati
del
circondario.
11. Per la validità delle riunioni del consiglio
è
necessaria
la
partecipazione
della
maggioranza dei membri. Per la validità delle
deliberazioni è richiesta la maggioranza
assoluta
di
voti
dei
presenti.
12. Contro i risultati delle elezioni per il
rinnovo del consiglio dell’ordine ciascun
avvocato iscritto nell’albo può proporre
reclamo al CNF entro dieci giorni dalla
proclamazione. Tuttavia la presentazione del
reclamo non sospende l’insediamento del
nuovo consiglio.
dall'incarico assunto in precedenza. Ai
componenti del consiglio, per il tempo in cui
durano in carica, non possono essere
conferiti incarichi giudiziari da parte dei
magistrati
del
circondario.
11. Per la validità delle riunioni del consiglio
è
necessaria
la
partecipazione
della
maggioranza dei membri. Per la validità delle
deliberazioni è richiesta la maggioranza
assoluta
di
voti
dei
presenti.
12. Contro i risultati delle elezioni per il
rinnovo del consiglio dell'ordine ciascun
avvocato iscritto nell'albo può proporre
reclamo al CNF entro dieci giorni dalla
proclamazione. La presentazione del reclamo
non sospende l'insediamento del nuovo
consiglio.
Art. 27.
(Compiti e prerogative del consiglio)
1. Il Consiglio:
a) provvede alla tenuta degli albi, degli
elenchi e dei registri;
b)
approva
i
regolamenti
interni; i
regolamenti in materie non disciplinate dal
CNF e quelli previsti come integrazione ad
essi;
c) sovraintende al corretto ed efficace
esercizio del tirocinio forense. A tal fine, e
secondo modalità previste da regolamento
del CNF, istituisce ed organizza le scuole
forensi, promuove e favorisce le iniziative
atte a rendere proficuo il tirocinio, cura la
tenuta del registro dei praticanti, annotando
l’abilitazione al patrocinio sostitutivo, rilascia
il certificato di compiuta pratica;
d) organizza e promuove l’organizzazione di
eventi formativi ai fini dell’adempimento
dell’obbligo di formazione continua in capo
Art. 28.
(Compiti e prerogative del consiglio)
1. Il consiglio:
a) provvede alla tenuta degli albi, degli
elenchi e dei registri;
b) approva i regolamenti interni, i
regolamenti in materie non disciplinate dal
CNF e quelli previsti come integrazione ad
essi;
c) sovraintende al corretto ed efficace
esercizio del tirocinio forense. A tal fine,
secondo modalità previste da regolamento
del CNF, istituisce ed organizza le scuole
forensi, promuove e favorisce le iniziative
atte a rendere proficuo il tirocinio, cura la
tenuta del registro dei praticanti, annotando
l’abilitazione al patrocinio sostitutivo, rilascia
il
certificato
di
compiuta
pratica;
d) organizza e promuove l’organizzazione di
eventi formativi ai fini dell’adempimento
dell’obbligo di formazione continua in capo
Art. 28.
(Compiti e prerogative del consiglio).
1. Il consiglio:
a) provvede alla tenuta degli albi, degli
elenchi e dei registri;
b)
approva
i
regolamenti
interni,
i
regolamenti in materie non disciplinate dal
CNF e quelli previsti come integrazione ad
essi;
c) sovraintende al corretto ed efficace
esercizio del tirocinio forense. A tal fine,
secondo modalità previste da regolamento
del CNF, istituisce ed organizza scuole
forensi, promuove e favorisce le iniziative
atte a rendere proficuo il tirocinio, cura la
tenuta del registro dei praticanti, annotando
l'abilitazione al patrocinio sostitutivo, rilascia
il certificato di compiuta pratica;
d) organizza e promuove l'organizzazione di
eventi formativi ai fini dell'adempimento
dell'obbligo di formazione continua in capo
45
295
agli iscritti;
e) organizza e promuove l’organizzazione di
corsi
e
scuole
di
specializzazione;
f) vigila sulla condotta degli iscritti e deve
denunciare al consiglio distrettuale di
disciplina
ogni
violazione
di
norme
deontologiche
di
cui
sia
venuto
a
conoscenza; elegge i componenti della
commissione distrettuale di disciplina in
conformità a quanto stabilito dall’articolo 50;
g) esegue il controllo della continuità ed
effettività dell’esercizio professionale;
agli iscritti;
e) organizza e promuove l’organizzazione di
corsi
e
scuole
di
specializzazione;
f) vigila sulla condotta degli iscritti e deve
denunciare al consiglio distrettuale di
disciplina
ogni
violazione
di
norme
deontologiche
di
cui
sia
venuto
a
conoscenza; elegge i componenti del
Consiglio istruttore di disciplina in conformità
a
quanto
stabilito
dall’articolo
50;
g) esegue il controllo della continuità ed
effettività dell’esercizio professionale;
h) tutela l’indipendenza e il decoro
professionale e promuove iniziative atte ad
elevare la cultura e la professionalità degli
iscritti e a renderli più consapevoli dei loro
doveri;
i) svolge i compiti indicati nell’articolo 10 per
controllare la formazione continua degli
avvocati;
l) dà pareri sulla liquidazione dei compensi
spettanti agli iscritti;
m) nel caso di morte o di perdurante
impedimento di un iscritto, a richiesta e a
spese di chi vi ha interesse, adotta i
provvedimenti opportuni per la consegna
degli atti e dei documenti;
n) può costituire camere arbitrali, di
conciliazione ed organismi di risoluzione
alternativa
delle
controversie,
secondo
quanto stabilito da apposito regolamento
adottato dal CNF;
o) interviene, su richiesta anche di una sola
delle parti, nelle contestazioni insorte tra gli
iscritti o tra costoro ed i clienti in dipendenza
dell’esercizio professionale, adoperandosi per
comporle; degli accordi sui compensi va
redatto verbale che, depositato presso la
h) tutela l’indipendenza e il decoro
professionale e promuove iniziative atte ad
elevare la cultura e la professionalità degli
iscritti e a renderli più consapevoli dei loro
doveri;
i) svolge i compiti indicati nell’articolo 10 per
controllare la formazione continua degli
avvocati;
l) dà pareri sulla liquidazione dei compensi
spettanti
agli
iscritti;
m) nel caso di morte o di perdurante
impedimento di un iscritto, a richiesta e a
spese di chi vi ha interesse, adotta i
provvedimenti opportuni per la consegna
degli
atti
e
dei
documenti;
n) può costituire camere arbitrali, di
conciliazione ed organismi di risoluzione
alternativa
delle
controversie,
secondo
quanto stabilito da apposito regolamento
adottato dal CNF;
o) interviene, su richiesta anche di una sola
delle parti, nelle contestazioni insorte tra gli
iscritti o tra costoro ed i clienti in dipendenza
dell’esercizio professionale, adoperandosi per
comporle; degli accordi sui compensi è
redatto verbale che, depositato presso la
agli iscritti;
e) organizza e promuove l'organizzazione di
corsi e scuole di specializzazione;
f) vigila sulla condotta degli iscritti e deve
denunciare al Consiglio istruttore di disciplina
ogni violazione di norme deontologiche di cui
sia
venuto
a
conoscenza;
elegge
i
componenti del Consiglio istruttore di
disciplina in conformità a quanto stabilito
dall'articolo 49;
g) esegue il controllo della continuità,
effettività,
abitualità
e
prevalenza
dell'esercizio professionale;
h) tutela l'indipendenza e il decoro
professionale e promuove iniziative atte ad
elevare la cultura e la professionalità degli
iscritti e a renderli più consapevoli dei loro
doveri;
i) svolge i compiti indicati nell'articolo 10 per
controllare la formazione continua degli
avvocati;
l) dà pareri sulla liquidazione dei compensi
spettanti agli iscritti;
m) nel caso di morte o di perdurante
impedimento di un iscritto, a richiesta e a
spese di chi vi ha interesse, adotta i
provvedimenti opportuni per la consegna
degli atti e dei documenti;
n) può costituire camere arbitrali, di
conciliazione ed organismi di risoluzione
alternativa delle controversie, in conformità a
regolamento adottato ai sensi dell'articolo 1
e con le modalità nello stesso stabilite;
o) interviene, su richiesta anche di una sola
delle parti, nelle contestazioni insorte tra gli
iscritti o tra costoro ed i clienti in dipendenza
dell'esercizio professionale, adoperandosi per
comporle; degli accordi sui compensi è
redatto verbale che, depositato presso la
46
296
cancelleria del Tribunale che ne rilascia
copia, ha valore di titolo esecutivo con
l’apposizione della prescritta formula;
cancelleria del tribunale che ne rilascia copia,
ha valore di titolo esecutivo con l’apposizione
della prescritta formula;
p) può costituire o aderire ad Unioni regionali
o interregionali tra ordini, nel rispetto
dell’autonomia
e
delle
competenze
istituzionali dei singoli consigli. Le Unioni
possono avere, se previsto nello statuto,
funzioni di interlocuzione con le regioni, con
gli enti locali e con le università, provvedono
alla consultazione fra i consigli che ne fanno
parte, possono assumere deliberazioni nelle
materie di comune interesse e promuovere o
partecipare
ad
attività
di
formazione
professionale. Ciascuna Unione approva il
proprio statuto e lo comunica al CNF;
q) può costituire o aderire ad associazioni,
anche sovranazionali, e fondazioni purché
abbiano come oggetto attività connesse alla
professione o alla tutela dei diritti;
r) favorisce l’attuazione, nella professione
forense, dell’articolo 51 della Costituzione;
s) svolge tutte le altre funzioni ad esso
attribuite dalla legge e dai regolamenti.
p) può costituire o aderire ad unioni regionali
o interregionali tra ordini, nel rispetto
dell’autonomia
e
delle
competenze
istituzionali dei singoli consigli. Le unioni
possono avere, se previsto nello statuto,
funzioni di interlocuzione con le regioni, con
gli enti locali e con le università, provvedono
alla consultazione fra i consigli che ne fanno
parte, possono assumere deliberazioni nelle
materie di comune interesse e promuovere o
partecipare
ad
attività
di
formazione
professionale. Ciascuna unione approva il
proprio statuto e lo comunica al CNF;
q) può costituire o aderire ad associazioni,
anche sovranazionali, e fondazioni purché
abbiano come oggetto attività connesse alla
professione o alla tutela dei diritti;
r) favorisce l’attuazione, nella professione
forense, dell’articolo 51 della Costituzione;
s) svolge tutte le altre funzioni ad esso
attribuite dalla legge e dai regolamenti;
t) vigila sulla corretta applicazione, nel
circondario, delle norme dell’ordinamento
giudiziario
segnalando
violazioni
ed
incompatibilità agli organi competenti.
2. La gestione finanziaria e l’amministrazione
dei beni dell’ordine spettano al consiglio, che
provvede
annualmente
a
sottoporre
all’assemblea ordinaria il conto consuntivo e
il bilancio preventivo, redatti secondo regole
di contabilità conformi alle prescrizioni del
regolamento approvato, ai sensi dell’articolo
1,
dal
CNF
che
devono
garantire
l’economicità della gestione.
3. Per provvedere alle spese di gestione e a
2. La gestione finanziaria e l’amministrazione
dei beni dell’ordine spettano al consiglio, che
provvede
annualmente
a
sottoporre
all’assemblea ordinaria il conto consuntivo e
il bilancio preventivo, redatti secondo regole
di contabilità conformi alle prescrizioni del
regolamento approvato dal CNF, ai sensi
dell’articolo 1, comma 5, che devono
garantire l’economicità della gestione.
3. Per provvedere alle spese di gestione e a
cancelleria del
tribunale che ne rilascia copia, ha valore di
titolo esecutivo con l'apposizione della
prescritta formula;
p) può costituire o aderire ad unioni regionali
o interregionali tra ordini, nel rispetto
dell'autonomia
e
delle
competenze
istituzionali dei singoli consigli. Le unioni
possono avere, se previsto nello statuto,
funzioni di interlocuzione con le regioni, con
gli enti locali e con le università, provvedono
alla consultazione fra i consigli che ne fanno
parte, possono assumere deliberazioni nelle
materie di comune interesse e promuovere o
partecipare
ad
attività
di
formazione
professionale. Ciascuna unione approva il
proprio statuto e lo comunica al CNF;
q) può costituire o aderire ad associazioni,
anche sovranazionali, e fondazioni purché
abbiano come oggetto attività connesse alla
professione o alla tutela dei diritti;
r) garantisce l'attuazione, nella professione
forense, dell'articolo 51 della Costituzione;
s) svolge tutte le altre funzioni ad esso
attribuite dalla legge e dai regolamenti;
t) vigila sulla corretta applicazione, nel
circondario, delle norme dell'ordinamento
giudiziario
segnalando
violazioni
ed
incompatibilità agli organi competenti.
2. La gestione finanziaria e l'amministrazione
dei beni dell'ordine spettano al consiglio, che
provvede
annualmente
a
sottoporre
all'assemblea ordinaria il conto consuntivo e
il bilancio preventivo.
3. Per provvedere alle spese di gestione e a
47
297
tutte le attività indicate in questo articolo e
ad ogni altra attività ritenuta necessaria per
il conseguimento dei fini istituzionali, per la
tutela del ruolo dell’Avvocatura nonché per
l’organizzazione di servizi per l’utenza e per il
miglior esercizio delle attività professionali il
consiglio è autorizzato:
a) a fissare e riscuotere un contributo
annuale o contributi straordinari da tutti gli
iscritti di ciascun albo, elenco o registro;
b) a fissare contributi per l’iscrizione negli
albi, negli elenchi, nei registri, per il rilascio
di certificati, copie e tessere e per i pareri sui
compensi.
tutte le attività indicate nel presente articolo
e ad ogni altra attività ritenuta necessaria
per il conseguimento dei fini istituzionali, per
la tutela del ruolo dell’avvocatura nonché per
l’organizzazione di servizi per l’utenza e per il
miglior esercizio delle attività professionali il
consiglio è autorizzato:
a) a fissare e riscuotere un contributo
annuale o contributi straordinari da tutti gli
iscritti di ciascun albo, elenco o registro;
b) a fissare contributi per l’iscrizione negli
albi, negli elenchi, nei registri, per il rilascio
di certificati, copie e tessere e per i pareri sui
compensi.
4. Il consiglio provvede alla riscossione dei
contributi di cui alla lettera a) del comma 3 e
di quelli dovuti al CNF, anche ai sensi del
testo unico delle leggi sui servizi della
riscossione delle imposte dirette, di cui al
decreto del presidente della Repubblica del
15 maggio 1963, n. 858, mediante iscrizione
a ruolo dei contributi dovuti per l’anno di
competenza.
5. Coloro che non versano nei termini
stabiliti il contributo annuale fissato, sono
sospesi, previa contestazione dell’addebito e
loro personale convocazione, dal consiglio
dell’ordine, con provvedimento non avente
natura disciplinare. La sospensione è
revocata allorquando si sia provveduto al
pagamento.
4. Il consiglio provvede alla riscossione dei
contributi di cui alla lettera a) del comma 3 e
di quelli dovuti al CNF, anche ai sensi del
testo unico delle leggi sui servizi della
riscossione delle imposte dirette, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 15
maggio 1963, n. 858, mediante iscrizione a
ruolo dei contributi dovuti per l’anno di
competenza.
5. Coloro che non versano nei termini
stabiliti il contributo annuale sono sospesi,
previa contestazione dell’addebito e loro
personale
convocazione,
dal
consiglio
dell’ordine, con provvedimento non avente
natura disciplinare. La sospensione è
revocata allorquando si sia provveduto al
pagamento.
Art. 28.
(Sportello per il cittadino)
1. Ciascun consiglio dell’ordine degli avvocati
istituisce lo sportello per il cittadino volto a
tutte le attività indicate nel presente articolo
e ad ogni altra attività ritenuta necessaria
per il conseguimento dei fini istituzionali, per
la tutela del ruolo dell'avvocatura nonché per
l'organizzazione di servizi per l'utenza e per il
miglior esercizio delle attività professionali il
consiglio è autorizzato:
a) a fissare e riscuotere un contributo
annuale o contributi straordinari da tutti gli
iscritti a ciascun albo, elenco o registro;
b) a fissare contributi per l'iscrizione negli
albi, negli elenchi, nei registri, per il rilascio
di certificati, copie e tessere e per i pareri sui
compensi.
4. L'entità dei contributi di cui al comma 3 è
fissata in misura tale da garantire il pareggio
di bilancio del consiglio.
5. Il consiglio provvede alla riscossione dei
contributi di cui alla lettera a) del comma 3 e
di quelli dovuti al CNF, anche ai sensi del
testo unico delle leggi sui servizi della
riscossione delle imposte dirette, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 15
maggio 1963, n. 858, mediante iscrizione a
ruolo dei contributi dovuti per l'anno di
competenza.
6. Coloro che non versano nei termini
stabiliti il contributo annuale sono sospesi,
previa contestazione dell'addebito e loro
personale
convocazione,
dal
consiglio
dell'ordine, con provvedimento non avente
natura disciplinare. La sospensione è
revocata allorquando si sia provveduto al
pagamento.
[soppresso]
48
298
fornire informazioni e orientamento ai
cittadini per la fruizione delle prestazioni
professionali di avvocato e per l’accesso alla
giustizia.
2. L’accesso allo sportello per il cittadino è
gratuito.
3. Il consiglio dell’ordine degli avvocati
determina con proprio regolamento le
modalità per l’accesso allo sportello per il
cittadino.
4. Per regolare l’accesso allo sportello per il
cittadino il consiglio dell’ordine degli avvocati
può stipulare opportuni protocolli con Enti
pubblici territoriali e con le Camere di
commercio.
5. Lo sportello per il cittadino fornisce altresì
alle persone che si trovino in condizioni di
disagio economico, che siano residenti nel
circondario del Tribunale ove ha sede l’ordine
degli avvocati, informazioni di indirizzo da
valere in fase precontenziosa. L’accesso allo
sportello per il cittadino per le persone in
condizioni di disagio economico è gratuito ed
è riservato alle persone che, in relazione alle
fattispecie per le quali chiedono di accedere
allo sportello, si trovino nelle condizioni di
reddito idonee a fruire del beneficio del
patrocinio a spese dello Stato ai sensi della
legislazione vigente.
6. Il consiglio dell’ordine degli avvocati
determina con proprio regolamento le
modalità per l’accesso allo sportello per il
cittadino e per l’accertamento del requisito di
reddito per l’accesso medesimo.
Art. 29.
(Il collegio dei revisori)
1. Il collegio dei revisori è composto da tre
membri effettivi ed un supplente nominati
Art. 29.
(Il collegio dei revisori)
1. Il collegio dei revisori è composto da tre
membri effettivi ed un supplente nominati
Art. 29.
(Il collegio dei revisori).
1. Il collegio dei revisori è composto da tre
membri effettivi ed un supplente nominati
49
299
dal presidente del Tribunale e scelti tra gli
avvocati iscritti al registro dei revisori
contabili.
2.
Per
gli
ordini
con
meno
di
tremilacinquecento iscritti la funzione è
svolta
da
un
revisore
unico.
3. I revisori durano in carica tre anni e
possono essere confermati per non più di
due
volte
consecutive.
4. Il collegio verifica la regolarità della
gestione patrimoniale riferendo annualmente
in sede di approvazione del bilancio.
dal presidente del tribunale e scelti tra gli
avvocati iscritti al registro dei revisori
contabili.
2.
Per
gli
ordini
con
meno
di
tremilacinquecento iscritti la funzione è
svolta
da
un
revisore
unico.
3. I revisori durano in carica quattro anni e
possono essere confermati per non più di
due
volte
consecutive.
4. Il collegio verifica la regolarità della
gestione patrimoniale riferendo annualmente
in sede di approvazione del bilancio.
5. Le competenze dovute ai revisori saranno
liquidate tenendo conto degli onorari previsti
dalle tariffe professionali ridotte al 50 per
cento.
5. Le competenze dovute ai revisori sono
liquidate tenendo conto degli onorari previsti
dalle tariffe professionali ridotte al 50 per
cento.
dal presidente del tribunale e scelti tra gli
avvocati iscritti al registro dei revisori
contabili.
2.
Per
gli
ordini
con
meno
di
tremilacinquecento iscritti la funzione è
svolta
da
un
revisore
unico.
3. I revisori durano in carica quattro anni e
possono essere confermati per non più di
due
volte
consecutive.
4. Il collegio, che è presieduto dal più
anziano per iscrizione, verifica la regolarità
della gestione patrimoniale riferendo
annualmente in sede di approvazione del
bilancio.
5. Le competenze dovute ai revisori sono
liquidate tenendo conto degli onorari previsti
dalle tariffe professionali ridotte al 50 per
cento.
Art. 30.
(Funzionamento dei Consigli
dell’ordine per commissioni)
1. I consigli dell’ordine composti da nove o
più membri, possono svolgere la propria
attività mediante commissioni di lavoro
composte da almeno tre membri, che devono
essere tutti presenti ad ogni riunione per la
validità delle deliberazioni.
2. Il funzionamento delle commissioni è
disciplinato con regolamento interno di cui
all’articolo 27, comma 1, lettera b). Il
regolamento può prevedere che i componenti
delle commissioni possano essere scelti,
eccettuate le materie deontologiche o che
trattino dati riservati, anche tra gli avvocati
iscritti all’albo, anche se non consiglieri
dell’ordine.
Art. 30.
(Funzionamento dei consigli
dell’ordine per commissioni)
1. I consigli dell’ordine composti da nove o
più membri possono svolgere la propria
attività mediante commissioni di lavoro
composte da almeno tre membri, che devono
essere tutti presenti ad ogni riunione per la
validità delle deliberazioni.
2. Il funzionamento delle commissioni è
disciplinato con regolamento interno ai sensi
dell’articolo 28, comma 1, lettera b). Il
regolamento può prevedere che i componenti
delle commissioni possano essere scelti,
eccettuate le materie deontologiche o che
trattino dati riservati, anche tra gli avvocati
iscritti all’albo, anche se non consiglieri
dell’ordine.
Art. 30.
(Funzionamento dei consigli dell'ordine per
commissioni).
1. I consigli dell'ordine composti da nove o
più membri possono svolgere la propria
attività mediante commissioni di lavoro
composte da almeno tre membri, che devono
essere tutti presenti ad ogni riunione per la
validità
delle
deliberazioni.
2. Il funzionamento delle commissioni è
disciplinato con regolamento interno ai sensi
dell'articolo 28, comma 1, lettera b). Il
regolamento può prevedere che i componenti
delle commissioni possano essere scelti,
eccettuate le materie deontologiche o che
trattino dati riservati, anche tra gli avvocati
iscritti all'albo, anche se non consiglieri
dell'ordine.
Art. 31.
Art. 31.
Art. 31.
50
300
(Scioglimento del consiglio)
1. Il consiglio è sciolto:
a) se non è in grado di funzionare
regolarmente;
b) se non adempie agli obblighi prescritti
dalla legge;
c) se ricorrono altri gravi motivi di rilevante
interesse pubblico.
2. Lo scioglimento del consiglio e la nomina
del commissario di cui al comma 3 sono
disposti con decreto del Ministro della
giustizia, su proposta del CNF, previa diffida.
3. In caso di scioglimento, le funzioni del
consiglio sono esercitate da un commissario
straordinario, nominato dal CNF e scelto tra
gli avvocati con oltre venti anni di anzianità,
il quale, improrogabilmente entro centoventi
giorni dalla data di scioglimento, convoca
l’assemblea per le elezioni in sostituzione.
(Scioglimento del consiglio)
1. Il consiglio è sciolto:
a) se non è in grado di funzionare
regolarmente;
b) se non adempie agli obblighi prescritti
dalla
legge;
c) se ricorrono altri gravi motivi di rilevante
interesse pubblico.
2. Lo scioglimento del consiglio e la nomina
del commissario di cui al comma 3 sono
disposti con decreto del Ministro della
giustizia, su proposta del CNF, previa diffida.
3. In caso di scioglimento, le funzioni del
consiglio sono esercitate da un commissario
straordinario, nominato dal CNF e scelto tra
gli avvocati con oltre venti anni di anzianità,
il quale, improrogabilmente entro centoventi
giorni dalla data di scioglimento, convoca
l’assemblea per le elezioni in sostituzione.
4. Il commissario, per essere coadiuvato
nell’esercizio
delle
sue
funzioni,
può
nominare un comitato di non più di sei
componenti, scelti tra gli iscritti all’albo, di
cui uno con funzioni di segretario.
4. Il commissario, per essere coadiuvato
nell’esercizio
delle
sue
funzioni,
può
nominare un comitato di non più di sei
componenti, scelti tra gli iscritti all’albo, di
cui uno con funzioni di segretario.
(Scioglimento del consiglio).
1. Il consiglio è sciolto:
a) se non è in grado di funzionare
regolarmente;
b) se non adempie agli obblighi prescritti
dalla legge;
c) se ricorrono altri gravi motivi di rilevante
interesse pubblico.
2. Lo scioglimento del consiglio e la nomina
del commissario di cui al comma 3 sono
disposti con decreto del Ministro della
giustizia, su proposta del CNF, previa diffida.
3. In caso di scioglimento, le funzioni del
consiglio sono esercitate da un commissario
straordinario, nominato dal CNF e scelto tra
gli avvocati con oltre venti anni
di anzianità, il quale, improrogabilmente
entro centoventi giorni dalla data di
scioglimento, convoca l'assemblea per le
elezioni in sostituzione.
4. Il commissario, per essere coadiuvato
nell'esercizio
delle
sue
funzioni,
può
nominare un comitato di non più di sei
componenti, scelti tra gli iscritti all'albo, di
cui uno con funzioni di segretario.
Capo II
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
Capo II
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
Capo III
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
Art. 32.
(Durata e composizione)
1. Il CNF, previsto e disciplinato dagli articolo
52 e seguenti del regio decreto-legge 27
novembre 1933, n. 1578, e 59 e seguenti del
regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37, ha
sede presso il Ministero della giustizia e dura
in carica quattro anni; i suoi componenti non
possono essere eletti consecutivamente più
Art. 32.
(Durata e composizione)
1. Il CNF, previsto e disciplinato dagli articoli
52 e seguenti del regio decreto-legge 27
novembre 1933, n. 1578, convertito, con
modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934,
n. 36, e dagli articoli 59 e seguenti del regio
decreto 22 gennaio 1934, n. 37, ha sede
presso il Ministero della giustizia e dura in
Art. 32.
(Durata e composizione).
1. Il CNF, previsto e disciplinato dagli articoli
52 e seguenti del regio decreto-legge 27
novembre 1933, n. 1578, convertito, con
modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934,
n. 36, e dagli articoli 59 e seguenti del regio
decreto 22 gennaio 1934, n. 37, ha sede
presso il Ministero della giustizia e dura in
51
301
di tre volte. Il consiglio uscente resta in
carica per il disbrigo degli affari correnti fino
all’insediamento del consiglio neoeletto.
2. Il CNF è composto da avvocati aventi i
requisiti di cui all’articolo 36, , in numero di
un componente per ciascun distretto di Corte
d’appello. Il voto è espresso per un solo
candidato; risulta eletto chi abbia riportato il
maggior numero di voti. Le elezioni per la
nomina dei componenti del CNF devono
svolgersi nei quindici giorni prima della
scadenza del consiglio in carica. La
proclamazione dei risultati delle elezioni è
fatta dal consiglio in carica, il quale cessa
dalle sue funzioni alla prima riunione del
nuovo consiglio convocata dal presidente in
carica.
3. A ciascun consiglio spetta un voto per ogni
cento iscritti o frazione di cento fino a
duecento iscritti, ed un voto ogni duecento
iscritti fino a seicento iscritti ed un voto ogni
trecento iscritti da seicento iscritti ed oltre.
In caso di parità di voti è preferito il
carica quattro anni. I suoi componenti non
possono essere eletti consecutivamente più
di due volte. Il Consiglio uscente resta in
carica per il disbrigo degli affari correnti fino
all’insediamento del Consiglio neoeletto.
2. Il CNF è composto da avvocati aventi i
requisiti di cui all’articolo 36. Ciascun
distretto di corte d’appello elegge un
componente se il numero degli avvocati
iscritti all’albo è inferiore a diecimila e due
componenti se il numero degli iscritti è
superiore. Il voto è espresso per un solo
candidato; risulta eletto chi abbia riportato il
maggior numero di voti. Le elezioni per la
nomina dei componenti del CNF devono
svolgersi nei quindici giorni prima della
scadenza del Consiglio in carica. La
proclamazione dei risultati delle elezioni è
fatta dal Consiglio in carica, il quale cessa
dalle sue funzioni alla prima riunione del
nuovo Consiglio convocata dal presidente in
carica.
