CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi CONGRESSO NAZIONALE FORENSE STRAORDINARIO MILANO 23-24 MARZO 2012 Materiali raccolti in occasione della riunione del Comitato Organizzatore del 12 marzo 2012 a cura dell’Ufficio studi del Consiglio nazionale forense I dossier dell’Ufficio studi del Consiglio nazionale forense n. 3/2012 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi Indice dei materiali (aggiornato al 12 marzo 2012 h. 13.30) Giustizia e crisi economica I diritti non sono merce * 1. Lettera del CCBE and ABA a Christine Lagarde, Amministratore Delegato del Fondo Monetario Internazionale, 21 Dicembre 2011 pag. 7 2. Lettera del CCBE alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministro della Giustizia, 24 Gennaio 2012 pag.12 3. Risposta del Ministro della Giustizia alla lettera del CCBE alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministro della Giustizia, 27 Febbraio 2012 pag.15 4. Riepilogo ragionato dei provvedimenti normativi di interesse da luglio ad oggi pag.17 5. Il Tribunale delle imprese: Osservazioni a prima lettura sull’articolo 2 del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, c.d. “cresci-Italia”), 29 febbraio 2012 pag. 23 6. Testo coordinato dell’articolo 10, legge 12 novembre 2011, n. 183 (Legge di stabilità 2012), come modificato dall’art. 9-bis del decreto-legge n. 1/2012, come modificato in sede di conversione al Senato il 01.03.2012 pag. 37 7. Testo coordinato dell’articolo 2 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (“Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”) come modificato in sede di conversione al Senato il 01.03.2012 pag. 41 * Il presente dossier è stato realizzato da Francesca Mesiti con il coordinamento di Giuseppe Colavitti. I dossier dell’Ufficio studi del Consiglio nazionale forense n. 3/2012 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi 8. Testo coordinato dell’articolo 9, decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (“Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”), come modificato in sede di conversione al Senato il 01.03.2012 pag. 49 9. Testo coordinato dell’art. 3, comma 5, decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, conv. in legge 14 settembre 2011, n. 148 e successive modificazioni, come modificato in sede di conversione al Senato il 01.03.2012 pag. 53 10. Il modello italiano di mediazione: le ragioni di un insuccesso di G. Alpa e S. Izzo pag. 57 11. Rapporto della Commissione revisione circoscrizioni giudiziarie pag.69 12. Documento congressuale sulla delega al Governo per la revisione della geografia giudiziaria di E. Merli pag.73 13. Le norme sulle società professionali contenute nella legge di stabilità per il 2012Legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato) Roma, 22 dicembre 2011 pag.79 Documenti pervenuti da Ordini e Associazioni 14. Contributo alla discussione per le mozioni del Congresso Straordinario del Consiglio dell’Ordine di Torino pag.85 15. Documento AIGA per l’incontro del 12 .03.2012 presso il Consiglio nazionale forense pag.87 16. Mozione sulla Giustizia Tributaria dell’UNCAT pag.99 I dossier dell’Ufficio studi del Consiglio nazionale forense n. 3/2012 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi 17. Mozione sulla Giustizia civile della UNCC pag.106 Documenti pervenuti dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura Italiana 18. Documento sulla geografia giudiziaria pag.115 19. Documento sulla magistratura laica pag.126 20. Mozione per una rinnovata e moderna geografia giudiziaria - Proposta A pag.156 21. Mozione per una rinnovata e moderna geografia giudiziaria - Proposta B pag.160 22. Mozione per la riforma del processo civile che punti allo snellimento ed alla velocizzazione dei giudizi, senza comprimere il diritto di difesa dei cittadini pag.162 23. Mozione presentata dalla Commissione di Diritto di Famiglia O.U.A. pag.170 La specialità della professione forense 1. Professioni legali - Risoluzione del Parlamento europeo sulle professioni legali e l'interesse generale nel funzionamento dei sistemi giuridici del 16.03.2006 TA(2006)0108 pag.174 2. L’indipendenza dell’Avvocato nella giurisprudenza comunitaria pag.180 3. Avvocatura e Stato di diritto in Europa pag.182 4. Le tariffe nella giurisprudenza della Corte di Giustizia e della Corte di Cassazione pag. 184 I dossier dell’Ufficio studi del Consiglio nazionale forense n. 3/2012 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi 5. La pubblicità degli avvocati alla luce del diritto europeo pag.188 6. La specialità costituzionale della professione forense pag.192 Documento pervenuto dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura Italiana 7. Avvocatura e Costituzione pag.198 ALLEGATI A) Riforma ordinamento professionale: tabella con il testo originario e gli esiti dei lavori parlamentari (AC 3900) pag.250 B) Elenco dei Dossier pubblicati dall’Ufficio studi. I dossier sono reperibili sul sito web del Consiglio nazionale forense, al seguente indirizzo: http://www.consiglionazionaleforense.it/site/home/pubblicazioni/studi-e-ricerche.html Pag.350 I dossier dell’Ufficio studi del Consiglio nazionale forense n. 3/2012 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Il Presidente Avv. Prof. Guido Alpa Roma, 8 marzo 2012 Ill.mi Signori VIA E-MAIL - COMPONENTI L’UFFICIO DI PRESIDENZA DEL C.N.F. - PRESIDENTE e COMPONENTI LA GIUNTA DELL’O.U.A. - PRESIDENTE e COMPONENTI DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DELLA CASSA FORENSE - PRESIDENTI DEI CONSIGLI DELL’ORDINE DISTRETTUALI - PRESIDENTE e CONSIGLIERI del C.O.A. DI MILANO - PRESIDENTI dei C.O.A. del DISTRETTO DI MILANO - ASSOCIAZIONI FORENSI maggiormente rappresentative in ambito congr.le (A.I.A.F. – A.I.G.A. – A.N.F. – A.G.I. – U.I.F. – UNIONE NAZ. CAMERE CIVILI – UNIONE NAZ. CAMERE PENALI - SOCIETA’ ITALIANA AMMINISTRATIVISTI – UNIONE NAZ. CAMERE TRIBUTARISTI – OSSERVATORIO NAZ. SUL DIRITTO DI FAMIGLIA – UNIONE NAZ. CAMERE MINORILI) COMPONENTI TUTTI IL COMITATO ORGANIZZATORE DEL CONGRESSO NAZIONALE FORENSE STRAORDINARIO di Milano e, per conoscenza: Ill.mi Signori - COMPONENTI IL NAZIONALE FORENSE OGGETTO : CONGRESSO NAZIONALE FORENSE STRAORDINARIO - quinto INCONTRO COMITATO ORGANIZZATORE Cari Amici, facendo seguito a quanto emerso nel corso dell’ultimo incontro del Comitato Organizzatore per il Congresso Nazionale Forense Straordinario, 1 che si è tenuto il 2 marzo scorso, Vi comunico che il medesimo è convocato per il giorno lunedì 12 MARZO 2012, alle ore 17 presso la sede amministrativa del Consiglio Nazionale Forense ( Roma, via del Governo vecchio, 3) sul seguente ORDINE DEL GIORNO : VALUTAZIONE DOCUMENTI PERVENUTI in merito ai temi a) riforme della giustizia e tutela dei diritti dei cittadini b) specificità della professione forense in ambito costituzionale, in ambito comunitario e nel diritto interno c) previdenza forense Per ragioni organizzative, Vi sarei grato se voleste confermare la Vostra partecipazione inviandone comunicazione sulle seguenti caselle di posta elettronica : [email protected] e [email protected] . Con i migliori saluti Avv. Prof. Guido Alpa CNF/eg Roma – via del Governo Vecchio, 3 – tel. 0039.06.977488 – fax 0039.06.97748829 www.consiglionazionaleforense.it 2 I DIRITTI NON SONO MERCE CONGRESSO NAZIONALE FORENSE STRAORDINARIO Milano 23-24 marzo 2012 MiCo - Milano Convention Center Via Gattamelata, 5 - 20149 Milano COMITATO ORGANIZZATORE PROGRAMMA PROVVISORIO DEI LAVORI INFORMAZIONI GENERALI Presidente e Componenti dell’Ufficio di Presidenza del C.N.F. Giovedì 22 marzo 2012 Segreteria Generale Ordine degli Avvocati di Milano Tel. +39 02 54929229 - Fax +39 02 54101447 E-mail: [email protected] www.ordineavvocatimilano.it Presidente e Componenti della Giunta O.U.A. Presidente e Componenti del Consiglio di Amministrazione della Cassa Forense 17.00 - 20.00 Registrazione Partecipanti Venerdì 23 marzo 2012 08.30 - 10.00 Registrazione Partecipanti Presidenti dei Consigli degli Ordini Distrettuali 10.00 - 11.00 Saluti delle Autorità Presidente e Consiglieri del C.O.A. di Milano Apertura dei Lavori Avv. Paolo Giuggioli Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano 11.00 - 13.00 Relazioni Introduttive Avv. Prof. Guido Alpa Presidente del Consiglio Nazionale Forense Avv. Maurizio de Tilla Presidente Organismo Unitario Avvocatura Italiana Avv. Alberto Bagnoli Presidente della Cassa Forense 13.00 - 14.30 Pausa Pranzo 14.30 - 19.00 Interventi Presidenti e Rappresentanti degli Ordini e delle Associazioni Dibattito Presidenti dei C.O.A. del Distretto di Milano Presidenti delle Associazioni Forensi TEMATICHE Riforme della giustizia e tutela dei diritti dei cittadini Specificità della professione forense in ambito costituzionale, in ambito comunitario e nell’ordinamento interno Specificità della previdenza forense Segreteria Organizzativa Devital Service SpA _ Gruppo De Vita Piazza Wagner, 5 - 20145 Milano Tel. +39 02 43319223 - Fax +39 02 48513353 E-mail: [email protected] www.devitalservice.com Con il Patrocinio della Camera dei Deputati Con il Patronato della Regione Lombardia Con il Patrocinio della Provincia di Milano Sabato 24 marzo 2012 09.00 - 13.00 Discussione e Votazione delle Mozioni 13.00 - 13.30 Chiusura dei Lavori 3 4 Giustizia e crisi economica I diritti non sono merce 5 6 December 21, 2011 Christine Lagarde Managing Director International Monetary Fund 700 19th Street, N.W. Washington, D.C. 20431 Dear Ms. Lagarde, We write to you on behalf of the Council of Bars and Law Societies of Europe (CCBE) and the American Bar Association (ABA) to convey our growing concern about disturbing trends affecting the independence of the legal profession. An independent legal profession is a critical component of a well-functioning judiciary and is the keystone of a democratic society based on the rule of law. Pressure to undermine the independence of the legal profession is not only a matter of concern to lawyers and judges, but to people everywhere as this independence is critical to the fair and equal protection of human rights, the development of healthy economies, and the facilitation of political stability. The CCBE is the representative organization of around 1 million European lawyers through its member bars and law societies from 31 full member countries, and 11 further associate and observer countries. The ABA is the world’s largest voluntary professional organization, with a membership of almost 400,000 lawyers (including a broad cross-section of attorneys), judges, and law students worldwide. The ABA continuously works to improve the American system of justice and to advance the rule of law in the world. We have followed with great concern over the past year the developments that have taken place in a number of European countries - Greece, Ireland and Portugal - where the economic crisis and the intervention of the Troika have led Governments to propose radical reforms of the legal profession. We are aware of the difficult times that countries are facing, and also of the need for reforms. Bars and Law Societies around the world have always been open to reform: they follow very closely societal, economic and any other changes within their own countries and worldwide, evaluate the impact of these changes on the profession and take the necessary steps to adapt. The current developments, however, go beyond what we would consider proportionate and necessary reforms, and they also raise fundamental questions of compliance with international norms. The proposed reforms are plainly inconsistent with the Core Principles 7 December 21, 2011 Page 2 of the Legal Profession - as reflected in the CCBE Charter of Core Principles and as adopted by the ABA House of Delegates in 2006 - that commits the legal profession to “An independent legal profession, without which there is no rule of law or freedom for the people.” In response to the Troika requests, the Irish Government, for instance, approved the publication on 4 October 2011 of a new Legal Services Regulation Bill. The Bill provides for far-reaching changes and reforms which are unprecedented in Europe and the United States. Most importantly, it calls for the establishment of an Independent Regulator - the Regulator will consist of 11 members: 7 non-lawyers, 2 representatives from the Bar Council and 2 representatives from the Law Society. All 11 representatives will be appointed by the Irish Minister for Justice, Equality and Defense. The Government may also at any time remove a member if the member’s approval appears to be necessary for the effective performance of the functions of the Authority. The new Authority will have all powers of regulation including conduct, discipline and complaints handling. In our view, the establishment of the Regulator will be in clear breach of one of the core principles of the legal profession: regulation independent from the executive branch of the state - a principle recognised in Europe, the United States, and internationally. It is the cornerstone of any democratic society based on the rule of law and also necessary for the sound administration of justice. We are convinced that without a guarantee of independence - which is fundamental to the profession - it is impossible for lawyers to fulfill their professional and legal role. Self-regulation is characteristic for the legal profession in Europe. No country has total and unrestricted self-regulation of the legal profession. However, there is in all European countries that are members of the CCBE a significant extent of self-regulation. In the United States, there is in general regulation by the courts, which similarly satisfies the principle of independence from executive regulation. We believe that independent regulation, conceptually, must be seen as a logical and natural consequence of the independence of the profession. It addresses the collective independence of the members of the legal profession and is nothing less than a structural defense of the independence of the individual lawyer, which requires a lawyer to be free from improper influence, especially such as may arise from his/her personal interests or external pressure (including government pressure). Important developments are also taking place in Greece and Portugal that have caused concern. Although we still need to analyze all these proposals thoroughly and in detail (and we are expecting further information from the Bars and Law Societies affected), we are concerned that initiatives are being taken based on a purely economic approach. We are of the impression that these proposals have been developed within a few weeks without taking account of the purpose/justification of professional regulation and without analyzing the impact of such proposals on the administration of justice. 8 December 21, 2011 Page 3 We are seriously concerned that all these developments will lead to an erosion of the administration of justice. They will not only affect the structure of the legal profession and the lawyer’s role in society, but most importantly will be to the detriment of all people who are in need of a lawyer. Your own experience as a partner in a multinational law firm no doubt carried important lessons regarding the need for protection of the lawyer-client relationship against intrusion by the state and for safeguarding the independence of a lawyer’s decision making to protect the rights and liberties of even unpopular clients and causes. We urge you to pass on our concerns to the relevant people within the International Monetary Fund, and within the Troika more generally, so that these considerations can be taken into account in further negotiations with the relevant countries. We would be very interested in having an opportunity to discuss these issues in person with you or your staff. Yours sincerely, Georges-Albert Dal CCBE President Wm. T. (Bill) Robinson III ABA President 9 Lettera del CCBE and ABA a Christine Lagarde, Amministratore Delegato del Fondo Monetario Internazionale, 21 Dicembre 2011 (Traduzione) Christine Lagarde Amministratore Delegato Fondo Monetario Internazionale 700 19th Street, N.W. Washington, DC 20431 Gentile Signora Lagarde, Scriviamo a Lei a nome del Consiglio degli Ordini Forensi d'Europa (CCBE) e l'American Bar Association (ABA) per esprimere la nostra crescente preoccupazione per le tendenze preoccupanti che riguardano l'indipendenza della professione forense. Una professione legale indipendente, è una componente critica di un sistema giudiziario ben funzionante ed è la chiave di volta di una società democratica basata sullo Stato di diritto. Una pressione che mina l'indipendenza della professione di avvocato non è solo una questione di preoccupazione per avvocati e giudici, ma alla gente in ogni luogo, questa indipendenza è fondamentale per la protezione giusta ed equa dei diritti umani, lo sviluppo di economie sane, e la facilitazione della stabilità politica. Il CCBE è l'organizzazione rappresentativa di circa 1 milione di avvocati europei attraverso i suoi membri, ordini e law societies provenienti da 31 paesi , e 11 ulteriori paesi associati e osservatori. L'ABA è la più grande organizzazione mondiale di volontariato professionale, con una adesione di circa 400.000 avvocati (tra cui una vasta sezione di avvocati), giudici, e studenti di legge in tutto il mondo. L'ABA lavora continuamente per migliorare il sistema giustizia americano e per promuovere lo Stato di diritto in tutto il mondo. Abbiamo seguito con grande preoccupazione lo scorso anno gli sviluppi che hanno avuto luogo in un certo numero di paesi europei - Grecia, Irlanda e Portogallo - dove la crisi economica e l'intervento della Troika hanno portato i governi a proporre riforme radicali della professione di avvocato . Siamo consapevoli dei tempi difficili che i paesi stanno affrontando, e anche della necessità di riforme. Gli Ordini forensi di tutto il mondo sono sempre stati favorevoli alle riforme: essi seguono molto da vicino l’aspetto sociale, economico e altre modifiche nei rispettivi paesi e in tutto il mondo, valutando l'impatto di questi cambiamenti sulla professione e adottando le misure necessarie. Gli attuali sviluppi, tuttavia, vanno oltre quello che noi consideriamo le riforme proporzionate e necessarie, e si sollevano anche questioni fondamentali di conformità alle norme internazionali. Le riforme proposte sono chiaramente incompatibili con i principi fondamentali della professione di avvocato - come rispecchiati nella Carta CCBE di principi fondamentali e adottata dalla Camera dei Delegati ABA nel 2006 - che impegna la professione legale a "una professione legale indipendente, senza la quale non vi è alcuna norma di diritto o libertà per le persone ". In risposta alle richieste della troika, il governo irlandese, per esempio, ha approvato il 4 ottobre 2011 un disegno di legge contenente una nuova disciplina dei servizi legali. Tale disegno di legge prevede profondi cambiamenti e riforme che sono senza precedenti in Europa e negli Stati Uniti. Importante è la previsione che istituisce un’autorità indipendente – l’autorità sarà composta da 11 membri: 7 non avvocati, 2 rappresentanti del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati e 2 rappresentanti della Law Society. Tutti gli 11 rappresentanti saranno designati dal ministro irlandese della Giustizia, dell'Uguaglianza e della Difesa. Il Governo può , in qualsiasi momento rimuovere un membro, se la rimozione del membro è necessaria per lo svolgimento efficace delle funzioni dell'Autorità. La nuova Autorità avrà tutti i poteri di regolazione ivi compreso il comportamento, la disciplina e la gestione dei reclami. A nostro avviso, l'istituzione del Regolatore sarà in chiara violazione di uno dei principi fondamentali della professione legale: regolazione indipendente dal potere esecutivo dello Stato - un principio riconosciuto in 10 Europa, negli Stati Uniti e a livello internazionale. E’ la pietra angolare di ogni società democratica basata sullo Stato di diritto e necessaria, inoltre, per la buona amministrazione della giustizia. Siamo convinti che senza una garanzia di indipendenza - che è fondamentale per la professione - è impossibile per gli avvocati adempiere al loro ruolo professionale e legale. L'autoregolamentazione è caratteristica della professione legale in Europa. In nessun paese è presente una piena autoregolamentazione della professione dell’avvocato svincolata da qualsivoglia limite. Tuttavia, vi è in tutti i paesi europei, membri del CCBE vi è una certa rilevanza dell’auto-regolamentazione. Negli Stati Uniti, vi è un regolamento generale da parte dei giudici, che soddisfa allo stesso modo il principio di indipendenza dal regolamento esecutivo. Noi crediamo che la regolamentazione indipendente, concettualmente, deve essere vista come una conseguenza logica e naturale della indipendenza della professione. L’autoregolamentazione tutela l’indipendenza l'indipendenza collettiva dei membri della professione legale ed è niente meno che una difesa strutturale della indipendenza dell'avvocato individuale, che richiede che l’avvocato sia libero da influenze improprie, che possono derivare da i suoi interessi personali o da pressioni esterne (compresa la pressione del governo). Importanti sviluppi sono in corso anche in Grecia e Portogallo che hanno destato preoccupazione. Anche se abbiamo ancora bisogno di analizzare tutte queste proposte accuratamente e in modo dettagliato (e ci aspettiamo ulteriori informazioni da parte degli ordini forensi interessate), siamo preoccupati che le iniziative sono state adottate sulla base di un approccio puramente economico. Abbiamo l'impressione che queste proposte sono state sviluppate in poche settimane senza tener conto dello scopo/giustificazione della regolamentazione professionale e senza analizzare l'impatto di tali proposte sulla amministrazione della giustizia. Siamo seriamente preoccupati che tutti questi sviluppi porteranno ad una erosione della amministrazione della giustizia. Essi non riguardano solo la struttura della professione di avvocato e il ruolo dell’avvocato nella società, ma soprattutto andranno a svantaggio di tutte le persone che hanno bisogno di un avvocato. La tua esperienza come partner in uno studio legale multinazionale, senza dubbio importante, porta questioni riguardanti la necessità di proteggere l'avvocato-cliente da intrusioni commesse dallo Stato e per la tutela della indipendenza delle scelte di un avvocato e per proteggere i diritti e le libertà anche dei clienti impopolari e delle cause. Vi invitiamo a trasmettere le nostre preoccupazioni alle persone competenti in seno al Fondo Monetario Internazionale, e nel Troika più in generale, in modo che queste considerazioni possano essere prese in considerazione con ulteriori negoziati con i paesi interessati. Saremmo molto interessati ad avere l'opportunità di discutere questi temi di persona con voi o con il vostro personale. Cordiali saluti, Georges-Albert Dal CCBE President Wm. T. (Bill) Robinson III ABA President 11 Lettera del CCBE alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministro della Giustizia 24 Gennaio 2012 Egregio Sig. Presidente del Consiglio dei Ministri Gentile Sig.ra Ministro della Giustizia Le scrivo in nome e per conto del CCBE, il Consiglio degli Ordini Forensi europei. Il CCBE è l'organizzazione rappresentativa di circa 1 milione di avvocati europei, costituita dagli Ordini forensi di 31 paesi, membri a pieno titolo, e di 11 paesi col ruolo di Associati e Osservatori. Il CNF - Consiglio Nazionale Forense - ha recentemente sottoposto all'attenzione del CCBE la nuova Legge di Stabilità n. 183/2011, che prevede una serie di interventi di rilievo per la professione legale. E’ nostro intendimento che l’introduzione di queste nuove norme sia dovuta a circostanze legate alla stabilità finanziaria e allo sviluppo economico del paese. Le assicuro che il CCBE è consapevole del particolare momento di difficoltà che gli Stati membri, compresa l’Italia, stanno affrontando, e anche dell‘urgente necessità di riforme economiche e finanziarie. Il CCBE ha tuttavia difficoltà a capire il legame che i governi, ivi compreso quello italiano, sembrano voler creare tra la professione di avvocato e la crisi economica nei rispettivi paesi. Gli avvocati, infatti, sono colpiti da misure che si inseriscono nel contesto di più ampie riforme finanziarie ed economiche, sebbene non siano responsabili della situazione economica del loro paese e del debito pubblico. Inoltre, molte delle riforme che interessano la professione - comprese quelle recentemente approvate in Italia - sono basate su un approccio puramente economico che, da un lato, non tiene conto del ruolo degli avvocati nella società e nell'amministrazione della giustizia - che è essenziale in ogni società democratica e, dall’altro, non è accompagnato da un’analisi approfondita dell’impatto potenziale di tali riforme sull’amministrazione della giustizia. Ad una prima analisi, il CCBE ritiene che le modifiche contenute nella Legge di Stabilità sollevino questioni fondamentali alla luce delle norme di riferimento europee e internazionali, tra cui si richiamano la Raccomandazione del Consiglio d'Europa (2002) sulla libertà di esercizio della professione legale, e i Principi fondamentali dell’ONU sul ruolo dell’avvocato (1990), che sanciscono l’indipendenza della professione legale, quale componente basilare di un sistema giudiziario efficiente, nonché caposaldo di una società democratica basata sullo stato di diritto. La Legge di Stabilità solleva inoltre problemi anche alla luce della giurisprudenza europea. In particolare, le preoccupazioni del CCBE si riferiscono alle nuove disposizioni che riguardano le cc.dd. “alternative business structures” (modelli alternativi di business). E’ nostro intendimento che queste norme, che introducono nell’ordinamento italiano le società di capitali tra professionisti, consentono il controllo di maggioranza anche a soggetti estranei alla professione. La legge, tuttavia, non sembra prevedere alcuna 12 misura di salvaguardia nei confronti dei valori fondamentali della professione legale (indipendenza, assenza di conflitti di interesse, segreto professionale). Il CCBE crede fermamente nell’esistenza di motivazioni, estranee ad una logica puramente economica, che depongono decisamente contro l'introduzione di modelli organizzativi di questa natura. I soggetti estranei alla professione non sono, di per sé, soggetti agli stessi doveri degli avvocati. Ciò può facilmente condurre alla nascita di situazioni conflittuali, per effetto delle quali gli avvocati possono essere esposti a pressioni da parte degli azionisti esterni di maggioranza nello svolgimento della propria attività professionale; il che non solo sarebbe contrario ai principi fondamentali della professione, ma, in ultima analisi, si risolverebbe in un pregiudizio per i clienti. Il dovere dell’avvocato di difendere il proprio cliente in piena indipendenza e nell'interesse esclusivo di quest'ultimo, di evitare conflitti di interesse e di rispettare il segreto professionale, è in pericolo specialmente quando l’avvocato esercita la propria attività all'interno di strutture organizzative che, di fatto o di diritto, consentono a soggetti estranei alla categoria di avere un controllo rilevante sull’attività della struttura stessa (si veda in merito la posizione del CCBE del 2005). In questo contesto, vorremmo richiamare la sentenza della Corte di Giustizia UE nel caso Wouters (C309/99), in cui la Corte è stata chiamata a decidere sulla compatibilità con il Trattato UE della normativa olandese che vieta la collaborazione integrata tra avvocati e dottori commercialisti. La Corte - riferendosi ai valori fondamentali di cui sopra - ha ritenuto che il Nederlandse Orde Van Advocaten (Ordine olandese degli avvocati) “ha potuto ragionevolmente ritenere che la detta normativa, malgrado gli effetti restrittivi della concorrenza ad essa inerenti, risultasse necessaria al buon esercizio della professione di avvocato, cosi come organizzata nello Stato membro interessato”. Vorremmo anche segnalare che altri Stati membri potrebbero opporsi all’insediamento di tali modelli organizzativi sul proprio territorio, in conformità all'articolo 11 della direttiva 98/5/CE relativa all’esercizio permanente della professione di avvocato in Stati membri diversi da quello di origine, in forza del quale: "quando le regole fondamentali che disciplinano la costituzione dell'attività di tale studio collettivo [leggasi, esercizio in comune della professione] nello Stato membro di origine siano incompatibili con le regole fondamentali derivanti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative dello Stato membro ospitante, queste ultime regole si applicano se ed in quanto la loro osservanza sia giustificata dall'interesse generale della tutela dei clienti e dei terzi". Nella maggior parte delle giurisdizioni europee la prestazione di servizi legali non è consentita in strutture in cui soggetti estranei alla professione detengono in tutto o in parte il capitale sociale, utilizzano la denominazione con la quale viene esercitata la professione o esercitano, di fatto o di diritto, poteri decisionali. Alcune giurisdizioni europee consentono forme di partnership multidisciplinari o forme di controllo esterno, ma solo sotto rigorose condizioni. In alcune giurisdizioni, per esempio, i soggetti estranei alla professione possono diventare partner di uno studio legale, purché siano membri di una professione regolamentata il cui codice di condotta sia equiparabile a quello della professione legale. 13 Vi esortiamo pertanto a prendere in considerazione le riflessioni sopraesposte nel contesto delle prossime fasi del processo decisionale e a garantire che i valori fondamentali della professione - che sono di cruciale importanza per una società democratica basata sullo stato di diritto - siano salvaguardati. Sarò lieta di discuterne personalmente con Lei o con i Suoi collaboratori, posto che si tratta di questioni di importanza capitale per la nostra organizzazione. [Solo per la lettera al Ministro della Giustizia]: In virtù della Sua esperienza di avvocato, sarà senza dubbio consapevole dell’importanza di proteggere il rapporto di fiducia tra l’avvocato e il suo cliente contro le indebite intrusioni da parte dello Stato, nonché della necessità di salvaguardare l’indipendenza decisionale dell’avvocato, anche al fine di tutelare efficacemente i diritti e le libertà dei cittadini. Cordialmente, Marcella Prunbauer-Glaser Presidente del CCBE Traduzione a cura di: Avv. Gaia Pandolfi 14 Risposta del Ministro della Giustizia alla lettera del CCBE alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministro della Giustizia, 27 Febbraio 2012 Sig.ra Marcella Prunbauer-Glaser Presidente del CCBE Bruxelles Gentile Sig.ra Prunbauer-Glaser, La ringrazio per Sua lettera e, in particolare, per averci fornito una panoramica della disciplina sui modelli alternativi di business (“alternative business structures”) in Europa. Come sa, la difficile situazione economica che affronta l’Italia in questo momento, richiede l’adozione di misure di intervento forti, in termini di tagli alla spesa pubblica e di risparmio, e soprattutto un solido processo di modernizzazione di tutti i settori della regolazione economica. I servizi professionali costituiscono una componente determinante dell’economia moderna: l’elemento motore per lo sviluppo e la crescita imprenditoriale. Ciononostante, la regolamentazione italiana delle professioni intellettuali, cosi come la disciplina di altre attività economiche di rilievo, non è adeguata. Le norme recentemente introdotte non interferiscono né con il ruolo delle professioni, né in particolare con lo specifico status riconosciuto agli avvocati. Tali riforme interessano esclusivamente i comportamenti economici, mediante l’abolizione delle tariffe (fatta accezione per le liquidazioni giudiziali), introducono una maggiore trasparenza nelle relazioni tra professionisti e clienti, garantiscono un accesso più veloce alle professioni da parte dei giovani, ma allo stesso tempo fondato su criteri di qualità, e consentono di utilizzare modelli organizzativi alternativi per facilitare l’accesso ai capitali. Riteniamo che tali riforme miglioreranno considerevolmente l’esercizio delle professioni in Italia, a beneficio di cittadini e imprese. Siamo consapevoli del fatto che questi provvedimenti possano sollevare preoccupazioni e per questo come già annunciato ai rappresentanti dell’avvocatura italiana, che abbiamo incontrato alcune settimane fa - siamo disponibili ad avviare e mantenere un dibattito trasparente e costruttivo al fine di giungere a soluzioni equilibrate. Nella Sua lettera, si sofferma principalmente sui recenti interventi in materia di modelli alternativi di business. Le posso assicurare che stiamo valutando le soluzioni legislative idonee a prevenire conflitti di interessi che possano derivare dalla partecipazione di capitale esterno e minacciare l’indipendenza della professione legale. Distinti saluti, Paola Severino 15 16 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi PROVVEDIMENTI SU PROFESSIONI E GIUSTIZIA DA LUGLIO 2011 A MARZO 2012 RIEPILOGO BREVE E CRITICITÀ DELLA DELEGIFICAZIONE 8 marzo 2012 I recenti provvedimenti che si sono succeduti nel tempo, dal mese di luglio ad oggi, finalizzati a dare un nuovo slancio all’economia, sono stati numerosi ed hanno inciso profondamente sulla professione forense e sul sistema della giustizia civile. La manovra di luglio (d.l. 98/2011, conv. dalla legge 111/2011, c.d. manovra economica 1 2011) ha aperto la breccia alla liberalizzazione dei servizi e delle attività economiche, affidando al Governo il compito di formulare proposte di liberalizzazione di servizi ed attività economiche alle professioni interessate, sentita un’Alta Commissione da istituirsi presso il Ministero della Giustizia, stabilendo che quanto non espressamente regolamentato entro i successivi otto mesi, sarebbe stato considerato libero. Rilevanti le disposizioni che hanno inciso sul testo unico delle spese in materia di giustizia (d.p.r. 115/2002), che hanno aumentato gli importi del contributo unificato e introdotto la previsione dell’onere tributario per procedimenti e materie che finora non vi erano assoggettate quali, ad esempio, le controversie in materia di lavoro e pubblico impiego, il ricorso straordinario al Capo dello Stato, così come quelle in materia previdenziale ed assistenziale nonché il contenzioso tributario. Al generale aumento degli oneri tributari per le spese di giustizia si accompagna una sanzione diretta ai professionisti, al fine di incentivare l’utilizzo di più moderne forme di comunicazione: in tale ottica la previsione dell’aumento pari alla metà del contributo unificato dovuto per mancata indicazione del recapito fax, indirizzo P.E.C. o codice fiscale della parte nell’atto introduttivo del giudizio. Allo scopo di ridurre la durata dei procedimenti, nonché di conseguire maggiore efficienza, viene introdotta la previsione di un programma per la gestione delle pendenze, da elaborare con il coinvolgimento degli Ordini forensi interessati. Eguale coinvolgimento degli Ordini viene previsto per apposite convenzioni finalizzate allo svolgimento del tirocinio presso gli uffici giudiziari del primo anno di pratica forense, corso di dottorato o di specializzazione. Le altre disposizioni rilevanti della manovra di luglio concernono novità in materia di controversie previdenziali ed assistenziali, ove si coglie la finalità deflattiva del contenzioso e di contenimento della durata dei processi mediante la previsione dell’estinzione dei procedimenti pendenti di modico valore (cinquecento euro) con riconoscimento della pretesa economica a favore del ricorrente, e l’introduzione di un accertamento tecnico preventivo obbligatorio (art. 445-bis c.p.c.). Per quanto concerne la materia tributaria, da un lato si innova l’organizzazione del sistema, prevedendo un ampliamento delle cause di incompatibilità e dando maggior spazio alla magistratura togata e, dall’altro, si rilancia l’utilizzo di strumenti di definizione agevolata del contenzioso e della mediazione, introducendo l’obbligo di presentare un reclamo unitamente a proposta di mediazione che, qualora non vada a buon fine, produrrà gli effetti del ricorso. Sulla scia del precedente decreto, anche la manovra di agosto (d.l. 138/2011, conv. dalla l. 148/2011, c.d. manovra economica bis) reca numerose disposizioni di interesse per la professione 1 Sul punto cfr. il Dossier n. 3/2011 dell’Ufficio studi. 17 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi forense. In primo luogo, il noto art. 3, comma 5 prevede l’adeguamento degli ordinamenti professionali entro 12 mesi ad una serie di principi (quali netta distinzione tra impresa e professione, autonomia e indipendenza del professionista, salvaguardia esame di Stato per l’accesso, necessità di formazione permanente ed assicurazione obbligatoria, criteri in materia di pubblicità professionale, compenso pattuito per iscritto all’atto dell’incarico, distinzione tra funzioni amministrative e disciplinari degli ordini locali). Nell’ottica di realizzare risparmi di spesa e recupero di efficienza si collocano le norme in materia di giustizia: in primo luogo la delega al Governo per la riorganizzazione della geografia giudiziaria (che interessa giudici di pace, sezioni distaccate e procure non distrettuali), seguita dalla calendarizzazione del processo civile (con un sistema di sanzioni a garanzia dell’osservanza dei termini stabiliti) e da un ulteriore aumento del contributo unificato (particolarmente per i processi amministrativi di valore indeterminabile), sanzionando nuovamente la mancata indicazione del numero di fax o della P.E.C. del difensore nell’atto introduttivo del giudizio. Si interviene sul codice di procedura civile, incentivando l’utilizzo della posta certificata e del telefax per effettuare le comunicazioni ex art. 136 c.p.c. Viene sanzionata la mancata partecipazione, senza giustificato motivo, al procedimento di mediazione con una sanzione pari al contributo unificato dovuto, così come viene sanzionata la reiterata violazione degli obblighi fiscali con la sospensione del professionista (fino a un mese) disposta direttamente dall’Agenzia delle Entrate. Si prevedono nuove cause di incompatibilità per i componenti delle commissioni tributarie (quale l’iscrizione in albi professionali e l’esercizio di attività di consulenza e assistenza nelle regioni e province confinanti) 2 . La legge di stabilità per il 2012 (l. 183/2011) 3 interviene sull’art. 3, co. 5 della manovra di agosto, trasformando disinvoltamente i principi generali di riforma delle professioni in norme base per la delegificazione: da un riordino della disciplina, da effettuarsi in via legislativa, si avvia un processo di delegificazione (ex art. 17, co. 2 l. 400/1988), da concludersi entro agosto 2012. Viene introdotta la possibilità di costituire società di capitali per l’esercizio di attività professionali regolamentate, consentendo l’ingresso anche a soci non professionisti di solo capitale, e si abroga la normativa sulle associazioni professionali. In materia di giustizia si incentiva ulteriormente l’utilizzo della P.E.C. per comunicazioni nel corso del processo (sanzionando peraltro gli Ordini in caso di mancata comunicazione o pubblicazione dell’elenco degli indirizzi certificati), si cerca di accelerare i tempi con un maggior utilizzo del modello decisorio tipico della trattazione orale di fronte al tribunale monocratico (art. 281-sexies c.p.c.) e della minaccia di estinzione dei procedimenti pendenti in appello e cassazione da oltre due anni a fronte della mancata presentazione di specifica istanza di trattazione sottoscritta personalmente dalla parte. Non sembrano scevre da spirito punitivo le disposizioni che prevedono la condanna sino a diecimila euro per il rigetto della richiesta della sospensione dell’esecutività della sentenza di primo grado nonché quella che comporta un abnorme aumento del contributo unificato della metà per il giudizio di appello e del doppio per i giudizi dinanzi alla Cassazione. Viene precisata, altresì, la natura aquiliana (e pertanto la prescrizione quinquennale) della responsabilità statale per mancato recepimento di direttive comunitarie. 2 3 Per un’analisi più diffusa si rinvia al Dossier n. 4/2011 dell’Ufficio studi. Si cfr., diffusamente, il Dossier n. 7/2011 dell’Ufficio studi. 18 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi Il DECRETO SALVA ITALIA E I VIZI DEL PROCESSO DI DELEGIFICAZIONE AVVIATO Il decreto Salva Italia (d.l. 201/2011, conv. in l. 214/2011) 4 interviene nuovamente in maniera sensibile sull’art. 3, co. 5 della manovra di agosto, prevedendo addirittura l’abrogazione degli ordinamenti professionali in caso di mancato esercizio della potestà regolamentare! Una delegificazione quindi del tutto abnorme! Il testo del DL dispone l’abrogazione delle norme di disciplina delle professioni anche in mancanza dell’adozione del regolamento in delegificazione, a far data dal 13 agosto 2012: e ciò contraddice l’art. 17, comma 2, l. 400/88 – che, nel disciplinare l’istituto della delegificazione, prevede che gli effetti dell’abrogazione della disciplina “delegificata” decorrano dall’entrata in vigore del regolamento – ed è in contrasto con la ratio dell’istituto che prevede appunto la sostituzione della disciplina resa con fonte primaria con altra disciplina resa da fonte secondaria, e non un’abrogazione totale. L’approvazione dell’emendamento dei relatori che restringe la portata dell’effetto abrogativo alle sole norme contrastanti con i principi di cui all’art. 3, comma 5, ha avuto – almeno – il pregio di escludere gli esiti più aberranti della radicale abrogazione della totalità degli ordinamenti professionali. Simile ipotesi interpretativa era stata peraltro seguita, nei lavori preparatori, dalla Commissione affari costituzionali della Camera dei Deputati; questa, nel parere del 7 dicembre, poneva tra le condizioni al parere favorevole – al punto 7 – proprio l’adozione di una disciplina transitoria relativa “alle funzioni attualmente svolte dagli ordini professionali, che hanno anche, in diversi casi, un rilievo pubblicistico”, così censurando, in buona sostanza, l’automatica produzione dell’effetto abrogativo al 13 agosto. Allo stesso tempo, peraltro, ed anche alla luce del parere citato, l’approvazione dell’emendamento dei relatori non determina il superamento delle rilevate criticità, evidenziandone anzi di ulteriori ed altrettanto gravi. Vale rilevare, infatti, che anche l’ipotesi di abrogazione delle sole norme contrastanti con i principi di cui all’art. 3, comma 5 appare suscettibile di provocare la più grande incertezza per ciò che riguarda l’estensione degli effetti della clausola abrogativa. Chi determinerà, in altre parole, l’effettiva portata della clausola abrogativa? Ed in particolare, a chi spetterà decidere quali norme degli ordinamenti professionali vigenti si pongano effettivamente in contrasto con i principi di cui all’art. 3, comma 5? Principi scritti appunto come tali in modo generico: ricordiamo che la disposizione nasce nella manovra d’agosto, costruita come insieme di principi cui il legislatore futuro avrebbe dovuto conformarsi, e solo dopo viene trasformata in presupposto della delegificazione. La fissazione di norme generali regolatrici della materia cui il Governo dovrebbe attenersi nell’esercizio della potestà regolamentare autorizzata dalla legge di cui all’art. 17, comma 2, l. 400/88 (cd. legge di delegificazione, in questo caso l’art. 3, comma 5 più volte richiamato) è infatti coessenziale e legata a doppio filo all’emanazione del regolamento in delegificazione e tale legame è strettamente connesso, a sua volta, alla produzione dell’effetto abrogativo. Il differimento dell’effetto abrogativo (disposto dalla legge di delegificazione) al momento di entrata in vigore del regolamento, meccanismo tipico del processo di delegificazione, deriva dalla necessità che, con l’emanazione del regolamento, divenga chiaro quali sono gli ambiti normativi specificamente investiti dall’esercizio del potere regolamentare, per cui l’individuazione delle norme abrogate dovrebbe avvenire normalmente proprio in sede di esercizio della potestà 4 Cfr. il Dossier n. 9/2011 dell’Ufficio studi. 19 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi regolamentare trattandosi peraltro di mera specificazione della clausola abrogativa prevista dalla legge, e non già di autonoma disposizione abrogante, stante l’impossibilità per il regolamento di abrogare la legge. Nella fisiologia dell’istituto, insomma, l’abrogazione è strettamente correlata all’adozione di altra e diversa disciplina, che si profila quale onere a carico del Governo, il quale non può raggiungere l’effetto abrogativo se non si fa carico di provvedere a produrre una diversa regolazione della materia. Nessuna abrogazione automatica correlata al mero scadere di un termine è dunque ammissibile in un processo di delegificazione costituzionalmente coerente: il mero trascorrere del tempo, peraltro, sarebbe peraltro addebitabile solo allo stesso Governo, che in questo modo potrebbe anche non adottare alcun regolamento in delegificazione, lasciar scadere il termine, e poi adottare il citato testo unico ricognitivo. Con il che avremmo un risultato palesemente incostituzionale: se infatti con una delegificazione corretta la legge non perde la potestà di decidere della propria efficacia ed è essa stessa a prevedere l’abrogazione di altre disposizioni di legge quando e purché sia adottato il regolamento, con l’improprio meccanismo qui scelto è il Governo a divenire arbitro unico della situazione, perché scegliendo non già di disporre una nuova regolazione della materia con fonte subordinata, bensì semplicemente di non fare nulla e lasciare trascorrere il termine, di fatto usurpa il potere di decidere della efficacia nel tempo di fonti primarie (potere che è e deve restare alla legge e al Parlamento). Non riequilibra la situazione la previsione della potestà del Governo di adottare un decreto che raccolga le disposizioni aventi forza di legge che non risultano abrogate per effetto del comma 5-bis in un testo unico da emanarsi ai sensi dell'articolo 17-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Seppur in astratto tale previsione può sembrare almeno un passo avanti nella promozione del valore della certezza del diritto, in concreto la previsione non fa che aumentare ulteriormente il potere governativo di abrogazione, riservando appunto all’esecutivo il compito di “dichiarare” quali norme di rango primario siano abrogate e quali non lo siano. È facile immaginare quanto contenzioso potrebbe sorgere in caso di esercizio scorretto di tale potere governativo, con il che si perde immediatamente quell’apparente passo avanti in termini di certezza del diritto di cui si è fatto cenno. I PROVVEDIMENTI DI QUESTI GIORNI Lo scorso 29 dicembre è stata approvata la legge n. 218, che dispone la modifica dell’art. 645 c.p.c. e l’interpretazione autentica dell’art. 165 c.p.c. in materia di opposizione a decreto ingiuntivo, con la quale si elimina la riduzione a metà dei termini di comparizione per il giudizio di opposizione. Nelle scorse settimane le Camere hanno convertito in legge due decreti legge, approvati lo scorso 22 dicembre 2011, il c.d. “svuota carceri” (d.l. 211/2011, conv. in L. 9/2012) 5 e quello che reca le norme in materia di composizione delle crisi da sovraindebitamento e disposizioni per l’efficienza della giustizia civile (d.l. 212/2011, conv. in L. 10/2012) 6 . Il decreto svuota carceri, interviene sulle norme che disciplinano la convalida dell’arresto e del fermo (artt. 386 e 558 c.p.p.) al fine di contrastare il fenomeno della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri. Viene altresì innalzata da dodici a diciotto mesi la 5 6 Per un’analisi più approfondita si rinvia al Dossier di analisi n. 2/2012 dell’Ufficio studi. Su tale ultimo decreto, cfr. il Dossier di analisi n. 1/2012 dell’Ufficio studi. 20 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi soglia di pena detentiva per l’accesso alla detenzione domiciliare, estesa la disciplina sull’ingiusta detenzione ai procedimenti definiti prima dell’entrata in vigore del nuovo c.p.p. e, infine, si prevede la chiusura definitiva degli ospedali psichiatrici giudiziari entro il 1 febbraio 2013. Il secondo decreto, il cui titolo è stato cambiato in sede di conversione in “disposizioni urgenti per l’efficienza della giustizia civile”, tra i provvedimenti in materia di giustizia prevedeva l’incentivo all’utilizzo della mediazione su proposta del giudice, così come la non impugnabilità dell’ordinanza con cui il giudice condanna la parte che non ha partecipato alla mediazione senza giustificato motivo. Tali disposizioni sono state eliminate in sede di conversione, unitamente all’intero capo relativo alla composizione delle crisi da sovraindebitamento. Parallelamente, il legislatore ha provveduto ad innalzare a millecento euro il valore delle liti dinanzi al giudice di pace ove non è necessaria la difesa tecnica (art. 82, co. 1 c.p.c.) limitando, tuttavia, la possibilità per il giudice di liquidare competenze ed onorari che superino il valore della domanda (art. 91 c.p.c.), scoraggiando in tal modo il ricorso ad una difesa tecnica. Risulta altresì eliminata la disposizione che prevedeva la presentazione dell’istanza di trattazione in sede di conversione del decreto, introdotta dall’art. 26 della legge di stabilità. Nel momento in cui si scrive le Camere stanno esaminando per la conversione in legge due decreti legge, il c.d. “cresci Italia” (Decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1) e quello che reca disposizioni urgenti in materia di semplificazione e sviluppo (Decreto legge 9 febbraio 2012, n. 5). Il primo di tali decreti, il c.d. “cresci Italia” attualmente all’esame della Camera dei Deputati, riforma nuovamente la disciplina delle professioni regolamentate, abrogando le tariffe professionali ed escludendo la possibilità di farvi riferimento. Si prevede l’elaborazione, a livello ministeriale, di parametri per offrire un ausilio al giudice in sede di liquidazione dei compensi; a causa della mancanza di una disciplina transitoria, atta ad evitare il rischio di paralisi della liquidazione giudiziale dei compensi a fronte dell’abrogazione delle tariffe professionali, in sede di conversione il Senato ha introdotto lo scorso 1 marzo una norma transitoria, che consente la sopravvivenza delle tariffe fino al termine (pari a cento ottanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione) per l’adozione dei parametri ministeriali. Ulteriori disposizioni di interesse concernono la possibilità, per i giovani, di costituire società a responsabilità limitata dal regime semplificato e capitale sociale minimo pari ad un euro, norme per rendere efficace l’azione di classe (consentendo che diritti individuali “omogenei” siano azionabili in forma contestuale con tale strumento di cui all’art. 140-bis del D.lgs. 206/2005, c.d. Codice del consumo), e si integra il codice del consumo consentendo all’Antitrust di dichiarare la vessatorietà di clausole inserite nei contratti tra professionisti e consumatori, presenti nei contratti conclusi mediante adesione a condizioni generali o moduli, modelli e formulari. Si istituisce, infine, il c.d. Tribunale delle imprese, provvedendo ad una modifica della disciplina della struttura e delle materie di competenza delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale, creando in tal modo una giustizia a due velocità, con una corsia preferenziale per le controversie in materia societaria, di diritto d’autore e di violazione della normativa Antitrust dell’Unione europea, accompagnata da un consistente aumento del contributo unificato. Il secondo decreto, in materia di semplificazione, interviene sulla composizione delle commissioni per l’esame di avvocato, per consentire anche ai ricercatori, oltre ai professori ordinari e associati, di farne parte. 21 22 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi Osservazioni a prima lettura sull’articolo 2 del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, c.d. “cresci-Italia”) * 29 febbraio 2012 IL TRIBUNALE DELLE IMPRESE SOMMARIO: 1. Testo della disposizione. – 2. Profili di rilievo costituzionale. – 3. Profili di merito. – 4. Le modifiche in corso d’opera: l’emendamento governativo 2.500 al ddl A.S. 3110 di conversione in legge del decreto legge n. 1/2012. 1. Testo della disposizione. Art. 2 (Tribunale delle imprese) 1. Al decreto legislativo 26 giugno 2003, n. 168 sono apportate le seguenti modificazioni: a) agli articoli 1 e 2 le parole: «sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale» sono sostituite, ovunque compaiano, dalle seguenti: «sezioni specializzate in materia di impresa»; b) all'articolo 2, le parole: «in materia di proprietà industriale ed intellettuale» sono sostituite dalle seguenti: «in materia di impresa»; c) l'articolo 3 e' sostituito dal seguente: «Art. 3 (Competenza per materia delle sezioni specializzate). 1. Le sezioni specializzate sono competenti in materia di: a) controversie di cui all'articolo 134 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, e successive modificazioni; b) controversie in materia di diritto d'autore; c) azioni di classe di cui all'articolo 140-bis del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni. 2. Le sezioni specializzate sono altresì competenti, relativamente alle società di cui al Libro V, Titolo V, Capi V e VI del codice civile ovvero alle società da queste controllate o che le controllano, per le cause: a) tra soci delle società, inclusi coloro la cui qualità di socio è oggetto di controversia; b) relative al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti; c) di impugnazione di deliberazioni e decisioni di organi sociali; d) tra soci e società; e) in materia di patti parasociali; f) contro i componenti degli organi amministrativi o di controllo, il liquidatore, il direttore generale ovvero il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari; g) aventi ad oggetto azioni di responsabilità promosse dai creditori delle società controllate contro le società che le controllano; * Il presente dossier è stato elaborato dagli avv.ti Bertolotti, Cremonini, Izzo, e Schillaci, con il coordinamento degli avv.ti Colavitti e Pagotto. Si tratta di osservazioni a prima lettura redatte in via di urgenza per consentire una prima valutazione. 23 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi h) relative a rapporti di cui all'articolo 2359, primo comma, n. 3, all'articolo 2497-septies e all'articolo 2545septies codice civile; i) relative a contratti pubblici di appalto di lavori, servizi o forniture di rilevanza comunitaria in cui sia parte una società di cui al Libro V, Titolo V, Capi V e VI del codice civile, quando sussiste la giurisdizione del giudice ordinario». 2. Dopo il comma 1-bis dell'articolo 13 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni, e' inserito il seguente: «1-ter. Per i processi di competenza delle sezioni specializzate di cui al decreto legislativo 26 giugno 2003, n. 168, e successive modificazioni, il contributo unificato di cui al comma 1 e' quadruplicato. Si applica il comma 1-bis». 3. Il maggior gettito derivante dall'applicazione delle disposizioni di cui al comma 2 e' versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato al fondo istituito ai sensi dell'articolo 37, comma 10, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. 4. Il comma 4 dell'articolo 140-bis del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 e' sostituito dal seguente: «4. La domanda è proposta al tribunale presso cui è istituita la sezione specializzata di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 26 giugno 2003, n. 168, e successive modificazioni». 5. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai giudizi instaurati dopo il novantesimo giorno dall'entrata in vigore del presente decreto. 6. L'amministrazione provvede allo svolgimento delle attività relative alle competenze previste dal presente articolo senza nuovi o maggiori oneri e con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Osservazioni 2. Profili di rilievo costituzionale. 2.1. In primo luogo, è necessario svolgere alcune considerazioni sul metodo seguito dal Governo nell’adozione delle innovazioni in parola. Anzitutto, con riferimento alla fonte ed in particolare al ricorso, nella materia de qua, al decreto legge. Come noto, infatti, la materia dell’ordinamento giudiziario – ivi compresa l’istituzione di sezioni specializzate e la devoluzione ad esse della risoluzione di determinate controversie – è soggetta, giusta gli art. 102 e 108 Cost., ad una riserva di legge. Tale riserva, in particolare, affonda le proprie radici nel principio di separazione dei poteri e segnatamente nell’esigenza – ad esso correlata – di mettere l’organizzazione del potere giudiziario al riparo da interventi del potere esecutivo. Da simili considerazioni deriva, se non l’illegittimità costituzionale del ricorso alla decretazione d’urgenza, quantomeno la sua grave inopportunità sul piano dei più elementari equilibri di politica costituzionale. 2.2. In ogni caso, anche a voler ritenere ammissibile il ricorso alla decretazione d’urgenza, gravi perplessità sorgono in merito alla ravvisabilità, nella fattispecie in esame, dei presupposti di necessità ed urgenza di cui all’art. 77 Cost. La mancanza di essi, peraltro, è confermata dallo stesso tenore della disposizione in parola, che differisce l’entrata in vigore delle innovazioni al novantesimo giorno successivo alla sua entrata in vigore, con ciò implicitamente confermando l’insussistenza della straordinaria necessità e urgenza dell’intervento normativo. È appena il caso di osservare, peraltro, che l’insussistenza dei requisiti, lungi dall’essere sanata dall’intervento della legge di conversione, si traduce – secondo il consolidato orientamento della Corte costituzionale – in vizio della medesima, censurabile nel giudizio di legittimità costituzionale (cfr. da ultimo, Corte cost. sent. n. 171/2007). 2.3. Deve poi essere segnalata – sempre sul piano del metodo e della stessa legittimità costituzionale del provvedimento in discorso – l’estrema eterogeneità delle disposizioni contenute 24 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi nel Decreto legge, che sembra contravvenire apertamente alle perplessità più di una volta manifestate dallo stesso Presidente della Repubblica. Il Capo dello Stato ha manifestato, con le lettere del 17 giugno 2008, del 9 aprile 2009 e, da ultimo, del 22 febbraio 2011, la propria forte preoccupazione per il grave vulnus che deriva al rapporto tra funzione legislativa ed esecutiva dall’utilizzo sistematico di decreti omnibus o sostitutivi di atti legislativi parlamentari tipici, così come dall’inserimento in provvedimenti emergenziali di frammenti di riforma sostanziale di settori dell’ordinamento. 2.4. Nella consapevolezza dell’eccezionalità della contingenza economica e politica – e ferme restando le perplessità suscitate dal merito delle innovazioni in esame, su cui subito ci si soffermerà – non si può infine fare a meno di notare che sarebbe stata doverosa, anche al fine di alleggerire il vulnus agli equilibri costituzionali rappresentato dal ricorso alla decretazione d’urgenza, la consultazione dei soggetti interessati dalla disciplina contenuta nell’art. 2 ed in primo luogo dell’Avvocatura, oltre che del Consiglio superiore della magistratura. 3. Profili di merito. 3.1. Le sezioni specializzate competenti in materia di proprietà industriale vengono trasformate in sezioni specializzate in materia d’impresa (di seguito denominate anche “tribunale delle imprese”). In particolare, al tribunale delle imprese, saranno devolute le controversie in materia di proprietà intellettuale, le controversie in materia di diritto d’autore e le azioni di classe di cui al codice del consumo (d.lgs. 206/2005), nonché le cause tra soci, da una parte e società per azioni, società in accomandita per azioni e società che le controllano o che ne sono controllate, dall’altra parte, incluse quelle relative a: qualità di socio; trasferimento delle partecipazioni sociali e diritti alle stesse relativi; impugnazione delle deliberazioni e decisioni di organi sociali e soci; azioni contro i membri degli organi sociali; patti parasociali; azioni contro i membri degli organi sociali, il liquidatore, il direttore generale e il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari; cause relative ai rapporti tra società controllate per effetto di particolari vincoli contrattuali con la società controllante; controversie relative al gruppo cooperativo paritetico. La specializzazione degli organi giudicanti ai quali sono devolute le controversie in tema di diritto delle imprese era stata chiesta dagli operatori del settore, già in occasione del dibattito sui progetti di riforma del diritto societario, poi intervenuta nel 2003. 3.2. Le ragioni addotte a giustificazione di siffatta scelta stanno nell’esigenza di celerità dei traffici commerciali e nel complesso tecnicismo (si pensi, a mero titolo esemplificativo, alla materia dei bilanci, delle valutazioni aziendali, dei numerosissimi regolamenti emanati dalle Autorità di vigilanza con riferimento a banche e ad emittenti quotati sui mercati regolamentati) delle regole che interessano le imprese. A ciò si aggiunga che la copiosa e incessante produzione normativa tipica di tale materia non consente neppure di orientarsi a chi non ha esperienza e competenze specifiche. 3.3. Esistono, nonostante gli intenti di efficientamento della giustizia, molteplici criticità nella disciplina recata dall’art. 2 del d.l. che si commenta. Anzitutto, non si comprende per quale 25 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi ragione il legislatore abbia scelto di devolvere alla giustizia specializzata soltanto le controversie che riguardano taluni tipi sociali e non invece tutte le società regolate dal codice civile 1 . Un tentativo di segno analogo era stato fatto in sede disegno di legge delega in materia di società di capitali elaborato dalla c.d. Commissione Mirone (d.d.l. C. 7123/XIII) approvato dal Consiglio dei Ministri il successivo 26 maggio 2000. L’art. 11 della proposta in parola prevedeva una delega a favore del governo per l’adozione di «nuove norme sulla giurisdizione» finalizzate «ad assicurare una più rapida ed efficace definizione dei procedimenti». La disposizione, che istituiva sezioni specializzate presso le Corti di appello, fu poi stralciata dal testo della legge di delega per la riforma del diritto societario n. 366/2001 (c.d. Legge Vietti). Le ragioni dell’eliminazione della disposizione emergono sia dai lavori parlamentari che dal dibattito dottrinale. Esclusa la possibilità di istituire un vero e proprio Tribunale di commercio alla francese – ossia composto da soli componenti laici – che avrebbe violato il divieto di costituzione di giudici speciali, si ebbe timore anche nei confronti dell’integrazione dei collegi giudicanti dell’opera di togati e non togati, atteso che la vicinanza di tali “esperti” al mondo dell’impresa non poteva escludersi. Al tempo del dibattito parlamentare – possibile allora, oggi reso difficoltoso dal ricorso al decreto legge - soltanto le realtà economiche più grandi si dimostrarono favorevoli. L’Avvocatura 2 , la Magistratura 3 ed una parte del mondo dell’impresa si espressero in senso 1 Inoltre, in considerazione della circostanza che le risorse umane disponibili non sono ingenti e spesso non hanno la necessaria preparazione specialistica, si sarebbe potuto prevedere nella composizione delle sezioni specializzate in materia di impresa, la presenza di componenti laici (avvocati in grado di documentare una significativa esperienza professionale nel settore in esame e professori universitari di ruolo nelle materie afferenti al diritto dell’impresa) 2 Cfr. in proposito la delibera dell’assemblea dei presidenti dei consigli dell’ordine, assunta a Roma il 26 maggio 2000, in Rass. forense, 2000, 653 s., richiama analoghe prese di posizione del Consiglio nazionale forense. In precedenza, il Consiglio nazionale forense, con delibera del 25 febbraio, in Rass. forense, 2000, 424 s., ripresa in varie successive dichiarazioni del proprio presidente, aveva, in termini simili, espresso «la più viva preoccupazione per la evidente e grave compressione che la ventilata riforma porterebbe alle funzioni giurisdizionali di molti tribunali circondariali, anche di importanti città capoluogo di provincia, con conseguente impoverimento che le classi professionali di tali città verrebbero a subire, soprattutto sotto il profilo culturale, dall’attuazione della voluta concentrazione nelle città sedi di corte d’appello di un così rilevante flusso di attività giurisdizionale », non mancando di lamentare che la prospettata riforma avrebbe allontanato i «cittadini utenti» dal «servizio giustizia», i cui presidi sul territorio sarebbero stati «sradicati». 3 La posizione contraria all’istituzione delle sezioni specializzate è stata espressa dalla maggior parte della magistratura in occasione di congressi e di convegni. In particolare cfr. CIVININI, La specializzazione del giudice, in Questione giustizia, 2000, 605-628, dove, ivi, 615 s., tra l’altro il rilievo che la specializzazione del giudice è funzionale ad una migliore conoscenza del fatto, attraverso l’acquisizione di conoscenze extragiuridiche, o comunque ad una sua maggior capacità di farsi interprete degli interessi delle categorie interessate da un particolare tipo di contenzioso, ma non per affrontare meglio la quaestio iuris: «il diritto è infatti per definizione conosciuto o conoscibile dal giudice (da qualunque giudice) e qualsiasi tentativo di evocare, per settori limitati dell’ordinamento (in specie il diritto commerciale e societario), difficoltà inenarrabili di ricostruzione e interpretazione del sistema, sono destinate a scontrarsi con due dati: il giudice italiano, selezionato per concorso e soggetto solo alla legge, rinviene la sua legittimazione esclusivamente nella sua professionalità e nella sua capacità di conoscere e interpretare il diritto; la complessità crescente dell’ordinamento, nel suo insieme e per singoli settori, è compensata dalla complessità crescente degli strumenti (prima di tutto informatici) di ricerca e di conoscenza del diritto, delle sue fonti, delle interpretazioni date dalla dottrina, delle soluzioni offerte dalla giurisprudenza»; non esistendo «saperi giuridici esoterici o iniziatici», sarebbe anzi utile assicurare la rotazione «non solo per favorire la diffusione del sapere giuridico e innalzare il livello generale della magistratura ma anche per evitare che venga meno la percezione della terzietà del giudice e che questi, troppo sicuro della soluzione in diritto, smetta di ricercare nuove strade, indispensabili per l’evoluzione dell’ordinamento». In senso favorevole alla specializzazione, v., peraltro, RORDORF, La professionalità dei magistrati: specializzazione ed avvicendamento, in Foro it., 2000,V, 269-273. 26 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi decisamente opposto all’istituzione di sezioni specializzate presso i tribunali delle città sedi di corte di appello, esprimendo notevoli perplessità. Si paventava l’allontanamento del servizio giustizia dal territorio, con conseguente minore sensibilità rispetto alle realtà imprenditoriali locali. Tali argomenti permangono rispetto all’art. 2 in commento, ed anzi si aggravano per tre ordini di ragioni: a) sul piano del metodo si passa da un disegno di legge delega nel quale il parlamento detta criteri e principi direttivi all’esecutivo, ad un atto di quest’ultimo, il decreto legge, che sottrae la possibilità del confronto, della concertazione e del dibattito sereno; b) la materia dell’ “impresa” viene collocata non già presso i 26 distretti di Corti d’appello ma finanche in numero minore di uffici, nella specie in 12 sedi; c) se all’epoca della proposta Mirone all’istituzione di sezioni specializzate (d.lgs. n. 5/2003) si affiancava altresì un rito speciale, oggi – dopo l’abrogazione del processo “commerciale” operata con la l. n. 69/2009 non vi sarebbe alcuna differenza nella trattazione delle controversie in parola. 3.4. La separazione tra giustizia dei cittadini e giustizia delle imprese, con la creazione di percorsi giudiziari differenti (per competenza geografica, per costo e per scansioni processuali) desta sostanziali dubbi sulla sua piena compatibilità costituzionale. Il contributo unificato è infatti quadruplicato per queste cause. L’esistenza di un “Tribunale di commercio” – specializzato ed eventualmente anche integrato da membri laici - non desterebbe in sé particolare scandalo, atteso che l’ordinamento italiano conosceva questa forma di giustizia duale già in epoca anteriore alla legge 5147 del 1888. Ciò che si realizza con il decreto in commento, però, è altro. Con l’art. 2 viene radicalmente trasformata una norma, quella sulle sezioni specializzate in proprietà intellettuale, concepita per un contenzioso “d’élite”, estremamente limitato nel numero e prevalentemente documentale. Alle sezioni viene ora attribuito, invece, un contenzioso molto più corposo, che viene sottratto al giudice ordinario, e che comprende ora una vasta congerie di questioni, la cui matrice unitaria è piuttosto discutibile: diritto societario, proprietà intellettuale, class actions. Appare, quindi, assai dubbio che sia stata rispettata la ratio dell’art. 102, comma secondo, della Costituzione, ove impone che le sezioni specializzate abbiano riferimento a “determinate materie”, e dunque a settori dell’ordinamento coerenti e chiaramente delimitati: è ben noto come la Corte costituzionale abbia sviluppato a partire dal 2004 una giurisprudenza particolarmente rigorosa sul concetto di “materia” nel riparto di giurisdizioni, che potrebbe senz’altro applicarsi anche in questa evenienza, mutatis mutandis. 3.5. La struttura delle sezioni specializzate, in concreto, desta preoccupazioni di non trascurabile entità: esse sono state istituite in forma molto ridotta dal punto di vista numerico e geografico, proprio in relazione alla particolarità del contenzioso su brevetti e marchi. Vi è di più: i dati oggi disponibili indicano un contenzioso in materia brevettuale di alcune centinaia di cause all’anno per tutta Italia, concentrate per più della metà tra Milano e Roma, con grande prevalenza della prima sede. Nel resto del territorio nazionale l’attività delle sezioni specializzate si presenta piuttosto episodica e, di conseguenza, il personale investito di queste funzioni è estremamente limitato. Le cause di proprietà intellettuale non solo sono per la gran parte documentali (prive cioè di una fase istruttoria complessa come quella del contenzioso civile generico) ma presentano una peculiarità tutta propria: i ricorrenti hanno interesse assolutamente prevalente per la tutela inibitoria rispetto ai provvedimenti risarcitori o di altra natura, cosicché una parte cospicua dei procedimenti non va oltre la fase cautelare. L’affidamento a queste sezioni di un contenzioso generale in ambito societario comporterebbe esigenze del tutto diverse, sia sul piano giuridico che organizzativo, di 27 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi talché la mera ridenominazione in “sezioni specializzate in materia di impresa” crea un vuoto di tutela, non essendo queste strutture affatto in grado di gestire il nuovo carico di lavoro. Dal punto di vista costituzionale è assai discutibile che delle strutture di nicchia, promosse a tribunali “generalisti” in materia commerciale, possano garantire una tutela minima dei diritti, che invece è costituzionalmente garantita dall’art. 24 della Carta fondamentale. 3.6. Anche nel merito dell’intervento emergono molteplici profili di criticità e pare proprio che l’istituzione di questa sorta di “giustizia di prima classe” sia destinata a rimanere soltanto sulla carta e negli annunci della stampa. In primo luogo il grado di specializzazione del magistrato addetto, che poteva essere finora garantito nelle sezioni dedicate alla P.I., si stempera necessariamente se il catalogo delle materie devolute alle sezioni specializzate diviene così ampio ed eterogeneo. Un giudice che ha maturato una specializzazione nel settore del diritto industriale e d’autore, non ne ha necessariamente in quello delle controversie societarie. Analogamente, ed anzi ancor più, tale considerazione vale per le controversie «relative a contratti pubblici di appalto di lavori, servizi o forniture di rilevanza comunitaria in cui sia parte una società di cui al Libro V, Titolo V, Capi V e VI del codice civile, quando sussiste la giurisdizione del giudice ordinario» (lett. i). Balena alla mente l’idea di una (intollerabile) giurisdizione su base soggettiva, atteso che nulla muta in relazione alla complessità o alle caratteristiche della controversia per il solo fatto che una delle parti sia una società. D’altronde tale inaccettabile idea è evocata dalla stessa denominazione delle sezioni specializzate, definite “tribunale per le imprese” dalla rubrica della norma. 3.7. Per le azioni di classe previste dal codice del consumo, poi, la situazione si fa ancora più complessa. In primo luogo qui non c’è nessuna esigenza di specializzazione visto che il novero di diritti che, ai sensi dell’art. 140-bis del codice del consumo – possono dar luogo alla class action è quanto mai vario. In secondo luogo un’azione – predisposta a favore del consumatore (e migliorata dall’art. 6 dello Schema in esame) finisce coll’essere radicata presso un foro spesso particolarmente distante e, soprattutto, con l’imposizione di un aumento del contributo unificato di un quadruplo. E’ di tutta evidenza che si tratta di un’operazione inaccettabile che rende notevolmente più gravoso il ricorso alla giurisdizione per soggetti deboli, come il consumatore, ma non solo. Il “socio” – contemplato dalle lettere a e d del secondo comma può ben essere un soggetto individuale e per l’appunto debole che aziona un proprio diritto nei confronti di un colosso economico. Lo stesso può dirsi con riferimento all’autore che agisca contro un plagio. In secondo luogo, è bene ribadirlo, senza norme processuali speciali l’impatto in termini di recupero di efficienza e rapidità del processo appare decisamente esiguo. Non si comprende, difatti, come il processo possa divenire più celere soltanto perché viene “spostato” in una sede differente rispetto a quella individuata sulla scorta delle ordinarie regole di competenza. Non esiste un unico rito speciale per le controversie considerate: la materia del diritto industriale segue regole processuali sue proprie; così in parte può dirsi per le azioni di classe; non ci sono (più) regole eccezionali per le “controversie societarie”. Questa babele di riti più che rendere più efficiente il processo “dell’impresa” otterrà soltanto l’effetto di peggiorare il funzionamento di quello “industriale”. Infine, come rilevato, il numero di magistrati addetti a tali sezioni è commisurato all’entità del contenzioso che finora hanno gestito: di nicchia e, dunque, poco numeroso. L’aumento delle competenze non potrà che aggravare il carico degli uffici che, per forza di cose, peggioreranno la propria performance anziché migliorarla. A meno che, con successivi provvedimenti non se ne 28 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi aumenti l’organico: tale misura sarebbe oltremodo inaccettabile atteso lo stato conclamato di sottodimensionamento dei magistrati alla “giustizia civile di massa” denunciato quotidianamente dai presidenti di tribunali e corti di appello “comuni”. 4. Le modifiche in corso d’opera: l’emendamento governativo 2.500 al ddl A.S. 3110 di conversione in legge del decreto legge n. 1/2012. 4.1. In sede di esame del d.d.l. 3110 di conversione del decreto-legge n. 1/2012, l’art. 2 è stato modificato dall’emendamento 2.500 (testo 2) presentato dal Governo, approvato dalla Commissione Industria del Senato, in sede referente, nella seduta notturna del 27.02.2012. Si riporta di seguito un quadro sinottico dell’art. 2, coordinato con le ultime modifiche apportate in Commissione: Testo del D.L. 1/2012 Articolo 2. (Tribunale delle imprese) 1. Al decreto legislativo 26 giugno 2003, n. 168 sono apportate le seguenti modificazioni: a) agli articoli 1 e 2 le parole: «sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale» sono sostituite, ovunque compaiano, dalle seguenti: «sezioni specializzate in materia di impresa»; b) all’articolo 2, le parole: «in materia di proprietà industriale ed intellettuale» sono sostituite dalle seguenti: «in materia di impresa»; Testo risultante dall’emendamento governativo 2.500 (testo 2), approvato in Commissione Industria al Senato il 27.02.2012 Articolo 2. (Tribunale delle imprese) 1. Al decreto legislativo 26 giugno 2003, n. 168 sono apportate le seguenti modificazioni a) l’articolo 1 sono apportate le seguenti modificazioni: 1) la rubrica è sostituita dalla seguente: «(Istituzione delle sezioni specializzate in materia di impresa)»; 2) al comma 1, le parole “proprietà industriale ed intellettuale” sono sostituite dalla seguente: “impresa”; 3) è aggiunto il seguente comma: «1-bis. Sono altresì istituite sezioni specializzate in materia di impresa presso i tribunali e le corti d’appello aventi sede nel capoluogo di ogni regione, ove non esistenti nelle città di cui al comma 1. Per il territorio compreso nella regione Valle d’Aosta/Vallé d’Aoste e nella regione Trentino Alto Adige/Südtirol sono rispettivamente competenti le sezioni specializzate presso il tribunale e la corte d’appello di Torino e di Venezia. È altresì istituita la sezione specializzata in materia di impresa presso il tribunale e presso la corte d’appello di Brescia. L’istituzione delle sezioni specializzate non comporta incrementi di dotazioni organiche» b) l’articolo 2, comma 1, è sostituito dal seguente: «1. I giudici che compongono le sezioni specializzate sono scelti tra i magistrati dotati di specifiche competenze»; c) all’articolo 2, comma 2, le parole: «proprietà industriale ed intellettuale» sono sostituite dalla 29 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi c) l’articolo 3 è sostituito dal seguente: «Art. 3. - (Competenza per materia delle sezioni specializzate) 1. Le sezioni specializzate sono competenti in materia di: a) controversie di cui all’articolo 134 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, e successive modificazioni; b) controversie in materia di diritto d’autore; c) azioni di classe di cui all’articolo 140-bis del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni. 2. Le sezioni specializzate sono altresì competenti, relativamente alle società di cui al Libro V, Titolo V, Capi V e VI del codice civile ovvero alle società da queste controllate o che le controllano, per le cause: a) tra soci delle società, inclusi coloro la cui qualità di socio è oggetto di controversia; b) relative al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti; c) di impugnazione di deliberazioni e decisioni di organi sociali; d) tra soci e società; seguente parola: «impresa»; d) l’articolo 3 è sostituito dal seguente: «Art. 3. - (Competenza per materia delle sezioni specializzate) 1. Le sezioni specializzate sono competenti in materia di: a) controversie di cui all’articolo 134 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, e successive modificazioni; b) controversie in materia di diritto d’autore; c) controversie di cui all’articolo 33, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n. 287; d) controversie relative alla violazione della normativa antitrust dell’Unione Europea. 