3. A ciascun consiglio spetta: un voto per
ogni cento iscritti o frazione di cento fino a
duecento iscritti; un voto per ogni successivi
trecento iscritti, da cinquecento fino ad
ottocento iscritti; un voto per ogni successivi
seicento iscritti, da ottocento fino a duemila
carica quattro anni. I suoi componenti non
possono essere eletti consecutivamente più
di due volte. Il Consiglio uscente resta in
carica per il disbrigo degli affari correnti fino
all'insediamento del Consiglio neoeletto.
2. Il CNF è composto da avvocati aventi i
requisiti di cui all'articolo 36. Ciascun
distretto di corte d'appello in cui il numero
complessivo degli iscritti agli albi è inferiore
a diecimila elegge un componente. Risulta
eletto chi abbia riportato il maggior numero
di voti. Non può appartenere per più di due
mandati consecutivi allo stesso ordine
circondariale il componente eletto in tali
distretti. Ciascun distretto di corte di appello
in cui il numero complessivo degli iscritti agli
albi è pari o superiore a diecimila elegge due
componenti; in tali distretti risulta primo
eletto chi abbia riportato il maggior numero
di voti, secondo eletto chi abbia riportato il
maggior numero di voti tra gli iscritti ad un
ordine circondariale diverso da quello al
quale appartiene il primo eletto. In tutti i
distretti, il voto è comunque espresso per un
solo candidato. In ogni caso, a parità di voti,
è eletto il candidato più anziano di iscrizione.
Le elezioni per la nomina dei componenti del
CNF devono svolgersi nei quindici giorni
prima della scadenza del Consiglio in carica.
La proclamazione dei risultati è fatta dal
Consiglio in carica, il quale cessa dalle sue
funzioni alla prima riunione del nuovo
Consiglio convocato dal presidente in carica.
3. A ciascun consiglio spetta un voto per ogni
cento iscritti o frazione di cento, fino a
duecento iscritti; un voto per ogni successivi
trecento iscritti, da duecentouno fino ad
ottocento iscritti; un voto per ogni successivi
seicento iscritti, da ottocentouno fino a
52
302
candidato più anziano per iscrizione nell’albo,
e tra coloro che abbiano eguale anzianità di
iscrizione,
il
maggiore
di
età.
4. Il CNF elegge il presidente, due
vicepresidenti, il segretario ed il tesoriere,
che, formano il consiglio di presidenza;
nomina
inoltre
i
componenti
delle
commissioni, e degli altri organi previsti dal
regolamento.
5. Si applicano le disposizioni di cui al
decreto legislativo 23 novembre 1944,
n. 382, per quanto non espressamente
previsto.
iscritti; un voto per ogni successivi mille
iscritti, da duemila a diecimila iscritti; un
voto per ogni successivi tremila iscritti, al di
sopra
dei
diecimila
iscritti.
4. Il CNF elegge il presidente, due
vicepresidenti, il segretario ed il tesoriere,
che formano il consiglio di presidenza.
Nomina
inoltre
i
componenti
delle
commissioni e degli altri organi previsti dal
regolamento.
5. Si applicano le disposizioni di cui al
decreto
legislativo
luogotenenziale
23
novembre 1944, n. 382, per quanto non
espressamente previsto.
duemila iscritti; un voto per ogni successivi
mille iscritti, da duemilauno a diecimila
iscritti; un voto per ogni successivi tremila
iscritti,
al
di
sopra
dei
diecimila.
4. Il CNF elegge il presidente, due
vicepresidenti, il segretario ed il tesoriere,
che formano il consiglio di presidenza.
Nomina
inoltre
i
componenti
delle
commissioni e degli altri organi previsti dal
regolamento.
5. Si applicano le disposizioni di cui al
decreto
legislativo
luogotenenziale
23
novembre 1944, n. 382, per quanto non
espressamente previsto.
Art. 33.
(Compiti e prerogative)
Art. 33.
(Compiti e prerogative)
1. Il CNF:
a)
ha la
rappresentanza istituzionale
dell’avvocatura
a
livello
nazionale
e
promuove i rapporti con le istituzioni e le
pubbliche amministrazioni competenti;
1. Il CNF:
a) ha la rappresentanza istituzionale
dell’avvocatura
a
livello
nazionale
e
promuove i rapporti con le istituzioni e le
pubbliche amministrazioni competenti;
b) adotta i regolamenti per l’attuazione
dell’ordinamento professionale, ai sensi
dell’articolo 1, comma 5, e i regolamenti
interni per il suo funzionamento;
c)
esercita la funzione giurisdizionale
secondo le previsioni di cui agli articoli da 59
a 65 del RD 22 gennaio 1934 n. 37;
b) adotta i regolamenti interni per il
funzionamento
dell’ordinamento
professionale;
Art. 33.
(Compiti e prerogative).
1. Il CNF:
a) ha in via esclusiva la rappresentanza
istituzionale
dell'avvocatura
a
livello
nazionale e promuove i rapporti con le
istituzioni e le pubbliche amministrazioni
competenti;
b) adotta i regolamenti interni per il proprio
funzionamento e, ove occorra, per quello
degli ordini circondariali;
c) esercita la funzione giurisdizionale
secondo le previsioni di cui agli articoli da 59
a 65 del regio decreto 22 gennaio 1934,
n. 37;
d) emana e aggiorna periodicamente il
codice
deontologico,
curandone
la
pubblicazione e la diffusione in modo da
favorirne la più ampia conoscenza, sentiti i
consigli degli ordini, anche mediante una
propria commissione consultiva presieduta
dal suo presidente o da altro consigliere da
lui delegato, e formata da componenti del
c) esercita la funzione giurisdizionale
secondo le previsioni di cui agli articoli da 59
a 65 del regio decreto 22 gennaio 1934, n.
37;
d) emana e aggiorna periodicamente il
codice
deontologico,
curandone
la
pubblicazione e la diffusione in modo da
favorirne la più ampia conoscenza, sentiti i
consigli
dell'ordine
circondariali,
anche
mediante
una
propria
commissione
consultiva presieduta dal suo presidente o da
altro consigliere da lui delegato e formata da
d) emana e aggiorna periodicamente, il
codice
deontologico,
curandone
la
pubblicazione e la diffusione in modo da
favorirne la più ampia conoscenza, sentiti i
consigli degli ordini, anche mediante una
propria commissione consultiva presieduta
dal suo presidente o da altro consigliere da
lui delegato, e formata da componenti del
53
303
CNF, e da consiglieri designati dagli ordini in
base al regolamento interno del CNF;
CNF e da consiglieri designati dagli ordini in
base al regolamento interno del CNF;
e) cura la tenuta e l’aggiornamento dell’albo
speciale per il patrocinio avanti alle
giurisdizioni superiori e redige l’elenco
nazionale degli avvocati ai sensi dell’articolo
15;
f) promuove attività di coordinamento e di
indirizzo dei consigli territoriali, al fine di
rendere omogenee le condizioni di esercizio
della professione e dell’accesso alla stessa;
e) cura la tenuta e l’aggiornamento dell’albo
speciale per il patrocinio avanti alle
giurisdizioni superiori e redige l’elenco
nazionale degli avvocati ai sensi dell’articolo
14, comma 5;
f) promuove attività di coordinamento e di
indirizzo dei consigli territoriali al fine di
rendere omogenee le condizioni di esercizio
della professione e di accesso alla stessa;
g) propone ogni due anni al Ministro della
giustizia le tariffe professionali;
h) collabora con i consigli dell’ordine
circondariali alla conservazione e alla tutela
dell’indipendenza e del decoro professionale;
i) provvede agli adempimenti previsti dagli
articoli 41 e 42 per i rapporti con le
università e dagli articoli 44 e 45 per quanto
attiene ai corsi integrativi di formazione
professionale;
l) esprime pareri in merito alla previdenza
forense;
m) approva i conti consuntivi e i bilanci
preventivi delle proprie gestioni;
n) adotta il regolamento in materia di
specializzazioni ai sensi dell’articolo 8,
comma 5;
o) propone al Ministro di giustizia di
sciogliere i consigli dell’ordine circondariali
quando sussistano le condizioni previste
nell’articolo 31;
p)
cura,
mediante
pubblicazioni,
l’informazione sulla propria attività e sugli
argomenti d’interesse dell’avvocatura;
q) esprime, su richiesta del Ministro della
giustizia, pareri su proposte e disegni di
g) propone ogni due anni al Ministro della
giustizia
le
tariffe
professionali;
h) collabora con i consigli dell’ordine
circondariali alla conservazione e alla tutela
dell’indipendenza e del decoro professionale;
i) provvede agli adempimenti previsti
dall’articolo 38 per i rapporti con le università
e dall’articolo 41 per quanto attiene ai corsi
di formazione di indirizzo professionale;
l) esprime pareri in merito alla previdenza
forense;
m) approva i conti consuntivi e i bilanci
preventivi
delle
proprie
gestioni;
n) adotta il regolamento in materia di
specializzazioni ai sensi dell’articolo 8,
comma 1;
o) propone al Ministro della giustizia di
sciogliere i consigli dell’ordine circondariali
quando sussistano le condizioni previste
nell’articolo
31;
p)
cura,
mediante
pubblicazioni,
l’informazione sulla propria attività e sugli
argomenti
d’interesse
dell’avvocatura;
q) esprime, su richiesta del Ministro della
giustizia, pareri su proposte e disegni di
componenti del CNF e da consiglieri designati
dagli ordini in base al regolamento interno
del CNF;
e) cura la tenuta e l'aggiornamento dell'albo
speciale per il patrocinio davanti alle
giurisdizioni superiori e redige l'elenco
nazionale degli avvocati ai sensi dell'articolo
14, comma 5;
f) promuove attività di coordinamento e di
indirizzo dei consigli dell'ordine circondariali
al fine di rendere omogenee le condizioni di
esercizio della professione e di accesso alla
stessa;
g) propone ogni due anni al Ministro della
giustizia le tariffe professionali;
h) collabora con i consigli dell'ordine
circondariali alla conservazione e alla tutela
dell'indipendenza e del decoro professionale;
i) provvede agli adempimenti previsti
dall'articolo 38 per i rapporti con le università
e dall'articolo 41 per quanto attiene ai corsi
di formazione di indirizzo professionale;
l) esprime pareri in merito alla previdenza
forense;
m) approva i conti consuntivi e i bilanci
preventivi delle proprie gestioni;
n) propone al Ministro della giustizia di
sciogliere i consigli dell'ordine circondariali
quando sussistano le condizioni previste
nell'articolo 31;
o)
cura,
mediante
pubblicazioni,
l'informazione sulla propria attività e sugli
argomenti d'interesse dell'avvocatura;
p) esprime, su richiesta del Ministro della
giustizia, pareri su proposte e disegni di
54
304
legge che, anche indirettamente, interessino
la professione forense e l’amministrazione
della giustizia;
r) istituisce e disciplina, con apposito
regolamento,
l’osservatorio
permanente
sull’esercizio della giurisdizione, che raccoglie
dati ed elabora studi e proposte diretti a
favorire una più efficiente amministrazione
delle funzioni giurisdizionali;
s) designa rappresentanti di categoria presso
commissioni
ed
organi
nazionali
o
internazionali;
t) esprime pareri richiesti dalle pubbliche
amministrazioni;
u) svolge ogni altra funzione ad esso
attribuita dalla legge e dai regolamenti.
2. Nei limiti necessari per coprire le spese
della sua gestione, il CNF è autorizzato:
legge che, anche indirettamente, interessino
la professione forense e l’amministrazione
della giustizia;
r) istituisce e disciplina, con apposito
regolamento,
l’osservatorio
permanente
sull’esercizio della giurisdizione, che raccoglie
dati ed elabora studi e proposte diretti a
favorire una più efficiente amministrazione
delle
funzioni
giurisdizionali;
s) designa rappresentanti di categoria presso
commissioni
ed
organi
nazionali
o
internazionali;
t) esprime pareri richiesti dalle pubbliche
amministrazioni;
u) svolge ogni altra funzione ad esso
attribuita dalla legge e dai regolamenti.
2. Nei limiti necessari per coprire le spese
della sua gestione, il CNF è autorizzato:
legge che, anche indirettamente, interessino
la professione forense e l'amministrazione
della giustizia;
q) istituisce e disciplina, con apposito
regolamento,
l'osservatorio
permanente
sull'esercizio della giurisdizione, che raccoglie
dati ed elabora studi e proposte diretti a
favorire una più efficiente amministrazione
delle funzioni giurisdizionali;
r) designa rappresentanti di categoria presso
commissioni
ed
organi
nazionali
o
internazionali;
-
a) a determinare la misura del contributo
annuale dovuto dagli avvocati iscritti negli
albi ed elenchi;
b) a stabilire diritti per il rilascio di certificati
e copie;
c) a stabilire la misura della tassa di
iscrizione e del contributo annuale dovuto
dall’iscritto nell’albo dei patrocinanti innanzi
le giurisdizioni superiori.
3. La riscossione del contributo annuale è
compiuta dagli ordini circondariali, secondo
quanto previsto da apposito regolamento
adottato dal CNF ai sensi dell’articolo 1,
comma 5.
a) a determinare la misura del contributo
annuale dovuto dagli avvocati iscritti negli
albi ed elenchi;
b) a stabilire diritti per il rilascio di certificati
e copie;
c) a stabilire la misura della tassa di
iscrizione e del contributo annuale dovuto
dall’iscritto nell’albo dei patrocinanti innanzi
le giurisdizioni superiori.
3. La riscossione del contributo annuale è
compiuta dagli ordini circondariali, secondo
quanto previsto da apposito regolamento
adottato dal CNF.
s) svolge ogni altra funzione ad esso
attribuita dalla legge e dai regolamenti.
2. Nei limiti necessari per coprire le spese
della sua gestione, e al fine di garantire
quantomeno il pareggio di bilancio, il CNF è
autorizzato:
a) a determinare la misura del contributo
annuale dovuto dagli avvocati iscritti negli
albi ed elenchi;
b) a stabilire diritti per il rilascio di certificati
e copie;
c) a stabilire la misura della tassa di
iscrizione e del contributo annuale dovuto
dall'iscritto nell'albo dei patrocinanti davanti
alle giurisdizioni superiori.
3. La riscossione del contributo annuale è
compiuta dagli ordini circondariali, secondo
quanto previsto da apposito regolamento
adottato dal CNF.
Art. 34.
(Competenza giurisdizionale)
1. Il CNF pronuncia sui ricorsi avverso i
provvedimenti disciplinari nonché in materia
Art. 34.
(Competenza giurisdizionale)
1. Il CNF pronuncia sui reclami avverso i
provvedimenti disciplinari nonché in materia
Art. 34.
(Competenza giurisdizionale).
1. Il CNF pronuncia sui reclami avverso i
provvedimenti disciplinari nonché in materia
55
305
di albi, elenchi e registri e rilascio di
certificato di compiuta pratica; pronuncia sui
ricorsi relativi alle elezioni dei consigli
dell’ordine; risolve i conflitti di competenza
tra ordini circondariali; esercita il potere
disciplinare
nei
confronti
dei
propri
componenti. La funzione giurisdizionale si
svolge secondo le previsioni di cui agli articoli
da 59 a 65 del RD 22 gennaio 1934 nr. 37
2. Le udienze del CNF sono pubbliche; ad
esse partecipa, con funzioni di pubblico
ministero, un magistrato, con grado non
inferiore a
consigliere di
Cassazione,
delegato dal procuratore generale presso la
Corte di cassazione.
3. Le decisioni del CNF sono notificate, entro
trenta giorni, all’interessato e al pubblico
ministero presso la Corte d’appello e il
tribunale della circoscrizione alla quale
l’interessato appartiene. Nello stesso termine
sono comunicate al consiglio dell’ordine della
circoscrizione stessa.
di albi, elenchi e registri e rilascio di
certificato di compiuta pratica; pronuncia sui
ricorsi relativi alle elezioni dei consigli
dell’ordine; risolve i conflitti di competenza
tra ordini circondariali; esercita le funzioni
disciplinari
nei
confronti
dei
propri
componenti, quando il consiglio distrettuale
di disciplina competente abbia deliberato
l’apertura del procedimento disciplinare. La
funzione giurisdizionale si svolge secondo le
previsioni di cui agli articoli da 59 a 65 del
regio decreto 22 gennaio 1934 n. 37.
2. Le udienze del CNF sono pubbliche. Ad
esse partecipa, con funzioni di pubblico
ministero, un magistrato, con grado non
inferiore a consigliere di cassazione, delegato
dal procuratore generale presso la Corte di
cassazione.
3. Le decisioni del CNF sono notificate, entro
trenta giorni, all’interessato e al pubblico
ministero presso la corte d’appello e il
tribunale della circoscrizione alla quale
l’interessato appartiene. Nello stesso termine
sono comunicate al consiglio dell’ordine della
circoscrizione stessa.
4. Nei casi di cui al comma 1 la notificazione
è fatta agli interessati e al pubblico ministero
presso la Corte di cassazione.
5. Gli interessati e il pubblico ministero
possono proporre ricorso avverso le decisioni
del CNF alle sezioni unite della Corte di
cassazione,
entro
trenta
giorni
dalla
notificazioni, per incompetenza, eccesso di
potere e violazione di legge.
6. Il ricorso non ha effetto sospensivo.
4. Nei casi di cui al comma 1 la notificazione
è fatta agli interessati e al pubblico ministero
presso
la
Corte
di
cassazione.
5. Gli interessati e il pubblico ministero
possono proporre ricorso avverso le decisioni
del CNF alle sezioni unite della Corte di
cassazione,
entro
trenta
giorni
dalla
notificazione, per incompetenza, eccesso di
potere
e
violazione
di
legge.
6. Il ricorso non ha effetto sospensivo.
di albi, elenchi e registri e rilascio di
certificato di compiuta pratica; pronuncia sui
ricorsi relativi alle elezioni dei consigli
dell'ordine; risolve i conflitti di competenza
tra ordini circondariali; esercita le funzioni
disciplinari
nei
confronti
dei
propri
componenti, quando il Consiglio istruttore di
disciplina competente abbia deliberato
l'apertura del procedimento disciplinare. La
funzione giurisdizionale si svolge secondo le
previsioni di cui agli articoli da 59 a 65 del
regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37.
2. Le udienze del CNF sono pubbliche. Ad
esse partecipa, con funzioni di pubblico
ministero, un magistrato, con grado non
inferiore a consigliere di cassazione, delegato
dal procuratore generale presso la Corte di
cassazione.
3. Per la partecipazione alle procedure in
materia disciplinare del CNF, ai magistrati
non sono riconosciuti compensi, indennità o
gettoni
di
presenza.
4. Le decisioni del CNF sono notificate, entro
trenta giorni, all'interessato e al pubblico
ministero presso la corte d'appello e il
tribunale della circoscrizione alla quale
l'interessato appartiene. Nello stesso termine
sono comunicate al consiglio dell'ordine della
circoscrizione stessa.
5. Nei casi di cui al comma 1 la notificazione
è fatta agli interessati e al pubblico ministero
presso
la
Corte
di
cassazione.
6. Gli interessati e il pubblico ministero
possono proporre ricorso avverso le decisioni
del CNF alle sezioni unite della Corte di
cassazione,
entro
trenta
giorni
dalla
notificazione, per incompetenza, eccesso di
potere
e
violazione
di
legge.
7. Il ricorso non ha effetto sospensivo.
56
306
Tuttavia l’esecuzione può essere sospesa
dalle sezioni unite della Corte di cassazione
in camera di consiglio su istanza del
ricorrente.
7. Nel caso di annullamento con rinvio, il
rinvio è fatto al CNF, il quale deve
conformarsi alla decisione della Corte circa il
punto di diritto sul quale essa ha
pronunciato.
Tuttavia l’esecuzione può essere sospesa
dalle sezioni unite della Corte di cassazione
in camera di consiglio su istanza del
ricorrente.
7. Nel caso di annullamento con rinvio, il
rinvio è fatto al CNF, il quale deve
conformarsi alla decisione della Corte di
cassazione circa il punto di diritto sul quale
essa ha pronunciato.
Tuttavia l'esecuzione può essere sospesa
dalle sezioni unite della Corte di cassazione
in camera di consiglio su istanza del
ricorrente.
8. Nel caso di annullamento con rinvio, il
rinvio è fatto al CNF, il quale deve
conformarsi alla decisione della Corte di
cassazione circa il punto di diritto sul quale
essa ha pronunciato.
Art. 35.
(Funzionamento)
1. Il CNF pronuncia sui ricorsi indicati
nell’articolo 34 secondo le previsioni di cui
agli articoli da 59 a 65 del R.D. 22 gennaio
1934, n. 37, applicando, se necessario, le
norme ed i principi del codice di procedura
civile.
2.
Nei
procedimenti
giurisdizionali
si
applicano le norme del codice di procedura
civile sulla astensione e ricusazione dei
giudici. I provvedimenti del CNF su
impugnazione di delibere dei Consigli
distrettuali di disciplina e dei Consigli
circondariali hanno natura di sentenza.
3. Il controllo contabile e della gestione è
svolto da un collegio di tre revisori dei conti
nominato dal Primo presidente della Corte di
cassazione, che li sceglie tra gli iscritti al
registro dei revisori, nominando anche due
revisori supplenti.
Art. 35.
(Funzionamento)
1. Il CNF pronuncia sui ricorsi indicati
nell’articolo 34 secondo le previsioni di cui
agli articoli da 59 a 65 del regio decreto 22
gennaio
1934,
n. 37,
applicando,
se
necessario, le norme ed i princìpi del codice
di procedura civile.
2.
Nei
procedimenti
giurisdizionali
si
applicano le norme del codice di procedura
civile sulla astensione e ricusazione dei
giudici. I provvedimenti del CNF su
impugnazione di delibere dei consigli
istruttori di disciplina e dei consigli
circondariali hanno natura di sentenza.
3. Il controllo contabile e della gestione è
svolto da un collegio di tre revisori dei conti
nominato dal Primo presidente della Corte di
cassazione, che li sceglie tra gli iscritti al
registro dei revisori, nominando anche due
revisori supplenti.
4. Per il compenso dei revisori si applica il
criterio di cui all’articolo 29, comma 5.
5. Il CNF può svolgere la propria attività non
giurisdizionale istituendo commissioni di
lavoro,
anche
eventualmente
con
la
partecipazione
di
membri
esterni
al
Consiglio.
4. Per il compenso dei revisori si applica il
criterio di cui all’articolo 29, comma 5.
5. Il CNF può svolgere la propria attività non
giurisdizionale istituendo commissioni di
lavoro,
anche
eventualmente
con
la
partecipazione
di
membri
esterni
al
Consiglio.
Art. 35.
(Funzionamento).
1. Il CNF pronuncia sui ricorsi indicati
nell'articolo 34 secondo le previsioni di cui
agli articoli da 59 a 65 del regio decreto 22
gennaio 1934, n. 37, applicando, se
necessario, le norme ed i princìpi del codice
di procedura civile.
2.
Nei
procedimenti
giurisdizionali
si
applicano le norme del codice di procedura
civile sulla astensione e ricusazione dei
giudici. I provvedimenti del CNF su
impugnazione di delibere dei Consigli
istruttori di disciplina e dei consigli
circondariali hanno natura di sentenza.
3. Il controllo contabile e della gestione è
svolto da un collegio di tre revisori dei conti
nominato dal primo presidente della Corte di
cassazione, che li sceglie tra gli iscritti al
registro dei revisori, nominando anche due
revisori supplenti. Il collegio è presieduto dal
componente più anziano per iscrizione.
4. Per il compenso dei revisori si applica il
criterio di cui all'articolo 29, comma 5.
5. Il CNF può svolgere la propria attività non
giurisdizionale istituendo commissioni di
lavoro,
anche
eventualmente
con
la
partecipazione
di
membri
esterni
al
Consiglio.
57
307
Art. 36.
(Eleggibilità e incompatibilità)
1. Sono eleggibili al CNF gli iscritti all’albo
speciale
per
il
patrocinio
avanti
le
giurisdizioni superiori. Risultano eletti coloro
che hanno riportato il maggior numero di
voti; in caso di parità di voti risulta eletto il
più anziano per iscrizione e, tra coloro che
abbiano uguale anzianità di iscrizione, il
maggiore di età.
2. Non possono essere eletti coloro che
abbiano
riportato,
nei
cinque
anni
precedenti, condanna anche non definitiva ad
una
sanzione
disciplinare
più
grave
dell’avvertimento.
3. La carica di consigliere nazionale è
incompatibile con quella di consigliere
dell’ordine e di componente del consiglio di
amministrazione e del comitato dei delegati
della Cassa nazionale di previdenza e
assistenza forense.
4. L’eletto che viene a trovarsi in condizione
di incompatibilità deve optare per uno degli
incarichi
entro
trenta
giorni
dalla
proclamazione; nel caso in cui non vi
provveda
decade
automaticamente
dall’incarico assunto in precedenza.
Art. 36.
(Eleggibilità e incompatibilità)
1. Sono eleggibili al CNF gli iscritti all’albo
speciale
per
il
patrocinio
avanti
le
giurisdizioni superiori. Risultano eletti coloro
che hanno riportato il maggior numero di
voti. In caso di parità di voti risulta eletto il
più anziano per iscrizione e, tra coloro che
abbiano uguale anzianità di iscrizione, il
maggiore di età.
2. Non possono essere eletti coloro che
abbiano
riportato,
nei
cinque
anni
precedenti, condanna esecutiva anche non
definitiva ad una sanzione disciplinare più
grave
dell’avvertimento.
3. La carica di consigliere nazionale è
incompatibile con quella di consigliere
dell’ordine e di componente del consiglio di
amministrazione e del comitato dei delegati
della Cassa nazionale di previdenza e
assistenza
forense.
4. L’eletto che viene a trovarsi in condizione
di incompatibilità deve optare per uno degli
incarichi
entro
trenta
giorni
dalla
proclamazione. Nel caso in cui non vi
provveda,
decade
automaticamente
dall’incarico assunto in precedenza.
Art. 36.
(Eleggibilità e incompatibilità).
1. Sono eleggibili al CNF gli iscritti all'albo
speciale per il patrocinio davanti alle
giurisdizioni superiori. Risultano eletti coloro
che hanno riportato il maggior numero di
voti. In caso di parità di voti risulta eletto il
più anziano per iscrizione e, tra coloro che
abbiano uguale anzianità di iscrizione, il
maggiore
di
età.
2. Non possono essere eletti coloro che
abbiano
riportato,
nei
cinque
anni
precedenti, condanna esecutiva anche non
definitiva ad una sanzione disciplinare più
grave
dell'avvertimento.
3. La carica di consigliere nazionale è
incompatibile con quella di consigliere
dell'ordine e di componente del consiglio di
amministrazione e del comitato dei delegati
della Cassa nazionale di previdenza e
assistenza
forense.
4. L'eletto che viene a trovarsi in condizione
di incompatibilità deve optare per
uno degli incarichi entro trenta giorni dalla
proclamazione. Nel caso in cui non vi
provveda,
decade
automaticamente
dall'incarico assunto in precedenza.
Capo III
CONGRESSO NAZIONALE FORENSE
Capo III
CONGRESSO NAZIONALE FORENSE
Capo IV
CONGRESSO NAZIONALE FORENSE
Art. 37.
(Congresso nazionale forense)
1. Il CNF convoca il congresso nazionale
Art. 37.
(Congresso nazionale forense)
1. Il CNF convoca il congresso nazionale
Art. 37.
(Congresso nazionale forense).
1. Il CNF convoca il congresso nazionale
58
308
forense.
2. Il congresso nazionale forense è il
momento di confluenza di tutte le sue
componenti dell’Avvocatura italiana nel
rispetto della loro autonomia; tratta e
formula proposte sui temi della giustizia e
della tutela dei diritti fondamentali dei
cittadini, nonché le questioni che riguardano
la professione forense.
3. Il congresso nazionale forense delibera
autonomamente
le
proprie
norme
regolamentari e statutarie, e, in quanto
previsto dallo statuto, elegge l’organismo
chiamato a dare attuazione ai suoi deliberati.
forense, almeno ogni tre anni.
2. Il congresso nazionale forense è il
momento
di
confluenza
di
tutte
le
componenti dell’avvocatura italiana nel
rispetto della loro autonomia. Tratta e
formula proposte sui temi della giustizia e
della tutela dei diritti fondamentali dei
cittadini, nonché le questioni che riguardano
la
professione
forense.
3. Il congresso nazionale forense delibera
autonomamente
le
proprie
norme
regolamentari e statutarie, ed elegge
l’organismo chiamato a dare attuazione ai
suoi deliberati.
forense
almeno
ogni
tre
anni.
2. Il congresso nazionale forense è la
massima assise dell'avvocatura italiana nel
rispetto dell'identità e dell'autonomia di
ciascuna delle sue componenti associative.
Tratta e formula proposte sui temi della
giustizia e della tutela dei diritti fondamentali
dei cittadini, nonché le questioni che
riguardano
la
professione
forense.
3. Il congresso nazionale forense delibera
autonomamente
le
proprie
norme
regolamentari e statutarie, ed elegge
l'organismo chiamato a dare attuazione ai
suoi deliberati.
TITOLO IV
ACCESSO ALLA PROFESSIONE
Capo I
RAPPORTI CON L’UNIVERSITÀ
TITOLO IV
ACCESSO ALLA PROFESSIONE FORENSE
Capo I
TIROCINIO PROFESSIONALE
TITOLO IV
ACCESSO ALLA PROFESSIONE FORENSE
Capo I
TIROCINIO PROFESSIONALE
Art. 38.
(Corsi di laurea specialistici)
1. Ferma restando l’autonomia didattica degli
atenei e la libertà di insegnamento dei
docenti, le facoltà di giurisprudenza delle
Università pubbliche e private assicurano il
carattere professionalizzante dei propri
insegnamenti,
promuovendo
altresì
l’orientamento pratico e casistico degli studi.
Art. 39.
(Integrazione dei consigli delle facoltà di
giurisprudenza)
1. Ai fini di cui all’articolo 38, i consigli delle
facoltà di giurisprudenza sono integrati dal
presidente del consiglio dell’ordine degli
avvocati
nel
cui
territorio
ha
sede
l’università, o da un avvocato da questi
[soppresso]
[soppresso]
59
309
delegato,
che
partecipa
alle
sedute
convocate per discutere profili applicativi del
principio di cui all’articolo 38.
2. Previo parere favorevole del CNF e della
Conferenza dei presidi delle facoltà di
giurisprudenza, i presidenti dei consigli
dell’ordine degli avvocati nel cui territorio
non esistono facoltà di giurisprudenza
possono partecipare alle sedute del consiglio
della
facoltà
di
giurisprudenza
della
università viciniore.
Art. 40.
(Accordi tra università e ordini forensi)
1. Le università e i consigli dell’ordine degli
avvocati possono stipulare convenzioniquadro per la disciplina dei rapporti reciproci,
anche di carattere finanziario.
2. Il CNF e la Conferenza dei presidi delle
facoltà di giurisprudenza promuovono, anche
mediante
la
stipulazione
di
apposita
convenzione e l’istituzione di un osservatorio
permanente
congiunto,
la
piena
collaborazione tra le facoltà di giurisprudenza
e gli ordini forensi, per il perseguimento dei
fini di cui al presente capo.
Art. 38.
(Accordi tra università e ordini forensi)
1. Le università e i consigli dell’ordine degli
avvocati possono stipulare convenzioniquadro per la disciplina dei rapporti reciproci,
anche di carattere finanziario.
2. Il CNF e la Conferenza dei presidi delle
facoltà di giurisprudenza promuovono, anche
mediante
la
stipulazione
di
apposita
convenzione e l’istituzione di un osservatorio
permanente
congiunto,
la
piena
collaborazione tra le facoltà di giurisprudenza
e gli ordini forensi, per il perseguimento dei
fini di cui al presente capo.
Art. 38.
(Accordi tra università e ordini forensi).
1. I consigli dell'ordine degli avvocati
possono stipulare convenzioni, senza nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica, con le
università per la disciplina dei rapporti
reciproci.
2. Il CNF e la Conferenza dei presidi delle
facoltà di giurisprudenza promuovono, anche
mediante
la
stipulazione
di
apposita
convenzione, senza nuovi o maggiori oneri
per
la
finanza
pubblica,
la
piena
collaborazione tra le facoltà di giurisprudenza
e gli ordini forensi, per il perseguimento dei
fini di cui al presente capo.
Art. 39.
(Contenuti e modalità di svolgimento
del tirocinio)
1.
Il
tirocinio
professionale
consiste
nell’addestramento, a contenuto teorico e
pratico, del praticante avvocato finalizzato a
fargli conseguire le capacità necessarie per
l’esercizio della professione di avvocato e per
Art. 39.
(Contenuti e modalità di svolgimento del
tirocinio).
1.
Il
tirocinio
professionale
consiste
nell'addestramento, a contenuto teorico e
pratico, del praticante avvocato finalizzato a
fargli conseguire le capacità necessarie per
l'esercizio della professione di avvocato e per
Capo II
IL TIROCINIO PROFESSIONALE
Art. 41
(Contenuti e modalità di svolgimento)
1.
Il
tirocinio
professionale
consiste
nell’addestramento, a contenuto teorico e
pratico, del praticante avvocato finalizzato a
fargli conseguire le capacità necessarie per
l’esercizio della professione di avvocato e per
60
310
la gestione di uno studio legale nonché a
fargli apprendere e rispettare i princìpi etici e
le regole deontologiche.
2. Presso il consiglio dell’ordine è tenuto il
registro dei praticanti avvocati, l’iscrizione al
quale è condizione per lo svolgimento del
tirocinio professionale. Ai fini dell’iscrizione
nel registro dei praticanti è necessario il
superamento di un test di ingresso, da
svolgersi
periodicamente
con
modalità
informatiche presso la sede dei consigli degli
ordini distrettuali, tendente ad accertare la
preparazione di base del candidato sui
princìpi generali degli ordinamenti e degli
istituti
giuridici
fondamentali.
3. Il test di ingresso è disciplinato da
regolamento emanato dal CNF, con il quale
sono determinati le caratteristiche dei
quesiti, i metodi per l’assegnazione degli
stessi
ai
candidati,
l’attribuzione
dei
punteggi, le caratteristiche dei sistemi
informativi e tutto quanto attiene alla
esecuzione e alla correzione della prova
stessa. L’aspirante praticante avvocato è
ammesso a sostenere il test di ingresso nella
sede di Corte di appello nel cui distretto ha la
residenza. Ai fini dell’espletamento della
prova informatica e della correzione della
stessa viene istituita, per la durata massima
di due anni, presso l’ordine distrettuale
apposita commissione, formata da avvocati,
magistrati
e
docenti
universitari.
4. Per l’iscrizione nel registro dei praticanti
avvocati e la cancellazione dallo stesso si
applicano,
in
quanto
compatibili,
le
disposizioni previste dall’articolo 15.
5.
Lo
svolgimento
del
tirocinio
è
la gestione di uno studio legale nonché a
fargli apprendere e rispettare i princìpi etici e
le regole deontologiche.
2. Presso il consiglio dell’ordine è tenuto il
registro dei praticanti avvocati, l’iscrizione al
quale è condizione per lo svolgimento del
tirocinio professionale. Ai fini dell’iscrizione
nel registro dei praticanti è necessario il
superamento di una prova di ingresso, da
svolgere con modalità informatiche presso
ciascun consiglio dell’ordine, tendente ad
accertare la preparazione di base del
candidato
sui
princìpi
generali
dell’ordinamento e sugli istituti giuridici
fondamentali. La prova di ingresso si svolge
almeno
ogni
quattro
mesi.
3. La prova di ingresso è disciplinata da
regolamento emanato dal CNF, con il quale
sono determinati le caratteristiche dei
quesiti, i metodi per l’assegnazione degli
stessi
ai
candidati,
l’attribuzione
dei
punteggi, le caratteristiche dei sistemi
informativi e tutto quanto attiene alla
esecuzione e alla correzione della prova
stessa. L’aspirante praticante avvocato è
ammesso a sostenere la prova di ingresso
presso il consiglio dell’ordine del tribunale nel
cui circondario ha la residenza. Ai fini
dell’espletamento della prova informatica e
della correzione della stessa viene istituita,
per la durata massima di due anni, presso
ciascuna sede di circondario, apposita
commissione,
formata
da
avvocati,
magistrati
e
docenti
universitari.
4. Per l’iscrizione nel registro dei praticanti
avvocati e la cancellazione dallo stesso si
applicano,
in
quanto
compatibili,
le
disposizioni
previste
dall’articolo
16.
5.
Lo
svolgimento
del
tirocinio
è
la gestione di uno studio legale nonché a
fargli apprendere e rispettare i princìpi etici e
le regole deontologiche.
2. Presso il consiglio dell'ordine è tenuto il
registro dei praticanti avvocati, l'iscrizione al
quale è condizione per lo svolgimento del
tirocinio professionale. Ai fini dell'iscrizione
nel registro dei praticanti è necessario aver
conseguito la laurea in giurisprudenza.
-
3. Per l'iscrizione nel registro dei praticanti
avvocati e la cancellazione dallo stesso si
applicano,
in
quanto
compatibili,
le
disposizioni
previste
dall'articolo
16.
4.
Lo
svolgimento
del
tirocinio
è
61
311
incompatibile con qualunque rapporto di
impiego
pubblico
o
privato,
con
il
compimento di altri tirocini professionali e
con l’esercizio di attività di impresa; al
praticante avvocato si applica, inoltre il
regime delle incompatibilità e delle relative
eccezioni previsto per l’avvocato dagli articoli
16 e 17.
6. Il tirocinio è svolto in forma continuativa
per ventiquattro mesi; la sua interruzione
per oltre sei mesi, senza giustificato motivo,
comporta la cancellazione dal registro dei
praticanti, salva la facoltà di chiedere
nuovamente l’iscrizione nel registro, che può
essere deliberata previa nuova verifica da
parte
del
consiglio
dell’ordine
della
sussistenza dei requisiti stabiliti dalla
presente legge.
7. Il tirocinio può essere svolto:
a) presso un avvocato, con anzianità di
iscrizione all’albo non inferiore a cinque anni;
b) presso l’Avvocatura dello Stato o ufficio
legale di ente pubblico;
incompatibile con qualunque rapporto di
impiego pubblico, con il compimento di altri
tirocini professionali e con l’esercizio di
attività di impresa. Al praticante avvocato si
applica inoltre il regime delle incompatibilità
e delle relative eccezioni previsto per
l’avvocato
dagli
articoli
17
e
18.
c) per non più di sei mesi, in altro paese
dell’Unione europea presso professionisti
legali, con titolo equivalente a quello di
avvocato,
abilitati
all’esercizio
della
professione;
8. L’avvocato è tenuto ad assicurare che il
tirocinio si svolga in modo proficuo e
dignitoso per la finalità di cui al comma 1;
pertanto, non può assumere la funzione per
più di due praticanti contemporaneamente,
salva
l’autorizzazione
rilasciata
dal
competente consiglio dell’ordine previa
valutazione dell’attività professionale del
richiedente e dell’organizzazione del suo
c) per non più di sei mesi, in altro Paese
dell’Unione europea presso professionisti
legali, con titolo equivalente a quello di
avvocato,
abilitati
all’esercizio
della
professione.
8. L’avvocato è tenuto ad assicurare che il
tirocinio si svolga in modo proficuo e
dignitoso per la finalità di cui al comma 1.
Pertanto, non può assumere la funzione per
più di tre praticanti contemporaneamente,
salva
l’autorizzazione
rilasciata
dal
competente consiglio dell’ordine previa
valutazione dell’attività professionale del
richiedente e dell’organizzazione del suo
6. Il tirocinio è svolto in forma continuativa
per ventiquattro mesi. La sua interruzione
per oltre sei mesi, senza giustificato motivo,
comporta la cancellazione dal registro dei
praticanti, salva la facoltà di chiedere
nuovamente l’iscrizione nel registro, che può
essere deliberata previa nuova verifica da
parte
del
consiglio
dell’ordine
della
sussistenza dei requisiti stabiliti dalla
presente legge.
7. Il tirocinio può essere svolto:
a) presso un avvocato, con anzianità di
iscrizione all’albo non inferiore a cinque anni;
b) presso l’Avvocatura dello Stato o ufficio
legale di ente pubblico o presso un ufficio
giudiziario per non più di dodici mesi;
incompatibile con qualunque rapporto di
impiego pubblico. Al praticante avvocato si
applicano le eccezioni previste per l'avvocato
dall'articolo 18. Il tirocinio può essere svolto
contestualmente ad attività di lavoro
subordinato privato, purché con modalità ed
orari idonei a consentirne l'effettivo e
puntuale svolgimento.
5. Il tirocinio è svolto in forma continuativa
per ventiquattro mesi. La sua interruzione
per oltre sei mesi, senza giustificato motivo,
comporta la cancellazione dal registro dei
praticanti, salva la facoltà di chiedere
nuovamente l'iscrizione nel registro, che può
essere deliberata previa nuova verifica da
parte
del
consiglio
dell'ordine
della
sussistenza dei requisiti stabiliti dalla
presente legge.
6. Il tirocinio può essere svolto:
a) presso un avvocato, con anzianità di
iscrizione all'albo non inferiore a cinque anni;
b) presso l'Avvocatura dello Stato o presso
l'ufficio legale di un ente pubblico o presso
un ufficio giudiziario per non più di dodici
mesi;
c) per non più di sei mesi, in altro Paese
dell'Unione europea presso professionisti
legali, con titolo equivalente a quello di
avvocato,
abilitati
all'esercizio
della
professione.
7. L'avvocato è tenuto ad assicurare che il
tirocinio si svolga in modo proficuo e
dignitoso per la finalità di cui al comma 1 e
non può assumere la funzione per più di tre
praticanti
contemporaneamente,
salva
l'autorizzazione rilasciata dal competente
consiglio
dell'ordine
previa
valutazione
dell'attività professionale del richiedente e
dell'organizzazione
del
suo
studio.
62
312
studio.
9. Il tirocinio professionale non determina
l’instaurazione
di
rapporto
di
lavoro
subordinato anche occasionale; in ogni caso,
al praticante avvocato, decorso il primo
anno, è dovuto un adeguato compenso
commisurato all’apporto dato per l’attività
effettivamente
svolta
ovvero
quello
convenzionalmente pattuito.
studio.
9. Il tirocinio professionale non determina
l’instaurazione
di
rapporto
di
lavoro
subordinato
anche
occasionale.
10. Nel periodo di svolgimento del tirocinio il
praticante avvocato, decorso un anno
dall’iscrizione nel registro dei praticanti, può
esercitare attività professionale solo in
sostituzione dell’avvocato presso il quale
svolge la pratica e comunque sotto il
controllo e la responsabilità dello stesso, in
ambito civile di fronte al Tribunale e ai
giudici di pace, e in ambito penale, nei
procedimenti che in base alle norme vigenti
anteriormente alla legge 16 luglio 1997,
n. 254, rientravano nella competenza del
Pretore.
10. Nel periodo di svolgimento del tirocinio il
praticante avvocato, decorso un anno
dall’iscrizione nel registro dei praticanti, può
esercitare attività professionale solo in
sostituzione dell’avvocato presso il quale
svolge la pratica e comunque sotto il
controllo e la responsabilità dello stesso, in
ambito civile di fronte al tribunale e al
giudice di pace, e in ambito penale, nei
procedimenti che in base alle norme vigenti
anteriormente alla data di entrata in vigore
del decreto legislativo 19 febbraio 1998,
n. 51, rientravano nella competenza del
pretore. L’abilitazione decorre dalla delibera
di iscrizione nell’apposito registro. Essa può
durare al massimo cinque anni, alla
condizione che permangano tutti i requisiti
per l’iscrizione nel registro, e cessa
automaticamente alla scadenza del quinto
anno
dall’iscrizione.
11. Il CNF disciplina con regolamento:
a) le modalità di svolgimento del tirocinio e
11. Il CNF disciplina con regolamento:
a) le modalità di svolgimento del tirocinio e
8. Il tirocinio professionale non determina
l'instaurazione
di
rapporto
di
lavoro
subordinato anche occasionale. Al praticante
avvocato è sempre dovuto il rimborso delle
spese sostenute per conto dello studio
presso il quale svolge il tirocinio. Ad
eccezione che negli enti pubblici e presso
l'Avvocatura dello Stato, decorso il primo
anno, l'avvocato riconosce al praticante
avvocato un rimborso congruo per l'attività
svolta per conto dello studio, commisurato
all'effettivo
apporto
professionale
dato
nell'esercizio delle prestazioni e tenuto altresì
conto dell'utilizzo da parte del praticante
avvocato dei servizi e delle strutture dello
studio.
9. Nel periodo di svolgimento del tirocinio il
praticante avvocato, decorso un anno
dall'iscrizione nel registro dei praticanti, può
esercitare attività professionale solo in
sostituzione dell'avvocato presso il quale
svolge la pratica e comunque sotto il
controllo e la responsabilità dello stesso, in
ambito civile di fronte al tribunale e al
giudice di pace, e in ambito penale nei
procedimenti che, in base alle norme vigenti
anteriormente alla data di entrata in vigore
del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n.
51, rientravano nella competenza del
pretore. L'abilitazione decorre dalla delibera
di iscrizione nell'apposito registro. Essa può
durare al massimo cinque anni, salvo il caso
di sospensione dall'esercizio professionale
non determinata da giudizio disciplinare, alla
condizione che permangano tutti i requisiti
per
l'iscrizione
nel
registro.
10. Il Ministro della giustizia con proprio
decreto adotta, sentito il CNF, il regolamento
63
313
le relative procedure di controllo da parte del
competente consiglio dell’ordine;
b) le ipotesi che giustificano l’interruzione del
tirocinio, tenuto conto di situazioni riferibili
all’età, alla salute, alla maternità e paternità
del praticante avvocato, e le relative
procedure
di
accertamento;
c) le condizioni e le modalità di svolgimento
del tirocinio in altro paese dell’Unione
europea.
le relative procedure di controllo da parte del
competente consiglio dell’ordine;
b) le ipotesi che giustificano l’interruzione
del tirocinio, tenuto conto di situazioni
riferibili all’età, alla salute, alla maternità e
paternità del praticante avvocato, e le
relative
procedure
di
accertamento;
c) le condizioni e le modalità di svolgimento
del tirocinio in altro Paese dell’Unione
europea.
12. Il praticante può, per giustificato motivo,
trasferire la propria iscrizione presso l’ordine
del luogo ove intenda proseguire il tirocinio.
Il
consiglio
dell’ordine
autorizza
il
trasferimento, valutati i motivi che lo
giustificano, e gli rilascia un certificato
attestante il periodo di tirocinio che risulti
regolarmente compiuto.
12. Il praticante può, per giustificato motivo,
trasferire la propria iscrizione presso l’ordine
del luogo ove intenda proseguire il tirocinio.
Il
consiglio
dell’ordine
autorizza
il
trasferimento, valutati i motivi che lo
giustificano, e rilascia al praticante un
certificato attestante il periodo di tirocinio
che risulta regolarmente compiuto.
che disciplina:
a) le modalità di svolgimento del tirocinio e
le relative procedure di controllo da parte del
competente consiglio dell'ordine;
b) le ipotesi che giustificano l'interruzione del
tirocinio, tenuto conto di situazioni riferibili
all'età, alla salute, alla maternità e paternità
del praticante avvocato, e le relative
procedure di accertamento;
c) i requisiti di validità dello svolgimento del
tirocinio, in altro Paese dell'Unione europea.
11. Il praticante può, per giustificato motivo,
trasferire la propria iscrizione presso l'ordine
del luogo ove intenda proseguire il tirocinio.
Il
consiglio
dell'ordine
autorizza
il
trasferimento, valutati i motivi che lo
giustificano, e rilascia al praticante un
certificato attestante il periodo di tirocinio
che risulta regolarmente compiuto.
Art. 40.
(Norme disciplinari per i praticanti)
1. I praticanti osservano gli stessi doveri e
norme deontologiche degli avvocati e sono
soggetti al potere disciplinare del consiglio
dell’ordine.
Art. 40.
(Norme disciplinari per i praticanti).
1. I praticanti osservano gli stessi doveri e
norme deontologiche degli avvocati e sono
soggetti al potere disciplinare del consiglio
dell'ordine.
Art. 41.
(Corsi di formazione per l’accesso
alla professione di avvocato)
1. Il tirocinio, oltre che nella pratica svolta
presso uno studio professionale, consiste
altresì nella frequenza obbligatoria e con
profitto, per un periodo non inferiore a
ventiquattro mesi, di corsi di formazione di
indirizzo professionale tenuti da ordini e
associazioni forensi, nonché dagli altri
soggetti previsti dalla legge.
2. Il CNF disciplina con regolamento ai sensi
Art. 41.
(Corsi di formazione per l'accesso alla
professione di avvocato).
1. Il tirocinio, oltre che nella pratica svolta
presso uno studio professionale, consiste
altresì nella frequenza obbligatoria e con
profitto, per un periodo non inferiore a
ventiquattro mesi, di corsi di formazione di
indirizzo professionale tenuti da ordini e
associazioni forensi, nonché dagli altri
soggetti
previsti
dalla
legge.
2. Il CNF disciplina con regolamento ai sensi
Art. 42.
(Corsi di formazione per l’accesso alla
professione di avvocato)
1. Il tirocinio, oltre che nella pratica svolta
presso uno studio professionale, consiste
altresì nella frequenza obbligatoria e con
profitto, per un periodo non inferiore a
ventiquattro mesi di corsi di formazione a
contenuto
professionalizzante
tenuti
esclusivamente da ordini e associazioni
forensi.
2. Il CNF disciplina con regolamento di cui
64
314
all’art. 27, lett. c):
a) le modalità e le condizioni per l’istituzione
dei corsi di formazione di cui al comma 1 da
parte degli ordini e delle associazioni forensi
giudicate idonee, in maniera da garantire la
libertà ed il pluralismo dell’offerta formativa
e della relativa scelta individuale;
b) i contenuti formativi dei corsi di
formazione in modo da ricomprendervi, in
quanto
essenziali,
l’insegnamento
del
linguaggio giuridico, la redazione degli atti
giudiziari, la tecnica impugnatoria dei
provvedimenti giurisdizionali e degli atti
amministrativi, la tecnica di redazione del
parere stragiudiziale e la tecnica di ricerca.
c) la durata minima dei corsi di formazione,
prevedendo un carico didattico non inferiore
a duecentocinquanta ore per l’intero biennio;
d) le modalità e le condizioni per la
frequenza dei corsi di formazione da parte
del praticante avvocato nonché quelle per le
verifiche intermedie e finale del profitto, che
sono affidate ad una commissione composta
da avvocati, magistrati e docenti universitari,
in modo da garantire omogeneità di giudizio
su tutto il territorio nazionale.
3. I costi per la istituzione e lo svolgimento
dei corsi di formazione possono essere, in
parte, a carico dei praticanti che le
frequentano, ferma restando la possibilità
per gli ordini e le associazioni forensi di
accedere a finanziamenti resi disponibili dallo
Stato, dalle regioni, da altri enti pubblici e da
privati. I consigli dell’ordine possono istituire
borse di studio o altre forme di agevolazione.
dell’articolo 28, comma 1, lettera c):
a) le modalità e le condizioni per l’istituzione
dei corsi di formazione di cui al comma 1 da
parte degli ordini e delle associazioni forensi
giudicate idonee, in maniera da garantire la
libertà ed il pluralismo dell’offerta formativa
e della relativa scelta individuale;
b) i contenuti formativi dei corsi di
formazione in modo da ricomprendervi, in
quanto
essenziali,
l’insegnamento
del
linguaggio giuridico, la redazione degli atti
giudiziari, la tecnica impugnatoria dei
provvedimenti giurisdizionali e degli atti
amministrativi, la tecnica di redazione del
parere stragiudiziale e la tecnica di ricerca;
c) la durata minima dei corsi di formazione,
prevedendo un carico didattico non inferiore
a centosessanta ore per l’intero biennio;
d) le modalità e le condizioni per la
frequenza dei corsi di formazione da parte
del praticante avvocato nonché quelle per le
verifiche intermedie e finale del profitto, che
sono affidate ad una commissione composta
da avvocati, magistrati e docenti universitari,
in modo da garantire omogeneità di giudizio
su tutto il territorio nazionale.
dell'articolo 28, comma 1, lettera c):
a) le modalità e le condizioni per l'istituzione
dei corsi di formazione di cui al comma 1 da
parte degli ordini e delle associazioni forensi
giudicate idonee, in maniera da garantire la
libertà ed il pluralismo dell'offerta formativa
e della relativa scelta individuale;
b) i contenuti formativi dei corsi di
formazione in modo da ricomprendervi, in
quanto
essenziali,
l'insegnamento
del
linguaggio giuridico, la redazione degli atti
giudiziari, la tecnica impugnatoria dei
provvedimenti giurisdizionali e degli atti
amministrativi, la tecnica di redazione del
parere stragiudiziale e la tecnica di ricerca;
c) la durata minima dei corsi di formazione,
prevedendo un carico didattico non inferiore
a centosessanta ore per l'intero biennio;
d) le modalità e le condizioni per la
frequenza dei corsi di formazione da parte
del praticante avvocato nonché quelle per le
verifiche intermedie e finale del profitto, che
sono affidate ad una commissione composta
da avvocati, magistrati e docenti universitari,
in modo da garantire omogeneità di giudizio
su tutto il territorio nazionale. Ai componenti
della commissione non sono riconosciuti
compensi, indennità o gettoni di presenza.
Art. 42.
(Frequenza di uffici giudiziari)
1. L’attività di praticantato presso gli uffici
Art. 42.
(Frequenza di uffici giudiziari).
1. L'attività di praticantato presso gli uffici
65
315
Art. 43.
(Certificato di compiuto tirocinio)
1. Il consiglio dell’ordine presso il quale è
compiuto il biennio di tirocinio rilascia il
relativo
certificato
che
consente
di
partecipare alla prova di preselezione
informatica per l’ammissione all’esame di
Stato per le tre sessioni immediatamente
successive, salvo il diritto di ripetere il
biennio di tirocinio al fine del conseguimento
di un nuovo certificato di compiuta pratica. Si
considera come sostenuta la sessione nella
quale
il
candidato
abbia
consegnato
l’elaborato di tutte le prove.
2. In caso di domanda di trasferimento del
praticante avvocato presso il registro tenuto
da altro consiglio dell’ordine, quello di
provenienza certifica la durata del tirocinio
svolto fino alla data di presentazione della
domanda e, ove il prescritto periodo di
tirocinio
risulti
completato,
rilascia
il
certificato di compiuto tirocinio.
3. Il praticante avvocato è ammesso a
sostenere l’esame di Stato nella sede di
Corte di appello nel cui distretto ha svolto il
maggior periodo di tirocinio; nell’ipotesi in
cui il tirocinio sia stato svolto per uguali
periodi sotto la vigilanza di più consigli
dell’ordine aventi sede in distretti diversi, la
sede di esame è determinata in base al luogo
di svolgimento del primo periodo di tirocinio.
giudiziari
è
disciplinata
da
apposito
regolamento da emanare, entro un anno
dalla data di entrata in vigore della presente
legge, dal Ministro della giustizia, sentiti il
Consiglio superiore della magistratura e il
CNF.
giudiziari
è
disciplinata
da
apposito
regolamento da emanare, entro un anno
dalla data di entrata in vigore della presente
legge, dal Ministro della giustizia, sentiti il
Consiglio superiore della magistratura e il
CNF.
Art. 43.
(Certificato di compiuto tirocinio)
1. Il consiglio dell’ordine presso il quale è
compiuto il biennio di tirocinio rilascia il
relativo
certificato
che
consente
di
partecipare alla prova di preselezione
informatica per l’ammissione all’esame di
Stato per le tre sessioni immediatamente
successive, salvo il diritto di ripetere il
biennio di tirocinio al fine del conseguimento
di un nuovo certificato di compiuta pratica. Si
considera come sostenuta la sessione nella
quale
il
candidato
abbia
consegnato
l’elaborato della prova scritta.
2. In caso di domanda di trasferimento del
praticante avvocato presso il registro tenuto
da altro consiglio dell’ordine, quello di
provenienza certifica la durata del tirocinio
svolto fino alla data di presentazione della
domanda e, ove il prescritto periodo di
tirocinio
risulti
completato,
rilascia
il
certificato
di
compiuto
tirocinio.
3. Il praticante avvocato è ammesso a
sostenere l’esame di Stato nella sede di corte
di appello nel cui distretto ha svolto il
maggior periodo di tirocinio. Nell’ipotesi in
cui il tirocinio sia stato svolto per uguali
periodi sotto la vigilanza di più consigli
dell’ordine aventi sede in distretti diversi, la
sede di esame è determinata in base al luogo
di svolgimento del primo periodo di tirocinio.
Art. 43.
(Certificato di compiuto tirocinio).
1. Il consiglio dell'ordine presso il quale è
compiuto il biennio di tirocinio rilascia il
relativo certificato.
2. In caso di domanda di trasferimento del
praticante avvocato presso il registro tenuto
da altro consiglio dell'ordine, quello di
provenienza certifica la durata del tirocinio
svolto fino alla data di presentazione della
domanda e, ove il prescritto periodo di
tirocinio
risulti
completato,
rilascia
il
certificato
di
compiuto
tirocinio.
3. Il praticante avvocato è ammesso a
sostenere l'esame di Stato nella sede di corte
di appello nel cui distretto ha svolto il
maggior periodo di tirocinio. Nell'ipotesi in
cui il tirocinio sia stato svolto per uguali
periodi sotto la vigilanza di più consigli
dell'ordine aventi sede in distretti diversi, la
sede di esame è determinata in base al luogo
di svolgimento del primo periodo di tirocinio.