2. Le sezioni specializzate sono altresì competenti, relativamente alle società di cui al Libro V, Titolo V, Capi V e VI e VII e Titolo VI del codice civile, alle società di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 del Consiglio e di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 del Consiglio, nonché alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato delle società costituite all’estero, ovvero alle società da queste controllate o che le controllano che rispetto alle stesse esercitano o sono sottoposte a direzione e coordinamento, per le cause e i procedimenti: a) relativi a rapporti societari ivi compresi quelli concernenti l’accertamento, la costituzione, la modificazione o l’estinzione di un rapporto societario, le azioni di responsabilità da chiunque promosse contro i componenti degli organi amministrativi o di controllo, il liquidatore, il direttore generale ovvero il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché contro il soggetto incaricato della revisione contabile per i danni derivanti da propri inadempimenti o da fatti illeciti commessi nei confronti della società che ha conferito l’incarico e nei confronti dei terzi danneggiati, le opposizioni di cui agli articoli 2445, terzo comma, 2482, secondo comma, 2447-quater, secondo comma, 2487-ter, secondo comma, 2503, 2503-bis e 2506-ter del codice civile; b) relativi al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti; c) in materia di patti parasociali, anche diversi da quelli regolati dall’articolo 2341-bis del codice civile; d) aventi ad oggetto azioni di responsabilità promosse dai creditori delle società controllate contro le società che le 30 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi e) in materia di patti parasociali; f) contro i componenti degli organi amministrativi o di controllo, il liquidatore, il direttore generale ovvero il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari; controllano; e) relativi a rapporti di cui all’articolo 2359, primo comma, n. 3, all’articolo 2497-septies e all’articolo 2545-septies del codice civile; f) relativi a contratti pubblici di appalto di lavori, servizi o forniture di rilevanza comunitaria dei quali sia parte una delle società di cui al presente comma, ovvero quando una delle stesse partecipa al consorzio o al raggruppamento temporaneo cui i contratti siano stati affidati, ove comunque sussista la giurisdizione del giudice ordinario. g) aventi ad oggetto azioni di responsabilità promosse dai creditori delle società controllate contro le società che le controllano; h) relative a rapporti di cui all’articolo 2359, primo comma, n. 3, all’articolo 2497-septies e all’articolo 2545-septies codice civile; i) relative a contratti pubblici di appalto di lavori, servizi o forniture di rilevanza comunitaria in cui sia parte una società di cui al Libro V, Titolo V, Capi V e VI del codice civile, quando sussiste la giurisdizione del giudice ordinario». 3. Le sezioni specializzate sono altresì competenti per le cause e i procedimenti che presentano ragioni di connessione con quelli di cui ai commi 1 e 2.» e) l’articolo 4 è sostituito dal seguente: «Art. 4. (Competenza territoriale delle sezioni) Le controversie di cui all’articolo 3 che, secondo gli ordinari criteri di ripartizione della competenza territoriale e nel rispetto delle normative speciali che le disciplinano, dovrebbero essere trattate dagli uffici giudiziari compresi nel territorio della regione sono assegnate alla sezione specializzata avente sede nel capoluogo di regione o nella città individuati ai sensi dell’articolo 1. Alle sezioni specializzate istituite presso i tribunali e le corti d’appello non aventi sede nei capoluoghi di regione sono assegnate le controversie che dovrebbero essere trattate dagli uffici giudiziari compresi nei rispettivi distretti di corte d’appello.» 2. All’articolo 33, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n. 287, le parole: «alla corte d’appello competente per territorio», sono sostituite dalle seguenti: «al tribunale competente per territorio presso cui è istituita la sezione specializzata di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 26 giugno 2003, n. 168 e successive modificazioni». 2. Dopo il comma 1-bis dell’articolo 13 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della 3. Dopo il comma 1-bis dell’articolo 13 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della 31 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni, è inserito il seguente «1-ter. Per i processi di competenza delle sezioni specializzate di cui al decreto legislativo 26 giugno 2003, n. 168, e successive modificazioni, il contributo unificato di cui al comma 1 è quadruplicato. Si applica il comma 1bis». Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni, è inserito il seguente: «1-ter. Per i processi di competenza delle sezioni specializzate di cui al decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, e successive modificazioni, il contributo unificato di cui al comma 1 è raddoppiato. Si applica il comma 1-bis.”. 3. Il maggior gettito derivante dall’applicazione delle disposizioni di cui al comma 2 è versato all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato al fondo istituito ai sensi dell’articolo 37, comma 10, del decretolegge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. 4. Il maggior gettito derivante dall’applicazione della disposizione di cui al comma 3 è versato all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato, quanto ad euro seicentomila per ciascuno degli anni 2012 e 2013, alla copertura degli oneri derivanti dalla istituzione delle sezioni specializzate in materia di impresa presso gli uffici giudiziari diversi da quelli nei quali, per effetto dell’articolo 1 del decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, sono state istituite le sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale e, per la restante parte, al fondo istituito ai sensi dell’articolo 37, comma 10, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. A decorrere dall’anno 2014 l’intero ammontare del maggior gettito viene riassegnato al predetto Fondo. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. 4. Il comma 4 dell’articolo 140-bis del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 è sostituito dal seguente: «4. La domanda è proposta al tribunale presso cui è istituita la sezione specializzata di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 26 giugno 2003, n. 168, e successive modificazioni». 5. Al fine di semplificare ed accelerare le procedure relative alle nuove assunzioni di personale di magistratura nonché di avvocati e procuratori dello Stato, la riassegnazione delle entrate prevista dall’articolo 37, commi 10 e 14, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, è effettuata al netto della quota di risorse destinate alle predette assunzioni; la predetta quota è stabilita con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri della giustizia e dell’economia e delle finanze. Le risorse da destinare alle assunzioni corrispondenti alla predetta quota sono iscritte nello stato di previsione dell’entrata e in quello dei ministeri interessati. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. 5. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai giudizi instaurati dopo il novantesimo giorno dall’entrata in vigore del presente decreto. 6. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai giudizi instaurati dopo il cento ottantesimo giorno dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto 6. L’amministrazione provvede allo svolgimento delle attività relative alle competenze previste dal presente articolo senza nuovi o maggiori oneri e con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. 32 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi 4.2. Le modifiche intervenute provvedono a raccogliere solo parzialmente le istanze provenienti da più parti, non da ultime l’avvocatura e la stessa magistratura. Mentre il decreto aveva ampliato la competenza delle dodici sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale già presenti sul territorio, senza provvedere ad un conseguente aumento del numero delle sezioni e del relativo organico, con l’emendamento governativo si istituiscono sezioni specializzate in ogni capoluogo di regione, ad eccezione della Valle d’Aosta e del Trentino-Alto Adige, aggiungendo infine una sezione specializzata presso la corte d’appello di Brescia. Il paventato rischio di paralisi delle sezioni, in numero esiguo quanto a presenza geografica sul territorio ed altresì in relazione alla composizione numerica, non risulta tuttavia superato. Procedendo nella lettura della nuova disposizione, infatti, ci si accorge che le criticità, anziché essere diminuite, risultano invero maggiori. 4.3. Le sezioni saranno presenti solamente nel distretto di corte d’appello del capoluogo di ogni regione, anziché nei ventisei distretti di corte d’appello (cfr. co. 1, lett. a), punto 3), il che risulterebbe più logico rispetto alla geografia giudiziaria del paese, nonché più rispettoso del valore di una giustizia di prossimità. Unica sezione specializzata istituita presso una corte d’appello non capoluogo di regione è quella di Brescia, in Lombardia, che si affianca alla sola altra sezione già presente in una provincia non capoluogo regionale, quella di Catania. Risultano escluse dalla previsione la Valle d’Aosta ed il Trentino-Alto Adige; in maniera poco comprensibile invero, se si pensa alla particolare autonomia garantita a tali regioni dalla Costituzione nonché dai rispettivi statuti speciali ed alla presenza di minoranze linguistiche che godono di una protezione di rango costituzionale. Si ribadisce nell’emendamento quanto già previsto dal comma 6 dell’art. 2, ora venuto meno, ovvero che non vi sarà aumento di dotazioni organiche e, pertanto, le sezioni dovranno far fronte al (numeroso) aumento delle materie di loro competenza a personale invariato. Unica precisazione è quella presente al comma 1, lettera b), ove si specifica che «i giudici che compongono le sezioni specializzate sono scelti tra i magistrati dotati di specifiche competenze». Continua a stupire e destare notevoli perplessità questa riforma a costo minimo (vedi infra, sub 4.7), come già evidenziato, in quanto gli attuali giudici delle sezioni specializzate possiedono competenze specifiche in materia di proprietà intellettuale ed industriale, ed il loro carico di lavoro è sicuramente minore rispetto a quello cui andranno incontro le sezioni specializzate in materia di impresa. 4.4. Ulteriori perplessità suscitano le modifiche relative alle materie di competenza delle sezioni specializzate. Se da un lato sono stati accolti i rilievi relativi all’azione di classe ex art. 140bis del D.lgs. n. 206/2005, espunta dal relativo elenco, permangono le controversie in materia di diritto d’autore e sono state aggiunte altresì nuove competenze in materia di concorrenza. Si tratta delle controversie di cui all’art. 33, co. 2 della legge n. 287/1990, nonché delle «controversie relative alla violazione della normativa antitrust dell’Unione europea», materia dai contorni vaghi e sfumati, talmente ampia da risultare addirittura incomprensibile: in sede applicativa, infatti, risulterà difficile poter escludere una controversia da tale ambito, considerato che la normativa europea presenta nei tre quarti dei casi, se non addirittura nella quasi totalità, un profilo di rilievo concorrenziale. L’introduzione di un terzo comma all’art. 3 del D.Lgs. n. 168/2003, ove si specifica che le sezioni sono competenti anche per cause e procedimenti connessi con le materie di loro 33 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi competenza, suscita nuove perplessità. Tale previsione, unitamente ad un disegno di parziale riforma della giustizia senza un relativo incremento dell’organico ed uno specifico intervento in relazione alla specializzazione del magistrato, rischia di non sortire alcun effetto positivo e, al contrario, di oberare le nuove sezioni di un gran numero di procedimenti. 4.5. Per quanto concerne le controversie in materia societaria, il Governo ha esteso la competenza delle sezioni specializzate, originariamente prevista solamente a favore di S.p.a. e S.a.p.a. (Libro V, titolo V, capi V e VI c.c.) anche alle s.r.l. (Libro V, titolo V, capo VII c.c.), alle società cooperative e mutue assicuratrici (Libro V, titolo VI c.c.), nonché alle Società europee (o società per azioni europea, di cui al Reg. CE 2157/2001), alle società cooperative europee (di cui al Reg. CE 1435/2003), ed infine alle stabili organizzazioni di società costituite all'estero o società che rispetto alle stesse esercitano o sono sottoposte a direzione e coordinamento. Non può tacersi la criticità della disposizione che estende indiscriminatamente l’ambito di applicazione della normativa sulle sezioni specializzate a realtà societarie presenti in modo capillare sul territorio, rischiando pertanto di oberare i nuovi giudici con un enorme carico di lavoro. Il Governo ha provveduto a riformulare l’elenco delle cause e dei procedimenti sottratti agli ordinari criteri di competenza ed assegnati alle sezioni specializzate, indicando un elenco dettagliato di controversie relative ai rapporti societari (cfr. le emendate lettere a) – f) dell’art. 3, co. 2, D.lgs. n. 168/2003). Si è preferito rispettare un criterio di maggiore specificazione rispetto all’originaria previsione del decreto, generica ed a tratti onnicomprensiva. Come già ricordato supra (sub 4.4), viene introdotto un terzo comma all’art. 3 del D.Lgs. n. 168/2003, ove si prevede una competenza delle sezioni anche per cause e procedimenti connessi con le materie di loro competenza. Tale disposizione suscita ulteriori perplessità, particolarmente nel campo del diritto societario, considerato la potenzialità di attrarre un innumerevole numero di procedimenti che rischia di oberare le nuove sezioni e potrebbe non consentire il raggiungimento dell’obiettivo di giungere ad una giustizia più celere, rispettosa del principio di ragionevole durata dei procedimenti. 4.6. Con il decreto n. 1/2012 veniva previsto, per le controversie di competenza delle sezioni specializzate, un aumento del contributo unificato pari al quadruplo. Le forti critiche nei confronti della disposizione, cui si imputava un mascherato intento di abbattimento della domanda di giustizia, hanno spinto il Governo a ridurre nell’emendamento approvato l’aumento del contributo, per cui risulterebbe raddoppiato. La ratio della disposizione, tuttavia, resta ancora incerta. Agire sulla leva economica, infatti, incide sul diritto di difesa e, pertanto, occorre procedere attentamente ad una valutazione delle situazioni in base ad un criterio di ragionevolezza. Non si comprende come possano porsi sullo stesso piano il diritto d’autore, che può concernere anche un semplice cittadino, e controversie in materia societaria che riguardano società cooperative e s.r.l. e società per azioni. La capacità economica delle parti interessate ed il valore economico della controversia possono differire sostanzialmente e, tuttavia, sono soggette egualmente all’aumento del contributo. Il maggior gettito derivante dall’applicazione di tale disposizione, come specificato al novellato comma 4 dell’art. 2, è riassegnato in parte (seicentomila euro per il 2012 e lo stesso importo per il 2013) alla copertura degli oneri derivanti dall’istituzione delle nuove sezioni specializzate e, per la restante parte, destinato al fondo per la realizzazione di interventi urgenti in materia di giustizia, istituito ai sensi dell’art. 37, co. 10 d.l. n. 98/2011. Si modifica altresì il quinto comma dell’art. 2, al fine di semplificare ed accelerare le procedure relative all’aumento 34 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi dell’organico del personale della magistratura e dell’avvocatura dello Stato, prevedendo che la riassegnazione delle entrate è effettuata al netto della quota di risorse destinate alle nuove assunzioni. 4.7. Con l’emendamento governativo vengono inserite, infine, disposizioni di coordinamento. Un nuovo art. 4 del D.lgs. n. 168/2003, introdotto al co. 1, lett. e) dell’art. 2 d.l. n. 1/2012 disciplina la competenza territoriale delle sezioni specializzate, con una previsione a favore della competenza della sezione avente sede nel capoluogo della regione. Per quanto concerne le sezioni non aventi sede nei capoluoghi di regione, ovvero Brescia e Catania, si prevede che siano competenti per le controversie che «dovrebbero essere trattate dagli uffici giudiziari compresi nei rispettivi distretti di corte d’appello». Si modifica altresì l’art. 33, co. 2 della legge n. 287/1990, specificando che le «azioni di nullità e di risarcimento del danno, nonché i ricorsi intesi ad ottenere provvedimenti di urgenza in relazione alla violazione delle disposizioni» a tutela della concorrenza e del mercato si propongono «al tribunale competente per territorio presso cui è istituita la sezione specializzata». Al comma 6, infine, si stabilisce che la disposizione si applica alle controversie instaurate dopo cento ottanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto, modificando l’originaria previsione che faceva riferimento ai giudizi instaurati dopo novanta giorni dall’entrata in vigore del decreto. 35 36 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi Articolo 10, legge 12 novembre 2011, n. 183 (Legge di stabilità 2012) Testo della legge 12 novembre 2011, n. 183 Testo modificato dall’art. 9-bis del decreto-legge n. 1/2012, come emendato in sede di conversione al Senato il 01.03.2012 Art. 10 Art. 10 Riforma degli ordini professionali e società tra professionisti Riforma degli ordini professionali e società tra professionisti Omissis 3. È consentita la costituzione di società per l'esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico secondo i modelli societari regolati dai titoli V e VI del libro V del codice civile. Omissis 3. È consentita la costituzione di società per l'esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico secondo i modelli societari regolati dai titoli V e VI del libro V del codice civile. Le società cooperative di professionisti sono costituite da un numero di soci non inferiore a tre. 4. Possono assumere la qualifica di società tra professionisti le società Identico il cui atto costitutivo preveda: a) l'esercizio in via esclusiva dell'attività professionale da parte Identico dei soci; b) l'ammissione in qualità di soci dei soli professionisti iscritti b) l'ammissione in qualità di soci dei soli professionisti iscritti 37 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi ad ordini, albi e collegi, anche in differenti sezioni, nonché dei cittadini degli Stati membri dell'Unione europea, purché in possesso del titolo di studio abilitante, ovvero soggetti non professionisti soltanto per prestazioni tecniche, o per finalità di investimento; c) criteri e modalità affinché l’esecuzione dell’incarico professionale conferito alla società sia eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti per l’esercizio della prestazione professionale richiesta; la designazione del socio professionista sia compiuta dall’utente e, in mancanza di tale designazione, il nominativo debba essere previamente comunicato per iscritto all’utente; d) le modalità di esclusione dalla società del socio che sia stato cancellato dal rispettivo albo con provvedimento definitivo. ad ordini, albi e collegi, anche in differenti sezioni, nonché dei cittadini degli Stati membri dell'Unione europea, purché in possesso del titolo di studio abilitante, ovvero soggetti non professionisti soltanto per prestazioni tecniche, o per finalità di investimento; in ogni caso il numero dei soci professionisti o la partecipazione al capitale sociale dei professionisti deve essere tale da determinare la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci; il venir meno di tale condizione costituisce causa di scioglimento della società e il consiglio dell’ordine o collegio professionale presso il quale è iscritta la società procede alla cancellazione della stessa dall’albo, salvo che la società non abbia provveduto a ristabilire la prevalenza dei soci professionisti nel termine perentorio di sei mesi; Identico Identico c-bis) la stipula di polizza di assicurazione per la copertura dei rischi derivanti dalla responsabilità civile per i danni causati ai clienti dai singoli soci professionisti nell’esercizio 38 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi dell’attività professionale. 5. La denominazione sociale, in qualunque modo formata, deve Identico contenere l'indicazione di società tra professionisti. 6. La partecipazione ad una società è incompatibile con la Identico partecipazione ad altra società tra professionisti. 7. I professionisti soci sono tenuti all'osservanza del codice 7. I professionisti soci sono tenuti all'osservanza del codice deontologico del proprio ordine, così come la società è soggetta al deontologico del proprio ordine, così come la società è soggetta al regime disciplinare dell'ordine al quale risulti iscritta. regime disciplinare dell'ordine al quale risulti iscritta. Il socio professionista può opporre agli altri soci il segreto concernente le attività professionali a lui affidate. 8. La società tra professionisti può essere costituita anche per Identico l'esercizio di più attività professionali. 9. Restano salvi i diversi modelli societari e associativi già vigenti alla 9. Restano salvi i diversi modelli societari e associativi salve le data di entrata in vigore della presente legge. associazioni professionali, nonché i diversi modelli societari già vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge. 10. Ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. Identico 400, il Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro sei mesi dalla data di pubblicazione della presente legge, adotta un regolamento allo scopo di disciplinare le materie di cui ai precedenti commi 4, lettera c), 6 e 7. 11. La legge 23 novembre 1939, n. 1815, e successive modificazioni, è Identico abrogata. Omissis 39 40 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi Articolo 2 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (“Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”) Testo del D.L. 1/2012 Testo modificato in sede di conversione al Senato il 01.03.2012 Articolo 2. (Tribunale delle imprese) Articolo 2. (Tribunale delle imprese) 1. Al decreto legislativo 26 giugno 2003, n. 168 sono apportate le 1. Al decreto legislativo 26 giugno 2003, n. 168 sono apportate le seguenti modificazioni: seguenti modificazioni a) agli articoli 1 e 2 le parole: «sezioni specializzate in materia di a) l’articolo 1 sono apportate le seguenti modificazioni: proprietà industriale ed intellettuale» sono sostituite, ovunque 1) la rubrica è sostituita dalla seguente: «(Istituzione delle compaiano, dalle seguenti: «sezioni specializzate in materia di sezioni specializzate in materia di impresa)»; impresa»; 2) al comma 1, le parole “proprietà industriale ed intellettuale” sono sostituite dalla seguente: “impresa”; 3) è aggiunto il seguente comma: «1-bis. Sono altresì istituite sezioni specializzate in materia di impresa presso i tribunali e le corti d’appello aventi sede nel capoluogo di ogni regione, ove non esistenti nelle città di cui al comma 1. Per il territorio compreso nella regione Valle d’Aosta/Vallé d’Aoste e nella regione Trentino Alto Adige/Südtirol sono rispettivamente competenti le sezioni specializzate presso il tribunale e la corte d’appello di Torino e di Venezia. Per il territorio compreso nella regione Valle d’Aosta/Vallé d’Aoste sono competenti le sezioni specializzate 41 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi presso il tribunale e la corte d’appello di Torino. È altresì istituita la sezione specializzata in materia di impresa presso il tribunale e presso la corte d’appello di Brescia. L’istituzione delle sezioni specializzate non comporta incrementi di dotazioni organiche» b) all’articolo 2, le parole: «in materia di proprietà industriale ed b) l’articolo 2, comma 1, è sostituito dal seguente: intellettuale» sono sostituite dalle seguenti: «in materia di impresa»; «1. I giudici che compongono le sezioni specializzate sono scelti tra i magistrati dotati di specifiche competenze»; c) l’articolo 3 è sostituito dal seguente: «Art. 3. - (Competenza per materia delle sezioni specializzate) 1. Le sezioni specializzate sono competenti in materia di: a) controversie di cui all’articolo 134 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, e successive modificazioni; b) controversie in materia di diritto d’autore; c) azioni di classe di cui all’articolo 140-bis del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni. 2. Le sezioni specializzate sono altresì competenti, relativamente alle società di cui al Libro V, Titolo V, Capi V e VI del codice civile ovvero alle società da queste controllate o che le controllano, per le cause: c) all’articolo 2, comma 2, le parole: «proprietà industriale ed intellettuale» sono sostituite dalla seguente parola: «impresa»; d) l’articolo 3 è sostituito dal seguente: «Art. 3. - (Competenza per materia delle sezioni specializzate) 1. Le sezioni specializzate sono competenti in materia di: a) controversie di cui all’articolo 134 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, e successive modificazioni; b) controversie in materia di diritto d’autore; c) controversie di cui all’articolo 33, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n. 287; d) controversie relative alla violazione della normativa antitrust dell’Unione Europea. 2. Le sezioni specializzate sono altresì competenti, relativamente alle società di cui al Libro V, Titolo V, Capi V e VI e VII e Titolo VI del codice civile, alle società di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 del Consiglio e di cui al regolamento (CE) 42 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi a) tra soci delle società, inclusi coloro la cui qualità di socio è oggetto di controversia; b) relative al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti; c) di impugnazione di deliberazioni e decisioni di organi sociali; d) tra soci e società; n. 1435/2003 del Consiglio, nonché alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato delle società costituite all’estero, ovvero alle società da queste controllate o che le controllano che rispetto alle stesse esercitano o sono sottoposte a direzione e coordinamento, per le cause e i procedimenti: a) relativi a rapporti societari ivi compresi quelli concernenti l’accertamento, la costituzione, la modificazione o l’estinzione di un rapporto societario, le azioni di responsabilità da chiunque promosse contro i componenti degli organi amministrativi o di controllo, il liquidatore, il direttore generale ovvero il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché contro il soggetto incaricato della revisione contabile per i danni derivanti da propri inadempimenti o da fatti illeciti commessi nei confronti della società che ha conferito l’incarico e nei confronti dei terzi danneggiati, le opposizioni di cui agli articoli 2445, terzo comma, 2482, secondo comma, 2447quater, secondo comma, 2487-ter, secondo comma, 2503, secondo comma, 2503-bis, primo comma e 2506-ter del codice civile; b) relativi al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti; c) in materia di patti parasociali, anche diversi da quelli regolati dall’articolo 2341-bis del codice civile; d) aventi ad oggetto azioni di responsabilità promosse dai 43 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi creditori delle società controllate contro le società che le controllano; e) in materia di patti parasociali; e) relativi a rapporti di cui all’articolo 2359, primo comma, n. 3, all’articolo 2497-septies e all’articolo 2545-septies del codice civile; f) contro i componenti degli organi amministrativi o di controllo, f) relativi a contratti pubblici di appalto di lavori, servizi o il liquidatore, il direttore generale ovvero il dirigente preposto forniture di rilevanza comunitaria dei quali sia parte una alla redazione dei documenti contabili societari; delle società di cui al presente comma, ovvero quando una delle stesse partecipa al consorzio o al raggruppamento temporaneo cui i contratti siano stati affidati, ove comunque sussista la giurisdizione del giudice ordinario. g) aventi ad oggetto azioni di responsabilità promosse dai (Soppressa) creditori delle società controllate contro le società che le controllano; h) relative a rapporti di cui all’articolo 2359, primo comma, n. 3, (Soppressa) all’articolo 2497-septies e all’articolo 2545-septies codice civile; i) relative a contratti pubblici di appalto di lavori, servizi o (Soppressa) forniture di rilevanza comunitaria in cui sia parte una società di cui al Libro V, Titolo V, Capi V e VI del codice civile, quando sussiste la giurisdizione del giudice ordinario». 3. Le sezioni specializzate sono altresì competenti per le cause e i procedimenti che presentano ragioni di connessione con quelli di cui ai commi 1 e 2.» e) l’articolo 4 è sostituito dal seguente: «Art. 4. (Competenza territoriale delle sezioni) - Le 44 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi controversie di cui all’articolo 3 che, secondo gli ordinari criteri di ripartizione della competenza territoriale e nel rispetto delle normative speciali che le disciplinano, dovrebbero essere trattate dagli uffici giudiziari compresi nel territorio della regione sono assegnate alla sezione specializzata avente sede nel capoluogo di regione o nella città individuati ai sensi dell’articolo 1. Alle sezioni specializzate istituite presso i tribunali e le corti d’appello non aventi sede nei capoluoghi di regione sono assegnate le controversie che dovrebbero essere trattate dagli uffici giudiziari compresi nei rispettivi distretti di corte d’appello.» 2. All’articolo 33, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n. 287, le parole: «alla corte d’appello competente per territorio», sono sostituite dalle seguenti: «al tribunale competente per territorio presso cui è istituita la sezione specializzata di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 26 giugno 2003, n. 168 e successive modificazioni». 2. Dopo il comma 1-bis dell’articolo 13 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni, è inserito il seguente «1-ter. Per i processi di competenza delle sezioni specializzate di cui al decreto legislativo 26 giugno 2003, n. 168, e successive modificazioni, il contributo unificato di cui al comma 1 è 3. Dopo il comma 1-bis dell’articolo 13 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni, è inserito il seguente: «1-ter. Per i processi di competenza delle sezioni specializzate di cui al decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, e successive modificazioni, il contributo unificato di cui al 45 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi quadruplicato. Si applica il comma 1-bis». 3. Il maggior gettito derivante dall’applicazione delle disposizioni di cui al comma 2 è versato all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato al fondo istituito ai sensi dell’articolo 37, comma 10, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. comma 1 è raddoppiato. Si applica il comma 1-bis.”. 4. Il maggior gettito derivante dall’applicazione della disposizione di cui al comma 3 è versato all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato, quanto ad euro seicentomila per ciascuno degli anni 2012 e 2013, alla copertura degli oneri derivanti dalla istituzione delle sezioni specializzate in materia di impresa presso gli uffici giudiziari diversi da quelli nei quali, per effetto dell’articolo 1 del decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, sono state istituite le sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale e, per la restante parte, al fondo istituito ai sensi dell’articolo 37, comma 10, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. A decorrere dall’anno 2014 l’intero ammontare del maggior gettito viene riassegnato al predetto Fondo. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. 4. Il comma 4 dell’articolo 140-bis del decreto legislativo 6 settembre 5. Al fine di semplificare ed accelerare le procedure relative alle 2005, n. 206 è sostituito dal seguente: nuove assunzioni di personale di magistratura nonché di avvocati e procuratori dello Stato, la riassegnazione delle entrate prevista dall’articolo 37, commi 10 e 14, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, è effettuata al netto della quota di risorse destinate alle predette assunzioni; la predetta quota è stabilita con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri 46 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi della giustizia e dell’economia e delle finanze. Le risorse da destinare alle assunzioni corrispondenti alla predetta quota sono iscritte nello stato di previsione dell’entrata e in quello dei ministeri interessati. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. «4. La domanda è proposta al tribunale presso cui è istituita la sezione (Soppresso) specializzata di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 26 giugno 2003, n. 168, e successive modificazioni». 5. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai giudizi 6. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai giudizi instaurati dopo il novantesimo giorno dall’entrata in vigore del presente instaurati dopo il cento ottantesimo giorno dall’entrata in vigore della decreto. legge di conversione del presente decreto 6. L’amministrazione provvede allo svolgimento delle attività relative alle competenze previste dal presente articolo senza nuovi o maggiori oneri e con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. (Soppresso) 47 48 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi Articolo 9, decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (“Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”) Testo del D.L. 1/2012 Testo modificato in sede di conversione al Senato il 01.03.2012 Capo III Servizi professionali Art. 9 Disposizioni sulle professioni regolamentate 1. Sono abrogate le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico. 2. Ferma restando l'abrogazione di cui al comma 1, nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del professionista è determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del Ministro vigilante. Con decreto del Ministro della Giustizia di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze sono anche stabiliti i parametri per oneri e contribuzioni alle casse professionali e agli archivi precedentemente basati sulle tariffe. L'utilizzazione dei parametri nei contratti individuali tra professionisti e consumatori o microimprese dà luogo alla nullità della clausola relativa alla determinazione del compenso ai sensi dell'articolo 36 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206. Capo III Servizi professionali Art. 9 Disposizioni sulle professioni regolamentate 1. Sono abrogate le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico. 2. Ferma restando l'abrogazione di cui al comma 1, nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del professionista è determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del Ministro vigilante da adottarsi nel termine di centoventi giorni successivi alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Nello stesso termine con decreto del Ministro della Giustizia di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze sono anche stabiliti i parametri per oneri e contribuzioni alle casse professionali e agli archivi precedentemente basati sulle tariffe. L'utilizzazione dei parametri nei contratti individuali tra professionisti e consumatori o microimprese dà luogo alla nullità della clausola relativa alla determinazione del compenso ai sensi dell'articolo 36 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206. Il decreto deve salvaguardare l’equilibrio finanziario, anche di lungo periodo, delle casse previdenziali professionali. 49 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi 3. Il compenso per le prestazioni professionali è pattuito al momento del conferimento dell'incarico professionale. Il professionista deve rendere noto al cliente il grado di complessità dell'incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione dell'incarico e deve altresì indicare i dati della polizza assicurativa per i danni provocati nell'esercizio dell'attività professionale. In ogni caso la misura del compenso, previamente resa nota al cliente anche in forma scritta se da questi richiesta, deve essere adeguata all'importanza dell'opera e va pattuita indicando per le singole prestazioni tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi. L'inottemperanza di quanto disposto nel presente comma costituisce illecito disciplinare del professionista. 4. Sono abrogate le disposizioni vigenti che per la determinazione del compenso del professionista, rinviano alle tariffe di cui al comma 1. 5. La durata del tirocinio previsto per l'accesso alle professioni regolamentate non potrà essere superiore a diciotto mesi e per i primi sei mesi, potrà essere svolto, in presenza di un'apposita convenzione quadro 3. Le tariffe vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto continuano ad applicarsi, limitatamente alla liquidazione delle spese giudiziali, sino alla data di entrata in vigore dei decreti ministeriali di cui al comma 2 e, comunque, non oltre il centoventesimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. 4. Il compenso per le prestazioni professionali è pattuito, nelle forme previste dall’ordinamento, al momento del conferimento dell'incarico professionale. Il professionista deve rendere noto al cliente il grado di complessità dell'incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione dell'incarico e deve altresì indicare i dati della polizza assicurativa per i danni provocati nell'esercizio dell'attività professionale. In ogni caso la misura del compenso, è previamente resa nota al cliente con un preventivo di massima anche in forma scritta se da questi richiesta, deve essere adeguata all'importanza dell'opera e va pattuita indicando per le singole prestazioni tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi. L'inottemperanza di quanto disposto nel presente comma costituisce illecito disciplinare del professionista. Al tirocinante è riconosciuto un rimborso spese forfettariamente concordato dopo i primi sei mesi di tirocinio. 5. Sono abrogate le disposizioni vigenti che per la determinazione del compenso del professionista, rinviano alle tariffe di cui al comma 1. 6. La durata del tirocinio previsto per l'accesso alle professioni regolamentate non potrà può essere superiore a diciotto mesi; e per i primi sei mesi, potrà può essere svolto, in presenza di un'apposita 50 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi stipulata tra i consigli nazionali degli ordini e il Ministro dell'istruzione, università e ricerca, in concomitanza col corso di studio per il conseguimento della laurea di primo livello o della laurea magistrale o specialistica. Analoghe convenzioni possono essere stipulate tra i Consigli nazionali degli ordini e il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione tecnologica per lo svolgimento del tirocinio presso pubbliche amministrazioni, all'esito del corso di laurea. Le disposizioni del presente comma non si applicano alle professioni sanitarie per le quali resta confermata la normativa vigente. convenzione quadro stipulata tra i consigli nazionali degli ordini e il Ministro dell'istruzione, università e ricerca, in concomitanza col corso di studio per il conseguimento della laurea di primo livello o della laurea magistrale o specialistica. Analoghe convenzioni possono essere stipulate tra i Consigli nazionali degli ordini e il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e l'innovazione tecnologica per lo svolgimento del tirocinio presso pubbliche amministrazioni, all'esito del corso di laurea. Le disposizioni del presente comma non si applicano alle professioni sanitarie per le quali resta confermata la normativa vigente. 6. All'articolo 3, comma 5, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, 7. All'articolo 3, comma 5, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, sono apportate le seguenti modificazioni: sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’alinea, nel primo periodo, dopo la parola al primo periodo, dopo le parole “regolamentate” sono aggiunge le seguenti: “secondo i principi della riduzione e dell’accorpamento, su base volontaria, fra professioni che svolgono attività similari”; a) alla lettera c), il secondo, terzo e quarto periodo sono soppressi; b) alla lettera c), il secondo, terzo e quarto periodo sono soppressi; b) la lettera d) è soppressa. c) la lettera d) è soppressa abrogata. 7. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o 8. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. maggiori oneri per la finanza pubblica. 51 52 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi TESTO COORDINATO dell’ARTICOLO 3, comma 5, decreto legge 13 agosto 2011, n. 138 (c.d. manovra economica bis), conv. in L. 14 settembre 2011, n. 148, integrato dalla legge 12 novembre 2011, n. 183 (c.d. legge di stabilità 2012) e modificato dal decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 (c.d. decreto “Salva Italia”), conv. in L. 22 dicembre 2011, n. 214 nonché dal d.l. 24 gennaio 2012, n. 1 (c.d. decreto “cresci Italia”), e modificato in sede di conversione al Senato il 01.03.2012. Art. 3 Abrogazione delle indebite restrizioni all'accesso e all'esercizio delle professioni e delle attività economiche 5. Fermo restando l'esame di Stato di cui all'articolo 33, quinto comma, della Costituzione per l'accesso alle professioni regolamentate, secondo i principi della riduzione e dell’accorpamento, su base volontaria, fra professioni che svolgono attività similari [periodo introdotto in sede di conversione al Senato] gli ordinamenti professionali devono garantire che l'esercizio dell'attività risponda senza eccezioni ai principi di libera concorrenza, alla presenza diffusa dei professionisti su tutto il territorio nazionale, alla differenziazione e pluralità di offerta che garantisca l'effettiva possibilità di scelta degli utenti nell'ambito della più ampia informazione relativamente ai servizi offerti. [Gli ordinamenti professionali dovranno essere riformati entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto per recepire i seguenti principi, (Periodo soppresso dall’art. 10, co. 1 della legge 15 novembre 2011, n. 183, e sostituito come segue)]:Con decreto del Presidente della Repubblica emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, gli ordinamenti professionali dovranno essere riformati entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto per recepire i seguenti principi: a) l'accesso alla professione è libero e il suo esercizio è fondato e ordinato sull'autonomia e sull'indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, del professionista. La limitazione, in forza di una disposizione di legge, del numero di persone che sono titolate ad esercitare una certa professione in tutto il territorio dello Stato o in una certa area geografica, è consentita unicamente laddove essa risponda a ragioni di interesse pubblico, tra cui in particolare quelle connesse alla tutela della salute umana, e non introduca una discriminazione diretta o indiretta basata sulla nazionalità o, in caso di esercizio dell'attività in forma societaria, della sede legale della società professionale; b) previsione dell'obbligo per il professionista di seguire percorsi di formazione continua permanente predisposti sulla base di appositi regolamenti emanati dai consigli nazionali, fermo restando quanto previsto dalla normativa vigente in materia di educazione continua in medicina (ECM). La violazione dell'obbligo di formazione continua determina un illecito disciplinare e come tale è sanzionato sulla base di quanto stabilito dall'ordinamento professionale che dovrà integrare tale previsione; c) la disciplina del tirocinio per l'accesso alla professione deve conformarsi a criteri che garantiscano l'effettivo svolgimento dell'attività formativa e il suo adeguamento costante all'esigenza di assicurare il miglior esercizio della professione. Al tirocinante dovrà essere corrisposto un equo compenso di natura indennitaria, commisurato al suo concreto apporto. Al fine di accelerare l'accesso al mondo del lavoro, la durata del tirocinio non potrà essere 53 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi complessivamente superiore a tre anni diciotto mesi [modifica inserita dall’art. 33, comma 2, del D.L. 201/2011, modificato in sede di conversione solo per profili di coordinamento formale] e potrà essere svolto, in presenza di una apposita convenzione quadro stipulata fra i Consigli Nazionali e il Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca, in concomitanza al corso di studio per il conseguimento della laurea di primo livello o della laurea magistrale o specialistica. Le disposizioni della presente lettera non si applicano alle professioni sanitarie per le quali resta confermata la normativa vigente; [il secondo, terzo e quarto periodo sono stati soppressi dall’art. 9, co. 6, lett. a) d.l. 1/2012] d) il compenso spettante al professionista è pattuito per iscritto all'atto del conferimento dell'incarico professionale prendendo come riferimento le tariffe professionali. È ammessa la pattuizione dei compensi anche in deroga alle tariffe [parole soppresse dall’art. 10, co. 12 della legge 15 novembre 2011, n. 183]. Il professionista è tenuto, nel rispetto del principio di trasparenza, a rendere noto al cliente il livello della complessità dell'incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione dell'incarico. In caso di mancata determinazione consensuale del compenso, quando il committente è un ente pubblico, in caso di liquidazione giudiziale dei compensi, ovvero nei casi in cui la prestazione professionale è resa nell'interesse dei terzi si applicano le tariffe professionali stabilite con decreto dal Ministro della Giustizia; [lettera soppressa dall’art. 9, co. 6 lett. b) d.l. 1/2012] e) a tutela del cliente, il professionista è tenuto a stipulare idonea assicurazione per i rischi derivanti dall'esercizio dell'attività professionale. Il professionista deve rendere noti al cliente, al momento dell'assunzione dell'incarico, gli estremi della polizza stipulata per la responsabilità professionale e il relativo massimale. Le condizioni generali delle polizze assicurative di cui al presente comma possono essere negoziate, in convenzione con i propri iscritti, dai Consigli Nazionali e dagli enti previdenziali dei professionisti; f) gli ordinamenti professionali dovranno prevedere l'istituzione di organi a livello territoriale, diversi da quelli aventi funzioni amministrative, ai quali sono specificamente affidate l'istruzione e la decisione delle questioni disciplinari e di un organo nazionale di disciplina. La carica di consigliere dell'Ordine territoriale o di consigliere nazionale è incompatibile con quella di membro dei consigli di disciplina nazionali e territoriali. Le disposizioni della presente lettera non si applicano alle professioni sanitarie per le quali resta confermata la normativa vigente; g) la pubblicità informativa, con ogni mezzo, avente ad oggetto l'attività professionale, le specializzazioni ed i titoli professionali posseduti, la struttura dello studio ed i compensi delle prestazioni, è libera. Le informazioni devono essere trasparenti, veritiere, corrette e non devono essere equivoche, ingannevoli, denigratorie. 5-bis. Le norme vigenti sugli ordinamenti professionali in contrasto con i principi di cui al comma 5, lettere da a) a g) [modifica introdotta in sede di conversione del D.L. n. 201/2011, con l’emendamento 6.14 dei relatori, approvato nella seduta del 13.12.2011 delle Commissioni riunite Bilancio e Finanze della Camera dei Deputati, e non modificato in Aula] sono abrogate con effetto dall'entrata in vigore del regolamento governativo di cui al comma 5, e, in ogni caso, dalla data del 13 agosto 2012 [inciso aggiunto dal D.L. 201/2011, invariata in sede di conversione]. 5-ter. Il Governo, entro il 31 dicembre 2012, provvede a raccogliere le disposizioni aventi forza di legge che non risultano abrogate per effetto del comma 5-bis, in un testo unico da emanarsi ai sensi dell'articolo 17-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400. [comma introdotto, in sede di conversione del D.L. n. 201/2011, dall’emendamento 6.14 dei relatori, approvato nella seduta del 54 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi 13.12.2011 delle Commissioni riunite Bilancio e Finanze della Camera dei Deputati, e non modificato in Aula]. 1 1 La norma fa riferimento alla redazione, da parte del Governo, di testi unici a carattere meramente compilativo, con i quali si individuano il testo vigente delle norme aventi forza di legge, si riconoscono le norme – anche implicitamente – abrogate, si provvede al coordinamento delle disposizioni vigenti nonché alla ricognizione delle disposizioni che restano comunque in vigore. 55 56 Guido Alpa – Silvia Izzo ∗ Il modello italiano di mediazione: le ragioni di un insuccesso. SOMMARIO: 1. Una riflessione sui dati. 2. Le ambiguità del modello italiano di mediazione. 2.1. La legge di delegazione, il decreto legislativo. 2.2. Il regolamento attuativo. 3. Le le reazioni della prassi e del legislatore. 4. Le ragioni dell’insuccesso. 1. Una riflessione sui dati. Per quanto attiene alla mediazione amministrata disciplinata dal d.lgs. n. 28/2010 i dati raccolti dall’Isdaci con riferimento al 2010 comprendono un periodo di tempo assai breve atteso che, seppur il testo normativo risale ai primi mesi dell’anno (marzo), il regolamento di attuazione che ha consentito la concreta operatività dell’istituto è del novembre 2010 (d. m. giustizia n. 180/2011). Ciò nonostante dall’analisi condotta possono trarsi interessanti spunti di riflessione. I dati dimostrano, infatti, che la «mediazione finalizzata alla conciliazione della lite» abbia finito con il costituire «il modello generale di mediazione amministrata», come può evincersi dalla crescita del numero complessivo di enti iscritti nel registro tenuto presso il ministero della giustizia 1 e dall’incremento di iscrizioni da parte di enti diversi dalle Camere di commercio, i quali nel 2010 divengono centouno, quasi raggiungendo il numero delle prime (centocinque) 2 . Gli Ordini professionali – che ai sensi dell’art. 19 del d.lgs. n. 28/2010 – beneficiano di un’iscrizione “di diritto” nel registro ministeriale, hanno costituito nel 2010 ventiquattro organismi di mediazione, sedici dei quali, ossia i due terzi, costituiti dai Consigli dell’ordine degli avvocati. Ad oggi 3 , dai dati disponibili sul sito del Ministero della giustizia, gli organismi forensi sono ben 190 a fronte di 770 organismi iscritti, e ben spesso essi sono i soli o tra i pochissimi ad offrire il servizio anche in zone del territorio nazionale che presentano minor “convenienza” dal punto di vista economico 4 . Il coinvolgimento della classe forense può apprezzarsi anche con riferimento all’assistenza nel corso del procedimento. La ricerca condotta dall’Isdaci segnala che nell’84% dei casi le parti istanti si sono fatte assistere da un professionista, percentuale che è pari al 52% nel caso della parte invitata in mediazione; rispettivamente nell’83% e nell’84% delle ipotesi questo professionista è un avvocato, malgrado manchi un obbligo di legge in tal senso. Né può dirsi – come purtroppo ingenerosamente si rumoreggia – che la presenza del difensore costituisca un ostacolo alla formazione dell’accordo di conciliazione in quanto, seppure non è possibile disaggregare il dato con riferimento alle parti non assistite, la percentuale di raggiungimento dell’accordo in caso di partecipazione della controparte è molto elevato (pari al 70, 5% presso le Camere di Commercio, al 74,7% presso le Camere di mediazione amministrata esterne al sistema camerale 5 ). ∗ In particolare, Guido Alpa ha curato il paragrafi 1 Silvia Izzo i paragrafi 2 e 3 e 4. Cfr. BONSIGNORE, La diffusione della giustizia alternativa in Italia nel 2010: i risultati di una ricerca, in quest’Opera, 48. 2 Cfr. BONSIGNORE, cit., 3. 3 21 gennaio 2012. 4 Nel sud e sulle isole, ad esempio, gli organismi di conciliazione forense sono comunque presenti anche nelle province che presentano una scarsissima diffusione del meccanismo (Nuoro, Matera, Sassari per tutte). 5 BONSIGNORE, cit., 56. 1 57 Ciò che, già dai primi mesi del 2010, emerge in negativo da un lato è la scarsa adesione al procedimento (pari al 50,5% presso le Camere di Mediazione amministrata esterne al sistema camerale, al 47,6% per le Camere di Commercio), dall’altro l’assoluta marginalità dell’attività di formulazione della proposta da parte del mediatore e la bassissima percentuale di raggiungimento dell’accordo secondo tale modalità («nel 28,5% dei casi, ovvero uno su tre»). In particolare, «la proposta viene fatta dal mediatore di propria iniziativa in poco meno dell’1% di tutti i procedimenti gestiti», mentre sono le parti a richiederla congiuntamente solo nello 0,5% dei casi 6 . La lettura combinata dei due dati negativi conduce la commentatrice a concludere nel senso che nella prassi prevalga nettamente il modello facilitativo di mediazione – come è dimostrato dal sonoro insuccesso della «proposta di accordo» - , e a suggerire l’opportunità di riconsiderare la «scelta operata dal legislatore di introdurre la mediazione al fine di ridurre il numero delle cause in ingresso» ove «l’elevato tasso di mancata adesione alle procedure volontarie di mediazione dovesse essere confermato o, addirittura, aggravarsi per la mediazione obbligatoria» 7 . I dati diffusi dal Ministero della Giustizia confermano la tendenza negativa. Secondo le «prime statistiche» sull’applicazione del «d.lgs. n. 28/2010 sulla mediazione civile» 8 al 30 aprile 2011 la mancata partecipazione della parte invitata al procedimento si assestava sul 69,17% dei casi, percentuale in aumento al 30 giugno 2011, data nella quale il valore ha raggiunto il 72,24% 9 . Cala pure in maniera considerevole il dato relativo alla mediazione delegata dal giudice che passa dal 3,90% delle prime statistiche all’1% delle seconde. Sintomi, si può ritenere, di una scarsa fiducia nel sistema dopo un iniziale e non del tutto negativo test. Secondo entrambe le rilevazioni le parti continuano a scegliere di essere assistite da un avvocato in tre casi su quattro. Dunque, è troppo semplice, ma soprattutto è sconfessato dalle rilevazioni, sostenere che le ragioni dell’insuccesso siano riscontrabili nelle resistenze delle libere professioni e, segnatamente, dell’Avvocatura 10 . Al contrario si tenterà di dimostrare come l’istituto, a causa delle ambiguità delle scelte effettuate e dell’erroneità di talune soluzioni tecniche, risulti mal congegnato sia a fini deflattivi sia in sé, quale strumento alternativo alla giurisdizione a disposizione del cittadino. 2. Le ambiguità del modello italiano di mediazione. Il modello di mediazione che il legislatore italiano ha disegnato con il d.lgs. n. 28/2010 e con i decreti ministeriali n. 180 del 2010 e n. 145 del 2011 è fortemente ambiguo: è, difatti, operazione complessa collocare l’istituto nelle tradizionali categorie di classificazione del fenomeno. 6 Ibidem, 56. Sempre BONSIGNORI nel commentare i risultati della ricerca condotta dall’ISDACI, cit, 58. 8 Disponibili sul sito www.giustizia.it. 9 Rilevazione statistica con proiezione nazionale, disponibile sul sito www. Giustizia.it 10 In questo senso rispettivamente IANNINI, Quali prospettive per la mediazione, in Quarto rapporto sulla diffusione della giustizia alternativa in Italia, (a cura di ISDACI), 2011; BONSIGNORI, cit., 15. 7 58 Ferma restando la definizione “minima” di mediation 11 come modalità non eteronoma di risoluzione della lite raggiunta con l’assistenza di un terzo neutrale che favorisce l’accordo tra le parti senza rendere decisioni 12 , sono state elaborate ulteriori specificazioni in termini descrittivi, distinguendosi – tra l’altro – tra una mediazione c.d. facilitativa ed una mediazione c.d. valutativa. Nell’ambito della prima e più classica tipologia (facilitative mediation) 13 , il mediatore si limita ad agevolare la comunicazione tra le parti evitando qualsiasi espressione di giudizio in merito all’oggetto dell’accordo; nella seconda (evaluative mediation), al contrario, egli può spingersi ad assumere un atteggiamento più propositivo - «ma mai invasivo o impositivo» - sui termini dello stesso 14 . Orbene, come anticipato, collocare l’istituto disciplinato nel 2010 nell’una o nell’altra categoria non è affatto agevole se non impossibile, ed anzi, ai due modelli deve aggiungersene un terzo – assolutamente inedito e “autoctono” – che è quello di mediazione «aggiudicativa». Di essa riferisce la Relazione illustrativa al d.lgs. n. 28/2010 preferendo tale definizione a quella di mediazione valutativa. Probabilmente non erra chi in dottrina ha valorizzato la scelta terminologica, che sembra riferita, in assonanza con il sostantivo inglese adjudication, all’attività di chi, a prescindere dall’investitura pubblica o privata, decide: «accanto alla mediazione facilitativa vi sarebbe» perciò una «mediazione-processo» nell’ambito della quale «il mediatore, nel caso di formulazione della proposta, sarebbe chiamato ad offrire una vera e propria soluzione giuridica, una sorta di decisione della lite basata sulla fondatezza delle ragioni o dei torti» 15 . Come accennato, proprio nell’ossimoro di una “mediazione aggiudicativa” – e non nelle ideologiche resistenze dell’una o l’altra categoria professionale – si sostanzia, come si vedrà, tutta l’ambiguità della normativa, causa dell’insuccesso di un istituto che, se ben congegnato, avrebbe effettivamente potuto «semplificare e migliorare l’accesso alla giustizia» 16 . 2.1. La legge di delegazione e il decreto legislativo. 11 L’espressione è recente e si ritiene sia stata coniata dal giurista statunitense Frank Sander nel 1976, durante la Pound Conference, per suggerire una soluzione al problema del cattivo funzionamento della giustizia negli Usa, ricorrendo a forme alternative o complementari di composizione delle liti. «A second way of reducing the judicial caseload is to explore alternative ways of resolving disputes outside the courts, and it is to this topic that I wish to devote my primary attention», così SANDER, Varieties of Dispute Processing, in LEVIN AND WHEELER, The Pound Conference: Perspectiveson Justice in the Future, Proceedings of the National Conference on the Causes of Popular Dissatisfaction with the Administration of Justice, West Publishing Co., St. Paul, Minnesota, 1979, 65-87. Per un’analisi della “nomenclatura” del settore cfr. FODDAI, Conciliazione e mediazione: modelli differenti di risoluzione dei conflitti?, in Famiglia, persone e successioni, 2011, 43 e ss. 12 MENKEL MEADOW, Mediation, Arbitration, and Alternative Dispute Resolution (ADR), in International Encyclopedia of the Social § Behavioral Sciences, 9507; per ampi riferimenti cfr. SANTAGADA, La conciliazione delle controversie civili, Bari, 2008, 95. 13 BESSO, Inquadramento del tema: lo sviluppo del fenomeno della risoluzione alternativa delle controversie, in La mediazione civile e commerciale, a cura di Besso, Torino, 2010, 33 e ss, che rileva come la tipologia valutativa si sia sviluppata negli Stati Uniti intorno agli anni ottanta quando quella del mediatore è divenuta una figura professionale. Per una rassegna della legislazione interna e del fenomeno conciliativo nel contesto delle ADR, cfr. PUNZI, Mediazione e conciliazione, in Riv. dir. proc., 2009, 845 ss. 14 Cfr. LUISO, tra l’altro in La conciliazione nel quadro della tutela dei diritti, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2004, 1204. L’espressione riportata tra apici è di APPIANO, I sistemi A.D.R. nell’ottica del Legislatore comunitario, in Contr. e impresa, 2009, 65. 15 BESSO, op. cit., 40 16 Questa la finalità dichiarata della Direttiva 56/2008 CE al cui recepimento il d.lgs. n. 28/2010 (tra l’altro) tendeva. 59 Lo smarrimento dell’interprete di fronte alla normativa italiana si è manifestato fin da quando dell’edificio che si voleva costruire si conosceva soltanto «la pianta e forse l’altezza» 17 atteso che, con riferimento alla disposizione di delegazione contenuta nell’ art. 60 della l. n. 69/2009, già potevano segnalarsi le ambiguità del “progetto” che il Legislatore delegante affidava al delegato “costruttore”. Un indizio a favore del modello valutativo poteva evincersi dal criterio direttivo disposto della lett. l) del terzo comma, che accordava al «conciliatore» la facoltà «di avvalersi di esperti, iscritti nell'albo dei consulenti e dei periti presso i tribunali per le controversie in particolari materie» 18 . In effetti, quale che sia l’oggetto della controversia, un mediatore chiamato soltanto a facilitare la comunicazione tra le parti e a far emergere una piattaforma di interessi comuni non ha alcun bisogno di giovarsi dell’ausilio di un consulente tecnico o di un perito. Viceversa le competenze di questi ultimi possono rendersi indispensabili quando il terzo – sia esso un organo pubblico o privato – debba esprime o proporre la soluzione per un contenzioso di elevato contenuto tecnico. Nella medesima direzione sembrava condurre la successiva lett. p) secondo la quale la fonte delegata avrebbe dovuto prevedere conseguenze sulle spese e condanne pecuniarie per la parte che avesse rifiutato la proposta di accordo ove il contenuto della successiva decisione giudiziale vi corrispondesse 19 . Il riferimento alla proposta di accordo, del tutto assente nella direttiva comunitaria ma già contemplato dal d.lgs. n. 5 del 2003 in relazione alla conciliazione societaria, già lasciava prefigurare un futuro modello valutativo di mediazione 20 . Nessun altro riferimento lasciava intendere la volontà del legislatore italiano di utilizzare l’istituto per realizzare «un intento deflattivo del contenzioso giurisdizionale» 21 né quella di discostarsi dal tipo più tradizionale di conciliazione pur se nulla lo avrebbe escluso. E, infatti, sebbene la direttiva 2008/52/Ce, al cui recepimento il d.lgs. n. 28/2010 (tra l’altro) è servito, si riferisca alla mediazione facilitativa, il panorama comunitario - «nel rispetto e in coerenza» con il quale l’istituto di nuovo conio doveva collocarsi 22 - ha comunque mostrato interesse anche per modalità di risoluzione della controversia differenti. In particolare in ambito europeo ci si è occupati tanto delle tipologie (veramente) aggiudicative, ossia quelle «che, indipendentemente dalla loro denominazione, portano ad una risoluzione della controversia tramite l'intervento attivo di un 17 LUISO, La delega in materia di mediazione e conciliazione, in Riv. dir. proc. civ., 2009, 1257. Confluito nell’art. 8, 4° comma del d.lgs. n. 28/2010. 19 Più specificamente: «prevedere nei casi in cui il provvedimento che chiude il processo corrisponda interamente al contenuto dell'accordo proposto in sede di procedimento di conciliazione» la possibilità il giudice di «escludere la ripetizione delle spese sostenute dal vincitore che ha rifiutato l'accordo successivamente alla proposta dello stesso, condannandolo altresì, e nella stessa misura, al rimborso delle spese sostenute dal soccombente, salvo quanto previsto dagli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile, e, inoltre, che possa condannare il vincitore al pagamento di un'ulteriore somma a titolo di contributo unificato ai sensi dell'articolo 9 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115». Poi confluito, come si avrà modo di approfondire infra, nell’art. 13 del d.lgs. n. 28/2010. 20 Lettura che preoccupava LUISO (op. ult. cit., 1264) che tuttavia rilevava come la legge delega non imponesse che il contenuto della medesima dovesse essere «omogeneo rispetto ad una soluzione aggiudicativa della controversia», ben potendo prescindere da valutazioni strettamente giuridiche per fondarsi, al contrario, sulla considerazione dell’interesse di ciascuna parte. Per la “progressione” del modello di conciliazione societaria a mediazione in materia civile e commerciale cfr. DALFINO, Dalla conciliazione societaria alla «mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali», in Rass. For., 2010, 49. 21 Anche a giudizio del Tar del Lazio che con l’ordinanza n. 3202 del 2011 (che può leggersi, tra l’altro, in Corr. giur. 2011, 995 e ss. con nota di Pagni) ha rimesso alla Corte costituzionale il giudizio sul d.lgs. n. 28/2010. 22 Cfr. art. 60, 1° comm della legge di delega. a 18 60 terzo che propone o impone una soluzione» 23 , quanto di quelle «che comportano semplicemente un tentativo di fare incontrare le parti per convincerle a trovare una soluzione basata sul consenso» 24 . L’ambiguità è proseguita con il d.lgs. n. 28/2010. Vi sono nel testo disposizioni che consentirebbero di considerare la mediazione come una «alternativa alla giustizia», cioè come uno strumento di risoluzione della lite schiettamente negoziale «concepito in base alle esigenze delle parti» 25 , volto non a “scimmiottare” la giurisdizione bensì a rendere superfluo il ricorso ad essa, poiché capace di offrire ai contendenti uni strumento più adeguato rispetto alla materia del contendere 26 . In questo novero si collocano, e soltanto in tal modo si possono giustificare, le disposizioni che non richiedono al mediatore di essere esperto di diritto, che delineano un percorso di formazione assolutamente generico con riferimento alle competenze giuridiche, che tralasciano qualsiasi riferimento alla conoscenza delle materie oggetto del procedimento obbligatorio di mediazione, che danno spazio alle tecniche pratiche di negoziazione, che conferiscono una netta prevalenza al principio della riservatezza senza tenere in alcun conto il principio del contraddittorio. Ma ve ne sono altre che, al contrario, richiamano con chiarezza le forme «alternative alla giurisdizione», i c.d. equivalenti non giurisdizionali, in cui il terzo impone o propone una soluzione della lite, ricostruisce la realtà, valuta i fatti, decide di torti e ragioni 27 . Tra queste vanno collocate le norme sulle conseguenze del rifiuto della proposta del mediatore; sul possibile ricorso a consulenti tecnici e periti; l’assoluta indifferenza della “qualità” delle materie per le quali la mediazione è obbligatoria 28 . Più nello specifico, è fin dalle definizioni che si evidenzia la natura ancipite del procedimento: l’attività di mediazione comprende tanto la «ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia», quanto la «formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa» (art. 1, 1° comma, lett. a). Si stabilisce correttamente che il «mediatore» è privo, «in ogni caso, del potere di rendere giudizi o decisioni vincolanti» (art. 1, 1° comma, lett. b) ma si sanziona in maniera tutt’altro che simbolica la parte che non accetti la proposta di soluzione e che poi risulti vittoriosa in giudizio (art. 13). Come già accennato, proprio il confronto tra la disciplina endoprocedimentale della proposta e i riflessi che la sua mancata accettazione produce sul processo danno l’esatto segno della poca chiarezza di idee del legislatore. All’attuale formulazione dell’art. 11 – dedicato alla «conciliazione» - che considera la formulazione della proposta quale modalità recessiva di formazione o, ancora meglio, di mera sollecitazione dell’accordo tra le parti 29 , si è giunti in seguito alle severe critiche mosse alla 23 98/257/CE: Raccomandazione della Commissione del 30 marzo 1998 riguardante i principi applicabili agli organi responsabili per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo. 24 2001/310 Ce sui principi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione consensuale delle controversie in materia di consumo. 25 Considerando n. 6 della Direttiva n. 56 del 2008, cit. 26 Cfr. LUISO, da ultimo in Gli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie tra prassi ed interventi del legislatore, in Quarto rapporto, cit., 113, del quale è la definizione, che spiega si tratti di strumenti che «proprio perché provengono dagli stessi destinatari degli effetti dell’atto, possono fare a meno della verifica della realtà sostanziale preesistente, potendosi fondare invece […] sulla (positiva) valutazione dell’opportunità dell’accordo, e quindi sugli interessi (e non sulla fondatezza delle pretese) delle parti». 27 LUISO, op. ult. cit., 112, ossia strumenti che provvedono ad «una ricognizione della realtà giuridica sostanziale preesistente» dettando «le regole di condotta contenute nell’atto che – in quanto vincolanti per i destinatari delle regole stesse – è idoneo a risolvere la controversia». 28 Scoorendo il catalogo contenuto nell’art. 5, 1° comma si rinvengono, difatti, materie che si prestano ad una soluzione conciliativa – si pensi alle liti condominiali e, più in generale a quelle che presuppongono rapporti di natura economica o sociale destinati a durare nel tempo - ed altre che non vi si prestano affatto. 29 Efficacemente LUISO, La conciliazione, cit., 1204, «il conciliatore, dunque, svolge lo stesso ruolo che, nelle reazioni chimiche, svolge il catalizzatore. 61 soluzione adottata in prime battuta dallo Schema di decreto legislativo circolato tra “gli addetti ai lavori” 30 . In quel testo il mediatore era «in ogni caso» tenuto a proporre una soluzione della lite influenzando in tal modo in maniera decisa le valutazioni e il comportamento delle parti fin dalle prime battute del procedimento. Difatti è assolutamente improbabile che i contendenti si mostrino disposti ad aprirsi ad una logica di dialogo e reciproca comprensione, che “scoprano le proprie carte” ove il procedimento sia connotato fin dalle premesse dalla logica avversariale – fondata sulla valutazione di ragioni e torti e, dunque, a monte sulla prova degli stessi. Per questo motivo la versione poi adottata della disposizione facoltizza soltanto il mediatore di compiere l’attività in parola che diviene dovuta soltanto in caso di concorde richiesta delle parti «perché altrimenti si costringerebbe il procedimento conciliativo in una gabbia, che gli impedirebbe di raggiungere i risultati più proficui che possono essere attinti da soluzione negoziale delle controversie» 31 . In buona sostanza l’art. 11 può essere letto nel senso – più conforme alla tradizione dell’istituto – secondo il quale il mediatore interviene soltanto se i contendenti non riescono da soli a raggiungere un «accordo amichevole» malgrado e in esito all’attività condotta dal terzo; interviene per “allargare la torta”32 , per offrire alle parti una prospettiva di composizione reciproca che le nebbie della discordia non consentivano di vedere. Se dunque apparentemente il legislatore ha infine dato ascolto alle preoccupazioni emerse in dottrina 33 , in realtà ha creato un rimedio peggiore del male dimostrandosi incapace di delineare un sistema coerente con sé stesso. Ove difatti, dall’art. 11 si passa all’analisi dell’art. 13, dedicato alla disciplina delle «spese processuali», lo scenario cambia del tutto. La norma prevede l’esclusione della ripetizione delle spese sostenute e la condanna a favore della controparte al pagamento di quelle di lite e di mediazione e/o a favore del bilancio dello Stato di un’ulteriore somma corrispondente al contributo unificato per la parte che abbia rifiutato una proposta rilevatasi poi totalmente o parzialmente corrispondente alla decisione giudiziale. La disposizione tende, dunque, a scoraggiarne il rifiuto, prima ancora che a sanzionare la parte che non l’accetti, con l’intento di relegare la soluzione della lite alla sede negoziale. E’ chiaro che il meccanismo può funzionare soltanto ove la proposta risulti omogenea al possibile contenuto di una sentenza, ossia risponda ad una logica di “aggiudicazione” della lite 34 . E difatti, discorrendo di completa o non completa corrispondenza tra «provvedimento 30 Cfr., tra gli altri, LUISO, La delega, cit.; CHIARLONI, Prime riflessioni sullo schema di decreto legislativo di attuazione della delega in materia di mediazione ex articolo 60 legge 69/2009, in AA. VV., Sull’arbitrato. Studi offerti a Giovanni Verde, 195 e ss; CANALE, Luci e ombre ad una prima lettura dello schema di decreto legislativo di attuazione della delega in materia di mediazione, ivi, 109. Cfr., nel medesimo segno, il parere reso sullo schema di decreto legislativo dalla Commissione per lo studio e la riforma del codice di procedura civile del Consiglio nazionale forense il 29 ottobre 2009, in Il d.lgs. n. 28/2010, La mediazione e l’Avvocatura. Problemi e prospettive., Dossier di analisi e documentazione a cura dell’Ufficio studi del Consiglio nazionale forense, 26, reperibile all’indirizzo http://www.consiglionazionaleforense.it/site/home/banca-dati/artCatcircolari.2011.51.5.2.1.html. 31 LUISO, La delega, cit., 1265. 32 Metafora frequente per descrivere le tecniche di negoziazione contrapposta alla immagine di una divisione della «fixed pie» caratteristica dei meccanismi eteronomi di soluzione delle controversie o anche della c.d. «negoziazione di posizione», per riferimenti cfr. CUOMO ULLOA, La conciliazione: modelli di composizione dei conflitti, Padova 2008, 420 e nota 44. 33 Tanto che la Relazione illustrativa al decreto si esprime nel senso che «alle forme facilitative è anzi assegnata una certa preferenza (v. anche gli articoli 8 e 11), in virtù della loro maggiore duttilità rispetto ai reali interessi delle parti e della conseguente loro maggiore accettabilità sociale». 34 Tanto che taluni commentatori hanno finanche ritenuto che la proposta non dovrebbe esorbitare dai limiti del rapporto in contestazione come esposto negli atti di accesso, in questi termini ANDREONI e S. ROMANO, Commento all’art. 11, in Castagnola - Delfini (a cura di), La mediazione nelle controversie civili e commerciali. Commentario al Decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, Padova 2010, 186 s. 62 che definisce il giudizio» e «contenuto della proposta», la norma non può che riferirsi a due entità confrontabili e dunque omogenee. 2.2. Il regolamento attuativo. La preferenza nei confronti di modello di mediazione valutativa – più incisivamente utilizzabile a fini deflattivi – si apprezza con evidenza ancora maggiore nel regolamento attuativo adottato n. 180 del 2010. In assoluta coerenza con la figura tradizionale di mediazione, caratterizzata dall’informalità della procedura, il d.lgs. n. 28/2010 ha imposto pochissime prescrizioni procedimentali, cosicché la fonte secondaria distingue, all’art. 7, tra quelle che necessariamente i regolamenti degli organismi devono prevedere e quelle soltanto facoltative. Queste ultime costituiscono una brillante cartina di tornasole della tipologia di ADR che l’esecutivo aveva in animo. Può, perciò leggersi che la convocazione personale delle parti è una mera facoltà e che il mediatore può formulare la proposta anche nel caso di mancata partecipazione al procedimento della controparte (e, dunque, su quali basi? Con quale finalità visto che la ricerca «di un accordo amichevole» è impossibile senza un dialogo tra le parti); che la proposta può pervenire da un mediatore diverso da quello che ha condotto la mediazione (che, quindi, “giudicherà”, perché altro – non avendo condotto personalmente il negoziato – sicuramente non potrà fare); che la formulazione della medesima è comunque incentivata con un incremento dell’indennità dovuta 35 . Ma se l’intento è quello di sollecitare una soluzione aggiudicativa della lite confrontabile con gli esiti giudiziali della stessa al fine di scoraggiare il ricorso alla giurisdizione, non è accettabile l’obbligatorietà della mediazione né che la funzione di “decidere”, anche soltanto attraverso un “suggerimento” (dotato però di un notevole enforcement), sia attribuita a soggetti privi della professionalità e dell’esperienza necessaria. Non a caso è proprio questo il punto nevralgico sottolineato dalle ordinanze di rimessione alla Corte costituzionale e a quella di Giustizia dell’Unione Europea pronunciate rispettivamente dal Tar Lazio 36 e dal Tribunale di Palermo, sez. di Bagheria 37 . Prescindendo dalla disanima puntuale delle questioni sottoposte alle due Alte Corti, preme qui ricordare che anche il giudice amministrativo ha riscontrato un potenziale vulnus di costituzionalità proprio nell’ambiguità del modello adottato, connotato da «due scelte di fondo» le quali «in misura inversamente proporzionale, ma biunivocamente, mirano, con forza cogente, l’una, alla de-istituzionalizzazione e de-tecnicizzazione della giustizia civile e commerciale nelle materie stesse, e, l’altra, alla enfatizzazione di un procedimento para-volontario di componimento delle controversie». Tale esecrabile risultato deriva, ad avviso del remittente, dall’inadeguatezza della disciplina con specifico riferimento alle ipotesi di obbligatorietà della mediazione. A fronte dell’astratta idoneità di tale tipologia a «conformare definitivamente i diritti soggettivi da essa coinvolti» ma altresì di incidere sugli stessi in là dove, in mancanza del risultato conciliativo, «ne residui la giustiziabilità nelle sedi istituzionali […]», il legislatore non appresta «un’adeguata 35 Sulla disciplina di attuazione cfr. IZZO, La disciplina di attuazione in materia di mediazione civile e commerciale, in Rass. For., 2010, 577 ss. 36 Ord. 12 aprile 2011, n. 3202, cit. Anche il giudice di pace di Parma, con ordinanza del 1° agosto 2011, ha sollevato l’incidente di costituzionalità per ragioni sostanzialmente analoghe. Da ultimo anche il Trib. di Genova, con l’ord. 18 novembre 2011, n. 4574 ha rimesso alla Consulta il giudizio di costituzionalità della norma. La pronuncia ma si caratterizza per aver approfondito la questione della legittimità costituzionale del procedimento di mediazione sotto profili direttamente operativi, con particolare riguardo alla materia dei diritti reali. 37 Ord. 30 dicembre 2011, in Guida al Diritto, 2011 fasc. 43, 14 ss, con nota di Castellaneta. 63 conformazione della figura del mediatore». In questo quadro l’esclusiva attenzione dedicata ai «parametri […] di «funzionalità generica» degli organismi, senza alcuna considerazione per i requisiti di professionalità, rischia di porsi in contrasto «con l’art. 24 Cost. nella misura in cui determina […] una incisiva influenza […] sull’azionabilità in giudizio di diritti soggettivi e sulla successiva funzione giurisdizionale statuale, su cui lo svolgimento della mediazione variamente influisce». Il Tribunale siciliano, nel condividere (tra l’altro) la censura rispetto al quadro europeo delle ADR, analizza i singoli momenti della procedura nei quali la competenza giuridica del mediatore appare indispensabile 38 . 