66
316
Capo III
ESAME DI STATO PER L’ABILITAZIONE
ALL’ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE DI
AVVOCATO
Capo II
ESAME DI STATO PER L’ABILITAZIONE
ALL’ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE DI
AVVOCATO
Art. 44.
(Disposizioni generali)
1. L’esame di Stato per l’abilitazione
all’esercizio della professione di avvocato può
essere sostenuto soltanto dal praticante
avvocato che abbia effettuato il tirocinio
professionale, che non abbia compiuto
cinquanta anni alla data di scadenza del
termine previsto per la presentazione della
domanda di partecipazione e che abbia
superato la prova di preselezione informatica
di cui all’articolo 45.
2. La prova di preselezione informatica e
l’esame di Stato si svolgono con periodicità
annuale nelle date fissate e nelle sedi di
Corte d’appello determinate con apposito
decreto del Ministro della giustizia, sentito il
CNF. Nel decreto è stabilito il termine per la
presentazione delle domande di ammissione.
Art. 44.
(Disposizioni generali)
1. L’esame di Stato per l’abilitazione
all’esercizio della professione di avvocato può
essere sostenuto soltanto dal praticante
avvocato che abbia effettuato il tirocinio
professionale, e che abbia superato la prova
di preselezione informatica di cui all’articolo
45.
2. La prova di preselezione informatica e
l’esame di Stato si svolgono con periodicità
annuale nelle date fissate e nelle sedi di
corte d’appello determinate con apposito
decreto del Ministro della giustizia, sentito il
CNF. Nel decreto è stabilito il termine per la
presentazione delle domande di ammissione.
Art. 45.
(Prova di preselezione informatica)
1. La prova di preselezione informatica è
disciplinata da regolamento emanato dal
Ministro della giustizia, acquisito il parere del
CNF, con il quale sono determinati le
caratteristiche ed il contenuto dell’archivio
dei quesiti, i metodi per l’assegnazione degli
stessi
ai
candidati,
l’attribuzione
dei
punteggi, le caratteristiche dei sistemi
informativi e dei relativi elaborati e
quant’altro attiene all’esecuzione della prova
stessa ed alla conservazione, gestione ed
Art. 45.
(Prova di preselezione informatica)
1. La prova di preselezione informatica è
disciplinata da regolamento emanato dal
Ministro della giustizia, acquisito il parere del
CNF, con il quale sono determinati le
caratteristiche ed il contenuto dell’archivio
dei quesiti, i metodi per l’assegnazione degli
stessi
ai
candidati,
l’attribuzione
dei
punteggi, le caratteristiche dei sistemi
informativi e dei relativi elaborati e
quant’altro attiene all’esecuzione della prova
stessa ed alla conservazione, gestione ed
Capo II
ESAME DI STATO PER L'ABILITAZIONE
ALL'ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE DI
AVVOCATO
Art. 44.
(Disposizioni generali).
1. L'esame di Stato per l'abilitazione
all'esercizio della professione di avvocato
può essere sostenuto soltanto dal praticante
avvocato che abbia effettuato il tirocinio
professionale.
2. L'esame di Stato si svolge con periodicità
annuale nelle date fissate e nelle sedi di
corte d'appello determinate con apposito
decreto del Ministro della giustizia, sentito il
CNF. Nel decreto è stabilito il termine per la
presentazione delle domande di ammissione.
[soppresso]
67
317
aggiornamento dell’archivio dei quesiti. Il
parere del CNF è reso entro il termine di
trenta giorni dalla richiesta, decorso il quale
il Ministro della giustizia adotta, comunque, il
regolamento.
2. Nell’emanazione del regolamento di cui al
comma 1, il Ministro della giustizia si attiene
ai seguenti criteri:
a) predisposizione dell’archivio dei quesiti
previa classificazione degli stessi in base a
diversi livelli di difficoltà, al fine di consentire
la effettuazione contemporanea di test
diversi ai candidati; nelle materie codificate i
quesiti
devono
concernere
argomenti
riferentisi a tutti i libri dei codici;
b) suddivisione dei quesiti in gruppi distinti
per materia e per grado di difficoltà, affinché
ogni quesito sia classificato in modo tale da
consentirne il raggruppamento per materia e
di distinguere le domande per grado di
difficoltà, per assicurare la assegnazione a
ciascun candidato di un numero di domande
di pari difficoltà;
c) aggiornamento costante dell’archivio;
d) assegnazione dei quesiti in modo che essi
risultino
diversi
per
ogni
candidato
nell’ambito di ciascuno gruppo per il quale la
prova
si
svolga
congiuntamente;
e) raggruppamento dei quesiti da sottoporre
a ciascun candidato, in modo da assicurare la
parità di trattamento tra i candidati, sia per il
numero dei quesiti, sia per le materie sulle
quali essi vertono sia per il grado di difficoltà
per ciascuna materia;
f) previsione del numero delle domande da
assegnare, della loro ripartizione per materia
e del tempo massimo entro il quale le
risposte devono essere date;
g) previsione che, nell’attribuzione dei
aggiornamento dell’archivio dei quesiti. Il
parere del CNF è reso entro il termine di
trenta giorni dalla richiesta, decorso il quale
il Ministro della giustizia adotta, comunque, il
regolamento.
2. Nell’emanazione del regolamento di cui al
comma 1, il Ministro della giustizia si attiene
ai seguenti criteri:
a) predisposizione dell’archivio dei quesiti
previa classificazione degli stessi in base a
diversi livelli di difficoltà, al fine di consentire
ai candidati la effettuazione contemporanea
di test diversi; nelle materie codificate i
quesiti
devono
concernere
argomenti
riferentisi a tutti i libri dei codici;
b) suddivisione dei quesiti in gruppi distinti
per materia e per grado di difficoltà, affinché
ogni quesito sia classificato in modo tale da
consentirne il raggruppamento per materia e
da distinguere le domande per grado di
difficoltà, per assicurare la assegnazione a
ciascun candidato di un numero di domande
di
pari
difficoltà;
c) aggiornamento costante dell’archivio;
d) assegnazione dei quesiti in modo che essi
risultino
diversi
per
ogni
candidato
nell’ambito di ciascuno gruppo per il quale la
prova
si
svolga
congiuntamente;
e) raggruppamento dei quesiti da sottoporre
a ciascun candidato, in modo da assicurare la
parità di trattamento tra i candidati, sia per il
numero dei quesiti, sia per le materie sulle
quali essi vertono, sia per il grado di
difficoltà
per
ciascuna
materia;
f) previsione del numero delle domande da
assegnare, della loro ripartizione per materia
e del tempo massimo entro il quale le
risposte
devono
essere
date;
g) previsione che, nell’attribuzione dei
68
318
punteggi, le risposte siano valutate in modo
differente a seconda della difficoltà del
quesito;
h)
determinazione
dei
meccanismi
automatizzati e relativa gestione per
l’espletamento della prova di preselezione.
3. La prova di preselezione informatica si
intende superata con il conseguimento di un
punteggio pari all’80 per cento di quello
massimo conseguibile in caso di risposta
esatta a tutti i quesiti, secondo la «tabella di
punteggio» allegata al regolamento di cui al
comma 1.
punteggi, le risposte siano valutate in modo
differente a seconda della difficoltà del
quesito;
h)
determinazione
dei
meccanismi
automatizzati e relativa gestione per
l’espletamento della prova di preselezione.
3. La prova di preselezione informatica si
intende superata con il conseguimento di un
punteggio pari all’80 per cento di quello
massimo conseguibile in caso di risposta
esatta a tutti i quesiti, secondo la «tabella di
punteggio» allegata al regolamento di cui al
comma 1.
Art. 46.
(Esame di Stato)
1. L’esame di Stato si articola:
a) in una prova scritta avente ad oggetto la
redazione di un atto che postuli la
conoscenza di diritto sostanziale e di diritto
processuale in materia di diritto e procedura
civile o di diritto e procedura penale o di
diritto e giustizia amministrativa;
Art. 46.
(Esame di Stato)
1. L’esame di Stato si articola:
a) in una prova scritta avente ad oggetto la
redazione di un atto che postuli la
conoscenza di diritto sostanziale e di diritto
processuale in materia di diritto e procedura
civile o di diritto e procedura penale o di
diritto e giustizia amministrativa;
b) in una prova orale in forma di discussione
con la commissione esaminatrice, durante la
quale il candidato illustra la prova scritta, e
dimostra la conoscenza delle seguenti
materie: ordinamento e deontologia forensi,
diritto
civile,
diritto
penale,
diritto
b) in una prova orale in forma di
discussione
con
la
commissione
esaminatrice, durante la quale il candidato
illustra la prova scritta e dimostra la
conoscenza
delle
seguenti
materie:
ordinamento e deontologia forensi, diritto
Art. 45.
(Esame di Stato).
1. L'esame di Stato si articola in tre prove
scritte
ed
in
una
prova
orale.
2. Le prove scritte sono svolte sui temi
formulati dal Ministro della giustizia ed hanno
per oggetto:
a) la redazione di un parere motivato, da
scegliere tra due questioni in materia
regolata dal codice civile;
b) la redazione di un parere motivato, da
scegliere tra due questioni in materia
regolata dal codice penale;
c) la redazione di un atto giudiziario che
postuli conoscenze di diritto sostanziale e di
diritto processuale, su un quesito proposto,
in materia scelta dal candidato tra il diritto
privato, il diritto penale ed il diritto
amministrativo.
3. Nella prova orale il candidato illustra la
prova scritta e dimostra la conoscenza delle
seguenti materie: ordinamento e deontologia
forensi, diritto civile, diritto penale, diritto
processuale civile, diritto processuale penale;
69
319
processuale civile, diritto processuale penale;
oltre
ad
altre
due
materie,
scelte
preventivamente dal candidato, tra le
seguenti:
diritto
costituzionale,
diritto
amministrativo, diritto del lavoro, diritto
commerciale,
diritto
comunitario
ed
internazionale privato, diritto tributario,
ordinamento giudiziario.
2. Per la valutazione della prova scritta, ogni
componente della commissione d’esame
dispone di dieci punti di merito.
civile, diritto penale, diritto processuale
civile, diritto processuale penale; nonché di
altre due materie, scelte preventivamente
dal candidato, tra le seguenti: diritto
costituzionale, diritto amministrativo, diritto
del lavoro, diritto commerciale, diritto
comunitario ed internazionale privato, diritto
tributario,
ordinamento
giudiziario
e
ordinamento penitenziario.
2. La materia oggetto della prova scritta
deve essere indicata dal candidato al
momento
della
presentazione
della
domanda.
3. Per la valutazione della prova scritta, ogni
componente della commissione d’esame
dispone
di
dieci
punti
di
merito.
3. La Commissione annota le osservazioni
positive
o
negative
nei
vari
punti
dell’elaborato,
le
quali
costituiscono
motivazione del voto che viene espresso con
un numero pari alla somma dei voti espressi
dai singoli componenti. Il Ministro della
giustizia determina, mediante sorteggio, gli
abbinamenti per la correzione delle prove
scritte tra i candidati e le sedi di Corte di
appello ove ha luogo la correzione degli
elaborati scritti. La prova orale ha luogo nella
medesima sede della prova scritta.
4. Alla prova orale sono ammessi i candidati
che abbiano conseguito un punteggio non
inferiore a trenta punti nella prova scritta.
5. Il Ministro della giustizia, sentito il CNF
disciplina con regolamento le modalità e le
procedure di svolgimento dell’esame di Stato
4. La commissione annota le osservazioni
positive
o
negative
nei
vari
punti
dell’elaborato,
le
quali
costituiscono
motivazione del voto che viene espresso con
un numero pari alla somma dei voti espressi
dai singoli componenti. Il Ministro della
giustizia determina, mediante sorteggio, gli
abbinamenti per la correzione delle prove
scritte tra i candidati e le sedi di corte di
appello ove ha luogo la correzione degli
elaborati scritti. La prova orale ha luogo nella
medesima
sede
della
prova
scritta.
5. Alla prova orale sono ammessi i candidati
che abbiano conseguito un punteggio non
inferiore a trenta punti nella prova scritta.
6. Il Ministro della giustizia, sentito il CNF,
disciplina con regolamento le modalità e le
procedure di svolgimento dell’esame di Stato
nonché di altre due materie, scelte
preventivamente dal candidato, tra le
seguenti:
diritto
costituzionale,
diritto
amministrativo, diritto del lavoro, diritto
commerciale,
diritto
comunitario
ed
internazionale privato, diritto tributario,
diritto ecclesiastico, ordinamento giudiziario
e penitenziario.
4. Per la valutazione di ciascuna prova
scritta, ogni componente della commissione
d'esame dispone di dieci punti di merito; alla
prova orale sono ammessi i candidati che
abbiano conseguito, nelle tre prove scritte,
un punteggio complessivo di almeno 90 punti
e un punteggio non inferiore a 30 punti in
ciascuna
prova.
5. La commissione annota le osservazioni
positive o negative nei vari punti di ciascun
elaborato, le quali costituiscono motivazione
del voto che viene espresso con un numero
pari alla somma dei voti espressi dai singoli
componenti. Il Ministro della giustizia
determina,
mediante
sorteggio,
gli
abbinamenti per la correzione delle prove
scritte tra i candidati e le sedi di corte di
appello ove ha luogo la correzione degli
elaborati scritti. La prova orale ha luogo nella
medesima
sede
della
prova
scritta.
6. Il Ministro della giustizia, sentito il CNF,
disciplina con regolamento le modalità e le
70
320
e quelle di valutazione delle prove scritte ed
orali da effettuarsi sulla base dei seguenti
criteri:
a) chiarezza, logicità e rigore metodologico
dell’esposizione;
b) dimostrazione della concreta capacità di
soluzione di specifici problemi giuridici;
c) dimostrazione della conoscenza dei
fondamenti teorici degli istituti giuridici
trattati;
d) dimostrazione della capacità di cogliere
eventuali
profili
di
interdisciplinarietà;
e) dimostrazione della conoscenza delle
tecniche di persuasione e argomentazione.
6. La prova scritta si svolge col solo ausilio
dei testi di legge senza commenti e citazioni
giurisprudenziali. Essa deve iniziare in tutte
le sedi alla stessa ora, fissata dal Ministro di
giustizia con il provvedimento con il quale
vengono indetti gli esami. A tal fine, i testi di
legge portati dai candidati per la prova
devono essere controllati e vistati nei giorni
anteriori all’inizio della prova stessa e
collocati sul banco su cui il candidato
sostiene la prova. L’appello dei candidati
deve svolgersi per tempo in modo che la
prova scritta inizi all’ora fissata dal Ministro
della giustizia.
e quelle di valutazione delle prove scritte ed
orali da effettuare sulla base dei seguenti
criteri:
a) chiarezza, logicità e rigore metodologico
dell’esposizione;
b) dimostrazione della concreta capacità di
soluzione di specifici problemi giuridici;
c) dimostrazione della conoscenza dei
fondamenti teorici degli istituti giuridici
trattati;
d) dimostrazione della capacità di cogliere
eventuali
profili
di
interdisciplinarietà;
e) dimostrazione della conoscenza delle
tecniche di persuasione e argomentazione.
7. La prova scritta si svolge con il solo ausilio
dei testi di legge senza commenti e citazioni
giurisprudenziali. Essa deve iniziare in tutte
le sedi alla stessa ora, fissata dal Ministro
della giustizia con il provvedimento con il
quale vengono indetti gli esami. A tal fine, i
testi di legge portati dai candidati per la
prova devono essere controllati e vistati nei
giorni anteriori all’inizio della prova stessa e
collocati sul banco su cui il candidato
sostiene la prova. L’appello dei candidati
deve svolgersi per tempo in modo che la
prova scritta inizi all’ora fissata dal Ministro
della giustizia.
7. I candidati non possono portare con sé
testi o scritti, anche informatici, né ogni
sorta di strumenti di telecomunicazione,
pena la immediata esclusione dall’esame,
con provvedimento di un commissario
presente.
8. Qualora siano fatti pervenire nell’aula, ove
si svolgono le prove dell’esame, scritti od
appunti di qualunque genere, con qualsiasi
mezzo, il candidato che li riceve e non ne fa
8. I candidati non possono portare con sé
testi o scritti, anche informatici, né ogni
sorta di strumenti di telecomunicazione,
pena la immediata esclusione dall’esame,
con provvedimento del presidente della
commissione, sentiti almeno due commissari.
9. Qualora siano fatti pervenire nell’aula, ove
si svolgono le prove dell’esame, scritti od
appunti di qualunque genere, con qualsiasi
mezzo, il candidato che li riceve e non ne fa
procedure di svolgimento dell'esame di Stato
e quelle di valutazione delle prove scritte ed
orali da effettuare sulla base dei seguenti
criteri:
a) chiarezza, logicità e rigore metodologico
dell'esposizione;
b) dimostrazione della concreta capacità di
soluzione di specifici problemi giuridici;
c) dimostrazione della conoscenza dei
fondamenti teorici degli istituti giuridici
trattati;
d) dimostrazione della capacità di cogliere
eventuali profili di interdisciplinarietà;
e) dimostrazione della conoscenza delle
tecniche di persuasione e argomentazione.
7. Le prove scritte si svolgono con il solo
ausilio dei testi di legge senza commenti e
citazioni giurisprudenziali. Esse devono
iniziare in tutte le sedi alla stessa ora, fissata
dal
Ministro
della
giustizia
con
il
provvedimento con il quale vengono indetti
gli esami. A tal fine, i testi di legge portati
dai candidati per la prova devono essere
controllati e vistati nei giorni anteriori
all'inizio della prova stessa e collocati sul
banco su cui il candidato sostiene
la prova. L'appello dei candidati deve
svolgersi per tempo in modo che le prove
scritte inizino all'ora fissata dal Ministro della
giustizia.
8. I candidati non possono portare con sé
testi o scritti, anche informatici, né ogni
sorta di strumenti di telecomunicazione,
pena la immediata esclusione dall'esame,
con provvedimento del presidente della
commissione, sentiti almeno due commissari.
9. Qualora siano fatti pervenire nell'aula, ove
si svolgono le prove dell'esame, scritti od
appunti di qualunque genere, con qualsiasi
71
321
immediata denuncia al commissario è
escluso immediatamente dall’esame, ai sensi
del comma 7.
9. Chiunque faccia pervenire in qualsiasi
modo ad uno o più candidati, prima o
durante la prova d’esame, testi relativi al
tema proposto è punito con la pena prevista
dall’articolo 326 del codice penale. Per i fatti
indicati in questo comma ed in quello
precedente, i candidati sono denunciati alla
commissione distrettuale di disciplina del
distretto competente per il luogo di iscrizione
all’albo, per i provvedimenti di sua
competenza.
10. Per la prova orale, la commissione
dispone di dieci punti di merito per ciascuna
delle materie di esame.
11. Sono giudicati idonei i candidati che
ricevono un punteggio non inferiore a trenta
punti per ciascuna materia.
immediata denuncia alla commissione è
escluso immediatamente dall’esame, ai sensi
del comma 7.
10. Chiunque faccia pervenire in qualsiasi
modo ad uno o più candidati, prima o
durante la prova d’esame, testi relativi al
tema proposto è punito, salvo che il fatto
costituisca più grave reato, con la pena della
reclusione fino a tre anni. Per i fatti indicati
nel presente comma e nel comma 9, i
candidati sono denunciati al Consiglio
istruttore
di
disciplina
del
distretto
competente per il luogo di iscrizione al
registro dei praticanti, per i provvedimenti di
sua competenza.
11. Per la prova orale, ogni componente
della commissione dispone di dieci punti di
merito per ciascuna delle materie di esame.
12. Sono giudicati idonei i candidati che
ricevono un punteggio non inferiore a trenta
punti per ciascuna materia.
Art. 47.
(Commissioni esaminatrici)
1. La commissione esaminatrice è unica sia
per la prova di preselezione informatica che
per l’esame di Stato, è nominata dal Ministro
della giustizia ed è composta da cinque
membri effettivi e cinque supplenti, dei quali
tre effettivi e tre supplenti sono avvocati
designati dal CNF tra gli iscritti all’albo
speciale per il patrocinio avanti alle
giurisdizioni superiori, uno dei quali la
presiede; un effettivo e un supplente
magistrato con qualifica non inferiore a
quella di magistrato di corte d’appello, un
Art. 47.
(Commissioni di esame)
1. La commissione di esame è unica sia per
la prova di preselezione informatica che per
l’esame di Stato. Essa è nominata, con
decreto, dal Ministro della giustizia ed è
composta da cinque membri effettivi e
cinque supplenti, dei quali: tre effettivi e tre
supplenti sono avvocati designati dal CNF tra
gli iscritti all’albo speciale per il patrocinio
avanti alle giurisdizioni superiori, uno dei
quali la presiede; un effettivo e un supplente
sono magistrati con qualifica non inferiore a
quella di magistrato di corte d’appello; un
mezzo, il candidato che li riceve e non ne fa
immediata denuncia alla commissione è
escluso immediatamente dall'esame, ai sensi
del comma 8.
10. Chiunque faccia pervenire in qualsiasi
modo ad uno o più candidati, prima o
durante la prova d'esame, testi relativi al
tema proposto è punito, salvo che il fatto
costituisca più grave reato, con la pena della
reclusione fino a tre anni. Per i fatti indicati
nel presente comma e nel comma 9, i
candidati sono denunciati al Consiglio
istruttore
di
disciplina
del
distretto
competente per il luogo di iscrizione al
registro dei praticanti, per i provvedimenti di
sua competenza.
11. Per la prova orale, ogni componente
della commissione dispone di dieci punti di
merito per ciascuna delle materie di esame.
12. Sono giudicati idonei i candidati che
ottengono un punteggio non inferiore a
trenta
punti
per
ciascuna
materia.
13. I costi per l'espletamento delle procedure
di esame devono essere posti a carico dei
soggetti partecipanti.
Art. 46.
(Commissioni di esame).
1. La commissione di esame è nominata, con
decreto, dal Ministro della giustizia ed è
composta da cinque membri effettivi e
cinque supplenti, dei quali: tre effettivi e tre
supplenti sono avvocati designati dal CNF tra
gli iscritti all'albo speciale per il patrocinio
davanti alle giurisdizioni superiori, uno dei
quali la presiede; un effettivo e un supplente
sono magistrati in pensione; un effettivo e
un supplente sono professori universitari o
ricercatori confermati in materie giuridiche.
72
322
effettivo
e
un
supplente
professore
universitario o ricercatore confermato in
materie giuridiche.
2. Con il medesimo decreto, presso ogni
sede di Corte d’appello, è nominata una
sottocommissione
avente
composizione
identica alla commissione di cui al comma 1.
3. Presso ogni Corte d’appello, ove il numero
dei candidati lo richieda, possono essere
formate con lo stesso criterio ulteriori
sottocommissioni per gruppi sino a trecento
candidati.
4. Esercitano le funzioni di segretario alle
dirette dipendenze del presidente, uno o più
funzionari distaccati dal Ministero della
giustizia.
5. Non possono essere designati avvocati che
siano membri dei consigli dell’ordine o
componenti del consiglio di amministrazione
o del comitato dei delegati della Cassa
nazionale di previdenza ed assistenza
forense e del CNF.
6.
Gli
avvocati
componenti
della
commissione non possono essere eletti quali
componenti del consiglio dell’ordine, del
consiglio di amministrazione o del comitato
dei delegati della Cassa nazionale di
previdenza ed assistenza forense e del CNF
nelle elezioni immediatamente successive
alla data di cessazione dell’incarico ricoperto.
7. L’avvio delle procedure per l’esame di
abilitazione deve essere tempestivamente
pubblicizzato secondo modalità contenute nel
regolamento di attuazione emanato dal
Ministro di giustizia entro un anno dalla data
di entrata in vigore della presente legge.
8. Il CNF può nominare, scegliendoli tra gli
avvocati iscritti nell’albo speciale per il
effettivo e un supplente sono professori
universitari o ricercatori confermati in
materie giuridiche.
2. Con il medesimo decreto, presso ogni
sede di corte d’appello, è nominata una
sottocommissione
avente
composizione
identica alla commissione di cui al comma 1.
3. Presso ogni corte d’appello, ove il numero
dei candidati lo richieda, possono essere
formate con lo stesso criterio ulteriori
sottocommissioni per gruppi sino a trecento
candidati.
4. Esercitano le funzioni di segretario uno o
più funzionari distaccati dal Ministero della
giustizia.
5. Non possono essere designati nelle
commissioni di esame avvocati che siano
membri dei consigli dell’ordine o componenti
del consiglio di amministrazione o del
comitato dei delegati della Cassa nazionale di
previdenza ed assistenza forense e del CNF.
6.
Gli
avvocati
componenti
della
commissione non possono essere eletti quali
componenti del consiglio dell’ordine, del
consiglio di amministrazione o del comitato
dei delegati della Cassa nazionale di
previdenza ed assistenza forense e del CNF
nelle elezioni immediatamente successive
alla data di cessazione dell’incarico ricoperto.
7. L’avvio delle procedure per l’esame di
abilitazione deve essere tempestivamente
pubblicizzato secondo modalità contenute nel
regolamento di attuazione emanato dal
Ministro della giustizia entro un anno dalla
data di entrata in vigore della presente
legge.
8. Il CNF può nominare, scegliendoli tra gli
avvocati iscritti nell’albo speciale per il
2. Con il medesimo decreto, presso ogni
sede di corte d'appello, è nominata una
sottocommissione
avente
composizione
identica alla commissione di cui al comma 1.
3. Presso ogni corte d'appello, ove il numero
dei candidati lo richieda, possono essere
formate con lo stesso criterio ulteriori
sottocommissioni per gruppi sino a trecento
candidati.
4. Esercitano le funzioni di segretario uno o
più funzionari distaccati dal Ministero della
giustizia.
5. Non possono essere designati nelle
commissioni di esame avvocati che siano
membri dei consigli dell'ordine o componenti
del consiglio di amministrazione o del
comitato dei delegati della Cassa nazionale di
previdenza ed assistenza forense e del CNF.
6.
Gli
avvocati
componenti
della
commissione non possono essere eletti quali
componenti del consiglio dell'ordine, del
consiglio di amministrazione o del comitato
dei delegati della Cassa nazionale di
previdenza ed assistenza forense e del CNF
nelle elezioni immediatamente successive
alla data di cessazione dell'incarico ricoperto.
7. L'avvio delle procedure per l'esame di
abilitazione deve essere tempestivamente
pubblicizzato secondo modalità contenute nel
regolamento di attuazione emanato dal
Ministro della giustizia entro un anno dalla
data di entrata in vigore della presente
legge.
8. Il CNF può nominare ispettori per il
73
323
patrocinio avanti le magistrature superiori,
ispettori per il controllo del regolare
svolgimento delle prove d’esame scritte ed
orali e l’uniformità di giudizio tra le varie
commissioni d’esame. Gli ispettori possono
partecipare in ogni momento agli esami e ai
lavori delle commissioni di uno o più distretti
indicati nell’atto di nomina ed esaminare tutti
gli atti, con facoltà di intervenire e far
inserire le proprie dichiarazioni nei verbali
delle prove. Gli ispettori redigono ed inviano
al CNF la relazione di quanto riscontrato,
formulando osservazioni e proposte. Il
Ministro di giustizia può annullare gli esami
in cui siano state compiute irregolarità. La
nullità può essere dichiarata per la prova di
singoli candidati o per tutte le prove di una
Commissione o per tutte le prove dell’intero
distretto.
9. Dopo la conclusione dell’esame di
abilitazione
con
risultato
positivo,
la
commissione rilascia il certificato per
l’iscrizione nell’albo degli
avvocati.
Il
certificato
conserva
efficacia
ai
fini
dell’iscrizione negli albi.
patrocinio avanti le magistrature superiori,
ispettori per il controllo del regolare
svolgimento delle prove d’esame scritte ed
orali e l’uniformità di giudizio tra le varie
commissioni d’esame. Gli ispettori possono
partecipare in ogni momento agli esami e ai
lavori delle commissioni di uno o più distretti
indicati nell’atto di nomina ed esaminare tutti
gli atti, con facoltà di intervenire e far
inserire le proprie dichiarazioni nei verbali
delle prove. Gli ispettori redigono ed inviano
al CNF la relazione di quanto riscontrato,
formulando osservazioni e proposte. Il
Ministro della giustizia può annullare gli
esami
in
cui
siano
state
compiute
irregolarità. La nullità può essere dichiarata
per la prova di singoli candidati o per tutte le
prove di una commissione o per tutte le
prove
dell’intero
distretto.
9. Dopo la conclusione dell’esame di
abilitazione
con
risultato
positivo,
la
commissione rilascia il certificato per
l’iscrizione nell’albo degli
avvocati.
Il
certificato
conserva
efficacia
ai
fini
dell’iscrizione negli albi.
Art. 48.
(Disciplina transitoria per la pratica
professionale)
1. Fino al quinto anno successivo alla data di
entrata in vigore della presente legge,
l’abilitazione all’esercizio della professione di
avvocato può essere conseguita anche
superando l’esame di cui all’articolo 49, al
termine di un periodo di tirocinio pratico di
due anni, condotto secondo le modalità
sopraindicate, senza avere frequentato i
corsi di formazione di cui all’articolo 42. Il
termine di cui al presente comma può essere
Art. 48.
(Disciplina transitoria per la pratica
professionale)
1. Fino al quinto anno successivo alla data di
entrata in vigore della presente legge,
l’accesso all’esame di abilitazione all’esercizio
della professione di avvocato è condizionato
allo svolgimento di un periodo di tirocinio
pratico di due anni, condotto secondo le
modalità indicate nel capo I, senza avere
frequentato i corsi di formazione di cui
all’articolo 41, dopo il superamento della
prova di ingresso secondo quanto previsto
controllo del regolare svolgimento delle
prove d'esame scritte ed orali e l'uniformità
di giudizio tra le varie commissioni d'esame.
Gli ispettori possono partecipare in ogni
momento agli esami e ai lavori delle
commissioni di uno o più distretti indicati
nell'atto di nomina ed esaminare tutti gli atti,
con facoltà di intervenire e far inserire le
proprie dichiarazioni nei verbali delle prove.
Gli ispettori redigono ed inviano al CNF la
relazione di quanto riscontrato, formulando
osservazioni e proposte. Il Ministro della
giustizia può annullare gli esami in cui siano
state compiute irregolarità. La nullità può
essere dichiarata per la prova di singoli
candidati o per tutte le prove di una
commissione o per tutte le prove dell'intero
distretto.
9. Dopo la conclusione dell'esame di
abilitazione
con
risultato
positivo,
la
commissione rilascia il certificato per
l'iscrizione nell'albo degli
avvocati.
Il
certificato
conserva
efficacia
ai
fini
dell'iscrizione negli albi.
Art. 47.
(Disciplina transitoria per la pratica
professionale).
1. Fino al quinto anno successivo alla data di
entrata in vigore della presente legge,
l'accesso all'esame di abilitazione all'esercizio
della professione di avvocato è condizionato
allo svolgimento di un periodo di tirocinio
pratico di due anni, condotto secondo le
modalità indicate nel capo I, senza avere
frequentato i corsi di formazione di cui
all'articolo 41.
74
324
prorogato una volta sola, per altri due anni.
2. Alla proroga si provvede con decreto del
Ministro della giustizia, previo parere del
CNF.
3. Ai fini dell’iscrizione nel registro dei
praticanti, dopo la data di entrata in vigore
della presente legge, è necessario il
superamento di un test di ingresso secondo
quanto previsto dall’articolo 41.
4. All’articolo 1 del regolamento di cui al
decreto del Ministro della giustizia 11
dicembre 2001, n. 475, le parole: «di
avvocato e» sono soppresse.
dall’articolo 39.
2. Il termine di cui al comma 1 può essere
prorogato con decreto del Ministro della
giustizia,
previo
parere
del
CNF.
Art. 49.
(Disciplina transitoria per l’esame)
1. L’esame di abilitazione all’esercizio della
professione di avvocato previsto all’articolo
48, comma 1, ferma la prova di preselezione
informatica prevista dall’articolo 45, si
articola:
a) in tre prove scritte aventi ad oggetto:
1) la redazione di un atto giudiziario di primo
grado, che postuli conoscenze di diritto
sostanziale e di diritto processuale, su un
quesito proposto, in materia scelta dal
candidato tra il diritto civile, il diritto penale
e il diritto amministrativo;
2) la redazione di un atto giudiziario di
impugnazione, che postuli conoscenze di
diritto sostanziale e di diritto processuale su
un quesito proposto, in materia scelta dal
candidato tra il diritto civile, il diritto penale
e il diritto amministrativo;
3) la redazione di un parere motivato da
scegliersi tra tre questioni in materia
regolata dal codice civile, dal codice penale o
dal diritto amministrativo;
Art. 49.
(Disciplina transitoria per l’esame)
1. Per i primi due anni dalla data di entrata
in vigore della presente legge l’esame di
abilitazione all’esercizio della professione di
avvocato si effettua, sia per quanto riguarda
le prove scritte sia per quanto riguarda le
prove orali, secondo le norme previgenti.
3. All’articolo 1, comma 1, del regolamento
di cui al decreto del Ministro della giustizia
11 dicembre 2001, n. 475, le parole «alle
professioni di avvocato e» sono sostituite
dalle seguenti: «alla professione di».
2. Per i successivi tre anni le modalità delle
prove, sia scritte sia orali, sono disciplinate
dalle norme previgenti. L’ammissione alle
prove orali è subordinata al raggiungimento
del punteggio non inferiore a trenta punti per
ciascuna prova scritta. Per le prove orali
l’idoneità è subordinata al raggiungimento
del punteggio non inferiore a trenta punti per
ciascuna materia.
2. Il termine di cui al comma 1 può essere
prorogato con decreto del Ministro della
giustizia,
previo
parere
del
CNF.
3. All'articolo 1, comma 1, del regolamento
di cui al decreto del Ministro della giustizia
11 dicembre 2001, n. 475, le parole: «alle
professioni di avvocato e» sono sostituite
dalle seguenti: «alla professione di».
Art. 48.
(Disciplina transitoria per l'esame).
1. Per i primi due anni dalla data di entrata
in vigore della presente legge l'esame di
abilitazione all'esercizio della professione di
avvocato si effettua, sia per quanto riguarda
le prove scritte e le prove orali, sia per
quanto riguarda le modalità di esame,
secondo
le
norme
previgenti.
2. Per i successivi tre anni le modalità delle
prove, sia scritte sia orali, sono disciplinate
dalle norme previgenti. L'ammissione alle
prove orali è subordinata al raggiungimento
del punteggio non inferiore a trenta punti per
ciascuna prova scritta. Per le prove orali
l'idoneità è subordinata al raggiungimento
del punteggio non inferiore a trenta punti per
ciascuna materia.
75
325
b) in una prova orale durante la quale il
candidato deve illustrare la prova scritta e
dimostrare una sufficiente conoscenza delle
seguenti materie: ordinamento e deontologia
forensi, diritto civile, diritto penale, diritto
processuale civile, diritto processuale penale;
oltre
ad
altre
due
materie
scelte
preventivamente dal candidato tra le
seguenti:
diritto
costituzionale,
diritto
amministrativo, diritto del lavoro, diritto
commerciale,
diritto
comunitario
ed
internazionale privato, diritto tributario,
ordinamento giudiziario.
2. Si applicano le disposizioni di cui all’art.
46, commi da due a undici.
TITOLO V
IL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE
Capo I
REGOLE GENERALI
TITOLO V
IL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE
Art. 50.
(Organi del procedimento disciplinare)
1. L’azione disciplinare è esercitata dal
Consiglio Istruttore di Disciplina e dai
Consigli dell’Ordine costituiti in Collegio
Giudicante.
2. Il Consiglio Istruttore di Disciplina è
organo degli ordini circondariali del distretto,
istituito a livello distrettuale presso il
Consiglio dell’Ordine nel cui circondario ha
sede la Corte d’Appello.
Art. 50.
(Organi del procedimento disciplinare)
1. L’azione disciplinare è esercitata, in ogni
distretto, dal Consiglio istruttore di disciplina
e dal Collegio giudicante.
3. Ciascun Consiglio dell’Ordine circondariale
elegge, fra gli iscritti al proprio albo, i
componenti del Consiglio Istruttore di
Disciplina nel numero e con le modalità
previste con regolamento del CNF. Il
2. Il Consiglio istruttore di disciplina e il
Collegio giudicante sono organi degli ordini
circondariali del distretto. Il Consiglio
istruttore di disciplina è istituito a livello
distrettuale presso il consiglio dell’ordine nel
cui circondario ha sede la corte d’appello.
3. Ciascun consiglio dell’ordine circondariale
elegge, fra gli iscritti al proprio albo, i
componenti del Consiglio istruttore di
disciplina nel numero e con le modalità
previste con regolamento del CNF. Il
TITOLO V
IL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE
Art. 49.
(Organi del procedimento disciplinare).
1. L'azione disciplinare è esercitata, in ogni
distretto, dal Consiglio istruttore di disciplina
e dal Collegio giudicante.
2. Il Consiglio istruttore di disciplina e il
Collegio giudicante sono organi degli ordini
circondariali del distretto. Il Consiglio
istruttore di disciplina è istituito a livello
distrettuale presso il consiglio dell'ordine nel
cui circondario ha sede la corte d'appello.
3. Ciascun consiglio dell'ordine circondariale
elegge, fra gli iscritti al proprio albo, i
componenti del Consiglio istruttore di
disciplina nel numero e con le modalità
76
326
mandato è triennale e non può essere
rinnovato per più di una volta.
4. Le operazioni di voto avvengono a
scrutinio segreto e risultano eletti coloro che
hanno riportato il maggior numero di voti; in
caso di parità di voti risulta eletto il più
anziano per iscrizione all’albo.
5. La carica di componente del Consiglio
Istruttore di Disciplina è incompatibile con
quella di consigliere nazionale forense,
consigliere dell’ordine, componente di uno
degli organi della Cassa nazionale di
previdenza ed assistenza forense; si applica,
inoltre, ogni altra causa di incompatibilità
prevista dalla presente legge per la carica di
consigliere dell’ordine.
Il componente del Consiglio Istruttore di
Disciplina cessato dalla carica è ineleggibile
alle cariche di cui sopra per il periodo di anni
tre
immediatamente
successivo
alla
cessazione. Nei tre anni si computa l’anno
solare in corso all’atto della cessazione dalla
carica di consigliere istruttore.
6. Le riunione di insediamento del Consiglio
Istruttore di Disciplina viene convocata per la
prima volta dal Presidente del Consiglio
dell’Ordine nel cui circondario ha sede la
Corte d’appello entro trenta giorni dalla
ricezione dell’ultima comunicazione da parte
dei Consigli dell’Ordine circondariali dell’esito
delle
elezioni.
Nella
stessa
riunione,
presieduta dal componente di maggiore
anzianità di iscrizione, il Consiglio Istruttore
di Disciplina elegge tra i propri componenti il
Presidente.
7. I collegi del Consiglio Istruttore di
Disciplina siedono presso la sede del
Consiglio
dell’Ordine
distrettuale,
sono
mandato è quadriennale e non può essere
rinnovato
per
più
di
una
volta.
4. Le operazioni di voto avvengono a
scrutinio segreto e risultano eletti coloro che
hanno riportato il maggior numero di voti. In
caso di parità di voti risulta eletto il più
anziano
per
iscrizione
all’albo.
5. La carica di componente del Consiglio
istruttore di disciplina è incompatibile con
quella di consigliere nazionale forense, di
consigliere dell’ordine, di componente di uno
degli organi della Cassa nazionale di
previdenza ed assistenza forense e di
componente del Collegio giudicante. Si
applica, inoltre, ogni altra causa di
incompatibilità prevista dalla presente legge
per la carica di consigliere dell’ordine. Il
componente del Consiglio istruttore di
disciplina cessato dalla carica è ineleggibile
alle cariche di cui al primo periodo per i tre
anni
immediatamente
successivi
alla
cessazione. Nei tre anni si computa l’anno
solare in corso all’atto della cessazione dalla
carica
di
consigliere
istruttore.
6. La riunione di insediamento del Consiglio
istruttore di disciplina viene convocata per la
prima volta dal pesidente del consiglio
dell’ordine nel cui circondario ha sede la
corte d ’appello entro trenta giorni dalla
ricezione dell’ultima comunicazione da parte
dei consigli dell’ordine circondariali all’esito
delle
elezioni.
Nella
stessa
riunione,
presieduta dal componente di maggiore
anzianità di iscrizione, il Consiglio istruttore
di disciplina elegge tra i propri componenti il
presidente.
7. Il Consiglio istruttore di disciplina siede
presso la sede del consiglio dell’ordine
distrettuale, è composto da tre membri
previste con regolamento del CNF. Il
mandato è quadriennale e non può essere
rinnovato
per
più
di
una
volta.
4. Le operazioni di voto avvengono a
scrutinio segreto e risultano eletti coloro che
hanno riportato il maggior numero di voti. In
caso di parità di voti risulta eletto il più
anziano
per
iscrizione
all'albo.
5. La carica di componente del Consiglio
istruttore di disciplina è incompatibile con
quella di consigliere nazionale forense, di
consigliere dell'ordine, di componente di uno
degli organi della Cassa nazionale di
previdenza ed assistenza forense e di
componente del Collegio giudicante. Si
applica, inoltre, ogni altra causa di
incompatibilità prevista dalla presente legge
per la carica di consigliere dell'ordine. Il
componente del Consiglio istruttore di
disciplina cessato dalla carica è ineleggibile
alle cariche di cui al primo periodo per i tre
anni
immediatamente
successivi
alla
cessazione. Nei tre anni si computa l'anno
solare in corso all'atto della cessazione dalla
carica
di
consigliere
istruttore.
6. La riunione di insediamento del Consiglio
istruttore di disciplina viene convocata per la
prima volta dal presidente del consiglio
dell'ordine nel cui circondario ha sede la
corte d'appello entro trenta giorni dalla
ricezione dell'ultima comunicazione da parte
dei consigli dell'ordine circondariali all'esito
delle
elezioni.
Nella
stessa
riunione,
presieduta dal componente di maggiore
anzianità di iscrizione, il Consiglio istruttore
di disciplina elegge tra i propri componenti il
presidente.
7. Il Consiglio istruttore di disciplina siede
presso la sede del consiglio dell'ordine
77
327
composti da tre membri effettivi e da un
supplente, vengono costituiti mediante criteri
predeterminati, disciplinati con regolamento
del CNF e sono presieduti dal componente
più anziano per iscrizione all’albo.
8. I Consigli dell’Ordine costituiti in Collegio
Giudicante
sono
composti
per
ogni
procedimento da sette membri effettivi e da
tre supplenti: il Presidente del Consiglio
dell’Ordine competente ai sensi dell’art. 51,
c. 2 o altro consigliere da lui delegato per
l’ipotesi di sua impossibilità o incompatibilità
a partecipare, due membri effettivi designati
dal Consiglio dell’Ordine competente e
quattro membri effettivi indicati tra i
componenti degli altri Consigli dell’Ordine del
distretto. Il Consiglio dell’Ordine competente
indica un componente supplente, gli altri
Consigli dell’Ordine del distretto designano
due consiglieri supplenti. I Collegi vengono
costituiti mediante criteri predeterminati,
disciplinati con regolamento del CNF e non
potranno mutare la loro composizione dopo
l’inizio del dibattimento. Il regolamento
disciplinerà anche la formazione dei collegi
giudicanti per i casi in cui, per motivi di
incompatibilità o altro, ne sia impossibile la
costituzione secondo i criteri sopra indicati.
9. Il Consiglio dell’Ordine costituito in
Collegio
Giudicante
è
presieduto
dal
Presidente
del
Consiglio
dell’Ordine
circondariale competente o dal suo delegato
ai sensi dell’art. 50, n.8.
10. Fermo quanto previsto dall’articolo 51,
comma 3 per i componenti del Consiglio
dell’Ordine costituito in Collegio Giudicante,
nell’ipotesi in cui il procedimento riguardi un
Consigliere di un ordine circondariale, al
Collegio Giudicante non possono partecipare
effettivi e da un supplente, viene costituito
mediante criteri predeterminati, disciplinati
con regolamento del CNF ed è presieduto dal
componente più anziano per iscrizione
all’albo.
8. Il Collegio giudicante è composto per ogni
procedimento da sette membri effettivi e da
tre supplenti: il presidente del consiglio
dell’ordine competente ai sensi dell’articolo
51, comma 1, o altro consigliere da lui
delegato per l’ipotesi di sua impossibilità o
incompatibilità a partecipare, due membri
effettivi designati dal consiglio dell’ordine
competente e quattro membri effettivi
indicati tra i componenti degli altri consigli
dell’ordine
del
distretto.
Il
consiglio
dell’ordine competente indica un componente
supplente, gli altri consigli dell’ordine del
distretto designano due consiglieri supplenti.
Il Collegio viene costituito mediante criteri
predeterminati, disciplinati con regolamento
del CNF e non può mutare la sua
composizione dopo l’inizio del dibattimento.
Il regolamento disciplina anche la formazione
del Collegio giudicante per i casi in cui, per
motivi di incompatibilità o altro, ne sia
impossibile la costituzione secondo i criteri
sopra indicati.
9. Il Collegio giudicante è presieduto dal
presidente
del
consiglio
dell’ordine
circondariale competente o dal suo delegato
ai sensi del comma 8.
10. Fermo quanto previsto dall’articolo 51,
comma 2, per i componenti del Consiglio
istruttore di disciplina, nell’ipotesi in cui il
procedimento riguardi un consigliere di un
ordine circondariale, quale persona indagata,
incolpata, offesa o danneggiata, al Collegio
distrettuale, è composto da tre membri
effettivi e da un supplente, viene costituito
mediante criteri predeterminati, disciplinati
con regolamento del CNF, ed è presieduto
dal componente più anziano per iscrizione
all'albo.
8. Il Collegio giudicante è composto per ogni
procedimento da sette membri effettivi e da
tre supplenti: il presidente del consiglio
dell'ordine competente ai sensi dell'articolo
50, comma 1, o altro consigliere da lui
delegato per l'ipotesi di sua impossibilità o
incompatibilità a partecipare, due membri
effettivi designati dal consiglio dell'ordine
competente e quattro membri effettivi
indicati tra i componenti degli altri consigli
dell'ordine
del
distretto.
Il
consiglio
dell'ordine competente indica un componente
supplente, gli altri consigli dell'ordine del
distretto designano due consiglieri supplenti.
Il Collegio viene costituito mediante criteri
predeterminati, disciplinati con regolamento
del CNF, e non può mutare la sua
composizione dopo l'inizio del dibattimento.
Il regolamento disciplina anche la formazione
del Collegio giudicante per i casi in cui, per
motivi di incompatibilità o altro, ne sia
impossibile la costituzione secondo i criteri
sopra indicati.
9. Il Collegio giudicante è presieduto dal
presidente
del
consiglio
dell'ordine
circondariale competente o dal suo delegato
ai sensi del comma 8.
10. Fermo quanto previsto dall'articolo 50,
comma 2, per i componenti del Consiglio
istruttore di disciplina, nell'ipotesi in cui il
procedimento riguardi un consigliere di un
ordine circondariale, quale persona indagata,
78
328
altri consiglieri dello stesso ordine ed il
dibattimento dovrà tenersi presso la sede del
Consiglio dell’Ordine distrettuale; se il
procedimento riguarda un componente del
Consiglio dell’Ordine distrettuale l’istruttoria
e il giudizio si terranno presso la sede
distrettuale determinata dall’Art. 11 del
Codice di Procedura Penale.
11. I componenti dei Consigli dell’Ordine
costituiti in Collegio Giudicante possono
essere ricusati per gli stessi motivi, in quanto
applicabili, previsti dal codice di procedura
civile e devono astenersi quando vi sia un
motivo di ricusazione da essi conosciuto,
anche se non contestato.
12. Per la validità delle riunioni dei collegi
dei Consigli Istruttori di Disciplina e dei
Consigli dell’Ordine costituiti in Collegio
Giudicante è necessaria la presenza di tutti i
componenti.
13. I costi del Consiglio Istruttore di
Disciplina e del Collegio Giudicante sono
sostenuti dai consigli dell’ordine circondariali
del distretto in proporzione al numero degli
iscritti all’albo ordinario.
14. Il Consiglio Nazionale Forense disciplina
con
regolamento
il
funzionamento,
l’organizzazione e i relativi criteri di
ripartizione delle spese tra gli Ordini del
Distretto dei Consigli Istruttori di disciplina e
del Consiglio dell’Ordine costituito in Collegio
Giudicante. Il regolamento potrà determinare
altresì i criteri di formazione delle tabelle
periodiche per la composizione dei Consigli
Istruttori di disciplina e dei Consigli
dell’Ordine costituiti in Collegi Giudicanti che
giudicante non possono partecipare altri
consiglieri
dello
stesso
ordine
e
il
dibattimento deve tenersi presso la sede del
consiglio dell’ordine distrettuale. Se il
procedimento riguardi un componente del
consiglio
dell’ordine
distrettuale,
quale
persona indagata, incolpata, offesa o
danneggiata, l’istruttoria e il giudizio si
tengono
presso
la
sede
distrettuale
determinata ai sensi dell’articolo 11 del
codice
di
procedura
penale.
11. I componenti del Collegio giudicante
possono essere ricusati per gli stessi motivi,
in quanto applicabili, previsti dal codice di
procedura penale e devono astenersi quando
vi sia un motivo di ricusazione da essi
conosciuto, anche se non contestato.
12. Per la validità delle riunioni del Consiglio
istruttore di disciplina e del Collegio
giudicante è necessaria la presenza di tutti i
componenti.
13. I costi del Consiglio istruttore di
disciplina e del Collegio giudicante sono
sostenuti dai consigli dell’ordine circondariali
del distretto in proporzione al numero degli
iscritti all’albo ordinario.
14. Il CNF disciplina con regolamento il
funzionamento, l’organizzazione e i relativi
criteri di ripartizione delle spese tra gli ordini
del distretto del Consiglio istruttore di
disciplina
e
del
Collegio
giudicante.
15. Rimangono regolati dalla previgente
disciplina i procedimenti disciplinari per i
quali alla data di entrata in vigore della
presente legge sia già stato notificato il capo
di incolpazione. In caso contrario gli atti sono
trasmessi al Consiglio istruttore di disciplina
incolpata, offesa o danneggiata, al Collegio
giudicante non possono partecipare altri
consiglieri
dello
stesso
ordine
e
il
dibattimento deve tenersi presso la sede del
consiglio dell'ordine distrettuale. Se il
procedimento riguardi un componente del
consiglio
dell'ordine
distrettuale,
quale
persona indagata, incolpata, offesa o
danneggiata, l'istruttoria e il giudizio si
tengono
presso
la
sede
distrettuale
determinata ai sensi dell'articolo 11 del
codice
di
procedura
penale.
11. I componenti del Collegio giudicante
possono essere ricusati per gli stessi motivi,
in quanto applicabili, previsti dal codice di
procedura civile e devono astenersi quando
vi sia un motivo di ricusazione da essi
conosciuto, anche se non contestato.
12. Per la validità delle riunioni del Consiglio
istruttore di disciplina e del Collegio
giudicante è necessaria la presenza di tutti i
componenti.
13. I costi del Consiglio istruttore di
disciplina e del Collegio giudicante sono
sostenuti dai consigli dell'ordine circondariali
del distretto in proporzione al numero degli
iscritti all'albo ordinario.
14. Il CNF disciplina con regolamento il
funzionamento, l'organizzazione e i relativi
criteri di ripartizione delle spese tra gli ordini
del distretto del Consiglio istruttore di
disciplina
e
del
Collegio
giudicante.
15. Rimangono regolati dalla previgente
disciplina i procedimenti disciplinari per i
quali alla data di entrata in vigore della
presente legge sia già stato notificato il capo
di incolpazione. In caso contrario gli atti sono
79
329
dovranno essere trasmesse al Consiglio
Nazionale Forense per l’approvazione.
15. Rimangono regolati dalla precedente
disciplina i procedimenti disciplinari per i
quali alla data di entrata in vigore della
presente legge sia già stato notificato il capo
di incolpazione, altrimenti gli atti sono
trasmessi al Consiglio Istruttore di Disciplina
degli ordini.
competente.
Art. 51.
(Competenza)
1. La competenza territoriale del Consiglio
Istruttore di Disciplina e del Consiglio
dell’Ordine costituito in Collegio Giudicante è
determinata dal luogo in cui si trova l’ordine
presso il cui albo, elenchi speciali o registro è
iscritto l’avvocato o il praticante avvocato,
ovvero dal luogo ove l’iscritto ad altro albo,
elenco o registro abbia commesso il fatto.
2. Nell’ipotesi in cui l’indagato o l’incolpato
sia uno dei componenti del Consiglio
Istruttore di Disciplina ed in ogni altro caso
di
incompatibilità,
la
competenza
a
provvedere
è
determinata
ai
sensi
dell’articolo 11 del codice di procedura
penale.
Art. 51.
(Competenza)
1. La competenza territoriale del Consiglio
istruttore di disciplina e del Collegio
giudicante è determinata dal luogo in cui si
trova l’ordine presso il cui albo, elenchi
speciali o registro è iscritto l’avvocato o il
praticante avvocato, ovvero dal luogo ove
l’iscritto ad altro albo, elenco o registro abbia
commesso il fatto. La competenza è
determinata,
volta
per
volta,
dalla
prevenzione.
2. Nell’ipotesi in cui l’indagato, l’incolpato, la
persona offesa o danneggiata sia uno dei
componenti del Consiglio istruttore di
disciplina ed in ogni altro caso di
incompatibilità, la competenza a provvedere
è determinata ai sensi dell’articolo 11 del
codice di procedura penale.
Art. 52.
(Azione disciplinare)
1. L’azione disciplinare è obbligatoria ed è
esercitata
dal
Consiglio
Istruttore
di
Disciplina
d’ufficio
o
a
seguito
di
comunicazione di fatti suscettibili di rilievo
disciplinare da parte del Consiglio dell’Ordine
o da parte di altri. Nel caso in cui la
Art. 52.
(Azione disciplinare)
1. L’azione disciplinare è obbligatoria ed è
esercitata dal Consiglio istruttore di disciplina
ogni volta che venga a conoscenza di fatti
suscettibili di rilievo disciplinare. Nel caso in
cui la relativa segnalazione non provenga dal
consiglio dell’ordine, il Consiglio istruttore di
trasmessi al Consiglio istruttore di disciplina
competente.
Art. 50.
(Competenza).
1. La competenza territoriale del Consiglio
istruttore di disciplina e del Collegio
giudicante è determinata dal luogo in cui si
trova l'ordine presso il cui albo, elenchi
speciali o registro è iscritto l'avvocato o il
praticante avvocato, ovvero dal luogo ove
l'iscritto ad altro albo, elenco o registro abbia
commesso il fatto. La competenza è
determinata,
volta
per
volta,
dalla
prevenzione.
2. Nell'ipotesi in cui l'indagato, l'incolpato, la
persona offesa o danneggiata sia uno dei
componenti del Consiglio istruttore di
disciplina o del Collegio giudicante, nonché in
ogni altro caso di incompatibilità, la
competenza a provvedere è determinata ai
sensi dell'articolo 11 del codice di procedura
penale.
Art. 51.
(Azione disciplinare).
1. L'azione disciplinare è obbligatoria ed è
esercitata dal Consiglio istruttore di disciplina
ogni volta che venga a conoscenza di fatti
suscettibili di rilievo disciplinare. Nel caso in
cui la relativa segnalazione non provenga dal
80
330
segnalazione non provenga dal Consiglio
dell’Ordine,
il
Consiglio
Istruttore
di
Disciplina ne da immediata notizia al
Consiglio
dell’Ordine
competente
trasmettendogli gli atti per conoscenza.
2. Al fine di cui al punto 1:
a) il Consiglio dell’Ordine circondariale che
abbia ricevuto notizia di fatti suscettibili di
rilievo disciplinare ovvero l’abbia acquisita
d’ufficio, la trasmette entro 15 giorni al
Consiglio Istruttore di Disciplina;
b) l’autorità giudiziaria è tenuta a dare
immediata notizia al Consiglio dell’Ordine
circondariale
competente
quando
nei
confronti di un iscritto all’albo, agli elenchi
speciali o al registro è esercitata l’azione
penale, è disposta l’applicazione di misure
cautelari o di sicurezza, sono effettuati
perquisizioni o sequestri ovvero sono emesse
sentenze che definiscono il grado di giudizio
nonché degli sviluppi processuali successivi.
Il
Consiglio
dell’Ordine
circondariale
trasmette al Consiglio Istruttore di Disciplina
la notizia nel termine di cui alla precedente
lettera a).
3. Se l’esponente è un avvocato e l’esposto
riguardi violazioni del rapporto fra colleghi, o
dei rapporti con il Consiglio dell’Ordine, o dei
rapporti con i praticanti, come disciplinati dal
codice deontologico forense, fatta salva
l’immediata trasmissione degli atti secondo il
disposto di cui al precedente punto 2, lettera
a), il Consiglio dell’Ordine circondariale che
abbia ricevuto la segnalazione tenta la
conciliazione tra i colleghi e ne comunica
l’esito al Consiglio Istruttore di Disciplina.
disciplina ne dà immediata notizia al
consiglio
dell’ordine
competente
trasmettendogli gli atti per conoscenza.