3. Le reazioni della prassi e del legislatore. A fronte di questo sistema la prassi come ha reagito? Gli organismi di mediazione – verrebbe da aggiungere responsabilmente vista l’impossibilità di garantire adeguati livelli di professionalità –, hanno in larga parte costruito procedimenti di mediazione facilitativa. Così, per esempio, quelli istituiti dalle Camere di commercio subordinano la formulazione della proposta alla richiesta congiunta di tutte le parti 39 e taluni prendono in considerazione ipotesi in cui la stessa non è soggetta a verbalizzazione 40 . Nel medesimo senso è orientato il Regolamento modello per gli organismi di mediazione forense elaborato dal Consiglio nazionale forense che (all’art. 8, 4° comma) dispone che «il mediatore formula una proposta di conciliazione qualora disponga degli elementi necessari» e soltanto se «le parti […] ne facciano concorde richiesta, Come già rilevato, la magistratura ha perso in poco tempo fiducia nel sistema come dimostra il calo delle mediazioni c.d. delegate dal quattro all’un per cento in pochi mesi 41 . Il calo della partecipazione della parte invitata è significativo del medesimo stato d’animo tra gli utenti del servizio (dal 30, 83% delle prime statistiche del Ministero della Giustizia al 27, 76% delle seconde). Anche da parte del Legislatore vi è stata una reazione. A partire dal luglio del 2011 la normativa primaria e secondaria è stata fatta oggetto di modifiche puntuali (quasi tutte) volte a sollecitare la partecipazione della parte invitata al procedimento (quasi sempre) attraverso un aggravamento delle sanzioni. Così, primo tra tutti, il d.m. n. 145 del 6 luglio 2011 ha modificato il d.m. n. 180/2010 stabilendo (tra l’altro) che per le fattispecie di mediazione obbligatoria il mediatore debba svolgere «l’incontro con la parte istante anche in mancanza di adesione della parte chiamata in mediazione» 38 Cfr. il lungo elenco contenuto nel punto a.2) dei Riferimenti normativi, che prende in considerazione, per esempio, «la capacità di comprendere i provvedimenti cautelari o possessori già emessi dal giudice» nonché gli ulteriori provvedimenti sommari (n.3); di formulare proposte di accordo e di redigere verbali di conciliazione rispettosi dell’ordine pubblico e delle norme imperative (n. 4), nonché proposte valutative comparabili con gli esiti del successivo giudizio (n. 6) e così via. 39 Cfr., ad esempio, l’ art. 8 (Esito del procedimento di mediazione) dei Regolamenti della Camera arbitrale di Milano, di quella di Roma, della Camera di conciliazione e mediazione di Napoli. 40 Cfr., ad esempio, art. 8 del Regolamento della Camera arbitrale di Milano. 41 Il d.l. n. 212/2011, con l’intento di rafforzare l’istituto ha istaurato (con l’art. 13, 1° comma, lett. a), un collegamento tra mediazione delegata dal giudice e i programmi per la gestione del contenzioso civile contemplati dall’art. 37, 1° comma del d.l. n. 98/2011. La tipologia in parola viene, pertanto, considerata tra gli strumenti utili al conseguimento di obiettivi di riduzione e rendimento degli uffici giudiziari. 64 e che la segreteria non possa rilasciare l’«attestato di conclusione del procedimento» se non in seguito alla redazione del verbale di mancata conciliazione (art. 7, comma 5, lett. d) 42 . Il d.l. n. 138 del 13 agosto 2011 (convertito in legge n. 148/2011) ha, invece, inciso sull’art. 5 del d.lgs. n. 28/2010 ampliando il novero di sanzioni per la parte che senza giustificato motivo non abbia aderito al procedimento e che si sia poi costituita in giudizio. A fronte dell’originaria previsione che faceva discendere da tale comportamento «argomenti di prova» 43 la c.d. «manovra di agosto» aggiunge altresì la condanna al «versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio». Il d.l. n. 212 del 22 dicembre 2011 è, infine, ulteriormente intervenuto sulla disposizione in parola stabilendo che la condanna debba essere irrogata «con ordinanza non impugnabile pronunciata d’ufficio alla prima udienza di comparizione delle parti, ovvero all’udienza successiva» alla sospensione del giudizio necessaria all’instaurazione o alla conclusione del procedimento di mediazione 44 . È difficile ritenere che tali previsioni possano dirsi volte a facilitare «semplificare e migliorare l’accesso alla giustizia» come la direttiva europea richiedeva 45 . Le uniche disposizioni che non rispondono ad un’ottica di coercizione alla partecipazione 46 sono quelle – dettate peraltro con fonte secondaria e non primaria – che inseriscono nel percorso di aggiornamento del mediatore il tirocinio professionale (art. 4, 3° comma, lett. b) e che impongono ai regolamenti di procedura di fissare «criteri inderogabili per l’assegnazione degli affari di mediazione predeterminati e rispettosi della specifica competenza professionale del mediatore designato, desunta anche dalla tipologia di laurea universitaria posseduta» (art. 7, 5° comma, lett. e). Poca cosa rispetto alle doglianze avanzate dal giudice amministrativo e da quello ordinario nelle ordinanze di rimessione, pochissima rispetto alle carenze del sistema che i dati in più sedi raccolti dimostrano. Le successive novelle hanno inteso occuparsi, invece, del principale obiettivo che con l’introduzione dell’istituto nell’ordinamento intendeva perseguire: la deflazione della giustizia 42 In tal modo il Ministero della giustizia ha inteso sanzionare i regolamenti di procedura che prevedevano che in caso di mancata dichiarazione adesione della controparte non fosse necessario fissare un incontro di mediazione bensì che per assolvere la condizione di procedibilità fosse sufficiente l’attestato di segreteria, in modo da evitare un inutile aggravamento dei costi del procedimento per l’istante. La Direzione generale della Giustizia civile aveva lamentato che tali previsioni aggirassero la normativa primare che ha imposto «l’operatività della condizione di procedibilità per talune materie» (circolare del 4 aprile 2011, disponibile sul sito www.giustizia.it). Per le critiche a tale impostazione cfr. CAPONI, Adesione e partecipazione alla mediazione, in www.judicium.it, nonché la Richiesta di chiarimenti dell’Ufficio Studi del Consiglio nazionale forense Sulle circolari della Direzione generale della giustizia civile in materia di iscrizione e controllo sugli organismi di mediazione e sugli enti formatori, disponibile all’indirizzo http://www.consiglionazionaleforense.it/site/search.jsp?instance=1&channel=29&node=2015&hitsPerPage=10&query= richiesta+chiarimenti&x=0&y=0. In questo contesto è intervenuto il regolamento n. 145/2011 cit. il quale pur conservando il meccanismo ha quantomeno ridotto l’indennità dell’organismo per il caso de quo ad una sorta di “diritto di chiamata” ossia a «euro quaranta per il primo scaglione e ad euro cinquanta per tutti gli altri scaglioni£ (art 16, 4° comma, lett. e). 43 Disposizione stravagante rispetto alla tradizione in quanto fa sì che un comportamento tenuto al di fuori del processo abbia effetto, non già soltanto sulle spese, ma anche sul convincimento del giudizio. 44 Dettando una disciplina eccezionale rispetto a quella generale e più garantista prevista dall’art. 179 c.p.c. per le «ordinanze di condanna». 45 In termini analogo Trib. Bagheria, ord. 16 agosto 2011, cit., 3.2. 46 Sia consentito osservare che legittimità costituzionale dei sistemi di risoluzione delle controversie alternativi alla giurisdizione, difatti, passa necessariamente attraverso l’assoluta libertà di elezione degli stessi. La previsione di meccanismi di coazione indiretta quali la valutazione del contegno extraprocessuale della parte in sede di decisione della causa (art. 8, comma 5, prima parte), le condanne conseguenti alla mancata accettazione della proposta del difensore (art. 13) e, da ultimo, alla mancata partecipazione al procedimento (art. 8, comma 5, prima parte) costituiscono elementi che – sia pur in maniera indiretta e perciò solo più subdola - rendono più difficoltoso l’accesso alla tutela giurisdizionale dei diritti garantita dall’art. 24 della Costituzione. 65 civile. Più che un modello di mediazione, dunque, il legislatore ha avuto in mente una funzione (o forse una “missione”) per il nuovo istituto ed in tal modo ha tradito lo spirito europeo 47 . Soltanto in questa ottica si spiegano l’obbligatorietà, le pesanti sanzioni per la parte che non partecipa al procedimento di mediazione o che rifiuta la proposta del mediatore. 4. Le ragioni dell’insuccesso. Fermo il rispetto dell’art. 24 – parametro rispetto al quale occorre attendere gli esiti del giudizio di costituzionalità degli articoli 5 e 16 del d.lgs. n. 28/2010 – rientra nella discrezionalità del Legislatore costruire la mediazione come rimedio rispetto al gravissimo stato della giustizia civile e può essere considerato meritevole voler offrire al cittadino uno strumento di soluzione della lite rapido, talvolta più adatto alla tipologia di controversia della giustizia togata e più economico dell’arbitrato. Nell’ottica di «deflazione» e «limitazione delle sopravvenienze» – espressioni terrifiche per chi coltiva una cultura della giurisdizione ma ormai frequenti nei testi legislativi – “non è peccato” creare uno squilibrio tra le parti in lite sanzionando quella che – pur avendo a disposizione l’alternativa non giurisdizionale – «abusa del processo», arrecando «un pregiudizio alla collettività oberando il sistema processuale con una lite che avrebbe potuto e dovuto essere evitata» 48 . E’ un’ottica più o meno condivisibile – sicuramente pericolosa 49 - ma non in astratto vietata o improponibile. A condizione però– ed è qui che il legislatore ha tradito se stesso condannando la sua creatura all’insuccesso – che quanto si offre al cittadino sia veramente un meccanismo alternativo e non già in una sorta di “dio minore” e (oltretutto) imposto rispetto alla giurisdizione costituzionalmente garantita. In buona sostanza – riprendendo le considerazioni espresse dal Tar del Lazio nell’ordinanza di rimessione – «una cosa è la costruzione della mediazione come strumento cui lo Stato in un vasto ambito di materie obbligatoriamente e preventivamente rimandi per l’esercizio del diritto di difesa in giudizio; altra cosa è la costruzione della mediazione come strumento generale normativamente predisposto, di cui lo Stato incoraggi o favorisca l’utilizzo, lasciando purtuttavia impregiudicata la libertà nell’apprezzamento dell’interesse del privato ad adirla ed a sopportarne i relativi effetti e costi»50 . A prescindere dalla condivisibilità dell’operazione, se intende collocarsi nel primo “schema”, il legislatore è onerato dal costruire un meccanismo che offra garanzie e funzionalità non minori rispetto a quelle proprie della giurisdizione tanto in punto di professionalità e competenza del conciliatore quanto in punto di effettività dei meccanismi offerti 51 . Altrimenti – per a causa del malfunzionamento della giustizia pubblica – si condanna il cittadino ad una tutela ancor meno effettiva dei propri diritti. Tale inaccettabile deriva le diverse 47 Critico rispetto allo strumento utilizzato, CONSOLO, L’improcrastinabile radicale riforma della legge-Pinto, la nuova mediazione ex d.leg. n. 28 del 2010 e l’esigenza del dialogo con il consiglio d’Europa sul rapporto tra repubblica italiana e art. 6 Cedu, in Corr. giur., 2010, 425. 48 A. DE LUCA, Mediazione e (abuso del) processo: la deroga al principio della soccombenza come incentivo alla conciliazione, in Riv. dir. civ., 2011, 411. 49 Lo stato drammatico della giustizia civile riporta in auge teorie che tendono a ritenere che l’art. 24 della Cost. non garantisca indifferenziatamente il diritto di azione, bensì che debba discutersi di «meritevolezza della tutela richiesta» quale presupposto ulteriore rispetto all’interesse agire. Per tutti cfr. GHIRGA, La meritevolezza della tutela richiesta. Contributo allo studio sull'abuso dell'azione giudiziale, Milano 2004. Esprime dubbi sulla configurabilità prima ancora che sulla legittimità della categoria «dell’abuso della tutela giurisdizionale» «a termini dell’ordinamento nazionale vigente» il Tar Lazio nell’ordinanza n. 3202/2011 cit. 50 Tar Lazio, ord. N. 3202/2011 cit. 51 Emblematico il caso della conservazione degli effetti prenotativi della trascrizione della domanda giudiziale preso in considerazione dall’ordinanza del Tribunale di Genova n. 4574/2011 cit. 66 rimessioni del giudizio sulla normativa alla Corte costituzionale e alla Corte di giustizia dell’Unione mirano a scongiurare reagendo ad un sistema che inesorabilmente conduce verso tale approdo. Non si può far altro che attendere, a questo punto, i superiori arrêt delle Corti visto che il Legislatore non è stato capace da solo di fornire al cittadino uno strumento adeguato, prima ancora che alternativo, di risoluzione delle controversie 52 . 52 L’acronimo Alternative Dispute Resolutions nel tempo è stato riletto intendendo la «A» di «Alternative» come «Appropriate» «per indicare un modello integrato e complementare di metodi di risoluzione delle controversie, in luogo di uno bipolare, fondato sull’opposizione tra la giurisdizione dello Stato e meccanismi privati e informali». In questo senso MENKEL-MEADOW, Mediation, cit., 9507 e nella dottrina italiana FODDAI, Conciliazione, cit., 43 e s., testo e note. 67 68 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA RAPPORTO DELLA COMMISSIONE REVISIONE CIRCOSCRIZIONI GIUDIZIARIE Il Consiglio Nazionale Forense, deliberando l’istituzione di questa commissione, ha voluto fornire un contributo oggettivo allo studio della razionalizzazione del sistema giudiziario, per la parte relativa alla riorganizzazione e redistribuzione degli uffici sul territorio. A questo fine, è stato chiesto a tutti i Consigli degli Ordini di inviare una serie di dati che consentisse un esame approfondito delle strutture esistenti, degli organici impiegati, dell’andamento dell’attività giurisdizionale e dei relativi costi, per avere una significativa panoramica della situazione dei 57 Tribunali sub provinciali. Fino ad ora sono state prese in esame le evidenze delle prime 48 sedi. I dati raccolti, relativi all’anno 2010, scontano ancora alcuni problemi di marginale disomogeneità, a causa della diversità delle circoscrizioni, sia sotto il profilo operativo che per la posizione geografica: ma le risultanze che di seguito si riportano devono ritenersi oggettivamente significative e rilevanti. 1. Dotazione organica: risultano effettivamente impiegati n. 526 magistrati togati su 647 previsti; n. 353 magistrati onorari su 457 previsti; n. 2423 dipendenti amministrativi su 2813. 2. Domanda di giustizia: • Settore Civile: a fronte di n. 209.181 procedimenti sopravvenuti si registrano n. 213.481 esauriti ed una residua pendenza di n. 305.862 procedimenti pendenti. • Settore Penale: a fronte di n. 276.160 procedimenti sopravvenuti si annoverano n. 281.050 esauriti con una pendenza residua di n. 254.653 procedimenti pendenti. Malgrado il deficit organizzativo, i procedimenti esauriti sono in numero maggiore rispetto a quelli che sono stati incamerati dai Tribunali. Altre circostanze di forte rilievo scaturiscono dalle evidenze sopra riportate: A) i 526 giudici togati impiegati hanno un carico di complessivi 560.515 procedimenti, civili e penali, pendenti: n. 1065 ca. a testa; B) i medesimi giudici hanno portato a compimento 494.531 procedimenti: n. 940 ca. pro capite. Il livello di produttività non viene inficiato dal marginale contributo fornito dai GOT. 3. Costi: per l’anno 2010 la gestione dei Tribunali esaminati ha comportato una spesa complessiva di circa 25 milioni di euro, dalla quale, ovviamente, sono esclusi i costi del personale (esso, infatti, in caso di soppressione sarebbe impiegato altrove). Ciò significa che il costo medio dell’attività connessa a ciascuna delle circoscrizioni esaminate è di circa 500 mila euro l’anno: ciò significa che la sola copertura delle piante organiche potrebbe 69 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA consentire, a costi sostanzialmente invariati, di sopportare ulteriori carichi di lavoro, deflazionando sedi limitrofe eventualmente congestionate. Si deve invece registrare, purtroppo, la mancanza delle voci relative alle entrate, a partire, in primo luogo, del gettito proveniente dal contributo unificato, pervenuto solo in minima parte. Non è quindi possibile, al momento, il raffronto con i costi accertati, che sarebbe di ausilio per stabilire il grado di autosufficienza economica di ogni Tribunale. Si auspica perciò che gli uffici finanziari, interpellati vanamente dagli Ordini forniscano la disponibilità fin qui inspiegabilmente negata. Peraltro, la verifica dell’autosufficienza finanziaria non potrà disgiungersi dal rilevamento delle entrate derivanti dal pagamento delle imposte di registro e delle tasse ipotecarie, dal versamento di diritti di cancelleria e bolli, dal ricavato di sanzioni ed ammende e dal ricavato dai beni sequestrati agli imputati condannati. Neppure è secondaria la circostanza per cui le spese relative all’esercizio della giurisdizione (escluso, come detto, il personale) siano, in prima battuta, integralmente a carico degli Enti locali. L’intervento dell’amministrazione centrale, infatti, è solo successivo, usualmente in ritardo e, alla luce dei dati acquisiti, certamente non integrale, ma limitato ad una modesta percentuale dell’intera spesa. L’argomento “costi” consente ulteriori riflessioni. Va considerato, infatti, che l’eventuale raggruppamento di più circoscrizioni in un’unica sede imporrà gli investimenti atti a consentire la continuità dell’attività giurisdizionale senza degrado, quantomeno, dei livelli di efficienza precedenti, propri delle sedi soppresse. Al riguardo, v’è da dire che non è stata rilevata l’esistenza di alcun progetto economico finanziario, né di alcuna ipotesi di nuova organizzazione del lavoro. Per tale ragione, si ritiene arduo, se non azzardato, ipotizzare risparmi, se non si conoscono, né si tentano di quantificare, le spese per gli investimenti necessari. Del pari, è inimmaginabile una maggiore efficienza del sistema giustizia in assenza di un progetto organizzativo della eventuale nuova realtà circoscrizionale. Per far cenno solo ad uno degli elementi di maggiore impatto economico, basti pensare alla migrazione dalle piccole sedi giudiziarie alle grandi dei soli 500 magistrati togati e dei relativi 500.000 procedimenti attualmente a loro carico. Questo spostamento avverrà con l’abbandono di edifici giudiziari situati in centri urbani minori, il cui costo è ora quasi integralmente sopportato dai relativi enti territoriali, verso città più grandi, nelle quali i palazzi di giustizia sono ovunque giunti al livello di saturazione: derivandone la necessità di provvedere alla costruzione (o alla locazione) di nuovi immobili, su aree edificabili certamente più costose, a carico di amministrazioni locali che in questo momento storico si trovano in una situazione economico finanziaria delle meno felici siano mai state affrontate da anni. Anche di questo aspetto non risulta che siano stati compiuti approfondimenti 70 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Le sintetiche considerazioni esposte, trovano riscontro in una tabella riassuntiva dei dati pervenuti dai Consigli dell’Ordine degli Avvocati locali (sostenuti, in questa attività di ricerca, dai Tribunali e dalle Commissioni Manutenzione). Insieme al lavoro di integrazione dei dati mancanti, è stata avviata un’analoga indagine sui Tribunali provinciali e distrettuali, che sarà oggetto di uno studio approfondito, rivolto sia all’estrapolazione dei dati essenziali, che alla comparazione di tutte le realtà dei 165 Tribunali d’Italia, sempre nell’ottica del risparmio e dell’efficienza. 71 72 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Documento congressuale sulla delega al Governo per la revisione della geografia giudiziaria. La legge di conversione del D.L. n. 138/2011, recante “Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo” ha introdotto all’art. 1 la delega al Governo per “riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza…..”, altresì definendo i criteri ed i principi ai quali l’intervento dovrà uniformarsi. Tale decisione costituisce anche attuazione della previsione recata dall’art. 9 del D.L. n. 98/2011 (la prima delle manovre di stabilità del precedente Esecutivo). Detta norma pone un obiettivo di razionalizzazione della spesa (pubblica) e di “superamento del criterio della spesa storica”, volto a definire i “fabbisogni standard propri dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali dello Stato”, individuando altresì le eventuali criticità nell’erogazione del servizio e le possibili duplicazioni delle strutture preposte al medesimo. La conseguente acquisizione dei dati, richiesti alle amministrazioni centrali, dovrebbe quindi consentire, a partire dal 2013, la formulazione ed il perfezionamento da parte delle medesime di accordi triennali con il Ministero dell’economia, tesi al superamento della sopraccennata spesa storica ed alla determinazione di modelli organizzativi più efficienti. 73 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA L’Avvocatura, che da epoca non sospetta (28 novembre 2002 – Controrapporto OUA sull’irragionevole durata dei processi) lamenta come il tema delle riforme del sistema giustizia venga affrontato senza la preliminare e ragionata disamina dei dati relativi all’attività svolta, senza la individuazione degli interventi che, ad esempio per quanto concerne le spese storiche, quei dati già consentirebbero di ipotizzare, ed in carenza, quindi, di una progettualità consapevole, ha inteso porsi nel solco indicato dal Legislatore per offrire, all’Esecutivo in primo luogo e comunque alla politica, il proprio contributo e le proprie proposte. L’obiettivo della ricerca avviata nello scorso autunno è, dunque, quello di pervenire alla determinazione di un metodo conforme alla norma delegante, che consenta di individuare gli odierni dati di efficienza e di spesa e, sotto questa luce, di esaminare il tema della geografia giudiziaria, dell’efficienza del sistema giustizia e delle risorse che l’esercizio della giurisdizione richiede. Il presupposto, quindi, non è il mantenimento dell’esistente, bensì, attesa l’attuale distribuzione sul territorio del Paese del servizio giustizia, la necessità di chiarire quale potrebbe essere il miglior servizio offerto ai cittadini a costi preventivati e sostenibili. La propensione ad individuare nella cosiddetta giustizia di prossimità la migliore possibile delle offerte di servizio tiene ovviamente conto della necessità che le funzioni, attraverso le quali lo Stato di diritto regola i rapporti fra i soggetti amministrati e presiede al rispetto delle regole di civile convivenza, siano accessibili e fruibili. Ciò 74 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA vale, indifferentemente, per i tre capisaldi della società: l’istruzione, la sanità e la giustizia. Alla superiore facilità di accesso, si assommerebbe il vantaggio di un maggior numero di presidi preposti alla difesa della sicurezza sociale ed un’organizzazione più agile che, in uno con la presupposta professionalità dei soggetti della giurisdizione, assicurerebbe risposte più rapide a costi compatibili con il dovere di ogni Stato di consentire ai cittadino la tutela effettiva dei propri diritti. La ragioni dei fautori di un radicale mutamento della geografia giudiziaria risiedono, invece, nella convinzione che un minor numero di sedi consentirebbe economie di scala oggi impraticabili. Inoltre, il concentramento in una sede più grande di un numero di magistrati più elevato potrebbe agevolare un superiore grado di specializzazione dei medesimi, oltre che meglio rispondere alle esigenze poste dal processo penale (anche in termini di incompatibilità). I dati fin qui acquisiti costituiscono già un significativo ed attendibile campione dell’attività e dei costi dei cosiddetti Tribunali “minori” sull’intero territorio nazionale. Essi, ad esempio, testimoniano, come ha precisato la Commissione del CNF nel proprio documento diffuso il 29 novembre 2011, che questi 48 Tribunali impiegano 526 magistrati togati a fronte di un organico di 647; che, sia in materia civile che penale, i procedimenti esauriti sono stati numericamente superiori a quelli sopravvenuti; che la spesa complessivamente sostenuta è stata di poco superiore ai 25 milioni di euro, al netto delle spese per il personale dipendente. 75 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Proprio la specificazione dei dati di spesa, direttamente tratti dai Rendiconti annuali delle Commissioni di manutenzione, induce anche a riflessioni e valutazioni sul come certe rilevanti spese storiche siano semplicemente subite dall’amministrazione centrale e come, conseguentemente, le stesse potrebbero essere, da subito, oggetto di riconsiderazione economicamente conveniente. Per quanto sopra, è dunque evidente che l’obiettivo di coniugare maggiore efficienza con risparmi di spesa non possa prescindere dagli essenziali lavori preparatori prescritti dalle norme vigenti. In quest’ottica, che non potrà essere trascurata dal Legislatore, sia che si tratti del Governo delegato, sia che, melius re perpensa, si ritenga necessario rinunciare alla delega con un decreto legge del tutto legittimo, proprio a causa dei tempi da impiegare per l’acquisizione dei dati e la realizzazione dei lavori preparatori, la creazione dei Tribunali delle Imprese costituisce già una prima contraddizione, frutto di aprioristiche convinzioni e di mancata considerazione delle problematiche “numeriche” presenti in cospicui bacini di utenza. Ed allora, la prima proposta dell’Avvocatura non può che essere quella di invitare a procedere all’acquisizione di tutti i dati relativi all’attività svolta dai tribunali italiani, raggruppandoli, in ossequio al criterio recato dalla lettera a) dell’art. 1 della Legge n. 148/2011, in ragione delle dimensioni: subprovinciali, provinciali e distrettuali. 76 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Per ognuna delle anzidette circoscrizioni dovranno essere accertate le spese sostenute, sulla base dei rendiconti delle Commissioni manutenzione e secondo ulteriori, eventuali evidenze, al netto, vista la lettera g) del succitato articolo, delle spese relative al personale. Dette spese dovranno essere oggetto, nell’immediato e da parte di apposita Commissione, di verifica sotto il profilo della congruità e della razionalità dell’impiego. Sulla scorta degli attuali dati rappresentativi dell’attività svolta, che i soggetti della giurisdizione dovranno comunque poter avere a disposizione, valutare ed eventualmente sindacare, sarà possibile accertare il livello delle rispettive efficienze, delle spese che, al riguardo, vengono sostenute e dell’eventuale rideterminazione delle stesse in ossequio al principio, inattuato, del controllo di gestione di tutta l’attività pubblica. Acquisito e valutato quanto sopra, si dovrà affrontare il problema della migliore e possibile organizzazione del lavoro da porre a disposizione dell’attività giurisdizionale, nel rispetto dei principi costituzionali che presiedono alla medesima, di cui agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione. A tal proposito, non si potrà trascurare che, in un Paese civile, la tutela dei diritti non risponde a mere convenienze economiche, bensì ed in primo luogo ad ineludibili esigenze sociali. Ancora, ma solo dopo l’ultimazione degli approfondimenti anzidetti, potrà essere affrontata la ragionata riduzione degli uffici giudiziari di primo grado (Uffici dei Giudici di Pace, Sezioni distaccate di Tribunale, Tribunali subprovinciali), anche intervenendo sui confini territoriali delle circoscrizioni. 77 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Per quanto sopra, anche a voler prescindere, in questa sede, dalla possibile incostituzionalità della legge delega, che ha introdotto in una legge di conversione temi ultronei rispetto a quelli trattati nel decreto legge convertito, va da sé che una diversa attuazione della delega ne costituirebbe, contestualmente, la mancata ottemperanza. Enrico Merli 78 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi LE NORME SULLE SOCIETÀ PROFESSIONALI CONTENUTE NELLA LEGGE STABILITÀ PER IL 2012 Legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato) - Roma, 22 dicembre 2011 – Art. 10 (Riforma degli ordini professionali e società tra professionisti) (…) 3. È consentita la costituzione di società per l'esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico secondo i modelli societari regolati dai titoli V e VI del libro V del codice civile. 4. Possono assumere la qualifica di società tra professionisti le società il cui atto costitutivo preveda: a) l'esercizio in via esclusiva dell'attività professionale da parte dei soci; b) l'ammissione in qualità di soci dei soli professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi, anche in differenti sezioni, nonché dei cittadini degli Stati membri dell'Unione europea, purché in possesso del titolo di studio abilitante, ovvero soggetti non professionisti soltanto per prestazioni tecniche, o per finalità di investimento; c) criteri e modalità affinché l'esecuzione dell'incarico professionale conferito alla società sia eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti per l'esercizio della prestazione professionale richiesta; la designazione del socio professionista sia compiuta dall'utente e, in mancanza di tale designazione, il nominativo debba essere previamente comunicato per iscritto all'utente; d) le modalità di esclusione dalla società del socio che sia stato cancellato dal rispettivo albo con provvedimento definitivo. 5. La denominazione sociale, in qualunque modo formata, deve contenere l'indicazione di società tra professionisti. 6. La partecipazione ad una società è incompatibile con la partecipazione ad altra società tra professionisti. 7. I professionisti soci sono tenuti all'osservanza del codice deontologico del proprio ordine, così come la società è soggetta al regime disciplinare dell'ordine al quale risulti iscritta. 8. La società tra professionisti può essere costituita anche per l'esercizio di più attività professionali. 9. Restano salvi i diversi modelli societari e associativi già vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge. 10. Ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro sei mesi dalla data di pubblicazione della presente legge, adotta un regolamento allo scopo di disciplinare le materie di cui ai precedenti commi 4, lettera c), 6 e 7. 11. La legge 23 novembre 1939, n. 1815, e successive modificazioni, è abrogata. (…) 79 80 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi ANALISI DELLE DISPOSIZIONI E CRITICITÀ Singole specifiche criticità confermano le preoccupazioni circa l’indebolimento dell’indipendenza dell’avvocato: 1) Rispetto alle bozze circolate in precedenza è stato rimosso il divieto per i soci di investimento «di partecipare alle attività riservate e agli organi di amministrazione della società». Il testo definitivo non conserva, inoltre, la previsione relativa alla partecipazione minoritaria dei soci non professionisti; ne consegue che i soci di capitali possono anche essere soci di maggioranza ed esercitare il controllo societario. Al contrario, il legislatore dovrebbe relegare ad un ruolo marginale i soci non professionisti, escluderli dagli organi di controllo, oltre che da quelli di amministrazione della società e privarli del diritto di voto quando le deliberazioni hanno ad oggetto l’approvazione del bilancio e modificazioni statutarie; in Europa nella maggioranza dei casi i non avvocati non possono essere soci di società tra avvocati organizzate su base capitalistica, per cui le norme italiane potrebbero generare una pericolosa corsa all’imitazione; del resto, anche dove si consente a non avvocati di partecipare a società tra avvocati (ad esempio in Francia), il sistema è circondato di non poche cautele e prima fra tutte quella che non consente a tali soggetti di detenere una partecipazione di controllo, né consente di esercitare direttamente attività non collegate alla professione, ma soltanto attraverso partecipazioni in altre società. 2) le società potranno essere partecipate da professionisti anche appartenenti ad ordini e realtà professionali tra loro disomogenee (società che potremmo definire “multidisciplinari”), nonché da «cittadini degli Stati membri dell’ Unione europea, purché in possesso del titolo di studio abilitante». L’ingresso come soci sembrerebbe dunque consentito anche a soggetti non iscritti ad ordini, albi e collegi, ma in possesso di un titolo di studio abilitante (disposizione di non semplice esegesi); inoltre considerato che si tratta di una società multiprofessionale resta una grave lacuna: non viene chiarito a quale ordine la stessa dovrà iscriversi; 3) gli obblighi statutari e i vincoli derivanti da eventuali patti parasociali possono minare l’autonomia intellettuale dell’avvocato, che, per rispettarli potrebbe essere indotto o costretto a svilire il dovere di fedeltà al cliente; 4) il divieto di partecipare a più società professionali è facilmente aggirabile mediante contratti di consulenza con avvocati esterni; 5) il capitale di investimento potrebbe avere oscure origini: i penalisti in particolare ci segnalano che, specie in talune Regioni, il rischio di commistioni improprie è assai elevato; 6) il formale obbligo di rispettare il codice deontologico in capo alla società non esclude che eventuali soggetti controllanti o collegati – non formalmente soggetti all’obbligo 81 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi – eludano i vincoli deontologici, magari per scopi promozionali sotto forma di concorrenza sleale; 7) nulla viene precisato dalle disposizioni appena introdotte in ordine all’ipotesi di fallimento. Più in generale la normativa è assolutamente carente di necessarie previsioni in tema di responsabilità dei soci e verso i terzi, ragione sociale, bilancio, requisiti soggettivi dei soci, subentro di nuovi soci, amministrazione, compensi (la vigente normativa sulle società tra avvocati, il d. lgsl. 96/2011 reca al riguardo molte norme). Il comma 10 dell’art. 10, L. cit., rinvia a un successivo Decreto del ministro della giustizia la disciplina sulla riserva ai soci professionisti dell’attività professionale e la designazione da parte del cliente (comma 4), nonché quella sul divieto di partecipazione a più società (comma 6), e sull’obbligo di osservare il codice deontologico (comma 7): trattandosi, almeno per il comma 4, di elementi che entrano nell’atto costitutivo, ne deriva che allo stato, non è ancora possibile costituire società di capitali per lo svolgimento della professione forense. 82 DOCUMENTI PERVENUTI DA ORDINI E ASSOCIAZIONI IN MATERIA DI GIUSTIZIA E CRISI ECONOMICA 83 84 Contributo alla discussione per le mozioni del Congresso Straordinario previsto per il 23 e 24 marzo Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Torino, nella riunione del 5 marzo, udita la relazione del Consigliere Giampaolo Mussano, ha deliberato: premesso - che il momento storico esige un adeguamento della nostra professione ai cambiamenti in corso; - che esistono tuttavia inderogabili principi di natura costituzionale a tutela della professione forense; - che le logiche di mercato ed imprenditoriali stanno indebitamente influenzando le scelte legislative sull’ordinamento professionale a discapito dei diritti dei cittadini; - che il “decreto liberalizzazione” in corso di conversione in legge dimostra come siano fondate le preoccupazioni esposte; - che in particolare tale normativa trascura i principi inviolabili di libertà, indipendenza, fedeltà e segretezza, cardini della professione forense; - che tale preoccupazione è indotta ancor più dalla previsione di una società tra professionisti con presenza di socio di capitale seppur in quota minoritaria; ribadisce la ferma contrarietà dell’avvocatura torinese all’introduzione del socio di capitale all’interno degli studi legali; invita - il legislatore al ripensamento su tale normativa; ritiene 85 - necessario un confronto costruttivo, e pertanto, nella non creduta ipotesi del mantenimento dell’attuale previsione legislativa propone - che il professionista attivo in uno studio costituito in forma di società di capitale e/o tale studio non possa acquisire mandati, rappresentare, difendere, e – lato sensu – avere rapporti professionali di alcun tipo, direttamente o indirettamente con il/i socio/i di capitale, con società del gruppo oppure con parti correlate al socio/i00 di capitale, intendendosi parti correlate quelle definite nei principi contabili internazionali (IAS 24) i. i Una parte è considerata “correlata ad un’entità se: - direttamente o indirettamente, attraverso uno o più intermediari, la parte: • controlla l’entità, ne è controllata, oppure è soggetta al controllo congiunto (ivi comprese le entità controllanti, le controllate e le consociate) • detiene una partecipazione nell’entità tale da poter esercitare un’influenza su quest’ultima; • controlla congiuntamente l’entità; - la parte è una società collegate (secondo le definizione dello IAS 28) dell’entità; - la parte è una joint venture in cui l’entità è una partecipante (IAS 31); - la parte è uno dei suoi dirigenti con responsabilità strategiche dell’entità o della sua controllante; - la parte è uno stretto familiare di uno dei soggetti di cui ai punti (a) o (d); - la parte è un’entità controllata, controllata congiuntamente o soggetta ad influenza notevole da uno dei soggetti d cui ai punti (d) o (e), ovvero tali soggetti detengono, direttamente o indirettamente, una quota significativa di diritti di voto; - la parte è un fondo pensionistico per i dipendenti dell’entità, o di una qualsiasi altra entità ad essa correlata. Dove entità nel caso di specie corrisponde a socio di capitali non professionista. Con particolare riferimento alle caratteristiche di “un’operazione con parti correlate”, il principio contabile IAS 24 specifica che tale è “un trasferimento di risorse, servizi o obbligazioni tra parti correlate, indipendentemente dal fatto che sia stato pattuito un corrispettivo”. Per completezza di esposizione, occorre rilevare che la nozione contenuta nello IAS 24 non diverge particolarmente dalla definizione delle “Parti Correlate” di cui alla comunicazione DEM/2064231 della Consob, del 30 settembre 2002. 86 • Associazione Italiana Giovani Avvocati Sede: Roma, via Tacito 50, Tel. 06/ 6832427 · Fax 06/97252204 · www.aiga.it · e-mail: [email protected] Documento AIGA per l’incontro presso il Consiglio Nazionale Forense Documento Aiga Del 12 marzo 2012 Presidente: Avv. Dario Greco – 90141 Palermo – Via F.sco Ferrara, n. 8 – Tel. +39091332058 – fax +39091611115 e-mail: [email protected] Aderente alla Association Internationale des Jeunes Avocats (A.I.J.A.) 87 88 • Associazione Italiana Giovani Avvocati Sede: Roma, via Tacito 50, Tel. 06/ 6832427 · Fax 06/97252204 · www.aiga.it · e-mail: [email protected] Ordinamento Forense L’Aiga ritiene improrogabile una compiuta riforma dell’Ordinamento Forense, al fine di consentire all’avvocatura di dotarsi di un nuovo quadro di riferimento normativo che la collochi al passo con le mutate esigenze rispetto all’attuale normativa oramai obsoleta e superata. Consapevole di tale necessità l’Aiga, unitamente alle altre componenti dell’avvocatura, ha partecipato alla redazione di una proposta di riforma che è stata consegnata alle Istituzioni affinché si avviasse finalmente l’iter legislativo per la sua approvazione. Tale proposta di legge è stata oggetto di un primo esame da parte del Documento Aiga Senato della Repubblica, il quale l’ha approvata, apportando numerose modifiche al testo originario. L’Aiga, nella consapevolezza della necessaria ed indifferibile approvazione del testo oggi in esame alla Camera dei Deputati, ritiene che il mutato quadro politico e le riforme approvate negli scorsi mesi, impongano una parziale rivisitazione delle norme già licenziate dal Senato, nel preciso interesse del Sistema Giustizia, della collettività e dell’Avvocatura. In questo quadro si ritiene tuttavia fondamentale che venga riaffermato il principio della riserva di legge dell’Ordinamento Forense, in considerazione della rilevanza costituzionale della professione di avvocato nell’ambito delle garanzie del diritto di difesa e del giusto processo nel contraddittorio tra le parti. In ogni caso si intendono tracciare alcuni aspetti significativi della riforma dell’Ordinamento Forense. È infatti necessario: 1) mantenere e salvaguardare i principi di indipendenza ed autonomia dell’avvocato nello svolgimento della professione e nelle sue scelte defensionali, secondo il rispetto del codice deontologico e rafforzando il controllo disciplinare; in questo quadro la presenza di soci investitori Presidente: Avv. Dario Greco – 90141 Palermo – Via F.sco Ferrara, n. 8 – Tel. +39091332058 – fax +39091611115 e-mail: [email protected] Aderente alla Association Internationale des Jeunes Avocats (A.I.J.A.) 89 • Associazione Italiana Giovani Avvocati Sede: Roma, via Tacito 50, Tel. 06/ 6832427 · Fax 06/97252204 · www.aiga.it · e-mail: [email protected] all’interno delle società tra professionisti rischia fortemente di minare tali valori (vedasi capitolo sulle società di capitali); 2) limitare gli sbarramenti anagrafici o le agevolazioni in ragione della sola anzianità di iscrizione all’albo nell’esercizio della professione e ciò in danno delle giovani generazioni di avvocati; ci si riferisce, in particolare modo, all’elettorato passivo al CNF e al comitato dei Delegati della Cassa Forense; ma anche ad un eventuale regolamentazione delle specializzazioni forensi, la cui acquisizione non può essere subordinata al raggiungimento di un’anzianità di iscrizione all’Albo, ma ad effettivi meriti e conoscenze tecniche; 3) consentire un più agevole sbocco professionale ai giovani praticanti e Documento Aiga ai giovani avvocati, anche con riferimento alle specializzazioni forensi ed al riconoscimento di un equo compenso non solo al praticante, ma anche all’avvocato collaboratore di studio; 4) adeguare l’accesso e il percorso universitario per chi vuole conseguire gli studi giuridici, in modo che si tenga conto dell’effettiva capacità formativa delle Facoltà di giurisprudenza, sì da consentire al giovane laureato di avere quelle conoscenze fondamentali per accedere con maggiore facilità e migliore preparazione alle professioni legali; per questo richiediamo da anni l’introduzione del numero programmato nella facoltà di giurisprudenza; 5) garantire il più ampio ricambio nelle istituzioni di rappresentanza forense, con particolare riguardo ai Consigli dell’Ordine, per cui è necessario fissare un numero massimo di mandati per la rielezione; 6) rendere effettiva la rappresentanza femminile nelle istituzioni forensi; 7) prevedere la netta divisione dell’attività disciplinare da quella amministrativa, mediante la creazione di organi di disciplina a livello distrettuale (composti da soli avvocati e senza la presenza di soggetti esterni) ed il mantenimento delle attuali competenze giurisdizionali del CNF; Presidente: Avv. Dario Greco – 90141 Palermo – Via F.sco Ferrara, n. 8 – Tel. +39091332058 – fax +39091611115 e-mail: [email protected] Aderente alla Association Internationale des Jeunes Avocats (A.I.J.A.) 90 • Associazione Italiana Giovani Avvocati Sede: Roma, via Tacito 50, Tel. 06/ 6832427 · Fax 06/97252204 8) prevedere la creazione di un · organo www.aiga.it · e-mail: [email protected] nazionale di governo dell’Avvocatura (senza competenze disciplinari), eletto a suffragio diretto da parte di tutti gli avvocati italiani, nell’ambito di un collegio unico nazionale o Documento Aiga di collegi istituiti su base distrettuale. Presidente: Avv. Dario Greco – 90141 Palermo – Via F.sco Ferrara, n. 8 – Tel. +39091332058 – fax +39091611115 e-mail: [email protected] Aderente alla Association Internationale des Jeunes Avocats (A.I.J.A.) 91 • Associazione Italiana Giovani Avvocati Sede: Roma, via Tacito 50, Tel. 06/ 6832427 · Fax 06/97252204 · www.aiga.it · e-mail: [email protected] Mediazione La nuova disciplina sulla mediazione obbligatoria nel processo civile ha determinato un irragionevole aumento dei costi di accesso alla giustizia senza alcun effettivo vantaggio deflattivo del contenzioso, ma con un’ingiustificata compressione del diritto di difesa. Oggi la mediazione (così come erroneamente disciplinata dal D.Lgs. 28/2010, dai successivi decreti ministeriali e dal Decreto Salva Italia) è soltanto un business per gli enti formatori e per gli organismi di conciliazione. In ogni caso, appare quanto mai opportuno che la futura entrata in Documento Aiga vigore della mediazione per le controversie in materia condominiale e di infortunistica stradale sia postergata in attesa della decisione della Consulta sull’ordinanza di rinvio del TAR Lazio. Infatti, un’eventuale (ed auspicata) dichiarazione di incostituzionalità potrebbe determinare effetti caotici nelle controversie in corso. Resta, però, ferma la contrarietà da parte dell’AIGA all’onerosità della mediazione obbligatoria nell’ipotesi di mancato accordo conciliativo tra le parti; non si comprende, infatti, la ragione per cui al mediatore, anche in caso di esito negativo della mediazione, debba comunque essere riconosciuto un lauto compenso, mentre per l’avvocato sono state abrogate le tariffe ed è soggetto al patto di quota lite. Presidente: Avv. Dario Greco – 90141 Palermo – Via F.sco Ferrara, n. 8 – Tel. +39091332058 – fax +39091611115 e-mail: [email protected] Aderente alla Association Internationale des Jeunes Avocats (A.I.J.A.) 92 • Associazione Italiana Giovani Avvocati Sede: Roma, via Tacito 50, Tel. 06/ 6832427 · Fax 06/97252204 · www.aiga.it · e-mail: [email protected] Liberalizzazioni La Giovane Avvocatura italiana è pronta a raccogliere in tema di liberalizzazioni; esse, infatti, possono rappresentare un vero e proprio volano per l’economia ed uno strumento di equità sociale, che premi il merito piuttosto che le rendite di posizione. Ma paragonare la categoria forense ad una casta, tutelata dall’attività lobbistica degli avvocati – parlamentari, è errato sotto tutti i punti di vista. Il solo dato numerico degli avvocati iscritti all’Albo basta a smentire l’affermazione; ma è opportuno citare alcuni provvedimenti direttamente in danno degli avvocati: Documento Aiga 1) Nel 1999 è stato introdotto il contributo unificato per le cause civili, ossia la tassa che si deve pagare per iniziare una causa. A quell’epoca il contributo unificato per una causa di €26.000,00 era di €310,00; oggi è di €450,00 in primo grado, di €675,00 in appello, di €900,00 in Cassazione. Non vi è alcun rapporto con il tasso d’inflazione. 2) Le vituperate ed abrogate tariffe forensi sono state approvate con decreto ministeriale datato 8/4/2004; d’allora ad oggi il tasso d’inflazione è stato di circa il 16% e in 8 anni non vi è stato alcun adeguamento. 3) Sempre a proposito di tariffe, dal 2006 (Legge Visco – Bersani) è caduta la cosiddetta inderogabilità dei minimi tariffari. Esse dal 2006 hanno rappresentato soltanto un parametro di riferimento, sempre derogabile tra le parti e la loro abolizione con il D.L. 1/2012 ha determinato soltanto confusione per la mancanza di una disciplina transitoria ed espone ad abusi i clienti deboli. 4) L’infausto 2006 ha fatto un altro regalo all’avvocatura (specie quella giovane); fino a quell’anno chi aveva assistito un cliente ammesso al patrocinio a spese dello Stato, alla fine del processo veniva pagato nell’arco di pochi giorni con l’anticipazione delle Poste Italiane. Al solo Presidente: Avv. Dario Greco – 90141 Palermo – Via F.sco Ferrara, n. 8 – Tel. +39091332058 – fax +39091611115 e-mail: [email protected] Aderente alla Association Internationale des Jeunes Avocats (A.I.J.A.) 93 • Associazione Italiana Giovani Avvocati Sede: Roma, via Tacito 50, Tel. 06/ 6832427 · Fax 06/97252204 · www.aiga.it · e-mail: [email protected] scopo di fare cassa, la Legge Visco-Bersani ha eliminato tale facoltà; oggi pagano gli uffici giudiziari e per incassare gli avvocati attendono circa 2 anni dalla liquidazione giudiziale. 5) A luglio del 2011 è stato abolito il regime fiscale dei minimi, che consentiva a chi aveva un fatturato inferiore a €30.000,00 di essere esonerato dall’iva. Più che un risparmio fiscale, era un risparmio burocratico, stante la semplificazione delle dichiarazioni. Negli ultimi anni di crisi economica del nostro Paese, l’Avvocatura, e quella giovane in particolare, non ha goduto di ammortizzatori sociali, di incentivi di rottamazione, di sgravi fiscali, sempre attribuiti alle imprese e ai Documento Aiga lavoratori dipendenti e sempre negati ai liberi professionisti. La prova del continuo declino della categoria forense si ricava dalle recenti statistiche diramate dalla Cassa di Previdenza, che dimostrano un continuo calo del reddito pro-capite, in persistente discesa dal 2007, con una perdita di ricchezza dell’avvocato medio italiano del 12% (comprensivo dell’inflazione) nel triennio 2008-2010. Forse è arrivato allora il tempo di abbandonare i facili spot e di ragionare veramente sulle liberalizzazioni nel nostro Paese. Appare quindi opportuno procedere alla liberalizzazione: a) delle compravendite immobiliari; b) delle autentiche degli atti; c) delle redazioni e pubblicazioni di testamenti; d) delle costituzioni di società, associazioni, fondazioni; e) degli atti di trasferimento di partecipazioni societarie. L’Antitrust il 5 gennaio nella sua relazione al Parlamento ha chiesto il raddoppio della pianta organica dei notai, oggi di 5.779 unità. Presidente: Avv. Dario Greco – 90141 Palermo – Via F.sco Ferrara, n. 8 – Tel. +39091332058 – fax +39091611115 e-mail: [email protected] Aderente alla Association Internationale des Jeunes Avocats (A.I.J.A.) 94 • Associazione Italiana Giovani Avvocati Sede: Roma, via Tacito 50, Tel. 06/ 6832427 · Fax 06/97252204 · www.aiga.it · e-mail: [email protected] Il Decreto Legge n. 1/2012 ha, invece, aumentato la pianta organica di alcune centinaia di unità. Se si considera che nel 1914 i posti di notaio in Italia erano 4.310, si comprende immediatamente che la misura è inadeguata, tenuto conto che tra l’indizione di un concorso notarile e la sua conclusione trascorrono circa 3/4 anni e stante l’effettiva presenza in servizio di circa 4.700 notai, con un reddito medio nel 2004 di circa €430.000,00. La casta notarile si divide, ogni anno, una torta di circa 1.300.000 atti di compravendita immobiliare (dati dell’Agenzia del Territorio). Ossia 284 compravendite per notaio, più di uno per ogni giorno lavorativo, trovando tempo per redigere anche testamenti, pubblicarli, autenticare atti, costituire Documento Aiga società e quant’altro. Presidente: Avv. Dario Greco – 90141 Palermo – Via F.sco Ferrara, n. 8 – Tel. +39091332058 – fax +39091611115 e-mail: [email protected] Aderente alla Association Internationale des Jeunes Avocats (A.I.J.A.) 95 • Associazione Italiana Giovani Avvocati Sede: Roma, via Tacito 50, Tel. 06/ 6832427 · Fax 06/97252204 · www.aiga.it · e-mail: [email protected] Società di capitali L’art. 10 della Legge di stabilità ha stabilito che, a far data dal 1° gennaio 2012, le attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico possono essere esercitate anche in forma di società senza limiti né vincoli nell’adozione dei tipi sociali regolati nel codice civile. La medesima norma ha, inoltre, previsto l’ingresso di soci non professionisti che possono detenere quote sociali di maggioranza e/o dirigere l’Organo amministrativo delle società. Solo successivamente con il maxiemendamento al DL si è normato il ruolo del socio di capitali limitandone la quota ad 1/3 del capitale ed escludendo i poteri di amministrazione. Documento Aiga La Giovane Avvocatura, pur guardando con favore ad un ammodernamento della Società tra Professionisti già prevista dalla L. 96/2001 in linea con quanto richiesto dalla Commissione Europea, ritiene che le uniche forme societarie che debbano trovare ingresso nel nostro sistema siano le società cooperative e le S.r.l. a capitale esclusivamente professionale e con esclusione di soci di investitori, affinché di possa: - garantire l’autonomia e l’indipendenza del socio professionista avvocato nell’esercizio della propria attività; - garantire il rispetto per i soci professionisti dei rispettivi codici deontologici e dei principi fondamentali delle professioni; - scongiurare ogni possibile infiltrazione nelle società tra professionisti e non di capitali di provenienza illecita. Del resto anche in altri Paesi membri dell’Unione Europea (Francia, Germania, Regno Unito) non vi è previsione alcuna dell’ingresso del socio di puro capitale nelle società tra professionisti e ciò proprio per la tutela dei principi sopra enunciati. Sempre a tutela dei medesimi principi in Spagna, invece, pur essendo disciplinate le società con soci di capitale non professionisti, Presidente: Avv. Dario Greco – 90141 Palermo – Via F.sco Ferrara, n. 8 – Tel. +39091332058 – fax +39091611115 e-mail: [email protected] Aderente alla Association Internationale des Jeunes Avocats (A.I.J.A.) 96 • Associazione Italiana Giovani Avvocati Sede: Roma, via Tacito 50, Tel. 06/ 6832427 · Fax 06/97252204 · www.aiga.it · e-mail: [email protected] è stato previsto per essi uno sbarramento pari ad ¼ della quota del capitale complessivo e, comunque, il divieto di conferire loro poteri di rappresentanza. In ogni caso, la limitazione alla partecipazione societaria al 33% (prevista dalla Legge di conversione del D.L. 1/2012) di per sé non garantisce l’indipendenza e l’autonomia del professionista e comporta la necessità di regolare, tra gli altri aspetti, i conflitti d’interesse, la cessione delle partecipazioni, l’obbligatorietà di clausole di gradimento e l’esclusione dei poteri di amministrazione del socio investitore. L’AIGA auspica che l’Avvocatura venga coinvolta direttamente nella redazione di regolamenti di attuazione ad oggi necessari per far sì che il modello societario sia adeguato Documento Aiga alle peculiari esigenze della professione di avvocato. Presidente: Avv. Dario Greco – 90141 Palermo – Via F.sco Ferrara, n. 8 – Tel. +39091332058 – fax +39091611115 e-mail: [email protected] Aderente alla Association Internationale des Jeunes Avocats (A.I.J.A.) 97 98 CONGRESSO STRAORDINARIO FORENSE DI MILANO MOZIONE SULLA GIUSTIZIA TRIBUTARIA L’Avvocatura italiana, riunita in Congresso Straordinario in Milano Premesso: che compito essenziale ed irrinunciabile per il quale è storicamente nato lo Stato è quello di assicurare l’amministrazione della Giustizia a favore di tutti i cittadini; che negli stati moderni tale presupposto costituisce parte integrante del “contratto sociale”, in forza del quale il cittadino cede parte della propria sovranità individuale allo Stato ed accetta di pagare tributi; Rilevato: che pertanto la Giustizia Tributaria deve funzionare, assicurando il più ampio accesso dei cittadini alla tutela dei loro diritti, senza distinzione; che lo Stato ha pertanto solo la responsabilità (e, nei limiti di tale responsabilità, la discrezionalità) di scegliere i mezzi e gli strumenti più idonei per far funzionare al meglio la Giustizia, ma non ha discrezionalità alcuna “se” far funzionare la Giustizia. che non può quindi essere accettata in proposito alcuna limitazione, in quanto l’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo pone il “giusto processo” come diritto fondamentale ed irrinunciabile, riconosciuto peraltro espressamente anche dalla Carta Costituzionale all’art. 111; che il “giusto processo” è stato definito dal Primo Presidente della Corte di Cassazione come un “pre-diritto” in quanto, se non funziona la Giustizia, tutti gli altri diritti fondamentali non possono trovare concreta attuazione e tutela e rischiano, quindi, di rimanere semplici e vuote enunciazioni; che la Giustizia deve assicurare, sempre in forza dell’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dell’art. 111 della Costituzione, una decisione in tempi ragionevoli (quantificati dalla Corte di Strasburgo nei termini massimi di tre anni per il giudizio di primo grado, due per quello di appello ed uno per quello di cassazione), oltre ad una ragionevole qualità del processo e della decisione stessa (e, quindi, il rispetto del pieno contraddittorio, della parità delle parti, della terzietà del giudice); che gli innumerevoli interventi estemporanei e parziali sulla Giustizia tributaria che in questi ultimi anni si sono susseguiti, hanno solo portato a un progressivo peggioramento del 99 funzionamento del processo, sia sotto il profilo dei tempi che della qualità, perché il processo ha necessità di avere il minor numero possibile di norme, chiare e facilmente interpretabili.; Sulla base delle premesse che precedono, il Congresso Straordinario dell’Avvocatura Italiana chiede che: Sia, in primo luogo e finalmente, approvata una riforma organica della Giustizia Tributaria, con interventi estremamente mirati, volti a ridare efficienza al processo, salvaguardandone le sue caratteristiche essenziali. A tal fine, ricordato quanto approvato dal Congresso Forense di Genova del novembre 2010, rinnova la urgente richiesta dei seguenti provvedimenti, tesi a normalizzare e perequare i rapporti tra Amministrazione e Contribuenti, mettendoli sullo stesso piano dal punto di vista processuale e garantendo una Magistratura Tributaria indipendente, professionale e a tempo pieno. Si ricorda che se vi sono arretrati nella giustizia civile e penale, non si comprende perché giudici appartenenti a tali settori debbano dedicare parte del loro tempo ad occuparsi di materie loro non congeniali e alle quali possono dedicare solo quanto distolto dalla loro attività primaria. Si chiede pertanto: 1. il riconoscimento allo statuto dei diritti del contribuente, di norma di rango costituzionale, che prevale conseguentemente, sulle norme delle leggi ordinarie. 2. La definizione legislativa dei concetti di anti elusione, di abuso del diritto e di interposizione fittizia, allo scopo di darne certezza giuridica ed evitare le derive interpretative dell’amministrazione. 3. L’abolizione delle presunzioni contro il contribuente, in primis l’art. 32 in merito ai prelievi che diventano ricavi. 4. L’ obbligo dell’ufficio di indicare già in sede di accertamento tutte le prove contro il contribuente. 5. La impossibilità di iniziare una azione esecutiva sui beni del contribuente prima della definizione con sentenza passata in giudicato, del suo debito di imposta. Si ricorda che, a 100 garanzia delle sue pretese, l’amministrazione ha facoltà di proporre azioni cautelari che non pregiudicano, di conseguenza, i suoi crediti. 6. la semplificazione del giudizio di ottemperanza, per rendere più immediata l’efficacia della sentenza a favore del contribuente vittorioso. 7. l’obbligo per l’amministrazione soccombente di provvedere all’immediato pagamento delle spese di giudizio dopo ogni sentenza e l’eventuale rimborso delle somme contestate o già pagate nel corso della procedura, senza attendere la definitività della stessa. 8. Il risarcimento del danno al contribuente di fronte a comportamenti dilatori o vessatori dell’amministrazione in sede processuale, analogo al risarcimento per lite temeraria in procedura civile. Non solo, si chiede la responsabilità dell’amministrazione ai sensi art. 2043 cc per il mancato o ritardato annullamento di un atto illegittimo nell’esercizio del potere di autotutela, ove tale comportamento abbia recato danno al contribuente. 9. L’obbligo di deposito della sentenza in trenta giorni dall’udienza di decisione e la sospensione delle azioni esecutive fino al deposito. 10. la informatizzazione degli uffici giudiziari e l’attuazione, su tutto il territorio nazionale, dell’avvio del processo telematico. 11. La selezione di Magistrati Tributari, che si dedichino a tale attività a tempo pieno, indipendenti, vale a dire non provenienti dall’Amministrazione Finanziaria dello Stato, ai quali venga riservata una preparazione specifica, giuridica ed economica, per lo svolgimento del proprio compito. 12. L’inibizione dell’inizio di azioni esecutive sui beni del contribuenti prima che lo stesso sia riconosciuto debitore di somme allo Stato. Si deve necessariamente segnalare che i poteri concessi per legge all’Amministrazione Finanziaria, se ritenuti necessari per combattere l’evasione fiscale, sono estremamente invasivi nei confronti del contribuente e i dati sullo stesso raccolti devono essere utilizzati esclusivamente a tale scopo, evitando pericolose derive in altri campi. Si vorrebbe, infine, che lo stesso impegno dedicato alla lotta contro l’evasione fiscale venisse dedicato alla lotta contro lo sperpero e la cattiva gestione del denaro pubblico, rendendo finalmente 101 responsabili nei confronti della società coloro che abusano dei mezzi messi a loro disposizione, con fatica e sacrifici, dalla collettività. 102 • Associazione Italiana Giovani Avvocati Sede: Roma, via Tacito 50, Tel. 06/ 6832427 · Fax 06/97252204 · www.aiga.it · e-mail: [email protected] Previdenza L’ultima manovra del Governo Monti ha imposto a tutti gli enti previdenziali privatizzati di garantire l’equilibrio di bilancio e la stabilità gestionale per un periodo minimo di 50 anni – non tenendo conto dell’incidenza delle rendite da patrimonio – pena la trasformazione del sistema previdenziale da retributivo a contributivo con applicazione integrale del pro rata temporis. La Giovane Avvocatura ritiene che il sistema “pro rata” sia iniquo per le diverse generazioni poiché mira solo ed esclusivamente a salvaguardare diritti quesiti o meglio ingiustificati privilegi. D’altro canto la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense non potrebbe intervenire per abolire la Documento Aiga previsione del sistema “pro rata” in deroga alla legge. E’ per tale motivo che l’AIGA auspica che il legislatore intervenga con l’abolizione del sistema “pro rata”, incidendo retroattivamente sui diritti quesiti anche di natura patrimoniale e sugli ingiustificati privilegi, atteso l’elevato grado di ragionevolezza del pregiudizio che tale sistema porta ai giovani e la non contrarietà di tale auspicabile norma agli altri valori ed interessi costituzionalmente protetti, come più volte affermato dalla Corte Costituzionale. Quanto poi ai criteri di rappresentanza all’interno di Cassa Forense, l’AIGA ha da sempre ritenuto ingiustificabile ogni sbarramento anagrafico legato all’elettorato passivo di Cassa Forense, auspicandone la completa eliminazione. Dunque la Giovane Avvocatura auspica che: - Ogni iscritto a Cassa Forense potrà essere eleggibile sin dal primo anno di iscrizione; - Non potrà essere eleggibile chi ha già maturato il diritto alla pensione; - Gli avvocati che godono del trattamento pensionistico e che ancora esercitano la professione dovranno versare il contributo integrativo soggettivo nella stessa misura in cui lo versano gli altri iscritti. Presidente: Avv. Dario Greco – 90141 Palermo – Via F.sco Ferrara, n. 8 – Tel. +39091332058 – fax +39091611115 e-mail: [email protected] Aderente alla Association Internationale des Jeunes Avocats (A.I.J.A.) 103 • Associazione Italiana Giovani Avvocati Sede: Roma, via Tacito 50, Tel. 06/ 6832427 · Fax 06/97252204 · www.aiga.it · e-mail: [email protected] Conclusioni I punti sopra affrontati sono soltanto brevi cenni sugli argomenti di maggiore urgenza oggi individuati dall’AIGA. Su ciascuno di essi la Giovane Avvocatura è pronta a formulare proposte articolate e complete in difesa della Giustizia e della Giurisdizione e, quindi, dei cittadini, rectius delle persone, e dello Stato di diritto. Auspicando che tutti i soggetti coinvolti nel dibattito politico abbandonino sterili preconcetti di parte, ritenendo che le riforme debbano essere fatte contro o a favore di qualcuno ed avendo come unico obiettivo il Documento Aiga bene del Paese. Presidente: Avv. Dario Greco – 90141 Palermo – Via F.sco Ferrara, n. 8 – Tel. +39091332058 – fax +39091611115 e-mail: [email protected] Aderente alla Association Internationale des Jeunes Avocats (A.I.J.A.) 104 105 MOZIONE SULLA GIUSTIZIA CIVILE L’Avvocatura italiana, riunita in Congresso Straordinario in Milano Premesso: che compito essenziale ed irrinunciabile per il quale è storicamente nato lo Stato è quello di assicurare l’amministrazione della Giustizia a favore di tutti i cittadini; che negli stati moderni tale presupposto costituisce parte integrante del “contratto sociale”, in forza del quale il cittadino cede parte della propria sovranità individuale allo Stato ed accetta di pagare tributi; Rilevato: che pertanto la Giustizia civile deve funzionare, assicurando il più ampio accesso dei cittadini alla tutela dei loro diritti, senza distinzione alcuna di tipo oggettivo (fra micro e macro diritti) o, peggio ancora, di tipo soggettivo (come, ad esempio, fra semplici cittadini ed imprese); che lo Stato ha pertanto solo la responsabilità (e, nei limiti di tale responsabilità, la discrezionalità) di scegliere i mezzi e gli strumenti più idonei per far funzionare al meglio la Giustizia, ma non ha discrezionalità alcuna “se” far funzionare la Giustizia. 106 che non può quindi essere accettata in proposito alcuna limitazione derivante da teorie economicistiche (rectius “pseudoeconomicistiche”), in quanto l’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo pone il “giusto processo” come diritto fondamentale ed irrinunciabile, riconosciuto peraltro espressamente anche dalla Carta Costituzionale all’art. 111; che il “giusto processo” è stato definito dal Primo Presidente della Corte di Cassazione come un “pre-diritto” in quanto, se non funziona la Giustizia, tutti gli altri diritti fondamentali non possono trovare concreta attuazione e tutela e rischiano, quindi, di rimanere semplici e vuote enunciazioni; che in questa ottica l’obiettivo non può e non deve essere quello della “deflazione” del contenzioso (e cioè di una restrizione dell’accesso alla Giustizia) ma bensì di come dare una corretta ed efficace risposta alla domanda di giustizia dei cittadini; che la Giustizia civile deve assicurare, sempre in forza dell’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dell’art. 111 della Costituzione, una decisione in tempi ragionevoli (quantificati dalla Corte di Strasburgo nei termini massimi di tre anni per il giudizio di primo grado, due per quello di appello ed uno per quello di cassazione), oltre ad una ragionevole qualità del processo e della decisione stessa (e, quindi, il rispetto del pieno contraddittorio, della parità delle parti, della terzietà del giudice); che gli innumerevoli interventi estemporanei e parziali sulla Giustizia civile che in questi ultimi vent’anni si sono susseguiti e spesso sovrapposti, hanno solo portato a un progressivo peggioramento del funzionamento del processo, sia sotto il profilo dei tempi che della qualità, perché il processo 107 ha necessità di avere il minor numero possibile di norme, chiare e facilmente interpretabili. (L’esempio più eclatante del fallimento delle recenti riforme più o meno “epocali” è quello del processo societario, trionfalmente approvato nel 2003 e abrogato solo pochi anni dopo); che se è innegabile che il delicato momento economico che sta attraversando la nostra Nazione deve indurre alla massima attenzione sotto il profilo economico e, quindi, al taglio di tutte le spese superflue, è altrettanto vero che, nel solo anno 2011, lo Stato italiano è stato condannato al pagamento di oltre 84 milioni di euro a titolo di indennità, ex Legge “Pinto”, per violazione del “termine ragionevole” di durata dei processi e, secondo le stime di Bankitalia e Confindustria, il mancato tempestivo funzionamento della Giustizia civile scoraggerebbe gli investimenti stranieri in Italia e farebbe perdere annualmente circa 1 punto di Pil (e quindi oltre 15 miliardi di euro); che, anziché spendere somme ingenti per la riparazione della violazione delle norme del “giusto processo”, e perdere somme enormi per il mancato funzionamento della Giustizia civile, anche dal punto di vista strettamente economico, è più che ragionevole (come farebbe qualsiasi privato imprenditore, ma anche un semplice capofamiglia, in relazione al proprio bilancio famigliare) investire alcune decine di milioni di euro (e quindi somme, in tale ambito, estremamente modeste) per un corretto funzionamento della Giustizia civile; Sulla base delle premesse che precedono, il Congresso Straordinario dell’Avvocatura Italiana 108 chiede che: 1) Sia, in primo luogo e finalmente, approvata una riforma organica della Giustizia civile, con pochi e limitati, ma estremamente mirati interventi, volti a ridare efficienza al processo, salvaguardandone le sue caratteristiche essenziali. A tal fine, per evitare il ripetersi di interventi inutili e contraddittori e ricordato che anche il Primo Presidente della Corte di Cassazione, nella sua relazione introduttiva del corrente anno giudiziario, proprio a proposito di recenti provvedimenti in materia civile, ha rilevato la necessità di una “interlocuzione con l’Avvocatura e la Magistratura, così da assumere adeguate informazioni da chi opera negli uffici giudiziari”, si chiede che il Ministro della Giustizia provveda all’immediata nomina di un’apposita commissione ristretta, composta, in numero paritetico, da magistrati, avvocati e docenti universitari di discipline processualcivilistiche e comparatistiche, assegnando un breve termine (in via indicativa 120-150 giorni) per l’elaborazione di un progetto, meditato ed il più possibile condiviso, da approvare poi immediatamente in Parlamento, se del caso con lo strumento della decretazione d’urgenza. 2) Nell’ambito di tale progetto dovrà essere individuato anche lo strumento più idoneo per l’eliminazione dell’arretrato civile, previa la reale quantificazione dello stesso, tramite la scomposizione dei dati statistici. (L’arretrato, infatti, non coincide, come spesso viene erroneamente enunciato, con il contenzioso pendente. In un sistema processuale “evoluto” è fisiologico e diremmo anzi necessario, che vi sia contenzioso pendente. L’arretrato è costituito solo dal contenzioso pendente da un tempo eccedente quello considerato come termine massimo). 109 3) Nell’ambito di tale elaborando progetto, uno dei punti fondamentali dovrà essere costituito da una reale ed effettiva semplificazione dei riti, nell’ottica finale della loro unificazione (che fra l’altro non comporterebbe costi aggiuntivi ma, anzi, potrebbe ridurli). Una delle cause principali della lentezza del processo e della sua ipertrofia, è costituita dal fatto che, secondo dati statistici, quasi il 50% delle decisioni risolvono solo questioni di rito e non di merito. Con l’inevitabile conseguenza, quindi, di spreco di risorse e di attività e che la parte, dopo una controversia spesso durata molti anni, anziché giungere alla soluzione della stessa ha solo l’indicazione del giudice competente presso cui iniziare, ex novo, la medesima controversia. 4) Contestualmente alla riforma del processo civile, dovrebbe essere data attuazione alla delega per la revisione della geografia giudiziaria. L’Avvocatura è ben conscia che l’attuale geografia giudiziaria non risponde più, in molti casi, a reali esigenze ma costituisce, anzi, un ostacolo al miglior funzionamento della Giustizia. La delega per la revisione della geografia giudiziaria deve essere, quindi, esercitata dal Governo con coraggio, superando le inevitabili pressioni municipalistiche e localistiche che, fino ad oggi, l’hanno resa impossibile ma, nel contempo, deve essere effettuata con attenta ponderazione, senza rigidi automatismi e previa consultazione, anche in questo caso, della Magistratura e dell’Avvocatura. Tale revisione dovrà essere compiuta anche tenendo conto della informatizzazione degli uffici e della introduzione del processo telematico. 110 5) Sempre in parallelo con la riforma del codice di rito di cui al precedente punto 1, appare indilazionabile l’approvazione della riforma della professione forense. Anche la mancata approvazione di tale riforma incide infatti negativamente sul funzionamento della giustizia ed in particolare di quella civile, in quanto l’ormai sempre maggiore complessità dell’ordinamento e delle fonti del diritto (non più, come solo fino a qualche decennio fa, esclusivamente di origine statuale, ma ora anche di origine comunitaria e regionale) richiede un avvocato ancor più e sempre più tecnicamente preparato e, se del caso, “specializzato” e l’ipertrofia degli iscritti agli albi richiede altresì un ulteriore innalzamento del livello e del controllo deontologico. 6) Per quanto concerne poi la Magistratura si dovrà provvedere all’immediata copertura dei posti vacanti; al richiamo alle funzioni giurisdizionali di tutti i magistrati distaccati presso i ministeri ed altri enti pubblici; ad una previsione dell’impossibilità di assumere incarichi extragiudiziali (quanto meno fino al momento in cui la Giustizia italiana non raggiungerà un funzionamento almeno pari a quello degli altri stati europei) ed a un controllo sull’effettiva produttività dei magistrati e della qualità dei loro provvedimenti, nonché della capacità dei dirigenti preposti alla direzione degli uffici giudiziari. 7) Contestualmente, dovranno essere coperti anche i posti in pianta organica dei cancellieri e di tutto l’altro personale ausiliario e si dovrà procedere ad una attenta verifica anche della produttività del medesimo personale. 111 8) Da ultimo dovrà essere completata la informatizzazione degli uffici giudiziari e data attuazione, su tutto il territorio nazionale, all’avvio del processo telematico. 112 DOCUMENTI PERVENUTI DALL’ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA 113 114 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA GEOGRAFIA GIUDIZIARIA 1. Premessa La distribuzione degli Uffici Giudiziari sul territorio è tema dibattuto nell’ambito della politica giudiziaria fin dai primi anni 50 ma è divenuto, solo in quest’ultimo decennio, di pressante attualità. L’attuale assetto delle circoscrizioni giudiziarie risale al momento dell’Unità d’Italia, ritenendosi in periodo storico importante mantenere l’assetto in essere, che di fatto coincideva con le allora provincie. Nel 1923 molti Tribunali, non capoluogo di provincia vennero soppressi, nell’ambito di una riforma delle Circoscrizioni, che intendeva privilegiare la sede provinciale rispetto alla prossimità. I disagi furono subito immediati e le proteste popolari portarono, con la ripresa della legalità, alla ricostituzione dei Tribunali soppressi dalla legislazione totalitaria. Successivamente esigenze di singoli territori richiesero modifica di circondari ed istituzioni di nuove sedi. L’Istituzione del Giudice di Pace, del Giudice Unico con la soppressione del Pretore, hanno portato ulteriori modifiche, senza però mai interessare in senso negativo la dislocazione pre unitaria dei Tribunali, solo marginalmente modificata nel tempo con la costituzione di pochi nuovi Uffici, anche a seguito delle norme sui Tribunali Metropolitani. Attualmente la Geografia Giudiziaria comprende 848 Uffici del Giudice di Pace, 165 Tribunali e Procure della Repubblica, 220 Sezioni distaccate di Tribunali, 29 Corti di Appello (con 3 sezioni distaccate) e relative Procure Generali. Il dibattito Il dibattito sulla Geografia Giudiziaria e in particolare in quali termini pervenire ad una nuova distribuzione è da sempre imperniato, sostanzialmente, su due aspetti: 1) sopprimere i tribunali non capoluogo di provincia, accorpandoli a quelli aventi sede presso il capoluogo ovvero e in aggiunta o alternativa 2) sopprimere quelli con un numero inferiore di Magistrati in organico, rispetto ad un parametro “x” , di periodo in periodo storico individuato come sinonimo di efficienza. In buona sostanza la discussione politica risultava sempre indirizzata e finalizzata a sopprimere in particolare gli uffici di prossimità, tralasciando ogni pur necessaria indagine su ulteriori e diverse cause che rendevano altre strutture non periferiche, ben più inefficienti; soppressione che rimetteva la sopravvivenza o meno di un ufficio a Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it 115 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA criteri per così dire del tutto automatici e insindacabili e assolutamente avulsi dal contesto territoriale. 2. La proposta OUA Con deliberato del gennaio 2010 l’Organismo Unitario dell’Avvocatura, riprendendo precedenti studi, quanto rassegnato in sede di audizione parlamentare l’11.6.2008 e gli esiti del Seminario del Luglio 2008 in Bassano del Grappa proponeva un nuovo e diverso approccio alla materia. Dopo aver esaminato lo stato di efficienza degli uffici e rilevato come le maggiori criticità si presentassero da un lato in molti tribunali di grandi dimensioni, per le difficoltà insite proprio nella natura della struttura e dall’altro in gran parte delle sezioni distaccate, per la frammentarietà della materia attribuita e per la congenita mancanza di organici, evidenziava come una nuova e utile “Geografia Giudiziaria” doveva essere attuata in maniera complessiva, con riferimento “a tutti gli Uffici presenti sul territorio, siano essi del Giudice di Pace, Sezioni Staccate di Tribunale, Tribunali e Corti di Appello”. In tal senso richiamava i principi della legge istitutiva dei Tribunali Metropolitani. Da queste considerazioni nasceva la proposta dell’Avvocatura, che individuava quale cardine portante, non tanto la generalizzata soppressione fine a se stessa di Uffici, quanto la preventiva ridistribuzione del territorio e conseguente carico di lavoro tra presidi finitimi, così da creare, all’interno di territori legati da ragioni sociali, economiche o addirittura storiche, situazioni il più omogenee possibili così da poter rispettare il dettato costituzionale di una giustizia uguale per tutti, non solo nelle decisioni, ma anche nell’accesso e nei tempi di risposta. Precisava che tale distribuzione, per raggiungere utili risultati, doveva avvenire senza tener conto dei confini geografici ed in particolare di quelli legati alle oramai obsolete province, sicuramente limitativi, in un’ottica di revisione moderna e attuale. In buona sostanza, valutato che l’attuale geografia presentava in tutto il paese Uffici di ogni grado, già completamente organizzati e per quanto riguardava i Tribunali Minori oltretutto in grado di fornire il miglior servizio giustizia al proprio circondario, appariva illogico e antieconomico optare per la preventiva cancellazione, così impoverendo irrimediabilmente sotto il profilo dei servizi e della educazione alla legalità determinati territori, senza prima valutare la possibilità di loro implementazione. Nei successivi dibattiti, il concetto di ridistribuzione iniziava a trovare ingresso, portando così sul piano della discussione un nuovo e concreto argomento, che oltretutto consentiva di coinvolgere in scelte così fondamentali per il cittadino, tutte le realtà locali e quindi ben diverso da quello numerico o provinciale precedentemente affrontato, che Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it 116 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA di fatto calava sul territorio senza possibilità alcuna di intervento, scelte avulse dalla realtà. Ridistribuzione che in una visione di ampio respiro doveva trovar attuazione, secondo alcune opinioni, con inizio non tanto dal GdP ma dagli Uffici di secondo grado, anche questi meritevoli di attenzione per le medesime ragioni di uguale accesso e risposta. Va qui annotato che il rinnovato dibattito ha altresì consentito l’introduzione di altre proposte anche integrative o complementari a quella dell’Oua, quale quella suggerita dal Presidente della Corte di Appello di Torino, nel corso dell’Inaugurazione dell’Anno Giudiziario Cons. Barbuto1 e quella sui Tribunali ad alta tecnologia2. 