2. Al fine di cui al comma 1:
a) il consiglio dell’ordine circondariale che
abbia ricevuto notizia di fatti suscettibili di
rilievo disciplinare ovvero l’abbia acquisita
d’ufficio, la trasmette entro quindici giorni al
Consiglio istruttore di disciplina;
b) l’autorità giudiziaria è tenuta a dare
immediata notizia al consiglio dell’ordine
circondariale
competente
quando
nei
confronti di un iscritto all’albo, agli elenchi
speciali o al registro è esercitata l’azione
penale, ovvero è disposta l’applicazione di
misure cautelari o di sicurezza, ovvero sono
effettuati perquisizioni o sequestri ovvero
sono emesse sentenze che definiscono il
grado di giudizio nonché in merito agli
sviluppi processuali successivi. Il consiglio
dell’ordine
circondariale
trasmette
al
Consiglio istruttore di disciplina la notizia nel
termine di cui alla lettera a).
3. Se l’esponente è un avvocato e l’esposto
riguardi violazioni del rapporto fra colleghi, o
dei rapporti con il consiglio dell’ordine, o dei
rapporti con i praticanti, come disciplinati dal
codice deontologico forense, fatta salva
l’immediata trasmissione degli atti secondo il
disposto di cui al comma 2, lettera a), il
consiglio dell’ordine circondariale che abbia
ricevuto
la
segnalazione
tenta
la
conciliazione tra i colleghi e ne comunica
l’esito al Consiglio istruttore di disciplina.
4. L’illecito disciplinare non è configurabile
quando il fatto è di scarsa rilevanza.
consiglio dell'ordine, il Consiglio istruttore di
disciplina ne dà immediata notizia al
consiglio
dell'ordine
competente
trasmettendogli gli atti per conoscenza.
2. Al fine di cui al comma 1:
a) il consiglio dell'ordine circondariale che
abbia ricevuto notizia di fatti suscettibili di
rilievo disciplinare, ovvero l'abbia acquisita
d'ufficio, la trasmette entro quindici giorni al
Consiglio istruttore di disciplina;
b) l'autorità giudiziaria è tenuta a dare
immediata notizia al consiglio dell'ordine
circondariale
competente
quando
nei
confronti di un iscritto all'albo, agli elenchi
speciali o al registro è esercitata l'azione
penale, ovvero è disposta l'applicazione
di misure cautelari o di sicurezza, ovvero
sono effettuati perquisizioni o sequestri
ovvero
sono
emesse
sentenze
che
definiscono il grado di giudizio nonché in
merito agli sviluppi processuali successivi. Il
consiglio dell'ordine circondariale trasmette
al Consiglio istruttore di disciplina la notizia
nel termine di cui alla lettera a).
3. Se l'esponente è un avvocato e l'esposto
riguardi violazioni del rapporto fra colleghi, o
dei rapporti con il consiglio dell'ordine, o dei
rapporti con i praticanti, come disciplinati dal
codice deontologico forense, fatta salva
l'immediata trasmissione degli atti secondo il
disposto di cui al comma 2, lettera a), il
consiglio dell'ordine circondariale che abbia
ricevuto
la
segnalazione
tenta
la
conciliazione tra i colleghi e ne comunica
l'esito al Consiglio istruttore di disciplina.
4. L'illecito disciplinare non è configurabile
quando il fatto è di scarsa rilevanza.
81
331
Art. 53.
(Prescrizione dell’azione disciplinare)
1. L’azione disciplinare si prescrive nel
termine di cinque anni dal fatto.
2. Nel caso di condanna penale per reato non
colposo, il termine di prescrizione per la
riapertura del procedimento disciplinare ai
sensi dell’articolo 59 è di due anni dal
passaggio in giudicato della sentenza penale
di condanna.
3. Il termine della prescrizione è interrotto:
a) dalla comunicazione di apertura del
procedimento disciplinare;
b) dalla comunicazione all’iscritto del capo di
incolpazione;
c)
dalla
delibera
di
convocazione
dell’incolpato;
d) dalla notifica della decisione del Consiglio
dell’Ordine costituito in Collegio Giudicante
emessa all’esito del dibattimento;
e) dalla notifica all’iscritto della sentenza
pronunciata dal ai sensi dell’articolo 57;
4. Dalla data di comunicazione o notifica
dell’atto interruttivo della prescrizione di cui
al comma 3 decorre un nuovo termine della
durata di cinque anni; in caso di pluralità di
atti interruttivi la prescrizione decorre
dall’ultimo di essi, ma in nessun caso il
termine di prescrizione di cui al comma 1
può essere prolungato di oltre la metà.
Art. 54.
(Istruttoria disciplinare)
1. Ricevuti gli atti, il Presidente del Consiglio
Istruttore di Disciplina provvede senza
ritardo ad iscrivere in apposito registro la
notizia in relazione alla quale può aprirsi un
Art. 53.
(Prescrizione dell’azione disciplinare)
1. L’azione disciplinare si prescrive nel
termine di cinque anni dal fatto.
2. Nel caso di condanna penale per reato non
colposo, il termine di prescrizione per la
riapertura del procedimento disciplinare ai
sensi dell’articolo 59 è di due anni dal
passaggio in giudicato della sentenza penale
di
condanna.
3. Il termine della prescrizione è interrotto:
a) dalla comunicazione di apertura del
procedimento disciplinare;
b) dalla comunicazione all’iscritto del capo
di
incolpazione;
c) dalla notificazione della delibera di
convocazione
dell’incolpato;
d) dalla notificazione della decisione del
consiglio dell’ordine costituito in Collegio
giudicante emessa all’esito del dibattimento;
e) dalla notificazione all’iscritto della
sentenza
pronunciata
ai
sensi
dell’articolo 57;
4.
Dalla
data
di
comunicazione
o
notificazione
dell’atto
interruttivo
della
prescrizione di cui al comma 3 decorre un
nuovo termine della durata di cinque anni. In
caso di pluralità di atti interruttivi, la
prescrizione decorre dall’ultimo di essi, ma in
nessun caso il termine di prescrizione di cui
al comma 1 può essere prolungato di oltre la
metà.
Art. 54.
(Istruttoria disciplinare)
1. Ricevuti gli atti, il presidente del Consiglio
istruttore di disciplina provvede senza ritardo
ad iscrivere in apposito registro la notizia in
relazione
alla
quale
può
aprirsi
un
Art. 52.
(Prescrizione dell'azione disciplinare).
1. L'azione disciplinare si prescrive nel
termine di cinque anni dal fatto.
2. Nel caso di condanna penale per reato non
colposo, il termine di prescrizione per la
riapertura del procedimento disciplinare ai
sensi dell'articolo 58 è di due anni dal
passaggio in giudicato della sentenza penale
di
condanna.
3. Il termine della prescrizione è interrotto:
a) dalla comunicazione di apertura del
procedimento disciplinare;
b) dalla comunicazione all'iscritto del capo di
incolpazione;
c) dalla notificazione della delibera di
convocazione dell'incolpato;
d) dalla notificazione della decisione del
consiglio dell'ordine costituito in Collegio
giudicante emessa all'esito del dibattimento;
e)
dalla
notificazione
all'iscritto
della
sentenza pronunciata ai sensi dell'articolo
56.
4.
Dalla
data
di
comunicazione
o
notificazione
dell'atto
interruttivo
della
prescrizione di cui al comma 3 decorre un
nuovo termine della durata di cinque anni. In
caso di pluralità di atti interruttivi, la
prescrizione decorre dall'ultimo di essi, ma in
nessun caso il termine di prescrizione di cui
al comma 1 può essere prolungato di oltre la
metà.
Art. 53.
(Istruttoria disciplinare).
1. Ricevuti gli atti, il presidente del Consiglio
istruttore di disciplina provvede senza ritardo
ad iscrivere in apposito registro la notizia in
82
332
procedimento disciplinare, indicando il nome
dell’iscritto a cui la stessa si riferisce e
assegna
il
procedimento
al
collegio
competente per la trattazione dell’istruttoria.
Del collegio non può far parte un iscritto allo
stesso Albo dell’indagato.
2. Il Presidente del collegio istruttorio
designa per la trattazione se stesso o altro
componente del collegio stesso. L’istruttore
designato diventa responsabile della fase
istruttoria a lui affidata e comunica senza
ritardo all’iscritto l’avvio di detta fase, a
mezzo di raccomandata con avviso di
ricevimento, fornendogli ogni elemento utile
ed invitandolo a formulare per iscritto le
proprie osservazioni entro venti giorni dal
ricevimento
della
comunicazione.
L’interessato può chiedere di essere ascoltato
personalmente dall’istruttore ed ha la facoltà
di farsi assistere da un difensore. Il collegio
istruttorio provvede ad ogni accertamento di
natura istruttoria nel termine di sei mesi
dall’iscrizione della notizia di illecito disciplinare
nel registro di cui al comma 1. Nel termine
non sono calcolati i periodi di sospensione
per qualunque causa e per i rinvii ottenuti
dall’interessato. Si tiene conto in ogni caso
della sospensione feriale dei termini.
3. Conclusi gli atti di sua competenza, ed nel
solo caso di manifesta infondatezza della
notizia di illecito disciplinare, l’istruttore
propone al collegio di appartenenza richiesta
motivata di archiviazione o, in caso
contrario, di apertura del procedimento
disciplinare; in questa seconda ipotesi, egli
formula la proposta del capo di incolpazione
e deposita il fascicolo in segreteria. Il collegio
istruttorio delibera, con la partecipazione
procedimento disciplinare, indicando il nome
dell’iscritto a cui la stessa si riferisce, e
assegna
il
procedimento
al
collegio
competente per la trattazione dell’istruttoria.
Del collegio non può far parte un iscritto allo
stesso albo dell’indagato.
2. Il presidente del collegio istruttorio
designa per la trattazione se stesso o altro
componente del collegio stesso. L’istruttore
designato diventa responsabile della fase
istruttoria a lui affidata e comunica senza
ritardo all’iscritto l’avvio di detta fase, a
mezzo di raccomandata con avviso di
ricevimento, fornendogli ogni elemento utile
ed invitandolo a formulare per iscritto le
proprie osservazioni entro venti giorni dal
ricevimento
della
comunicazione.
L’interessato può chiedere di essere ascoltato
personalmente dall’istruttore ed ha la facoltà
di farsi assistere da un difensore. Il collegio
istruttorio provvede ad ogni accertamento di
natura istruttoria nel termine di sei mesi
dall’iscrizione
della
notizia
di
illecito
disciplinare nel registro di cui al comma 1.
Nel termine non sono calcolati i periodi di
sospensione per qualunque causa e per i
rinvii ottenuti dall’interessato. Si tiene conto
in ogni caso della sospensione feriale dei
termini.
3. Conclusi gli atti di sua competenza, nel
solo caso di manifesta infondatezza della
notizia di illecito disciplinare, l’istruttore
propone al collegio di appartenenza richiesta
motivata di archiviazione o, in caso
contrario, di apertura del procedimento
disciplinare. In questa seconda ipotesi, egli
formula la proposta del capo di incolpazione
e deposita il fascicolo in segreteria. Il collegio
istruttorio delibera, con la partecipazione
relazione
alla
quale
può
aprirsi
un
procedimento disciplinare, indicando il nome
dell'iscritto a cui la stessa si riferisce, e
assegna
il
procedimento
al
collegio
competente per la trattazione dell'istruttoria.
Del collegio non può far parte un iscritto allo
stesso
albo
dell'indagato.
2. Il presidente del collegio istruttorio
designa per la trattazione se stesso o altro
componente del collegio stesso. L'istruttore
designato diventa responsabile della fase
istruttoria a lui affidata e comunica senza
ritardo all'iscritto l'avvio di detta fase, a
mezzo di raccomandata con avviso di
ricevimento, fornendogli ogni elemento utile
ed invitandolo a formulare per iscritto le
proprie osservazioni entro venti giorni dal
ricevimento
della
comunicazione.
L'interessato può chiedere di essere ascoltato
personalmente dall'istruttore ed ha la facoltà
di farsi assistere da un difensore. Il collegio
istruttorio provvede ad ogni accertamento di
natura istruttoria nel termine di sei mesi
dall'iscrizione
della
notizia
di
illecito
disciplinare nel registro di cui al comma 1.
Nel termine non sono calcolati i periodi di
sospensione per qualunque causa e per i
rinvii ottenuti dall'interessato.
Si tiene conto in ogni caso della sospensione
feriale dei termini.
3. Conclusi gli atti di sua competenza, nel
solo caso di manifesta infondatezza della
notizia di illecito disciplinare, l'istruttore
propone al collegio di appartenenza richiesta
motivata di archiviazione o, in caso
contrario, di apertura del procedimento
disciplinare. In questa seconda ipotesi, egli
formula la proposta del capo di incolpazione
e deposita il fascicolo in segreteria. Il collegio
83
333
dell’istruttore, l’archiviazione o l’apertura del
procedimento. In questo secondo caso,
approva il capo di incolpazione.
4. Il provvedimento di archiviazione è
comunicato
all’iscritto,
al
Consiglio
dell’Ordine presso il quale l’avvocato è
iscritto,
al
pubblico
ministero
ed
all’esponente.
5. Il provvedimento di apertura del
procedimento disciplinare e quello di rinvio a
giudizio sono impugnabili al Consiglio
Nazionale Forense solo insieme alla decisione
che contenga l’applicazione di una sanzione.
dell’istruttore, l’archiviazione o l’apertura del
procedimento.
4. Il provvedimento di archiviazione è
comunicato all’iscritto, al consiglio dell’ordine
presso il quale l’avvocato è iscritto, al
pubblico
ministero
ed
all’esponente.
5. Il provvedimento di apertura del
procedimento disciplinare e quello di rinvio a
giudizio sono impugnabili al CNF solo insieme
alla decisione che contenga l’applicazione di
una sanzione.
Art. 55.
(Dibattimento disciplinare)
1. Qualora il Consiglio Istruttore di Disciplina
disponga
l’apertura
del
procedimento
disciplinare
ne
dà
comunicazione
all’incolpato, al pubblico ministero e al
Consiglio dell’Ordine competente.
2. La comunicazione contiene il capo
d’incolpazione con l’enunciazione:
1) delle generalità dell’incolpato e del
numero
cronologico
attribuito
al
procedimento;
2) dell’addebito, con l’indicazione delle
norme violate; se gli addebiti sono più di uno
gli stessi sono contraddistinti da lettere o
numeri;
3) della data della delibera di approvazione
del capo d’incolpazione;
4) l’avviso che l’incolpato, nel termine di
venti giorni dal ricevimento della stessa, ha
diritto di accedere ai documenti contenuti nel
fascicolo,
prendendone
visione
ed
estraendone copia integrale; ha facoltà di
depositare memorie e documenti.
3. Decorso il termine concesso per il
Art. 55.
(Dibattimento disciplinare)
1. Qualora il Consiglio istruttore di disciplina
disponga
l’apertura
del
procedimento
disciplinare,
ne
dà
comunicazione
all’incolpato, al pubblico ministero e al
consiglio dell’ordine competente.
2. La comunicazione contiene:
a) il capo d’incolpazione con l’enunciazione:
1) delle generalità dell’incolpato e del
numero
cronologico
attribuito
al
procedimento;
2) dell’addebito, con l’indicazione delle
norme violate; se gli addebiti sono più di
uno, gli stessi sono contraddistinti da lettere
o
numeri;
3) della data della delibera di approvazione
del capo d’incolpazione;
b) l’avviso che l’incolpato, nel termine di
venti giorni dal ricevimento della stessa, ha
diritto di accedere ai documenti contenuti nel
fascicolo,
prendendone
visione
ed
estraendone copia integrale, e ha facoltà di
depositare
memorie
e
documenti.
3 Decorso il termine concesso per il
istruttorio delibera, con la partecipazione
dell'istruttore, l'archiviazione o l'apertura del
procedimento.
4. Il provvedimento di archiviazione è
comunicato all'iscritto, al consiglio dell'ordine
presso il quale l'avvocato è iscritto, al
pubblico
ministero
ed
all'esponente.
5. Il provvedimento di apertura del
procedimento disciplinare e quello di rinvio a
giudizio sono impugnabili al CNF solo insieme
alla decisione che contenga l'applicazione di
una sanzione.
Art. 54.
(Dibattimento disciplinare).
1. Qualora il Consiglio istruttore di disciplina
disponga
l'apertura
del
procedimento
disciplinare,
ne
dà
comunicazione
all'incolpato, al pubblico ministero e al
consiglio
dell'ordine
competente.
2. La comunicazione contiene:
a) il capo d'incolpazione con l'enunciazione:
1) delle generalità dell'incolpato e del
numero
cronologico
attribuito
al
procedimento;
2) dell'addebito, con l'indicazione delle
norme violate; se gli addebiti sono più di
uno, gli stessi sono contraddistinti da lettere
o numeri;
3) della data della delibera di approvazione
del capo d'incolpazione;
b) l'avviso che l'incolpato, nel termine di
venti giorni dal ricevimento della stessa, ha
diritto di accedere ai documenti contenuti nel
fascicolo,
prendendone
visione
ed
estraendone copia integrale, e ha facoltà di
depositare memorie e documenti.
84
334
compimento degli atti difensivi, il Consiglio
Istruttore di Disciplina trasmette gli atti al
competente Consiglio dell’Ordine costituito in
Collegio Giudicante.
4. Il Presidente del Consiglio dell’Ordine
costituito in Collegio Giudicante nomina il
consigliere relatore, ne dà comunicazione
all’incolpato e al pubblico ministero a mezzo
di raccomandata con avviso di ricevimento.
Il Consiglio dell’Ordine costituito in Collegio
Giudicante può disporre il proscioglimento
nelle forme di cui all’articolo 56, comma 1,
lettera
a), oppure il rinvio a giudizio
dell’incolpato.
5. Il Consiglio dell’Ordine costituito in
Collegio
Giudicante
notifica
a
mezzo
dell’ufficiale giudiziario o a mezzo di
raccomandata con avviso di ricevimento il
proscioglimento al Consiglio Istruttore di
Disciplina, al pubblico ministero, all’incolpato
e all’esponente.
In caso di rinvio a giudizio, la citazione a
giudizio è notificata negli stessi modi
all’incolpato, nonché al pubblico ministero, il
quale ha facoltà di presenziare alla udienza
dibattimentale, nel termine di trenta giorni
dal ricevimento della comunicazione di cui al
comma precedente e almeno venti giorni
liberi prima della data di comparizione.
La citazione contiene:
1) le generalità dell’incolpato;
2) l’enunciazione in forma chiara e precisa
degli addebiti, con le indicazioni delle norme
violate; se gli addebiti sono più di uno essi
sono contraddistinti da lettere o numeri;
3) l’indicazione del luogo, del giorno e
dell’ora della comparizione avanti al collegio
giudicante
per
il
dibattimento,
con
l’avvertimento che l’incolpato potrà essere
compimento degli atti difensivi, il Consiglio
istruttore di disciplina trasmette gli atti al
competente consiglio dell’ordine costituito in
Collegio giudicante.
4. Il presidente del consiglio dell’ordine
costituito in Collegio giudicante nomina il
consigliere relatore, ne dà comunicazione
all’incolpato e al pubblico ministero a mezzo
di raccomandata con avviso di ricevimento.
5. Il consiglio dell’ordine costituito in Collegio
giudicante può disporre il proscioglimento
nelle forme di cui all’articolo 56, comma 1,
lettera a), oppure il rinvio a giudizio
dell’incolpato.
6. Il consiglio dell’ordine costituito in Collegio
giudicante notifica a mezzo dell’ufficiale
giudiziario o a mezzo di raccomandata con
avviso di ricevimento il proscioglimento al
Consiglio istruttore di disciplina, al pubblico
ministero,
all’incolpato
e
all’autore
dell’esposto. In caso di rinvio a giudizio, la
citazione a giudizio è notificata negli stessi
modi all’incolpato, nonché al pubblico
ministero, il quale ha facoltà di presenziare
alla udienza dibattimentale, nel termine di
trenta
giorni
dal
ricevimento
della
comunicazione di cui al comma precedente e
almeno venti giorni liberi prima della data di
comparizione. La citazione contiene:
a) le generalità dell’incolpato;
b) l’enunciazione in forma chiara e precisa
degli addebiti, con l’indicazione delle norme
violate; se gli addebiti sono più di uno, essi
sono contraddistinti da lettere o numeri;
c) l’indicazione del luogo, del giorno e
dell’ora della comparizione avanti al collegio
giudicante
per
il
dibattimento,
con
l’avvertimento che l’incolpato potrà essere
assistito da un difensore, e che, in caso di
3. Decorso il termine concesso per il
compimento degli atti difensivi, il Consiglio
istruttore di disciplina trasmette gli atti al
competente consiglio dell'ordine costituito in
Collegio
giudicante.
4. Il presidente del consiglio dell'ordine
costituito in Collegio giudicante nomina il
consigliere relatore e ne dà comunicazione
all'incolpato e al pubblico ministero a mezzo
di raccomandata con avviso di ricevimento.
5. Il consiglio dell'ordine costituito in Collegio
giudicante può disporre il proscioglimento
nelle forme di cui all'articolo 55, comma 1,
lettera a), oppure il rinvio a giudizio
dell'incolpato.
6. Il consiglio dell'ordine costituito in Collegio
giudicante notifica a mezzo dell'ufficiale
giudiziario o a mezzo di raccomandata con
avviso di ricevimento il proscioglimento al
Consiglio istruttore di disciplina, al pubblico
ministero,
all'incolpato
e
all'autore
dell'esposto. In caso di rinvio a giudizio, la
citazione a giudizio è notificata negli stessi
modi all'incolpato, nonché al pubblico
ministero, il quale ha facoltà di presenziare
alla udienza dibattimentale, nel termine di
trenta
giorni
dal
ricevimento
della
comunicazione di cui al comma precedente e
almeno venti giorni liberi prima della data di
comparizione. La citazione contiene:
a) le generalità dell'incolpato;
b) l'enunciazione in forma chiara e precisa
degli addebiti, con l'indicazione delle norme
violate; se gli addebiti sono più di uno, essi
sono contraddistinti da lettere o numeri;
c) l'indicazione del luogo, del giorno e
dell'ora della comparizione avanti al Collegio
giudicante
per
il
dibattimento,
con
l'avvertimento che l'incolpato potrà essere
85
335
assistito da un difensore, e che, in caso di
mancata comparizione, non dovuta a
legittimo
impedimento
o
assoluta
impossibilità a comparire, si procederà in sua
assenza;
4) l’avviso che l’incolpato ed il pubblico
ministero
hanno
diritto
di
produrre
documenti e di indicare testimoni, con
l’enunciazione sommaria delle circostanze
sulle quali essi dovranno essere sentiti, nel
termine di giorni sette prima della data
fissata per il dibattimento;
5) l’elenco dei testimoni che il collegio
intende ascoltare;
6) la data e la sottoscrizione del Presidente.
6. Nel corso del dibattimento, che si apre
con l’esposizione dei fatti da parte del
relatore, l’incolpato ed il pubblico ministero
hanno diritto di
produrre documenti,
interrogare o far interrogare testimoni, di
rendere dichiarazioni. L’incolpato, ove lo
chieda o vi acconsenta, è sottoposto
all’esame del collegio. L’incolpato ha la
parola per ultimo.
7. Il Consiglio dell’Ordine costituito in
Collegio Giudicante acquisisce i documenti
prodotti
dall’incolpato
e
dal
pubblico
ministero; provvede all’esame dei testimoni
e, subito dopo, all’esame dell’incolpato che
ne abbia fatto richiesta o vi abbia
acconsentito; procede d’ufficio, o su istanza
di parte, all’ammissione e all’acquisizione di
ogni eventuale ulteriore prova necessaria od
utile per l’accertamento dei fatti.
8. Le dichiarazioni e i documenti provenienti
dall’incolpato e dal pubblico ministero, gli atti
formati ed i documenti acquisiti nel corso
della fase istruttoria e del dibattimento sono
utilizzabili per la decisione, così gli esposti e
mancata comparizione, non dovuta a
legittimo
impedimento
o
assoluta
impossibilità a comparire, si procederà in sua
assenza;
d) l’avviso che l’incolpato ed il pubblico
ministero
hanno
diritto
di
produrre
documenti e di indicare testimoni, con
l’enunciazione sommaria delle circostanze
sulle quali essi dovranno essere sentiti, nel
termine di sette giorni prima della data
fissata
per
il
dibattimento;
e) l’elenco dei testimoni che il collegio
intende
ascoltare;
f) la data e la sottoscrizione del presidente.
7. Nel corso del dibattimento, che si apre con
l’esposizione dei fatti da parte del relatore,
l’incolpato ed il pubblico ministero hanno
diritto di produrre documenti, interrogare o
far
interrogare
testimoni,
di
rendere
dichiarazioni. L’incolpato, ove lo chieda o vi
acconsenta, è sottoposto all’esame del
collegio. L’incolpato ha la parola per ultimo.
8. Il consiglio dell’ordine costituito in Collegio
giudicante acquisisce i documenti prodotti
dall’incolpato e dal pubblico ministero;
provvede all’esame dei testimoni e, subito
dopo, all’esame dell’incolpato che ne abbia
fatto richiesta o vi abbia acconsentito;
procede d’ufficio, o su istanza di parte,
all’ammissione e all’acquisizione di ogni
eventuale ulteriore prova necessaria od utile
per
l’accertamento
dei
fatti.
9. Sono utilizzabili per la decisione le
dichiarazioni e i documenti provenienti
dall’incolpato e dal pubblico ministero, gli atti
formati ed i documenti acquisiti nel corso
della fase istruttoria e del dibattimento, gli
esposti e le segnalazioni inerenti alla notizia
assistito da un difensore e che, in caso di
mancata comparizione, non dovuta a
legittimo
impedimento
o
assoluta
impossibilità a comparire, si procederà in sua
assenza;
d) l'avviso che l'incolpato ed il pubblico
ministero
hanno
diritto
di
produrre
documenti e di indicare testimoni, con
l'enunciazione sommaria delle circostanze
sulle quali essi dovranno essere sentiti, nel
termine di sette giorni prima della data
fissata per il dibattimento;
e) l'elenco dei testimoni che il Collegio
intende ascoltare;
f) la data e la sottoscrizione del presidente.
7. Nel corso del dibattimento, che si apre con
l'esposizione dei fatti da parte del relatore,
l'incolpato ed il pubblico ministero hanno
diritto di produrre documenti, di interrogare
o far interrogare testimoni, di rendere
dichiarazioni. L'incolpato, ove lo chieda o vi
acconsenta, è sottoposto all'esame del
Collegio. L'incolpato ha la parola per ultimo.
8. Il consiglio dell'ordine costituito in Collegio
giudicante acquisisce i documenti prodotti
dall'incolpato e dal pubblico ministero;
provvede all'esame dei testimoni e, subito
dopo, all'esame dell'incolpato che ne abbia
fatto richiesta o vi abbia acconsentito;
procede d'ufficio, o su istanza di parte,
all'ammissione e all'acquisizione di ogni
eventuale ulteriore prova necessaria od utile
per
l'accertamento
dei
fatti.
9. Sono utilizzabili per la decisione le
dichiarazioni e i documenti provenienti
dall'incolpato e dal pubblico ministero, gli atti
formati ed i documenti acquisiti nel corso
della fase istruttoria e del dibattimento, gli
86
336
le segnalazioni inerenti la notizia di illecito
disciplinare ed i verbali di dichiarazioni
testimoniali redatti nel corso dell’istruttoria.
9. Terminato il dibattimento, il Presidente ne
dichiara la chiusura, e dà la parola al
pubblico ministero, all’incolpato e al suo
difensore, per le loro conclusioni e per la
discussione, che si svolge nell’ordine che
precede; l’incolpato e il suo difensore hanno
in ogni caso la parola per ultimi.
10. Conclusa la discussione, il collegio
delibera il provvedimento a maggioranza.
11. Viene data immediata lettura alle parti
del dispositivo con l’indicazione del termine
per l’impugnazione.
di illecito disciplinare ed i verbali di
dichiarazioni testimoniali redatti nel corso
dell’istruttoria.
10. Terminato il dibattimento, il presidente
ne dichiara la chiusura e dà la parola al
pubblico ministero, all’incolpato e al suo
difensore, per le loro conclusioni e per la
discussione, che si svolge nell’ordine che
precede. L’incolpato e il suo difensore hanno
in ogni caso la parola per ultimi.
11. Conclusa la discussione, il collegio
delibera il provvedimento a maggioranza.
12. Viene data immediata lettura alle parti
del dispositivo con l’indicazione del termine
per l’impugnazione.
12. La motivazione del provvedimento è
predisposta dal relatore o da altro consigliere
se il Presidente lo ritenga opportuno. Il
provvedimento è sottoscritto dal Presidente
del collegio e dal relatore e depositato nella
segreteria del Consiglio dell’Ordine entro il
termine di sessanta giorni dalla lettura del
dispositivo.