3. La delega per la riforma delle circoscrizioni Mentre il dibattito cercava di delineare il campo di azione, per un razionale adeguamento della Geografia Giudiziaria, interveniva la Legge 14 settembre 2011, n. 148 con la quale, all’art. 1, il Governo veniva delegato ad emanare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e 1 L’esigenza di non disperdere questo patrimonio di efficienza, prossimità e cultura alla Giustizia, ben si contempera con la proposta del Presidente della Corte di Appello di Torino, Il Presidente Cons. Barbuto, rilevato che in base alle “Tabelle” che tutti gli Uffici debbono elaborare ogni tre anni, i Tribunali sono collegati in gruppi geograficamente omogenei e che in sede di loro elaborazione si può prevedere, in alternativa alla supplenza, alla assegnazione congiunta, individua nella “co-assegnazione infradistrettuale la chiave di soluzione dell’annoso problema dei tribunali minori” Da qui la proposta operativa: ciascun ufficio oggi esistente conserverebbe la sua struttura, pianta organica, risorse umane e materiali, sede. Un certo numero di giudici (la metà) rimarrebbe assegnato alla sede naturale in assegnazione esclusiva e la restante metà, senza per questo diminuire l’organico della sede di appartenenza, verrebbe co-assegnata alle sedi geograficamente vicine, aumentando così l’organico di quest’ultime. Ciò consentirebbe di raggiungere, pur richiedendo un sacrificio per i magistrati co-assegnati, il numero ottimale di giudici per ufficio giudiziario, evitare situazioni di incompatibilità, favorire la specializzazione.. La proposta sicuramente interessante e si inserisce positivamente nella discussione sulla razionalizzazione della Geografia Giudiziaria. Si deve infatti in linea generale condividere un impianto riformatore, che si discosta dalla mera applicazione di dati numerici, asetticamente estrapolati dalle realtà locali, come fin qui fatto da chi si è occupato di questo argomento, per ricercare soluzioni che mantengano il più possibile inalterata l’attuale dislocazione degli Uffici di primo grado 2 I Tribunali c.d. “minori” hanno una funzione importante nella distribuzione della geografia giudiziaria nel territorio nazionale e la loro presenza rappresenta un rilevante “valore” per il territorio non essendo venute meno le ragioni per le quali furono istituite Debbono quindi continuare ad esistere assolvendo ad un ruolo ed una funzione di fondamentale importanza per l’intero sistema giudiziario. Data la loro dimensione contenuta possono, con problemi di gran lunga minori rispetto a quelli dei Tribunali di maggiori dimensioni, strutturarsi tecnologicamente ed informaticamente in modo da realizzare compiutamente il processo civile telematico Divenendo “Tribunali ad Alta Tecnologia” si realizzerebbe il duplice obiettivo di accelerare i tempi di svolgimento del processo e di ridurre drasticamente i costi di esercizio. L’applicazione piena della tecnologia informatica nel Processo Civile Telematico (PCT), e l’attuazione degli applicativi nel campo penale comporta, infatti, una riduzione del personale esistente prudentemente valutata del 30-40% . La realizzazione del progetto, è a costo zero e fa raggiungere il duplice obiettivo di una forte accelerazione del processo civile e risparmio di personale Per far diventare questi Tribunali ad alta tecnologia, non c’è bisogno di nessun provvedimento di carattere legislativo; è sufficiente, dare piena attuazione all’attuale normativa in tema di PCT a cominciare dalle notificazioni per finire alla sentenza passando dal deposito degli atti e documenti, al rilascio delle copie al pagamento telematico dell’”unico” e dei diritti di Cancelleria. L’unica attività da svolgere di persona sarebbe quella dell’udienza cui si andrebbe non portando alcun fascicolo cartaceo ma utilizzando, da parte del Giudice il fascicolo informatico. Ai fascicoli informatici che si formerebbero avrebbero accesso gli avvocati per i giudizi in cui sono direttamente interessati mentre magistrati e personale di cancelleria avrebbe accesso libero a tutti i fascicoli. Per quanto riguarda il processo civile in senso ampio, tutte le attività possono essere svolte telematicamente senza necessità di persone estranee presenti negli Uffici Giudiziari. A partire da una data determinata, quindi, tutte le attività dovrebbero essere svolte telematicamente e non esisterebbero più fascicoli cartacei. I giudizi in corso proseguirebbero con fascicoli cartacei fino all’esaurimento. Anche per il penale l’informatizzazione si è avviata in maniera concreta, attualmente sono operative alcune funzioni e cioè la richiesta di notizie di reato ed il rilascio di copia del fascicolo (art.415 bis c.p.p.) ma altre funzioni sono in fase di concreta realizzazione . Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it 117 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA incremento di efficienza, mediante la riduzione degli uffici giudiziari di primo grado del disegno di legge. Il provvedimento nel delineare le linee guida di attuazione, dopo aver stabilito la necessità della presenza del tribunale in ogni capoluogo di provincia e di almeno tre in ogni distretto di Corte d’appello, stabiliva che alla riorganizzazione degli Uffici si doveva pervenire mediante ridistribuzione territoriale, tra uffici limitrofi della stessa area provinciale Introduceva poi ulteriori criteri oggettivi e omogenei quali l’estensione del territorio, numero di abitanti, carichi e sopravvenienze, specificità territoriale, tasso di criminalità. Introduceva poi due novità assolute: 1) la possibilità di accorpare solo le Procure, indipendentemente dal Tribunale di riferimento, così costituendo un terzius genus di Tribunale e 2) la necessita della presenza del Giudice di Pace solo presso la sede del Tribunale circondariale, con possibilità per i Comuni degli Uffici soppressi, di mantenere il servizio sul territorio, previo accollo dei relativi costi. Veniva poi istituita apposita Commissione Ministeriale per la raccolta dei dati necessari all’attuazione e quindi pubblicato lo schema di Decreto Legislativo recante: “Revisione delle circoscrizioni giudiziarie – Uffici dei giudici di pace, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148” che prevede l’accorpamento o meglio la soppressione, tra i 681 uffici non circondariali di ben 674 e il mantenimento, per il momento dei 165 circondariali. 4.La posizione OUA sulla delega L’ Organismo Unitario prendeva immediatamente posizione sul contenuto della delega e sugli effetti, non tutti condivisibili, che il legiferare d’urgenza poteva portare su un argomento così delicato e coinvolgente interessi diffusi e che proprio per questo richiedeva, per unanime parere, una concertazione politica e territoriale. Con rispettive delibere di Giunta e di Assemblea l’OUA, pur concordando nell’esigenza di affrontare con speditezza le problematiche legate alla geografia giudiziaria, ribadiva che ciò non poteva avvenire in termini settoriali o limitati solo ad alcuni Uffici, dovendo invece comportare una ampia e complessiva disamina delle esigenze socio – economico - territoriali di tutti gli Uffici dove si amministra Giustizia, siano essi del Giudice di Pace, Sezioni Staccate di Tribunale, Tribunali e Corti di Appello. Non vi è infatti dubbio che le tematiche legate alla geografia giudiziaria, così fondamentali nel rapporto tra cittadino e giustizia ed in particolare su un rapido, efficiente e paritetico funzionamento di tutti gli Uffici, non possono essere trattate e decise sotto la spinta dell’emergenza e soprattutto con lo strumento della delega Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it 118 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA legislativa, che di per sé esclude ogni forma di contraddittorio costruttivo con le parti coinvolte da tali sostanziali modifiche, né possono formare oggetto di soluzioni definitive senza consultazione, discussione e dibattito tra gli operatori del settore. In particolare si riteneva erroneo che la “riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari”, ai fini di una maggior efficienza e risparmio, dovesse avere quale, criterio guida, quello indicato al punto a) della proposta governativa e cioè la riduzione degli uffici di primo grado. Una efficiente, attuale ed economicamente utile, riorganizzazione giudiziaria non si può realizzare attraverso la immotivata soppressione di alcuni uffici o Tribunali solo perché non aventi sede in capoluogo di provincia, ma piuttosto, come l’OUA aveva da tempo indicato, attraverso la ridistribuzione sul territorio del carico di lavoro dei singoli Uffici, con attribuzione a questi di porzione di territorio dei circondari limitrofi, creando conseguentemente strutture il più omogenee possibile in termini di territorio, popolazione e organici. Quindi, pur condividendo il ricorso al criterio della ridistribuzione territoriale, si doveva però nel contempo fortemente contrastare la decisione di assumere come area prioritaria di intervento riequilibrativo del carico di lavoro e territoriale, quello esclusivamente provinciale, particolarmente limitativo e penalizzante, oltre che contraddittorio in un momento in cui la Provincia è in predicato di soppressione. Si ribadiva pertanto la necessità, per raggiungere una ottimale distribuzione delle risorse di superare i confini geografici provinciali per riferirsi piuttosto a quelli del distretto della Corte d’Appello o a territori anche ultra regionali ma storicamente ed economicamente uniti. Criterio questo più utile per pervenire, all’interno di aree in genere omogenee, alla migliore ridistribuzione del carico di giustizia tra gli Uffici presenti. Principio altresì utilizzabile per le sezioni staccate, laddove non appare certo condivisibile anteporre il principio della soppressione generalizzata a quello della ridistribuzione e mantenimento di quei presidi che per particolarità proprie richiedono che il processo si svolga effettivamente in loco, con contestuale attribuzione dell’intera trattazione monocratica. Ribadiva poi in conclusione, non come aspetto residuale, ma come principio insopprimibile che alla revisione della geografia giudiziaria si doveva pervenire solo dopo ampia consultazione dell'avvocatura, tramite l’OUA e il CNF, nel rispetto dei principi del "Patto per la Giustizia" e secondo i criteri di ridistribuzione territoriale già prospettati dall' OUA. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it 119 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA La successiva pubblicazione dello schema del decreto legge relativo agli Uffici del Giudice di Pace aumentava grandemente la preoccupazione sulle penalizzanti intenzioni del legislatore per il mantenimento della Giustizia di prossimità. La pressoché totale eliminazione dei presidi non circondariali, la mancanza di ogni mitigazione conseguente all’applicazione dei criteri non numerici inseriti in delega e l’assoluta mancanza di interrogazioni con il territorio, sono segnali particolarmente gravi per come si intende attuare la nuova geografia; inaccettabile è poi consentire la soppressione di uffici non per ragioni di efficienza o utilità, ma per mere ragioni economiche. 6.La proposta finale Naturalmente contestazione e censura non potevano essere fine a sé stesse e quindi dopo aver evidenziato la indubbia incostituzionalità della norma e stigmatizzato l’assenza di ogni riscontro con le realtà locali, come evidenziato dalla sola costituzione della commissione ministeriale, che non consentiva certo di pervenire a quel progetto di ampio respiro che l’OUA aveva prospettato e che avrebbe portato a ridistribuire più equamente sul territorio il servizio giustizia, senza de plano sacrificare quella di prossimità, l’OUA chiedeva che si riprendesse il dialogo, con lo spirito necessario per raggiungere un grande ed importante obbiettivo comune, e quindi: 1) Provvedere per gradi alla ridistribuzione dei singoli Uffici, partendo per primo dai GdP, per passare poi alle Sezioni staccate e quindi alle circoscrizioni; 2) Ogni fase dovrà essere seguita da un periodo non irrisorio di monitoraggio degli effetti sul territorio, sui cittadini, sulle imprese della chiusura e/o accorpamento, con rilievo degli indici reali di raggiunta maggior efficienza e risparmio rispetto a quella preesistente 3) Passaggio alla seconda fase, solo per quegli uffici e aree ove risulti acquisito, con il confronto delle realtà locali e a parità di organico e mezzi degli uffici interessati, indubbi vantaggi per il cittadino, per l’impresa, per l’Amministrazione della Giustizia e per la sicurezza dei territori contro la criminalità organizzata 4) Interpretare il criterio stabilito sub e) nel senso che l “area provinciale” non deve intendersi rigidamente delimitata dai confini geografici delle cessate province ma estesa anche ai “territori limitrofi”, seppur appartenenti ad altre provincie purchè appartenenti ad un medesimo bacino di interessi socio economici 5) Privilegiare il criterio del “territorio limitrofo extraprovinciale” qualora ciò porti, con la ridistribuzione territoriale e del carico di lavoro, migliorie agli Uffici delle altre province di riferimento Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it 120 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA 6) Applicare i principi della legge sui tribunali metropolitani, procedendo ad una generale ridistribuzione territoriale, con ciò interessando Corti d’apello, Tribunali, Sezioni distaccate e GdP avendo quale criterio direttivo, quello della creazione di Uffici contermini di dimensioni ottimali come territorio, popolazione organici, il più omogenei possibile. In conclusione va poi segnalato, per quanto può interessare la Geografia, l’assoluta e ferma contrarietà alla istituzione di tribunali speciali, come appunto tale deve considerassi il Tribunale dell’impresa. Anche quest’ultima innovazione legislativa sembra dettata dal comune connotato, presente nella legge delega ed in altre disposizioni recenti, di allontanare sempre più la giustizia dal cittadino, creando canali a diversa velocità a seconda che gli interessi da tutelare siano di natura commerciale o meno. Non si può nemmeno condividere che tale nuovo tribunale contribuirà ad eliminare in tempi rapidi il contenzioso commerciale, così favorendo gli investimenti stranieri, atteso che le materie demandate sono relative ai rapporti societari e quindi ragionevolmente legate più a problematiche locali che a diatribe internazionali e soprattutto risultano costituiti nell’ambito solo di alcuni uffici, che per le dimensioni proprie sono già oberati di lavoro con ampliamento di competenze a sezioni specializzate altrettanto in difficoltà nel decidere l’attuale contenzioso. Se tribunale dell’impresa deve esserci, questo deve poter decidere in ogni tribunale prevedendo, se del caso, norme ad hoc anche sommarie, che rendano più veloce la decisone in primo. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it 121 122 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA CONGRESSO STRAORDINARIO FORENSE MILANO 23-24 MARZO 2012 MAGISTRATURA LAICA Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 123 124 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA INDICE 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) Proposta OUA giudice laico; Articolo avv. Maurizio de Tilla, Presidente OUA; Comunicato stampa OUA 20 settembre 2011; Nota agenzia Adnkronos 20 settembre 2011; Articolo del quotidiano Il Sole 24 ore 3 settembre 2010 Comunicato stampa OUA 1 settembre 2010; Intervento sul mensile Specchio economico dell’ avv. Maurizio de Tilla, Presidente OUA; Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 125 126 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA Proposta di progetto di legge sulla magistratura laica approvato dall’assemblea O.U.A. del 15\16 maggio 2009 La magistratura laica Art. 1 Disciplina della magistratura laica 1. Nel regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 dopo il Titolo II è inserito il seguente: “Titolo III Bis Della magistratura laica Art. 84 bis Magistrati laici Per magistrato laico si intende qualunque Magistrato diverso da quello professionista (nominato a seguito di concorso per uditore giudiziario) e quindi il termine comprende i Giudici di Pace, i GOA ed i GOT per quanto attiene la Magistratura Laica Giudicante ed i VPO per la Magistratura Laica Requirente. Possono essere addetti agli uffici giudiziari di primo grado, previo decreto del Ministro della giustizia, su conforme delibera del Consiglio superiore della magistratura, magistrati laici in numero tale da far sì che il rapporto tra magistrato laico e processi di loro competenza di cui al successivo art. 84 undecies e pendenti alla data del 30 giugno precedente all’entrata in vigore delle presente legge sia pari a 1\400 relativamente agli uffici giudicanti e 1\500 relativamente agli uffici requirenti. Con il medesimo decreto è individuato il numero di incarichi conferibili per ciascun ufficio giudiziario. Ai magistrati laici di cui al comma 1 sono assegnati i compiti di cui all’articolo 84-undecies con i provvedimenti tabellari o comunque organizzativi degli uffici. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 127 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA Art. 84 ter Concorso per magistrato laico La nomina a magistrato laico si consegue tramite concorso per titoli ed esami. I titoli sono stabiliti con D.M. con riferimento all’anzianità di iscrizione all’albo avvocati, di pregresso esercizio di funzioni di giudice onorario, pubblicazioni e specializzazioni. L’esame consiste nella discussione orale di una questione pratica di diritto civile ed un a di diritto penale e nella redazione di una sentenza. Nell’ambito della discussione orale il candidato deve sostenere ed argomentare una tesi giuridica, dimostrando la padronanza di dottrina e giurisprudenza ed il possesso di una metodologia giuridica appropriata. Conseguono l’idoneità i candidati che ottengono in media non meno di dodici ventesimi di punti nelle prove scritte. Agli effetti di cui all’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, il giudizio in ciascuna delle prove scritte e orali è motivato con l’indicazione del solo punteggio numerico, mentre l’insufficienza è motivata con la sola formula "non idoneo". In ogni concorso ci sarà una quota di posti, non inferiore al 20%, riservata a Magistrati onorari in servizio. Art. 84 quater Requisiti per l’ammissione al concorso per esami I requisiti per l’ammissione al concorso per esami sono i seguenti: a) essere cittadino italiano; b) avere l'esercizio dei diritti civili; c) essere di condotta incensurabile (nel senso di non aver riportato né una condanna penale definitiva a titolo di dolo, né una sanzione disciplinare non inferiore alla sospensione); Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 128 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA d) possedere gli altri requisiti richiesti dalle leggi vigenti; e) essere iscritti all’albo degli avvocati da almeno sei anni o aver espletato per il medesimo periodo funzioni di Giudice di pace, GOT, GOA, VPO. Qualora non si provveda alla ammissione con riserva, il provvedimento di esclusione è comunicato agli interessati almeno trenta giorni prima dello svolgimento della prova scritta. Art. 84 quinquies Indizione del concorso e svolgimento della prova Il concorso per esami di cui all’articolo 85 ter si svolge con cadenza di norma annuale in una o più sedi stabilite nel decreto con il quale è bandito il concorso con le modalità previste per il concorso per magistrato ordinario. Il concorso è bandito con decreto del Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura, che determina il numero dei posti. Con successivi decreti del Ministro della giustizia, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, sono determinati il luogo ed il calendario di svolgimento della prova. Con il medesimo decreto viene nominato un comitato di vigilanza, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura, composto da quattro magistrati, dei quali uno che abbia conseguito la terza valutazione di professionalità, con funzioni di presidente, e da quattro avvocati, coadiuvato da personale amministrativo dell’area C, come definita dal contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto Ministeri per il quadriennio 1998-2001, stipulato il 16 febbraio 1999, con funzioni di segreteria. Il comitato svolge la sua attività in ogni seduta con la presenza di non meno di tre componenti. In caso di assenza o impedimento, il presidente è sostituito dal magistrato più anziano. Si applica ai predetti magistrati la disciplina dell’esonero dalle funzioni giudiziarie o giurisdizionali limitatamente alla durata delle prove. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 129 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA Art. 84 sexies Presentazione della domanda La domanda di partecipazione al concorso per esami per magistrato laico, indirizzata al Consiglio superiore della magistratura, è presentata o spedita, a mezzo raccomandata, entro il termine di trenta giorni decorrente dalla data di pubblicazione del decreto di indizione nella Gazzetta Ufficiale, al procuratore della Repubblica presso il tribunale nel cui circondario il candidato è residente. Non sono ammessi a partecipare al concorso i candidati le cui domande sono presentate o spedite oltre il termine di cui al comma 1. I candidati aventi dimora fuori del territorio dello Stato possono presentare la domanda, entro lo stesso termine, alla autorità, consolare competente o al procuratore della Repubblica di Roma. Art. 84 septies Nomina a magistrato laico I concorrenti dichiarati idonei all’esito del concorso per esami sono classificati secondo il numero totale dei punti riportati e, nello stesso ordine, sono nominati, con decreto ministeriale, magistrato laico, nei limiti dei posti messi a concorso. Gli idonei non prescelti, che superano il numero dei posti messi a concorso, possono essere utilizzati nei due anni dalla pubblicazione della graduatoria. Art. 84 octies Tirocinio dei magistrati laici I magistrati laici, nominati a seguito di concorso, svolgono il periodo di tirocinio con le modalità stabilite dal decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26. Art. 84 nonies Valutazione della professionalità Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 130 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA Tutti i magistrati laici sono sottoposti alla medesima valutazione di professionalità previste per i magistrati ordinari ogni quadriennio a decorrere dalla data di nomina. Il Consiglio superiore della magistratura, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, disciplina con propria delibera gli elementi in base ai quali devono essere espresse le valutazioni dei consigli giudiziari, i parametri per consentire l’omogeneità delle valutazioni, la documentazione che i capi degli uffici devono trasmettere ai consigli giudiziari entro il mese di febbraio di ciascun anno. In particolare disciplina: a) i modi di raccolta della documentazione e di individuazione a campione dei provvedimenti e dei verbali delle udienze di cui al comma 4, ferma restando l’autonoma possibilità di ogni membro del consiglio giudiziario di accedere a tutti gli atti che si trovino nella fase pubblica del processo per valutarne l’utilizzazione in sede di consiglio giudiziario; b) i dati statistici da raccogliere per le valutazioni di professionalità; c) i moduli di redazione dei pareri dei consigli giudiziari per la raccolta degli stessi secondo criteri uniformi; d) gli indicatori oggettivi per l’acquisizione degli elementi di cui al comma 2; per l’attitudine direttiva gli indicatori da prendere in esame sono individuati d’intesa con il Ministro della giustizia; e) l’individuazione per ciascuna delle diverse funzioni svolte dai magistrati, tenuto conto anche della specializzazione, di standard medi di definizione dei procedimenti, ivi compresi gli incarichi di natura obbligatoria per i magistrati, articolati secondo parametri sia quantitativi sia qualitativi, in relazione alla tipologia dell’ufficio, all’ambito territoriale e all’eventuale specializzazione. Alla scadenza del periodo di valutazione il consiglio giudiziario acquisisce e valuta: a) le informazioni disponibili presso il Consiglio superiore della magistratura e il Ministero della giustizia anche per quanto attiene agli eventuali rilievi di natura contabile e disciplinare, ferma restando l’autonoma possibilità di ogni membro del consiglio giudiziario di accedere a tutti gli atti che si trovino nella fase pubblica del processo per valutarne l’utilizzazione in sede di consiglio giudiziario; Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 131 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA b) la relazione del magistrato sul lavoro svolto e quanto altro egli ritenga utile, ivi compresa la copia di atti e provvedimenti che il magistrato ritiene di sottoporre ad esame; c) le statistiche del lavoro svolto e la comparazione con quelle degli altri magistrati del medesimo ufficio; d) gli atti e i provvedimenti redatti dal magistrato e i verbali delle udienze alle quali il magistrato abbia partecipato, scelti a campione sulla base di criteri oggettivi stabiliti al termine di ciascun anno con i provvedimenti di cui al comma 3, se non già acquisiti; e) gli incarichi giudiziari ed extragiudiziari con l’indicazione dell’impegno concreto che gli stessi hanno comportato; f) il rapporto e le segnalazioni provenienti dai capi degli uffici e dal Consiglio Distrettuale dell’Ordine, i quali devono tenere conto delle situazioni specifiche rappresentate da terzi, sempre che si riferiscano a fatti specifici incidenti sulla professionalità, con particolare riguardo alle situazioni eventuali concrete e oggettive di esercizio non indipendente della funzione e ai comportamenti che denotino evidente mancanza di equilibrio o di preparazione giuridica. I rapporti del capo dell’ufficio e del consiglio dell’ordine distrettuale degli avvocati sono trasmessi al consiglio giudiziario dal presidente della corte di appello o dal procuratore generale presso la medesima corte, titolari del potere-dovere di sorveglianza, con le loro eventuali considerazioni e quindi trasmessi obbligatoriamente al Consiglio superiore della magistratura. Il consiglio giudiziario può assumere informazioni su fatti specifici segnalati da suoi componenti o dai dirigenti degli uffici o dai consigli dell’ordine degli avvocati, dando tempestiva comunicazione dell’esito all’interessato, che ha diritto ad avere copia degli atti, e può procedere alla sua audizione, che è sempre disposta se il magistrato ne fa richiesta. Sulla base delle acquisizioni di cui ai commi 4 e 5, il consiglio giudiziario formula un parere motivato che trasmette al Consiglio superiore della magistratura unitamente alla documentazione e ai verbali delle audizioni. Il magistrato, entro dieci giorni dalla notifica del parere del consiglio giudiziario, può far pervenire al Consiglio superiore della magistratura le proprie osservazioni e chiedere di essere ascoltato personalmente. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 132 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA Il Consiglio superiore della magistratura procede alla valutazione di professionalità sulla base del parere espresso dal consiglio giudiziario, di quello espresso dal Consiglio Distrettuale dell’Ordine degli Avvocati e della relativa documentazione, nonché sulla base dei risultati delle ispezioni ordinarie; può anche assumere ulteriori elementi di conoscenza. Il giudizio di professionalità è "positivo" quando la valutazione risulta sufficiente in relazione a ciascuno dei parametri di cui al comma 2; è "non positivo" quando la valutazione evidenzia carenze in relazione a uno o più dei medesimi parametri; è "negativo" quando la valutazione evidenzia carenze gravi in relazione a due o più dei suddetti parametri o il perdurare di carenze in uno o più dei parametri richiamati quando l’ultimo giudizio sia stato "non positivo". Se il giudizio è "non positivo", il Consiglio superiore della magistratura procede a nuova valutazione di professionalità dopo un anno, acquisendo un nuovo parere del consiglio giudiziario; in tal caso il nuovo trattamento economico o l’aumento periodico di stipendio sono dovuti solo a decorrere dalla scadenza dell’anno se il nuovo giudizio è "positivo". Nel corso dell’anno antecedente alla nuova valutazione non può essere autorizzato lo svolgimento di incarichi extragiudiziari. Se il giudizio è "negativo" il magistrato laico è dispensato dal servizio. Prima delle audizioni di cui al commi 7 il magistrato deve essere informato della facoltà di prendere visione degli atti del procedimento e di estrarne copia. Tra l’avviso e l’audizione deve intercorrere un termine non inferiore a sessanta giorni. Il magistrato ha facoltà di depositare atti e memorie fino a sette giorni prima dell’audizione e di farsi assistere da un altro magistrato nel corso della stessa. Se questi è impedito, l’audizione può essere differita per una sola volta. La valutazione di professionalità consiste in un giudizio espresso, ai sensi della normativa vigente dal Consiglio superiore della magistratura con provvedimento motivato e trasmesso al Ministro della giustizia che adotta il relativo decreto. Art. 84 decies Incompatibilità, cause di cessazione, decadenza e revoca Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 133 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA Le incompatibilità, le cause di cessazione, decadenza e revoca, i diritti ed i doveri per il Magistrato laico sono gli stessi previsti dalla legge per il Magistrato ordinario. Art.84 undecies Funzioni dei magistrati laici I Magistrati laici sono divisi in due ruoli separati: a) addetti a funzioni giudicanti civili e penali; b) i vice procuratori laici. Sono addetti alle loro funzioni in una o più delle articolazioni territoriali dell’ufficio con provvedimento del capo dell’ufficio sulla base dei criteri indicati nei provvedimenti tabellari o nei provvedimenti di organizzazione dell’ufficio. I criteri generali per la predisposizione dei provvedimenti di cui al comma precedente sono fissati dal Consiglio superiore della magistratura, tenendo conto in particolare: Per i magistrati laici giudicanti: a) che nell’ambito delle funzioni penali i giudici laici possono essere adibiti a funzioni monocratiche, fatta, altresì, eccezione per le funzioni di giudice singolo per le indagini e per l’udienza preliminare. Possono essere adibiti solo alla trattazione dei procedimenti relativi alla giustizia di pace, di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b) del decreto legislativo, nonché alla trattazione dei reati di cui all’articolo 550, comma 1, del codice di procedura penale con esclusione dei procedimenti previsti dall’articolo 407, comma 2, del codice di procedura penale e dei delitti e contravvenzioni di cui all’articolo 34 della legge 24 novembre 1981, n. 689, puniti con pena detentiva anche congiunta con pena pecuniaria; b) che nell’ambito delle funzioni civili di primo grado, i giudici laici siano addetti solo alla trattazione di cause relative alla giustizia di pace, vale a dire relative a beni mobili di valore non superiore a € 25.000,00 di cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e di natanti di valore non eccedente i 50.000,00 euro, di cause relative all’apposizione di termini ed all’osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 134 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA piantamento degli alberi e delle siepi, di cause relative alla misura ed alle modalità d'uso dei servizi di condominio di case, di cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità, di cause di opposizione alle ingiunzioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689, in materia di circolazione stradale, di cause di cui all’articolo 75, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309; c) che gli stessi possano, altresì, in relazione al carico di lavoro dell’ufficio, essere incaricati anche della trattazione dei procedimenti di cui al regolamento 861/2007 UE dell’11 luglio 2007 e di altre controversie di valore inferiore a cinquantamila euro, con esclusione di quelle che riguardino materia di lavoro, previdenza ed assistenza, fallimentare, famiglia, stato e capacità delle persone, separazione personale dei coniugi o scioglimento del matrimonio, di responsabilità professionale, diffamazione a mezzo stampa, marchio e brevetto, diritto d’autore, divisione, successione, querela di falso, società, impugnazione dei provvedimenti concernenti la disciplina dell’immigrazione, opposizioni avverso i provvedimenti delle autorità indipendenti e della Banca d’Italia (anche se rientranti nella competenza del Giudice Ordinario di primo grado), esecuzione di contratti di appalto pubblico, elettorale, diritto della navigazione e in tutti i procedimenti relativi a diritti indisponibili. d) della necessità che possano essere incaricati, in caso di assenza o impedimento, della sostituzione di magistrati ordinari, per un periodo non superiore ad un anno, sia nelle funzioni monocratiche sia in quelle collegiali, in quest’ultimo caso in misura non eccedente una singola unità e mai per la sostituzione del presidente. Non costituisce impedimento la situazione del magistrato ordinario che abbia un carico di lavoro eccedente la media nazionale o lo svolgimento di incarichi previsti dalla legge o l’impegno in una attività di carattere eccezionale o straordinaria attestata dal capo dell’ufficio. Possono, altresì, essere applicati, per periodi non superiori a sei mesi consecutivi, presso altri uffici del distretto. Per i magistrati laici inquirenti: nell’ambito delle funzioni di sostituto procuratore della repubblica onorario possono essere delegati a rappresentare l’accusa nella udienza dibattimentale o camerale e per i procedimenti aventi ad oggetto reati di cui alla lettera a), con esclusione di quelli nei quali sia stato eseguito un arresto o Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 135 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA fermo da parte della polizia giudiziaria o di quelli nei quali insorga la necessità di richiedere una misura cautelare personale o reale, fatta eccezione per i giudizi direttissimi; possono trattare i procedimenti in cui debbano essere richiesti o adottati provvedimenti di sequestro probatorio previo visto del procuratore della repubblica sulla richiesta o sul provvedimento; non possono richiedere o emettere i provvedimenti di cui agli articoli 254, 255, 267, 384, comma 1, 388, 389, 390 del codice di procedura penale né essere delegati a prendere parte alla udienza di cui all’articolo 391 del predetto codice; possono essere delegati per i procedimenti in camera di consiglio di cui all’articolo 127 del codice di procedura penale, salvo quanto previsto dalla lettera b), nei procedimenti di esecuzione ai fini dell’intervento di cui all’articolo 655, comma 2, del medesimo codice, e nei procedimenti di opposizione al decreto di pagamento di cui all’articolo 170 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115; possono essere delegati a richiedere l’emissione del decreto penale di condanna ai sensi degli articoli 459, comma 1, e 565 del codice di procedura penale. Del procedimento disciplinare Art. 84 duodecies Procedimento disciplinare Ai Magistrati laici si applicano il procedimento disciplinare e le sanzioni previste per i magistrati ordinari. La sezione disciplinare del CSM acquisisce un parere del Consiglio dell’Ordine Distrettuale degli avvocati nel cui distretto esercita le funzioni il giudice laico. Art 2 Istituzione del Tribunale ordinario di primo grado A decorrere dal 90° giorno successivo all’entrata in vigore della presente legge gli uffici del giudice di pace sono trasformati in articolazioni del tribunale ordinario di primo grado e le relative competenze sono trasferite ai tribunali ordinari di primo grado nel cui circondario sono insediati con le seguenti modalità. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 136 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA Ai procedimenti penali e civili pendenti innanzi agli uffici del giudice di pace alla data di entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi le disposizioni previste dagli articoli da 311 a 322 del codice di procedura civile e quelle previste dal decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 per i procedimenti penali; Per tutte le decisioni emanate dal soppresso ufficio del giudice di pace, per le quali non pende appello alla data di entrata in vigore della presente legge la impugnazione si effettua dinanzi alla corte di appello secondo le ordinarie regole di competenza. I procedimenti pendenti in grado di appello dinanzi al tribunale ordinario alla data di entrata in vigore della presente legge sono trattati esclusivamente da magistrati ordinari; Gli incarichi conferiti ai giudici di pace, ai giudici onorari di tribunale e ai vice procuratori onorari sono trasformati nel nuovo incarico di magistrato laico con durata quadriennale dalla data di entrata in vigore della presente legge, con le modalità di cui al successivo articolo 4. Nella elaborazione dei provvedimenti tabellari relativamente alla organizzazione della magistratura laica i consigli giudiziari acquisiscono il parere della Regione interessata e del Consiglio dell’Ordine Distrettuale, che devono essere resi entro sessanta giorni dalla richiesta. A decorrere dall’entrata in vigore della presente legge cessano gli incarichi conferiti ai giudici onorari aggregati di cui alla legge 22 luglio 1997, n. 276 e sono soppresse le sezioni stralcio. Il personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie assegnato agli uffici del giudice di pace, i beni e le dotazioni strumentali degli uffici stessi entrano a far parte del tribunale nel cui circondario si trovano a decorrere dal l’entrata in vigore della presente legge ed in prima applicazione è assegnato alla articolazione territoriale del tribunale ordinario di primo grado corrispondente a quella ove prestava servizio. Resta salvo quanto previsto dall’articolo 6 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 267. Art. 3 Norme transitorie Sino al completamento, tramite appositi concorsi, dell’organico di cui all’art. 1 della presente legge, gli incarichi di magistrato laico (a seguito di trasformazione di incarichi di giudici di pace, di Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 137 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA giudici onorari di tribunale e di vice procuratori onorari) sono rinnovabili quadriennalmente, previa valutazione del Consiglio superiore della magistratura, per non più di tre volte, salva la cessazione per limiti di età, che è fissata: a) in settantacinque anni per coloro che hanno superato i sessantotto anni, alla data di entrata in vigore della presente legge; b) in settanta anni per coloro che hanno un’età compresa tra i sessanta ed i sessantasette anni, c) in sessantacinque anni per coloro che hanno meno di sessanta anni. Le valutazioni in vista dei rinnovi quadriennali degli incarichi di cui ai commi 1 e 2 sono operate in base ai criteri ed agli elementi di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160. In fase di prima applicazione del presente articolo tutti magistrati onorari in servizio di cui ai commi 1 e 2 sono sottoposti a valutazione straordinaria di professionalità entro tre anni dalla entrata in vigore della presente legge sulla base degli elementi di cui al comma 3 ed in caso di valutazione negativa è disposta la cessazione dall’incarico. La pubblicazione di bandi per il conferimento di incarichi di magistrato onorario e le nuove nomine di giudici di pace, sono sospese fino al 31 dicembre 2009. Sono revocati tutti i bandi già pubblicati alla data di entrata in vigore della presente legge. In deroga a quanto innanzi previsto, i procedimenti disciplinari pendenti a carico dei giudici di pace nei quali è già stata operata la contestazione dell’illecito disciplinare continuano ad essere regolati dalle norme della legge 21 novembre 1991, n. 374, ma si applicano gli articoli 84-terdecies, 84-quaterdecies, 84-quinquiesdecies, 84-sexdecies, 84-septiesdecies, comma terzo, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, se più favorevoli. Art. 4 Indennità dei magistrati laici Ai magistrati laici di cui alla presente legge spetta una retribuzione corrispondente all’emolumento minimo spettante al magistrato ordinario, oltre i contributi previdenziali. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 138 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA La retribuzione prevista dal presente articolo è cumulabile con i trattamenti pensionistici e di quiescenza comunque denominati ed è assimilata, a fini fiscali e previdenziali, ai redditi di lavoro dipendente. Art. 5 La copertura finanziaria necessaria per la presente legge rinviene dal risparmio di spesa conseguente alla riduzione delle condanne dello stato al risarcimento per la durata dei processi. L’eventuale integrazione necessaria sarà finanziata con l’utilizzo dei proventi rinvenienti dall’acquisizione delle somme versate dai privati in relazione al servizio giustizia (contributo unificato, spese di giudizio, imposta di registro sulle sentenze, etc.). Il Coordinatore della Commissione Ordinamento giudiziario Il Presidente O.U.A. (avv. Maurizio de Tilla) (prof. avv. Giuseppe Chiaia Noya) Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 139 140 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA RIFORMA DELLA MAGISTRATURA ONORARIA. AUSPICABILE UNA LEGGE DELEGA Sono state preannunciate le audizioni della Commissione Giustizia del Senato sui quattro disegni legge presentati dai senatori Valentino (n. 2080), Maritati (n. 897), Berselli e Mugnai (n. 2359) e Peretti e Perduca (n. 127). Il progetto Valentino (ampio e articolato) prevede una disciplina organica della magistratura onoraria, che si è ispirata ai risultati conseguiti dalla Commissione istituita presso il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma. Il testo Valentino è finalizzato a valorizzare e ottimizzare l’impiego professionale dei magistrati onorari con il pieno riconoscimento della natura professionale dell’attività lavorativa, la fisiologica possibilità di impiego ottimale della «forza-lavoro» attualmente in servizio ed il contestuale impatto positivo sull’abbattimento dell’arretrato giudiziario. Il magistrato onorario, secondo il disegno di legge Valentino, è un avvocato specializzato che esercita la professione al servizio dello Stato nella veste di giudice di pace o di vice procuratore onorario con doveri e diritti tassativamente delineati. Nella proposta di legge i giudici onorari di tribunale verrebbero assorbiti gradualmente nei giudici di pace con contestuale allargamento della competenza giurisdizionale attribuita a questi ultimi. In questa ottica l’ufficio del Giudice di pace potrebbe diventare una «sezione specializzata del tribunale » ed il Giudice di pace stesso una sorta di «super-GOT» con maggiore flessibilità di impiego. Per i Vice Pretori onorari, invece, si potrebbe ipotizzare la possibilità di applicazione anche per le attività di ufficio nei limiti dell’attuale competenza e la possibilità, per quelli in servizio da almeno un quadriennio, di essere impiegati anche per le udienze celebrate davanti al tribunale collegiale. La soluzione prospettata avrebbe il pregio di consentire una radicale riorganizzazione dell’ufficio del pubblico ministero con l’introduzione degli avvocati dell’accusa, destinati a svolgere la propria attività professionale esclusivamente al servizio della Procura della Repubblica. Per quanto concerne il profilo retributivo – funzionale la proposta Valentino indica quelli che sono i diritti e i doveri del professionista chiamato a svolgere le funzioni giudiziarie onorarie: obbligo di garantire la presenza in ufficio o in udienza per un determinato numero di giorni con il riconoscimento contestuale di una indennità fissa previdenziale omogenea per tutte le figure di magistrato onorario: dunque, indennità elargibile anche in periodi di maternità o di malattia; attribuzione di una indennità Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 141 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA variabile in ragione della quantità e qualità del lavoro effettivamente svolto; eventuale regime di incompatibilità distrettuale con l’esercizio della professione; previsione di un obbligo di formazione continua ed infine attribuzione di una quota fissa di posti riservati nel concorso in magistratura e non diversamente assegnabili. Per quanto attiene, poi, alla previdenza l’elenco speciale comporterebbe l’iscrizione automatica alla Cassa forense di tutti i magistrati onorari e la possibilità di una disciplina del trattamento previdenziale uniforme per tutta la categoria. Di segno parzialmente diverso è il progetto Maritati che si muove lungo tre direttrici. La prima consiste nella creazione di uno status unitario dei magistrati onorari accentuandone la professionalità mediante un sistema di selezione e aggiornamento professionale permanente, unito ad un rigoroso sistema di valutazione dell’attività svolta, alla previsione di limiti alla rinnovabilità dell’incarico, alla introduzione di un sistema complesso di incompatibilità e ad una valutazione quadriennale che può concludersi ogni volta con l’esonero del magistrato onorario che abbia tenuto un comportamento o svolto la sua attività in modo non adeguato, oltre che alla compiuta individuazione dei procedimenti che possono essere svolti dalla magistratura onoraria e delle attività processuali e di indagine che il Procuratore della Repubblica può delegare ai sensi del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106. Al completamento ed alla compiuta definizione dello status costituisce un corollario necessario la definizione di un sistema disciplinare completo che sia in grado da un lato di individuare le ipotesi di illecito disciplinare, le sanzioni applicabili ed il procedimento di accertamento della responsabilità e di adozione dei relativi procedimenti, e dall’altro di assicurare la reale partecipazione dell’incolpato ed il diritto di difesa. La seconda consiste nella creazione del tribunale ordinario come unica autorità giudiziaria di primo grado, all’interno del quale vengono assorbite le competenze attualmente attribuite agli uffici del giudice di pace. Tale soluzione consente di evitare la duplicazione di uffici in circa 400 realtà – nelle città sede di circondario e nelle città in cui hanno sede sezioni distaccate del tribunale verrebbe ad esistere un’unica struttura direttiva – mentre i restanti uffici del giudice di pace rimarrebbero, seppure trasformati, in sedi decentrate del tribunale in cui può essere trattata unicamente una parte del contenzioso dell’ufficio di primo grado. Per effetto della introduzione dell’ufficio unico di primo grado, le attività e la utilizzazione di tutti i magistrati, ordinari e onorari, divengono, anche come sede, tabellari o comunque oggetto dei provvedimenti di organizzazione che tengono conto della esigenza della conservazione della giustizia di pace prevista dall’articolo 106 della Costituzione, concorrendo in questo modo ad ottimizzare le prestazioni potendo ciascuno essere addetto a più sedi in relazione alle concrete necessità. Al tempo stesso la dimensione circondariale, che Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 142 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA viene a costituire la dimensione minima di ciascun ufficio, consente di meglio far fronte alle concrete esigenze anche amministrative e di personale di ogni realtà distaccata o decentrata, essendo emerso che la capacità di garantire standard di definizione elevati è sempre connessa, anche per la specializzazione interna che consente, a dimensioni medio grandi degli uffici stessi. La terza consiste nella individuazione di una organizzazione in grado di aggredire l’arretrato formatosi negli uffici giudiziari sia nel settore civile che in quello penale, utilizzando nella definizione di tale contenzioso anche la magistratura onoraria sulla base di progetti di definizione che tengano conto anche della tipologia di contenzioso cui gli stessi possono essere addetti, introducendoli nella organizzazione delle sezioni e coinvolgendoli nelle riunioni di coordinamento e di verifica degli orientamenti giurisprudenziali cui attendono i presidenti di sezione negli uffici giudicanti ed i procuratori aggiunti in quelli requirenti. Di limitata portata è il disegno di legge Peretti e Perduca che prevede solo l’aumento del valore fino a 16.000 della competenza generale del giudice di pace. Si aggiunge la previsione legislativa che davanti al giudice di pace le parti possono stare in giudizio personalmente (norma da cui mi sento di dissentire). I più ampi progetti di legge Valentino e Maritati – all’esame della Commissione Giustizia del Senato – hanno alcune analogie ma si ispirano a diverse impostazioni che non è facile conciliare. Una cosa è comunque certa: lo strumento legislativo della legge delega ci sembra quello che può garantire i migliori risultati. In tal senso va accolto con favore il disegno di legge n. 2359 d’iniziativa dei senatori Berselli e Mugnai che prevede la delega al Governo fissando principi e criteri direttivi (da ampliare e modificare) cui si dovranno attenere i decreti legislativi da emanare. Tra i principi e criteri direttivi è anzitutto prevista la creazione di uno status unitario dei magistrati onorari (proposta analoga al progetto Maritati) tale da assorbire i giudici onorari di tribunale nei giudici di pace (che preferiamo chiamare giudici laici, comprendendo anche got e vice procuratori onorari), con un’adeguata remunerazione che comprenda la parte previdenziale. Ottima è la istituzione di un autonomo organo di autogoverno per la magistratura laica con poteri disciplinari. Nei principi direttivi potrà prendersi in considerazione il progetto OUA che prevede forte selezione nell’accesso, intenso e prolungato tirocinio e rigorose incompatibilità, che – esse sole – possono accompagnare l’aumento e l’estensione delle competenze per materia e per valore. L’obiettivo complessivo è individuare una componente laica che, con nomine e conferme affidate a criteri meritocratici, possa svolgere la stessa funzione dei giudici per determinate materie. La meritocrazia si può perseguire solo prevedendo un accesso selettivo, anche con esami di ingresso. Entrato nella magistratura laica il giudice deve essere adeguatamente retribuito e deve essere a lui garantito una tutela previdenziale e assistenziale. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 143 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA Per garantire la qualità del lavoro dei giudici laici l’accesso all’esame-concorso dovrebbe essere limitato agli addetti ai lavori: avvocato iscritto all’ordine da non meno di sei anni o che abbia svolto funzioni di giudice onorario per pari periodo. La scelta di valorizzare la professionalità rinveniente dall’espletamento della professione forense è chiaramente diretta ad evitare che si ritrovino a giudicare o a svolgere attività requirente neolaureati in giurisprudenza che non abbiano mai avuto effettiva e concreta contezza dell’attività giudiziaria. Naturalmente, si fa salva la posizione di coloro che, indipendentemente dalla “professione di provenienza”, abbiano già acquisito esperienza giudiziaria con precedenti incarichi, nella consapevolezza (peraltro valida anche per gli avvocati) che eventuali carenze possano essere verificate periodicamente in sede di “valutazione della professionalità”. Una buona riforma non può prescindere dalla previsione di un controllo costante della professionalità dei giudici laici che possa essere assicurata con valutazioni periodiche. Il procedimento disciplinare va, poi, ancorato in tutto e per tutto al procedimento previsto per i magistrati togati. Sotto il profilo deontologico appare inoltre necessario dare maggiore rilevanza ai Consigli dell’Ordine forense. Bisogna, altresì, evitare qualsiasi commistione di esercizio di professione e di espletamento di attività giurisdizionale che, anche sotto l’apparente espletamento in differenti distretti giudiziari (spesso vicini), creano non poco imbarazzo tra gli addetti ai lavori e non contribuiscono certo alla limpidezza della figura del magistrato laico rispetto alla collettività dei fruitori del servizio giustizia. Inoltre, ben possono essere affidate, nella prima fase processuale, funzioni di mediaconciliazione ai giudici laici, senza costi aggiuntivi per i cittadini e senza ritardi nell’accesso alla giustizia. In conclusione, bisogna prendere doverosamente atto che la Commissione Giustizia del Senato intende procedere con celerità all’esame dei progetti di legge sulla magistratura onoraria. Speriamo che si giunga nei tempi rapidi a riformare un settore vitale per la giustizia anche per lo smaltimento dell’arretrato delle pendenze giudiziarie. Maurizio de Tilla (Presidente OUA) Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 144 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA COMUNICATO STAMPA SENATO, L’OUA OGGI ASCOLTATA IN COMMISSIONE GIUSTIZIA DEL SENATO RIFORMA DELLA MAGISTRATURA ONORARIA. AUSPICABILE UNA LEGGE DELEGA DE TILLA, OUA: PROSPETTIVE POSITIVE PER LA RIFORMA DELLA MAGISTRATURA LAICA (ONORARIA) E PER UN MIGLIOR FUNZIONAMENTO DELLA GIUSTIZIA CIVILE - PREFERIBILE UNA LEGGE DELEGA Una delegazione dell’Organismo Unitario dell’avvocatura-Oua, composta dal componente di Giunta, Agostino Maione, dal Coordinatore Commissione OUA Diritto Amministrativo, Antonino Galletti, dai componenti dell’Assemblea Oua, Gaetano Amoroso e Paolo Maldari, è stata ascoltata questa mattina alle 11,00 dalla Commissione Giustizia del Senato. L’Oua ha illustrato le proposte dell’avvocatura sulla riforma della magistratura laica (onoraria) e posto diverse osservazioni sui disegni di legge sulla materia.. A tal proposito il Presidente dell’OUA, Maurizio de Tilla, ha espresso una positiva valutazione del lavoro della Commissione Giustizia del Senato: «Finalmente – ha sottolineato - si intende procedere con celerità all’esame dei progetti di legge sulla magistratura onoraria. Speriamo che si giunga nei tempi rapidi a riformare un settore vitale per la giustizia anche per lo smaltimento dell’arretrato delle pendenze giudiziarie». «Il metodo della legge delega – spiega, quindi, de Tilla - ci sembra quello che può garantire i migliori risultati. In tal senso va accolto con favore il disegno di legge n. 2359 d’iniziativa dei senatori Berselli e Mugnai che prevede la delega al Governo fissando principi e criteri direttivi cui si devono attenere i decreti legislativi da emanare». Per il presidente Oua «tra i principi e criteri direttivi è anzitutto prevista la creazione di uno status unitario dei magistrati onorari tale da assorbire i giudizi onorari di tribunale nei giudici di pace (che preferiamo chiamare giudici laici, includendo got e vice procuratori onorari), con un’adeguata remunerazione che comprenda la parte previdenziale. Ottima è la istituzione di un autonomo organo di autogoverno per la magistratura laica con poteri disciplinari». Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 145 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA Le richieste dell’Oua sono chiare anche per quanto riguarda il nodo della qualità, de Tilla chiede, infatti, che «selezione nell’accesso, tirocinio prolungato e rigorose incompatibilità possono accompagnare un aumento delle competenze per materia e per valore. Accanto alla magistratura togata si può ben individuare una componente laica che, con nomine e conferme affidate a criteri selettivi e meritocratici, possa svolgere la stessa funzione dei giudici togati per determinate materie». «Invece che affidarsi alla mediaconciliazione obbligatoria o a strumenti extraprocessuali di dubbia efficacia e legittimità – conclude il presidente Oua - ben possono essere affidate – nella prima fase processuale – funzioni conciliative ai giudici laici, senza costi aggiuntivi per i cittadini e senza ritardi nell’accesso alla giustizia». Roma, 20 settembre 2011 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 146 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA ADNKRONOS Giustizia: OUA, legge delega per riforma magistratura onoraria DELEGAZIONE ASCOLTATA IN COMMISSIONE SENATO Roma, 20 set. (Adnkronos) - L'auspicio di una legge delega per la riforma della magistratura onoraria, ritenuta 'un settore vitale per la giustizia anche per lo smaltimento dell'arretrato delle pendenze giudiziarie' e' stato espresso dalla delegazione dell'Oua, l'Organismo unitario dell'avvocatura, ascoltata questa mattina dalla Commissione Giustizia del Senato. La delegazione, composta dal componente di Giunta, Agostino Maione, dal coordinatore commissione Diritto amministrativo, Antonino Galletti, dai componenti dell'assemblea, Gaetano Amoroso e Paolo Maldari, ha illustrato le proposte dell'avvocatura e ha diverse osservazioni sui disegni di legge sulla materia. 'Finalmente - commenta il presidente dell'Oua, Maurizio de Tilla - si intende procedere con celerita' all'esame dei progetti di legge sulla magistratura onoraria'. 'Il metodo della legge delega sembra quello che puo' garantire i migliori risultati - spiega - In tal senso va accolto con favore il disegno di legge n. 2359 d'iniziativa dei senatori Berselli e Mugnai che prevede la delega al Governo fissando principi e criteri direttivi cui si devono attenere i decreti legislativi da emanare'. Per il presidente Oua 'tra i principi e criteri direttivi e' anzitutto prevista la creazione di uno status unitario dei magistrati onorari tale da assorbire i giudizi onorari di tribunale nei giudici di pace (che preferiamo chiamare giudici laici, includendo got e vice procuratori onorari), con un'adeguata remunerazione che comprenda la parte previdenziale. Ottima osserva De Tilla - e' l'istituzione di un autonomo organo di autogoverno per la magistratura laica con poteri disciplinari». Le richieste dell'Oua sono chiare anche per quanto riguarda il nodo della qualita'. De Tilla chiede, infatti, che 'selezione nell'accesso, tirocinio prolungato e rigorose incompatibilita' possono accompagnare un aumento delle competenze per materia e per valore. Accanto alla magistratura togata si puo' ben individuare una componente laica che, con nomine e conferme affidate a criteri selettivi e meritocratici, possa svolgere la stessa funzione dei giudici togati per determinate materie'. 'Invece che affidarsi alla mediaconciliazione obbligatoria o a strumenti extraprocessuali di dubbia efficacia e legittimita' - conclude il presidente Oua - ben possono essere affidate, nella prima fase processuale, funzioni conciliative ai giudici laici, senza costi aggiuntivi per i cittadini e senza ritardi nell'accesso alla giustizia'. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 147 148 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 149 150 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA COMUNICATO STAMPA L’OUA INVIA AL MINISTRO ALFANO LE PROPOSTE DEGLI AVVOCATI SULLA RIFORMA DELLA MAGISTRATURA ONORARIA GIUSTIZIA, SULLE SPALLE DELLA MAGISTRATURA ONORARIA OLTRE IL 40% DEL CONTENZIOSO CIVILE RIBADITE LE RAGIONI DI OPPOSIZIONE ALLA MEDIACONCILIAZIONE OBBLIGATORIA. DE TILLA CONFERMA LO STATO DI AGITAZIONE E IL CALENDARIO DI INIZIATIVE DI PROTESTA L’ Organismo Unitario dell’Avvocatura Italiana con una lettera inviata oggi al Ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ha illustrato una proposta articolata (un Decalogo che verrà reso pubblico domani) per una riforma organica della macchina giudiziaria e della “magistratura onoraria”. Nella missiva si ribadiscono le ragioni di opposizione dell’avvocatura alla mediaconciliazione obbligatoria (di seguito la scheda) e si conferma il calendario di iniziative di protesta e lo stato di agitazione. LA PROPOSTA DI RIFORMA DELLA MAGISTRATURA ONORARIA: PER UN GIUDICE LAICO L’attività svolta dagli avvocati come giudici laici ha dato un notevole contributo allo smaltimento dei processi. Il numero dei magistrati onorari ha superato le 11.000 unità su un numero complessivo di 20.000 giudici. In concreto, la magistratura onoraria si occupa di quasi il quaranta per cento del contenzioso civile. «L’Oua – ha spiegato il presidente Maurizio de Tilla - si è più volte interessato alle problematiche del giudice laico formulando orientamenti di indirizzo legislativo che si appuntano su alcune fondamentali indicazioni. Anzitutto abbiamo chiesto che vengano unificate in un unico soggetto giuridico le diverse tipologie di giudice laico attualmente esistenti nell’ordinamento giudiziario. E allo stesso tempo si garantisca pari dignità tra magistratura laica e magistratura togata, sia sul piano dell’inquadramento giuridico sia sotto il profilo del trattamento economico e previdenziale. Sotto l’aspetto istituzionale va garantita l’autonomia e l’indipendenza, oltre che l’effettiva terzietà del giudice laico. Appare inoltre opportuna la previsione di un accesso più rigoroso dopo un periodo di obbligatoria formazione professionale con specifico tirocinio. Va, inoltre, assicurato con meccanismi rigidi il controllo sulle incompatibilità da effettuarsi da un soggetto collegiale nel quale sia presente una nutrita rappresentanza degli ordini forensi. Nell’ambito del sistema delle Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 151 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA incompatibilità sembra appropriata la esclusione di coloro che svolgono o abbiano svolto, direttamente o indirettamente, nei tre anni precedenti attività professionale per conto di imprese di assicurazione o bancarie, ovvero per istituti o società di intermediazione finanziaria. Non è, inoltre, da scartare la previsione di un’ipotesi (incentivata) di esclusione di qualsiasi attività professionale per tutto il periodo dell’esercizio della funzione giudiziaria. «Va chiarito – aggiunge - che l’Avvocatura da sempre nutre perplessità non sulla magistratura laica, ma sul modo in cui la stessa viene normata e organizzata. Tanto più quando – come è oggi – la magistratura laica svolge un ruolo insostituibile occupandosi di una larga fetta del contenzioso civile e penale. Il cittadino ha diritto ad una giustizia non solo rapida, ma anche equa ed efficace e gestita da professionisti selezionati e preparati». Per ottenere questo obiettivo l’OUA ritiene che la Magistratura laica debba essere regolamentata in maniera uniforme, dotata di forte professionalità, assoggettata ad un unico adeguato sistema retributivo e previdenziale, e debba infine comprendere tutte le figure attualmente esistenti. «Di fronte ad una proposta rigorosa ed efficace formulata dall’OUA – ha concluso criticamente de Tilla - il Ministero della Giustizia si è limitato a proporre norme di proroga e un progetto che, invece che selezionare, funge da volano per declassificare ulteriormente la figura del giudice laico estesa ai laureati in giurisprudenza». MEDIA CONCILIAZIONE OBBLIGATORIA, ECCO PERCHÈ NON FUNZIONERÀ Secondo l’Oua la media-conciliazione obbligatoria contravviene a principi elementari di diritto: perché determinerà un più difficile accesso alla giurisdizione da parte del cittadino; perché determinerà un ulteriore dilatamento dei tempi (almeno un anno) per la presentazione della richiesta di giustizia al giudice; perché determinerà un aumento degli oneri e una lievitazione dei costi, tutti a carico del cittadino; perché costituirà un ulteriore strumento dilatorio per la parte inadempiente che non ha alcuna volontà di conciliare la lite; perché appare, sul piano sistematico, in totale disarmonia con aspetti processuali e tecnici con l’effetto perverso di un probabile corto circuito per innumerevoli domande. LE RICHIESTE DELL’OUA «Il Governo (nonostante il parere contrario espresso dalla Commissione Giustizia del Senato e in dispregio al dettato costituzionale) – spiega de Tilla - ha emanato un decreto legislativo che non prevede nella fase di media-conciliazione l’assistenza Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 152 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA necessaria dell’avvocato; che pone l’avvocato in una situazione di sfiducia e di sospetto prescrivendo una obbligatoria dichiarazione scritta del cliente sull’avvenuta informativa; che fissa la media-conciliazione obbligatoria per più dell’ottanta per cento dei processi, che rimarranno, di conseguenza, paralizzati almeno per un anno, con ulteriore discredito della giustizia e, quindi, dell’avvocatura; che non individua nel mediatore un soggetto dotato di preparazione giuridica; che infine – ciliegina sulla torta – affida a questa imprecisata e ibrida figura il potere di formulare un progetto di accordo che, se non viene accettato, può produrre effetti penalizzanti per la difesa giudiziaria del cittadino». LA PROTESTA DEGLI AVVOCATI una settimana finale di protesta dall’11 al 16 ottobre Queste invece le iniziative a partire dal 16 settembre: non accettare incarichi di difesa dei meno abbienti e di difensori d’ufficio; astensioni dalle udienze, manifestazioni territoriali e una manifestazione nazionale a Roma; astenersi dal deliberare la designazione dei commissari d’esami di abilitazione alla professione di avvocato”; campagna di pressione mediatica attraverso l’acquisto di pagine sui quotidiani nazionali e l’invio di fax e e-mail al Presidente del Consiglio e al Ministro della Giustizia. Roma, 1 settembre 2010 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 153 154 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA SPECCHIO ECONOMICO GIUDICE LAICO, SOLO IN PARTESI PUÒ ACCOGLIERE IL PROGETTO DEL GOVERNO di MAURIZIO DE TILLA - Presidente dell’O.U.A., Organismo Unitario Avvocatura Il migliore inquadramento del giudice laico non significa abbandono dell’idea più convincente che i problemi della giustizia si possono risolvere solo con la produttività e con l’eventuale incremento della magistratura togata, uno dei due pilastri su cui si basa la giurisdizione. L’altro pilastro è costituito dall’Avvocatura, che attende un’urgente riforma del proprio ordinamento. Risorse economiche ed efficienza dell’organizzazione sono ulteriori obiettivi essenziali da perseguire per migliorare l’apparato giudiziario. In quest’ambito di integrazione - o supplenza - giudiziaria si colloca il disegno di legge proposto dal Governo sulla «Riforma organica della magistratura onoraria e costituzione dell’Ufficio circondariale del giudice di pace». In esso si nota un’apertura ad alcune richieste più volte avanzate dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura, tra cui il tirocinio e la formazione, che vengono ben disciplinati. Il progetto sembra condividere la necessità, avvertita dall’Avvocatura, di una riforma organica della Magistratura laica. Nella relazione che l’accompagna si dichiara di voler «introdurre una disciplina omogenea dei requisiti per l’accesso alle funzioni giudiziarie onorarie, del reclutamento, della formazione professionale, della durata dell’ufficio, degli illeciti disciplinari». Tale concetto è ben indicato nella relazione; nell’articolato, però, viene sviluppato solo nel senso di trattare tutte le figure di magistrato laico - o quasi tutte - nella stessa legge, ma lasciandole distinte tra loro. Va inoltre condivisa l’impostazione che tende ad eliminare le diseconomie degli uffici dei giudici di pace. Degno di plauso è il capo II nella parte in cui cerca di razionalizzare le risorse umane ed economiche; altrettanto non può dirsi del capo I, per una serie di ragioni. 1) Non si può accettare che sia sufficiente una mera laurea in Giurisprudenza per essere nominato giudice laico. 2) Va stabilita l’incompatibilità con la professione di avvocato: il divieto di svolgere contemporaneamente le funzioni di avvocato e di giudice deve essere assoluto, mentre nel disegno di legge è parziale e si può fare l’avvocato sia pure fuori dal distretto; inoltre non si comprende perché debba considerarsi incompatibile con la funzione di giudice laico solo lo svolgimento di attività professionale per banche e assicurazioni e non anche per altri soggetti forti, quali le associazioni di consumatori ed altre. 3) Non è accettabile una riduzione del ruolo organico: bisogna tendere a raggiungere un indice di ricambio superiore al 100 per cento; per stabilire gli organici vanno verificate le necessità in ogni circondario analizzando il rapporto tra giudizi pendenti e numero di magistrati. 4) Non è accettabile la persistenza di una categoria di magistrato onorario con funzioni meramente vicarie; il previsto crescente impiego dei Got - giudici onorari di Tribunale - deve essere puntualmente disciplinato e giustifica ancor più l’incompatibilità assoluta; il ricorso ad essi deve essere temporaneo e limitato in quanto bisogna rafforzare la componente della magistratura togata, a garanzia della terzietà e dell’indipendenza dell’attività del giudice. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 155 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA 5) È necessario prevedere una retribuzione adeguata e una piena tutela previdenziale. L’OUA chiede che, in sede di esame parlamentare, siano presi in considerazione i contenuti dell’articolato predisposto dal coordinatore avv. Giuseppe Chiaia Noya e approvato dall’assemblea dell’Organizzazione sulla riforma della magistratura onoraria o laica, come si preferisce denominarla. In tale articolato è prevista una figura unica di giudice non professionale definito laico, che a sua volta si divide in giudice laico giudicante e giudice laico requirente. Per il reclutamento l’OUA ha previsto un concorso con discussione orale su una questione di diritto civile e su una di diritto penale, con la redazione di una sentenza. Viene regolamentato un rigido tirocinio con le stesse modalità e gli organi deputati alla formazione e all’aggiornamento dei magistrati ordinari. Sono previste una retribuzione equa parametrata a quella del magistrato ordinario di prima nomina, e una tutela previdenziale. Per garantire la qualità del lavoro dei giudici laici l’accesso al concorso deve essere limitato agli addetti ai lavori: avvocato iscritto all’Ordine da non meno di sei anni o che abbia svolto funzioni di giudice onorario per un pari periodo. La scelta di valorizzare la professionalità derivante dall’espletamento della professione forense è chiaramente diretta ad evitare che si ritrovino a giudicare o a svolgere attività requirente neolaureati in Giurisprudenza che non abbiano mai avuto effettiva e concreta contezza dell’attività giudiziaria. Naturalmente, si è voluta far salva la posizione di coloro che, indipendentemente dalla «professione di provenienza», abbiano già acquisito esperienza giudiziaria con precedenti incarichi, nella consapevolezza, peraltro valida anche per gli avvocati, che eventuali carenze possano essere verificate periodicamente in sede di «valutazione della professionalità». Nel progetto di legge proposto dall’OUA, inoltre, è stato realisticamente previsto un controllo costante della professionalità dei giudici laici che sfocia in valutazioni periodiche. Il procedimento disciplinare viene ancorato in tutto e per tutto al procedimento previsto per i magistrati togati. Sotto il profilo deontologico, appare inoltre necessario dare maggiore rilevanza all’Avvocatura e, segnatamente, ai Consigli dell’Ordine forense. Viene prevista un’incompatibilità assoluta identica a quella dei magistrati ordinari, finalizzata a porre l’aspirante finalmente di fronte alla consapevolezza della propria scelta e, quindi, alla decisione su quale professione esercitare; in caso di approvazione, ciò eviterebbe quelle situazioni, assai frequenti, di commistione di esercizio di professione e di espletamento di attività giurisdizionale che, anche sotto l’apparente espletamento in differenti distretti giudiziari, ma spesso vicini, creano non poco imbarazzo tra gli addetti ai lavori e non contribuiscono certo alla limpidezza della figura del magistrato laico rispetto alla collettività dei fruitori del servizio-giustizia. Poiché è stato prorogato al 31 dicembre 2010 il termine per varare la riforma della Magistratura onoraria, l’OUA si augura che sia subito nominato un gruppo di lavoro con la partecipazione dell’Avvocatura e dei rappresentanti delle Associazioni di magistrati onorari, al fine di trovare un testo di legge condiviso con il Governo. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 156 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA PROPOSTA A MOZIONE PER UNA RINNOVATA E MODERNA GEOGRAFIA GIUDIZIARIA Gli avvocati italiani riuniti in congresso straordinario a Milano PREMESSO che la Giustizia, pur in presenza di congiunture particolari non può essere gestita in termini di “produttività aziendale”, poiché essa è, e rimane, un bisogno primario della collettività i cui costi devono considerarsi come socialmente utili e doverosamente assorbibili; che sussiste in ogni caso indubbia esigenza di affrontare con speditezza le problematiche legate alla geografia giudiziaria; che ciò non può avvenire, come oggi avviene, in termini settoriali o limitati solo ad alcuni Uffici ma interessare ogni sede dove si amministra Giustizia, sia essa del Giudice di Pace, Sezione Staccata di Tribunale, Tribunale o Corte di Appello e coinvolgendo per una ampia disamina delle singole esigenze territoriali, l’avvocatura e tutte le forze socio – economico politiche locali ; che non può formare in ogni caso oggetto di interventi affrettati e sommari senza rischio di irreparabili danni per i cittadini: RILEVATO che se si vuole intervenire in via definitiva sulla distribuzione degli uffici non si può prescindere -da un attento e approfondito esame della struttura sociale ed economica dell’intero territorio nazionale; -da una analisi non quantitativa, ma qualitativa dei singoli dati territoriali, purché “certi” e “verificati” e la cui raccolta deve avvenire con la collaborazione dell’ avvocatura locale, unica in condizione di fornire indicazioni reali di riferimento sui bisogni delle specifiche realtà locali. -dalla verifica che non siano venute meno nel tempo le esigenze di salvaguardare il valore della giustizia di prossimità che avevano portato ad istituire le attuali sedi di Tribunale -da un' attenta analisi e verifica del risparmio effettivo derivante dalla riorganizzazione che deve necessariamente derivarne tenuto conto dell'incidenza dei costi, anche ambientali, conseguenti al pendolarismo dell'utenza e degli operatori che inoltre gli obiettivi di risparmio e di efficienza presupposto di una nuova Geografia, non si raggiungono con l’indiscriminata e generica soppressione degli uffici giudiziari, quanto piuttosto con una oculata e condivisa riorganizzazione sul territorio degli attuali uffici, eventualmente potenziando anche sotto il profilo dell’alta tecnologia, proprio quegli uffici di prossimità, che in ragione di una struttura meno complessa e burocratica, offrono una pronta e rapida risposta di giustizia, ed un più rapido accesso a tutti i servizi da parte dei cittadini, tanto da allinearsi agli standars riconosciuti e previsti dalla Comunità europea; Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it 157 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA RIBADITO - che un’efficiente, attuale ed economicamente utile riorganizzazione giudiziaria, si attua solo attraverso la ridistribuzione sul territorio del carico di lavoro dei singoli Uffici, con attribuzione a questi di porzione di territorio dei circondari limitrofi, con ciò consentendo di creare strutture il più omogenee possibile in termini di territorio, popolazione e organici. - che per conseguire una ottimale distribuzione delle risorse è però indispensabile superare i confini geografici provinciali e riferirsi piuttosto a quelli del distretto della Corte d’Appello, regionali o di colleganza socio-economica. - che non è condivisibile il criterio adottato dalla delega nell’assumere, come area prioritaria di intervento riequilibrativo del carico di lavoro e territoriale, quello esclusivamente provinciale, particolarmente limitativo e penalizzante, oltre che contraddittorio in un momento in cui la Provincia è soppressa. - che solo un’ ampia ridistribuzione territoriale, tale da coinvolgere tutti gli Uffici senza le attuali limitazioni geografiche, consentirà quindi di raggiungere, primo tra tutti gli obbiettivi, il rispetto del dettato costituzionale così consentendo a tutti i cittadini uguali condizioni di accesso alla giustizia e quel che è più importante uguali termini di decisione. - che da una indiscriminata e irrazionale soppressione come quella intrapresa, non deriva alcun risparmio o beneficio economico per la collettività, essendo vero invece il contrario stante il permanere di tutti i costi solo figurativamente trasferiti presso la sede accorpante che da una indiscriminata e irrazionale soppressione come quella intrapresa, non deriva poi alcuna diversa e migliore efficienza del servizio, essendo vero invece il contrario atteso il maggior carico di lavoro che andrebbe a gravare sull’ufficio accorpante, già oberato, con conseguente gravi rischi per la perdita di efficienza nei territori accorpati nella giustizia civile e nella lotta alla criminalità VISTO L’art. 1 della Legge 14 settembre 2011, n. 148, sulla riorganizzazione degli Uffici giudiziari sul territorio I dubbi da più parti espressi sulla costituzionalità del provvedimento Il mancato coinvolgimento dell’avvocatura e del territorio nelle valutazione dei presupposti per la ridistribuzione degli Uffici Lo schema di decreto legislativo sulla revisione degli Uffici del Giudice di Pace MANIFESTATA Preoccupazione e contrarietà per: - l’assenza di ogni dialogo con l’avvocatura, pur ripetutamente richiesto, nell’attuazione della nuova dislocazione sul territorio degli Uffici Giudiziari. - la mancanza di un progetto organico tale da interessare tutti gli Uffici, - un provvedimento finalizzato essenzialmente alla soppressione di Uffici di primo grado, in quanto non avente sede in capoluogo di provincia e non a ridistribuire equamente il territorio ai fini di raggiungere una più efficiente risposta di giustizia; Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it 158 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA - la mancanza di ogni applicazione in sede di revisione degli uffici del giudice di pace di quei criteri legati alla verifica delle esigenze del territorio, pur presenti in delega, che ha comportato la totale soppressione degli uffici non circondariali, - per la non celata intenzione, manifestata già dall’indicato provvedimento sui Gdp, di ridisegnare le sedi di Tribunale e di Sezione distaccata, per sole ragioni economiche , disattendendo ogni valutazione sulle ragioni della giustizia di prossimata e con ciò eliminando senza, senza possibilità di appello, anche uffici efficienti e territorialmente indispensabili CHIEDE Al Presidente del Consiglio Al Ministro della Giustizia 1) Provvedere per gradi alla ridistribuzione dei singoli Uffici, facendo seguire alla riforma degli Uffici dei GdP, le Sezioni staccate e quindi alle circoscrizioni; 2) Far seguire ad ogni fase un periodo non irrisorio di monitoraggio degli effetti sul territorio, sui cittadini, sulle imprese della chiusura e/o accorpamento, con rilievo degli indici reali di raggiunta maggior efficienza e risparmio rispetto a quella preesistente 3) Passare alla seconda fase, solo per quegli uffici e aree ove risulti acquisito, con il confronto delle realtà locali e a parità di organico e mezzi degli uffici interessati, indubbi vantaggi per il cittadino, per l’impresa, per l’Amministrazione della Giustizia e per la sicurezza dei territori conto la criminalità organizzata 4) Interpretare il criterio stabilito sub e) nel senso che l “area provinciale” non deve intendersi rigidamente delimitata dai confini geografici delle cessate province ma estesa anche ai “territori limitrofi”, seppur appartenenti ad altre provincie purchè appartenenti ad un medesimo bacino di interessi socio economici 5) Privilegiare il criterio del “territorio limitrofo extraprovinciale” qualora ciò porti, con la ridistribuzione territoriale e del carico di lavoro, migliorie agli Uffici delle altre province di riferimento 6) Applicare i principi della legge sui tribunali metropolitani, procedendo ad una generale ridistribuzione territoriale, con ciò interessando Corti d’apello, Tribunali, Sezioni distaccate e GdP avendo quale criterio direttivo, quello della creazione di Uffici contermini di dimensioni ottimali come territorio, popolazione organici, il più omogenei possibile. 7 ) applicare nella ridistribuzione degli Uffici dei GdP i criteri “oggettivi ed omogenei” inseriti in delega quali estensione del territorio, abitanti, specificità territoriale, tasso di criminalità, infrastrutture INVITA Il parlamento, il presidente del consiglio, il ministro della giustizia a prorogare il termine di attuazione della delega per un periodo non inferiore a tre anni così da consentirne la concretizzazione secondo i principi e passi sopra indicati. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it 159 160 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA PROPOSTA B MOZIONE PER UNA RINNOVATA E MODERNA GEOGRAFIA GIUDIZIARIA Gli avvocati italiani riuniti in congresso straordinario a Milano PREMESSO che la Giustizia, pur in presenza di congiunture particolari non può essere gestita in termini di “produttività aziendale”, poiché essa è, e rimane, un bisogno primario della collettività i cui costi devono considerarsi come socialmente utili e doverosamente assorbibili; che sussiste in ogni caso indubbia esigenza di affrontare con speditezza le problematiche legate alla geografia giudiziaria; che ciò non può avvenire in termini settoriali o limitati solo ad alcuni Uffici ma per ogni sede dove si amministra Giustizia, sia essa del Giudice di Pace, Sezione Staccata di Tribunale, Tribunale o Corte di Appello e coinvolgendo per una ampia disamina delle singole esigenze territoriali, l’avvocatura e tutte le forze socio – economico politiche locali ; che non può formare in ogni caso oggetto di interventi affrettati e sommari senza rischio di irreparabili danni per i cittadini: RILEVATO che se si vuole intervenire in via definitiva sulla distribuzione degli uffici non si può prescindere -da un attento e approfondito esame della struttura sociale ed economica dell’intero territorio nazionale; -da una analisi non quantitativa, ma qualitativa dei singoli dati territoriali, purché “certi” e “verificati” e la cui raccolta deve avvenire con la collaborazione dell’ avvocatura locale, unica in condizione di fornire indicazioni reali di riferimento sui bisogni delle specifiche realtà locali. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it 161 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA -dalla verifica che non siano venute meno nel tempo le esigenze di salvaguardare il valore della giustizia di prossimità che avevano portato ad istituire le attuali sedi di Tribunale -da un' attenta analisi e verifica del risparmio effettivo derivante dalla riorganizzazione che deve necessariamente derivarne tenuto conto dell'incidenza dei costi, anche ambientali, conseguenti al pendolarismo dell'utenza e degli operatori che gli obiettivi di risparmio e di efficienza posti a base della legge delega, non si raggiungono affatto con l’indiscriminata e generica soppressione degli uffici giudiziari, quanto piuttosto con una oculata e condivisa riorganizzazione sul territorio degli attuali uffici eventualmente potenziando proprio quegli uffici di prossimità, che in ragione di una struttura meno complessa e burocratica, offrono una pronta e rapida risposta di giustizia, ed un più rapido accesso a tutti i servizi da parte dei cittadini, svolgendo il loro compito notoriamente con piena efficienza, tanto da allinearsi agli standars riconosciuti e previsti dalla Comunità europea; Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it 162 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA Mozione per la riforma del processo civile che punti allo snellimento ed alla velocizzazione dei giudizi, senza comprimere il diritto di difesa dei cittadini. Gli avvocati italiani, riuniti in congresso straordinario a Milano, premesso che -tutti gli ultimi interventi legislativi in materia di processo civili sono stati caratterizzati dalla mancanza di un disegno programmatico complessivo e dall’intento di sopperire alle croniche carenze strutturali e di organico, oltre che alla farragginosità dei sistemi e delle norme processuali, con strumenti finalizzati esclusivamente a rendere più difficoltoso ed oneroso l’accesso alla Giustizia per i cittadini; -l’intento del Legislatore è stato chiaramente quello di puntare non già a fornire una risposta adeguata, rapida e qualitativa alle istanze di giustizia, ma ad una vera e propria disincentivazione all’utilizzo del processo, operata, peraltro, a danno dei soggetti economicamente più deboli; -in particolare, la mediazione obbligatoria, pubblicizzata come strumento idoneo a ridurre in modo esponenziale le pendenze processuali, si è rivelato Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] 163 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA un vero e proprio flop, come preconizzato dall’Avvocatura, in quanto i numeri delle conciliazioni giunte a buon fine sono di gran lunga inferiori a quelle ipotizzate in sede di presentazione della nuova disciplina; il procedimento di mediazione, inoltre, è stato rimesso all’esame della Corte Costituzionale e della CEDU, per evidenti dubbi di violazione delle norme costituzionali e comunitarie e si attendono a breve le decisioni; il procedimento di mediazione si è rivelato, infine, particolarmente esoso per i cittadini, costretti – anche a seguito dei successivi interventi legislativi e regolamentari finalizzati a potenziare surrettiziamente il debole strumento di ADR messo in campo – a sopportare costi notevoli, a fronte di organismi di mediazione e mediatori di scarsa qualità e di incerti origine e controllo; -altri interventi normativi, pur encomiabili, perché astrattamente miranti a razionalizzazione le procedure, come la riduzione dei riti processuali, non hanno apportato alcun sostanziale beneficio, né in termini di velocizzazione delle decisioni, né in termini di concreto beneficio per gli operatori del diritto, non essendo stati supportati dai necessari investimenti; per di più, gli interventi legislativi sembrano ispirati da un preconcetto negativo nei confronti dell’Avvocatura, quasi che la stessa si attivi autonomamente nel ricorso allo strumento processuale e non sulla base di un preciso mandato dei cittadini e della crescente domanda di giustizia che dagli stessi promana (così, ad esempio, l’istanza di prosecuzione dei giudizi Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] 164 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA di impugnazione, fortunatamente abrogata dal Parlamento dopo un primo, incerto e dannoso, periodo di vigenza; la previsione di una condanna accessoria, di consistente entità, per la parte che richieda infondatamente la sospensione dell’efficacia esecutiva di una sentenza; la limitazione del potere del giudice di liquidare le spese di giudizio in misura superiore al valore della causa, i ripetuti tentativi, sin qui non arrivati a buon fine, di introdurre l’istituto della motivazione a pagamento, ecc., e, comunque, di limitare il diritto d’impugnazione); particolarmente preoccupante appare la frequenza con la quale il Legislatore ha aumentato gli importi del contributo unificato, estendendone l’applicazione anche a settori (procedimenti per separazioni e divorzio, cause di lavoro e previdenziali) storicamente esenti, senza, peraltro, prevedere il totale reinvestimento delle maggiori entrate conseguite per un migliore funzionamento della macchina giudiziaria, le cui dotazioni si sono, viceversa, ridotte; -da ultimo, l’istituzione del Tribunale delle Imprese, che a tutti gli effetti è un Giudice speciale, di per sé vietato dalla Costituzione, e il notevole ampliamento delle sue competenze (non compatibile con le funzioni proprie delle sezioni specializzate), con estensione anche alle società a responsabilità limitata, che costituiscono il modello societario di gran lunga maggioritario in tutto il territorio nazionale, pone gravi interrogativi. In primo luogo, Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] 165 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA appare evidente il tentativo, meramente ipotetico, di creare una Giustizia a due velocità: da un lato la Giustizia per i cittadini comuni sarà affidata a giudici ordinari e dovrà scorrere sui lenti binari di un processo civile agonizzante, che nessuno degli interventi riformatori dell’ultimo ventennio ha saputo rivitalizzare, perché non accompagnati da adeguati investimenti, miglioramento delle strutture ed aumento del personale di cancelleria (ridottosi, invece, di un terzo) e degli organici della magistratura; dall’altro, la giustizia per le imprese e le società commerciali, invece, dovrebbe scorrere sui binari di un’alta velocità della quale, tuttavia, ha in comune soltanto il raddoppio del prezzo del biglietto, perché, se anche questa riforma, come espressamente previsto dalla legge sulle liberalizzazioni, dovrà essere eseguita a costo zero, senza destinazione di risorse aggiuntive, lo straordinario aumento delle pendenze finirà per soffocare le sezioni specializzate (raro esempio di efficienza nell’ambito della giurisdizione civile), costringendo ad operare consistenti distrazioni a queste sezioni di magistrati ordinari, con perdita della caratteristica di particolare professionalità e specializzazione propria dei magistrati attualmente adibiti alle sezioni medesime; -altra grave criticità, connessa all’istituzione del Tribunale delle Imprese è l’allontanamento fisico e geografico dell’utente del servizio giustizia (in questo caso le imprese) dalla sede giudiziaria, con un conseguente aumento Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] 166 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA dei costi, determinati non soltanto dal raddoppio del contributo unificato, che appare ingiustificato e mirante unicamente a disincentivare ulteriormente l’accesso al processo, ma anche dalla necessità di raggiungere Tribunali distanti anche più di 200 Km rispetto al centro di interessi dell’utente medesimo; -che le finalità di attrarre capitali stranieri, da sempre utilizzate per l’approvazione di norme processuali, di cui da anni si è potuta verificare l’inefficacia, certificata da riduzioni delle pendenze di scarso rilievo e da un costante aumento dei tempi di definizione del processo civile, possono essere perseguite unicamente attraverso l’avvio un serio progetto riformatore del giudizio civile, sul quale non si può intervenire con provvedimenti disarticolati, spesso adottati con l’improprio strumento del decreto legge e con tecnica legislativa incerta e spesso clamorosamente erronea e contraddittoria, ma attraverso un serio e costruttivo confronto con l’avvocatura; la stessa avvocatura non può e non deve essere considerata come un impedimento o un intralcio alla razionalizzazione delle norme processuali, ma, viceversa, l’indispensabile e competente ausilio all’individuazione di soluzioni efficienti, tecnicamente ineccepibili e rispettose dei diritti costituzionalmente garantiti di difesa e di giusto processo; Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] 167 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA -che l’utilizzo della magistratura onoraria, ormai indispensabile per il funzionamento della macchina giudiziaria, è stato eseguito senza una seria ed adeguata regolamentazione, con incertezza sulle effettive funzioni delegabili ai magistrati onorari, di volta in volta affidate a normative di secondo grado (regolamenti, circolari, ovvero, a meri ordini di servizio), nonché sullo status, anche previdenziale, dei magistrati onorari e con proroghe dei loro incarichi adottate in via di urgenza e senza alcun controllo sulla qualità del servizio reso; CHIEDE al Presidente del Consiglio e al Ministro della Giustizia -di prendere atto del fallimento del procedimento di mediazione disponendo con provvedimento urgente la sospensione dell’operatività dello stesso e, in ogni caso, il rinvio dell’entrata in vigore del medesimo nella materia condominiale e dei sinistri stradali, fino al pronunciamento della Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia Europea; -di procedere, in ogni caso, previo confronto con l’avvocatura, alla riforma del procedimento medesimo, escludendone il carattere di’obbligatorietà, prevedendo l’inserimento di incentivi più incisivi di quelli attualmente previsti, che rendano il ricorso alla mediazione ed alla conseguente conciliazione più vantaggioso per le parti; individuando strumenti idonei a Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] 168 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA garantire le capacità professionali e culturali dei mediatori, il loro aggiornamento professionale e la trasparenza degli Organismi di mediazione e riducendo i costi del procedimento; -procedere all’avvio di un progetto di riforma del processo civile, adeguatamente finanziato con risorse suppletive da ricavarsi dal FUG, da realizzarsi previo confronto e con la collaborazione dell’avvocatura e della magistratura, improntato sulla codificazione delle prassi virtuose sperimentate con successo in numerosi tribunali, grazie alla costituzione di tavoli di confronto degli operatori del diritto e l’adozione di protocolli, nonché sull’adozione di un unico rito, modellato su quello del lavoro attualmente vigente, contraddistinto da un sistema rigido di preclusioni e di termini processuali perentori validi ed obbligatori per tutte le parti del processo, compresi i giudici ed i loro ausiliari, e da un incremento di strumenti finalizzati alla conclusione anticipata del giudizio, mediante l’adozione di provvedimenti interinali di natura cautelare o provvisoria, destinati a diventare definitivi in caso di mancata impugnazione; -di porre mano ad una riforma organica della magistratura onoraria, che tenga conto delle proposte da tempo inoltrare al Governo ed al parlamento dall’avvocatura. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] 169 170 Congresso Nazionale Forense Straordinario Milano, 23 e 24 marzo 2012 Mozione presentata dalla Commissione di Diritto di Famiglia O. U. A. La Commissione di diritto di Famiglia dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura , nel rispetto delle posizioni delle singole associazioni rappresentate nella Commissione e dei relativi progetti di riforma del diritto di famiglia PREMESSO che emerge prepotente nell’avvocatura l’esigenza della piena attuazione dei principi del contraddittorio e dei diritti della difesa nei procedimenti minorili e di famiglia; RILEVATO che l’attuale situazione normativa presenta lacune, anomalie e contraddizioni che consentono la proliferazione di “prassi distorsive” non ulteriormente tollerabili; IN ATTESA che si possa addivenire al più presto ad una riforma ordinamentale da più parti auspicata CHIEDE che il Governo costituisca un tavolo di lavoro a cui partecipino quali necessari interlocutori, oltre ai Magistrati, anche i rappresentanti dell’Avvocatura nelle sue articolazioni istituzionali ed associative, al fine di attuare in tempi brevissimi una riforma del rito ed ordinamentale nella materia del diritto di famiglia e dei minori. 171 172 La specialità della professione forense 173 174 P6_TA(2006)0108 Professioni legali Risoluzione del Parlamento europeo sulle professioni legali e l'interesse generale nel funzionamento dei sistemi giuridici Il Parlamento europeo, – visti i principi di base delle Nazioni Unite del 7 settembre 1990 sul ruolo degli avvocati, – vista la raccomandazione del Consiglio d'Europa Rec (2000) 21 del 25 ottobre del 2000 sulla libertà d'esercizio della professione di avvocato, – vista la sua risoluzione del 18 gennaio 1994 sulla professione di notaio nelle Comunità1, – vista la sua risoluzione del 5 aprile 2001 sulle tabelle degli onorari e le tariffe obbligatorie per talune libere professioni, in particolare per gli avvocati e sulla particolarità del ruolo e della posizione delle libere professioni nella società moderna2, – vista la sua risoluzione del 16 dicembre 2003 sulle regolamentazioni di mercato e norme di concorrenza per le libere professioni3, – vista la direttiva 77/249/CEE del Consiglio, del 22 marzo 1977, intesa a facilitare l'esercizio effettivo della libera prestazione di servizi da parte degli avvocati4, – vista la direttiva 98/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, volta a facilitare l'esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquistata la qualifica5, – vista la direttiva 2003/8/CE del Consiglio, del 27 gennaio 2003, intesa a migliorare l'accesso alla giustizia nelle controversie transfrontaliere attraverso la definizione di norme minime comuni relative al patrocinio a spese dello Stato in tali controversie6, – vista la direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali7, – vista la sua posizione del 16 febbraio 2006 sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sui servizi del mercato interno8, – vista la comunicazione della Commissione "I servizi professionali - proseguire la riforma" del 5 settembre 2005 (COM(2005)0405), 1 GU C 44 del 14.2.1994, pag. 36. GU C 21 E del 24.1.2002, pag. 364. 3 GU C 91 E del 15.4.2004, pag. 126. 4 GU L 78 del 26.3.1977, pag. 17. 5 GU L 77 del 14.3.1998, pag. 36. 6 GU L 26 del 31.1.2003, pag. 41. 7 GU L 255 del 30.9.2005, pag. 22. 8 Testi approvati, P6_TA(2006)0061. 2 175 B6-0203/2006 - 21/03/2006/ 1 – vista la giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee sul diritto comunitario della concorrenza e sulla libera prestazione di servizi, con specifico riferimento alle disposizioni nazionali riguardanti gli onorari minimi nel settore giuridico; – visto l'articolo 108, paragrafo 5, del suo regolamento, A. considerando che la Corte di giustizia delle Comunità europee ha riconosciuto : - l'indipendenza, l'assenza di conflitti di interesse e il segreto/confidenzialità professionale quali valori fondamentali nella professione legale che rappresentano considerazioni di pubblico interesse, - la necessità di regolamenti a protezione di questi valori fondamentali per l'esercizio corretto della professione legale, nonostante gli inerenti effetti restrittivi sulla concorrenza che ne potrebbero risultare, - che lo scopo del principio della libera prestazione di servizi applicato alle professioni giuridiche è quello di promuovere l'apertura dei mercati nazionali mediante la possibilità offerta ai prestatari di servizi e ai loro clienti di beneficiare pienamente del mercato interno della Comunità, B. considerando che qualsiasi riforma delle professioni legali ha conseguenze importanti che vanno al di là delle norme della concorrenza incidendo nel campo della libertà, della sicurezza e della giustizia e in modo più ampio, sulla protezione dello stato di diritto nell'Unione europea, C. considerando che i principi di base delle Nazioni Unite sul ruolo degli avvocati del 7 settembre 1990 stabiliscono che: - gli avvocati hanno diritto a costituire e ad essere membri di associazioni professionali in rappresentanza dei loro interessi, a promuovere l'educazione continua e la formazione professionale e a proteggere la loro integrità professionale. L'organismo esecutivo delle organizzazioni professionali è eletto dai suoi membri e esercita le sue funzioni senza interferenze esterne; - le associazioni professionali di avvocati hanno un ruolo vitale nel promuovere il rispetto dell'etica e delle norme professionali, nel proteggere i suoi membri da procedimenti, interferenze e limitazioni ingiuste, fornendo servizi legali a tutti coloro che lo necessitano e cooperando con istituzioni governative e di altro tipo ai fini della giustizia e dell'interesse pubblico; - processi disciplinari contro gli avvocati sono celebrati di fronte a commissioni disciplinari imparziali create dalla professione legale, di fronte ad autorità statutaria indipendente o un tribunale e sono soggetti a revisione giurisdizionale indipendente; D. considerando che la protezione adeguata dei diritti umani e delle libertà fondamentali cui ha diritto ogni persona, nel campo economico, sociale, culturale, civile e politico, richiede che ogni persona abbia effettivo accesso ai servizi legali forniti da una professione legale indipendente, E. considerando che gli obblighi dei professionisti legali di mantenere l’indipendenza, evitare 2\ 21/03/2006 - B6-0203/2006 176 conflitti di interesse e rispettare la riservatezza del cliente sono messi particolarmente in pericolo qualora siano autorizzati ad esercitare la professione in organizzazioni che consentono a persone che non sono professionisti legali di esercitare o condividere il controllo dell’andamento dell’organizzazione mediante investimenti di capitale o altro, oppure nel caso di partenariati multidisciplinari con professionisti che non sono vincolati da obblighi professionali equivalenti, F. considerando che la concorrenza dei prezzi non regolamentata tra i professionisti legali, che conduce a una riduzione della qualità del servizio prestato, va a detrimento dei consumatori, G. considerando che il mercato dei servizi legali è caratterizzato dall’asimmetria dell’informazione tra avvocati e consumatori, tra cui le piccole e medie imprese, in quanto questi ultimi non dispongono dei criteri necessari per valutare la qualità dei servizi prestati, H. considerando che l'importanza di una condotta etica, del mantenimento della confidenzialità con i clienti e di un alto livello di conoscenza specialistica necessita l'organizzazione di sistemi di autoregolamentazione, quali quelli oggi governati da organismi e ordini della professione legale, I. considerando che i notai di diritto civile sono nominati dagli Stati membri quali pubblici ufficiali il cui compito include la redazione di documenti ufficiali di valore speciale a fini probatori e di immediata esecuzione, J. considerando che i notai di diritto civile svolgono lavoro di ampia investigazione e esame a nome dello Stato in questioni legate alla protezione legale non giurisdizionale, particolarmente in relazione con il diritto societario - in base al diritto comunitario in alcuni casi - e una parte del loro lavoro è soggetta al controllo disciplinare dello Stato membro competente, comparabile a quello che si applica ai giudici e ai funzionari pubblici, K. considerando che la delega parziale dell'autorità dello Stato è un elemento originale inerente all'esercizio della professione di notariato di diritto civile, e che si esercita attualmente su base regolare e rappresenta una parte importate delle attività del notaio di diritto civile, 1. riconosce pienamente la funzione cruciale esercitata dalle professioni legali in una società democratica, al fine di garantire il rispetto dei diritti fondamentali, lo stato di diritto e la sicurezza nell'applicazione della legge, sia quando gli avvocati rappresentano e difendono i clienti in tribunale che quando danno parere legale ai loro clienti; 2. ribadisce le dichiarazioni fatte nelle proprie risoluzioni del 18 gennaio 1994 e del 5 aprile 2001 e nella sua posizione del 16 dicembre 2003; 3. evidenzia le alte qualificazioni richieste per accedere alla professione legale, il bisogno di proteggere tali qualificazioni che caratterizza le professioni legali, nell'interesse dei cittadini europei e il bisogno di creare una relazione specifica basata sulla fiducia tra i membri delle professioni legali e i loro clienti; 4. ribadisce l'importanza delle norme necessarie ad assicurare l'indipendenza, la competenza, l'integrità e la responsabilità dei membri delle professioni legali, con lo scopo di garantire la qualità dei loro servizi, a beneficio dei loro clienti e della società in generale, e per 177 B6-0203/2006 - 21/03/2006/ 3 salvaguardare l'interesse pubblico; 5. accoglie con favore il fatto che la Commissione riconosca che le riforme sono eseguite in maniera più efficace a livello nazionale e che le autorità degli Stati membri, specialmente gli organismi legislativi, sono nella posizione migliore per definire le norme che si applicano alle professioni legali; 6. fa notare che la Corte di giustizia ha concesso ai legislatori nazionali e alle associazioni ed organismi professionali un margine di discrezionalità nella decisione delle misure appropriate e necessarie a protezione dell'esercizio congruo delle professioni legali negli Stati membri; 7. nota che qualunque tipo di attività di un organismo professionale deve essere considerata separatamente, in maniera che le norme sulla concorrenza si applichino all'associazione soltanto quando agisce esclusivamente nell'interesse dei suoi membri e non quando agisce nell'interesse generale; 8. ricorda alla Commissione che le finalità della regolamentazione dei servizi legali sono la protezione dell'interesse pubblico, la garanzia del diritto di difesa e l'accesso alla giustizia, e la sicurezza nell'applicazione della legge e che per queste ragioni non può essere conforme ai desideri del cliente; 9. incoraggia gli organismi professionali, le organizzazioni e le associazioni delle professioni legali a istituire un codice di condotta a livello europeo, con norme relative all'organizzazione, alle qualificazioni, alle etiche professionali, al controllo, alla trasparenza e alla comunicazione, per garantire che il consumatore finale dei servizi legali disponga delle garanzie necessarie in relazione all'integrità e all'esperienza e per garantire la sana amministrazione della giustizia; 10. invita la Commissione a tenere conto del ruolo specifico delle professioni legali in una società governata dallo Stato di diritto e ad effettuare un’analisi esaustiva del modo in cui operano i mercati di servizi legali nel momento in cui la Commissione propone il principio “minore regolamentazione, regolamentazione migliore”; 11. invita la Commissione ad applicare le norme sulla concorrenza - ove opportuno, nel rispetto della giurisprudenza della Corte di giustizia; 12. considera che gli interessi pubblici che prevalgono sui principi della concorrenza dell'Unione europea si trovano nel sistema legale dello Stato membro in cui le norme sono adottate o producono i loro effetti, mentre non esiste un criterio d'interesse pubblico della UE, comunque lo si voglia definire; 13. invita la Commissione a non applicare le norme sulla concorrenza dell'Unione europea in materie che, nel quadro costituzionale dell'UE, sono lasciate alla competenza degli Stati membri, quali l'accesso alla giustizia, che include questioni quali le tabelle degli onorari che i tribunali applicano per pagare gli onorari agli avvocati; 14. sottolinea che i preesistenti ostacoli alla libertà di stabilimento e alla libertà di fornire servizi per le professioni legali sono stati in teoria efficacemente rimossi dalle direttive 77/249/CEE, 98/5/CE e 2005/36/CE; rileva comunque che la verifica sarà realizzata fra due anni e attende con interesse questa approfondita valutazione; 4\ 21/03/2006 - B6-0203/2006 178 15. ritiene che le tabelle degli onorari o altre tariffe obbligatorie per avvocati e professionisti legali, anche per prestazioni stragiudiziali, non violino gli articoli 10 e 81 del trattato, purché la loro adozione sia giustificata dal perseguimento di un legittimo interesse pubblico e gli Stati membri controllino attivamente l’intervento di operatori privati nel processo decisionale; 16. considera che l'articolo 49 del trattato e le direttive 2005/36/CE e 77/249/CEE regolano il principio del paese di destinazione da applicarsi alle tabelle degli onorari e alle tabelle obbligatorie per gli avvocati e altri operatori delle professioni legali; 17. considera che l'articolo 45 del trattato deve essere applicato pienamente alla professione di notaio di diritto civile in quanto tale; 18. invita la Commissione a considerare con attenzione i principi e le preoccupazioni espresse in questa risoluzione nell'analisi delle norme che regolano l'esercizio delle professioni legali negli Stati membri; 19. incoraggia le organizzazioni professionali a continuare a sviluppare le proprie attività nel settore del patrocinio giuridico, al fine di garantire che ognuno abbia il diritto ad ottenere consulenza e assistenza legali; 20. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione. 179 B6-0203/2006 - 21/03/2006/ 5 180 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi L’INDIPENDENZA DELL’AVVOCATO NELLA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA Sommario: 1. Introduzione e oggetto. 2. Precedenti. 3. La Corte e l’indipendenza dell’avvocato. 4. L’analisi dell’Avvocato generale Kokott. 1. Con sentenza del 14 ottobre 2010, la Corte di giustizia si è pronunciata, in grado di appello, sul ricorso presentato dalle imprese Akzo Nobel e Akros contro una decisione della Commissione europea in materia di concorrenza. Il thema decidendum nel ricorso in questione era il seguente: se, nell’ambito di una procedura antitrust condotta dalla Commissione, debba considerarsi coperta dal segreto professionale la corrispondenza che intercorre fra un’impresa ed il proprio legale interno, qualora questo sia iscritto ad un albo professionale e soggetto ad un codice deontologico ed ai poteri di disciplina dell’ordine di appartenenza. Nel caso di specie, la Commissione aveva sequestrato nel corso di un ispezione cinque documenti scambiati fra l’impresa Akros ed il direttore del servizio giuridico della Akzo, iscritto all’ordine olandese col titolo di “advocaat in dienstbetrekking”. Le imprese interessate avevano proposto ricorso innanzi al Tribunale dell’UE, che lo aveva rigettato. La Corte è stata dunque adita in grado d’appello, avverso la sentenza di rigetto emessa dal Tribunale. 2. La Corte ha rigettato il ricorso, basando la propria decisione sul proprio leading case in materia: la sentenza AM & S (Sentenza 18 maggio 1982, Causa 155/79, AM & S c. Commissione). Nella sentenza citata, la Corte aveva stabilito che nei procedimenti in materia di concorrenza la corrispondenza fra cliente ed avvocato è protetta dal segreto a condizione che ricorrano, cumulativamente, due condizioni: 1) che la consulenza cui la corrispondenza attiene sia chiesta e fornita nell’ambito dell’esercizio dei diritti della difesa e 2) che le comunicazioni provengano da, o siano dirette a, un avvocato esterno. 3. La Corte, nel dichiarare l’infondatezza gli argomenti delle imprese ricorrenti, ha esaminato i requisiti posti dalla propria giurisprudenza con riferimento allo status dell’avvocato, affermando che l’appartenenza ad un ordine professionale e la soggezione alle regole di deontologia e disciplina sono condizione necessaria, ma non sufficiente, perché un professionista possa essere ritenuto pienamente indipendente. La piena indipendenza si realizza solamente quando l’avvocato opera al di fuori da un rapporto subordinato con l’impresa, a prescindere dalle condizioni contrattuali che caratterizzano tale rapporto. Il rapporto di impiego di un avvocato pone il professionista in una situazione che, “per sua stessa natura, non consente all’avvocato interno di discostarsi dalle 181 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi strategie commerciali perseguite dal suo datore di lavoro e che dunque influisce sulla capacità di agire con indipendenza professionale.” La Corte rileva infine che la disciplina olandese, che ammette all’esercizio della professione di avvocato i giuristi d’impresa, “non è in grado di garantire un’indipendenza comparabile a quella di un avvocato esterno” a favore degli stessi giuristi (cfr. punti da 42 a 47). 4. Di interesse, in quanto richiamata dalla Corte, l’analisi svolta dall’Avvocato generale Kokott, la quale ha proposto la tesi secondo la quale “il concetto di indipendenza dell’avvocato viene determinato non solo in positivo, mediante un riferimento alla disciplina professionale, bensì anche in negativo, vale a dire con la mancanza di un rapporto di impiego. Un avvocato interno, nonostante la sua iscrizione all’ordine forense e i vincoli professionali che ne conseguono, non gode dello stesso grado di indipendenza dal suo datore di lavoro di cui gode, nei confronti dei suoi clienti, un avvocato che lavora in uno studio legale esterno. Pertanto, per un avvocato interno è più difficile che per un avvocato esterno risolvere eventuali conflitti fra i suoi doveri professionali e gli obiettivi del suo cliente” (Sentenza, punto 45 e conclusioni, punti 60 e 61). 5. Il precedente conferma la positività dell’opzione accolta nel disegno di legge di riforma dell’ordinamento forense attualmente in discussione alla Camera, ovvero la incompatibilità dell’esercizio professionale con la condizione di dipendente (pubblico o privato), pure revocata in dubbio in una certa fase dei lavori parlamentari in Senato. 182 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi Avvocatura e Stato di diritto in Europa Nell’area europea, il ruolo dell’Avvocatura è sottoposto a sollecitazioni e sfide sempre nuove, in considerazione dello sviluppo di un sistema cd. “multilivello” di protezione dei diritti fondamentali. Nell’ambito di un sistema così complesso, incentrato sulla mediazione dell’attività giurisdizionale, il diritto alla difesa attraverso l’assistenza tecnica di un legale assume infatti una rilevanza centrale. Non è un caso, pertanto, che tutti i testi fondamentali in materia, così come – assai significativamente – la giurisprudenza delle Corti sovranazionali – abbiano da tempo consolidato orientamenti tesi a rimarcarne l’importanza al fine di garantire l’effettività della protezione dei diritti fondamentali. Attraverso la difesa tecnica si assicura la piena rappresentazione delle istanze di giustizia che provengono “dal basso” e si garantisce una forma di “partecipazione” dei cittadini alle dinamiche interpretative e applicative proprie del sistema “multilivello”. Per ciò che riguarda il diritto dell’UE, può farsi riferimento, in primo luogo, all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali che, nell’enunciare il “diritto ad un ricorso effettivo ad un giudice imparziale”, afferma specificamente che “ogni individuo ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare”. Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia, peraltro, tale norma va interpretata in senso conforme all’art. 6 della CEDU e pertanto il diritto alla difesa tecnica di un legale va considerato come un elemento necessario di una tutela giurisdizionale effettiva (Corte di Giustizia, 22.12.2010, D.E.B. c. Rep. Federale tedesca, in c. C-279/09, in tema di gratuito patrocinio a favore delle persone giuridiche). Centrale altresì la considerazione del patrimonio normativo facente capo alla CEDU. Viene in esame, anzitutto, l’art. 6 (come specificato dal Protocollo n. 7 del 1984), in materia di diritto ad un equo processo. La giurisprudenza della CEDU ha chiarito a più riprese la portata di tale previsione, consolidando un orientamento fortemente consapevole della centralità del diritto alla difesa nella “costruzione” di un effettivo diritto all’equo processo. Può ricordarsi, a tale proposito, la recente sentenza Hovanesian c. Bulgaria (21.12.2010, ric. n. 31814/03, nonché, nello stesso senso, Yoldaş c. Turchia, 23.2.2010, ric. n. 27503/04), nella quale si legge che “benché non assoluto, il diritto di ogni accusato all’effettiva difesa da parte di un avvocato – se necessario, nominato d’ufficio – rientra tra gli elementi fondamentali di un processo che possa definirsi equo” (per precedenti conformi, cfr. Poitrimol c. France, 23.11.1993, e Demebukov c. Bulgarie, 28.2.1998, ric. n. 68020/01). Simile insieme di riconoscimenti normativi e giurisprudenziali mette in luce la centralità del ruolo dell’Avvocatura nel consolidamento dei principi dello Stato di diritto anche nell’area europea. Da ciò consegue, peraltro, la particolare considerazione della professione forense da parte del diritto comunitario, specie in relazione al complesso rapporto tra attività professionale e libera 183 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi prestazione dei servizi. Seppure l’art. 50 Trattato CE includa le attività professionali nell’ampia categoria dei servizi, pare potersi dire che in realtà le libere professioni siano qualcosa di specifico rispetto ai servizi tout court. Come ha affermato il Parlamento europeo in una risoluzione del 5 aprile 2001, le libere professioni sono l'espressione di un ordinamento fondamentale democratico basato sul diritto e, più specificamente, rappresentano un elemento essenziale delle società europee. Lo stesso Parlamento europeo, con la successiva risoluzione del 23 marzo 2006, ha riconosciuto con forza la specificità della professione forense, sottolineando con forza “la funzione cruciale esercitata dalle professioni legali in una società democratica, al fine di garantire il rispetto dei diritti fondamentali, lo stato di diritto e la sicurezza nell'applicazione della legge, sia quando gli avvocati rappresentano e difendono i clienti in tribunale che quando danno parere legale ai loro clienti”. Ne consegue che “qualsiasi riforma delle professioni legali ha conseguenze importanti che vanno al di là delle norme della concorrenza incidendo nel campo della libertà, della sicurezza e della giustizia e in modo più ampio, sulla protezione dello stato di diritto nell'Unione europea”. In particolare, è la stessa esigenza di protezione dei diritti umani fondamentali a richiedere che “ogni persona abbia effettivo accesso ai servizi legali forniti da una professione legale indipendente”. Da ciò discende, come ineludibile corollario, la necessità di affidare la protezione di simili valori a discipline specifiche “nonostante gli inerenti effetti restrittivi sulla concorrenza che ne potrebbero risultare”. Discipline che, è bene ribadirlo, non possono che essere ispirate alla piena autonomia degli avvocati anche sul piano organizzativo. Come ricorda la stessa Risoluzione, infatti, associazioni e ordini professionali di avvocati “hanno un ruolo vitale nel promuovere il rispetto dell'etica e delle norme professionali, nel proteggere i suoi membri da procedimenti, interferenze e limitazioni ingiuste, fornendo servizi legali a tutti coloro che lo necessitano e cooperando con istituzioni governative e di altro tipo ai fini della giustizia e dell'interesse pubblico”. La qualità dei servizi forniti dalle professioni liberali riveste dunque un'importanza cruciale a vari titoli. Innanzi tutto, le professioni liberali assicurano servizi che riguardano direttamente i diritti fondamentali e toccano aspetti essenziali della società, come la salute pubblica (le professioni mediche), la giustizia (la professione di avvocato) o la sicurezza pubblica e l'urbanistica (la professione di architetto e di ingegnere). Questi diversi servizi possono pertanto avere ripercussioni dirette ed immediate su aspetti fondamentali della vita dei cittadini, come la loro integrità fisica. Perciò il mantenimento di un livello elevato di qualità per i servizi forniti dai liberi professionisti costituisce innegabilmente un obiettivo legittimo di interesse generale. 184 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi LE TARIFFE NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA E NELLA GIURISPRUDENZA DI CASSAZIONE SOMMARIO: 1. La sentenza Arduino (2002). 2. La sentenza Cipolla Macrino (2006). 3. La giurisprudenza comunitaria e il Decreto Bersani. 4. La giurisprudenza della Cassazione. 1. Il primo capitolo di questa vicenda è venuto dalla oramai risalente e assai nota sentenza Arduino del 2002 (causa C-35/99). Il giudice remittente, in quel caso, aveva adito la Corte del Lussemburgo per far rilevare la asserita violazione dell'art. 85 trattato CE da parte della normativa italiana in materia di tariffe forensi, deducendo che queste, adottate da un ente qualificabile come associazione di imprese (il Consiglio nazionale forense) integrerebbero intese restrittive della libertà di concorrenza. In buona sostanza l'oggetto del contendere era proprio la compatibilità con il quadro normativo comunitario del sistema tariffario vigente in Italia per l'esercizio della professione forense. Ovvero la compatibilità con il quadro comunitario di un elemento normativo di notevole importanza per la definizione del modello ordinistico italiano: la sentenza era infatti particolarmente attesa in Italia, dove da alcuni anni, a partire da una indagine conoscitiva avviata nel 1994 dall'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato, si dibatte intorno al sistema degli ordini professionali. La conclusione cui è arrivata la Corte è la piena compatibilità dei sistemi tariffari con il diritto comunitario della concorrenza, nel momento in cui afferma che "gli artt. 5 e 85 del Trattato CE (divenuti artt. 10 CE e 81 CE) non ostano all'adozione da parte di uno Stato membro di una misura legislativa o regolamentare che approvi, sulla base di un progetto stabilito da un ordine professionale forense, una tariffa che fissa dei minimi e dei massimi per gli onorari dei membri dell'ordine, qualora tale misura statale sia adottata". Da ciò l'importante conseguenza che non spetta al giudice nazionale compiere una valutazione caso per caso e applicare o disapplicare le tariffe se non ha motivo di ritenere che siano state adottate nell'interesse nazionale. La valutazione l'ha già compiuta una tantum la Corte di giustizia. La linea argomentativa sostenuta dalla Corte poggiava fondamentalmente sul riconoscimento del fatto che le tariffe professionali, seppur proposte dall'ordine, sono comunque approvate dal Ministro della Giustizia, dietro parere del Consiglio di Stato e del CIP, e che dunque l'atto è sostanzialmente oltre che formalmente imputabile ad un'autorità dello Stato. Ciò impedirebbe di riconoscerne l'origine in organismi espressione della categoria che rende le prestazioni professionali e che avrebbe perciò interesse a promuovere intese restrittive della concorrenza. Peraltro l’art. 60 del regio decreto legge 27 novembre 1933, n. 1578 dispone che la liquidazione degli onorari sia effettuata dagli organi giudiziari in base ai criteri stabiliti dall’art. 57 del medesimo decreto legge, tenuto conto della gravità e del numero delle questioni trattate. Inoltre, in talune circostanze eccezionali, il giudice può, 185 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi con una decisione debitamente motivata, derogare ai limiti minimi fissati in applicazione dell’art. 58 del R.D. Pertanto non si può ritenere che lo Stato italiano abbia rinunciato ad esercitare il proprio potere delegando ad operatori privati la responsabilità di prendere decisioni di intervento nel settore economico, cosa che avrebbe portato a privare del suo carattere pubblico la normativa di cui trattasi. Per le ragioni indicate, non può essere nemmeno addebitato allo Stato italiano di imporre o di favorire la conclusione, da parte del CNF, di intese in contrasto con l’art. 81 CE o di rafforzarne gli effetti, né di imporre o favorire abusi di posizione dominante in contrasto con l’art. 82 CE, o di rafforzarne gli effetti. 2. Un secondo episodio fondamentale in questa vicenda è rappresentato da una decisione più recente, la sentenza Cipolla e Macrino (cause C-94/04 e C-202/04). La sentenza non contiene la condanna del sistema tariffario che alcuni auspicavano e che taluni cercano di intravedervi. Le conclusioni dell’Avvocato Generale, quanto alle questioni sollevate nel caso Cipolla, erano state nel senso di riaffermare il principio espresso dalla Corte nel caso Arduino e quindi di legittimare il regime tariffario solo se sottoposto ad un effettivo controllo dello Stato e la sua applicazione da parte del giudice conforme al diritto della concorrenza (artt. 10 e 81 TCE). La Corte ha seguito questo suggerimento e, mantenendo ferma la propria giurisprudenza – cioè non modificando né smentendo la propria posizione assunta nel caso Arduino – ha confermato che il sistema tariffario proposto dal Consiglio Nazionale Forense e poi disposto con decreto da parte del Ministro Guardasigilli non è in contrasto con il diritto comunitario, sub specie di diritto della concorrenza, né per le tariffe minime previste per le attività riservate, cioè per l’attività giudiziale, né per le tariffe previste per le attività libere, quali l’attività stragiudiziale. Un sistema tariffario comprensivo di minimi inderogabili è dunque ammissibile, secondo la Corte, purché siano rilevabili uno o più dei seguenti motivi di pubblico interesse: (i) tutela dei consumatori; (ii) buona amministrazione della giustizia. La giurisprudenza comunitaria sembra avere raggiunto sul punto un esito ormai consolidato, tanto è vero che successive pregiudiziali comunitarie in tema di tariffe sono state decise rapidamente con ordinanza (cfr. ordinanze 17 febbraio 2005 in causa C/-250/03) e 5 maggio 2008 In causa C-386/07). 3. Senza dover arrivare quindi alla conclusione un po’ semplicistica che vorrebbe individuare vincitori e vinti all’esito della vicenda giudiziaria, si deve però riconoscere, senza infingimenti e “distinguo”, che la Commissione ha avuto torto nel sostenere la violazione della normativa comunitaria (sia in punto di libera concorrenza sia in punto di libera prestazione dei servizi) per il solo esistere delle tariffe forensi; che il Governo italiano che aveva sostenuto le buone ragioni dell’ Avvocatura ha avuto ragione; che la nuova normativa interna (il decreto Bersani) introdotta in via d’urgenza e sotto il vincolo della fiducia, senza 186 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi attendere ( si sarebbe trattato di sei mesi) l’esito dei due procedimenti, ora appare di ancor più difficile giustificazione. All’esito di questo ragionamento sul terreno del diritto comunitario, allora, bisogna evidenziare che la responsabilità delle scelte operate con le atipiche norme del “decreto Bersani” è integralmente del legislatore (rectius dell’Esecutivo, che ha ottenuto la ratifica sommaria del Legislatore su una serie eterogenea di disposizioni) che ha voluto mascherare con l’interesse del consumatore e con gli obblighi comunitari di natura concorrenziale l’introduzione di norme che ora si rivelano ultronee rispetto a tali vincoli ed interessi. 4. A conferma di tale linea, si segnala la giurisprudenza della Corte di cassazione, sez. unite, sent. 11 settembre 2007, n. 19014, che ha confermato la legittimità della disciplina delle tariffe come prevista dalla legge professionale, sottolineando che la disciplina consente al giudice una valutazione sufficientemente discrezionale per la determinazione in giudizio delle spese di lite, e quindi anche dei compensi professionali dei difensori, ed ha riaffermato i principi di adeguatezza e proporzionalità a cui la disciplina si ispira. Ancora la Cassazione, con sentenza 15 aprile 2008 n. 9878, in materia di tariffe notarili, ha richiamato la giurisprudenza comunitaria per rilevare la compatibilità del precedente sistema con il Trattato. 5. Da ultimo, è intervenuta pochi giorni or sono la sentenza Cass. Sez. lav. 20269/2010, che si segnala per la sua rilevanza generale. La sentenza: a) conferma che il quadro comunitario non osta ad un sistema di tariffe minime, anzi lo giustifica pienamente per ragioni di interesse pubblico quali la corretta amministrazione della giustizia e la tutela del consumatore; b) smentisce la lettura che il governo diede della sentenza cipolla - macrino (dic 2006), confermando quella fornita dal CNF; c) dice chiaramente che, in via generale ed astratta, un sistema di tariffe minime tutela l'interesse a evitare una concorrenza al ribasso a discapito della qualità della prestazione. Recita la sentenza: “la conformità al principio comunitario della libera concorrenza di quelle norme del diritto interno in virtù delle quali è imposta la inderogabilità dei minimi di tariffa forense, costituisce orientamento confermato dalla più recente sentenza della Corte di giustizia del 5 dicembre 2006”. Non ci sono più dubbi: aveva ragione chi riteneva che il diritto comunitario non imponesse di rimuovere la norma sui minimi, ed aveva torto chi riteneva che la si dovesse abrogare per violazione del Trattato, ferma restando la discrezionalità del legislatore nell’apprezzare l’opportunità o meno della misura. La garanzia della tutela della qualità della prestazione professionale a tutela dei consumatori e la buona amministrazione della giustizia sono – ha detto ieri la Corte di giustizia, e dice oggi la Cassazione – “le ragioni imperative di interesse pubblico” che giustificano una limitazione del principio di libera prestazione di servizi ad opera di una norma interna che fissi minimi inderogabili. Ma la pronunzia non si ferma qui. La Cassazione si pone sulla scia della scelta operata a Lussemburgo e si assume l’onere di attuarla entrando nel merito della situazione italiana, e calando nel contesto socioeconomico nazionale il principio affermato per tutta l’Unione dalla Cipolla Macrino. Spetta al giudice nazionale – aveva detto la Corte di giustizia – valutare se le ragioni di interesse pubblico che in astratto possono giustificare un regime di minimi tariffari sono rinvenibili in concreto, in ciascun Paese. La Cassazione non si tira indietro, e sviluppando uno spunto già proprio della Cipolla Macrino (il numero dei legali), la completa e la 187 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi prosegue, affermando che “pur non essendo una garanzia della qualità dei servizi non si può certo escludere - ed anzi deve affermarsi - che nel contesto italiano, caratterizzato da una elevata presenza di avvocati, le tariffe che fissano onorari minimi consentano di evitare una concorrenza che si traduce nell’offerta di prestazioni “al ribasso”, tali da poter determinare un peggioramento della qualità del servizio”. “Non si può certo escludere – ed anzi deve affermarsi”, dice la Corte: e dunque ben può il legislatore prevedere minimi inderogabili senza paura di violare il diritto comunitario, perché appunto i fenomeni di offerte al ribasso che la rimozione dei minimi inevitabilmente comporta possono incidere negativamente sulla qualità del servizio, in danno dell’utente consumatore. 188 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi LA PUBBLICITÀ DELL’AVVOCATO La Carta dei diritti fondamentali siglata a Nizza, oggi incorporata nel Trattato sul funzionamento dell’Unione distingue la libertà professionale dalla libertà d’impresa, e colloca l’esercizio di una professione liberamente scelta o accettata nell’ambito del diritto di lavorare. Questo diritto/libertà viene riconosciuto ad ogni individuo, e non solo ai cittadini dell’Unione, a questi si garantisce la libertà di stabilirsi o di prestare servizi in qualsiasi Stato membro. Se osserviamo più da vicino la questione della pubblicità, rileviamo come la direttiva CE n.123 d.d. 12/12/2006 relativa ai servizi nel mercato interno ( c.d. Direttiva Bolkestein ), sopprime ogni divieto in materia di pubblicità, ed in tal senso l’art. 24 si riferisce esplicitamente alle professioni regolamentate. Tuttavia vi è un importante temperamento all’art.24 c. 2, che impone la conformità del messaggio alle regole professionali, tenendo conto della specificità della professione, nonché della indipendenza, della integrità, della dignità e del segreto professionale. Fra l’altro la direttiva quando fa riferimento ai professionisti, non usa il termine pubblicità, ma l’espressione “comunicazione commerciali emananti dalle professioni regolamentate” Quindi la direttiva Bolkestein pone limiti assolutamente peculiari alla pubblicità nelle professioni, che distingue chiaramente dalla pubblicità strettamente commerciale, sul punto si legga anche il considerando n. 96, secondo cui “le informazioni che il prestatore ha l’obbligo di rendere disponibili nella documentazione con cui illustra in modo dettagliato i suoi servizi non dovrebbero consistere in comunicazioni commerciali di carattere generale come la pubblicità, ma piuttosto in una descrizione dettagliata dei servizi proposti”, dunque netta distinzione tra concetto di pubblicità commerciale e pubblicità, o meglio comunicazione, informativa, che fra l’altro, come visto, va regolamentata dai codici deontologici. Vale ora soffermarsi sulla direttiva 2005/29/CE d.d. 11 maggio 2005, “ relativa alle pratiche commerciali il cui intento diretto è quello di influenzare le decisioni di natura commerciale dei consumatori relative ai prodotti”, che ribadisce importanti concetti in tema di pubblicità, quali il divieto della pubblicità ingannevole, della pubblicità molesta, della pubblicità contraria alle norme di diligenza professionale. Tale direttiva è stata attuata con D.L. 02/08/07 n. 146 che regola le c.d. pratiche commerciali. Lo stesso definisce la diligenza professionale come “il normale grado della specifica competenza ed attenzione che ragionevolmente i consumatori attendono da un professionista nei loro confronti rispetto ai principi generali di correttezza e di buona fede nel settore di attività del professionista”. Secondo tale decreto sono considerate, fra la altre, pratiche commerciali ingannevoli i contenuti redazionali nei mezzi di comunicazione, qualora i costi siano stati sostenuti dal 189 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi professionista senza che ciò emerga dai contenuti o da immagini o suoni chiaramente individuabili per il consumatore. Ancora, viene considerata pratica commerciale aggressiva lo sfruttamento da parte del professionista di qualsivoglia evento tragico o circostanza specifica di gravità tale da alterare la capacità di valutazione del consumatore, al fine di influenzarne la decisione relativa al prodotto. Pratica aggressiva è anche quella di effettuare ripetute e non richieste sollecitazioni commerciali per telefono, via fax, per posta elettronica o mediante altro mezzo di comunicazione a distanza. Il richiamato decreto legislativo, poi, delinea i poteri di intervento, in materia di pratiche commerciali scorrette, dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Rammentiamo anche il Decreto Legislativo 9 aprile 2003 N. 70 (attuazione della direttiva 2000/31/CE), avente ad oggetto taluni aspetti giuridici dei servizi della società della informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico (internet). Tale decreto prevede all’art.10, che la comunicazione commerciale nelle professioni regolamentate “deve essere conforme alle regole di deontologia professionale e in particolare all’indipendenza, alla dignità, all’onore della professione, al segreto professionale e alla lealtà verso clienti e colleghi”. Richiamiamo in chiusura la sentenza della Corte di Giustizia Europea, sez. seconda, del 13 marzo 2008, nella causa n. 446/05, la quale afferma che una normativa nazionale (nella specie la legge belga 15 aprile 1958 relativa alla pubblicità in materia di cure dentistiche) che vieti a chiunque nonché ai prestatori di cure dentistiche, nell’ambito di una libera professione o di uno studio dentistico, di effettuare qualsivoglia pubblicità nel settore delle cure dentistiche, non contrasta con l’art. 81 del Trattato che tutela la libera concorrenza all’interno del mercato unico. Insomma, sia le fonti europee, che le fonti interne, distinguono chiaramente la pubblicità commerciale dall’attività informativa dell’Avvocato. La norma del codice deontologico, nella versione approvata nel 1997, recitava recisamente «È vietata qualsiasi forma di pubblicità dell’attività professionale». I notevoli mutamenti del contesto socio-economico degli ultimi anni ed una forte pressione di alcuni settori dell’opinione pubblica hanno condotto il C.N.F. a modifiche, in senso ampliativi, delle facoltà comunicative del professionista. Fino al 2006 il codice deontologico elencava puntualmente i mezzi attraverso i quali era possibile comunicare a terzi l’attività dello studio. Erano sostanzialmente esclusi i mass media, con l’eccezione di «gli annuari professionali, le rubriche telefoniche, le riviste e le pubblicazioni in materie giuridiche», ma anche «i siti web con domini propri e direttamente riconducibili all’avvocato, allo studio legale associato, alla società di avvocati, sui quali gli stessi operano una completa gestione dei contenuti e previa comunicazione al Consiglio dell’Ordine di appartenenza». Con l’ultima modifica, approvata dal C.N.F. il 14 dicembre 2006, si è affermato l’opposto principio, ossia quello della libertà di forme nella comunicazione di informazioni sull’attività professionale: attualmente l’iscritto può rendere nota l’attività dello studio legale con i mezzi più idonei purché si rispetti il precetto secondo cui «il contenuto e la forma 190 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi dell’informazione devono essere coerenti con la finalità della tutela dell’affidamento della collettività e rispondere a criteri di trasparenza e veridicità» (art. 17 c.d.f.). Più specificamente, quanto al contenuto «l’informazione deve essere conforme a verità e correttezza e non può avere ad oggetto notizie riservate o coperte dal segreto professionale», mentre rispetto alla forma ed alla modalità «l’informazione deve rispettare la dignità e il decoro della professione». I principî di dignità, decoro e lealtà nello svolgimento (e nella comunicazione) delle attività professionali sono, nell’ottica della deontologia forense, superiori all’interesse all’acquisizione di nuova clientela (cfr., ad es., C.N.F., sent. 31 dicembre 2007, n. 268). Un primo principio di carattere applicativo, dunque, è senz’altro quello di evitare che nella realizzazione ed erogazione del servizio possano esservi elementi in contrasto con le esigenze di decoro e dignità della professione (art. 5 c.d.f.), quali ad esempio espressioni eccessive o banner pubblicitarî eticamente sensibili (si pensi a giochi d’azzardo, a prodotti alcolici o a possibili rinvii a siti di carattere erotico, solo per richiamare alcuni temi classici)1. Il criterio a cui è informata la nuova disciplina è quello, quindi, di una tendenziale libertà dell’avvocato di informare nel modo che ritiene più opportuno circa le caratteristiche della propria attività professionale, ma la scelta di apertura non è valsa a trasformare la comunicazione consentita in “pubblicità”, con ciò mantenendo un concetto negativo del confronto tra avvocati inteso come paragone tra prodotti, una forma di competizione evidentemente difficile da coniugare con l’attività di difesa dei diritti propria del legale. Ritornando più specificamente alla facoltà dell’avvocato di utilizzare i mezzi che ritiene più opportuni per la realizzazione di una informazione circa la propria attività professionale, è evidente che si è voluto includere in tale ambito di libertà anche l’informazione attraverso i nuovi mezzi di comunicazione elettronica, ed in particolare con internet. Nel susseguirsi delle modifiche è stata conservata una norma che specificamente riguarda l’utilizzo di siti web a scopi di informazione professionale. Si tratta del terzo comma dell’art. 17-bis c.d.f. (rubricato Modalità dell’informazione), il quale recita «L’avvocato può utilizzare esclusivamente i siti web con domini propri e direttamente riconducibili a sé, allo studio legale associato o alla società di avvocati alla quale partecipa, previa comunicazione al Consiglio dell’Ordine di appartenenza della forma e del contenuto in cui è espresso». La norma non comporta un impedimento per l’avvocato a comparire in siti gestiti da terzi, salvo il rispetto degli altri principî deontologici sul quomodo di tale presenza. Ciò che, invece, è interdetto nello spirito della norma è l’utilizzo surrettizio di siti di natura diversa (es. siti di informazione al cittadino, al consumatore oppure siti di consultazione su tematiche specifiche) per promuovere in realtà un’attività di studio legale; la pubblicità occulta o dissimulata è senz’altro contraria a quella lealtà e correttezza minime richieste al professionista forense. Quest’ordine di considerazioni può giustificare appieno l’orientamento restrittivo assunto da alcuni ordini circondariali circa la consulenza legale via web quando realizzata attraverso siti di terzi (C.O.A. Pistoia, delib. 28 novembre 2003 e già C.N.F., par. 21 novembre 2001), la 1 Si tratta di preoccupazioni concrete. Ad esempio si consideri la recente sentenza C.N.F. 10 dicembre 2007, n. 211, con la quale il Consiglio nazionale ha condannato un professionista per aver inserito nel proprio sito web l’immagine della moglie in abiti succinti al fine di attrarre clientela. 191 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi promozione dell’attività di uno studio legale realizzata all’interno di una rete telematica di un ente (C.O.A. Roma, 16 giugno 2005) oppure lo sfruttamento della qualità di webmaster o di curatore di un sito di attualità giuridica a scopi pubblicitarî (C.N.F., par. 27 aprile 2005, n. 35 e C.O.A. Roma, par. 30 novembre 2006). Il codice deontologico si occupa altresì di indicare il contenuto minimo della comunicazione informativa professionale. 192 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi LA SPECIALITÀ COSTITUZIONALE DELL’AVVOCATURA SOMMARIO: 1. I riferimenti all’avvocatura nella Costituzione vigente e nei lavori preparatori in Assemblea costituente. – 2. L’art. 24 della Costituzione: la difesa tecnica e il contraddittorio. – 3. Conclusioni. – 4. Bibliografia minima. 1. I riferimenti all’avvocatura nella Costituzione vigente e nei lavori preparatori in Assemblea costituente. 1.1. Il dato di diritto positivo (di rango costituzionale) dal quale partire consiste nella constatazione delle numerose norme che già oggi offrono “copertura costituzionale” alla professione di avvocato. Numerose norme costituzionali contemplano infatti la qualità di avvocato sia come requisito soggettivo necessario ai fini dell’elettorato passivo per il CSM (art. 104, comma 4), e per la Corte costituzionale (art. 135, comma 2), sia come causa di incompatibilità con l’assunzione dei rispettivi munera (cfr. art. 104, comma 7, che esclude che i componenti del CSM possano essere iscritti in albi professionali, e art. 135, comma 6, in forza del quale “l’ufficio di giudice della Corte è incompatibile con ….l’esercizio della professione forense”). 1.2. Oltre alle norme indicate si segnala per la sua importanza l’art. 106, comma 3, Cost, in forza del quale “su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati all'ufficio di consiglieri di cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni d'esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori”. La disposizione, pienamente attuata solo con la legge 5 agosto 1998, n. 303, che prevede una procedura che si snoda attraverso una segnalazione non vincolante operata dal Consiglio nazionale forense, letta alla luce di un’interpretazione sistematica e soprattutto in collegamento con il nuovo art. 111 Cost., depone nel senso di uno status particolare della professione forense tra le altre professioni, sia per il ruolo coessenziale (al pari della 193 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi magistratura) di tale professione all’esercizio della funzione sovrana per eccellenza, la giurisdizione, sia appunto per il riconoscimento operato dalla Carta costituzionale ai fini dell’integrazione di organi quali la Corte di cassazione, la Corte costituzionale, il Consiglio superiore della magistratura. 1.3. La coessenzialità della professione forense all’esercizio della giurisdizione è stata di recente anche simbolicamente riconosciuta dal legislatore ordinario all’atto di disciplinare la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario: la legge delega per la riforma dell’ordinamento giudiziario (la legge 25 luglio 2005, n. 150) prevede all’art. 2, comma 29, che in quella solenne assise, dopo la relazione del Primo Presidente della Corte di cassazione, prenda la parola, oltre al Procuratore generale, al Vicepresidente del CSM e al Ministro della giustizia, anche il Presidente del Consiglio nazionale forense1. 1.4. A proposito del rilievo costituzionale della professione di avvocato, può essere interessante in questa sede rilevare come nella stagione costituente non mancarono progetti e proposte (riferibili a giuristi della statura di Piero Calamandrei) di inserimento della partecipazione dell’ordine forense addirittura alle procedure di investitura dei giudici costituzionali. Nel 1945 il Ministero per la Costituente insediò la Commissione Forti, l’organo incaricato per primo di studiare le forme di riorganizzazione dello Stato apparato. Questa commissione, riconosciuta l’utilità dell’introduzione nel sistema italiano di un meccanismo di controllo dell’esercizio del potere legislativo, elaborò la proposta di un’azione popolare volta all’annullamento per contrarietà alla Costituzione di una legge, proponibile entro un certo termine dalla pubblicazione della legge stessa. Sull’azione popolare avrebbe dovuto pronunciarsi una Corte costituzionale composta di membri 1 Non è questa la sede per indulgere nell’analisi del significato di senso di tale innovazione simbolica; basti qui richiamare i casi sempre più frequenti di interventi normativi che rivalutano alcuni aspetti simbolici della vita pubblica (si pensi, a titolo di esempio, alle norme sull’esposizione della bandiera nazionale, alla costituzionalizzazione della funzione di Capitale in capo alla città Roma, all’istituzione di ricorrenze legate alla memoria storica comune), frutto di una ritrovata consapevolezza – dovuta certamente anche al lodevole impegno in questo senso del Capo dello Stato – intorno alla capacità dei simboli di richiamarci ad “un sentimento di più forte adesione collettiva ai valori fondamentalissimi dell’assetto repubblicano” (G. SALERNO, Il dovere di fedeltà tra simbolismo costituzionale e patriottismo repubblicano, in AA. VV., Studi in onore di Gianni Ferrara, vol. III, Giappichelli, Torino 2005, 511 ss.; sul rilievo di profili simbolici nella conformazione normativa della professione forense, ed in particolare sull’istituto del giuramento degli avvocati, vedi le riflessioni di S. STAMMATI, Del giuramento professionale degli avvocati: significati originari e attuali della formula giuratoria, in Giur. cost., 2002, 3055 ss.; ID, Il giuramento professionale degli avvocati: specificità dei suoi problemi entro quelli comuni a tutti i giuramenti, in Giur. cost., 2002, 3397 ss.). 194 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi eletti dalla Cassazione tra propri magistrati, e in proporzione via via minore, dal Consiglio di Stato, dalla Corte dei conti, dai Consigli dell’ordine forense2. In Assemblea costituente il riferimento viene ripreso in seno ai lavori della Commissione dei 75, la cui seconda sottocommissione si occupò del tema sulla base di tre relazioni, l’una di Calamandrei, l’altra di Leone, la terza di Patricolo. Nella relazione di Calamandrei, la Corte avrebbe dovuto essere composta per metà da magistrati di Cassazione eletti dai magistrati, e per l’altra metà da professori di diritto e avvocati eletti dalla Camera sulla base di elenchi formati dalle Università e dai Consigli forensi3. 2. L’art. 24 della Costituzione: la difesa tecnica e il contraddittorio. 2.1. Il riferimento testuale principale per la “copertura costituzionale” dell’avvocato è l’art. 24 Cost., in forza del quale “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari”. È bene approfondire il contenuto precettivo della disposizione, al fine di confutare l’idea che la disposizione non rechi una piena protezione costituzionale della figura dell’avvocato e del suo ruolo processuale. Come si è detto, quella di avvocato è invero l’unica professione menzionata espressamente in Costituzione. Si tratta pertanto dell’unica professione costituzionalmente necessaria, nel senso che il legislatore non potrebbe in nessun caso, con legge formale ordinaria, sopprimere la figura professionale dell’avvocato. A bene vedere, tuttavia, deve ritenersi che neanche in sede di eventuale revisione della Costituzione il legislatore (di rango costituzionale) possa sopprimere la figura professionale dell’avvocato, considerato che il diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost. comprende certamente la difesa tecnica, ovvero la difesa effettuata dall’avvocato, e che il diritto di difesa è diritto fondamentale del cittadino (e del non cittadino) 2 Cfr. G. D’ALESSIO (a cura di), Alle origini della Costituzione italiana. I lavori preparatori della “Commissione per studi attinenti alla riorganizzazione dello Stato (1945-1946), Il Mulino, Bologna, 1979, 139 e ssg.. 3 Cfr. C. RODOTÀ, Storia della Corte costituzionale, Laterza, Roma-Bari 1999, 6. Per ulteriori riferimenti, vedi G. COLAVITTI, Gli interessi pubblici connessi all’ordinamento delle professioni libere: la Corte conferma l’assetto consolidato dei principi fondamentali in materia di professioni (Nota a Corte costituzionale 24 ottobre – 3 novembre 2005, n. 405), in Giur. cost. 2006, 4417 e ssg. 195 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi senz’altro riconducibile a quel nucleo irrinunciabile dei principi supremi dell’ordinamento e dei diritti fondamentali che non possono essere modificati neanche in sede di revisione costituzionale, a meno di non sovvertire l’ordine costituzionale, e fondarne uno nuovo4. 2.2. È insomma dato acquisito fin dalle primissime pronunzie della Corte costituzionale sull’art. 24 che lo stesso implichi la necessaria presenza dell’avvocato. Tale asserzione non abbisogna di dimostrazione. Bastino le parole della Corte costituzionale in una delle sue primissime sentenze (Corte costituzionale 8 marzo 1957, n. 46, Pres. De Nicola - Rel. Battaglini): “Per cogliere il significato e la portata del diritto della difesa, con tanta energia proclamato dalla Costituzione come inviolabile in ogni stato e grado del procedimento, è necessario porre in relazione il diritto stesso con il riconoscimento del diritto, per ogni cittadino enunciato nella prima parte del medesimo art. 24, di potere agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. In questo modo si rende concreto e non soltanto apparente il diritto alla prestazione giurisdizionale, che è fondamentale in ogni ordinamento basato sulle esigenze indefettibili della giustizia e sui cardini dello Stato di diritto. II diritto della difesa, pertanto, intimamente legato alla esplicazione del potere giurisdizionale e alla possibilità di rimuovere le difficoltà di carattere economico che possono opporsi (come si è detto nel terzo comma dello stesso art. 24) al concreto esercizio del diritto medesimo, deve essere inteso come potestà effettiva della assistenza tecnica e professionale nello svolgimento di qualsiasi processo, in modo che venga assicurato il contraddittorio e venga rimosso ogni ostacolo a far valere le ragioni delle parti”. 2.3. Sotto questo profilo, essendo evidentemente connesso con le basi costituzionali dello Stato di diritto, la necessità dell’avvocato per la difesa in giudizio deve ritenersi non solo elemento indefettibile alla forma di Stato democratica, ma anche – evidentemente – conquista irrinunciabile della civiltà giuridica perfino precedente all’instaurazione di regimi democratici (atteso che lo Stato di diritto è esperienza storica ed istituzionale certamente precedente). 2.4. Ancora con riferimento al contenuto precettivo dell’art. 24 Cost., va detto che la difesa tecnica è evidentemente strettamente connessa al diritto al contraddittorio di cui all’art. 111 Cost.: 4 Afferma espressamente la Corte costituzionale che il diritto alla tutela giurisdizionale è “Diritto, questo, che la Corte ha già annoverato «fra quelli inviolabili dell'uomo, che la Costituzione garantisce all'art. 2» (sent. n. 98 del 1965), e che non esita ora ad ascrivere tra i principi supremi del nostro ordinamento costituzionale, in cui è intimamente connesso con lo stesso principio di democrazia l'assicurare a tutti e sempre, per qualsiasi controversia, un giudice e un giudizio” (Corte cost. 22 gennaio 1982, n. 18). 196 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi in questo senso il diritto al contraddittorio altro non è che l’aspetto sostanziale della difesa tecnica, in quanto consente “di far valere – appunto – le ragioni delle parti” (Corte cost. sent. ult. cit.): in ogni caso, i due aspetti del diritto di difesa (tecnico e sostanziale) non possono costituire due entità distinte, poiché il primo è indispensabile ad offrire un effettivo e concreto sostegno al secondo; d’altronde l’assistenza tecnica si ridurrebbe ad una mera formalità se alla parte non fossero attribuiti reali poteri difensivi. È necessario pertanto individuare le condizioni di effettività che consentono alla parte ed al suo procuratore l’esercizio di adeguati poteri difensivi”5. 2.5. Il diritto di difesa non solo ricomprende la necessità della difesa tecnica, ma anche si estende fino a fornire copertura costituzionale anche ad alcuni caratteri che connotano l’esercizio della professione forense, compreso il dovere di osservare il segreto professionale, riconosciuto anche dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo come elemento necessario del diritto al giusto processo (art.6, CEDU), in quanto oggetto di un diritto fondamentale dell’assistito, e non di un privilegio dell’avvocato6. 3. Conclusioni. A fronte delle iniziali perplessità relative al ruolo dell’avvocatura, inizialmente considerata semplicemente quale “contropotere” in grado di bilanciare gli eventuali eccessi di altri poteri, come si evince dal pensiero di Francesco Carrara7, una volta considerato il quadro descritto deve ritenersi che il ruolo costituzionale dell’avvocato sia pienamente riconosciuto nella Carta costituzionale, in quanto già ampiamente coperto e protetto dalla Costituzione vigente. 5 A. POLICE, Art. 24, in R. BIFULCO, A. CELOTTO, M. OLIVETTI, Commentario alla Costituzione, Utet, Milano 2006, 501 ss., 511-512. 6 La Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto sussistere un diritto fondamentale al segreto professionale in capo al cliente, senza alcuna limitazione di ordine soggettivo, ad esempio anche con riferimento al detenuto (Corte europea dei diritto dell’uomo, 28 novembre 1991, S. c. Suisse, in Rev. Trim. droit de l’homme, 1993, 295 e 297). Sul segreto professionale, vedi, tra gli altri, G. COLAVITTI, Segreto professionale e diritto di difesa nelle tradizioni costituzionali comuni europee (in ricordo di Sergio Panunzio), in F. CERRONE, M. VOLPI (a cura di), Sergio Panunzio. Profilo intellettuale di un giurista, Jovene ed., Napoli 2007, 573-600. 7 Carrara, infatti, a margine dei lavori preparatori della prima legge dell’Italia unita in tema di ordini forensi, vedeva nell’avvocatura organizzata in un ordine un corpo collettivo, capace di contrastare gli abusi del potere esecutivo: sul punto, cfr. F. CARRARA, Il passato, il presente e l’avvenire degli avvocati in Italia, Milano, Giuffrè, 1998, 30 (ristampa; orig.: 1874), che pone al centro della riflessione l’ordine forense: “l’Ordine degli Avvocati ha dalla sua propria natura, e sotto qualsiasi forma di governo, una missione antica quanto il primo patrono che sorse ad impedire che col pretesto del diritto si violasse il diritto. 197 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi 4. Bibliografia minima. A. POLICE, Art. 24, in R. BIFULCO, A. CELOTTO, M. OLIVETTI, Commentario alla Costituzione, Utet, Milano 2006, 501 ss. G. DE VERGOTTINI, Il diritto di difesa come principio fondamentale della partecipazione al processo, in Diritto e società, 1986, 97 ss. G. MORBIDELLI, La tutela giurisdizionale dei diritti nell’ordinamento comunitario, Milano 2001. L. MOSCARINI, La tutela dei diritti, Napoli 2003 COMOGLIO, La garanzia costituzionale dell’azione, Padova 1970. TROCKER, Assistenza legale e giustizia civile, Milano 1979. 