Copia
integrale
del
provvedimento è notificato all’incolpato, al
pubblico ministero, al Procuratore generale
della Repubblica presso la Corte d’appello del
distretto, al Consiglio Istruttore di Disciplina,
nonché all’autore dell’esposto nel solo caso
di proscioglimento. Nel caso di decisioni
complesse, il termine per il deposito della
motivazione può essere aumentato fino al
doppio, con provvedimento del Presidente
del Consiglio dell’Ordine costituito in Collegio
Giudicante allegato al dispositivo della
decisione.
13. per quanto non specificatamente
disciplinato, si applicano le norme del codice
di procedura civile, se compatibili.
13. La motivazione del provvedimento è
predisposta dal relatore o da altro consigliere
se il presidente lo ritenga opportuno. Il
provvedimento è sottoscritto dal presidente
del collegio e dal relatore e depositato nella
segreteria del consiglio dell’ordine entro il
termine di sessanta giorni dalla lettura del
dispositivo.
Copia
integrale
del
provvedimento è notificata all’incolpato, al
pubblico ministero, al procuratore generale
della Repubblica presso la corte d’appello del
distretto, al Consiglio istruttore di disciplina,
nonché all’autore dell’esposto nel solo caso
di proscioglimento. Nel caso di decisioni
complesse, il termine per il deposito della
motivazione può essere aumentato fino al
doppio, con provvedimento del presidente
del consiglio dell’ordine costituito in Collegio
giudicante allegato al dispositivo della
decisione.
14. Per quanto non specificatamente
disciplinato, si applicano le norme del codice
di
procedura
penale,
se
compatibili.
esposti e le segnalazioni inerenti alla notizia
di illecito disciplinare ed i verbali di
dichiarazioni testimoniali redatti nel corso
dell'istruttoria.
10. Terminato il dibattimento, il presidente
ne dichiara la chiusura e dà la parola al
pubblico ministero, all'incolpato e al suo
difensore, per le loro conclusioni e per la
discussione, che si svolge nell'ordine che
precede. L'incolpato e il suo difensore hanno
in ogni caso la parola per ultimi.
11. Conclusa la discussione, il Collegio
delibera il provvedimento a maggioranza.
12. Viene data immediata lettura alle parti
del dispositivo con l'indicazione del termine
per l'impugnazione, che decorre dal deposito
della motivazione.
13. La motivazione del provvedimento è
predisposta dal relatore o da altro consigliere
se il presidente lo ritenga opportuno. Il
provvedimento è sottoscritto dal presidente
del Collegio e dal relatore e depositato nella
segreteria del consiglio dell'ordine entro il
termine di sessanta giorni dalla lettura del
dispositivo.
Copia
integrale
del
provvedimento è notificata all'incolpato, al
pubblico ministero, al procuratore generale
della Repubblica presso la corte d'appello del
distretto, al Consiglio istruttore di disciplina,
nonché all'autore dell'esposto nel solo caso
di proscioglimento. Nel caso di decisioni
complesse, il termine per il deposito della
motivazione può essere aumentato fino al
doppio, con provvedimento del presidente
del consiglio dell'ordine costituito in Collegio
giudicante allegato al dispositivo della
decisione.
14. Per quanto non specificatamente
disciplinato, si applicano le norme del codice
87
337
14. Il procedimento avanti il Consiglio
dell’Ordine costituito in Collegio Giudicante si
conclude entro il termine di diciotto mesi
dalla sua apertura; nel termine non sono
calcolati i periodi di sospensione e quelli per i
rinvii ottenuti dall’incolpato o gli eventuali
rinvii dovuti all’impossibilità di costituire il
collegio giudicante. Si tiene conto in ogni
caso della sospensione feriale dei termini.
15. Il procedimento avanti il consiglio
dell’ordine costituito in Collegio giudicante si
conclude entro il termine di diciotto mesi
dalla sua apertura. Nel termine non sono
calcolati i periodi di sospensione e quelli per i
rinvii ottenuti dall’incolpato o gli eventuali
rinvii dovuti all’impossibilità di costituire il
collegio giudicante. Si tiene conto in ogni
caso della sospensione feriale dei termini.
Art. 56.
(Decisione disciplinare e sanzioni)
1. Con la decisione che definisce il
dibattimento disciplinare possono essere
deliberati:
a) il proscioglimento, con la formula «non
esservi luogo a provvedimento disciplinare»;
il Consiglio dell’Ordine costituito in Collegio
Giudicante può pronunciarsi con la medesima
formula in ogni stato del procedimento;
b) l’irrogazione di una delle seguenti sanzioni
disciplinari:
avvertimento,
censura,
sospensione dall’esercizio della professione
da un mese a tre anni, radiazione.
2. L’avvertimento può essere deliberato
quando il fatto contestato non è grave e vi è
motivo di ritenere che l’incolpato non
commetta altre infrazioni. L’avvertimento
consiste nell’informare l’incolpato che la sua
condotta non è stata conforme al codice
deontologico e alle norme di legge, con invito
ad astenersi dal compiere altre infrazioni.
3. La censura consiste nel biasimo formale e
si
applica
quando
per
la
gravità
dell’infrazione, il grado di responsabilità, i
precedenti
dell’incolpato
e
il
suo
comportamento successivo al fatto non sia
irrogata altra sanzione più grave.
4. La sospensione importa l’esclusione
Art. 56.
(Decisione disciplinare e sanzioni)
1. Con la decisione che definisce il
dibattimento disciplinare possono essere
deliberati:
a) il proscioglimento, con la formula: «non
esservi luogo a provvedimento disciplinare».
Il consiglio dell’ordine costituito in Collegio
giudicante può pronunciarsi con la medesima
formula in ogni stato del procedimento;
b) l’irrogazione di una delle seguenti
sanzioni disciplinari: avvertimento, censura,
sospensione dall’esercizio della professione
da un mese a tre anni, radiazione.
2. L’avvertimento consiste nell’informare
l’incolpato che la sua condotta non è stata
conforme al codice deontologico e alle norme
di legge, con invito ad astenersi dal compiere
altre infrazioni.
3. La censura consiste nel biasimo formale.
4. La sospensione importa l’esclusione
temporanea dall’esercizio della professione o
dal
tirocinio.
di
procedura
civile,
se
compatibili.
15. Il procedimento avanti il consiglio
dell'ordine costituito in Collegio giudicante si
conclude entro il termine di diciotto mesi
dalla sua apertura. Nel termine non sono
calcolati i periodi di sospensione e quelli per i
rinvii ottenuti dall'incolpato o gli eventuali
rinvii dovuti all'impossibilità di costituire il
Collegio giudicante. Si tiene conto in ogni
caso della sospensione feriale dei termini.
Art. 55.
(Decisione disciplinare e sanzioni).
1. Con la decisione che definisce il
dibattimento disciplinare possono essere
deliberati:
a) il proscioglimento, con la formula: «non
esservi luogo a provvedimento disciplinare».
Il consiglio dell'ordine costituito in Collegio
giudicante può pronunciarsi con la medesima
formula in ogni stato del procedimento;
b) l'irrogazione di una delle seguenti sanzioni
disciplinari:
avvertimento,
censura,
sospensione dall'esercizio della professione
da un mese a tre anni, radiazione.
2. L'avvertimento consiste nell'informare
l'incolpato che la sua condotta non è stata
conforme al codice deontologico e alle norme
di legge, con invito ad astenersi dal compiere
altre
infrazioni.
3. La censura consiste nel biasimo formale.
4. La sospensione importa l'esclusione
temporanea dall'esercizio della professione o
dal tirocinio.
88
338
temporanea dall’esercizio della professione o
dal tirocinio e si applica per infrazioni
consistenti in comportamenti e gradi di
responsabilità gravi o quando non sussistono
le condizioni per irrogare la sola sanzione
della censura.
5. La radiazione consiste nell’esclusione
definitiva dall’albo, elenco speciale o registro
e impedisce l’iscrizione a qualsiasi albo,
elenco speciale o registro tenuti da altro
Consiglio dell’Ordine, salvo quanto stabilito
nell’articolo 62, comma 7. La radiazione è
inflitta
per
violazioni
che
rendono
incompatibile la permanenza dell’incolpato
nell’albo, elenco speciale o registro.
6. Nella determinazione della sanzione si
tiene conto dell’eventuale reiterazione di
comportamenti illeciti.
Art. 57.
(Impugnazioni)
1. Avverso la decisione disciplinare è
ammesso ricorso al Consiglio Nazionale
Forense da parte dell’incolpato, da parte del
procuratore
della
Repubblica
e
del
procuratore generale presso la Corte
d’Appello, rispettivamente del circondario e
del distretto ove ha sede il Consiglio
dell’Ordine che ha emesso la decisione; e da
parte del Consiglio Istruttore di Disciplina nel
solo caso di proscioglimento.
2. L’autore dell’esposto ha facoltà di
presentare al Procuratore della Repubblica, al
Procuratore
generale,
competenti
per
territorio e al Presidente del Consiglio
Istruttore di Disciplina richiesta motivata di
5. La radiazione consiste nell’esclusione
definitiva dall’albo, elenco speciale o registro
e impedisce l’iscrizione a qualsiasi albo,
elenco speciale o registro tenuti da altro
consiglio dell’ordine, salvo quanto stabilito
nell’articolo 62, comma 7. La radiazione è
inflitta
per
violazioni
che
rendono
incompatibile la permanenza dell’incolpato
nell’albo,
elenco
speciale
o
registro.
6. Nella determinazione della sanzione si
tiene conto della gravità dell’infrazione, del
grado di responsabilità, dei precedenti
dell’incolpato,
del
suo
comportamento
successivo
al
fatto
e
dell’eventuale
reiterazione di comportamenti illeciti.
Art. 57.
(Impugnazioni)
1. Avverso la decisione disciplinare è
ammesso
ricorso
al
CNF
da
parte
dell’incolpato, da parte del procuratore
generale presso la corte d’appello del
distretto ove ha sede il consiglio dell’ordine
che ha emesso la decisione, e da parte del
Consiglio istruttore di disciplina nel solo caso
di proscioglimento.
2. L’autore dell’esposto ha facoltà di
presentare
al
procuratore
generale
competente per territorio e al presidente del
Consiglio istruttore di disciplina richiesta
motivata di impugnazione della decisione di
5. La radiazione consiste nell'esclusione
definitiva dall'albo, elenco speciale o registro
e impedisce l'iscrizione a qualsiasi albo,
elenco speciale o registro tenuti da altro
consiglio dell'ordine, salvo quanto stabilito
nell'articolo 61, comma 7. La radiazione è
inflitta
per
violazioni
che
rendono
incompatibile la permanenza dell'incolpato
nell'albo,
elenco
speciale
o
registro.
6. Nella determinazione della sanzione si
tiene conto della gravità dell'infrazione, del
grado di responsabilità, dei precedenti
dell'incolpato,
del
suo
comportamento
successivo
al
fatto
e
dell'eventuale
reiterazione di comportamenti illeciti.
Art. 56.
(Impugnazioni).
1. Avverso la decisione disciplinare è
ammesso
ricorso
al
CNF
da
parte
dell'incolpato, da parte del procuratore
generale presso la corte d'appello del
distretto ove ha sede il consiglio dell'ordine
che ha emesso la decisione, e da parte del
Consiglio istruttore di disciplina nel solo caso
di proscioglimento.
2. L'autore dell'esposto ha facoltà di
presentare
al
procuratore
generale
competente per territorio e al presidente del
Consiglio istruttore di disciplina richiesta
89
339
impugnazione
della
decisione
di
proscioglimento.
3. Il ricorso si propone con atto scritto,
depositato presso la segreteria del Consiglio
dell’Ordine
cui
appartiene
il
collegio
giudicante che ha emanato la decisione
impugnata nel termine di venti giorni dalla
notifica eseguita ai sensi dell’articolo 55,
comma 1, lettera m). Si applica, per quanto
non specificato nel presente articolo,
l’articolo 50 del regio decreto-legge 27
novembre 1933, n. 1578, e successive
modificazioni.
4. Nel ricorso, a pena di inammissibilità,
sono indicati il provvedimento impugnato e
la data del medesimo, ed enunciati i capi o i
punti del provvedimento ai quali si riferisce
l’impugnazione, i motivi dell’impugnazione
con l’indicazione specifica delle ragioni di
diritto e degli elementi di fatto che li
sorreggono, le conclusioni e le richieste.
5. Il ricorso è notificato al pubblico ministero
ed al Procuratore Generale della Corte
d’Appello
che
possono
proporre
impugnazione incidentale entro venti giorni
dalla
notifica.
Ne
è
altresì
data
comunicazione al Consiglio dell’Ordine di
appartenenza dell’incolpato, se diverso dal
Consiglio dell’Ordine che ha deciso.
6. La proposizione del ricorso sospende
l’esecuzione del provvedimento, salvo il
provvedimento di sospensione cautelare di
cui all’articolo 61.
7. Il giudizio si svolge secondo le norme
previste per il procedimento davanti al
Consiglio Nazionale Forense di cui al regio
decreto 22 gennaio 1934, n. 37; le funzioni
requirenti sono svolte dal procuratore
generale presso la Corte di cassazione o da
proscioglimento.
3. Il ricorso si propone con atto scritto,
depositato presso la segreteria del consiglio
dell’ordine presso il quale opera il Collegio
giudicante che ha emanato la decisione
impugnata, nel termine di venti giorni dalla
notifica eseguita ai sensi dell’articolo 55,
comma 13. Si applica, in quanto compatibile,
l’articolo 50 del regio decreto-legge 27
novembre 1933, n. 1578, convertito, con
modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934,
n. 36,
e
successive
modificazioni.
4. Nel ricorso, a pena di inammissibilità,
sono indicati il provvedimento impugnato e
la data del medesimo, ed enunciati i capi o i
punti del provvedimento ai quali si riferisce
l’impugnazione, i motivi dell’impugnazione
con l’indicazione specifica delle ragioni di
diritto e degli elementi di fatto che li
sorreggono, le conclusioni e le richieste.
5. La proposizione del ricorso sospende
l’esecuzione del provvedimento, salvo il
provvedimento di sospensione cautelare di
cui
all’articolo
61.
6. Il giudizio si svolge secondo le norme
previste per il procedimento davanti al CNF
di cui al regio decreto 22 gennaio 1934,
n. 37. Le funzioni requirenti sono svolte dal
Procuratore generale presso la Corte di
cassazione
o
da
un
suo
sostituto.
motivata di impugnazione della decisione di
proscioglimento.
3. Il ricorso si propone con atto scritto,
depositato presso la segreteria del consiglio
dell'ordine presso il quale opera il Collegio
giudicante che ha emanato la decisione
impugnata, nel termine di venti giorni dalla
notifica eseguita ai sensi dell'articolo 54,
comma 13. Si applica, in quanto compatibile,
l'articolo 50 del regio decreto-legge 27
novembre 1933, n. 1578, convertito, con
modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934,
n.
36,
e
successive
modificazioni.
4. Nel ricorso, a pena di inammissibilità,
sono indicati il provvedimento impugnato e
la data del medesimo, ed enunciati i capi o i
punti del provvedimento ai quali si riferisce
l'impugnazione, i motivi dell'impugnazione
con l'indicazione specifica delle ragioni di
diritto e degli elementi di fatto che li
sorreggono, le conclusioni e le richieste.
5. La proposizione del ricorso sospende
l'esecuzione del provvedimento, salvo il
provvedimento di sospensione cautelare di
cui
all'articolo
60.
6. Il giudizio si svolge secondo le norme
previste per il procedimento davanti al CNF
di cui al regio decreto 22 gennaio 1934, n.
37. Le funzioni requirenti sono svolte dal
procuratore generale presso la Corte di
90
340
un suo sostituto.
8. In ogni caso di impugnazione da parte
dell’incolpato, il Consiglio Nazionale Forense
può irrogare una sanzione disciplinare più
grave di quella comminata dal Consiglio
dell’Ordine costituito in Collegio Giudicante.
9. Per quanto non specificato nel presente
articolo, per il procedimento davanti al
Consiglio Nazionale Forense si applicano gli
articoli da 59 a 65 del regio decreto 22
gennaio 1934, n. 37.
10. Avverso la sentenza del Consiglio
Nazionale Forense
può essere proposto
ricorso alle Sezioni Unite civili della Corte di
cassazione,
dall’incolpato,
dal
pubblico
ministero e dal procuratore generale della
corte d’appello al cui distretto appartiene
l’incolpato. Il ricorso non ha effetto
sospensivo. Si applicano, per quanto non
stabilito dal presente articolo, l’articolo 56
del regio decreto-legge 27 novembre 1933,
n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla
legge 22 gennaio 1934, n. 36, e successive
modificazioni, e gli articoli 66, 67 e 68 del
regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37.
11. È fatta salva la possibilità del giudizio di
revocazione disciplinato ai sensi delle
disposizioni del codice di procedura civile.
Art. 58.
(Rapporto fra procedimento disciplinare e
processo penale)
1. Il procedimento disciplinare si svolge ed è
definito con procedura e con valutazioni
autonome rispetto all’eventuale processo
penale avente per oggetto i medesimi fatti.
2. Il Consiglio Istruttore di Disciplina e il
Consiglio dell’Ordine in sede Giudicante
hanno il potere di acquisire atti e documenti
cassazione
7. Per quanto non specificato nel presente
articolo, per il procedimento davanti al CNF
si applicano gli articoli da 59 a 65 del regio
decreto
22
gennaio
1934,
n. 37.
8. Avverso la sentenza del CNF può essere
proposto ricorso alle sezioni unite civili della
Corte di cassazione, dall’incolpato e dal
procuratore generale della corte d’appello al
cui distretto appartiene l’incolpato. Il ricorso
non ha effetto sospensivo. Si applicano, per
quanto non stabilito dal presente articolo,
l’articolo 56 del regio decreto-legge 27
novembre 1933, n. 1578, convertito, con
modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934,
n. 36, e successive modificazioni, e gli
articoli 66, 67 e 68 del regio decreto 22
gennaio 1934, n. 37.
9. È fatta salva la possibilità del giudizio di
revocazione disciplinato ai sensi delle
disposizioni del codice di procedura civile.
Art. 58.
(Rapporto fra procedimento disciplinare e
processo penale)
1. Il procedimento disciplinare si svolge ed è
definito con procedura e con valutazioni
autonome rispetto all’eventuale processo
penale avente per oggetto i medesimi fatti.
2. Il Consiglio istruttore di disciplina e il
consiglio dell’ordine in sede giudicante hanno
il potere di acquisire atti e documenti
o
da
un
suo
sostituto.
7. Per quanto non specificato nel presente
articolo, per il procedimento davanti al CNF
si applicano gli articoli da 59 a 65 del regio
decreto
22
gennaio
1934,
n.
37.
8. Avverso la sentenza del CNF può essere
proposto ricorso alle sezioni unite civili della
Corte di cassazione, dall'incolpato e dal
procuratore
generale
presso
la
corte
d'appello
al
cui
distretto
appartiene
l'incolpato. Il ricorso non ha effetto
sospensivo. Si applicano, per quanto non
stabilito dal presente articolo, l'articolo 56
del regio decreto-legge 27 novembre 1933,
n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla
legge 22 gennaio 1934, n. 36, e successive
modificazioni, e gli articoli 66, 67 e 68 del
regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37.
9. È fatta salva la possibilità del giudizio di
revocazione disciplinato ai sensi delle
disposizioni del codice di procedura civile.
Art. 57.
(Rapporto fra procedimento disciplinare e
processo penale).
1. Il procedimento disciplinare si svolge ed è
definito con procedura e con valutazioni
autonome rispetto all'eventuale processo
penale avente per oggetto i medesimi fatti.
2. Il Consiglio istruttore di disciplina e il
consiglio dell'ordine costituito in Collegio
91
341
appartenenti al processo penale presso
l’Autorità Giudiziaria.
3. Se dai fatti oggetto del procedimento
disciplinare emergono estremi di un reato
procedibile d’ufficio, l’organo procedente ne
informa l’autorità giudiziaria.
4. La durata della pena accessoria
dell’interdizione dalla professione inflitta
all’avvocato
dall’autorità
giudiziaria
è
computata in quella della corrispondente
sanzione disciplinare della sospensione dalla
professione.
appartenenti al processo penale presso
l’autorità
giudiziaria.
3. Se dai fatti oggetto del procedimento
disciplinare emergono estremi di un reato
procedibile d’ufficio, l’organo procedente ne
informa
l’autorità
giudiziaria.
4.
La
durata
della
pena
accessoria
dell’interdizione dalla professione inflitta
all’avvocato
dall’autorità
giudiziaria
è
computata in quella della corrispondente
sanzione disciplinare della sospensione dalla
professione.
Art. 59.
(Riapertura del procedimento disciplinare)
1. Il procedimento disciplinare, concluso con
provvedimento definitivo, è riaperto:
a) se è stata inflitta una sanzione
disciplinare e, per gli stessi fatti, l’autorità
giudiziaria
ha
emesso
sentenza
di
assoluzione perché il fatto non sussiste o
perché l’incolpato non lo ha commesso;
b) se è stato pronunciato il proscioglimento
e l’autorità giudiziaria ha emesso sentenza di
condanna per reato non colposo fondata su
fatti rilevanti per l’accertamento della
responsabilità disciplinare, che il Consiglio
dell’Ordine costituito in Collegio Giudicante
non ha potuto valutare.
2.
La
riapertura
del
procedimento
disciplinare
avviene
a
richiesta
dell’interessato o d’ufficio con le forme del
procedimento ordinario.
3. Per la riapertura del procedimento e per i
provvedimenti conseguenti è competente il
Consiglio dell’Ordine che ha emesso la
decisione. In tal caso il Presidente lo assegna
ad un Collegio Giudicante che deve essere
diversamente formato da quello che ha
Art. 59.
(Riapertura del procedimento disciplinare)
1. Il procedimento disciplinare, concluso con
provvedimento definitivo, è riaperto:
a) se è stata inflitta una sanzione
disciplinare e, per gli stessi fatti, l’autorità
giudiziaria
ha
emesso
sentenza
di
assoluzione perché il fatto non sussiste o
perché l’incolpato non lo ha commesso;
b) se è stato pronunciato il proscioglimento
e l’autorità giudiziaria ha emesso sentenza di
condanna per reato non colposo fondata su
fatti rilevanti per l’accertamento della
responsabilità disciplinare, che il consiglio
dell’ordine costituito in Collegio giudicante
non ha potuto valutare.
2. La riapertura del procedimento disciplinare
avviene a richiesta dell’interessato o d’ufficio
con le forme del procedimento ordinario.
3. Per la riapertura del procedimento e per i
provvedimenti conseguenti è competente il
consiglio dell’ordine che ha emesso la
decisione. In tal caso il presidente lo assegna
ad un Collegio giudicante che deve essere
diversamente formato da quello che ha
giudicante hanno il potere di acquisire atti e
documenti appartenenti al processo penale
presso
l'autorità
giudiziaria.
3. Se dai fatti oggetto del procedimento
disciplinare emergono estremi di un reato
procedibile d'ufficio, l'organo procedente ne
informa
l'autorità
giudiziaria.
4.
La
durata
della
pena
accessoria
dell'interdizione dalla professione inflitta
all'avvocato
dall'autorità
giudiziaria
è
computata in quella della corrispondente
sanzione disciplinare della sospensione dalla
professione.
Art. 58.
(Riapertura del procedimento disciplinare).
1. Il procedimento disciplinare, concluso con
provvedimento definitivo, è riaperto:
a) se è stata inflitta una sanzione disciplinare
e, per gli stessi fatti, l'autorità giudiziaria ha
emesso sentenza di assoluzione perché il
fatto non sussiste o perché l'incolpato non lo
ha commesso;
b) se è stato pronunciato il proscioglimento e
l'autorità giudiziaria ha emesso sentenza di
condanna per reato non colposo fondata su
fatti rilevanti per l'accertamento della
responsabilità disciplinare, che il consiglio
dell'ordine costituito in Collegio giudicante
non ha potuto valutare.
2. La riapertura del procedimento disciplinare
avviene a richiesta dell'interessato o d'ufficio
con le forme del procedimento ordinario.
3. Per la riapertura del procedimento e per i
provvedimenti conseguenti è competente il
consiglio dell'ordine che ha emesso la
decisione. In tal caso il presidente lo assegna
ad un Collegio giudicante che deve essere
92
342
emesso il precedente provvedimento.
Art. 60.
(Divieto di cancellazione volontaria dall’albo)
1. Durante lo svolgimento del procedimento,
a decorrere dal giorno della iscrizione nel
registro di cui all’articolo 54, comma 1, non
può essere deliberata la richiesta di
cancellazione fatta dall’avvocato o dal
praticante
dell’avvocato
sottoposto
ad
indagine in sede disciplinare, né essere
accolta la richiesta del suo trasferimento. E
ciò fino alla fine del procedimento.
2. Nel caso di cancellazione d’ufficio, il
procedimento disciplinare rimane sospeso;
può essere ripreso qualora l’avvocato o il
praticante avvocato, cessate le ragioni che
hanno imposto la cancellazione, si iscriva
nuovamente. Dalla delibera di cancellazione
rimangono
sospesi
i
termini
per
la
celebrazione del giudizio ed i termini di
prescrizione.
Art. 61.
(Sospensione cautelare)
1.
La
sospensione
cautelare
dalla
professione o dal tirocinio deve essere
deliberata
dal
Consiglio
dell’Ordine
competente,
previa
audizione
dell’interessato, fatta salva la sua rinuncia,
anche a mezzo di un Consigliere delegato,
nei seguenti casi:
a)
applicazione
di
misura
cautelare
detentiva o interdittiva emessa in sede
penale e non impugnata o confermata in
sede di riesame o di appello;
b) pena accessoria di cui all’articolo 35 del
codice penale, anche se è stata disposta la
emesso il precedente provvedimento.
Art. 60.
(Sospensione del procedimento a seguito di
cancellazione volontaria dall’albo)
1. Nel caso di cancellazione dall’albo, d’ufficio
o a seguito di richiesta dall’avvocato o dal
praticante
sottoposto
a
procedimento
disciplinare, se già ha avuto luogo l’iscrizione
dell’interessato nel registro di cui all’articolo
54, comma 1, il procedimento stesso rimane
sospeso e deve essere ripreso qualora
l’avvocato o il praticante avvocato sia
nuovamente iscritto. Dalla delibera di
cancellazione a quella di nuova iscrizione
sono sospesi i termini del giudizio ed i
termini di prescrizione.
diversamente formato da quello che ha
emesso il precedente provvedimento.
Art. 59.
(Sospensione del procedimento a seguito di
cancellazione volontaria dall'albo).
1. Nel caso di cancellazione dall'albo, d'ufficio
o a seguito di richiesta dell'avvocato o del
praticante
avvocato
sottoposto
a
procedimento disciplinare, se già ha avuto
luogo l'iscrizione dell'interessato nel registro
di cui all'articolo 53, comma 1, tale
procedimento rimane sospeso e deve essere
ripreso qualora l'avvocato o il praticante
avvocato sia nuovamente iscritto. Dalla
delibera di cancellazione a quella di nuova
iscrizione sono sospesi i termini del giudizio
ed i termini di prescrizione.
Art. 61.
(Sospensione cautelare)
1. La sospensione cautelare dalla professione
o dal tirocinio deve essere deliberata dal
consiglio dell’ordine competente, previa
audizione dell’interessato, fatta salva la sua
rinuncia, anche a mezzo di un consigliere
delegato, nei seguenti casi:
Art. 60.
(Sospensione cautelare).
1. La sospensione cautelare dalla professione
o dal tirocinio deve essere deliberata dal
consiglio dell'ordine competente, previa
audizione dell'interessato, fatta salva la sua
rinuncia, anche a mezzo di un consigliere
delegato, nei seguenti casi:
a)
applicazione
di
misura
cautelare
detentiva o interdittiva emessa in sede
penale e non impugnata o confermata in
sede di riesame o di appello;
a) applicazione di misura cautelare detentiva
o interdittiva emessa in sede penale e non
impugnata o confermata in sede di riesame o
di appello;
93
343
sospensione
condizionale
della
pena,
comminata con la sentenza penale di primo
grado;
c) applicazione di misura di sicurezza
detentiva;
d) condanna in primo grado per i reati
previsti negli articoli 372, 374, 377, 378,
381, 640, 646, se commessi nell’ambito
dell’esercizio della professione o del tirocinio,
244, 648-bis e 648-ter del codice penale;
condanna a pena detentiva non inferiore a
tre anni;
e) in ogni altro caso in cui il fatto contestato
sia di gravità tale da rendere necessaria la
sospensione per la tutela del decoro
dell’Avvocatura o dei diritti di terzi.