198 ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA CONGRESSO STRAORDINARIO FORENSE MILANO 23-24 MARZO 2012 AVVOCATURA E COSTITUZIONE Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] 199 200 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA INDICE 1) 2) 3) 4) 5) Mozione OUA Avvocatura soggetto costituzionale; Comunicato stampa OUA 4 novembre 2010; Proposta di legge On. Gaetano Pecorella n. 2556; Articolo Avv. Maurizio de Tilla – Presidente OUA; Relazione del Prof. Riccardo Chieppa (Pres. Emerito Corte Costituzionale) alla VII Conferenza Nazionale dell‟Avvocatura; 6) Relazione del Prof. Avv. Annibale Marini (Pres. Emerito Corte Costituzionale) alla VII Conferenza Nazionale dell‟Avvocatura; 7) Relazione del Prof. Avv. Aldo Loiodice (Ordinario di diritto costituzionale nell‟Università di Bari e docente di diritto amministrativo nell‟Università Europea di Roma) alla VII Conferenza Nazionale dell‟Avvocatura; 8) Relazione Prof. Avv. Gian Franco Ricci (Ordinario nell‟Università di Bologna) alla VII Conferenza Nazionale dell‟Avvocatura; Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 201 202 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA L’AVVOCATURA È UN SOGGETTO COSTITUZIONALE. LA PROPOSTA DI MODIFICA DELLA COSTITUZIONE La riforma del titolo IV della parte II della Costituzione non è operazione di semplice ingegneria istituzionale ma deve ispirarsi ai valori fondamentali della Carta Costituzionale, tra i quali, in particolare, l‟art. 24, che stabilisce il diritto alla tutela giurisdizionale e il diritto alla difesa. Dalle crescenti e diversificate istanze sociali e dall‟aumento della domanda di controllo dei pubblici poteri deriva la centralità della giurisdizione, che è dato sociale ed istituzionale innegabile ed irreversibile in tutte le società evolute. Per le funzioni che è chiamata ad assolvere la giurisdizione non può che essere autonoma. Una giurisdizione rispondente alle esigenze ed alle istanze ricordate, e compatibile con i valori fondamentali della Costituzione, non può prescindere dall‟esercizio pieno del diritto di difesa che ne costituisce l‟elemento coessenziale. Autonomia, indipendenza, pienezza, centralità della giurisdizione non possono tuttavia significare onnipotenza e sottrazione della stessa ad ogni limite e controllo, che tuttavia non può essere esercitato dal potere politico o, peggio ancora, rimesso all‟opinione pubblica. Occorre un controllo permanente e diffuso, interno alla stessa giurisdizione e quindi insito nella sua stessa fonte di legittimazione, che è e deve essere costituito solo ed esclusivamente dal rigoroso rispetto delle regole che disciplinano il processo e dalla indefettibile osservanza delle garanzie e dei diritti individuali. E se il processo è la sede propria dell‟esercizio della giurisdizione, la rilevanza costituzionale di quest‟ultima non può che estendersi a tutti i soggetti che ad esso partecipano da protagonisti, e quindi non solo alla magistratura, come accade attualmente, ma anche all‟avvocatura, in coerenza con quanto stabilito dall‟art. 24 della Costituzione sul diritto di difesa dei cittadini. La pari rilevanza costituzionale dei soggetti della giurisdizione rappresenta un bilanciamento all‟interno di tale funzione statale, che è garanzia. di neutralizzazione delle distorsioni e degenerazioni, senza bisogno di ricorrere a vincoli esterni. Ne discende che l‟autonomia e la rappresentatività della giurisdizione non può che essere affidata, a livello costituzionale, a tutti i soggetti che ad essa concorrono. Le diverse componenti conserverebbero, ovviamente, la loro autonomia e specificità, il proprio ruolo, e le rispettive attività amministrative di gestione. La giurisdizione disciplinare verrebbe gestita da singoli organi, uno per ciascuna componente. Dal mutato assetto della forma di rappresentanza e autonomia della giurisdizione discenderebbe una rilettura radicale di alcuni temi cruciali degli ultimi tempi. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 203 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA Ciò posto, occorre dunque innanzitutto che cambi la rubrica del “titolo quarto” da “La magistratura” in “La giurisdizione”. La magistratura infatti esplica un ruolo, fondamentale ma non esclusivo nella giurisdizione e, comunque, non può identificarsi con la giurisdizione. Il “titolo” dovrebbe articolarsi in tre “sezioni”; la prima dedicata ai principi fondamentali della funzione giurisdizionale, la seconda contenente quelli riguardanti la magistratura. la terza quelli relativi alla difesa ed alla Avvocatura. Nella “sezione prima” si afferma il principio della essenzialità delle due componenti della giurisdizione e della loro pari dignità nonché della assoluta parità tra le parti nel processo. Si prevede l‟impegno della Repubblica ad assicurare una ragionevole durata del processo e l‟adeguatezza dei costi della giustizia. Nella “sezione seconda” si tratta della magistratura. Si introduce come principio costituzionale la separazione dei ruoli, tra i magistrati giudicanti e quelli requirenti. Si intende dire la separazione delle carriere. La separazione delle carriere, cioè i ruoli distinti e definitivamente separati, postula concorsi diversi. Nell‟ordinamento giudiziario dovranno prevedersi quali debbano essere le specifiche garanzie di autonomia e indipendenza per la magistratura requirente. La “sezione terza”, infine, tratta della avvocatura. Si costituzionalizza il principio della difesa come funzione essenziale in ogni procedimento giudiziario e della incompatibilità fra lo svolgimento della attività di avvocato con ogni altra, ivi compresa quella di magistrato onorario, salvo che non si tratti di giudice di equità. Si dà attuazione, attraverso un principio costituzionale, al diritto della difesa prevedendosi che i costi facciano carico allo Stato ma che la organizzazione concreta della difesa per i non abbienti venga affidata alle istituzioni dell‟Avvocatura. Si costituzionalizza, infine, il principio della iscrizione all‟albo professionale e; conformemente a quanto accade per la magistratura. quello della giurisdizione domestica. TITOLO IV LA GIURISDIZIONE SEZIONE I LA FUNZIONE GIURISDIZIONALE Articolo 101 1. La giustizia è amministrata in nome del popolo. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 204 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA 2. La magistratura e l‟avvocatura sono, con pari dignità, le componenti della giurisdizione. 3. La legge assicura la terzietà del giudice e la parità fra le parti nel processo. 4. La Repubblica assicura la ragionevole durata di un processo giusto e l‟adeguatezza degli strumenti e dei costi della giustizia. Articoli successivi (Omissis) SEZIONE II LA MAGISTRATURA Articolo 108 1. L‟ordine giudiziario è costituito, in ruoli distinti e separati, dai magistrati giudicanti e da quelli inquirenti. 2. Nell‟esercizio della giurisdizione i magistrati si distinguono fra loro solo per la diversità delle funzioni. 3. 1 magistrati giudicanti sono soggetti soltanto alla legge; i magistrati inquirenti godono delle garanzie stabilite nei loro riguardi dalla legge. 4. La legge determina le modalità di coordinamento degli Uffici del Pubblico Ministero. 5. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ed i procuratori generali presso le corti di appello (in una diversa previsione ordinamento/e: “i capi degli Uffici distrettuali del pubblico ministero”) riferiscono al Consiglio Superiore della Magistratura circa le modalità dell‟esercizio dell‟azione penale. 6. La responsabilità civile e disciplinare dei magistrati è regolata dalla legge. Articolo 109 1. L‟ordine giudiziario, nei due ruoli separati, è autonomo ed indipendente da ogni potere. Articoli successivi (Omissis) SEZIONE III L‟AVVOCATURA Articolo 113 1. L‟avvocatura è libera ed indipendente. 2. La difesa è funzione essenziale in ogni procedimento giudiziario. 3. L‟esercizio della professione forense è incompatibile con lo svolgimento delle funzioni di magistrato. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 205 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA 4. La legge assicura alle parti una adeguata difesa; quella dei non abbienti, a carico dello Stato, è garantita dalle istituzioni dell‟avvocatura con le modalità previste dalla legge. 5. L‟avvocatura concorre, con propri rappresentanti, all‟Amministrazione della giustizia nelle diverse articolazioni. Articolo 114 1. L‟esercizio della professione forense è consentito solo agli iscritti agli albi. 2. La legge determina le modalità di accesso e le condizioni di permanenza negli albi. 3. Il Consiglio Nazionale Forense, composto ed eletto con le forme previste dalla legge, è organo giurisdizionale in materia disciplinare. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 206 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA COMUNICATO STAMPA GIUSTIZIA, OUA: PER AVERE DAVVERO UN GIUSTO PROCESSO SERVE PARITÀ TRA ACCUSA E DIFESA ALLA CAMERA DEI DEPUTATI GIOVEDÌ 11 NOVEMBRE CONVEGNO SU: “AVVOCATURA SOGGETTO COSTITUZIONALE NELLA GIURISDIZIONE” “Il riconoscimento dell’avvocatura come soggetto costituzionale nella giurisdizione è una riforma necessaria. È lodevole l’iniziativa della Camera dei Deputati che organizza un convegno su questo importante tema”. Questo il positivo commento di Maurizio de Tilla, presidente Organismo Unitario Avvocatura, sul convegno: “Avvocatura soggetto costituzionale nella giurisdizione”, organizzato alla Camera dei Deputati giovedì 11 novembre (alle ore 15 - Sala della Lupa). Il presidente dell’organismo di rappresentanza politica dell’avvocatura, Oua, che da mesi è impegnato su questa proposta di riforma, ha voluto sottolineare che «per una visione strategica sulla giustizia va anzitutto prestata la giusta attenzione alla importante funzione dell’avvocatura nell’ambito della giurisdizione». «Lo stesso Parlamento europeo – spiega - in una importante risoluzione del 23 marzo 2006, ha riaffermato il pieno riconoscimento della funzione cruciale esercitata dalla professione di avvocato in una società democratica, al fine di garantire il rispetto dei diritti fondamentali, lo Stato di diritto e la sicurezza nell‟applicazione della legge». «La presenza dell’avvocato nei processi – aggiunge de Tilla - è stata configurata come strumento per porre rimedio alle naturali disparità delle parti. Il ruolo dell‟avvocato è, quindi, essenzialmente una funzione, non solo dal punto di vista giuridico, ma anche politico e sociale, perché stando tra le parti e i giudici, gli avvocati costituiscono l‟elemento fondamentale attraverso il quale i rapporti fra l‟amministrazione della giustizia e i cittadini possono migliorare, crescendo da un lato l‟autorità, dall‟altro la fiducia. Il corretto funzionamento del sistema della giustizia, quindi, dipende non solo dall‟assetto dell‟apparato e dei mezzi che sono assegnati a tale compito, ma anche dall’indipendenza e dai rapporti equilibrati tra giudici e avvocati. Entrambi i soggetti (avvocati e magistrati) sono quindi i protagonisti della giurisdizione». «In quest‟ambito – ribadisce il presidente Oua - si colloca la proposta dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura che chiede l’inserimento nel titolo IV Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 207 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA della Costituzione di alcune norme specifiche e l‟allargamento dell‟ambito a tutti i soggetti della giurisdizione, compresa l’Avvocatura. L’assenza, infatti, del soggetto “Avvocatura” nel titolo IV della Parte II della Costituzione, titolato “La Magistratura”, è il probabile residuo della visione di un‟idea autoritaria che considera la tutela giudiziaria come un servizio che lo Stato rende al cittadino. Per questo il titolo è dedicato alla Magistratura che è colei che eroga il servizio. Ma da tale visione è assente ogni connotato dello Stato democratico, lo Stato di oggi, nel quale la funzione giudiziaria non va più vista solo come un servizio che esso può concedere, ma anche e principalmente come oggetto dell‟aspirazione di un diritto del cittadino ad ottenerla. Nessun cenno nelle norme costituzionali sulla giurisdizione vi è, infatti, all‟altro protagonista fondamentale della realtà giudiziaria, cioè all‟avvocato, sulla cui opera si riverbera il desiderio e l‟ansia del cittadino ad ottenere giustizia». «Da qui può e deve consolidarsi un discorso serio – conclude de Tilla - sulla riforma del sistema giustizia, sul giusto processo e sui contenuti della giurisdizione che parta non solo dalla modifica costituzionale, ma anche da una più puntuale legislazione ordinaria. In questo senso va la proposta di legge presentata dall’onorevole Pecorella e in questa direzione va la grande attenzione dimostrata dal vice presidente della Camera, Antonio Leone con l‟organizzazione di un convegno su questo importante tema, il prossimo 11 novembre, alla sala della Lupa, con la partecipazione del sottosegretario Giacomo Caliendo, del presidente della Commissione Giustizia, Giulia Bongiorno, del prof. Giorgio Orsoni, con lo stesso Gaetano Pecorella e con l’intervento dell’Oua». Roma, 4 novembre 2010 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 208 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA CAMERA DEI DEPUTATI N. 2556 — PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE d’iniziativa del deputato PECORELLA Introduzione della sezione I-bis del titolo IV della parte seconda della Costituzione, concernente l‟avvocatura Presentata il 26 giugno 2009 ONOREVOLI COLLEGHI! – La funzione dell‟avvocatura è prevista, in tutta la sua pienezza, a livello costituzionale, nell‟articolo 24 che riconosce e garantisce, come diritto inviolabile, la difesa in ogni stato e grado del procedimento. La « inviolabilità » significa, come è ovvio, non solo che nessuna legge ordinaria può limitare questo diritto, ma altresì, e in forma assai più incisiva, che non è consentito neanche al legislatore costituzionale limitare tale diritto. Ciononostante l‟avvocatura, come soggetto della giurisdizione, non è richiamata in alcuna norma costituzionale, né sono definite le sue prerogative. Il che la differenzia negativamente rispetto al riconoscimento e alla costituzionalizzazione, dalle altre figure della giurisdizione: il giudice e il pubblico ministero. È chiaro che l‟introduzione di norme che definiscono la figura dell‟avvocato dovrà avvenire, preferibilmente, all‟interno di una complessiva rielaborazione dell‟intero titolo IV della parte seconda della Costituzione, di cui naturalmente dovrà modificarsi l‟intestazione da « La Magistratura», in « I soggetti della giurisdizione ». Peraltro, già le disposizioni vigenti del citato titolo IV sono state oggetto di proposte di riforma anche molto radicali, come l‟introduzione della giuria o la separazione delle carriere: ragion per cui il legislatore dovrà porre mano a tutto il settore in un unico contesto e secondo una nuova cultura della giurisdizione, che muove proprio dal nuovo articolo 111. Motivi di perplessità potranno esserci, e potranno venire proprio dall‟avvocatura, oltre che, ma per motivi assai diversi, dalla magistratura. Si teme, probabilmente, che la previsione in Costituzione della figura dell‟avvocato possa fare di lui un soggetto tendenzialmente pubblico: il che, del resto, sta già avvenendo, a seguito del riconoscimento delle indagini difensive, ma con il solo obiettivo di sottoporre il difensore a responsabilità, della cui esistenza è dominus la controparte, e cioè il pubblico ministero. È questa, al contrario, una buona ragione per la previsione in Costituzione della figura dell‟avvocato, così da ribadirne il carattere strettamente privatistico. La presente proposta di legge costituzionale introduce la sezione I-bis del titolo IV della parte seconda della Costituzione, intestata « Avvocatura » e composta dagli articoli 110-bis e 110-ter. L‟articolo 110-bis ribadisce, tra l‟altro, che l‟avvocatura è un‟attività privata, libera e indipendente. L‟indipendenza dell‟avvocatura significa non soltanto autonomia dai poteri dello Stato, ma altresì, precisi limiti alle interferenze del potere economico, oltre a ribadire la regola secondo cui l‟avvocato deve conservare la propria libertà anche rispetto al cliente. Lo stesso articolo 110-bis afferma che la difesa è una funzione essenziale in ogni procedimento giudiziario: ribadendo, così, non solo i princìpi dell‟articolo 24, ma riconoscendo anche il ruolo dell‟avvocato, insieme al diritto dell‟assistito. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 209 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA Non meno significativo è stabilire che l‟avvocatura concorre all‟amministrazione della giustizia nelle diverse articolazioni: si dovrà rivedere, ad esempio, la composizione dei consigli giudiziari, del Consiglio superiore della magistratura e della stessa Corte costituzionale. Con l‟articolo 110-ter si conferma che la professione forense è riservata a chi è iscritto agli albi, escludendo così un esercizio « libero » della stessa. Con la presente proposta di legge costituzionale si vuole colmare una lacuna della Costituzione dando all‟avvocatura quella dignità di ruolo che le compete. PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE __ ART. 1. 1. Dopo la sezione I del titolo IV della parte seconda della Costituzione è inserita la seguente: « SEZIONE I-bis AVVOCATURA ART. 110-bis. – L‟avvocatura è un‟attività privata, libera ed indipendente. La difesa è funzione essenziale in ogni procedimento giudiziario. L‟esercizio della professione forense è incompatibile con lo svolgimento delle funzioni di magistrato. La legge assicura alle parti un‟adeguata difesa. La difesa dei non abbienti, a carico dello Stato, è garantita dalle istituzioni dell‟avvocatura con le modalità previste dalla legge. L‟avvocatura concorre, con propri rappresentanti, all‟amministrazione della giustizia nelle diverse articolazioni. ART. 110-ter. – L‟esercizio della professione forense è consentito solo agli iscritti agli albi. La legge determina le modalità di accesso e le condizioni di permanenza negli albi. Il Consiglio nazionale forense, composto ed eletto con le forme previste dalla legge, è organo giurisdizionale in materia disciplinare ». 2. La rubrica del titolo IV della parte seconda della Costituzione è sostituita dalla seguente: « I soggetti della giurisdizione». Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 210 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA AVVOCATURA E MAGISTRATURA NELLA COSTITUZIONE L‟art. 101 della Costituzione nel proclamare che “la giustizia è amministrata in nome del popolo” e che “i giudici sono soggetti soltanto alla legge” ha inteso sancire un principio fondamentale, che pone il potere giudiziario in una posizione di indipendenza da qualsiasi altro potere, in particolare da quello esecutivo. Il principio della soggezione dei giudici alla legge, oltre a garantire l‟indipendenza del potere giudiziario, realizza il collegamento tra il giudice e la sovranità popolare, che si esprime appunto nella legge, approvata da organi eletti dal popolo e politicamente responsabili. La Costituzione ha previsto rigorose garanzie di indipendenza dei giudici che operano sotto due aspetti: a) come indipendenza della magistratura nel suo complesso, nei confronti dei condizionamenti che possono giungere da altri poteri dello Stato e, in particolare, dal Governo (cd. indipendenza esterna); b) come indipendenza personale del singolo giudice all‟interno dello stesso ordine giudiziario, cioè dai condizionamenti provenienti da altri organi del potere giudiziario (cd. indipendenza interna). L‟indipendenza del potere giudiziario è uno dei principi fondamentali della Costituzione. Ma non il solo, per quel che riguarda la giurisdizione. Tra i principi fondamentali della Costituzione vanno inclusi: 1) il principio della ragionevole durata del processo (art. 111); 2) il principio della parità delle parti nel processo (art. 111); 3) il principio della inviolabilità del diritto di difesa in ogni stato e grado del processo e collegato a questo il principio della tutela dei non abbienti (art. 24). Nel convegno di Fermo organizzato dall‟OUA sull‟“Avvocatura soggetto costituzionale” Annibale Marini, Presidente emerito della Corte Costituzionale, ha puntualmente osservato che si tratta di vedere se e in quale misura questi principi possono considerarsi dotati di una loro effettività e, in caso di risposta negativa, quali siano le cause e quali i rimedi di quella che può considerarsi una grave patologia dell‟intero sistema. Accanto a questa indagine su cause e rimedi non si può non riflettere sul fatto che l‟Avvocatura è una componente essenziale della giurisdizione che trova una giustificazione sostanziale nel fatto che i principi fondamentali della giurisdizione vengono attuati con il suo concorso decisivo. Sicché l‟Avvocatura entra a pieno titolo nel processo attuativo dei principi costituzionali, acquistando la veste protagonista del processo e, quindi, uno specifico rilievo istituzionale. E poi, se è vero che il processo risulta essere la sede dell‟esercizio della funzione giurisdizionale è innegabile che la rilevanza costituzionale di quest‟ultima debba estendersi a tutti i soggetti che ad esso Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 211 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA partecipano da protagonisti: non solo, quindi, alla magistratura, ma anche all‟avvocatura, coerentemente con quanto stabilito dall‟art. 24 della Costituzione. La magistratura e l‟avvocatura sono, con pari dignità, le componenti della giurisdizione. L‟ordine giudiziario, nei due ruoli distinti, è autonomo e indipendente da ogni potere. Allo stesso tempo l‟avvocatura è libera e indipendente così che la difesa assume una funzione indeclinabile in ogni procedimento giudiziario (in tal senso è la proposta presentata alla Camera dei deputati da Gaetano Pecorella). Pari rilevanza costituzionale dei soggetti della giurisdizione vuol dire operare un bilanciamento all‟interno di tale assetto, che si presenta come garanzia di neutralizzazione delle possibili distorsioni e degenerazioni, senza bisogno di ricorrere a vincoli esterni, abbandonando così i principi di autonomia e di rappresentatività della giurisdizione la quale non può che essere affidata, a livello costituzionale, a tutti i soggetti che ad essa concorrono. Di qui la proposta dell‟Organismo Unitario dell‟Avvocatura italiana di riforma del titolo IV della parte II della Costituzione: Il “titolo” dovrebbe articolarsi in tre “sezioni”; la prima dedicata ai principi fondamentali della funzione giurisdizionale, la seconda contenente quelli riguardanti la magistratura. la terza quelli relativi alla difesa ed alla Avvocatura. Nella “sezione prima” si afferma il principio della essenzialità delle due componenti della giurisdizione e della loro pari dignità nonché della assoluta parità tra le parti nel processo. Si prevede l‟impegno della Repubblica ad assicurare una ragionevole durata del processo e l‟adeguatezza dei costi della giustizia. Nella “sezione seconda” si tratta della magistratura. Si introduce come principio costituzionale la separazione dei ruoli, tra i magistrati giudicanti e quelli requirenti. Nell‟ordinamento giudiziario dovranno prevedersi quali debbano essere le specifiche garanzie di autonomia e indipendenza per la magistratura requirente. La “sezione terza”, infine, tratta della avvocatura. Si costituzionalizza il principio della difesa come funzione essenziale in ogni procedimento giudiziario e della incompatibilità fra lo svolgimento della attività di avvocato con ogni altra, ivi compresa quella di magistrato non togato. Si dà attuazione, attraverso un principio costituzionale, al diritto della difesa prevedendosi che i costi facciano carico allo Stato ma che la organizzazione concreta della difesa per i non abbienti venga affidata alle istituzioni dell‟Avvocatura. Si costituzionalizza, infine, il principio della iscrizione all‟albo professionale e, conformemente a quanto accade per la magistratura, quello della giurisdizione domestica. Il giurista Aldo Loiodice ha addotto come ulteriore argomento del dibattito in corso sulla costituzionalizzazione dell‟avvocato che, nel processo, l‟avvocato diventa il Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 212 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA depositario e l‟affidatario della quota di sovranità appartenente alle parti processuali che non possono restare nella totale disponibilità del giudice. Il ruolo dell‟avvocatura diventa, quindi, l‟indispensabile sostegno alla correttezza e pienezza del ruolo del giudice per la rappresentazione della situazione giuridica delle parti, nella quale la sovranità trova motivo di svolgersi concretamente. Con un ruolo di rigore e selezione e un ambito di azione più vasto di quello attuale. Se la presenza dell‟avvocato è garanzia di terzietà del processo, l‟Avvocatura dovrà concorrere, con propri rappresentati, all‟Amministrazione della giustizia nelle diverse articolazioni, con un bilanciamento di ruoli e di funzioni. Non va dimenticata la tradizione che è alla base dell‟art. 82 c.p.c. in cui si parla di “ministero dell‟avvocato” e che sottolinea l‟esigenza che gli avvocati abbiano “piena coscienza dell‟altezza morale e dell‟importanza pubblica del loro ministero che li richiama ad essere i più preziosi collaboratori del giudice” (relazione al codice). Piero Calamandrei proclamava che l‟avvocato nell‟esercizio del proprio ministero “deve obbedire solo alle leggi e alla propria coscienza e non curarsi d‟altro”, di guisa che il difensore può essere posto sullo stesso piano del giudice quando giudica. L‟autonomia e la libertà dell‟avvocato è, infatti, condizione e garanzia dell‟imparzialità del giudice e, quindi, dell‟attuazione della giustizia. In tal modo la giustizia viene amministrata effettivamente in nome del popolo. La previsione costituzionale può, quindi, avere già oggi una forte ricaduta sulla riforma della professione forense che va modellata significativamente sulla funzione dell‟avvocato nel processo. Maurizio de Tilla (Presidente OUA) Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 213 214 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA VI CONFERENZA NAZIONALE DELL’AVVOCATURA “AVVOCATURA E RIFORMA DELLA GIUSTIZIA NELLA COSTITUZIONE E NELL’ORDINAMENTO” ROMA, 20-21 NOVEMBRE 2009 Hotel Cavalieri Hilton AVVOCATI E COSTITUZIONE di Riccardo Chieppa Pres. Emerito Corte Costituzionale, Pres. Onorario del Consiglio di Stato 1.- L’avvocato nella previsione costituzionale La previsione diretta degli avvocati in Costituzione si rinviene in quattro disposizioni: tre delle quali riguardano requisiti attitudinali per la nomina elettiva come giudice della Corte costituzionale (art. 135, comma secondo), o come componente del Consiglio superiore della Magistratura (art. 104, comma quarto), o per la chiamata all‟ufficio di consiglieri di cassazione ed una quarta norma concerne un caso di incompatibilità nell‟ufficio di giudice della Corte costituzionale (art. 135, comma sesto: incompatibilità con l‟esercizio della professione di avvocato). Il requisito attitudinale, accompagnato dal possesso di una notevole anzianità di esercizio professionale, è previsto, accanto a quello di professore ordinario universitario in materie giuridiche, per componente del CSM e per consigliere di cassazione e, insieme alla ulteriore previsione alternativa di magistrato delle giurisdizioni superiori, per giudice costituzionale, così comprovando un alto apprezzamento in sede di Costituente delle attitudini della classe forense collegata a notevole anzianità di effettivo esercizio professionale. In relazione alla significativa previsione di precedente esperienza professionale come “avvocati dopo 15 (o venti) anni di esercizio”, configurata quando nell‟ordinamento professionale vi era un normale precedente periodo minimo di esercizio professionale come procuratore legale, si impone ora un adeguamento a seguito della unificazione delle figure professionali. Su di un altro piano l‟incompatibilità dell‟esercizio della professione di avvocato è prevista in Costituzione per il giudice costituzionale, insieme a quella di membro del Parlamento o di un Consiglio regionale oltre ad ogni carica ed ufficio indicato da legge ordinaria, cui si fa rinvio . Questa previsione è stata attuata, anche in base all‟art. 1 legge cost. 11 marzo 1953, n. 1, con l‟art. 7 della legge 11 marzo 1953, n. 87, che, con una quanto mai giusta ampiezza, ha previsto una incompatibilità generale (raffrontabile con quella della previsione e della attuazione egualmente ampia per il Presidente della Repubblica: art. 84, comma secondo Cost.:“incompatibile con qualsiasi altra carica”). Infatti per il giudice costituzionale è esclusa l‟assunzione o la conservazione di altri uffici o impieghi pubblici o privati o l‟esercizio di qualsiasi attività professionale (quindi anche quella di avvocato, prevista espressamente in Costituzione), e attività commerciale o industriale o di amministratore o sindaco in società con fine di lucro. Inoltre la Costituzione prevede indirettamente la funzione dell‟avvocato attraverso le garanzie di inviolabilità della difesa processuale in ogni stato e grado del procedimento avanti a qualsiasi giudice (art. 24, comma Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 215 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA secondo), principio ulteriormente esplicitato e rafforzato dalle regole del giusto processo e delle condizioni di parità delle parti in ogni processo (art. 111, comma primo e secondo) 1. In realtà in sede di Assemblea costituente in sede di 1^ sottocommissione vi fu una proposta, aggiuntiva all‟articolo riguardante la difesa in giudizio (divenuto 24 nel testo definitivo della Costituzione). dell‟on Mastrojanni, preoccupato di talune limitazioni alla difesa a mezzo degli avvocati in tempo di guerra e per talune fasi giurisdizionali: la proposta volta ad una maggiore garanzia di tempo, “anche in tempo di guerra”, consisteva nella specificazione che “La difesa è garantita in ogni grado e stato processuale, in ogni tempo e davanti a qualsiasi giurisdizione. Essa è affidata solo agli avvocati”. La proposta non fu accolta in sede di sottocommissione perché ritenuta in parte inutile considerando la formula “in ogni stato” comprensiva anche del “tempo”, mentre fu ritenuta a rischio una garanzia espressa della “difesa solo attraverso difensori di fiducia”. In realtà vi era una precisa volontà di dare veste costituzionale al principio che la difesa per mezzo di avvocato fosse garentita in ogni tempo e davanti ad ogni giudice (intervento del presidente on Tupini, Resoconto, I Sc, p. 60). D‟altro canto in sede di Assemblea costituente il vero dibattito dialettico sui diritti dei cittadini specificamente sulla tutela e difesa in giudizio - fu quello di non accontentarsi dell‟affermazione e proclamazione degli stessi diritti. Nella precisa volontà di una Costituzione veramente democratica, si cercò di spostare il centro di gravità sulla garanzia di tali diritti, e quindi sui mezzi per l‟esercizio del diritto di difesa, ritenendo necessario assicurare realmente la possibilità di questa difesa 2, dare il modo di esercitare questo diritto, stabilendo che ognuno deve essere assistito convenientemente in giudizio. La vera preoccupazione fu quella di assicurare ai non abbienti, ai disagiati e agli indigenti - si noti su un piano di parità tra le parti - una giusta posizione processuale con una adeguata difesa : furono richiamati i precedenti del diritto romano (legge Cinzia contro abusi e la proibizione di compensi intendendo la gratuità come honorificum munus), dell‟ordinamento carolingio con i messi di Carlo Magno per la protezione dei poveri, della istituzione dell’advocatus pauperorum nel diritto canonico, della tradizione di molti Comuni italiani con una avvocatura speciale a difesa del povero (fu ricordato che Giuseppe Mazzini esercitava nel foro genovese l‟avvocatura dei poveri prima del suo arresto), fino alla legge Rattazzi del 1859. Protagonisti di questo dibattito furono l‟on La Rocca (originariamente favorevole ad una avvocatura dei poveri), mentre l‟on Persico e l‟on Paolo Rossi furono decisamente contrari alla istituzione di una Avvocatura speciale e favorevoli ad un perfezionamento del gratuito patrocinio. Su questa ultima tesi fu raggiunta una intesa concordata tra gli on La Rocca, Persico e Nobile che portò ad un testo accettato dalla Commissione e votato dall‟Assemblea, divenuto poi art. 24, comma terzo della Costituzione, con l‟aggiunta successiva, in sede di coordinamento finale, accanto al concetto della difesa, di quello dell‟azione (mezzi per agire e difendersi). Del resto sa soluzione finale era perfettamente in linea con l‟affermazione del primo comma e dell‟intero dibattito secondo cui azione in giudizio, tutela dei propri diritti ed interessi legittimi sono una endiadi unitariamente garantita a tutti. Così l‟obiettivo di una adeguata tutela per tutti fu raggiunto puntando sull‟utilizzo di un patrocinio gratuito (tale dovrebbe essere per chi non ha mezzi e non necessariamente come onere del legale) patrocinio 1 V. per la notevole rilevanza della garenzia della difesa processuale, Corte cost. sent. n. 20 del 2009: <<Gli articoli 24 e 113, Cost., enunciano il principio dell'effettività del diritto di difesa, il primo in ambito generale, il secondo con riguardo alla tutela contro gli atti della pubblica amministrazione. Entrambi tali parametri sono volti a presidiare l'adeguatezza degli strumenti processuali posti a disposizione dall'ordinamento per la tutela in giudizio dei diritti ed operano esclusivamente sul piano processuale (in tal senso, ex plurimis, le sentenze n. 182 del 2008, nn. 180, 181, 282, 420 del 2007, n. 101 del 2003 e n. 419 del 2000). A sua volta, il principio del giusto processo, consacrato nell'art. 111, Cost., è finalizzato ad assicurare che gli strumenti procedurali vigenti pongano accusa e difesa in una posizione di parità e offrano idonea tutela ai diritti sostanziali su cui si controverte nel processo, attraverso la piena attuazione del principio del contraddittorio, del principio di ragionevole durata del procedimento, della motivazione della decisione. Anche in tal caso si tratta di garanzie di carattere esclusivamente processuale>>. 2 V. La Rocca, Res. Ass. costituente, p. 2532; Carullo, La Costituzione della Repubblica italiana, Milano, Giuffrè, 1959, p. 69; v. anche Onida, La Costituzione, Bologna, Il Mulino, 2004, 74, a proposito del diritto al giudice e alla difesa giudiziaria come oggetto di un diritto fondamentale, costituzionalmente garantito, che è strumento e condizione per la tutela di tutti gli altri.. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 216 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA opportunamente perfezionato, con il netto superamento delle caratteristiche talvolta usuali di molto meno di una formalità, ma strutturato “allo scopo di assicurare effettivamente la difesa dei non abbienti”. Trionfò così implicitamente l‟utilizzo della libera professione escludendosi l‟idea di vincolarsi ad una “istituzione stabile” attraverso una “avvocatura speciale,” con propria carriera e avvocati ad hoc, lasciando invece discrezionalità al legislatore di configurare gli appositi istituti giuridici che assicurino ai non abbienti i mezzi - si noti l‟espressione i mezzi - per agire e difendersi, in modo da potere realizzare a favore degli interessati anche una libertà di scegliere a chi affidarsi per l‟azione e la difesa. La previsione costituzionale è quanto mai aperta, imponendo solo la messa a disposizione di mezzi attraverso appositi istituti giuridici, che possono spaziare tra facoltative forme di patronato, collegate o meno ad organizzazioni di categoria, purché adeguatamente sussidiate, fino alla assunzione di oneri economici per gli onorari e spese a favore di chi esercita tali difese per i non abbienti, ovvero ogni altro sistema di messa a disposizione di mezzi per avvalersi di assistenza tecnica nei giudizi. Vi è, tuttavia, da notare che il vigente sistema del patrocinio a spese dello Stato 3, quanto mai giusto nelle finalità di principio, presenta una serie di anomalie finanziarie per talune distorsioni e notevoli esborsi delle finanze pubbliche (originariamente non previsti e prevedibili), specialmente per taluni eccessi di ricorsi seriali in tutti i gradi di giudizio con esito negativo, soprattutto nel settore di tutela giudiziaria di extracomunitari (spese certamente non recuperabili dall‟Erario). Questo assume notevole gravità dal momento vi è un ricorrente difetto di mezzi a disposizione per l‟espletamento delle stesse funzioni di giustizia e talvolta anche per una assistenza adeguata a livelli minimi a favore degli anzidetti soggetti in difficoltà. Tali risorse finanziarie potrebbero essere meglio utilizzate per una giustizia e assistenza più efficiente. 2.- Ordinamento professionale forense, competenze dello Stato e delle Regioni. Tutto l‟ordinamento forense (e anche la disciplina dell‟assistenza professionale giudiziale e consultiva giuridica alle Amministrazioni statali 4) rientra nella competenza legislativa statale in quanto inscindibilmente collegato e connesso con la lett. l) del comma secondo dell‟art. 117 della Costituzione (giurisdizione e norme processuali, ordinamento civile e penale, giustizia amministrativa), tenuto conto della interpretazione restrittiva, anche alla luce della giurisprudenza costituzionale 5della competenza concorrente regionale in materia di “professioni” (art. 117, comma terzo Cost.) e della estraneità delle Regioni rispetto al settore giustizia. Alle Regioni spetta una competenza residuale in ordine all‟ordinamento e all‟organizzazione amministrativa dei propri uffici legali e di quelli degli enti pubblici regionali, con il rispetto delle norme sulla professione forense fissate in sede unitaria nazionale, oltre, beninteso, taluni interventi strumentali come la messa a diposizione di mezzi per l‟assistenza giudiziale. 3 V. art. 32, comma 2, del d.lgs. n. 271 del 1989, nel testo introdotto dall'art. 17 della legge n. 60 del 2001, poi trasfuso nell'art. 116 del d.lgs. n. 113 del 2002 e riprodotto nell'art. 116 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia); da rilevare che una questione di legittimità costituzionale relativa alla mancanza di copertura finanziaria è stata dichiarata infondata dalla Corte costituzionale con sentenza n. 266 del 2003, cui sono seguite le ordinanze di manifesta infondatezza 328 del 2003, 67 del 2004, 171 del 2004 4 128 del 2005. 4 Da segnalare, per quanto riguarda le amministrazioni statali che fruiscono dell‟assistenza dell‟Avvocatura dello stato, Tar Lazio 7 luglio 2009 n. 6527, con annullamento di un bando di gara per un servizio legale triennale per l‟assistenza in materia di protezione delle denominazioni di origine dei prodotti italiani (ministero politiche agricole) sotto il profilo che il ricorso ad avvocati del libero foro non può essere in modo sistematico ed, in ogni caso, ammissibile solo con carattere di eccezionalità, specificamente motivata. 5 V. da ultimo Corte cost. sent. 8 maggio 2009, n. 138; n. 222, 179 e 93 del 2008; n. 300, n. 57 del 2007; n. 449, 424, 423 153 e 40 del 2006, nonché la sentenza n. 353 del 2003. V. anche il d.lgs. n. 30 del 2006, art. 1 e 4, con ricognizione dei principi fondamentali in materia di professioni. A questo ultimo riguardo occorre, inoltre, tenere presente che la materia della professione di avvocato e dell‟ordinamento forense è inscindibilmente collegata e connessa con il sistema giurisdizione e processo, rientrante nella competenza esclusiva statale (art. 117, comma secondo, Costituzione). Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 217 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA Inoltre le stesse Regioni non possono imporre la configurazione di eventuali servizi legali o vincoli ad enti pubblici o a Comini e Provincie diretti ad utilizzazione dei servizi regionali nel settore legale 6. Del resto la disciplina dell‟organizzazione e dello svolgimento delle funzioni attribuite agli stessi Comuni e Province rientrano nella potestà regolamentare dei medesimi Enti, ormai costituzionalmente garantita (art, 117, comma sesto, Cost.). D‟altro canto appare assai dubbia sul piano sostanziale una utilizzazione da parte di enti diversi dalla Regione di avvocati iscritti in albo speciale, che, secondo norme di spettanza statale, sono abilitati a svolgere attività di avvocato soltanto “per quanto concerne le cause e gli affari propri dell‟ente presso il quale prestano la loro opera” e non a favore di soggetti autonomi rispetto all‟organizzazione regionale in senso allargato. Un intervento regionale del genere di quello ipotizzato può, altresì, assumere profili di contrasto con le norme della concorrenza nella professione di avvocato. 3.- Giusto processo, contraddittorio e posizione degli avvocati. Il principio del giusto processo e del contraddittorio, quale riaffermato ed esplicitato dall‟art. 111 Cost., come rafforzativo della garanzia giudiziaria (diritto di avvalersi della giustizia e di difesa processuale), in posizione di parità ed eguaglianza delle parti, esige che ogni pronuncia , tanto più se sfavorevole ad una delle parti sia preceduta dalla possibilità di effettivo contraddittorio, di modo che gli avvocati, che svolgono la difesa di ciascuna parte, devono essere posti in grado di intervenire tempestivamente esprimendo le ragioni difensive sul profilo introdotto per la prima volta in giudizio 7 6 V. Tar Lombardia 7 febbraio 2008, ordinanza di rimessione alla Corte cost. della questione di l.c. dell‟art. 1, comma 2, legge reg Lombardia 27 dicembre 2006, n. 30 per il caso di imposizione ad Enti pubblici. La Corte, con ordinanza n. 43 del 2009, ha disposto la restituzione degli atti al giudice remittente in quanto era sopravvenuta l‟abrogazione della disposizione censurata con l‟eliminazione dell‟obbligo per gli enti pubblici operanti nella Regione di fare ricorso agli avvocati della Regione. 7 V. Comoglio, Ferri e Taruffo, Lezioni sul processo civile, Il Mulino, 2005, vol. I, cap. III, Le Garanzie costituzionali; Denti, Questioni rilevabili d’ufficio e contraddittorio, in Riv. dir. proc., 1968, 217 ss., che si sofferma su una “ visione dei rapporti tra i poteri del giudice ed i poteri delle parti, che trova il suo fondamento nell‟art. 101 cod. proc. civ., interpretato alla luce dello art. 24, 2° comma della Costituzione”, opinione criticata da Ferri C., Contraddittorio e poteri decisori del giudice, in Studi Urbinati, anno XLIX, n. 33, Città di Castello 1984, che , partendo dall‟art. 24, comma 2, Cost., ritiene che dalla norma «discenda la necessità dell‟integrale attuazione del contraddittorio in ogni fase del procedimento ed in particolare la necessità che le parti siano poste in condizione di poter interloquire e difendersi preventivamente su ogni aspetto della decisione». V. in particolare Bernini E., Principio del contraddittorio ed arbitrato, PhD thesis, LUISS Guido Carli, eprints.luiss.it/119/1/bernini-20090319.pdf, che, in una premessa di carattere generale, offre una amplissima rassegna dell‟alterno svolgimento del dibattito, sia sul piano dottrinale, sia negli interventi normativi in Francia (dal d. 13 ottobre 1965, art. 82, con la previsione che «aucun moyen, même d‟ordre public, non soulevé par les parties ne pourra être examiné d‟office sans que celles-ci aîent été appellés à prèsenter leur observation à cette egard»; d. 9 settembre 1971, art. 16, con l‟eccezione dei moyens d’ordre public; confermato dal d. 20 luglio 1972, con l‟eliminazione della eccezione e la espressa prescrizione al presidente dell‟organo giudicante di riaprire la discussione; nella nuova formulazione delle modifiche nel testo unificato del cod, proc. civ., l‟art. 16 rovescia completamente l‟indirizzo e non prevede più che il giudice sia tenuto a rispettare il principio del contraddittorio, ma semplicemente che lo faccia rispettare alle parti; disposizione annullata dal Conseil d‟État, sentenza 18 ottobre 1979, in Dalloz 1979, 606, nella parte in cui dispensava il giudice dall‟osservare il principio del contraddittorio, allorquando rilevi d‟ufficio una questione di puro diritto; fino alla nuova riforma dell‟art. 16 cod. proc. civ. del 12 maggio 1981, che contiene la definitiva riaffermazione di una ampia necessità del previo contraddittorio di parte su qualunque questione rilevata d‟ufficio: “.- Le juge doit, en toutes circonstances, faire observer et observer lui-même le principe de la contradiction. - Le juge ne peut retenir dans sa décision les moyens, explications et les documents invoqués ou produits par le parties que si celles-ci ont été à même d‟en debattre contradictoirement …. ne peut fonder sa décision sur les moyens de droit qu‟il a relevés d‟office sans avoir au préalable invité les parties à presenter leurs observations”). L‟accurato lavoro di Bernini è completato, per la parte che qui interessa, dalle evoluzioni della giurisprudenza in Italia. Per la recente dottrina italiana v. anche Cecchella C., Le relazioni tra le parti, i giudici e i difensori, Relazione nazionale al 12° Congresso Mondiale di diritto processuale, Città del Messico 22 – 26 settembre 2003, in www.judicium.it; Capponi, Trattazione della causa, ruolo del giudice, cultura del contraddittorio nel d.d.l. Mastella Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 218 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA Questo comporta che tutte le volte che sia introdotta d‟ufficio una eccezione di decadenza o di inammissibilità o altro profilo pregiudiziale o preclusivo al giudizio, il giudice è tenuto ad assicurare il contraddittorio, annunciando anche in sede di discussione in udienza il problema., in modo da rendere possibile una difesa8. sulle «Disposizioni per la razionalizzazione e l’accelerazione del processo civile», ivi; Fabiani, Sasso nello stagno, Postilla minima sul rito societario dopo la legge 28/12/2005 n.263, ivi; Sassani B., Nuovo giudizio di Cassazione, in Riv. Dir. Proc., 2006, 217 in particolare al n. 17, Questioni sollevate d‟ufficio e contraddittorio; Ricci E.F., La sentenza «della terza via» e il contraddittorio, in Riv. dir. proc., 2006, 750, che esclude che l‟omissione da parte del giudice di indicare alle parti la questione rilevabile d‟ufficio, ponga un problema di rispetto del contraddittorio, che sarebbe in ogni caso garantito ogni qual volta la parte ha la possibilità di giovarsi di una difesa tecnica, in quanto l‟art. 183 c.p.c. (che prevede che il giudice «indica alle parti le questioni rilevabili d‟ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione) può invece essere collegato al principio del contraddittorio, con il significato di mezzo attraverso il quale si può giungere a una migliore ricostruzione dei fatti e della loro interpretazione giuridica. Sul piano normativo v. , ora, per i giudizi in Cassazione l‟art. 384 c.p.c., nel testo novellato dal d lgs. N. 40 del 2006, con l‟obbligo di assegnare termine per depositare osservazioni su questioni rilevate d‟ufficio e le osservazioni di Carratta, Le riforme del processo civile, diretto da Chiarloni, tomo primo, 503, Bologna, 2007, nel senso della applicabilità ai soli casi di decisione di merito da parte della Corte di cassazione, interpretazione restrittiva messa in dubbio da Di Iasi C. , I poteri d’ufficio del giudice alla luce dei principi di efficienza e del giusto processo, relazione in http://appinter.csm.it/incontrirelaz/16576.pdf. 8 V. per la svolta iniziale della giurisprudenza: Cass. 21 novembre 2001, n. 14637, in Giust. civ., 2002, I, 1611, con nota adesiva di Luiso F.P., Questione rilevate di ufficio e contraddittorio: una sentenza <<rivoluzionaria>>?, www.judicium.it/archivio/pluiso03.html, sentenza pubblicata anche in Giur. it., 2002, 1363, con nota contraria di S. Chiarloni; Cass. 27 luglio 2005 n. 15705 e 5 agosto 2005, n. 16577, in Foro it., 2006, 1, 3174 con nota di Fabiani E,, Rilievo di ufficio di questioni da parte del giudice, obbligo di sollevare il contraddittorio delle parti e nullità della sentenza; nonché in Riv. dir. proc., 2006, 747; Cass. 31 ottobre 2005, n. 31108 in Giur. it. 2006, 1456 e Corr. giur., 2006, 507, con nota di C. Consolo; Cass. 9 giugno 2008, n. 15194, secondo la quale «il giudice non può decidere la lite in base ad una questione rilevata d‟ufficio senza averla previamente sottoposta alle parti, al fine di provocare sulla stessa il contraddittorio e consentire lo svolgimento delle rispettive difese in relazione al mutato quadro della materia del contendere, dovendo invece procedere alla segnalazione della questione medesima e riaprire su di essa il dibattito, dando spazio alle consequenziali attività delle parti. Infatti, ove lo stesso giudice decida in base a questione rilevata d‟ufficio e non segnalata alle parti, si avrebbe violazione del diritto di difesa per mancato esercizio del contraddittorio, con conseguente nullità della emessa pronuncia”. V. anche la sentenza Cons. Stato, ad plen., n. 1 del 2000, che afferma in maniera netta che “il giudice amministrativo, prima di decidere una questione rilevata d‟ufficio deve indicarla alle parti, per consentirne la trattazione, in attuazione del principio del contraddittorio: da notare che tale indirizzo nella giurisprudenza amministrativa ha avuto scarso seguito in pronunce successive, probabilmente anche per una consuetudine dei più attenti presidenti di collegio ad un dialogo collaborativo in udienza sulle questioni da trattare e quindi anche sulle questioni non sollevate in precedenza.. V. per qualche riferimento C. Conti 9 febbraio 2003 n. 75, Riv. Corte Conti, 2002, 125; Corte Conti n. 208 del 2001, ivi, 2001, 152; in sede di controllo preventivo Corte Conti sez controllo 7 dicembre 1999, n. 107, ivi, 1999, 19. Per un riferimento a contraddittorio successivo v. Corte cost. ord. 30 luglio 2009, n. 255, riguardo all‟applicazione di ufficio di amnistia e indulto e sulla rilevante possibilità di chiedere nuova sottoposizione della questione in contraddittorio. Da segnalare infine la recente sentenza della Corte europea dei diritti umani, sez. II, Cimolino c/Italia, (Ricorso n. 12532/05), 22 settembre 2009, che ha confermato il dovere del giudice di rispettare il principio del contraddittorio, quando rigetta un ricorso e decide una controversia sulla base di un motivo o una riqualificazione giuridica dei fatti operata d‟ufficio, ma ha risolto il caso escludendo che vi sia stata violazione, in quanto avendo il giudice posta a fondamento del rigetto anche un altro profilo, non nuovo, non avrebbe impedito al ricorrente di presentare le sue argomentazioni su una questione determinante per l‟esito del procedimento, in quanto il ricorso sarebbe stato, anche per altra via, rigettato -le relative doglianze erano state esaminate e dichiarate infondate dal giudice (Corte di Cassazione)-. Si riporta la parte della motivazione della Corte europea di particolare interesse: <<43. -. Il concetto di processo equo comprende il diritto ad un processo in contraddittorio il quale implica il diritto per le parti di portare a conoscenza dell‟avversario gli elementi necessari al successo delle loro pretese, ma anche di prendere visione di ogni atto ed osservazione presentati al giudice per influenzare la sua decisione e di discuterli (Vermeulen c/Belgio, sentenza del 20 febbraio 1996, Raccolta 1996-I, p. 234, § 33; Nideröst-Huber c/Svizzera, sentenza del 18 febbraio 1997, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-I, pp. 107-108, § 24). Il principio vale per le osservazioni e gli atti presentati dalle parti, Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 219 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA Questo ultimo aspetto coinvolge anche l‟imparzialità del giudice e la parità delle parti, che esigono che i giudice deve essere in una posizione nella quale tutti gli interessati (parti del processo) possano raffigurarlo come soggetto che deciderà non secondo un pregiudizio che lo leghi ad un interesse in gioco, ma secondo legge, dopo avere sentito le parti, rispettando i diritti di tutti 9. 4.- Ordinamento professionale forense e ordinamento comunitario Deve innanzitutto essere posta in rilievo la attenzione data alla particolare posizione dell‟avvocatura dal Parlamento europeo, che. con risoluzione 23 marzo 2006 10 ha riaffermato il pieno riconoscimento della “funzione cruciale esercitata dalle professioni legali in una società democratica, al fine di garantire il rispetto dei diritti fondamentali, lo stato di diritto e la sicurezza nell'applicazione della legge, sia quando gli avvocati rappresentano e difendono i clienti in tribunale che quando danno parere legale ai loro clienti”. Il Parlamento europeo è partito dalla duplice considerazione “che la protezione adeguata dei diritti umani e delle libertà fondamentali, cui ha diritto ogni persona, nel campo economico, sociale, culturale, civile e politico, richiede che ogni persona abbia effettivo accesso ai servizi legali forniti da una professione legale indipendente” e che “ qualsiasi riforma delle professioni legali ha conseguenze importanti che vanno al di là delle norme della concorrenza incidendo nel campo della libertà, della sicurezza e della giustizia e in modo più ampio, sulla protezione dello stato di diritto nell'Unione europea”.In realtà l‟approccio comunitario specifico per la professione forense appare legato all‟interesse generale al servizio e alla funzione sociale 11, accanto alla particolare rilevanza della salvaguardia degli interessi del consumatore e quindi della concorrenza, in un bilanciamento che mantenga ferma la funzione esercitata dalle professioni legali per il rispetto dei diritti fondamentali. 5.- La funzione dell’avvocato alla luce delle garenzie dei diritti fondamentali 12 La presenza dell‟avvocato nei giudizi è stata configurata come strumento per porre rimedio alle naturali disparità delle parti, per prestigio personale, per censo, posizione sociale, peso politico o altro, servendo ad impedire che le regole del giuoco, cioè le norme, vengano ad un certo punto messe da parte a vantaggio di “armi improprie”, vale a dire di criteri di giudizio alternativi rispetto alle norme stesse.. In realtà la presenza necessaria dell‟avvocato-difensore è correlata alla eccezionalità della autodifesa della parte e ad un presunto stato di incapacità, cui la stessa parte si troverebbe esposta nel processo, come stato di minorazione di gestire di persona per il tecnicismo dl processo e per la naturale passione della parte, ma soprattutto serve a impedire turbamenti al contraddittorio determinato da una disparità tra le parti13. ma anche da un magistrato indipendente quale il commissario del Governo (Kress c/Francia [GC], n. 39594/98, CEDU 2001-VI; APBP c/Francia, n. 38436/97, 21 marzo 2002), da un‟amministrazione (sentenza Krčmář e altri c/Repubblica ceca, n. 35376/97, § 39, 3 marzo 2000) o dal giudice autore della sentenza impugnata (Nideröst-Huber, succitata). >> << 44.- . Anche il giudice deve rispettare il principio del contraddittorio, in particolare quando rigetta un ricorso o decide una controversia sulla base di un motivo sollevato d‟ufficio o di una riqualificazione giuridica dei fatti operata d‟ufficio (Skondrianos c/Grecia, nn. 63000/00, 74291/01 e 74292/01, §§ 29-30, 18 dicembre 2003; Clinique des Acacias e altri c/Francia, nn. 65399/01, 65406/01, 65405/01 e 65407/01, § 38, 13 ottobre 2005; Prikyan e Angelova c/Bulgaria, n. 44624/98, § 42, 16 febbraio 2006; Drassich c/Italia, n. 25575/04, §§ 31 e 32, 11 dicembre 2007).>> <<.45.- Innanzitutto, la Corte conviene con il Governo che la Corte di cassazione si è avvalsa del suo potere incontestato di decidere la causa sulla base di una questione sollevata d‟ufficio. Solo la mancata comunicazione alle parti dell‟intenzione di ammettere d‟ufficio detta questione potrebbe porre un problema rispetto alla Convenzione.>> La Corte di Strasburgo ha quindi escluso che vi sia stata violazione dell‟articolo 6 § 1 della Convenzione, in relazione alla duplice via seguita nella motivazione dalla Corte di Cassazione. 9 Onida, La Costituzione, cit, p. 108. 10 Risoluzione del Parlamento europeo sulle professioni legali e l'interesse generale nel funzionamento dei sistemi giuridici, approvata il 23 marzo 2006 11 V. anche De Giorgi A., Il ruolo sociale dell’avvocatura italiana,in Rassegna forense, 2008,, p. 843. 12 V. sull‟avvocatura come componente essenziale della giurisdizione e come soggetto costituzionale Marini A., in Convegno “L’avvocatura come soggetto costituzionale nella giurisdizione, proposta di modifica costituzionale, Fermo 26-27 giugno 2009; Loiodice A., La soggettività costituzionale dell’Avvocatura, ivi; Calvi G., ivi; 13 Agrifoglio, op. cit., p. 87. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 220 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA Significativa, a questo proposito, è la tendenziale avversità dei giudici amministrativi –richiamata da Agrifoglio14 – a far partecipare le parti alla discussione in udienza, “con buona pace della <<popolarità >> dell‟azione( nei giudizi elettorali) e della previsione legislativa che li abilita a stare in giudizio personalmente.” 6.- Il necessario apporto dell’avvocatura per una efficienza nel settore giustizia : inseparabilità rispetto al concorso concertato tra tutte le componenti del settore compresa la magistratura. Giuseppe Chiovenda, a proposito degli avvocati sottolineava che “meglio di una professione il loro ufficio è una funzione, non solo dal punto di vista giuridico, ma politico sociale, perché stando tra le parti e i giudici, sono l‟elemento traverso cui i rapporti fra l‟amministrazione della giustizia e i cittadini possono migliorare, crescendo da un lato l‟autorità, dall‟altro la fiducia, dal che dipende il miglioramento degli istituti processuali” 15. Su questo profilo quanto mai attuale è il pensiero espresso dall‟indimenticabile Piero Calamandrei:” in regime di democrazia il processo deve essere … un colloquio civile tra persone poste sullo stesso livello umano”, di qui “l‟importanza ….degli avvocati, interlocutori necessari di questo dialogo. L‟esito del processo, quindi la sorte della giustizia, dipende dall‟amichevole e leale svolgimento di questo colloquio: dalle buone relazioni tra giudici e gli avvocati dipende, più che dalla bontà delle leggi, il funzionamento della giustizia. Giudici ed avvocati somigliano, nel processo, a un sistema di vasi comunicanti: cultura e lealtà si mantengono costantemente, per i giudici e gli avvocati, allo stesso livello; si innalzano o calano per gli uni e per gli altri, in misura eguale e costante 16. I buoni giudici fanno i buoni avvocati e viceversa: i magistrati che disprezzano i difensori, disprezzano se stessi; ma gli avvocati che non rispettano la dignità del magistrato offendono la dignità della toga……. Gli avvocati nel processo rappresentano la libertà.. per arrivare alla giustizia bisogna passare attraverso la libertà…. strumento indispensabile per conquistare una maggiore giustizia” 17. “L‟avvocato è il simbolo pericoloso della ragione critica, della obiezione ad ogni conformismo; nei regimi di oppressione e di viltà, l‟ultimo rifugio della libertà è la toga” (fine della citazione). Calamandrei ricordò, in quella occasione, che obiettivo di spedizioni punitive squadristiche dei primi tempi di instaurazione del regime furono anche gli studi degli avvocati:sulla fine del 1924 in una sola giornata ne furono incendiati a Firenze più di venti. Posso aggiungere - in base a miei ricordi anche familiari, che alla fine degli anni venti - inizio degli anni trenta, in pieno regime, le ultime voci di libertà non furono decisioni delle magistrature 18, compresa quella amministrativa, ma alcune pronunce della Reale commissione straordinaria superiore, quale collegio giurisdizionale degli avvocati con funzioni corrispondenti all‟attuale Consiglio superiore forense. Questa giustizia speciale seppe dare, proprio perché ancora permeata dalla provenienza da libera professione, 14 Agrifoglio, op cit, p. 43 e 86 Chiovenda, Istituzioni di diritto processuale civile, Napoli, Jovene,1936, vol. II, sez. I, p. 253 16 V. anche, sul rapporto di cooperazione tra magistrati e avvocati basata sulla insostituibile utilità e necessità sociale dell‟opera del difensore e sulla reciproca dignità ed elevazione della magistratura ed avvocatura, Chieppa V., Principi di un etica professionale del magistrato, in Studi in onore di E. Eula, Vol. I, 116,Milano, Giuffrè, 1957; Contento G., La deontologia dell’avvocato,, in Deontologia delle professioni giuridiche, a cura della sez. di Bari dell‟UGCI, Bari, Cacucci, 1989, p. 126 ss., sulla necessità dell‟avvocato per la difesa come diritto inviolabile e sulla sua funzione di vigilanza del rispetto delle regole, del gioco, come funzione sociale e di collaborazione; v. anche, sulla funzione “fondante” o “costituente” dell‟avvocato difensore, in funzione di libertà, come figura essenziale tra i principali tutori della persona umana, Cioffi M., L’avvocato come esperto in strutture di supporto, La funzione costituente e consulente, in Iustitia, 1990, 346. 17 Calamandrei, Processo e democrazia, Padova, Cedam, 1954, Conferenze tenute alla Facoltà di diritto dell’Università nazionale del Messico, La dielettricità del processo, p. 130, 132; v. anche sul rapporto tra indipendenza degli avvocati e imparzialità dei giudici e sul rapporto tra rispetto degli avvocati e dignità dei magistrati, in L’elogio dei giudici scritto da un avvocato, Firenze, Le Monnier, 3^ ed. raddoppiata. 1954, pp. XXVIII, e 52. 18 Per difetto di coraggio, v. Zangrandi, Il lungo viaggio attraverso il fascismo, Milano, Feltrinelli, 1962, p. 350. In realtà il riscatto della magistratura ordinaria si è avuto a partire dal 1942 e per il Consiglio di Stato, ancora prima, nella applicazione, giustamente e dichiaratamente elusiva, di alcune norme razziali, ai professori universitari 15 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 221 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA dimostrazione di indipendenza, annullando alcuni rifiuti di iscrizione all‟albo degli avvocati per esclusivi e dichiarati motivi politici, nonostante il regime ormai consolidato19. L‟anzidetta inseparabilità dell‟apporto dei magistrati e degli avvocati per un efficienza nel settore giustizia 20 porta ad un altro postulato, cioè ogni scelta di modifica fondamentale o di riforma del sistema giustizia, sia per gli aspetti ordinamentali che per quelli meramente processuali, deve necessariamente passare attraverso un dialogato confronto e partecipazione delle due componenti che costituiscono i pilastri della funzione giustizia. Il processo e l‟ordinamento delle magistrature e dell‟avvocatura sono settori assai delicati di funzionamento e presentano tanti aspetti tecnico-giuridico legati alla efficienza dell‟intero sistema giustizia, per cui sarebbe irragionevole ogni decisione squisitamente politica, che prescinda dall‟indispensabile apporto delle rappresentanze istituzionali delle magistrature e dell‟avvocatura. Le vie finora seguite, anche in tempi risalenti ,sono state diverse : a) una apposita specifica previsione normativa di una elaborazione preparatoria di un testo organico codicistico affidato ad un comitato di composizione mista; b) il ricorso ad una delega legislativa con l‟inserzione, tra i principi e criteri direttivi della delega, il coinvolgimento o il parere delle parti (sociali) interessate 21; c) il ricorso ad una delega legislativa con la previsione di una commissione preparatoria di composizione mista, con l‟apporto di avvocati, magistrati e professori universitari,; d) il ricorso ad una delega legislativa in uno specifico settore processuale (amministrativo) con l„affidamento ad organo consultivo della attività redigente e con la prescrizione della partecipazione di tutte le componenti del determinato settore di giustizia 22. 7.- Ulteriore rafforzamento della posizione dell’avvocato in Costituzione: iniziative e concrete esigenze Nel 2009 si sono manifestate in maniera decisa alcune iniziative dirette a qualificare sul piano costituzionale la posizione funzionale del‟avvocatura nell‟esercizio della giurisdizione, con l‟inserimento nel titolo IV della Costituzione di alcune norme specifiche e l‟allargamento dell‟ambito a tutti i soggetti della giurisdizione compresa l‟avvocatura. 19 Chieppa Ri., Le testimonianze nell’Associazione magistrati: una guida per un futuro migliore nella Giustizia in Italia, in Giornale Storia costituzionale, 2009, p. 247 20 Perrone B., Questa povera giustizia, in Iustitia, 2009, p. 261, secondo cui le buone idee, per essere realizzate, devono… marciare sulle gambe degli uomini. E‟ urgente e necessario, in altre parole, il concorso solidale di tutti gli operatori di giustizia”: che, in vario modo e nei distinti ambiti di responsabilità, debbono contribuire a realizzare il risultato sperato con il rischio che le croniche difficoltà della giustizia civile ancora una volta non potranno essere superate. V. anche le lodevoli iniziative come il “Patto per la Giustizia e per i Cittadini, promosso nel corso della “Giornata nazionale per la giustizia” svoltasi per la prima volta in Italia il 5 maggio 2009, che ha condotto il 9-10 luglio scorso alla stipula del “Patto” con il quale le maggiori associazioni rappresentative degli operatori del sistema giustizia propongono al Governo delle linee guida condivise che dimostrano la possibilità di fare funzionare la giustizia e di fornire ai cittadini un servizio più rapido ed efficiente, in grado di garantire agli utenti il diritto costituzionale della “ragionevole durata” del processo civile e penale. 21 Disegno di legge su “ Disposizioni per l‟adempimento degli obblighi derivanti dall‟appartenenza della Italia alle Comunità europee – Legge comunitaria 2009”, nel testo approvato in prima lettura dalla Camera dei Deputati il 22 settembre 2009 (AC 2449 A) e ora all‟esame del Senato (S 1781): art. 2 , principi e criteri direttivi generali della delega legislativa, lett. g) nella predisposizione dei decreti legislativi,relativi alle direttive elencate negli allegati A e B, si tiene conto delle esigenze di coordinamento tra le norme previste nelle direttive medesime e quanto stabilito dalla legislazione vigente, con particolare riferimento alla normativa in materia di lavoro e politiche sociali, per la cui revisione e` assicurato il coinvolgimento delle parti sociali interessate, ai fini della definizione di eventuali specifici avvisi comuni e dell‟acquisizione, ove richiesto dalla complessità della materia, di un parere delle stesse parti sociali sui relativi schemi di decreto legislativo. 22 V. la delega per il riassetto della disciplina del processo amministrativo (art.. 44 legge n. 69 del 2009, con Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, nonché in materia di processo civile). Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 222 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA Una iniziativa, originata dall‟impegno appassionato dell‟avv. Maurizio De Tilla –degno di apprezzamento ed ammirazione-, è nata nell‟ambito dell‟Organismo unitario dell‟avvocatura italiana (OUA) ed ha trascinato. in buona parte, ampie adesioni nell‟ambiente forense, Questa proposta si articola in una pluralità di obiettivi: il primo prioritario, partendo dalla esigenza di autonomia delle funzioni (si noti al plurale) della giurisdizione e della rilevanza costituzionale di tutti i soggetti, che vi partecipano come protagonisti necessari (giudici e difesa delle parti alla luce dell‟art. 24 Cost.), vuole inserire un sistema di bilanciamento e di partecipazione di tutte le componenti della giustizia (ciascuna beninteso conservando la propria autonomia e specificità, il proprio ruolo e i propri organi). Su questa parte della proposta ritengo che si possa essere tutti completamente d‟accordo sulla base della concezione di Calamandrei del rapporto giudici-avvocati come “vasi comunicanti” e della raffigurazione dell‟avvocato e del giudice come ciascuno avanti ad uno specchio. Sul piano costituzionale soccorre all‟affermazione dei suddetti principi il rilievo della essenzialità ed inviolabilità del fattore difesa. Infine aiuta in questa convinzione soprattutto l‟elemento dalla esperienza come realmente vissuta e realizzata, che deve costituire, nel campo degli istituti organizzatori del diritto-giustizia, una sorta di cartina al tornasole per misurarne la effettività e l‟efficienza, come endiadi inseparabile per una ragionevolezza delle innovazioni. Infatti, si può facilmente constatare che quando si perviene a soluzioni dialogate e condivise gli istituti funzionano in modo largamente più efficiente e spedito e proprio nel settore giustizia gli esempi possono essere innumerevoli. Questo può verificarsi , ed è comprovato, sia nella soluzione di problemi prettamente organizzatori come la sede di organi giurisdizionali per armonizzarlo con la localizzazione degli altri organi delle diverse articolazioni, come il calendario delle udienze e perfino il loro carico e la distribuzione razionale e programmata,degli orari, così ancora per tutti i diversi profili degli adempimenti processuali. Ne ho avuto personale conferma negli uffici giurisdizionali in cui ho prestato servizio, ove, attraverso il concorso collaborativo e partecipativo degli avvocati e giudici, si è arrivati a rapido svolgimento dei procedimenti e smaltimento delle pendenze con ritmi talvolta superiori al 125% del carico sopravvenuto: tuttaltro si verifica quando vi è una conflittualità permanente o una mancanza di cooperazione reciprocamente rispettosa. Questo apporto e concorso fondamentale di tutte le componenti della giurisdizione non deve essere applicato in modo riduttivo e limitato alla sola “amministrazione della giustizia nelle diverse articolazioni”, come potrebbe ricavarsi dalla lettera della proposta, ma deve essere istituzionalizzato con applicazione anche al settore normativo, utilizzando uno schema, che ha dato dei risultati razionalmente apprezzabili nelle giurisdizioni amministrative, quando è stato applicato puntualmente. Mi riferisco alla previsione 23 che “ i procedimenti legislativi che comportino il conferimento di nuove attribuzioni…, nonché la soppressione o la modificazioni di quelle esistenti e che comunque riguardino l‟ordinamento e le funzioni “ (la norma si riferisce al Consiglio i Stato e Corte dei Conti), sono adottati previo parere”. Occorrerà ampliare la previsione a tutte le componenti della giurisdizione e alle norme fondamentali dell‟ordinamento processuale. L‟anzidetta proposta può essere anche immediatamente attuata in via pragmatica con la richiesta di un parere e con una consultazione, indipendentemente da ogni introducendo obbligo legislativo, anche utilizzando uno dei meccanismi di delega legislativa concertata di cui ho fatto cenno, salvo a sanzionarla legislativamente anche con un garanzia costituzionale. Un secondo obiettivo accessorio della proposta (sinteticamente OUA De Tilla) ha funzioni esplicative delle funzioni dell‟avvocato, della terzietà del giudice, della parità delle parti nel processo e della ragionevole durata di un processo giusto insieme ad un obbligo di adeguatezza degli strumenti e costi della giustizia. Il problema degli strumenti e costi è giustamente essenziale per qualsiasi riforma o innovazione positiva nel servizio giustizia e per raggiungere i livelli essenziali delle relative prestazioni concernenti diritti civili e sociali. Se il servizio giustizia non funziona adeguatamente, difetta la protezione dei diritti fondamentali del cittadino, del lavoratore e della stessa attività economica soprattutto in periodo di crisi. I ritardi della giustizia allontanano spesso gli investimenti. 23 R.d.l. 9 febbraio 1939, n. 273, convertito in legge 2 giugno 1939, n. 739. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 223 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA Attenzione particolare è prestata agli strumenti per assicurare una effettiva difesa dei non abbienti, esplicitando l‟0nere “a carico dello Stato”, spostando – in modo condivisibile - il centro di elargizione verso” le istituzioni dell‟avvocatura” con modalità stabilite dalla legge: attenzione alle esigenze di una libera scelta dell‟avvocato, sia pure entro un elenco di avvocati disponibili o inclusi di ufficio, evitando ghetti che rievochino la ormai superata avvocatura dei poveri. Quanto alla posizione e all‟esercizio della professione di avvocato sono previste una incompatibilità assoluta con le funzioni di magistrato, razionalmente da intendersi rispetto a tutte le giurisdizioni compresa quella tributaria e a tutte le funzioni compresa quella onoraria. Un terzo obiettivo autonomo è quello della netta distinzione e separazione tra magistrati giudicanti e magistrati requirenti, relativi ruoli e quindi modalità di accesso. Certamente sul punto possono esistere problemi, spesso collegati a situazioni locali e personali, risolvibili più adeguatamente e con adeguata ponderazione 24 anche con accorgimenti meno drastici e separatisti. Occorre prevedere esclusioni tassative di passaggi di funzioni o ritorno nella stessa Regione, limiti temporali a passaggi di funzioni, stabilendo un congruo periodo minimo di intervallo, ed in ogni caso solo se accompagnati da accertati requisiti attitudinali e giustificazioni adeguate. Occorre evitare, in maniera rigorosa, che la scelta sia del singolo per motivi predominati di località, ovvero che si verifichi contiguità territoriali di funzioni o indirette incompatibilità in ogni trasferimento o passaggio, anche per funzioni superiori Maggiore apprezzamento, invece, può riscuotere, sul punto della separazione delle carriere, la equilibrata presa di posizione della III Conferenza nazionale dell‟avvocatura tenutasi a Riva del Garda nel 2008. Il vero problema da affrontare per un migliore ed imparziale servizio giustizia, per quanto riguarda i magistrati (giudicanti o requirenti che siano), è relativo alla loro localizzazione territoriale, derivante da un distorto sistema di progressione economica, di funzioni e di mutamenti di sede, per cui si sta verificando, troppo spesso, un fenomeno di magistrati stanziali (ai mie tempi della magistratura assolutamente inusuale o eccezionale), che rimangono nella stessa sede o in circoscritto ambito territoriale per tutta o la prevalente durata del servizio, tranne nella generalità dei casi nel periodo “di frontiera” del primo esercizio di funzioni dopo la nomina.. Questo provoca25, come fenomeno naturale non sempre addebitabile specificamente al singolo soggetto, incrostazioni di consuetudine, di relazioni, e legami familiari, di amicizie e di colleganza o di precedenti rapporti, frequenti rischi di incompatibilità con magistrati nella stessa sede o con avvocati per maggiore o minore prossimità di parentela o di convivenza (anagrafica), rimediati solo formalmente, con compiacenti assegnazioni a settori differenti di attività o con iscrizioni in albi viciniori, ma contigui e comuni per ambito di utenza. A sua volta il fenomeno ha effetti sulla diminuzione di arricchimento di esperienza e di varianza di acquisizioni culturali e di pratica giuridica, attraverso nuovi e più larghi contatti con altri colleghi magistrati e sopratutto con un diverso ambiente di avvocati e con una serie di problemi giuridico - sociali differenti. Devo confessare che in questo giudizio negativo sulla tendenza stanziale e su legami territoriali dei giudici (requirenti e giudicanti che siano) – questo è il più attuale dei problemi di imparzialità anche sul profilo dell‟apparire - sono stato influenzato da continui riscontri nel mio peregrinare tra le diverse regioni e da ricorrenti sussurrii nell‟ambiente forense (non riguardanti l‟ufficio di cui ero responsabile). In un certo senso sono “pregiudicato” (ed insieme mi ritengo fortunato) per le mie variazioni periodiche di esercizio di funzioni da Roma in Sardegna, nel Lazio, ancora a Roma, in Sicilia, a Roma ed in Trentino-Alto Adige, con arricchimento di conoscenze ed esperienze giuridiche, anche per il variare (e ne sono consapevole) del mondo forense in cui ho operato come magistrato prima ordinario, poi amministrativo. Di ciò sono 24 Occorre fare attenzione, soprattutto per il processo penale, della”duale” esigenza primaria di eguaglianza di posizioni e di poteri, sia della parte privata, che del PM, per cui devitalizzando la posizione del P:M: si rischia anche di mettere in gioco talune conquiste paritarie (ancorché incomplete), come quelle nel campo investigativo e della offerte di prove acquisite o promosse dagli avvocati difensori. 25 Consentitemi –anche a costo di dispiacere a qualcuno- di essere sincero per avere indossato le diverse toghe per oltre 56 anni, appartenendo alla generazione della metà degli anni 20. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 224 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA riconoscente anche alla classe forense, alla quale mi onore di avere appartenuto 26, sia pure per breve periodo, all‟inizio della mia attività. Di questi problemi è ora che si occupi il CSM ed il legislatore che, senza modificare il principio di inamovibilità del giudice in mancanza di suo consenso (art. 107, comma primo, Costituzione), potrebbe stabilire che vi sia un limite massimo di anni di permanenza nello stesso ufficio o sede, per l‟avvenire computabili per progressioni o variazioni di funzioni, ferma l‟esigenza di una puntuale ed effettiva applicazione delle regole sulle incompatibilità. L’altra iniziativa sul piano di proposta di legge costituzionale concernente l‟avvocatura è quella presentata alla Camera dei deputati dall‟on. Pecorella (N. 2556), che, limitata al solo aspetto fondamentale del riconoscimento della avvocatura come soggetto costituzionale, segue per questa parte la proposta OUA De Tilla, arricchita da una più chiara conferma del carattere squisitamente privato della relativa attività, oltreché libera ed indipendente, per cui merita tutti gli apprezzamenti che ho svolto per questa parte alla proposta De Tilla. Chiudo con un augurio che un intervento di riforma del settore della giustizia sia prontamente effettuato - se ne parla da troppo tempo sotto tutte le bandiere di schieramenti, senza realizzazioni concrete produttive di buon funzionamento - : l‟unica via praticabile, con risultati valevoli per lungo periodo, è quella attraverso un apporto aperto di tutti gli organi e le componenti della giustizia (magistratura ed avvocatura nessuna esclusa) in un dialogo pacato e costruttivo. Questo dialogo, valido strumento di comprensione e quindi di confronto e scambio – ripetutamente invocato anche dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano -, è agevolato da un linguaggio e culturale comune agli operatori della giustizia. Il dialogo deve essere sempre aperto e pacato (immune da pregiudizi e da conflittualità preconcetta di schieramento), con l‟umiltà essenziale in ogni civile discorso nel rispettoso raffronto tra più soggetti, ciascuno orientato dal principio di leale collaborazione e da uno spirito di servizio, nell‟interesse esclusivo della collettività. Il metodo del dialogo deve escludere una “diffidenza” o manifestazione di sfiducia o di chiusura preconcetta, purtroppo troppo spesso strisciante in questi periodi, nessuna parte è immune. Questo del dialogo leale, invece, non è altro che il metodo essenziale che deve guidare ogni società civile, democratica e pluralista in senso moderno ed è stato il metodo dei nostri Padri Costituenti. Quando si tratta di riforme essenziali, lo dobbiamo ricordare e pretendere tutti, sia come semplici componenti della comunità sociale, sia come titolari di pubblici uffici, sia quando impegnati in organizzazioni sindacali e di categoria, ciò vale –e soprattutto- per chi concorre a determinare con metodo democratico la politica nazionale. L‟anzidetto spirito di leale collaborazione nel metodo del dialogo, che hanno testimoniato coloro che ci hanno preceduti, e tentano di perseguire gli organi e le istituzioni più responsabili, quell‟ideale comune di rinnovamento della giustizia italiana, che deve animare tutti, al di sopra delle persone, degli orientamenti politici e degli interessi particolari, deve costituire – come ho avuto occasione di ricordare in un recente convegno con la magistratura associata - un impegno di tutti e quindi una certezza da realizzare con risultati soprattutto destinati a durare, per il bene della società italiana. 26 Questa è anche la ragione del pronto accoglimento, con entusiasmo, dell‟invito ad intervenire alla Conferenza dell'Avvocatura, formulatomi dall‟avv. Antonio Giorgino, con il quale, a parte la comune origine pugliese, mi lega una amicizia familiare che risale a tre generazioni. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 225 226 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA VI CONFERENZA NAZIONALE DELL’AVVOCATURA “AVVOCATURA E RIFORMA DELLA GIUSTIZIA NELLA COSTITUZIONE E NELL’ORDINAMENTO” ROMA, 20-21 NOVEMBRE 2009 Hotel Cavalieri Hilton Prof. Avv. Annibale Marini Presidente Emerito della Corte Costituzionale Maurizio De Tilla, nel programmare con la bravura e la capacità che tutti conosciamo e (almeno un po‟) invidiamo, queste due giornate di studio, mi ha assegnato un tema, i principi fondamentali della giurisdizione, che per la sua ampiezza può essere solo accennato così come può essere accennata la premessa da cui il mio discorso deve muovere. E ciò varrà, almeno spero, ad assolvermi non solo dalle lacune ed incompletezze, ma dalla stessa elementarità di quanto verrò a dire. Quanto alla premessa si tratta, in primo luogo, di ricordare che l‟effettività è un carattere essenziale della norma (e del principio) senza il quale la norma non esiste come regola di condotta ma come mero fatto espressivo, giuridicamente irrilevante. Fermo restando che ogni norma può presentare un differente grado di effettività che si riflette sul diverso giudizio di valore che è possibile dare della stessa. Quando, dunque, si parla dei principi fondamentali della giurisdizione, il nostro compito, il compito dei giuristi, non è solo quello di individuarli ma di verificare se ed in quale misura essi risultino dotati di effettività e siano, quindi, parte integrante e costitutiva dell‟ordinamento. E se l‟esito di tale indagine è negativo, la conclusione è quella dell‟inesistenza del principio o, il che è lo stesso, di un principio solo apparente. Ciò che si traduce, poi, in un grave vulnus dell‟ordinamento che su quel principio, almeno formalmente, riposa. Volendo a questo punto fissare l‟ordine di trattazione del tema sopra indicato, occorre, dunque, procedere all‟individuazione di quei principi che possono definirsi fondamentali della giurisdizione e, successivamente, accertare il loro grado o, se si preferisce, la loro misura di effettività. Ed è questo appunto il compito cui mi accingo iniziando dal primo di tali momenti. La domanda che ci dobbiamo porre in proposito consiste nello stabilire quali tra i principi attinenti alla giurisdizione possono e devono considerarsi fondamentali. E la risposta non è semplice posto che ogni principio, essendo il risultato di un processo deduttivo condotto con riferimento ad un dato settore normativo o, talvolta, all‟intero ordinamento, risulta dotato di una generalità più o meno ampia e in questo senso si presenta come il fondamento di una data disciplina. Così, nel campo del diritto civile, la buona fede, la tutela del contraente debole, la libertà testamentaria e via dicendo sono principi generali o, con variazione talvolta puramente terminologica, fondamentali dell‟ordinamento. Occorre, allora, nel rispondere all‟interrogativo che precede, abbandonare criteri d‟ordine sostanziale e far riferimento a criteri d‟ordine formale nel senso di considerare fondamentali quei principi che trovano la loro espressione nella legge fondamentale del nostro ordinamento e precisamente nella Costituzione. Sicchè, ed è la conclusione, possono definirsi fondamentali tutti e solo i principi costituzionali in tema di giurisdizione. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 227 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA E se i principi costituzionali sulla giurisdizione sono fondamentali è del pari evidente che la loro assenza di effettività si traduce in un grave pregiudizio della stessa giurisdizione. Tra questi principi quelli che presentano, anche per il loro immediato interesse applicativo, un particolare interesse sono tre: 1) il principio della ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.); 2) il principio della parità delle parti nel processo (art. 111 Cost.); 3) il principio della inviolabilità del diritto di difesa in ogni stato e grado del giudizio e, collegato a questo, il principio della tutela dei non abbienti (art. 24 Cost.). Si tratta, allora, di vedere se ed in quale misura questi principi possono considerarsi dotati di una loro effettività e, in caso di risposta negativa, quali siano le cause e quali i rimedi di quella che può considerarsi una grave patologia dell‟intero sistema. Diverso è, invece, il problema del ruolo che va riconosciuto all‟Avvocatura in relazione ai principi fondamentali della giurisdizione come sopra precisati. Ed in proposito, e per quanto è consentito in questa sede, occorre richiamare quella considerazione dell‟Avvocatura quale componente essenziale della giurisdizione che, a prima vista, può forse, come accade per tutte le definizioni, lasciare perplessi e che, invece, ad una più attenta riflessione, finisce per trovare una giustificazione sostanziale nel fatto che i principi fondamentali della giurisdizione devono essere attuati e non possono non essere attuati anche dall‟Avvocatura. Sicchè, quest‟ultima entra a pieno titolo nel processo attuativo del principi costituzionali, acquistando la veste di protagonista di quel processo e, quindi, uno specifico rilievo istituzionale. Passando, ora, ad una valutazione dei principi fondamentali della giurisdizione, il primo che abbiamo individuato, quello cioè della ragionevole durata del processo, nonostante la sua solenne enunciazione nell‟art. 111 Cost., può considerarsi sistematicamente violato nel nostro Paese che per tale illecito ha collezionato un numero di condanne della Corte di Strasburgo superiore a quello di tutti gli altri Paesi europei. Sicchè, si tratta, in definitiva, di un principio solo enunciato, ma non attuato e perciò privo di qualsiasi effettività. Se mi è consentita un‟osservazione di carattere corporativo, direi che l‟unico settore nel quale vige il principio della ragionevole durata del processo è quello della giustizia costituzionale essendo noto che i tempi di definizione dei giudizi di costituzionalità non superano quasi mai la durata di un anno e sono comunque assai brevi. Ferma, dunque, la patologica durata dei processi, occorrerebbe individuarne le cause e indicarne i rimedi. Tra le cause, il discorso sarebbe lungo e complesso, non ricomprenderei, comunque, come talvolta si è fatto, l‟ostruzionismo o, comunque, la mancata collaborazione dell‟Avvocatura alla sollecita definizione dei processi. E ciò sia perchè gli avvocati sono le vittime della durata abnorme dei giudizi per la perdita di fiducia nella giustizia e, di riflesso, nell‟attività forense sia perché i tempi della giustizia non sono certo scanditi dagli avvocati. Né è vero che gli avvocati siano responsabili dell‟alto grado di litigiosità che esiste nel nostro Paese, che rinviene, invece, le sue cause in fattori ben diversi dal numero degli avvocati e da una loro asserita modestia professionale. Gli avvocati sono troppi e poco preparati, e possiamo essere (parzialmente, ma solo parzialmente) d‟accordo, ma una cosa certa è che non sono essi i responsabili della lentezza della giustizia, da cui, invece, come si è detto, risultano, sotto vari aspetti, pregiudicati: E se finalmente è stato recentemente attivato un processo riformatore di codici ormai obsoleti o, comunque, superati; processo, i cui effetti positivi non mancheranno di avvertirsi nel breve e medio periodo, non può tacersi che le cause, almeno le principali, della lentezza della giustizia sono da Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 228 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA individuarsi in una disciplina unitaria di vicende giudiziarie di scarsa o nessuna importanza e di vicende di grande rilievo economico o sociale. Con il brillante risultato di ottenere (parlo della giustizia civile) tempi biblici per la definizione delle prime e di demandare le seconde alla c.d. giustizia privata (o arbitrale). Mentre non si può non accennare (parlo sempre della giustizia civile) anche al cattivo uso che i magistrati hanno fatto e continuano a fare del loro potere-dovere di condannare il soccombente al pagamento delle spese di giudizio, finendo in tal modo per rendere paragratuito il giudizio ed incentivando proprio quella litigiosità che per ragioni storiche è assai diffusa nel tessuto sociale del nostro paese. Senza ascoltare il monito di antica saggezza, il nostro Praetor finisce così per occuparsi prevalentemente “de minimis”, con la conseguenza che l‟esito finale di tutti i giudizi, sia di quelli de minimis che di quelli de maximis, finisce per essere o la prescrizione del reato o la inutilità della sentenza conclusiva dei giudizi. Ma quali i rimedi? L‟intervento della Corte Costituzionale in questa materia serve poco o niente, essendo evidente che l‟abnorme durata del processo non può certo essere eliminata da una pronuncia caducatoria di una o più norme, ma, come si è detto, da una radicale riforma dell‟ordinamento di esclusiva competenza del Parlamento. L‟unica via di salvezza, almeno fino ad ora, ci viene, dunque, dall‟Europa ed in particolare dalla Corte di Strasburgo e dalle condanne da quest‟ultima inflitte al nostro Paese per l‟abnorme durata dei processi. Anche se, non andrebbe dimenticato che le condanne di Strasburgo meriterebbero una immediata esecuzione che allo stato manca. Quel che interessa evidenziare, tuttavia, è l‟irreparabile pregiudizio che la lentezza dei giudizi viene ad arrecare non solo al nostro tessuto economico ed allo sviluppo degli investimenti stranieri nel nostro Paese, ma anche, e direi soprattutto, allo stesso principio di legalità. Vulnus quest‟ultimo evidenziato dalla corrente e ricorrente constatazione secondo cui “giustizia ritardata è giustizia negata”. E ciò comporta la ormai indilazionabile necessità di bilanciare l‟esigenza della ricorribilità ad un giudice di grado superiore a quello che ha emesso una data decisione con il principio della ragionevole durata del processo, trovando un punto di equilibrio tra aspetti egualmente necessari al concetto di giusto processo. Occorre, cioè, ricordare che una costante e continua violazione del principio della ragionevole durata del processo viene a negare proprio quella giustizia che il processo tende ad assicurare. Tutela, dunque e sempre, della persona che invoca giustizia, ma coniugata alla essenziale garanzia di una non irragionevole durata del processo. E passiamo all‟altro principio: quello, anch‟esso fondamentale, relativo alla parità delle parti nel processo. Consentitemi anche in proposito di procedere, come già fatto, per semplici cenni e pervenire, dunque, alla conclusione che anche siffatto principio, considerato nel suo significato politico – costituzionale, continua ad essere inattuato, o comunque, insufficientemente attuato nella realtà giuridica del nostro paese. E spiego subito il perché. Mi sembra, infatti, che l‟ostacolo maggiore all‟attuazione di quel principio consista, per quanto riguarda la giustizia penale, nella storica unificazione delle carriere del pubblico ministero e del giudice ai quali è, paradossalmente, attribuito uno stesso status nonostante la assoluta diversità delle rispettive funzioni. Ciò che, è appena il caso di dire, non si verifica in alcun altro settore dell‟ordinamento. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 229 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA In altri termini, quando una delle parti del processo e precisamente il Pubblico Ministero ha lo stesso status del giudice la diversità delle parti (e cioè del pubblico ministero e del difensore) è in re ipsa e prescinde dalla disciplina interna al processo. Il principio di parità richiede, logicamente, che le parti del processo (e non solo nel processo) siano in posizione di effettiva eguaglianza (uso volutamente un termine atecnico) al di là della loro diversa possibile coloritura, pubblicistica e privatistica. Se, infatti, il difensore in quanto tale e perché tale non può non avere natura privata, (essendo l‟avvocato pubblico una triste eredità di regimi dittatoriali) il pubblico ministero non può non essere dotato di poteri pubblicistici che, tuttavia, diversamente da quelli del giudice, devono essere bilanciati da altri poteri attribuiti ai difensori in quella dialettica tra accusa e difesa che non altera la parità delle parti del processo. Quando, invece, una soltanto delle due parti (come oggi accade) e precisamente il p.m. è investito di uno status identico a quello del giudice, ipotizzare una sua parità con il difensore costituisce esercizio di una modesta retorica tanto datata quanto fuorviante. Mi sia consentito ricordare che quello della parità è un processo lungo e difficile anche se qualcosa si è fatto dall‟epoca in cui nei giudizi di legittimità il procuratore generale presso la Corte di Cassazione partecipava alla camera di consiglio e diveniva un ulteriore componente (occulto) del collegio, tanto molto raramente le sue conclusioni risultavano difformi dalla sentenza di cui rappresentavano un‟anticipazione ad uso e consumo degli avvocati. Si trattava di un caso limite (fortunatamente ormai eliminato), ma significativo, di quanto può accadere quando p.m. e giudice non vengono separati non solo nelle funzioni (il che è ovvio), ma nel loro status giuridico, a cominciare dallo stesso concorso di accesso alla carriera che deve essere (e non può non essere) diverso per le due categorie essendo funzionale ad una diversa preparazione professionale. A solo titolo esemplificativo, un tema sul retratto successorio sarebbe impensabile per l‟accesso alla carriera di p.m., così come sarebbe atipica (per non dire stravagante) la scelta di un argomento di medicina legale per l‟accesso alla carriera di giudice. Conclusivamente sul punto, fino a quando la separazione delle carriere o, come si dice, degli ordini, non sarà attuata, avremo una parità puramente formale del pubblico ministero e del difensore e avremo anche, e corrispondentemente, una insoddisfacente terzietà del giudice. E vengo all‟ultimo principio che, come ho detto, riguarda la difesa dei non abbienti, principio che, ove non attuato, finisce per vanificare lo stesso diritto di difesa e cioè uno dei diritti essenziali della persona. La norma secondo cui la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del giudizio significa che non ci può essere giurisdizione senza difesa e non ci può essere difesa senza il patrocinio di un avvocato liberamente scelto dalla parte, dotato di capacità professionale e in quanto tale retribuito con onere a carico dello Stato. Da ciò discende il dovere dell‟avvocato prescelto dal non abbiente di prestare la sua opera con diligenza e professionalità, restando in caso contrario, soggetto alle sanzioni disciplinari previste per l‟inosservanza dei suoi doveri. A questo punto, ritorna ancora una volta l‟interrogativo se possa ritenersi compiutamente attuato nel nostro Paese il diritto alla difesa dei non abbienti. E la risposta, come ben sanno gli avvocati oggi presenti, è negativa nel senso che la c.d. difesa d‟ufficio è solo una parodia (e talvolta una brutta parodia) della vera difesa e che, purtroppo, quando ciò accade diventa una parodia anche la giurisdizione che rimane priva del suo momento essenziale riducendosi ad un manichino senza vita. E allora? Allora dobbiamo avere ben presente che il diritto alla difesa è un diritto fondamentale della persona come il diritto alla salute, all‟istruzione e via dicendo e che, pertanto, è del tutto ingiustificata la posizione di Cenerentola che gli è stata in passato riservata nella realtà giuridica del nostro Paese, al di là di enfatiche e ricorrenti dichiarazioni di segno contrario. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 230 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA Posizione di Cenerentola che non fa certo onore ad un Paese come il nostro di antica civiltà giuridica. Vorrei finire con una riflessione. E‟ stato di recente scritto da Franco Galgano che una accusa mossa di frequente ai giuristi è quella di essere stati storicamente sempre dalla parte del potere costituito secondo la nota formula del giurista segretario del principe. Ma lo stesso Franco Galgano, che pur aveva mostrato di condividere quell‟accusa, doveva riconoscere, con grande onestà intellettuale, di essersi sbagliato e citava il caso di Mario Pagano che aveva pagato con la vita il rifiuto di riconoscere alla tortura, sulla quale si reggeva il regime borbonico, la dignità di un valido mezzo di prova. E ciò in quanto, aggiungo, il mezzo di prova non può mai comportare in nome della giustizia la violazione di quei diritti che della giustizia rappresentano il fondamento. A distanza di secoli il sacrificio di Mario Pagano conserva la sua attualità in quella che può definirsi la lotta per il diritto che nel presente momento assume le sembianze della lotta per l‟attuazione dei principi che ho indicato quale fondamento del giusto processo e che non possono essere disattesi senza vanificare quello Stato di diritto che resta una delle conquiste più significative della civiltà contemporanea. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 231 232 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA VI CONFERENZA NAZIONALE DELL’AVVOCATURA “AVVOCATURA E RIFORMA DELLA GIUSTIZIA NELLA COSTITUZIONE E NELL’ORDINAMENTO” ROMA, 20-21 NOVEMBRE 2009 Hotel Cavalieri Hilton DIMENSIONE COSTITUZIONALE DELL’AVVOCATO relazione Prof. Avv. Aldo Loiodice (Ordinario di diritto costituzionale nell‟Università di Bari e docente di diritto amministrativo nell‟Università Europea di Roma) 1. Verso una più forte tutela costituzionale dell’avvocato nella giurisdizione La soggettività costituzionale dell‟avvocatura trova riferimenti, impliciti, in diverse disposizioni costituzionali, ma richiede una chiara esplicitazione al fine di evitare equivoci nella collocazione dell‟attività libero professionale rispetto all‟esercizio della funzione giurisdizionale. In tale prospettiva occorre seguire un percorso, ragionevole, di approccio ad una proposta di riforma costituzionale del Titolo IV della Costituzione, che non dovrebbe più intitolarsi solo alla “Magistratura” ma riferirsi alla “Giurisdizione” con la previsione esplicita dell‟avvocato 27. Si può seguire un itinerario che si snoda attraverso l‟esame di alcuni profili differenziati: l‟avvocato nella Costituzione oggi (e si scoprirà che vi è un riconoscimento forte, anche se implicito); le ragioni che inducono a rinforzare il ruolo costituzionale dell‟avvocatura con un‟espressa previsione; l‟avvocato nella giurisdizione sotto il profilo costituzionale; le linee della proposta di riforma costituzionale del Titolo IV. 2. Il ruolo dell’avvocato tra concezione concorrenziale e concezione garantistica Occorre premettere che il quadro dei valori costituzionali (italiani ed europei) manifesta la specialità della professione forense, attraverso una serie di indici che non possono essere ignorati nella disciplina della professione di avvocato (attuale o futura). L‟innovazione tecnologica, l‟evoluzione dei mercati e l‟intervento del diritto comunitario fanno emergere problemi che, tuttavia, non modificano in alcun modo la consolidata collocazione della professione forense nel ruolo di garanzia dei diritti dell‟uomo (sia esso cittadino che straniero). Il conflitto, che può emergere dall‟atteggiamento di chi vorrebbe privilegiare la concezione imprenditoriale e concorrenziale della professione forense (raffrontata alla concezione garantistica), non determina alcuna esigenza di innovare sul ruolo dell‟avvocato e sulla sua collocazione nell‟ambito della tutela giudiziaria ed extragiudiziaria dei diritti e degli interessi delle persone, potendo incidere solo sulle modalità di esercizio della professione e sui profili meno caratterizzanti di essa. È noto che, nell‟ambito del diritto comunitario, la costruzione della natura giuridica delle professioni è sottoposta a riesame, anche se ciò avviene ai soli fini dell‟applicazione della disciplina della concorrenza; al di fuori di tale disciplina, infatti, tutte le professioni dovrebbero riprendere la loro 27 Sulla funzione giurisdizionale si rinvia alle riflessioni svolte nel convegno annuale della Associazione italiana dei Costituzionalisti del 22 e 23 ottobre 2004: Aa.Vv., Separazione dei poteri e funzione giurisdizionale: atti del 19° Convegno annuale dell’Associazione Italiana dei costituzionalisti, CEDAM, Padova 2008. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 233 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA natura tradizionale e, quindi, anche la professione forense non dovrebbe perdere i suoi connotati peculiari28 3. L’avvocato come produttore di servizi Occorre rimarcare il quadro dei valori costituzionali perché la concezione concorrenziale e mercantile, qualora non affrontata con la dovuta attenzione, rischia di snaturare l‟opposta concezione radicata nella tradizione di molti ordinamenti giuridici in cui la professione intellettuale dell‟avvocato ha una garanzia ed un ruolo inconfondibili (ciò, anche nell‟ordinamento inglese che potrebbe sembrare il più lontano da quello italiano)29 3.Anche se si volesse considerare l‟attività forense come una sottocategoria delle attività produttive di servizi e, quindi, la professione forense come una sottospecificazione delle professioni intellettuali appartenenti alla categoria dei produttori di servizi, ciononostante il ruolo dell‟avvocatura resterebbe sempre immutato nella sostanza, nelle finalità e nelle esigenze di garanzia. L‟eliminazione delle c.d. “barriere” o “frontiere giuridiche” (che sarebbero ostacolo alla concorrenza e al mercato) non può verificarsi laddove i limiti giuridici all‟esercizio professionale siano giustificati dalla specialità della professione. La giustificazione di tali limiti si collega all‟apprezzabilità delle restrizioni in essi contenute (accesso, albi, poteri disciplinari, tariffe, Ordini) quando i destinatari dei servizi, in questo caso i clienti dell‟avvocato, non sono in grado di valutare correttamente la qualità dei servizi stessi; di qui il riemergere del ruolo tradizionale dell‟avvocato nelle sue peculiarità essenziali. Ciò deriva dal quadro costituzionale italiano ed europeo. 4. Rilievo costituzionale dell’avvocato: il diritto di difesa Il riferimento costituzionale che emerge in maniera più evidente è quello dell‟art. 24 Cost., laddove si precisa che «tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi» (comma 1) e che «la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento» (comma 2.); a ciò si aggiunga il comma 3 per cui «sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione»30 Che tale disposizione copra, costituzionalmente, l‟attività dell‟avvocato non sembra possa essere revocato in dubbio; si potrebbe, tuttavia, obiettare che il legislatore (discrezionalmente o in attuazione di norme comunitarie) possa eliminare la difesa tecnica dell‟avvocato consentendo ai cittadini la sola autodifesa, con la conseguenza di un disconoscimento del rilievo costituzionale dell‟avvocato. Invero, all‟affermazione categorica del diritto inviolabile di difesa non si accompagna, nel testo costituzionale, l‟indicazione (dotata di pari forza cogente) dei modi di 28 Di fronte a tali rischi una sottolineatura costituzionale dell’avvocatura appare opportuna e coerente con la stessa impostazione costituzionale oggi vigente. Cfr. G.F. Cartei, V. Vannucci (a cura di), Diritto comunitario e ordinamento nazionale:professioni forensi, sistema giudiziario, processo amministrativo, servizio pubblico, diritto sociale, diritto del lavoro, professioni intellettuali, Giuffrè, Milano 2003. 3 Cfr. G. Alpa, Disciplina delle professioni legali: luci ed ombre della ricetta inglese, in «Guida al Diritto (Il Sole 24-Ore)», 11 settembre 2004, n. 35, p. 106 e ss. 29 4 Sul diritto di difesa si veda P. Grossi, il diritto di difesa nella Costituzione italiana nella sua individuazione come principio supremo nell’ordinamento costituzionale, in Aa.Vv., La sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 20 luglio 2001, Giuffré, Milano 2004. 30 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 234 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA esercizio di quel medesimo diritto. Ciò potrebbe avere la conseguenza di consentire al legislatore, valutata la situazione, i diritti e gli interessi in gioco, di stabilire in quali casi non sia necessaria la difesa tecnica o, addirittura, di eliminarla dai giudizi. Questa ipotesi potrebbe far ritenere che la disciplina della professione forense sia nella totale disponibilità del legislatore nazionale e, quindi, anche del legislatore comunitario. La conclusione però è priva di fondamento. 5. segue: l’autodifesa e la difesa tecnica La semplice possibilità di autodifesa, pur garantita dalla Costituzione, non esclude che la difesa tecnica dell‟avvocato sia indispensabile, salvo che in poche limitate categorie di controversie. Invero l‟art. 24 Cost. garantisce sia la difesa tecnica, cioè l‟esistenza di un esercente la professione legale, sia l‟autodifesa che, intesa quale personale partecipazione della parte, va considerata come uno tra i profili della difesa in senso sostanziale. Che il diritto di autodifesa sia costituzionalmente tutelato è stato affermato più volte dalla Corte costituzionale. Tale diritto trova attuazione nel codice penale di rito, come viene ricordato dalla Corte costituzionale (188/1980), secondo cui la possibilità di una piena difesa personale è riconosciuta all‟imputato in tutto il corso del dibattimento ed a conclusione di esso. Tale possibilità deve essere effettivamente garantita all‟imputato, rimanendo consentito di procedere senza di lui solo se l‟assenza sia una libera scelta (Corte cost. 9/1982). Però, l‟autodifesa è un diritto ma non un obbligo; l‟imputato può rifiutare di difendersi personalmente e può anche astenersi dal presenziare al dibattimento (Corte cost. 125/1979). Diversamente dall‟autodifesa, l‟assistenza di un difensore, oltre ad essere un diritto costituzionalmente protetto, perché rientra nel diritto inviolabile di difesa, si configura anche come una necessità nella grandissima maggioranza dei casi. Invero nel processo penale, la difesa tecnica è obbligatoria ed è prevista la nomina d‟ufficio di un difensore; secondo il costante orientamento della Corte l‟obbligatorietà della difesa tecnica è certamente compatibile con la disposizione che, talvolta, esclude la presenza del difensore per casi di minore rilevanza31 Anche nel processo civile la difesa tecnica, pur presentandosi come onere, risulta indispensabile per la stessa costituzione in giudizio; analoga la situazione nel processo amministrativo32. Da altro punto di vista, non è prevista la possibilità di un rifiuto della difesa tecnica perché tale rifiuto non è garantito dall‟art. 24 Cost., essendo il diritto di difesa non soltanto inviolabile ma altresì irrinunciabile. 6. segue: i valori sottesi al gratuito patrocinio Il comma 3 dell‟art. 24 Cost., che prevede il patrocinio legale assicurato ai non abbienti (Corte cost. 114/1964), individua nel gratuito patrocinio e nella difesa d‟ufficio gli istituti necessari a tutelare i non abbienti e manifesta l‟evidente necessità della difesa tecnica.33 In altri termini nell‟art. 24 Cost., laddove si stabilisce la necessità di un patrocinio gratuito ai non abbienti, è evidente l‟implicita convinzione del costituente che un patrocinio, pur se retribuito, debba essere assicurato anche agli abbienti. In sostanza ricorrere ad un avvocato potrebbe essere più facile per chi non è abbiente, perché può contare sul gratuito patrocinio e per chi è molto abbiente perché può contare 5 Cfr. E. Ranieri, Evoluzione normativa del diritto alla difesa tecnica dell’imputato, Dipartimento di diritto pubblico e teoria generale delle istituzioni, Salerno 2004. 31 32 6 Cfr. C. Pepe, La tutela costituzionale del diritto di difesa nei giudizi contro la P.A., CEDAM, Padova 2000. 33 7 Sul gratuito patrocinio si veda F. Sassano, Il gratuito patrocinio, Giappichelli, Torino 2004. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 235 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA sui propri mezzi, mentre chi si trova nella fascia mediana (tra non abbiente e molto abbiente) potrebbe avere difficoltà a sopportare le spese per onorari e spesso potrebbe essere costretto a rivolgersi a chi non è professionalmente qualificato, peggiorando così la sua situazione; occorre, quindi, tener conto di ciò nell‟evoluzione del mercato professionale, ma quel che più conta è salvaguardare il valore della professionalità; questo valore, invero, è la differenza tra chi offre servizi legali senza essere qualificato e chi invece appartiene ad una categoria costituzionalmente rilevante come l‟avvocato. Vi è, quindi, il primo indizio pacifico della copertura costituzionale della professione forense. D‟altra parte, in dottrina, si è osservato che la disposizione sul gratuito patrocinio ha lo scopo di sollevare il libero professionista dall‟obbligo di prestare assistenza gratuita in quanto, con esso, si prevede che alla sua retribuzione provveda lo stato. In altri termini emerge un‟altra ragione di approfondimento del ruolo del gratuito patrocinio che non è solo quello di stabilire che il patrocinio è comunque necessario, ma anche quella di stabilire che il patrocinio è comunque retribuito e che, soltanto a seguito di una disposizione costituzionale, si può immaginare che la retribuzione non faccia carico al cliente ma ad un soggetto diverso (lo Stato o altro ente). Appare allora chiaro che la difesa dei diritti e degli interessi (che è inviolabile in ogni stato e grado del procedimento) non è soltanto l‟auto - difesa ma è, necessariamente, anche la difesa affidata al libero professionista. È una conclusione condivisa da tutti, ma il suo radicamento costituzionale serve a stabilire che, per il legislatore, c‟è un limite nella modifica del ruolo costituzionale della professione forense in un doppio senso: in primo luogo non si può esaurire la difesa nell‟autodifesa, se non in alcuni casi limitati e di scarso rilievo; in secondo luogo lo svolgimento della professione deve essere assicurato, dal legislatore, con caratteristiche tali da richiedere un‟obbligatoria retribuzione e, comunque, l‟impossibilità di rinunciare agli onorari professionali in misura adeguata (il che giustifica i minimi tariffari). 7. Collegamento con la funzione giurisdizionale; l’avvocato e il “giusto processo” Approfondendo l‟ambito degli effetti prodotti dall‟art. 24 Cost., emerge anche il suo collegamento con la funzione giurisdizionale e la conseguente esigenza di assicurare dignità, decoro e libertà all‟avvocato. I lavori preparatori della Costituente confermano l‟opinione esposta; in essi si chiarisce che «da questa proposizione è data veste costituzionale al principio che la difesa per mezzo di avvocato è garantita in ogni tempo e davanti ad ogni giudice» (Tupini, Res. 1° Sc.C. p. 60).34. La presenza implicita, ma necessaria, della difesa tecnica e dell‟avvocato emerge anche in altre disposizioni della Costituzione: nell‟art. 111, riguardante il giusto processo, laddove stabilisce una serie di requisiti perché il processo possa considerarsi giusto ed indica, per l‟accusato, gli elementi (comma 3) «necessari per preparare la sua difesa» anche nell‟ultimo e penultimo comma dell‟art. 8 Sui lavori preparatori della Costituzione si rammenta l’utilità delle seguenti pubblicazioni: V. Carullo, La Costituzione della Repubblica italiana illustrata nei lavori preparatori, Giuffrè, Milano 1959; Camera dei Deputati –- Segretariato Generale, La costituzione della Repubblica nei lavori preparatori dell’Assemblea Costituente; L.P. Comoglio, Metello Scaparone, art. 24 Cost., in Aa.Vv., Rapporti Civili, in Commentario alla Costituzione a cura di G. Branca, artt. 24-26, Zanichelli, Bologna; La Costituzione italiana - Analisi degli emendamenti, IBM Italia 1979; Crisafulli, Paladin, Commentario breve alla Costituzione, CEDAM, Padova 1990; M. Ainis, T. Martines, Codice costituzionale, Laterza, Roma-Bari 2001. 34 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 236 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA 111 Cost. l‟opera dell‟avvocato risulta indispensabile perché si prevede il ricorso in Cassazione sia in materia di libertà personale sia avverso le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti (queste ultime solo per motivi inerenti alla giurisdizione)35. Si tratta di atti difensivi estremamente tecnici, che non possono essere redatti se non da un professionista qualificato. È vero che si potrebbe obiettare che, eliminando la necessità del difensore in giudizio attraverso una legge, si potrebbe far partecipare ai giudizi soltanto le parti personalmente, che, poi, si muniscono di consulenze e di pareri tecnici forniti dai giuristi esperti. Ma questa eventualità, peraltro non ammissibile nell‟ordinamento italiano, non esclude, comunque, la tutela del ruolo dell‟avvocato che diventa (attraverso quegli atti che esprimono la sua conoscenza, sensibilità e preparazione) indispensabile per far esercitare alla parte il suo diritto di difesa dichiarato inviolabile.36 8. L’avvocato negli organi costituzionali o di rilievo costituzionale Sotto un diverso profilo si ha un altro indizio del ruolo costituzionale attribuito agli avvocati laddove, nella Costituzione, da tale categoria si attingono persone che devono occupare organi costituzionali o di rilievo costituzionale. Nell‟art. 104 Cost. si prevede che gli avvocati, dopo 15 anni di esercizio, siano eleggibili al Consiglio Superiore della Magistratura unitamente ai professori ordinari di università in materie giuridiche; nell‟art. 106 Cost. si prevede che, oltre ai professori ordinari, possono essere nominati all‟ufficio di Consiglieri di Cassazione avvocati che abbiano 15 anni di esercizio e siano iscritti negli Albi speciali per le giurisdizioni superiori; ma ancor più l‟art. 135 Cost., comma 2, prevede che possano essere eletti giudici costituzionali, oltre i magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori ed i professori ordinari in materie giuridiche, gli avvocati dopo 20 anni di esercizio. Si tenga presente che le categorie di eleggibili a queste cariche viene ristretta a soggetti per i quali la Costituzione garantisce l‟autonomia e l‟indipendenza; per i magistrati l‟autonomia e l‟indi pendenza sono previste dall‟art. 104 Cost. e per i professori universitari dall‟art. 33 Cost., ultimo comma, con riferimento alle istituzioni di cui essi fanno parte. Si tratta di categorie di persone alle quali la Costituzione ha ritenuto (per la loro professionalità e per le esigenze di interesse pubblico cui si collega la loro attività) di assicurare libertà, autonomia ed indipendenza. Un motivo ragionevolmente plausibile di spiegazione della scelta del costituente in favore degli avvocati, laddove possono essere scelti e concorrono anche professori universitari o magistrati, deve rintracciarsi nella tradizione degli avvocati che si è sempre collegata ad una caratteristica di dignità, autonomia e libertà. Questi profili manifestano come la disciplina forense non possa essere delineata in maniera corretta se i connotati della dignità, del decoro e della libertà non vengono assicurati in maniera effettiva. Da quanto esposto emerge il disegno costituzionale dell‟avvocato che la Costituzione collega all‟esercizio di un diritto inviolabile fondamentale ed all‟esercizio di funzioni pubbliche quali la giurisdizione. 9. Le competenze legislative regionali e statali nella disciplina della professione forense; i principi fondamentali e i livelli essenziali delle prestazioni 9 Sul tema del giusto processo si veda, fra i tanti, P. Ferrua, Il giusto processo, Zanichelli, Bologna 2007, e A. Bodrito, Giusto processo e riti speciali, Giuffrè Milano 2009. 35 10 Di recente la Corte di Cassazione, a sezioni unite, con la sentenza 15 dicembre 2008, n. 29294, ha affermato che il principio del “giusto processo” stabilisce «dei parametri che debbono essere tenuti necessariamente presenti anche al di fuori del particolare settore d’elezione», sicché è applicabile anche alla fase di apertura del procedimento disciplinare a carico degli avvocati, avente “natura amministrativa”. 36 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 237 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA Il disegno costituzionale non viene modificato dalla previsione della competenza regionale in materia di professioni. Invero l‟art. 117 Cost., al comma 3, prevede tra le materie di legislazione concorrente quella delle professioni. Tale norma, tuttavia, stabilisce che i principi fondamentali siano stabiliti con legge dello Stato. In fondo i principi fondamentali devono assicurare gli obiettivi della disciplina della professione legale individuabili nella indipendenza, nell‟integrità morale, nel dovere di agire nell‟interesse del cliente e nel segreto professionale. Un ulteriore obiettivo è collegato alla connessione tra l‟attività dell‟avvocato e l‟amministrazione della giustizia, che deve assicurare l‟indipendenza dei professionisti attraverso standards etici e cioè tramite la deontologia. Infine l‟indipendenza della professione forense deve essere assunta come un valore indefettibile in uno stato di diritto a base democratica. La professione di avvocato porta benefici alla società e arreca affidamento ai cittadini. Talvolta l‟avvocato deve spingere a fondo la sua difesa a favore dei cittadini, anche nei casi più avversi in cui, nell‟opinione pubblica dei c.d. benpensanti, la bilancia penda in senso contrario agli interessi del cliente. Già questa precisazione permette di cogliere la presenza di un nucleo forte normativo cui la disciplina concernente l‟avvocato deve confermarsi essendo, quel nucleo, oggetto di principi fondamentali non disponibili da parte delle regioni. Ma vi è di più; ai sensi del comma 2 dell‟art. 117, lett. m), lo Stato in via esclusiva deve determinare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili che debbono essere garantiti in maniera uguale su tutto il territorio nazionale.37 Il diritto di difesa garantito dall‟art. 24 Cost. è un fondamentale diritto civile; appartiene invero al Titolo I della Costituzione denominato “Rapporti civili”. In conseguenza, l‟intervento delle regioni sulle professioni non può eccedere i profili di incentivazione e ausilio relativi all‟aggiornamento, alla formazione e alla qualificazione degli avvocati, nonché alle agevolazioni nell‟utilizzo della difesa tecnica in favore delle categorie meno abbienti; inoltre la competenza regionale non può superare la soglia delle peculiarità costituzionali della figura dell‟avvocato. Queste peculiarità appartengono alla legislazione esclusiva dello Stato; sono eguali su tutto il territorio nazionale e, per le ragioni che si vedranno, in tutto il territorio dell‟Unione europea; né al legislatore statale, come si è detto, può riconoscersi competenza a modificare o ridurre il peso delle peculiarità tradizionali della figura dell‟avvocato, ravvisabili appunto nella dignità, nel decoro e nella libertà; il che implica il riconoscimento di un divieto di ingerenza dello Stato o dei magistrati nell‟esercizio dell‟attività professionale, perché l‟unica via percorribile (conforme a Costituzione) resta l‟affidamento dei poteri disciplinari e dell‟accertamento della qualità e regolarità della professione alla stessa categoria forense attraverso meccanismi di autocontrollo. In altri termini, la tradizione relativa all‟organizzazione della disciplina forense e della sua applicazione viene costituzionalizzata (nei suoi profili fondanti) e, quindi, resa indisponibile al legislatore, che potrà pur modificare diversi profili dell‟attuale disciplina, ma dovrà sempre assicurare che l‟avvocato sia il libero, dignitoso e decoroso difensore dei diritti e degli interessi di chiunque.38 11 A. Predieri, Annotazioni sull’esame di Stato e l’esercizio professionale, in «Giur. cost.», 1963, pp. 506 e ss.; V. Caianiello, L’inserimento delle professioni nel titolo V della Costituzione, in Aa.Vv., Atti del Convegno nazionale “Quale federalismo per le professioni” del 18 marzo 2002, in www.odg.mi.it; E. Bindi, M. Mancini, Principi costituzionali in materia di professioni e possibili contenuti della competenza legislativa statale e regionale alla luce della riforma del titolo V, in «Le Regioni», 2004, pp. 1320 e ss. 37 38 12 Cfr. L. Olivieri, Professioni, l’ordinamento entra nell’esclusiva statale, in «Italia Oggi», 16 ottobre 2004. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 238 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA 10. Diritto al lavoro, retribuzione professionale e strumentalità del profilo imprenditoriale Il quadro descritto manifesta una specialità della professione forense che non trova fondamento soltanto negli artt. 4 e 36 della Costituzione laddove si tutelano in genere il diritto al lavoro e la sua retribuzione; l‟art. 4 Cost. consente la libera scelta del lavoro e la trasforma in dovere di concorrere al progresso materiale o spirituale della società; l‟art. 36 Cost. prevede una retribuzione proporzionata alla qualità e quantità del lavoro, in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé ed alla famiglia un‟esistenza libera e dignitosa.39 Questi principi valgono per tutti i lavoratori e vengono adattati alla peculiarità dei singoli lavori. Inoltre, la professione di avvocato, normalmente, non può essere svolta in condizioni di dipendenza. L‟esercizio professionale, infatti, deve essere libero ed autonomo (per i profili caratterizzanti la professione) anche per coloro che siano preposti agli uffici legali degli enti pubblici, laddove si deve prevedere un regime speciale(proprio per la natura della professione svolta) suscettibile di non snaturare l‟impegno forense. Il principio dell‟art. 36 trova specificazione in riferimento alle caratteristiche di ogni lavoro e, quindi, il compenso professionale deve attingere livelli idonei ad assicurare dignità e libertà. Di qui discende che la previsione delle tariffe e dei poteri degli Ordini in materia di compensi professionali costituisce uno strumento indispensabile per assicurare all‟avvocato la tutela della sua libertà ed autonomia rispetto alle possibili occasioni di assoggettamento, condizionamento o disconoscimento del ruolo dell‟avvocato. Da questo disegno normativo non emerge alcuna concezione mercantile o imprenditoriale della professione forense; il che non significa che uno studio professionale singolo o associato non possa configurarsi come struttura economica assimilabile (solo sotto il profilo organizzativo ed economico) ad un‟impresa, ma in questo caso l‟impresa è strumentale all’esercizio della professione e lo studio professionale non può essere in alcun modo assimilato ad altre imprese che svolgono attività differenti non costituzionalmente garantite. Un profilo analogo può essere rintracciato nella disciplina della professione medica che ha un rilievo costituzionale in virtù dell‟art. 32 Cost. che tutela il diritto alla salute. Poiché la professione medica è indispensabile alla tutela del diritto fondamentale alla salute, la sua disciplina non può essere condizionata dai profili imprenditoriali che possono collegarsi allo svolgimento dell‟attività medica attraverso case di cura, ambulatori, poliambulatori e strutture economicamente rilevanti. L‟attività del medico resta tale (costituzionalmente tutelata) ed immodificabile in ogni tempo. È, questo, un altro esempio di professione costituzionalmente rilevante, come quella forense. 40 11. Il diritto europeo; la costituzione europea: la concorrenza, le professioni e il collegamento all’esercizio dei pubblici poteri 13 Per quanto riguarda la specialità della professione forense rispetto alle altre libere professioni sotto il profilo costituzionale si veda A. Loiodice, La specialità della professione forense nel quadro dei valori costituzionali, relazione al Convegno nazionale degli Ordini forensi, organizzato dal Consiglio Nazionale Forense a Bari, il 19-20 novembre 2004; G. Colavitti, Interessi pubblici connessi all’ordinamento delle professioni libere: la Corte conferma l’assetto consolidato dei principi fondamentali in materia di professioni, in «Giur. cost.», 2005, pp. 4417 e ss.; G. Colavitti, Il rapporto di impiego pubblico a tempo parziale tra libertà di concorrenza e specialità della professione forense, in «Giur. cost.», n. 6/2006. 39 14 G. Demuro, Art. 15, in Aa.Vv., L’Europa dei diritti. Commento alla carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, a cura di R. Bifulco, M. Cartabia, A. Celotto, Bologna 2001, pp. 125 e ss. 40 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 239 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA Il quadro delineato potrebbe subire modificazioni per effetto del diritto europeo.41 Invero, la normativa europea, specie da quando entrerà in vigore la Costituzione europea, avrà un‟efficacia diretta (ancor più forte di quella attuale) nell‟ordinamento italiano; essa risulta ispirata da principi costituzionali che, qualora difformi da quelli della Costituzione italiana, potrebbero essere prioritariamente osservati ed avere efficacia derogatoria al quadro costituzionale interno.42 Tale circostanza, però, in concreto, non si verifica in alcun modo, per la disciplina della professione forense, perché anche i principi costituzionali dell’Unione europea depongono nel senso della specificità della professione forense e della sua indispensabile, necessaria strumentalità rispetto alla difesa in giudizio. Si badi che non si tratta solo di tutela dell‟attività giudiziaria ma anche di quella extragiudiziaria per la semplice considerazione che l‟attività di consulenza e quella stragiudiziale costituiscono un ambito che, potenzialmente, può rifluire o tracimare nel livello giudiziario e che pertanto condiziona quest‟ultimo e, quindi, la difesa inviolabile in giudizio. Ciò significa che, qualora l‟attività stragiudiziale e di consulenza legale non sia svolta dagli avvocati, si rischia di compromettere a priori il futuro esercizio del diritto di difesa. L‟essenzialità della prestazione forense si estende, pertanto, anche all‟attività non contenziosa. La normativa costituzionale europea non contraddice questa prospettiva. Invero, l‟art. I-5 bis intitolato “Diritto dell‟Unione” della Costituzione europea stabilisce che tale Costituzione e il diritto adottato dalle istituzioni dell‟Unione, nell‟esercizio delle competenze a queste attribuite, hanno prevalenza sul diritto degli stati membri; rientra nella competenza esclusiva (art. I-12) la definizione delle regole di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno e nel settore di competenza concorrente (art. I-13) il mercato interno. Nel Parte terza, Titolo III, della Costituzione europea concernente le politiche del funzionamento dell‟Unione, alla sezione 2 del capo 1, si tratta della libera circolazione delle persone e dei servizi; nell‟art. III-30 si prevedono le attività delle libere professioni. Per questa via l‟Unione europea potrebbe disciplinare anche la professione forense assimilandola alle altre categorie di produttori di servizi. Da un lato, però, l‟art. III-24 prevede che la normativa sulla concorrenza non si applica quando alcune attività siano (sia pure occasionalmente) collegate all‟esercizio dei pubblici poteri. Ma su questo punto la giurisprudenza della Corte di Giustizia non è molto chiara e, quindi, vi è uno spiraglio notevole di possibilità di intervento del legislatore comunitario. Dall‟altro, poi, vi osta la tutela dei diritti fondamentali. 12. Il livello di protezione più elevato È chiaro che la normativa comunitaria dovrà osservare la Costituzione europea dal momento in cui entrerà in vigore ma, attualmente, il contenuto della Costituzione europea è già in larga parte rintracciabile nei trattati vigenti e nella Carta di Nizza; facendo riferimento al testo della Costituzione europea si deve ricordare che l‟art. II-53, denominato “Livello di protezione”, stabilisce un principio in virtù del quale la prevalenza del diritto europeo su quello degli Stati membri diventa recessiva laddove alcuni contenuti delle normative interne degli Stati membri 41 15 Cfr. G. Talbi, L’avvocato in Europa, in «Diritto e Diritti - Riv. Giur. on line». 16 Per il diritto europeo si rinvia a L. Daniele, Il diritto materiale della Comunità europea, Giuffrè, Milano 2000; F. Pocar, Diritto dell’Unione delle comunità europee, Giuffrè, Milano 2002; N. Irti, Il mercato, in Seminario sui diritti fondamentali e le Corti in Europa, in «Osservatorio costituzionale», bollettino n. 4/2004; A. Loiodice, Il diritto pubblico europeo, in A. Loiodice, P. Giocoli Nacci, La costituzione tra interpretazione e istituzioni, Cacucci, Bari, 2004, pp. 95 e ss. 42 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 240 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA vengano “europeizzati”; in sostanza tale disposizione stabilisce che, qualora le Costituzioni degli Stati membri attribuiscano un livello di tutela superiore a quello della Carta dei diritti fondamentali incorporata nella Costituzione europea, esso prevale quale livello di protezione più alto; viceversa, qualora la Costituzione dei singoli Stati membri assicuri una tutela inferiore a quella europea, prevale la tutela europea43 In sostanza nell‟applicare la normativa europea di fronte a chi volesse invocare il criterio di prevalenza del diritto europeo, si può opporre che esso non può annullare il principio attinente al livello di protezione più elevato. Sulla base di tali precisazioni il livello di protezione accordato al diritto di difesa tecnica dalla Costituzione italiana, qualora sia inferiore a quello europeo, viene da questo integrato; qualora, viceversa, costituisca una soglia superiore di protezione, esso resta come tale anche in deroga al diritto europeo, perché trattasi di disciplina concernente i diritti fondamentali rispetto ai quali la Costituzione europea cerca di offrire il massimo di tutela. La normativa riguardante la concorrenza, pertanto, non può prevalere sulla normativa concernente i diritti fondamentali.44 Il collegamento della professione forense ai diritti fondamentali, in definitiva, non può essere annullato per esigenze di concorrenza. 13. Tradizioni costituzionali comuni e diritti fondamentali D‟altra parte la stessa Costituzione europea fornisce criteri di tutela della libera professione che sono pari (e talvolta superiori) a quelli della Costituzione italiana. Invero, l‟art. I-7 richiama nel comma 1 i principi della Carta di Nizza che è incorporata nella Costituzione europea; nel comma 2 i diritti della CEDU e nel comma 3 le tradizioni costituzionali comuni. Ciò precisato, è evidente che quando si va ad applicare il diritto europeo attraverso atti delle istituzioni europee, la sua applicazione deve essere conforme alla Costituzione europea e, quindi, laddove tale testo parla di “tradizioni costituzionali comuni ”, si deve ritenere che la disciplina forense con le sue peculiarità specifiche (rispetto alle altre professioni) debba restare garantita; trattasi, infatti, di un settore professionale speciale messo in luce dal suo particolare collegamento con un diritto civile fondamentale, quale quello della difesa prima, durante e dopo il giudizio. La Carta di Nizza (ora incorporata nella Costituzione), garantisce nell‟art. II-15 la libertà professionale e nell‟art. II-16 la distingue dalla libertà di impresa. Negli artt. II-47 e II-48, rispettivamente, si tutelano il diritto ad un ricorso e i diritti della difesa. Queste ultime due disposizioni somigliano al comma 1 e 2 dell‟art. 24 della Costituzione italiana; si collocano, peraltro, nell‟alveo della tradizione costituzionale comune in cui l‟avvocatura ha un rilievo intoccabile da ogni interferenza che riduca dignità, autonomia e libertà del professionista. Vi è, poi, un profilo interpretativo di notevole rilievo che si collega all‟art. II-52 denominato “Portata e interpretazione dei diritti e dei principi”. Non solo va rispettato il principio di proporzionalità nell‟esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti ma, nel comma 3, si richiama la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell‟uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), dove si coglie la linea di ricostruzione già esposta; inoltre, nel comma 4, vi è il riconoscimento dei diritti fondamentali quali risultano dalle tradizioni 17 C. Pinelli, A. Treu (a cura di), La disciplina delle professioni tra Costituzione italiana ed ordinamento europeo, Bologna 2009. 43 18 G. Alpa, I diritti fondamentali nell’ordinamento comunitario e il ruolo dell’Avvocatura, in «Rassegna forense», 2007, pp. 67-75. 44 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 241 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA costituzionali comuni agli Stati membri, di guisa che tali diritti devono essere interpretati in armonia con dette tradizioni. Poiché la Carta dei diritti fondamentali riconosce, negli artt. II-47 e II-48, i diritti di difesa come azione, e i diritti di difesa in giudizio come resistenza, ne deriva che tali situazioni soggettive devono essere interpretate conformemente alla tradizione costituzionale. La tradizione italiana, quanto meno da 130 anni, ha manifestato (basta vedere gli scritti di Carrara, Zanardelli e Calamadrei) una capacità di espressione e vitalità che, nella Costituzione italiana, trova riscontro; la professionalità richiesta determina una specialità della figura dell‟avvocato che impone una distinzione del suo ruolo (e della normativa che lo riguarda) da tutte le altre professioni liberali e da tutti gli altri produttori di servizi. La specialità, in virtù dell‟art. III-24 della Costituzione europea, permette di invocare l‟applicazione del comma 2 dell‟art.III-24 secondo cui la legge quadro europea può escludere talune attività dall‟applicazione delle disposizioni concernenti la sezione attinente alla disciplina delle libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi; anche l‟art. III-30, laddove prevede le libere professioni come sottosezioni dei produttori di servizi, può riconoscere una specialità dell‟attività che giustifica un trattamento differenziato rispetto agli altri produttori di servizi ed alle altre libere professioni. 45 Qualora questi brevi cenni, riguardanti le linee fondanti della Costituzione europea, non fossero sufficienti a rendere chiara la singolare ed autonoma collocazione della professione forense non solo nel quadro costituzionale italiano ma soprattutto in quello europeo, si dovrebbe, comunque, far ricorso ai valori costituzionali italiani che, essendo riferiti a un diritto fondamentale quale quello della difesa, rappresentano un limite per lo stesso diritto europeo o, secondo altra terminologia, un controlimite rispetto al potere di compressione (limitativo) della normativa italiana che viene affidato al diritto europeo con criterio di prevalenza.46 L‟occasione della determinazione delle regole della concorrenza, da parte del diritto comunitario, può essere utile per fare una riflessione sulla professione di avvocato, ma gli elementi costituzionali raccolti permettono di affermare che la tradizione resta ferma ed è tale, nei suoi connotati, da consentire il recepimento delle più ampie innovazioni normative e tecnologiche, sempre che queste non vengano a snaturare la peculiarità della professione forense. 14. L’avvocato quale coprotagonista nel giudizio Da quanto esposto emerge, quindi, che l‟avvocato riceve pieno riconoscimento costituzionale a livello italiano ed europeo. Tuttavia, il vento europeo e l‟influenza della mentalità inglese (condizionata dai differenti ruoli dei “sollicitors” e “barristers”) su tale vento, portato avanti dal mondo imprenditoriale ed economico, rischiano di relegare l‟avvocato nel ruolo imprenditoriale di produttore di servizi, riconducibile all‟art. 41 della Costituzione e non più all‟art. 24 Cost., con un‟evidente ed ampia discrezionalità del legislatore e conseguente svilimento delle nobili tradizioni che hanno una radice ontologica e che connotano l‟effettiva funzione dell‟avvocatura.47 19 Sulle recenti proposte di modifica dell’ordinamento professionale forense v. R. Bin, Al Consiglio Nazionale Forense, la consulenza di un giurista potrebbe giovare?, in www.forumcostituzionale.it. 45 20 Più in generale, la riflessione induce a confermare l’idea secondo cui i rapporti tra ordinamento interno e comunitario devono essere ricostruiti in base al criterio della “sussidiarietà intercostituzionale”, in luogo della “sussidiarietà bidirezionale”, alla cui stregua, di volta in volta, prevarrebbe il primo o il secondo. Cfr. A. Ruggeri, Tradizioni costituzionali comuni e “controlimiti”, tra teoria delle fonti e teoria dell’interpretazione, in «Dir. pubbl. comp. eur.», 2003, pp. 102 e ss. 46 47 21 Cfr. M. Clarich, Professioni, compromessi al ribasso, in «Il Sole 24-Ore», 13 ottobre 2004. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 242 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA A questo rischio di svilimento occorre rispondere con il richiamo del ruolo dell‟avvocato nella giurisdizione in modo da comprendere le ragioni che inducono a sottolineare costituzionalmente l‟avvocatura.48 Si deve affermare, infatti, che l‟avvocato riveste un ruolo di coprotagonista nella giurisdizione; egli è indispensabile all‟esercizio della funzione giurisdizionale ed allora la Costituzione, che pur lo riconosce implicitamente, dovrebbe chiaramente esplicitare, almeno per quanto riguarda la partecipazione all‟esercizio della funzione giurisdizionale, il ruolo costituzionale dell‟avvocato. 15. La giurisdizione, la certezza del diritto e il contraddittorio Occorre chiarire il significato di questa prospettiva dedicando alcune riflessioni alla giurisdizione. Il termine “giurisdizione” deriva dal latino “juris dictio” che letteralmente significa “dire o dichiarare il diritto”; la funzione di tale dichiarazione persegue il fine di pervenire alla qualifica di singoli rapporti; il suo contenuto deve, cioè, riferirsi a rapporti in ordine ai quali si facciano valere pretese fra loro contrastanti da parte dei soggetti ad essi interessati oppure esigenze di reintegrazione dell‟ordine giuridico quando sia stato violato. Se in questa definizione si vuole cogliere l‟elemento differenziale della giurisdizione rispetto all‟amministrazione49 in quanto risponde ad un effettivo bisogno sociale, esso consiste nel conferire al diritto oggettivo, nel momento della sua applicazione, quella particolare garanzia di certezza che si ottiene eliminando, con la pronuncia del giudice, le situazioni di incertezza che la pratica applicazione del diritto oggettivo può far sorgere ovvero reprimendo le infrazioni che attentano all‟applicazione del diritto oggettivo. In questa funzione il ruolo dell‟avvocato si colloca in maniera indispensabile per le ulteriori ragioni che si vanno a chiarire.50 In genere i livelli di civiltà giuridica hanno condotto i diversi sistemi, pur vari tra di loro, ad adottare la giurisdizione quale funzione destinata a procedere alla risoluzione delle controversie insorte in ordine alla spettanza dei diritti o alla punizione dei delitti con il compito specifico di sottrarre la decisione delle une o la comminazione delle pene alle parti interessate che, pur essendo parti del giudizio, non possono concorrere direttamente all‟esercizio della funzione giurisdizionale. I soggetti del processo, accanto al giudice ed agli altri organi pubblici, sono le parti nei cui confronti si esplica la funzione giurisdizionale ed esse, per legge, sono tenute a collocarsi in posizione estranea rispetto al giudice. La struttura del processo, inoltre, acquisisce una connotazione dialettica perché tende all‟accertamento della verità attraverso l‟esposizione e lo svolgimento delle opposte ragioni e questa struttura connota il principio fondamentale del processo che è quello del contraddittorio.51 48 22 Cfr. G. Alpa, La nobiltà della professione, Cacucci, Bari 2004. 23 L. Buffoni, Il rango costituzionale del “giusto procedimento” e l’archetipo del “processo”, in http://www.forumcostituzionale.it/site/images/stories/pdf/documenti_ forum/paper/0076_buffoni.pdf. 49 Analoghe riflessioni potrebbero essere estese anche all’attività delle Autorità amministrative indipendenti, chiamate a svolgere funzioni c.d. “paragiurisdizionali”. 50 25 S. Sicardi, Politica e giurisdizione nello Stato costituzionale; modelli “buoni” e modelli “degenerati”, in www.forumcostituzionale.it. In tale ambito, V. Caianiello, Le autortità indipendenti tra potere politico e società civile, in «Rass. giur. energia elettrica», 1997, pp. 37 e ss. Conf. F. Merusi, Democrazie e autorità indipendenti, Bologna 2000, pp. 28 e 83. 51 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 243 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA Nell‟esplicazione di tale principio vi sono diversi aspetti, tra i quali figura quello concernente l‟onere della prova, che non è a carico del giudice ma a carico di colui che asserisce determinate circostanze di fatto e cioè delle parti; poiché le parti non stanno in giudizio personalmente, l‟onere viene soddisfatto dall‟avvocato; mentre per le norme di diritto (su cui la pretesa si fonda) vige il principio che impone l‟obbligo della conoscenza della legge al giudice secondo il principio “iura novit curia”. L‟avvocato, quindi, con la sua assistenza, corrisponde non solo all‟interesse delle parti ma anche a quello della giustizia in quanto le sue deduzioni ed allegazioni ed il suo lavoro cooperano alla formazione di un retto giudizio da parte del giudice. Lo svolgimento della funzione giurisdizionale, nella sua articolazione processuale, pertanto, vede come principale soggetto il giudice ma egli non è un soggetto solitario, deve necessariamente operare in compagnia, in una cooperazione predeterminata con ruoli specifici e con diversità di compiti, ma tutti concorrenti all‟unico risultato di dare certezza nell‟applicazione del diritto. 16. L’interpretazione giudiziale e il contributo imprescindibile dell’avvocato Il principio dell‟obbligatoria conoscenza del diritto da parte del giudice ha comportato un‟accentuazione del profilo tecnico professionale nell‟ordinamento riguardante la selezione e la carriera dei magistrati. In tal modo si è data prevalenza ad una concezione essenzialmente restrittiva della funzione giurisdizionale intesa come mera applicazione a casi particolari dei disposti generali della legge. Tale concezione, però, è stata sottoposta a diverse verifiche; infatti, la nozione restrittiva di funzione giurisdizionale fondata esclusivamente sulla capacità tecnico-professionale del giudice è abbastanza superata; si va affermando la tendenza a ravvisare nelle decisioni dei giudici non già una mera traduzione in termini concreti della volontà legislativa, ma il risultato di un‟operazione intellettuale più complessa e sofisticata nella quale si inseriscono scelte e valutazioni autonome degli stessi giudici. Si pensi ai casi in cui vi sono disposizioni legislative ambigue o vi sono vuoti legislativi, le c.d. lacune; in questo casi la giurisdizione viene a configurarsi come una funzione parzialmente produttiva di diritto in quanto non integralmente vincolata. In ogni caso al risultato del processo concorrono non solo la personale preparazione del giudice ma le sue convinzioni sulle quali influisce il contesto socio-politico-culturale, che non può essere privilegiato rispetto all‟esigenza di applicare imparzialmente il diritto. D‟altra parte la terzietà del giudice viene a connotare una necessaria presenza di soggetti che, nel processo, non sono terzi (ma parti) e rispetto ai quali occorre che il giudice sia imparziale.52 Poiché si è visto che le parti non possono stare personalmente in giudizio, il ruolo della parte viene affidato necessariamente all‟avvocato che ha il compito delicatissimo di arrecare un contributo efficace e costruttivo allo svolgimento delle funzioni che spettano al giudice. La sostanziale natura dell‟interpretazione giudiziale, che manifesta un elemento di creatività, richiede la presenza necessaria dell‟avvocato nel procedimento (processo) in cui si svolge la funzione giurisdizionale. Le parti sono titolari di quella quota di sovranità rappresentata dai diritti che la Costituzione attribuisce ai cittadini e che viene incisa dalle pronunce del giudice; il fatto che la parti non possono 52 26 L. D’Avach, F. Riccobono, Equità e ragionevolezze nell’attuazione dei diritti, Guida, Napoli 2004. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 244 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA stare in giudizio personalmente ma devono stare in giudizio tramite avvocato determina conseguenze che vanno tenute presenti. Se il giudice sostituisce la sua decisione a quella delle parti, per dare certezza nell‟applicazione del diritto, tale suo compito rispetto alle parti espropriate della partecipazione personale richiede un riequilibrio che viene operato, appunto, con la presenza e l‟attività dell‟avvocato. In tal modo l‟avvocato diventa il depositario e l‟affidatario della quota di sovranità appartenente alle parti processuali e che sono oggetto del giudizio e che non possono restare nella totale disponibilità del giudice. Il ruolo dell‟avvocato in giudizio diventa, quindi, l‟indispensabile sostegno alla correttezza e pienezza del ruolo del giudice per la rappresentazione della situazione giuridica delle parti, nella quale la sovranità trova motivo di svolgersi concretamente. Il giudice che dovesse pronunciarsi senza il contributo degli avvocati non amministrerebbe la giustizia in nome del popolo come dice l‟art. 101 Cost. ma la eserciterebbe in nome proprio. Sarebbe un giudice solitario non espressivo del radicamento popolare della funzione, vista come risposta ad un bisogno sociale.53 In sostanza non c‟è giudice, nel processo, senza avvocato. 17. La riforma del Titolo IV della Costituzione La riforma costituzionale, che è stata proposta in riferimento alla soggettività dell‟avvocatura, intende mettere in evidenza una prospettiva che già esiste nella Costituzione ma che richiede un‟esplicita sottolineatura.54 È, infatti, opportuno che il Titolo IV invece di intitolarsi alla magistratura venga intitolato alla giurisdizione ed è necessario che vi siano norme distinte che riguardano il giudice e l‟avvocatura. 55 Non va dimenticata la tradizione che è alla base dell‟art. 82 c.p.c. in cui si parla di “ministero dell‟avvocato” e che sottolinea l‟esigenza che gli avvocati abbiano «piena coscienza dell‟altezza morale e dell‟importanza pubblica del loro ministero che li richiama ad essere i più preziosi collaboratori del giudice» (relazione al codice) e Piero Calamandrei proclamava che l‟avvocato nell‟esercizio del proprio ministero «deve obbedire solo alle leggi ed alla propria coscienza e non curarsi d‟altro», di guisa che il difensore può essere posto sullo stesso piano del giudice quando giudica, appunto per riaffermare, anche di fronte ai pubblici poteri, la specifica situazione dell‟avvocato. L‟autonomia e la libertà dell‟avvocato è, infatti, condizione e garanzia dell‟imparzialità del giudice e quindi dell‟attuazione della giustizia; in tal modo la giustizia viene amministrata effettivamente in nome del popolo (art. 101 Cost.). 27 Sulla funzione del giudice nelle società moderne, A. Garapon, I custodi dei diritti, Feltrinelli, Milano 1997. 53 28 Una proposta di modifica che accentua il contributo dell’avvocatura è nei documenti dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura italiana reperibile presso il sito internet http://www.oua.it/. 54 29 G. Bognetti, Sull’idea liberale di giurisdizione e il Titolo IV, Parte Seconda della Costituzione, in http://www.associazionedeicostituzionalisti.it/materiali/convegni/aic 200210/bognetti.html. 55 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 245 246 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA VI CONFERENZA NAZIONALE DELL’AVVOCATURA “AVVOCATURA E RIFORMA DELLA GIUSTIZIA NELLA COSTITUZIONE E NELL’ORDINAMENTO” ROMA, 20-21 NOVEMBRE 2009 Hotel Cavalieri Hilton L’AVVOCATURA COME SOGGETTO COSTITUZIONALE Relazione Prof. Avv. Gian Franco Ricci - Ordinario nell‟Università di Bologna SOMMARIO: 1. Il processo serve alle parti e le parti servono al processo. – 2. L‟essenzialità dell‟avvocato nello svolgimento della funzione giudiziaria. – 3. L‟ingiustificata mancata menzione dell‟Avvocatura nella Carta Costituzionale. – 4. Proposte e rimedi. 1. Processus est actus trium personarum: iudicis, actoris et rei. L‟antico brocardo esprime in incisiva maniera l‟essenza stessa della funzione giurisdizionale. Non vi può essere giudizio se non nella presenza necessitata di tre persone: il giudice, colui che esperisce l‟iniziativa giudiziaria e colui che dalla stessa si difende. Questa realtà, perpetrata nei secoli, è sempre rimasta identica ed è ribadita in modo inequivoco dalla nota frase, scritta, sia pure per il processo civile, da Tito Carnacini nella sua opera Tutela giurisdizionale e tecnica del processo: «se il processo serve alle parti le parti servono al processo». Non c‟è dunque giudizio, se oltre al giudice non vi siano dei contendenti. La presenza del primo serve a soddisfare il bisogno di giustizia. La presenza dei secondi, serve affinché la tutela giudiziaria possa realizzarsi. E non c‟è alcun dubbio, che allorché si parla di parte del processo, si debba in realtà di parlare di avvocati nel processo. Senza di essi la parte è muta. Non può parlare, perché il tecnicismo del giudizio glielo impedisce. Ed è proprio per questo che la legge impone che il tecnico parli per lei. L‟essenzialità dell‟avvocato nel processo è del resto ribadita con efficacia dalle parole di Calamandrei, pronunciate nella Prolusione senese del 1920 su L’avvocatura e la riforma del processo civile, per cui «nessuna legge può essere applicata con frutto, se il giudice nella esplicazione del suo ufficio non si trova coadiuvato da un ordine di professionisti, nel quale la coscienza dei doveri che l‟avvocato si assume nella condotta del processo civile sia nitida ed imperiosa». 2. Il ruolo essenziale dell‟Avvocatura nell‟esercizio della funzione giurisdizionale non sempre è stato compreso in passato e neppure lo è sempre attualmente: né dagli studiosi, né dai politici. E‟ infatti cosa nota che se un aspirante ad un Cattedra universitaria di Diritto processuale civile scrive per esempio un libro su Il regolamento di competenza o simili, ed un aspirante ad una cattedra di Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 247 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA Procedura penale scrive un libro su Le indagini preliminari o su qualche altro tema del codice, ove tali scritti siano ben fatti, il candidato può avere la fortuna di vincere il concorso. Ma se l‟aspirante scrivesse un libro, per quanto eccellentemente redatto, per esempio su Il giudizio disciplinare di fronte al Consiglio dell‟Ordine degli Avvocati, avrebbe ben poche possibilità di successo. Eppure di questioni processuali è pieno zeppo anche tale tipo di procedimento, per cui ben potrebbe concorrere anch‟esso ad un concorso ad una Cattedra di procedura. La risposta sarebbe però quella, per cui la materia su cui è stata scritta l‟opera, non è materia che a stretto rigore interessi il diritto processuale. Per effetto di tale ottica completamente erronea, l‟Avvocatura viene dunque considerata non molto di più di un semplice accessorio alla funzione giudiziaria. E‟ per esempio noto come prima della redazione del Codice di procedura civile del 1942, le Cattedre in tale materia avessero un oggetto ben più ampio di quello odierno e si nominassero quale Cattedre di Procedura civile e Ordinamento giudiziario. Vi si studiava cioè, oltrechè lo svolgimento del processo, anche la struttura e l‟ordinamento della Magistratura. Ma non v‟è mai stata alcuna occasione in cui la denominazione fosse stata ampliata, tanto da ricomprendervi anche lo studio dell‟Ordinamento forense. Di chi la colpa? Senza dubbio in primis di noi docenti universitari, che raramente abbiamo evidenziato il rilievo decisivo dell‟Avvocatura nell‟applicazione della legge. Anzi, direi che v‟è stato anche da parte dei maggiori studiosi un atteggiamento contrario, che potrebbe definirsi di palese sudditanza nei confronti del giudice. Anche lo stesso Calamandrei, che forse fra tutti i processualisti è quello che più si occupato del tema degli avvocati, ne ha sempre parlato con accenti che ne subordinavano la posizione a quella del magistrato. E‟ noto che Egli scrive nell‟Elogio dei giudici fatto da un avvocato (il titolo senz‟altro è già di per se significativo della posizione di cui sopra si parlava) queste parole: «L‟aforisma iura novit curia non è soltanto una regola di diritto processuale, la quale significa che il giudice deve trovar d‟ufficio la norma che serve al fatto; ma è anche una norma di galateo forense, la quale avverte che l‟avvocato farà bene, se gli sta a cuore la causa, a non darsi l‟aria di insegnare ai giudici quel diritto, di cui la buona creanza impone di considerarli maestri! Sarà un grande giurista, ma è certo un pessimo psicologo (e quindi un mediocre avvocato) colui che, parlando ai giudici come se fosse in cattedra, li indispettisce colla ostentazione della sua sapienza». Ma la funzione dell‟avvocato non è solo quella di difendere il cliente, bensì anche quella di contribuire a correggere l‟errore del giudicante onde evitare che questo si risolva a danno del primo. Il che gli antichi avevano ben capito, quando decidevano: error iudicis est error partis. Altro è che la segnalazione dell‟errore debba essere fatta nella debita forma, con educazione e signorilità, quale si addice ad un avvocato di livello. Ma sempre con quella fermezza e decisione che possano esprimere con efficacia che l‟avvocato è portatore di un «ministero» essenziale per la realizzazione della tutela giudiziaria. Se fare questo significa essere cattivi psicologi, ebbene è preferibile essere definiti tali, piuttosto che cattivi avvocati che piegano la loro funzione alle convenienze del caso, rinunziando a quella dignità di cui la loro alta funzione li rende portatori. Lo stesso Carnelutti, forse il più grande dei nostri avvocati, ha scritto pagine bellissime su questo tema nella sua opera Vita di avvocato. Ed al contrario di quello che aveva fatto Floriot, magnifico avvocato di Francia dell‟epoca, che in un suo libro aveva esaltato le glorie dell‟Avvocatura, Carnelutti ne esalta invece quel lato meno evidente, ma sicuramente più elevato, che riguarda le pene e le sofferenze dell‟avvocato. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 248 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA Per l‟avvocato – egli dice – non v‟è tormento più grande dell‟attesa del verdetto del giudice allorché uscirà dalla camera di Consiglio. Nonostante che ciò venisse affermato dall‟Autore quando ormai aveva dietro le spalle una carriera forense lunghissima e piena di successi, egli diceva che ancora non era riuscito ad abituarsi a quel tormento. Parole magiche e piene di profonda umanità, pari a quelle con le quali egli paragonava la sua vita ad uno di quei lunghi sentieri di montagna, prossimo ormai alla fine, lungo il quale ogni tanto si vedeva piantata una croce: essa simboleggiava non tanto una sconfitta legale, quanto il fatto di non essere riuscito in quell‟occasione a salvare il suo difeso. Grande emotività dunque, dettata dal fatto che a differenza del giudice che esercita il suo ruolo in modo oggettivo e per così dire asettico, l‟avvocato lo svolge con sofferenza fisica e psicologica oltre che con grande calore umano. Ed è proprio ciò che nobilita l‟Avvocatura. Il fatto che essa svolga una funzione coessenziale a quella del giudice, ma con maggiore calore e sofferenza. 3. La figura dell‟avvocato è ingiustamente trascurata negli studi universitari, nelle aule giudiziarie ed in quelle parlamentari. Eppure l‟Ordine forense rappresenta una grande forza, che non sarebbe sbagliato definire addirittura superiore a quella dell‟Ordine giudiziario. Se quest‟ultimo si blocca per uno sciopero, la funzione giurisdizionale ne risente negativamente ma non muore. L‟avvocato sarà sempre in grado di risolvere i problemi della giustizia con metodi alternativi a quelli dello Stato, come l‟arbitrato e la transazione. Ma se si ferma l‟avvocatura, la giustizia muore. Il giudice del solo non può far nulla. La coessenzialità fra giudice e avvocato di cui sopra si parlava, sembra dunque fare guadagnare un margine di credito all‟Avvocatura. Ma qui non interessa valutare se conti più la posizione dell‟uno o quella dell‟altro. Ciò che interessa rilevare è che la posizione del secondo non è meno fondamentale di quella del primo. Già questa impostazione, che nessuno potrebbe seriamente contestare, sarebbe di per se sufficiente a far sì che l‟Avvocatura debba essere contemplata dalla Carta Costituzionale come soggetto essenziale ed imprescindibile per l‟esercizio della funzione giudiziaria. La stessa impostazione del Titolo IV della Parte II della Costituzione, titolato a “La Magistratura”, con le due sezioni dedicate rispettivamente all‟“Ordinamento giurisdizionale” (la prima) e alle “Norme sulla giurisdizione” (la seconda), non può dirsi tecnicamente esatta. Essa è il probabile residuo della visione di un‟idea autoritaria che considera la tutela giudiziaria come un servizio che lo Stato rende al cittadino. Per questo il Titolo è dedicato alla Magistratura, che è colei che eroga il servizio. Ma da tale visione è assente ogni connotato dello Stato democratico, lo Stato di oggi, nel quale la funzione giudiziaria non va più vista solo come un servizio che esso può concedere, ma anche come oggetto dell‟aspirazione di un diritto del cittadino ad ottenerla. Lo stesso riconoscimento del diritto di azione confinato nell‟art. 24 Cost., dovrebbe essere definitivamente ricompreso fra le norme sulla funzione giurisdizionale. Fra le quali, all‟art. 112 campeggia la figura dell‟azione penale, ma non quella dell‟azione civile. E ciò per la ragione alla quale si accennava in precedenza. Il titolare dell‟azione penale è pur sempre un magistrato, cioè un appartenente dell‟Ordine giudiziario, quell‟ordine che secondo l‟idea del tempo era considerato l‟unico depositario della funzione giudiziaria. Ma nessun cenno nelle norme costituzionali sulla giurisdizione v‟è all‟altro protagonista fondamentale della realtà giudiziaria, cioè all‟Avvocato, che è colui che esperimenta l‟altro tipo di azione, quella civile, altrettanto importante quanto quella penale se non di più, proprio perché nella Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 249 ORGANISMO UNITARIO DELL‟AVVOCATURA ITALIANA stessa si riverbera il desiderio e l‟ansia del cittadino ad ottenere giustizia. E nessun cenno c‟è neppure all‟avvocato, quale contraltare necessario all‟azione penale. 