2. La decisione è deliberata in camera di
consiglio, dopo aver concesso un termine per
il deposito di difese non inferiore a dieci
giorni. Gli atti del procedimento e la
decisione devono essere immediatamente
trasmessi al Consiglio Istruttore di Disciplina.
. Nei casi di eccezionale urgenza il termine
per il deposito di difese viene assegnato con
il provvedimento di sospensione. In tale caso
il Consiglio prende in esame le difese al fine
della conferma, modifica o revoca del
provvedimento assunto, quindi trasmette
immediatamente gli atti del procedimento ed
i
provvedimenti
assunti
al
Consiglio
Istruttore di Disciplina.
3. La sospensione cautelare non può avere
durata superiore a un anno ed è esecutiva
dalla data della notifica all’interessato.
4. La sospensione cautelare perde efficacia
qualora, nel termine di due anni dalla sua
irrogazione,
non
sia
deliberato
il
provvedimento sanzionatorio. Nel termine
non si computano i periodi di cui all’articolo
b) applicazione di misura di sicurezza
detentiva;
c) condanna in primo grado per i reati
previsti negli articoli 372, 374, 377, 378,
381, 640, 646, se commessi nell’ambito
dell’esercizio della professione o del tirocinio,
244, 648-bis e 648-ter del codice penale;
d) condanna a pena detentiva non inferiore a
tre anni;
e) in ogni altro caso in cui il fatto contestato
sia di gravità tale da rendere necessaria la
sospensione per la tutela del decoro
dell’avvocatura o dei diritti di terzi.
2. La decisione è deliberata in camera di
consiglio, dopo aver concesso un termine per
il deposito di difese non inferiore a dieci
giorni. Gli atti del procedimento e la
decisione devono essere immediatamente
trasmessi al Consiglio istruttore di disciplina.
Nei casi di eccezionale urgenza il termine per
il deposito di difese viene assegnato con il
provvedimento di sospensione. In tale caso il
consiglio dell’ordine prende in esame le
difese al fine della conferma, modifica o
revoca del provvedimento assunto, quindi
trasmette immediatamente gli atti del
procedimento e di provvedimenti assunti al
Consiglio istruttore di disciplina.
3. La sospensione cautelare non può avere
durata superiore ad un anno ed è esecutiva
dalla data della notifica all’interessato.
4. La sospensione cautelare perde efficacia
qualora, nel termine di due anni dalla sua
irrogazione,
non
sia
deliberato
il
provvedimento sanzionatorio. Nel termine
non si computano i periodi di cui all’articolo
b) applicazione di misura di sicurezza
detentiva;
c) condanna in primo grado per i reati
previsti negli articoli 372, 374, 377, 378,
381, 640, 646, se commessi nell'ambito
dell'esercizio della professione o del tirocinio,
244, 648-bis e 648-ter del codice penale;
d) condanna a pena detentiva non inferiore a
tre anni;
e) in ogni altro caso in cui il fatto contestato
sia di gravità tale da rendere necessaria la
sospensione per la tutela del decoro
dell'avvocatura o dei diritti di terzi.
2. La decisione è deliberata in camera di
consiglio, dopo aver concesso un termine per
il deposito di difese non inferiore a dieci
giorni. Gli atti del procedimento e la
decisione devono essere immediatamente
trasmessi al Consiglio istruttore di disciplina.
Nei casi di eccezionale urgenza il termine per
il deposito di difese viene assegnato con il
provvedimento di sospensione. In tale caso il
consiglio dell'ordine prende in esame le
difese al fine della conferma, modifica o
revoca del provvedimento assunto, quindi
trasmette immediatamente gli atti del
procedimento e i provvedimenti assunti al
Consiglio
istruttore
di
disciplina.
3. La sospensione cautelare non può avere
durata superiore ad un anno ed è esecutiva
dalla data della notifica all'interessato.
4. La sospensione cautelare perde efficacia
qualora, nel termine di due anni dalla sua
irrogazione,
non
sia
deliberato
il
provvedimento sanzionatorio. Nel termine
non si computano i periodi di cui all'articolo
94
344
55, comma 14.
5. La sospensione cautelare perde altresì
efficacia se venga deliberato di non esservi
luogo a provvedimento disciplinare, ovvero
se
venga
disposta
l’irrogazione
dell’avvertimento o della censura.
6. La sospensione cautelare può essere
revocata o modificata nella sua durata,
d’ufficio o su istanza di parte, qualora, anche
per circostanze sopravvenute, non appaia
adeguata ai fatti commessi.
7.
Contro
la
sospensione
cautelare,
l’interessato può proporre ricorso avanti il
Consiglio Nazionale Forense nel termine di
venti giorni dall’avvenuta notifica nei modi
previsti
per
l’impugnazione
dei
provvedimenti disciplinari.
55,
comma
15.
5. La sospensione cautelare perde altresì
efficacia se sia deliberato di non esservi
luogo a provvedimento disciplinare, ovvero
se sia disposta l’irrogazione dell’avvertimento
o
della
censura.
6. La sospensione cautelare può essere
revocata o modificata nella sua durata,
d’ufficio o su istanza di parte, qualora, anche
per circostanze sopravvenute non appaia
adeguata
ai
fatti
commessi.
7.
Contro
la
sospensione
cautelare
l’interessato può proporre ricorso avanti il
CNF nel termine di venti giorni dall’avvenuta
notifica nei modi previsti per l’impugnazione
dei provvedimenti disciplinari.
Art. 62.
(Esecuzione)
1. La decisione emessa dal Consiglio
dell’Ordine costituito in Collegio Giudicante
non impugnata, quella emessa ai sensi
dell’articolo 61 e la sentenza del Consiglio
Nazionale Forense
sono immediatamente
esecutive.
2. Le sospensioni e le radiazioni decorrono
dalla
scadenza
del
termine
dell’impugnazione, per le decisioni del
Consiglio dell’Ordine costituito in Collegio
Giudicante, o dal quindicesimo giorno
successivo alla notifica all’incolpato della
sentenza emessa dal Consiglio Nazionale
Forense .
3. Per l’esecuzione della sanzione è
competente il Consiglio dell’Ordine al cui
albo, elenco speciale o registro è iscritto
l’incolpato. A tal fine il Consiglio Nazionale
Forense trasmette senza ritardo al Consiglio
Art. 62.
(Esecuzione)
1. La decisione emessa dal consiglio
dell’ordine costituito in Collegio giudicante
non impugnata, quella emessa ai sensi
dell’articolo 61 e la sentenza del CNF sono
immediatamente esecutive.
54,
comma
15.
5. La sospensione cautelare perde altresì
efficacia se sia deliberato di non esservi
luogo a provvedimento disciplinare, ovvero
se sia disposta l'irrogazione dell'avvertimento
o
della
censura.
6. La sospensione cautelare può essere
revocata o modificata nella sua durata,
d'ufficio o su istanza di parte, qualora, anche
per circostanze sopravvenute, non appaia
adeguata
ai
fatti
commessi.
7.
Contro
la
sospensione
cautelare
l'interessato può proporre ricorso davanti al
CNF nel termine di venti giorni dall'avvenuta
notifica nei modi previsti per l'impugnazione
dei provvedimenti disciplinari.
Art. 61.
(Esecuzione).
1. La decisione emessa dal consiglio
dell'ordine costituito in Collegio giudicante
non impugnata, quella emessa ai sensi
dell'articolo 60 e la sentenza del CNF sono
immediatamente esecutive.
2. Le sospensioni e le radiazioni decorrono
dalla scadenza del termine dell’impugnazione
per le decisioni del consiglio dell’ordine
costituito in Collegio giudicante, o dal
quindicesimo giorno successivo alla notifica
all’incolpato della sentenza emessa dal CNF.
2. Le sospensioni e le radiazioni decorrono
dalla
scadenza
del
termine
per
l'impugnazione, per le decisioni del consiglio
dell'ordine costituito in Collegio giudicante, o
dal quindicesimo giorno successivo alla
notifica all'incolpato della sentenza emessa
dal CNF.
3. Per l’esecuzione della sanzione è
competente il consiglio dell’ordine al cui albo,
elenco speciale o registro è iscritto
l’incolpato. A tal fine il CNF trasmette senza
ritardo al consiglio dell’ordine competente,
3. Per l'esecuzione della sanzione è
competente il consiglio dell'ordine al cui albo,
elenco speciale o registro è iscritto
l'incolpato. A tal fine il CNF trasmette senza
ritardo al consiglio dell'ordine competente,
95
345
dell’Ordine competente, affinché provveda
all’immediata notifica all’incolpato, le copie
autentiche della sentenza nel numero
necessario alla notifica stessa.
4. Il Consiglio dell’Ordine, una volta
perfezionata la notifica e verificata la data
della stessa, invia all’incolpato, a mezzo di
raccomandata con avviso di ricevimento,
comunicazione nella quale indica la data di
decorrenza finale della esecuzione della
sanzione.
5. Nel caso in cui sia inflitta la sospensione,
la radiazione o la sospensione cautelare, di
esse è data comunicazione senza indugio ai
capi degli uffici giudiziari del distretto ove ha
sede il Consiglio dell’Ordine competente per
l’esecuzione, nonché a tutti i Consigli
dell’Ordine. Copia della comunicazione è
affissa presso gli uffici del Consiglio
dell’Ordine competente per l’esecuzione.
6. Qualora sia stata irrogata la sanzione
della sospensione a carico di un iscritto, al
quale per il medesimo fatto è stata
comminata la sospensione cautelare, il
Consiglio dell’Ordine determina d’ufficio
senza ritardo la durata della sospensione,
detraendo il periodo di sospensione cautelare
già scontato.
7. Decorsi cinque anni dalla data di
esecutività del provvedimento sanzionatorio
della radiazione, può essere richiesta una
nuova iscrizione all’albo, all’elenco speciale o
al registro, fermi restando i requisiti di cui
all’articolo 15.
affinché provveda all’immediata notifica
all’incolpato, le copie autentiche della
sentenza nel numero necessario alla notifica
stessa.
4. Il consiglio dell’ordine, una volta
perfezionata la notifica e verificata la data
della stessa, invia all’incolpato, a mezzo di
raccomandata con avviso di ricevimento,
comunicazione nella quale indica la data di
decorrenza finale della esecuzione della
sanzione.
5. Nel caso in cui sia inflitta la sospensione,
la radiazione o la sospensione cautelare, di
esse è data comunicazione senza indugio ai
capi degli uffici giudiziari del distretto ove ha
sede il consiglio dell’ordine competente per
l’esecuzione, nonché a tutti i consigli
dell’ordine. Copia della comunicazione è
affissa presso gli uffici del consiglio
dell’ordine competente per l’esecuzione.
6. Qualora sia stata irrogata la sanzione della
sospensione a carico di un iscritto, al quale
per il medesimo fatto è stata comminata la
sospensione cautelare, il consiglio dell’ordine
determina d’ufficio senza ritardo la durata
della sospensione, detraendo il periodo di
sospensione
cautelare
già
scontato.
affinché provveda all'immediata notifica
all'incolpato, le copie autentiche della
sentenza nel numero necessario alla notifica
stessa.
4. Il consiglio dell'ordine, una volta
perfezionata la notifica e verificata la data
della stessa, invia all'incolpato, a mezzo di
raccomandata con avviso di ricevimento,
comunicazione nella quale indica la data di
decorrenza finale della esecuzione della
sanzione.
5. Nel caso in cui sia inflitta la sospensione,
la radiazione o la sospensione cautelare, di
esse è data comunicazione senza indugio ai
capi degli uffici giudiziari del distretto ove ha
sede il consiglio dell'ordine competente per
l'esecuzione, nonché a tutti i consigli
dell'ordine. Copia della comunicazione è
affissa presso gli uffici del consiglio
dell'ordine competente per l'esecuzione.
6. Qualora sia stata irrogata la sanzione della
sospensione a carico di un iscritto, al quale
per il medesimo fatto è stata inflitta la
sospensione cautelare, il consiglio dell'ordine
determina d'ufficio senza ritardo la durata
della sospensione, detraendo il periodo di
sospensione
cautelare
già
scontato.
7. Decorsi cinque anni dalla data di
esecutività del provvedimento sanzionatorio
della radiazione, può essere richiesta una
nuova iscrizione all’albo, all’elenco speciale o
al registro, fermi restando i requisiti di cui
all’articolo 16.
7. Decorsi cinque anni dalla data di
esecutività del provvedimento sanzionatorio
della radiazione, può essere richiesta una
nuova iscrizione all'albo, all'elenco speciale o
al registro, fermi restando i requisiti di cui
all'articolo 16.
Art. 63.
(Poteri ispettivi del Consiglio Nazionale
Forense)
1. Il Consiglio Nazionale Forense può
Art. 63.
(Poteri ispettivi del CNF)
Art. 62.
(Poteri ispettivi del CNF).
1. Il CNF può richiedere ai Consigli istruttori
1. Il CNF può richiedere ai Consigli istruttori
96
346
richiedere ai Consigli Istruttori di disciplina e
ai Consigli dell’Ordine notizie relative
all’attività disciplinare svolta; può inoltre
nominare, scegliendoli tra gli avvocati iscritti
nell’albo speciale per il patrocinio avanti le
magistrature superiori, ispettori per il
controllo del regolare funzionamento dei
Consigli Istruttori di Disciplina e dei Consigli
dell’Ordine quanto all’esercizio delle loro
funzioni in materia disciplinare. Gli ispettori
possono esaminare tutti gli atti, compresi
quelli riguardanti i procedimenti archiviati.
Gli ispettori redigono ed inviano al Consiglio
Nazionale Forense la relazione di quanto
riscontrato,
formulando
osservazioni
e
proposte. Il Consiglio Nazionale Forense può
disporre la decadenza dei componenti i
Consigli Istruttori di Disciplina chiedendo la
loro sostituzione agli Ordini.
2. Analoghi poteri ispettivi possono essere
esercitati per quanto riguarda i procedimenti
in corso presso i Consigli dell’Ordine di
appartenenza per la previsione transitoria di
cui all’articolo 50.
di disciplina e ai consigli dell’ordine notizie
relative all’attività disciplinare svolta; può
inoltre nominare, scegliendoli tra gli avvocati
iscritti nell’albo speciale per il patrocinio
avanti le magistrature superiori, ispettori per
il controllo del regolare funzionamento dei
Consigli istruttori di disciplina e dei consigli
dell’ordine quanto all’esercizio delle loro
funzioni in materia disciplinare. Gli ispettori
possono esaminare tutti gli atti, compresi
quelli riguardanti i procedimenti archiviati.
Gli ispettori redigono ed inviano al CNF la
relazione di quanto riscontrato, formulando
osservazioni e proposte. Il CNF può disporre
la decadenza dei componenti i Consigli
istruttori di disciplina chiedendo la loro
sostituzione agli ordini.
2. Analoghi poteri ispettivi possono essere
esercitati per quanto riguarda i procedimenti
in corso presso i consigli dell’ordine di
appartenenza per la previsione transitoria di
cui all’articolo 49.
di disciplina e ai consigli dell'ordine notizie
relative all'attività disciplinare svolta; può
inoltre nominare, scegliendoli tra gli avvocati
iscritti nell'albo speciale per il patrocinio
davanti alle magistrature superiori, ispettori
per il controllo del regolare funzionamento
dei Consigli istruttori di disciplina e dei
consigli dell'ordine quanto all'esercizio delle
loro funzioni in materia disciplinare. Gli
ispettori possono esaminare tutti gli atti,
compresi quelli riguardanti i procedimenti
archiviati. Gli ispettori redigono ed inviano al
CNF la relazione di quanto riscontrato,
formulando osservazioni e proposte. Il CNF
può disporre la decadenza dei componenti i
Consigli istruttori di disciplina chiedendo la
loro
sostituzione
agli
ordini.
2. Analoghi poteri ispettivi possono essere
esercitati per quanto riguarda i procedimenti
in corso presso i consigli dell'ordine di
appartenenza per la previsione transitoria di
cui all'articolo 48.
TITOLO VI
DELEGA AL GOVERNO E DISPOSIZIONI
TRANSITORIE
TITOLO VI
DELEGA AL GOVERNO E DISPOSIZIONI
TRANSITORIE E FINALI
TITOLO VI
DELEGA AL GOVERNO E DISPOSIZIONI
TRANSITORIE E FINALI
Art. 64.
(Delega al Governo per il testo unico)
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro
ventiquattro mesi dalla data di entrata in
vigore della presente legge, sentito il CNF,
uno o più decreti legislativi contenenti un
testo unico di riordino delle disposizioni
vigenti in materia, attenendosi ai princìpi e
Art. 64.
(Delega al Governo per il testo unico)
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro
ventiquattro mesi dalla data di entrata in
vigore della presente legge, sentito il CNF,
uno o più decreti legislativi contenenti un
testo unico di riordino delle disposizioni
vigenti in materia di professione forense,
Art. 63.
(Delega al Governo per il testo unico).
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro
ventiquattro mesi dalla data di entrata in
vigore della presente legge, sentito il CNF,
uno o più decreti legislativi contenenti un
testo unico di riordino delle disposizioni
vigenti in materia di professione forense,
97
347
criteri direttivi seguenti:
a) accertare la vigenza attuale delle singole
norme, indicare quelle abrogate, anche
implicitamente,
per
incompatibilità
da
successive disposizioni, e quelle che, pur non
inserite nel testo unico, restano in vigore;
allegare al testo unico l’elenco delle
disposizioni, benché non richiamate, che
sono comunque abrogate;
b) procedere al coordinamento del testo delle
disposizioni vigenti apportando, nei limiti di
tale
coordinamento,
le
modificazioni
necessarie per garantire la coerenza logica e
sistematica della disciplina, anche al fine di
adeguare e semplificare il linguaggio
normativo.
2. Al fine di consentire una contestuale
compilazione delle disposizioni legislative e
regolamentari riguardanti la professione di
avvocato, il Governo è autorizzato, nella
adozione del testo unico, ad inserire in esso,
con adeguata evidenziazione, le norme sia
legislative sia regolamentari vigenti.
attenendosi ai seguenti princìpi e criteri
direttivi:
a) accertare la vigenza attuale delle singole
norme, indicare quelle abrogate, anche
implicitamente,
per
incompatibilità
da
successive disposizioni, e quelle che, pur non
inserite nel testo unico, restano in vigore;
allegare al testo unico l’elenco delle
disposizioni, benché non richiamate, che
sono comunque abrogate;
b) procedere al coordinamento del testo
delle disposizioni vigenti apportando, nei
limiti di tale coordinamento, le modificazioni
necessarie per garantire la coerenza logica e
sistematica della disciplina, anche al fine di
adeguare e semplificare il linguaggio
normativo.
2. Al fine di consentire una contestuale
compilazione delle disposizioni legislative e
regolamentari riguardanti la professione di
avvocato, il Governo è autorizzato, nella
adozione del testo unico, ad inserire in esso,
con adeguata evidenziazione, le norme sia
legislative sia regolamentari vigenti.
attenendosi ai seguenti princìpi e criteri
direttivi:
a) accertare la vigenza attuale delle singole
norme, indicare quelle abrogate, anche
implicitamente, per incompatibilità con
successive disposizioni, e quelle che, pur non
inserite nel testo unico, restano in vigore;
allegare al testo unico l'elenco delle
disposizioni, benché non richiamate, che
sono comunque abrogate;
b) procedere al coordinamento del testo delle
disposizioni vigenti apportando, nei limiti di
tale
coordinamento,
le
modificazioni
necessarie per garantire la coerenza logica e
sistematica della disciplina, anche al fine di
adeguare e semplificare il linguaggio
normativo.
2. Al fine di consentire una contestuale
compilazione delle disposizioni legislative e
regolamentari riguardanti la professione di
avvocato, il Governo è autorizzato, nella
adozione del testo unico, ad inserire in esso,
con adeguata evidenziazione, le norme sia
legislative
sia
regolamentari
vigenti.
3. Dalle disposizioni del presente articolo non
devono derivare nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica.
Art. 65.
(Disposizioni transitorie)
1. Fino alla data di entrata in vigore dei
regolamenti previsti in questa legge, da
approvare entro il termine di cui al comma 3,
si applicano se necessario e in quanto
applicabili, le norme vigenti non abrogate,
anche se non richiamate.
2. Gli avvocati iscritti in albi alla data di
entrata in vigore della presente legge, per
cui sussistano incompatibilità o che non
Art. 65.
(Disposizioni transitorie)
1. Fino alla data di entrata in vigore dei
regolamenti previsti nella presente legge, da
approvare entro il termine di cui al comma 3,
si applicano se necessario e in quanto
compatibili le disposizioni vigenti non
abrogate, anche se non richiamate.
2. Il CNF ed i consigli circondariali in carica
alla data di entrata in vigore della presente
legge sono prorogati fino al 31 dicembre del
Art. 64.
(Disposizioni transitorie).
1. Fino alla data di entrata in vigore dei
regolamenti previsti nella presente legge, da
approvare entro il termine di cui al comma 3,
si applicano se necessario e in quanto
compatibili le disposizioni vigenti non
abrogate,
anche
se
non
richiamate.
2. Il CNF ed i consigli circondariali in carica
alla data di entrata in vigore della presente
legge sono prorogati fino al 31 dicembre del
98
348
siano in possesso dei requisiti previsti in
modo innovativo dalla presente legge, hanno
l’obbligo, pena la cancellazione dall’albo, di
adeguarsi alle nuove disposizioni entro tre
anni dalla data di entrata in vigore della
presente legge.
3. Il CNF ed i Consigli circondariali in carica
alla data di entrata in vigore della presente
legge sono prorogati fino al 31 dicembre del
secondo anno successivo.
4. È data facoltà ai Consigli locali di indire
nuove elezioni alla scadenza naturale del
mandato. In tal caso, gli organi eletti
decadono alla data del 31 dicembre dell’anno
successivo a quello di entrata in vigore della
presente legge.
5. Gli avvocati iscritti in albi alla data di
entrata in vigore della presente legge, per
cui sussistono incompatibilità o che non
siano in possesso dei requisiti previsti in
modo innovativo dalla presente legge, hanno
l’obbligo, pena la cancellazione dall’albo, di
adeguarsi alle nuove disposizioni entro tre
anni dalla data di entrata in vigore della
presente legge.
6. L’incompatibilità di cui all’art. 26, n. 10,
tra la carica di consigliere dell’ordine e quella
di componente del comitato dei delegati della
Cassa nazionale di previdenza e assistenza
forense deve essere rimossa comunque non
oltre la scadenza dei mandati in corso alla
data di entrata in vigore della presente
legge.
secondo
data.
anno
successivo
alla
medesima
3. È data facoltà ai consigli locali di indire
nuove elezioni alla scadenza naturale del
mandato. In tal caso, gli organi eletti
decadono alla data del 31 dicembre dell’anno
successivo a quello di entrata in vigore della
presente legge.
4. Gli avvocati iscritti in albi alla data di
entrata in vigore della presente legge, per
cui sussistono incompatibilità o che non sono
in possesso dei requisiti previsti in modo
innovativo dalla presente legge, hanno
l’obbligo, pena la cancellazione dall’albo, di
adeguarsi alle nuove disposizioni entro tre
anni dalla data di entrata in vigore della
presente legge.
5. L’incompatibilità di cui all’articolo 27,
comma 10, tra la carica di consigliere
dell’ordine e quella di componente del
comitato dei delegati della Cassa nazionale di
previdenza e assistenza forense deve essere
rimossa comunque non oltre la scadenza dei
mandati in corso alla data di entrata in
vigore della presente legge.
secondo
data.
anno
successivo
alla
medesima
3. È data facoltà ai consigli locali di indire
nuove elezioni alla scadenza naturale del
mandato. In tal caso, gli organi eletti
decadono alla data del 31 dicembre dell'anno
successivo a quello di entrata in vigore della
presente legge.
4. Gli avvocati iscritti in albi alla data di
entrata in vigore della presente legge, per
cui sussistono incompatibilità o che non sono
in possesso dei requisiti previsti in modo
innovativo dalla presente legge, hanno
l'obbligo, pena la cancellazione dall'albo, di
adeguarsi alle nuove disposizioni entro tre
anni dalla data di entrata in vigore della
presente legge.
5. L'incompatibilità di cui all'articolo 27,
comma 10, tra la carica di consigliere
dell'ordine e quella di componente del
comitato dei delegati della Cassa nazionale di
previdenza e assistenza forense deve essere
rimossa comunque non oltre sessanta giorni
dalla data di entrata in vigore della presente
legge.
6. Il codice deontologico è emanato entro il
termine massimo di un anno dalla data di
entrata in vigore della presente legge. Il CNF
vi provvede sentiti gli ordini forensi
circondariali e la Cassa nazionale di
previdenza e assistenza forense in relazione
alle materie di interesse di questa. L'entrata
99
349
in vigore del codice deontologico determina
la cessazione di efficacia delle norme
previgenti anche se non specificamente
abrogate. Le norme contenute nel codice
deontologico
si
applicano
anche
ai
procedimenti disciplinari in corso al momento
della sua entrata in vigore, se più favorevoli
per l'incolpato.
Art. 66.
(Disposizione finale)
1. La disciplina in materia di prescrizione dei
contributi previdenziali di cui all’articolo 3
della legge 8 agosto 1995, n. 335, non si
applica alle contribuzioni dovute alla Cassa
nazionale di previdenza e assistenza forense.
Art. 65.
(Disposizione finale).
1. La disciplina in materia di prescrizione dei
contributi previdenziali di cui all'articolo 3
della legge 8 agosto 1995, n. 335, non si
applica alle contribuzioni dovute alla Cassa
nazionale di previdenza e assistenza forense.
Art. 66.
(Clausola di invarianza finanziaria).
1. Dalle disposizioni recate dalla presente
legge non devono derivare nuovi o maggiori
oneri a carico della finanza pubblica.
100
350
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Ufficio studi
Elenco Dossier pubblicati dall’Ufficio Studi al 12 Marzo 2012
I dossier sono reperibili sul sito web del Consiglio nazionale forense, al seguente indirizzo:
http://www.consiglionazionaleforense.it/site/home/pubblicazioni/studi-e-ricerche.html
− Dossier n. 1/2011 – Gli avvocati italiani per la ripresa. Giustizia civile ed economia – 15
luglio 2011;
− Dossier n. 2/2011 – Gli avvocati italiani per la ripresa. Giustizia civile ed economia. II
edizione riveduta ed ampliata – 26 luglio 2011;
− Dossier n. 3/2011 – La manovra economica 2011 (decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, come
convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111). Elementi di interesse per la professione
forense – 26 luglio 2011;
− Dossier n. 4/2011 – La manovra economica bis 2011 (decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138,
convertito in legge 14 settembre 2011, n. 148). Cosa cambia per l’avvocato – 6 ottobre
2011;
− Dossier n. 5/2011 – Decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150 (disposizioni
complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei
procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’art. 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69).
Sintesi dei contenuti, norme e disposizioni richiamate – 3 novembre 2011;
− Dossier n. 6/2011 – Professione, giustizia e crisi. Incontro con le componenti
dell’Avvocatura. Il maxiemendamento al ddl A.S. 2968-2969 “Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2012)”. Testo
depositato al Senato il 9 novembre 2011 – 12 novembre 2011;
− Dossier n. 7/2011 – Professione, giustizia e crisi. La legge di stabilità per il 2012. Le norme
della legge 12 novembre 2011, n. 183, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale
e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2012) – 24 novembre 2011;
351
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Ufficio studi
− Dossier n. 8/2011 Il decreto “Salva Italia” (decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201) –
L’impatto sulle professioni. Bozza di analisi a prima lettura – 12 dicembre 2011;
− Dossier n. 9/2011 – Il decreto “Salva Italia” (decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201,
convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214). L’impatto sulle
professioni – 27 dicembre 2011;
− Dossier n. 1/2012 – Il decreto-legge 22 gennaio 2012, n. 212 (disposizioni urgenti in materia
di composizione delle crisi da sovraindebitamento e disciplina del processo civile). Le
osservazioni dell’Ufficio studi del Consiglio nazionale forense – 4 gennaio 2012;
− Dossier n. 2/2012 – Legge 17 febbraio 2012, n. 9. Conversione in legge del decreto-legge 22
dicembre 2011, n. 212, recante interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva
determinata dal sovraffollamento delle carceri. Le osservazioni dell’Ufficio studi del
Consiglio nazionale forense – 21 febbraio 2012;
352
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Ufficio studi
UFFICIO STUDI
Composizione
Ubaldo Perfetti (Vice Presidente Consiglio Nazionale Forense e Consigliere Delegato all’Ufficio Studi)
Giuseppe Colavitti (Coordinatore)
Gianluca Bertolotti
Carlo Bonzano
Marina Chiarelli
Nicola Cirillo
Riccardo Maria Cremonini
Silvia Izzo
Francesca Mesiti
Angelo Schillaci
353