4. Dunque l‟impostazione dell‟intero Titolo IV della Parte II della Costituzione, è superata dai tempi, dagli eventi e dal mutato clima ideologico. La proposta che ne deriva, che ovviamente in questa sede può essere esposta solo per grandi linee, è quella di sostituire la rubrica di tale Titolo intitolandolo alla Funzione giudiziaria. Nel suo ambito dovrebbero poi essere distinte tre sezioni. La prima, per rispetto se vogliamo, alla funzione pubblica, da intitolare alla Magistratura; la seconda all‟Avvocatura; la terza dovrebbe riguardare le Norme sulla giurisdizione, nel cui ambito andrebbero raccolte, oltre alle disposizioni in essa già inserite, anche le altre sparse nella Carta costituzionale che interessano la funzione giudiziaria: come l‟art. 24 (sul diritto di azione civile e sul diritto di difesa), l‟art. 25 (sul diritto al giudice naturale) e l‟art. 27 (sulla presunzione di innocenza). Del resto, tale nuovo assetto ci appare il più compatibile con la struttura stessa della Costituzione, che infatti dedica il Titolo precedente a quello che riguarda la Magistratura (cioè il Titolo III) al Governo, inteso non come soggetto costituzionale (dato che non esiste alcun organo che può definirsi tale), ma come «funzione» governativa, ricomprendendovi poi le tre sezioni de Il Consiglio dei Ministri, de La pubblica amministrazione e de Gli organi ausiliari. E ciò corrisponde perfettamente all‟idea qui esposta di dedicare il successivo titolo alla «funzione» giudiziaria, distinguendone nelle rispettive prime due sezioni i protagonisti (magistratura e avvocatura) e nella terza le norme fondamentali sull‟espletamento della funzione. Non è qui il caso di indicare quali precise prescrizioni dovrebbero essere inserite nel capo dedicato all‟Avvocatura, perché ciò richiederebbe una meditazione lunga e complessa volta a mettere in luce i principi cardine dell‟Ordine forense, che credo non possa essere fatta in questa sede. Qui ciò che interessa è quello di avere messo a fuoco il problema. Ci si aspetta dunque che le forze dell‟Avvocatura, rappresentate dall‟OUA, dal Consiglio Nazionale Forense e dai singoli Consigli dell‟Ordine, si muovano in questo senso, sensibilizzando il Governo ed il Parlamento ad intraprendere un‟iniziativa legislativa che porti all‟elaborazione di una Legge costituzionale che modifichi nel senso sopra detto il Titolo IV della Parte II Costituzione, inserendovi anche l‟Ordine forense come protagonista indispensabile della funzione giudiziaria. Nel contempo dovrebbe anche essere costituita una Commissione dall‟OUA e dal Consiglio Nazionale forense congiuntamente, per studiare in dettaglio la normativa concernente l‟avvocatura da inserire nella Costituzione. Non è difficile mettere insieme un gruppo di giuristi (avvocati e docenti universitari) in grado di farlo. Molto più complessa e comunque la prima iniziativa, quella di sensibilizzare gli organi Statuali al mutamento costituzionale. Ma è finalmente venuto il momento di farlo. La realtà pratica lo richiede, ma soprattutto lo richiede l‟essenza stessa dell‟Avvocatura, soggetto già nella sostanza con valenza costituzionale, anche se fino ad oggi non lo è nella forma. Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 – 06.32.50.66.79 www.oua.it [email protected] 250 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA - Ufficio studi - Testo a fronte dei successivi testi della riforma professionale forense (aggiornato al 2 febbraio 2011) TESTO APPROVATO NELLA SEDUTA AMMINISTRATIVA DEL 27 FEBBRAIO 2009 CORRETTO FORMALMENTE TESTO DEL DDL AS-601 E COLLEGATI NEL TESTO PRESENTATO ALL’AULA DEL SENATO TESTO APPROVATO DAL SENATO IL 23/11/2010 E PRESENTATO ALLA CAMERA CON N. AC-3900 TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI Art. 1. (Disciplina dell’ordinamento forense) 1. La presente legge, nel rispetto dei principi costituzionali e della normativa comunitaria, disciplina in modo autonomo la professione di avvocato e le norme in essa contenute hanno carattere di specialità. 2. In considerazione della specificità e rilevanza della funzione difensiva, l’ordinamento forense: Art. 1. (Disciplina dell’ordinamento forense) 1. La presente legge, nel rispetto dei princìpi costituzionali e della normativa comunitaria, disciplina la professione di avvocato. Art. 1. (Disciplina dell'ordinamento forense). 1. La presente legge, nel rispetto dei princìpi costituzionali e della normativa comunitaria, disciplina la professione di avvocato. a) regolamenta l’organizzazione e l’esercizio della professione di avvocato onde garantire la tutela degli interessi generali sui quali essa incide; 2. L’ordinamento forense, stante la specificità della funzione difensiva e in considerazione della primaria rilevanza giuridica e sociale dei diritti alla cui tutela essa è preposta: a) regolamenta l’organizzazione e l’esercizio della professione di avvocato onde garantire la tutela degli interessi individuali e collettivi sui quali essa incide; b) valorizza la rilevanza sociale ed economica della professione forense, favorendo la b) valorizza la rilevanza sociale ed economica della professione forense, al fine di garantire 2. L'ordinamento forense, stante la specificità della funzione difensiva e in considerazione della primaria rilevanza giuridica e sociale dei diritti alla cui tutela essa è preposta: a) regolamenta l'organizzazione e l'esercizio della professione di avvocato e, nell'interesse pubblico, assicura la idoneità professionale degli iscritti onde garantire la tutela degli interessi individuali e collettivi sui quali essa incide; b) valorizza la rilevanza sociale ed economica della professione forense, al fine di garantire 1 251 partecipazione dell’avvocatura all’organizzazione politica, sociale ed economica del Paese, al fine di garantire in ogni sede la massima tutela dei diritti, delle libertà e della dignità della persona e dare attuazione agli articoli 3 e 24 della Costituzione; c) garantisce l’indipendenza e l’autonomia degli avvocati, indispensabili condizioni dell’effettività della difesa e della tutela dei diritti; d) tutela l’affidamento della collettività e della clientela, favorendo correttezza dei comportamenti e qualità della prestazione professionale. in ogni sede, in attuazione degli articoli 3 e 24 della Costituzione, la tutela dei diritti, delle libertà e della dignità della persona; in ogni sede, in attuazione degli articoli 3 e 24 della Costituzione, la tutela dei diritti, delle libertà e della dignità della persona; c) garantisce l’indipendenza e l’autonomia degli avvocati, indispensabili condizioni dell’effettività della difesa e della tutela dei diritti; d) tutela l’affidamento della collettività e della clientela, imponendo l’obbligo della correttezza dei comportamenti e favorendo la qualità e l’efficacia della prestazione professionale. c) garantisce l'indipendenza e l'autonomia degli avvocati, indispensabili condizioni dell'effettività della difesa e della tutela dei diritti; d) tutela l'affidamento della collettività e della clientela, prescrivendo l'obbligo della correttezza dei comportamenti e la cura della qualità ed efficacia della prestazione professionale; e) favorisce l'ingresso alla professione di avvocato e l'accesso alla stessa, in particolare alle giovani generazioni. 3. All’attuazione della presente legge si provvede mediante regolamenti adottati dal Consiglio nazionale forense (CNF). La potestà regolamentare del CNF prevista dalla presente legge, eccettuata quella relativa al suo funzionamento interno, è esercitata previa richiesta di parere dei consigli dell’ordine territoriali e sentite le associazioni forensi maggiormente rappresentative, come tali individuate dal Congresso nazionale forense di cui all’articolo 37, nonché la Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense per le sole materie di suo interesse e, in quanto costituito, l’organismo previsto dallo statuto del Congresso nazionale forense. 3. All’attuazione della presente legge si provvede mediante regolamenti adottati con decreto del Ministro della giustizia, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro un anno dalla data della sua entrata in vigore, previo parere del Consiglio nazionale forense (CNF) e, per le sole materie di interesse di questa, della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense. Il CNF esprime i suddetti pareri entro novanta giorni dalla richiesta, sentiti i consigli dell’ordine territoriali e le associazioni forensi che siano costituite da almeno cinque anni e che siano state individuate come maggiormente rappresentative dal CNF. Gli schemi dei regolamenti sono trasmessi alle Camere, ciascuno corredato di relazione tecnica, che evidenzi gli effetti delle disposizioni recate, e 3. All'attuazione della presente legge si provvede mediante regolamenti adottati con decreto del Ministro della giustizia, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro un anno dalla data della sua entrata in vigore, previo parere del Consiglio nazionale forense (CNF) e, per le sole materie di interesse di questa, della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense. Il CNF esprime i suddetti pareri entro novanta giorni dalla richiesta, sentiti i consigli dell'ordine territoriali e le associazioni forensi che siano costituite da almeno cinque anni e che siano state individuate come maggiormente rappresentative dal CNF. Gli schemi dei regolamenti sono trasmessi alle Camere, ciascuno corredato di relazione tecnica, che evidenzi gli effetti delle disposizioni recate, e 2 252 4. Al fine della consultazione di cui al comma precedente il CNF trasmette ai soggetti ivi indicati lo schema di regolamento, fissando un termine per l’invio dei pareri non inferiore a trenta giorni. 5. Scaduto il termine di cui al comma precedente il CNF raccoglie il parere di una commissione composta da un delegato per ogni regione designato dagli ordini circondariali della stessa e da un delegato di ciascuno degli altri soggetti di cui al comma quinto. 6. Tale commissione viene costituita entro sessanta giorni dall’elezione del CNF e dura in carica quanto il CNF. Art. 2. (Disciplina della professione di avvocato) 1. L’avvocato è un libero professionista che opera con attività abituale e prevalente in piena libertà, autonomia, e indipendenza, per la tutela dei diritti e degli interessi della dei pareri di cui al primo periodo, ove gli stessi risultino essere stati tempestivamente comunicati, perché su di essi sia espresso, nel termine di sessanta giorni dalla richiesta, il parere delle Commissioni parlamentari competenti. 4. Decorsi i termini per l’espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari, i regolamenti possono essere comunque adottati. Il Ministro della giustizia, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, ritrasmette i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni e rende comunicazioni davanti a ciascuna Camera. Decorsi trenta giorni dalla data della nuova trasmissione, i decreti possono comunque essere adottati in via definitiva. 5. Almeno uno dei regolamenti di cui al comma 3 è adottato entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge e reca le disposizioni riguardanti il tirocinio, l’esame di Stato e l’accesso alla professione forense. 6. Entro due anni dalla data della loro entrata in vigore possono essere adottate disposizioni integrative e correttive dei regolamenti di cui al comma 3. Si applica la medesima procedura prevista dai commi 3, 4 e 5. dei pareri di cui al primo periodo, ove gli stessi risultino essere stati tempestivamente comunicati, perché su di essi sia espresso, nel termine di sessanta giorni dalla richiesta, il parere delle Commissioni parlamentari competenti. 4. Decorsi i termini per l'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari, i regolamenti possono essere comunque adottati. Il Ministro della giustizia, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, ritrasmette i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni e rende comunicazioni davanti a ciascuna Camera. Decorsi trenta giorni dalla data della nuova trasmissione, i decreti possono comunque essere adottati in via definitiva. Art. 2. (Disciplina della professione di avvocato) 1. L’avvocato è un libero professionista che, in libertà, autonomia e indipendenza, svolge in via abituale e prevalente le attività di cui ai commi 5 e 6. Art. 2. (Disciplina della professione di avvocato). 1. L'avvocato è un libero professionista che, in libertà, autonomia e indipendenza, svolge le attività di cui ai commi 5 e 6. 5. Entro due anni dalla data di entrata vigore dell'ultimo dei regolamenti di cui comma 3 possono essere adottate, con medesima procedura di cui ai commi 3 e le necessarie disposizioni integrative correttive. in al la 4, e 3 253 persona, in attuazione dei princìpi di cui agli articoli 4 e 35 della Costituzione, e dell’articolo 15 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. 2. L’avvocato, quale soggetto necessario e insostituibile per l’attuazione concreta della giustizia nella società e nell’esercizio della giurisdizione, ha la funzione indispensabile di garantire al cittadino l’effettività della tutela dei diritti in ogni sede. 3. L’iscrizione ad un albo circondariale è condizione per l’esercizio della professione di avvocato. L’avvocato può esercitare l’attività di difesa avanti tutti gli organi giurisdizionali della Repubblica; per esercitarla avanti le giurisdizioni superiori deve essere iscritto all’albo speciale regolato dall’articolo 20. 2. L’avvocato, quale soggetto necessario e insostituibile per l’attuazione concreta della giustizia nella società e nell’esercizio della giurisdizione, ha la funzione indispensabile di garantire al cittadino l’effettività della tutela dei diritti in ogni sede. 3. L’iscrizione ad un albo circondariale è condizione per l’esercizio della professione di avvocato. Possono essere iscritti esclusivamente coloro che hanno superato l’esame di Stato di cui all’articolo 46. L’avvocato può esercitare l’attività di difesa avanti tutti gli organi giurisdizionali della Repubblica. Per esercitarla avanti le giurisdizioni superiori deve essere iscritto all’albo speciale regolato dall’articolo 21. Restano iscritti agli albi circondariali coloro che, senza aver sostenuto l’esame di Stato, risultino iscritti alla data di entrata in vigore della presente legge. 2. L'avvocato, quale soggetto necessario e insostituibile per l'attuazione concreta della giustizia nella società e nell'esercizio della giurisdizione, ha la funzione indispensabile di garantire al cittadino l'effettività della tutela dei diritti in ogni sede. 3. L'iscrizione ad un albo circondariale è condizione per l'esercizio della professione di avvocato. Possono essere iscritti coloro che, in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza conseguito a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, hanno superato l'esame di Stato di cui all'articolo 45, ovvero l'esame di abilitazione all'esercizio della professione di avvocato prima della data di entrata in vigore della presente legge. Possono essere altresì iscritti: a) coloro che hanno svolto le funzioni di magistrato ordinario, di magistrato militare, di magistrato amministrativo o contabile, o di avvocato dello Stato, e che abbiano cessato le dette funzioni senza essere incorsi nel provvedimento disciplinare della censura o in provvedimenti disciplinari più gravi. L'iscritto, nei successivi due anni, non può esercitare la professione nei circondari nei quali ha svolto le proprie funzioni negli ultimi quattro anni antecedenti alla cessazione; b) i professori universitari di ruolo, dopo cinque anni di insegnamento di materie giuridiche. L'avvocato può esercitare l'attività di difesa davanti a tutti gli organi giurisdizionali della Repubblica. Per esercitarla davanti alle giurisdizioni superiori deve essere iscritto all'albo speciale regolato 4 254 dall'articolo 21. Restano iscritti agli albi circondariali coloro che, senza aver sostenuto l'esame di Stato, risultino iscritti alla data di entrata in vigore della presente legge. 4. L'avvocato, nell'esercizio della sua attività, è soggetto solo alla legge. 4. Nell’esercizio delle loro funzioni ed attività, l’ordine forense e l’avvocato sono soggetti soltanto alla legge. 5. Sono attività esclusive dell’avvocato, in quanto necessarie e insostituibili per la tutela del diritto alla difesa costituzionalmente garantito: la rappresentanza, l’assistenza e la difesa nei giudizi avanti a tutti gli organi giurisdizionali, nelle procedure arbitrali, nei procedimenti di fronte alle autorità amministrative indipendenti e ad ogni altra amministrazione pubblica, e nei procedimenti di mediazione e di conciliazione, salvo quanto previsto dalle leggi speciali per l’assistenza e la rappresentanza per la pubblica amministrazione. 6. Sono riservate in via generale agli avvocati e, nei limiti loro consentiti da particolari disposizioni di legge, agli iscritti in altri albi professionali, l’assistenza, la rappresentanza e la difesa in procedimenti di natura amministrativa, tributaria e disciplinare. 7. È riservata, altresì, agli avvocati in quanto soggetti necessari ed insostituibili per assicurare ai cittadini una tutela dei diritti 4. Nell’esercizio delle loro funzioni ed attività, l’ordine forense e l’avvocato sono soggetti soltanto alla legge. 5. Sono attività esclusive dell’avvocato, fatti salvi i casi espressamente previsti dalla legge, l’assistenza, la rappresentanza e la difesa nei giudizi avanti a tutti gli organi giurisdizionali e nelle procedure arbitrali rituali. 6. Fuori dei casi previsti dalla legge, l’attività professionale di consulenza legale e di assistenza stragiudiziale è riservata agli avvocati. È, in ogni caso, consentita l’instaurazione di rapporti di lavoro subordinato o di prestazione di opera continuativa e coordinata aventi ad oggetto la prestazione di consulenza legale e di assistenza stragiudiziale ad esclusivo vantaggio del datore di lavoro o del soggetto in favore del quale l’opera viene prestata. 5. Sono attività esclusive dell'avvocato, fatti salvi i casi espressamente previsti dalla legge, l'assistenza, la rappresentanza e la difesa nei giudizi davanti a tutti gli organi giurisdizionali e nelle procedure arbitrali rituali. 6. Fuori dai casi in cui ricorrono competenze espressamente individuate relative a specifici settori del diritto e che sono previste dalla legge per gli esercenti altre professioni regolamentate, l'attività di consulenza legale e di assistenza legale stragiudiziale è riservata agli avvocati. È comunque consentita l'instaurazione di rapporti di lavoro subordinato ovvero la stipulazione di contratti di prestazione di opera continuativa e coordinata, aventi ad oggetto la consulenza e l'assistenza legale stragiudiziale, nell'esclusivo interesse del datore di lavoro o del soggetto in favore del quale l'opera viene prestata. Se il destinatario delle predette attività è costituito in forma di società, tali attività possono essere altresì svolte in favore dell'eventuale società controllante, 5 255 competente e qualificata, l’attività, svolta professionalmente, di consulenza legale e di assistenza stragiudiziale in ogni campo del diritto, fatte salve le particolari competenze riconosciute dalla legge ad altri esercenti attività professionali, espressamente individuati con riguardo a specifici settori del diritto. 8. L’uso del titolo di avvocato spetta esclusivamente a coloro che siano o siano stati iscritti ad un albo circondariale. 9. L’uso del titolo è vietato a chi sia stato radiato. 10. La violazione delle disposizioni di cui al presente articolo, quando non costituiscano più grave reato, è punita, nel caso di usurpazione del titolo di avvocato, ai sensi dell’articolo 498 del codice penale e, nel caso di esercizio abusivo delle funzioni, ai sensi dell’articolo 348 dello stesso codice. Art. 3. (Doveri e deontologia) 1. L’avvocato è tenuto a rispettare le leggi e il codice deontologico, a tutela dell’interesse controllata o collegata, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile. Se il destinatario è un'associazione o un ente esponenziale nelle diverse articolazioni, purché portatore di un interesse di particolare rilievo sociale e riferibile ad un gruppo non occasionale, tali attività possono essere svolte esclusivamente nell'ambito delle rispettive competenze istituzionali e limitatamente all'interesse dei propri associati ed iscritti. È altresì consentita, nelle medesime forme e con gli stessi limiti, la prestazione di consulenza da parte di professori universitari di ruolo e di ricercatori confermati in materie giuridiche. 7. L'uso del titolo di avvocato spetta esclusivamente a coloro che siano o siano stati iscritti ad un albo circondariale, nonché agli avvocati dello Stato. 8. L'uso del titolo è vietato a chi sia stato radiato. 7. L’uso del titolo di avvocato spetta esclusivamente a coloro che siano o siano stati iscritti ad un albo circondariale, nonché agli avvocati dello Stato. 8. L’uso del titolo è vietato a chi sia stato radiato. Art. 3. (Doveri e deontologia) 1. L’avvocato è tenuto a rispettare le norme deontologiche di comportamento emanate a Art. 3. (Doveri e deontologia). 1. L'esercizio dell'attività di avvocato deve essere fondato sull'autonomia e sulla 6 256 pubblico al corretto esercizio della professione. L’esercizio dell’attività dell’avvocato deve essere fondato sull’autonomia e sulla indipendenza di giudizio intellettuale e tecnica. È dovere dell’avvocato adempiere agli obblighi della difesa d’ufficio e del patrocinio in favore dei non abbienti. 2. La professione forense deve essere esercitata con indipendenza, lealtà, probità, dignità, decoro e diligenza tenendo conto del rilievo sociale della difesa e rispettando i principi della corretta e leale concorrenza. 3. Le norme deontologiche, la cui violazione comporta responsabilità disciplinare, sono emanate dal CNF, sentiti gli Ordini forensi circondariali, con la finalità di tutelare l’interesse pubblico al corretto esercizio della professione, che deve essere esercitata per la prevalente tutela dell’interesse del cliente. Le norme di cui al presente comma sono aggiornate periodicamente e realizzano i princìpi etici della professione e quelli enunciati dalle leggi, nel rispetto del diritto comunitario, da attuare tenendo conto delle consuetudini e delle tradizioni italiane. 4. Il codice deontologico e i suoi aggiornamenti sono pubblicati e resi accessibili a chiunque secondo norme stabilite con decreto del Ministro della giustizia, adottato ai sensi dell’articolo 17, tutela dell’interesse pubblico e del corretto esercizio della professione. L’esercizio dell’attività di avvocato deve essere fondato sull’autonomia e sulla indipendenza dell’azione professionale e del giudizio intellettuale. L’avvocato adempie agli obblighi della difesa d’ufficio e del patrocinio in favore dei non abbienti. 2. La professione forense deve essere esercitata con indipendenza, lealtà, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo sociale della difesa e rispettando i princìpi della corretta e leale concorrenza. 3. Le norme deontologiche la cui violazione comporta responsabilità disciplinare sono emanate dal CNF, strettamente osservato il principio della tipizzazione delle condotte, con la finalità di tutelare anche l’interesse pubblico al corretto esercizio della professione. Il CNF emana le norme deontologiche entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentiti gli ordini forensi circondariali. Il CNF ha facoltà di aggiornare le norme. 4. Le norme deontologiche di cui al comma 3 e i loro aggiornamenti sono pubblicati e resi accessibili a chiunque secondo disposizioni stabilite con decreto del Ministro della giustizia, adottato ai sensi dell’articolo 17, indipendenza dell'azione professionale e del giudizio intellettuale. L'avvocato ha obbligo, se chiamato, di prestare la difesa d'ufficio e di assicurare il patrocinio in favore dei non abbienti. 2. La professione forense deve essere esercitata con indipendenza, lealtà, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo sociale della difesa e rispettando i princìpi della corretta e leale concorrenza. 3. L'avvocato esercita la professione uniformandosi ai princìpi contenuti nel codice deontologico emanato dal CNF ai sensi degli articoli 33, comma 1, lettera d), e 64, comma 6. Il codice deontologico stabilisce le norme di comportamento che l'avvocato è tenuto ad osservare in via generale e, specificamente, nei suoi rapporti con il cliente, con la controparte, con altri avvocati e con altri professionisti. Il codice deontologico espressamente individua fra le norme in esso contenute quelle che, rispondendo alla tutela di un pubblico interesse al corretto esercizio della professione, hanno rilevanza disciplinare. Tali norme devono essere caratterizzate dalla stretta osservanza del principio della tipizzazione della condotta e devono contenere l'espressa indicazione della sanzione applicabile. 4. Il codice deontologico di cui al comma 3 e i suoi aggiornamenti sono pubblicati e resi accessibili a chiunque secondo disposizioni stabilite con decreto del Ministro della giustizia, adottato ai sensi dell'articolo 17, 7 257 comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Le norme deontologiche entrano in vigore decorsi sessanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Il codice deontologico entra in vigore decorsi sessanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Art. 4. (Associazioni e società tra avvocati e multidisciplinari) 1. La professione forense può essere esercitata, oltre che a titolo individuale, anche in forma associativa o societaria, purché con responsabilità solidale e illimitata dei soci, tutti necessariamente iscritti all’albo. Lo svolgimento di attività professionale è personale anche nell’ipotesi in cui l’incarico sia conferito all’avvocato componente di un’associazione o società professionale. L’appartenenza a un’associazione o a una società non pregiudica l’autonomia o l’indipendenza intellettuale o di giudizio degli associati e dei soci. Alle società si applicano le norme del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96; alle associazioni professionali si applicano l’articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1815, e le norme della società semplice, in quanto compatibili. 2. È vietata la costituzione di società di capitali che abbiano nel proprio oggetto l’esecuzione delle prestazioni indicate nell’articolo 2. Art. 4. (Associazioni e società tra avvocati e multidisciplinari) 1. La professione forense può essere esercitata individualmente o con la partecipazione ad associazioni o società tra avvocati. L’incarico professionale è tuttavia sempre conferito all’avvocato in via personale. La partecipazione ad un’associazione o ad una società tra avvocati non può pregiudicare l’autonomia, la libertà e l’indipendenza intellettuale o di giudizio dell’avvocato nello svolgimento dell’incarico che gli è conferito. È nullo ogni patto contrario. 2. Alle società si applicano le norme del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96. Alle associazioni professionali si applicano l’articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1815, e le disposizioni relative alla società semplice, in quanto compatibili. Gli associati e i soci hanno responsabilità solidale e illimitata nei confronti dei terzi. 3. Le associazioni e le società di cui al comma 1 possono essere anche multidisciplinari, comprendendo, oltre agli iscritti all’albo forense, altri professionisti iscritti in albi appartenenti a categorie individuate dal CNF con regolamento. 3. Allo scopo di assicurare al cliente prestazioni anche a carattere multidisciplinare, possono partecipare alle associazioni o alle società di cui al comma 1, oltre agli iscritti all’albo forense, anche altri liberi professionisti appartenenti alle Art. 4. (Associazioni e società tra avvocati e multidisciplinari). 1. La professione forense può essere esercitata individualmente o con la partecipazione ad associazioni o società tra avvocati. L'incarico professionale è tuttavia sempre conferito all'avvocato in via personale. La partecipazione ad un'associazione o ad una società tra avvocati non può pregiudicare l'autonomia, la libertà e l'indipendenza intellettuale o di giudizio dell'avvocato nello svolgimento dell'incarico che gli è conferito. È nullo ogni patto contrario. 2. Alle società si applicano le norme del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96. Alle associazioni professionali si applicano l'articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1815, e le disposizioni relative alla società semplice, in quanto compatibili. Hanno responsabilità solidale e illimitata nei confronti dei terzi gli associati e i soci, salvo il caso in cui questi non partecipino all'amministrazione della società per effetto di pattuizione a norma dell'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96. 3. Allo scopo di assicurare al cliente prestazioni anche a carattere multidisciplinare, possono partecipare alle associazioni o alle società di cui al comma 1, oltre agli iscritti all'albo forense, anche altri liberi professionisti appartenenti alle 8 258 4. Le società o associazioni multidisciplinari possono comprendere nel loro oggetto l’esercizio di attività proprie della professione di avvocato solo se, e fin quando, vi sia tra i soci od associati almeno un avvocato iscritto all’albo. Solo gli iscritti nell’albo degli avvocati e i praticanti avvocati nel periodo di abilitazione al patrocinio, nei limiti della loro competenza, possono eseguire le prestazioni esclusive o riservate, indicate nell’art. 2. Le associazioni e le società hanno ad oggetto esclusivamente lo svolgimento di attività professionale, non hanno natura di imprese commerciali e non sono assoggettate alle procedure fallimentari e concorsuali. 5. L’associato e il socio possono far parte di una sola associazione o società. 6. Le associazioni e le società sono iscritte in un elenco speciale aggiunto all’albo forense nel cui circondario hanno sede. La sede dell’associazione o della società è fissata nel circondario ove si trova il centro principale degli affari. I soci e gli associati hanno domicilio professionale nella sede della associazione o della società. 7. Alle società multidisciplinari si applicano, in quanto compatibili, le norme che regolano le società tra avvocati indicate nel comma 1. categorie individuate con regolamento del Ministro della giustizia ai sensi dell’articolo 1, commi 3 e seguenti. La professione forense può essere altresì esercitata da un avvocato associato o che partecipa ad associazioni o società costituite fra altri liberi professionisti, purché le stesse abbiano caratteristiche identiche a quelle di cui al comma 2. 4. Possono essere soci delle associazioni o società tra avvocati solo coloro che sono iscritti al relativo albo. Le associazioni e le società tra avvocati sono iscritte in un elenco speciale aggiunto all’albo forense nel cui circondario hanno sede. La sede dell’associazione o della società è fissata nel circondario ove si trova il centro principale degli affari. Gli associati e i soci hanno domicilio professionale nella sede della associazione o della società. L’attività professionale svolta dagli associati o dai soci dà luogo agli obblighi e ai diritti previsti dalle disposizioni in materia previdenziale. 5. L’avvocato può essere associato ad una sola associazione o società. 6. Le associazioni o le società tra professionisti possono indicare l’esercizio di attività proprie della professione forense fra quelle previste dal proprio oggetto sociale, oltre che in qualsiasi comunicazione a terzi, solo se tra gli associati o i soci vi è almeno un avvocato iscritto all’albo. 7. La costituzione di società di capitali che indicano l’esercizio di attività proprie della professione forense fra quelle previste dal proprio oggetto sociale, oltre che in qualsiasi comunicazione a terzi, è vietata. categorie individuate con regolamento del Ministro della giustizia ai sensi dell'articolo 1, commi 3 e seguenti. La professione forense può essere altresì esercitata da un avvocato che partecipa ad associazioni o società costituite fra altri liberi professionisti, purché le stesse abbiano caratteristiche identiche a quelle di cui al comma 2. 4. Possono essere soci delle associazioni o società tra avvocati solo coloro che sono iscritti al relativo albo. Le associazioni e le società tra avvocati sono iscritte in un elenco tenuto presso il consiglio dell'ordine nel cui circondario hanno sede, ai sensi dell'articolo 14, comma 1, lettera l). La sede dell'associazione o della società è fissata nel circondario ove si trova il centro principale degli affari. Gli associati e i soci hanno domicilio professionale nella sede della associazione o della società. L'attività professionale svolta dagli associati o dai soci dà luogo agli obblighi e ai diritti previsti dalle disposizioni in materia previdenziale. 5. L'avvocato può essere associato ad una sola associazione o società. 6. Le associazioni o le società tra professionisti possono indicare l'esercizio di attività proprie della professione forense fra quelle previste nel proprio oggetto sociale, oltre che in qualsiasi comunicazione a terzi, solo se tra gli associati o i soci vi è almeno un avvocato iscritto all'albo. 7. La costituzione di società di capitali che indicano l'esercizio di attività proprie della professione forense fra quelle previste nel proprio oggetto sociale, oltre che in qualsiasi comunicazione a terzi, è vietata. Sono nulli i relativi atti costitutivi e quelli 9 259 successivamente intervenuti di modifica dei patti sociali, contenenti la detta indicazione. Sono altresì nulli i contratti stipulati con terzi a seguito delle comunicazioni di cui al primo periodo del presente comma. 8. L’attività professionale svolta dagli associati o dai soci dà luogo agli obblighi e ai diritti previsti dalle norme previdenziali. 9. I redditi delle associazioni e delle società sono determinati secondo i criteri di cassa, come per i professionisti che esercitano la professione in modo individuale. 10. Gli avvocati, le associazioni e le società di cui al presente articolo possono stipulare fra loro contratti di associazione in partecipazione ai sensi dell’articolo 2549 e seguenti del codice civile, nel rispetto delle disposizioni del regolamento emanato dal CNF al fine di adeguare le suindicate norme del codice civile alle previsioni della presente legge ed alle specificità della professione forense. 11. Il socio o l’associato deve essere escluso se cancellato dall’albo con provvedimento definitivo o sospeso con provvedimento disciplinare definitivo non inferiore ad un anno e può essere escluso secondo quanto previsto dall’art. 2286 c.c. Art. 5. (Segreto professionale) 8. La violazione di quanto previsto ai commi 5 e 6 costituisce illecito disciplinare. 8. La violazione di quanto previsto ai commi 5 e 6 costituisce illecito disciplinare. 9. I redditi delle associazioni e delle società tra avvocati sono determinati secondo i criteri di cassa, come per i professionisti che esercitano la professione in modo individuale. 10. Gli avvocati, le associazioni e le società di cui al presente articolo possono stipulare fra loro contratti di associazione in partecipazione ai sensi degli articoli 2549 e seguenti del codice civile. 9. I redditi delle associazioni e delle società tra avvocati sono determinati secondo i criteri di cassa, come per i professionisti che esercitano la professione in modo individuale. 10. Gli avvocati, le associazioni e le società di cui al presente articolo possono stipulare fra loro contratti di associazione in partecipazione ai sensi degli articoli 2549 e seguenti del codice civile. 11. Il socio o l’associato è escluso se cancellato o sospeso dall’albo per un periodo non inferiore ad un anno con provvedimento disciplinare definitivo. Può essere escluso per effetto di quanto previsto dall’articolo 2286 del codice civile. 12. Le associazioni e le società che hanno ad oggetto esclusivamente lo svolgimento di attività professionale non hanno natura di imprese commerciali e non sono assoggettate alle procedure fallimentari e concorsuali. 11. Il socio o l'associato è escluso se cancellato o sospeso dall'albo per un periodo non inferiore ad un anno con provvedimento disciplinare definitivo. Può essere escluso per effetto di quanto previsto dall'articolo 2286 del codice civile. 12. Le associazioni e le società che hanno ad oggetto esclusivamente lo svolgimento di attività professionale non sono assoggettate alle procedure fallimentari e concorsuali. Art. 5. (Segreto professionale) Art. 5. (Segreto professionale). 10 260 1. L’avvocato è tenuto nei confronti della parte assistita alla rigorosa osservanza del segreto professionale nell’attività di rappresentanza e assistenza in giudizio, nonché nello svolgimento dell’attività di consulenza legale e di assistenza stragiudiziale. 2. L’avvocato è altresì tenuto all’osservanza del massimo riserbo in ordine agli affari in cui è stato chiamato a svolgere la sua opera. 3. L’avvocato è tenuto ad adoperarsi per far osservare gli obblighi di cui al presente articolo anche ai suoi collaboratori e dipendenti. 4. L’avvocato, i suoi collaboratori e dipendenti non possono essere obbligati a deporre nei giudizi di qualunque specie su ciò di cui siano venuti a conoscenza nell’esercizio della professione o dell’attività di collaborazione o in virtù del rapporto di dipendenza, salvo quanto disposto nel codice di procedura penale. 1. L’avvocato è tenuto, nell’interesse della parte assistita, alla rigorosa osservanza del segreto professionale sui fatti e sulle circostanze apprese nell’attività di rappresentanza e assistenza in giudizio, nonché nello svolgimento dell’attività di consulenza legale e di assistenza stragiudiziale. 2. L’avvocato è tenuto altresì all’osservanza del massimo riserbo verso i terzi. 1. L'avvocato è tenuto, nell'interesse della parte assistita, alla rigorosa osservanza del segreto professionale sui fatti e sulle circostanze apprese nell'attività di rappresentanza e assistenza in giudizio, nonché nello svolgimento dell'attività di consulenza legale e di assistenza stragiudiziale. 2. L'avvocato è tenuto altresì all'osservanza del massimo riserbo verso i terzi. 3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche nei confronti dei collaboratori e dei dipendenti dell’avvocato, oltre che di coloro che svolgono il tirocinio presso lo stesso, in relazione ai fatti e alle circostanze da loro apprese nella loro qualità o per effetto dell’attività svolta. L’avvocato è tenuto a far osservare gli obblighi di segretezza e di riserbo. 3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche nei confronti dei dipendenti e dei collaboratori anche occasionali dell'avvocato, oltre che di coloro che svolgono il tirocinio presso lo stesso, in relazione ai fatti e alle circostanze da loro apprese nella loro qualità o per effetto dell'attività svolta. L'avvocato è tenuto ad adoperarsi affinché anche da tali soggetti siano osservati gli obblighi di segretezza e di riserbo sopra previsti. 4. L'avvocato, i suoi collaboratori e i dipendenti non possono essere obbligati a deporre nei procedimenti e nei giudizi di qualunque specie su ciò di cui siano venuti a conoscenza nell'esercizio della professione o dell'attività di collaborazione o in virtù del rapporto di dipendenza, salvi i casi previsti dalla legge. 5. La violazione degli obblighi di cui ai commi 1 e 2 costituisce illecito disciplinare. La violazione degli obblighi di cui al comma 3 costituisce giusta causa per l'immediato scioglimento del rapporto di collaborazione o di dipendenza. 4. L’avvocato, i suoi collaboratori e i dipendenti non possono essere obbligati a deporre nei giudizi di qualunque specie su ciò di cui siano venuti a conoscenza nell’esercizio della professione o dell’attività di collaborazione o in virtù del rapporto di dipendenza, salvi i casi previsti dalla legge. 5. La violazione degli obblighi di cui ai commi 1 e 2 costituisce illecito disciplinare. Art. 6. (Prescrizioni per il domicilio) Art. 6. (Prescrizioni per il domicilio) Art. 6. (Prescrizioni per il domicilio). 11 261 1. L’avvocato deve iscriversi nell’albo del circondario del Tribunale ove ha domicilio professionale. Il domicilio professionale è il luogo ove l’avvocato svolge la professione in modo prevalente. Ogni variazione è tempestivamente comunicata per iscritto all’ordine. In mancanza, ogni comunicazione del Consiglio dell’Ordine di appartenenza si intende validamente effettuata presso l’ultimo domicilio. 1. L’avvocato deve iscriversi nell’albo del circondario del tribunale ove ha domicilio professionale, di regola coincidente con il luogo in cui svolge la professione in modo prevalente, come da attestazione scritta da inserire nel fascicolo personale e da cui deve anche risultare se sussistano rapporti di parentela, coniugio, affinità e convivenza con magistrati, evincibili dal decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109. 2. L’avvocato che stabilisca uffici al di fuori del circondario del Tribunale ove ha domicilio professionale ne dà immediata comunicazione scritta sia all’ordine di iscrizione, sia all’ordine del luogo ove si trova l’ufficio. 3. Presso ogni ordine è tenuto un elenco degli avvocati iscritti in altri albi che abbiano ufficio nel circondario ove ha sede l’ordine. 4. La violazione degli obblighi prescritti ai 2. L’avvocato che stabilisca uffici al di fuori del circondario del tribunale ove ha domicilio professionale ne dà immediata comunicazione scritta sia all’ordine di iscrizione, sia all’ordine del luogo ove si trova l’ufficio. 3. Presso ogni ordine è tenuto un elenco degli avvocati iscritti in altri albi che abbiano ufficio nel circondario ove ha sede l’ordine. 4. Gli avvocati italiani, che esercitano la 1. L'avvocato deve iscriversi nell'albo del circondario del tribunale ove ha domicilio professionale, di regola coincidente con il luogo in cui svolge la professione in modo prevalente, come da attestazione scritta da inserire nel fascicolo personale e da cui deve anche risultare se sussistano rapporti di parentela, coniugio, affinità e convivenza con magistrati, rilevanti in relazione a quanto previsto dall'articolo 18 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni. Ogni variazione deve essere tempestivamente comunicata dall'iscritto all'ordine. In mancanza, ogni comunicazione del consiglio dell'ordine di appartenenza si intende validamente effettuata presso l'ultimo domicilio comunicato. 2. Gli ordini professionali presso cui i singoli avvocati sono iscritti pubblicano in apposito elenco, consultabile dalle pubbliche amministrazioni, gli indirizzi di posta elettronica comunicati dagli iscritti ai sensi dell'articolo 16, comma 7, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, anche al fine di consentire notifiche di atti e comunicazioni per via telematica da parte degli uffici giudiziari. 3. L'avvocato che stabilisca uffici al di fuori del circondario del tribunale ove ha domicilio professionale ne dà immediata comunicazione scritta sia all'ordine di iscrizione, sia all'ordine del luogo ove si trova l'ufficio. 4. Presso ogni ordine è tenuto un elenco degli avvocati iscritti in altri albi che abbiano ufficio nel circondario ove ha sede l'ordine. 5. Gli avvocati italiani, che esercitano la 12 262 commi 1 e 2 costituisce illecito disciplinare. professione all’estero e che ivi hanno la loro residenza, mantengono l’iscrizione nell’albo del circondario del tribunale ove avevano l’ultimo domicilio in Italia. 5. La violazione degli obblighi di cui ai commi 1 e 2 costituisce illecito disciplinare. professione all'estero e che ivi hanno la loro residenza, mantengono l'iscrizione nell'albo del circondario del tribunale ove avevano l'ultimo domicilio in Italia. 6. La violazione degli obblighi di cui ai commi 1 e 3 costituisce illecito disciplinare. Art. 7. (Impegno solenne) 1. Per poter esercitare la professione, l’avvocato assume dinanzi al consiglio dell’ordine in pubblica seduta l’impegno di osservare i relativi doveri, secondo la formula: «Consapevole della dignità della professione forense e della sua funzione sociale, mi impegno solennemente ad osservare con lealtà, onore e diligenza i doveri della professione di avvocato per i fini della giustizia». Art. 7. (Impegno solenne) 1. Per poter esercitare la professione, l’avvocato assume dinanzi al consiglio dell’ordine in pubblica seduta l’impegno di osservare i relativi doveri, secondo la formula: «Consapevole della dignità della professione forense e della sua funzione sociale, mi impegno solennemente ad osservare con lealtà, onore e diligenza i doveri della professione di avvocato per i fini della giustizia ed a tutela dell’assistito nelle forme e secondo i princìpi del nostro ordinamento». Art. 7. (Impegno solenne). 1. Per poter esercitare la professione, l'avvocato assume dinanzi al consiglio dell'ordine in pubblica seduta l'impegno di osservare i relativi doveri, secondo la formula: «Consapevole della dignità della professione forense e della sua funzione sociale, mi impegno solennemente ad osservare con lealtà, onore e diligenza i doveri della professione di avvocato per i fini della giustizia ed a tutela dell'assistito nelle forme e secondo i princìpi del nostro ordinamento». Art. 8. (Specializzazioni) 1. È riconosciuta la possibilità per gli avvocati di ottenere e indicare il titolo di specialista, secondo modalità che sono stabilite con regolamento adottato dal CNF ai sensi dell’articolo 1, comma 5, e acquisiti i pareri delle associazioni specialistiche costituite ai sensi del comma 8. Art. 8. (Specializzazioni) 1. È riconosciuta la possibilità per gli avvocati di ottenere e indicare il titolo di specialista secondo modalità che sono stabilite con regolamento adottato dal CNF ai sensi dell’articolo 1 e acquisiti i pareri delle associazioni specialistiche costituite ai sensi del comma 9 del presente articolo. 2. Il regolamento di cui al comma 1, prevede in maniera da garantire libertà e pluralismo dell’offerta formativa e della relativa scelta individuale: a) l’elenco delle specializzazioni riconosciute, tenuto anche conto delle specificità formative imposte dai differenti riti 2. Il regolamento di cui al comma 1 prevede, in maniera da garantire libertà e pluralismo dell’offerta formativa e della relativa scelta individuale: a) l’elenco delle specializzazioni riconosciute, tenuto anche conto delle specificità formative imposte dai differenti riti processuali, da Art. 8. (Specializzazioni). 1. È riconosciuta la possibilità per gli avvocati di ottenere e indicare il titolo di specialista secondo modalità che sono stabilite con regolamento adottato dal Ministro della giustizia previo parere del CNF, ai sensi dell'articolo 1, e acquisiti i pareri delle associazioni specialistiche costituite ai sensi del comma 9 del presente articolo. 2. Il regolamento di cui al comma 1 prevede, in maniera da garantire libertà e pluralismo dell'offerta formativa e della relativa scelta individuale: a) l'elenco delle specializzazioni riconosciute, tenuto anche conto delle specificità formative imposte dai differenti riti processuali, da 13 263 processuali, da aggiornarsi almeno ogni tre anni; b) i percorsi formativi e professionali, di durata almeno biennale, necessari per il conseguimento dei titoli di specializzazione, ai quali possono accedere soltanto gli avvocati che alla data della presentazione della domanda di iscrizione abbiano maturato una anzianità di iscrizione all’albo avvocati, ininterrottamente e senza sospensioni, per almeno due anni; aggiornare almeno ogni tre anni; aggiornare almeno ogni tre anni; b) percorsi formativi e professionali, di durata almeno biennale, necessari per il conseguimento dei titoli di specializzazione ai quali possono accedere soltanto gli avvocati che alla data della presentazione della domanda di iscrizione abbiano maturato una anzianità di iscrizione all’albo degli avvocati, ininterrottamente e senza sospensioni, di almeno quattro anni; c) le prescrizioni destinate agli ordini territoriali, alle associazioni forensi, ad altri enti ed istituzioni pubbliche o private per l’organizzazione, anche di intesa tra loro, di scuole e corsi di alta formazione per il conseguimento del titolo di specialista; c) le prescrizioni destinate agli ordini territoriali, alle associazioni forensi, ad altri enti ed istituzioni pubbliche o private per l’organizzazione, anche di intesa tra loro, di scuole e corsi di alta formazione per il conseguimento del titolo di specialista; d) le sanzioni per l’uso indebito dei titoli di specializzazione; e) il regime transitorio. d) le sanzioni per l’uso indebito dei titoli di specializzazione; e) i requisiti richiesti ai fini del conferimento da parte dei consigli dell’ordine del titolo di specialista agli avvocati iscritti all’albo da almeno dieci anni. 3. Le scuole e i corsi di alta formazione per il conseguimento del titolo di specialista non possono avere durata inferiore a due anni per un totale di almeno 200 ore di formazione complessive. All’esito della frequenza l’avvocato sostiene un esame di specializzazione presso il CNF, il cui esito positivo è condizione necessaria per l’acquisizione del titolo. La commissione d’esame è designata dal CNF e composta da suoi membri, da avvocati indicati dagli ordini b) percorsi formativi e professionali, di durata almeno biennale per un totale di almeno centocinquanta ore complessive, necessari per il conseguimento dei titoli di specializzazione, ai quali possono accedere soltanto gli avvocati che alla data della presentazione della domanda di iscrizione abbiano maturato una anzianità di iscrizione all'albo degli avvocati, ininterrottamente e senza sospensioni, di almeno un anno; c) le prescrizioni destinate agli ordini territoriali, alle associazioni forensi e ad altri enti ed istituzioni pubbliche o private, prioritariamente alle facoltà di giurisprudenza nell'ambito delle proprie risorse finanziarie e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, per l'organizzazione, anche di intesa tra loro, di scuole e corsi di alta formazione per il conseguimento del titolo di specialista; d) le sanzioni per l'uso indebito dei titoli di specializzazione; e) i requisiti richiesti ai fini del conferimento da parte dei consigli dell'ordine del titolo di specialista agli avvocati iscritti all'albo da almeno dieci anni. 3. Al termine del percorso formativo per il conseguimento del titolo di specialista l'avvocato sostiene un esame di specializzazione presso il CNF, il cui esito positivo è condizione necessaria per l'acquisizione del titolo. La commissione d'esame è designata dal CNF e composta da suoi membri, da avvocati indicati dallo stesso CNF e dagli ordini forensi del distretto, da docenti universitari, da magistrati a riposo, da componenti indicati dalle associazioni 3. Le scuole e i corsi di alta formazione per il conseguimento del titolo di specialista non possono avere durata inferiore a due anni per un totale di almeno 400 ore di formazione complessive. All’esito della frequenza l’avvocato sostiene un esame di specializzazione, presso il CNF, il cui esito positivo è condizione necessaria per l’acquisizione del titolo. La commissione d’esame sarà designata dal Consiglio nazionale forense e composta da suoi 14 264 membri, da avvocati indicati dagli ordini distrettuali, da docenti universitari, da magistrati, da componenti indicati delle associazioni forensi di cui al regolamento di cui al comma 1. 4. Il titolo di specialista è attribuito esclusivamente dal CNF. forensi del distretto, da docenti universitari, da magistrati, da componenti indicati delle associazioni forensi di cui al comma 9. forensi 4. Il titolo di esclusivamente 4. Il titolo di specialista è attribuito esclusivamente dal CNF e può essere revocato nel caso previsto dal comma 5. 5. L'avvocato specialista è tenuto a curare il proprio specifico aggiornamento professionale con riferimento alla disciplina giuridica per cui ha conseguito il titolo. Il CNF stabilisce, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, con proprio regolamento le modalità con cui ha luogo detto aggiornamento, i cui corsi annuali devono essere di almeno cinquanta ore. L'aggiornamento professionale in relazione alla disciplina giuridica specialistica è condizione per il mantenimento del titolo. 6. I soggetti di cui al comma 2, lettera c), organizzano con cadenza annuale, nell'ambito delle proprie risorse finanziarie e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, corsi di formazione continua nelle materie specialistiche conformemente al regolamento di cui al comma 1. 7. Il conseguimento del titolo di specialista non comporta riserva di attività professionale. 8. Gli avvocati docenti universitari in materie giuridiche e coloro che abbiano conseguito titoli specialistici universitari possono indicare il relativo titolo accademico con le opportune specificazioni. 9. Tra avvocati iscritti agli albi possono essere costituite associazioni specialistiche nel rispetto dei seguenti requisiti: a) l'associazione deve avere adeguata specialista dal è attribuito CNF. 5. Gli avvocati che abbiano conseguito il titolo di specialista sono tenuti, ai fini del mantenimento del titolo, a curare il proprio aggiornamento professionale secondo le modalità stabilite con regolamento del CNF. 5. I soggetti di cui al comma 3, lettera c), organizzano con cadenza annuale corsi di formazione continua nelle materie specialistiche conformemente al regolamento di cui al comma 1. 6. I soggetti di cui al comma 2, lettera c), organizzano con cadenza annuale corsi di formazione continua nelle materie specialistiche conformemente al regolamento di cui al comma 1. 6. Il conseguimento del titolo di specialista non comporta riserva di attività professionale. 7. Gli avvocati docenti universitari in materie giuridiche e coloro che abbiano conseguito titoli specialistici universitari possono indicare il relativo titolo accademico con le opportune specificazioni. 8. Tra avvocati iscritti agli albi possono essere costituite associazioni specialistiche nel rispetto dei seguenti requisiti: a) l’associazione deve avere adeguata 7. Il conseguimento del titolo di specialista non comporta riserva di attività professionale. 8. Gli avvocati docenti universitari in materie giuridiche e coloro che abbiano conseguito titoli specialistici universitari possono indicare il relativo titolo accademico con le opportune specificazioni. 9. Il CNF tiene l’elenco delle associazioni aventi personalità giuridica costituite fra avvocati specialisti, che delibera di riconoscere sulla base della loro di cui al comma 9. 15 265 diffusione e rappresentanza territoriale, secondo quanto stabilito con regolamento da adottare ai sensi dell’art. 1, comma 5, per il riconoscimento e il mantenimento della qualifica di associazione maggiormente rappresentativa a livello nazionale per il relativo settore specialistico; b) lo statuto dell’associazione prevede espressamente come scopo la promozione del profilo professionale, la formazione e l’aggiornamento specialistico dei suoi iscritti; c) lo statuto esclude espressamente il rilascio da parte dell’associazione di attestati di competenza professionale; d) lo statuto prevede una disciplina degli organi associativi su base democratica ed esclude espressamente ogni attività a fini di lucro; e) l’associazione si dota di strutture, organizzative e tecnico-scientifiche, idonee ad assicurare la determinazione dei livelli di qualificazione professionale e il relativo aggiornamento professionale; f) le associazioni professionali sono incluse in un elenco tenuto dal CNF. 9. Il CNF, anche per il tramite degli ordini circondariali, esercita la vigilanza sui requisiti e le condizioni per il riconoscimento delle associazioni di cui al presente articolo, ed il controllo sul rispetto delle prescrizioni di cui al comma 2, lett. c). rappresentatività, diffusione territoriale e dell’eventuale accreditamento internazionale. Le associazioni non possono rilasciare attestati di specializzazione o di specifica competenza professionale. 10. Gli avvocati che alla data di entrata in vigore della presente legge risultano iscritti all’albo da almeno dieci anni sono dispensati dalla frequenza dei corsi di cui al comma 6 e sono autorizzati a qualificarsi con il titolo di specialista in una o più discipline giuridiche previo superamento dell’esame di cui al comma 3. Gli avvocati che alla data di diffusione e rappresentanza territoriale, secondo quanto stabilito con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 1, per il riconoscimento e il mantenimento della qualifica di associazione maggiormente rappresentativa a livello nazionale per il relativo settore specialistico; b) lo statuto dell'associazione prevede espressamente come scopo la promozione del profilo professionale, la formazione e l'aggiornamento specialistico dei suoi iscritti; c) lo statuto include espressamente il rilascio da parte dell'associazione di attestati di competenza professionale; d) lo statuto prevede una disciplina degli organi associativi su base democratica ed esclude espressamente ogni attività a fini di lucro; e) l'associazione si dota di strutture, organizzative e tecnico-scientifiche, idonee ad assicurare adeguati livelli di qualificazione professionale e il relativo aggiornamento professionale; f) le associazioni professionali sono incluse in un elenco tenuto dal CNF. 10. Il CNF, anche per il tramite degli ordini circondariali, esercita la vigilanza sui requisiti e le condizioni per il riconoscimento delle associazioni di cui al presente articolo ed il controllo sul rispetto delle prescrizioni di cui al comma 2, lettera c). 11. Gli avvocati che alla data di entrata in vigore della presente legge risultano iscritti all'albo da almeno dieci anni sono dispensati dalla frequenza dei corsi di cui al comma 6 e sono autorizzati a qualificarsi con il titolo di specialista in una o più discipline giuridiche previo superamento dell'esame di cui al comma 3. 16 266 entrata in vigore della presente legge risultano iscritti all’albo da almeno venti anni sono autorizzati a qualificarsi con il titolo di specialista in non più di due discipline giuridiche da essi indicate e per le quali attestino di aver acquisito specifica conoscenza teorica e significativa esperienza. Art. 9. (Pubblicità e informazioni sull’esercizio della professione) 1. È consentito all’avvocato dare informazioni sul modo di esercizio della professione, purché in maniera veritiera, non elogiativa, non ingannevole e non comparativa. Art. 9. (Informazioni sull’esercizio della professione) 1. È consentito all’avvocato dare informazioni sul modo di esercizio della professione, purché in maniera veritiera, non elogiativa, non ingannevole e non comparativa. 2. Il contenuto e la forma dell’informazione devono essere coerenti con la finalità della tutela dell’affidamento della collettività, nel rispetto del prestigio della professione e degli obblighi di segretezza e di riservatezza dei principi del codice deontologico. 2. Il contenuto e la forma dell’informazione devono essere coerenti con la finalità della tutela dell’affidamento della collettività, nel rispetto del prestigio della professione e degli obblighi di segretezza e di riservatezza nonché nel rispetto dei princìpi del codice deontologico. 3. Il CNF determina i criteri concernenti le modalità e gli strumenti dell’informazione e della comunicazione. 4. L’inosservanza dei commi 1 e 2 comporta illecito disciplinare. Art. 10. (Formazione continua) 1. L’avvocato ha l’obbligo di curare il continuo e costante aggiornamento della propria competenza professionale al fine di assicurare la qualità delle prestazioni professionali e di contribuire al miglior esercizio della professione nell’interesse degli utenti. Art. 10. (Formazione continua) 1. L’avvocato ha l’obbligo di curare il continuo e costante aggiornamento della propria competenza professionale al fine di assicurare la qualità delle prestazioni professionali e di contribuire al migliore esercizio della professione nell’interesse dei clienti. Art. 9. (Informazioni sull'esercizio della professione). 1. È consentito all'avvocato dare informazioni sul modo di esercizio della professione, purché in maniera veritiera, non elogiativa, non ingannevole e non comparativa. 2. Il contenuto e la forma dell'informazione devono essere coerenti con la finalità della tutela dell'affidamento della collettività, nel rispetto del prestigio della professione e degli obblighi di segretezza e di riservatezza nonché nel rispetto dei princìpi del codice deontologico. 3. Il CNF determina i criteri concernenti le modalità dell'informazione e della comunicazione. 4. L'inosservanza dei commi 1 e 2 comporta illecito disciplinare. Art. 10. (Formazione continua). 1. L'avvocato ha l'obbligo di curare il continuo e costante aggiornamento della propria competenza professionale al fine di assicurare la qualità delle prestazioni professionali e di contribuire al migliore esercizio della professione nell'interesse dei clienti e dell'amministrazione della giustizia. 17 267 2. Sono esentati dall’obbligo di cui al comma 1: gli avvocati iscritti nell’albo speciale per il patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori; gli avvocati che hanno ottenuto il titolo di specialista, ai sensi dell’articolo 8; gli avvocati sospesi dall’esercizio professionale, ai sensi dell’articolo 19, comma 1, per il periodo del loro mandato; gli avvocati dopo venti anni di iscrizione all’albo; i membri del Parlamento nazionale ed europeo; i consiglieri regionali; i presidenti di provincia e gli assessori provinciali; i sindaci e gli assessori di comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti; i docenti e i ricercatori confermati delle università in materie giuridiche. 2. Con apposito regolamento approvato dal CNF sono disciplinate, in maniera da garantire la libertà e il pluralismo dell’offerta formativa e della relativa scelta individuale, le modalità e le condizioni per l’assolvimento dell’obbligo di formazione continua da parte degli iscritti e per la gestione e l’organizzazione dell’attività di formazione da parte degli ordini territoriali, delle associazioni forensi e di terzi. 3. L’attività di formazione svolta dagli ordini territoriali, anche in cooperazione o convenzione con altri soggetti, non costituisce attività commerciale e non può avere fini di lucro. 4. Le regioni, nell’ambito delle potestà ad esse attribuite dall’articolo 117 della Costituzione, disciplinano l’attribuzione di fondi per l’organizzazione di scuole, corsi ed eventi di formazione professionale per avvocati. 3. Il CNF stabilisce le modalità e le condizioni per l’assolvimento dell’obbligo di aggiornamento da parte degli iscritti e per la gestione e l’organizzazione dell’attività di aggiornamento a cura degli ordini territoriali, delle associazioni forensi e di terzi. 2. Sono esentati dall'obbligo di cui al comma 1: gli avvocati che hanno ottenuto il titolo di specialista, ai sensi dell'articolo 8, fermo quanto previsto nel regolamento del CNF di cui al comma 5 del medesimo articolo; gli avvocati sospesi dall'esercizio professionale, ai sensi dell'articolo 19, comma 1, per il periodo del loro mandato; gli avvocati dopo venticinque anni di iscrizione all'albo o dopo il compimento del sessantesimo anno di età; i membri del Parlamento nazionale ed europeo; i consiglieri regionali; i presidenti di provincia e gli assessori provinciali; i sindaci e gli assessori di comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti; i docenti e i ricercatori confermati delle università in materie giuridiche. 3. Il CNF stabilisce le modalità e le condizioni per l'assolvimento dell'obbligo di aggiornamento da parte degli iscritti e per la gestione e l'organizzazione dell'attività di aggiornamento a cura degli ordini territoriali, delle associazioni forensi e di terzi. 4. L’attività di formazione svolta dagli ordini territoriali, anche in cooperazione o convenzione con altri soggetti, non costituisce attività commerciale e non può avere fini di lucro. 5. Le regioni, nell’ambito delle potestà ad esse attribuite dall’articolo l17 della Costituzione, possono disciplinare l’attribuzione di fondi per l’organizzazione di scuole, corsi ed eventi di formazione professionale per avvocati. 4. L'attività di formazione svolta dagli ordini territoriali, anche in cooperazione o convenzione con altri soggetti, non costituisce attività commerciale e non può avere fini di lucro. 5. Le regioni, nell'ambito delle potestà ad esse attribuite dall'articolo 117 della Costituzione, possono disciplinare l'attribuzione di fondi per l'organizzazione di scuole, corsi ed eventi di formazione professionale per avvocati. 18 268 Art. 11. (Assicurazione per la responsabilità civile) 1. L’avvocato, l’associazione o la società fra professionisti stipulano polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile derivante dall’esercizio della professione, compresa quella per la custodia di documenti, somme di denaro, titoli e valori, di volta in volta ricevuti in deposito dai clienti. L’avvocato, se richiesto, rende noti al cliente gli estremi della propria polizza assicurativa. 2. Degli estremi della polizza assicurativa e di ogni sua successiva variazione è data comunicazione, se richiesta, al consiglio dell’ordine. 3. La mancata osservanza delle disposizioni previsti nel presente articolo costituisce illecito disciplinare. 4. Le condizioni generali delle polizze possono essere negoziate, per i propri iscritti, da ordini territoriali, associazioni ed enti previdenziali forensi. 5. Il presente articolo entra in vigore contestualmente e secondo i contenuti delle direttive comunitarie in corso di emanazione. 6. Sino al verificarsi della previsione di cui al comma 5 l’avvocato rende noto, se richiesto, se ha stipulato polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile derivante dall’esercizio della professione indicandone gli estremi. Art. 12. Art. 11. (Assicurazione per la responsabilità civile) 1. L’avvocato, l’associazione o la società fra professionisti devono stipulare, anche per il tramite di convenzioni sottoscritte dal CNF, da ordini territoriali, associazioni ed enti previdenziali forensi, polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile derivante dall’esercizio della professione, compresa quella per la custodia di documenti, somme di denaro, titoli e valori ricevuti in deposito dai clienti. L’avvocato, se richiesto, rende noti al cliente gli estremi della propria polizza assicurativa. 2. Degli estremi della polizza assicurativa e di ogni sua successiva variazione è data comunicazione al consiglio dell’ordine. Art. 11. (Assicurazione per la responsabilità civile). 1. L'avvocato, l'associazione o la società fra professionisti devono stipulare, anche per il tramite di convenzioni sottoscritte dal CNF, da ordini territoriali, associazioni ed enti previdenziali forensi, polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile derivante dall'esercizio della professione, compresa quella per la custodia di documenti, somme di denaro, titoli e valori ricevuti in deposito dai clienti. L'avvocato, se richiesto, rende noti al cliente gli estremi della propria polizza assicurativa. 2. Degli estremi della polizza assicurativa e di ogni sua successiva variazione è data comunicazione al consiglio dell'ordine. 3. La mancata osservanza delle disposizioni previste nel presente articolo costituisce illecito disciplinare. 4. Le condizioni della polizza sono stabilite dal Ministro della giustizia, sentito il CNF. 3. La mancata osservanza delle disposizioni previste nel presente articolo costituisce illecito disciplinare. 4. Le condizioni essenziali e i massimali minimi della polizza sono stabiliti e aggiornati ogni cinque anni dal Ministro della giustizia, sentito il CNF. 5. Il presente articolo entra in vigore contestualmente e secondo i contenuti delle direttive comunitarie in corso di emanazione. 6. Fino al verificarsi della previsione di cui al comma 5 l’avvocato rende noto, se richiesto, se ha stipulato polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile derivante dall’esercizio della professione, indicandone gli estremi. Art. 12. Art. 12. 19 269 (Tariffe professionali) (Tariffe professionali) 1. Il compenso professionale è determinato tra cliente e avvocato in base alla natura, al valore e alla complessità della controversia e al raggiungimento degli obiettivi perseguiti, nel rispetto del principio di libera determinazione di cui all’articolo 2233 del codice civile, fermi peraltro i limiti di cui al comma 5. I compensi sono determinati in modo da consentire all’avvocato, oltre al rimborso delle spese generali e particolari, un guadagno adeguato alla sua funzione sociale e al decoro della professione. 2. L’avvocato è tenuto a rendere nota la complessità dell’incarico fornendo le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili al momento del conferimento. In caso di mancata determinazione consensuale del compenso si applicano le tariffe professionali approvate ogni due anni con decreto del Ministro della giustizia su proposta del CNF, sentiti il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) e il Consiglio di Stato. 1. Il compenso professionale è determinato tra cliente e avvocato in base alla natura, al valore e alla complessità della controversia e al raggiungimento degli obiettivi perseguiti, nel rispetto del principio di libera determinazione di cui all’articolo 2233 del codice civile, fermi peraltro i limiti di cui al comma 5. 3. Per ogni incarico professionale, l’avvocato ha diritto ad un giusto compenso e al rimborso delle spese documentate, ai sensi dell’articolo 2233 del codice civile. L’avvocato può prestare la sua attività gratuitamente per giustificati motivi. Sono fatte salve le norme per le difese d’ufficio e per il patrocinio dei non abbienti. 4. Le tariffe indicano gli onorari minimi e massimi nonché i diritti e le indennità e sono articolate in relazione al tipo di prestazione e al valore della pratica. 3. Per ogni incarico professionale, l’avvocato ha diritto ad un giusto compenso e al rimborso delle spese documentate, ai sensi dell’articolo 2233 del codice civile. L’avvocato può prestare la sua attività gratuitamente per giustificati motivi. Sono fatte salve le norme per le difese d’ufficio e per il patrocinio dei non abbienti. 4. Le tariffe indicano gli onorari minimi e massimi nonché i diritti e le indennità e sono articolate in relazione al tipo di prestazione e al valore della pratica. 2. L’avvocato è tenuto a rendere nota la complessità dell’incarico, fornendo le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili al momento del conferimento. In caso di mancata determinazione consensuale del compenso, si applicano le tariffe professionali approvate ogni due anni con decreto del Ministro della giustizia su proposta del CNF, sentiti il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) e il Consiglio di Stato. (Conferimenti dell'incarico e tariffe professionali). 1. L'incarico professionale non può essere conferito con l'apposizione di condizioni. 2. Il compenso professionale è determinato tra cliente e avvocato con accordo pattuito in funzione della natura, della complessità e del valore della controversia determinato a norma del codice di procedura civile, nel rispetto del principio di libera determinazione di cui all'articolo 2233 del codice civile. La violazione della disposizione di cui al comma 6 comporta la nullità dell'accordo. 3. L'avvocato è tenuto a rendere nota la complessità dell'incarico, fornendo le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili al momento del conferimento. In caso di mancata determinazione consensuale del compenso o di nullità dell'accordo di cui ai commi 2 e 7, si applicano le tariffe professionali approvate ogni due anni con decreto del Ministro della giustizia su proposta del CNF, sentiti il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) e il Consiglio di Stato. 4. Per ogni incarico professionale, l'avvocato ha diritto ad un giusto compenso e al rimborso delle spese documentate, ai sensi dell'articolo 2233 del codice civile. L'avvocato può prestare la sua attività gratuitamente per giustificati motivi. Sono fatte salve le norme per le difese d'ufficio e per il patrocinio dei non abbienti. 5. Le tariffe professionali, approvate secondo quanto previsto dal comma 3, devono essere semplici e di facile comprensione per il cliente. Esse devono indicare solo gli onorari minimi e massimi e le spese da rimborsare 20 270 5. Gli onorari minimi e massimi sono sempre vincolanti, a pena di nullità, tranne che nelle particolari ipotesi disciplinate dalle tariffe 5. Gli onorari minimi sono inderogabili e vincolanti. A tale norma deve attenersi ogni magistratura giudicante allorché procede alla liquidazione di spese, onorari e competenze. 6. È consentito che venga concordato tra avvocato e cliente un compenso ulteriore rispetto a quello tariffario per il caso di conciliazione della lite o di esito positivo della controversia, fermi i limiti previsti dal codice deontologico. Sono nulli gli accordi che prevedano la cessione all’avvocato, in tutto o in parte, del bene oggetto della controversia o che attribuiscano all’avvocato una quota del risultato della controversia. Deve essere redatto per iscritto, a pena di nullità, ogni accordo: a) quando l’ammontare del compenso è predeterminato tra le parti; b) in deroga ai minimi ed ai massimi di tariffa, quando consentiti dal comma 5; c) con la previsione di un premio in caso di esito positivo della controversia o per il caso di conciliazione, come previsto nel comma 6. 7. Quando una controversia oggetto di procedimento giudiziale o arbitrale viene definita mediante accordi presi in qualsiasi 6. È consentito che venga concordato tra avvocato e cliente un compenso ulteriore rispetto a quello tariffario per il caso di conciliazione della lite o di esito positivo della controversia, fermi i limiti previsti dal codice deontologico. Sono nulli gli accordi che prevedono la cessione all’avvocato, in tutto o in parte, del bene oggetto della controversia o che attribuiscano all’avvocato una quota del risultato della controversia. Deve essere redatto per iscritto, a pena di nullità, l’accordo che: a) predetermini l’ammontare del compenso; b) deroghi ai massimi di tariffa; c) preveda un premio in caso di esito positivo della controversia o per il caso di conciliazione. 7. Quando una controversia oggetto di procedimento giudiziale o arbitrale viene definita mediante accordi presi in qualsiasi per l'attività effettivamente svolta. La misura degli onorari e dei rimborsi deve essere articolata in relazione al tipo di prestazione e al valore della pratica. 6. Tranne che nelle particolari ipotesi disciplinate dalle tariffe, gli onorari minimi previsti dagli scaglioni tariffari di riferimento commisurati al valore di ciascuna controversia sono inderogabili e vincolanti indipendentemente dalla natura occasionale o continuativa della prestazione. Se le parti convengono una clausola di contenuto contrario, questa è nulla e sono dovuti gli onorari minimi. A tale norma deve attenersi ogni magistratura giudicante allorché procede alla liquidazione di spese, onorari e competenze. 7. È consentito che venga concordato tra avvocato e cliente un compenso ulteriore rispetto a quello tariffario per il caso di conciliazione della lite o di esito positivo della controversia, fermi i limiti previsti dal codice deontologico. Sono nulli gli accordi che prevedano la cessione all'avvocato, in tutto o in parte, del bene oggetto della controversia o che attribuiscano all'avvocato una quota del risultato della controversia. Deve essere redatto per iscritto, a pena di nullità, ogni accordo: a) quando l'ammontare del compenso è predeterminato tra le parti; b) che preveda un premio in caso di esito positivo della controversia o in caso di conciliazione della lite. 8. Quando una controversia oggetto di procedimento giudiziale o arbitrale viene definita mediante accordi presi in qualsiasi 21 271 forma, le parti, salvo diversi accordi, sono solidalmente tenute al pagamento dei compensi e dei rimborsi delle spese a tutti gli avvocati costituiti che hanno prestato la loro attività professionale negli ultimi tre anni. forma, le parti sono solidalmente tenute al pagamento dei compensi e dei rimborsi delle spese a tutti gli avvocati costituiti che hanno prestato la loro attività professionale negli ultimi tre anni e che risultino ancora creditori. 8. In mancanza di accordo tra avvocato e cliente, ciascuno di essi può rivolgersi al Consiglio del’Ordine affinché esperisca il tentativo di conciliazione e, se esso non è raggiunto, per determinare i compensi, secondo le voci ed i criteri della tariffa, ai sensi dell’art. 27, comma 1, lettera l). 9. Sono abrogate le disposizioni di cui all’art. 2 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 così come modificate dalla legge 4 agosto 2006, n. 248. 8. In mancanza di accordo tra avvocato e cliente, ciascuno di essi può rivolgersi al consiglio dell’ordine affinché esperisca il tentativo di conciliazione e, se esso non è raggiunto, per determinare i compensi, secondo le voci ed i criteri della tariffa, ai sensi dell’articolo 28, comma 1, lettera l). Art. 13. (Sostituzioni e collaborazioni) 1. Salvo quanto stabilito per le difese d’ufficio ed il patrocinio dei meno abbienti, l’avvocato ha piena libertà di accettare o meno ogni incarico; il mandato professionale si perfeziona con l’accettazione. L’avvocato ha inoltre sempre la facoltà di recedere dal mandato, con le cautele necessarie per evitare pregiudizi al cliente. Art. 13. (Sostituzioni e collaborazioni) 1. Salvo quanto stabilito per le difese d’ufficio ed il patrocinio dei meno abbienti, l’avvocato ha piena libertà di accettare o meno ogni incarico. Il mandato professionale si perfeziona con l’accettazione. L’avvocato ha inoltre sempre la facoltà di recedere dal mandato, con le cautele necessarie per evitare pregiudizi al cliente. 2. L’incarico per lo svolgimento di attività professionale è personale anche nell’ipotesi in cui sia conferito all’avvocato componente di un’associazione o società professionale; con l’accettazione dell’incarico l’avvocato ne assume la responsabilità personale illimitata, solidalmente con l’associazione o la società. 2. L’incarico per lo svolgimento di attività professionale è personale anche nell’ipotesi in cui sia conferito all’avvocato componente di un’associazione o società professionale. Con l’accettazione dell’incarico l’avvocato ne assume la responsabilità personale illimitata, solidalmente con l’associazione o la società. forma, le parti sono solidalmente tenute al pagamento dei compensi e dei rimborsi delle spese a tutti gli avvocati costituiti che hanno prestato la loro attività professionale negli ultimi tre anni e che risultino ancora creditori, salvo espressa rinuncia al beneficio della solidarietà. 9. In mancanza di accordo tra avvocato e cliente, ciascuno di essi può rivolgersi al consiglio dell'ordine affinché esperisca il tentativo di conciliazione e, se esso non è raggiunto, per determinare i compensi, secondo le voci ed i criteri della tariffa, ai sensi dell'articolo 28, comma 1, lettera l). 10. Le eccezioni di nullità di cui ai commi 2 e 7 non possono essere sollevate decorsi cinque anni dalla conclusione dell'incarico o del rapporto professionale in caso di pluralità di incarichi. Art. 13. (Mandato professionale. Sostituzioni e collaborazioni). 1. Salvo quanto stabilito per le difese d'ufficio ed il patrocinio dei meno abbienti, l'avvocato ha piena libertà di accettare o meno ogni incarico. Il mandato professionale si perfeziona con l'accettazione. L'avvocato ha inoltre sempre la facoltà di recedere dal mandato, con le cautele necessarie per evitare pregiudizi al cliente. 2. L'incarico per lo svolgimento di attività professionale è personale anche nell'ipotesi in cui sia conferito all'avvocato componente di un'associazione o società professionale. Con l'accettazione dell'incarico l'avvocato ne assume la responsabilità personale illimitata, solidalmente con l'associazione o la società. 22 272 Gli avvocati possono farsi sostituire in giudizio da altro avvocato con delega scritta. 3. L’avvocato che si fa sostituire o coadiuvare da altri avvocati o praticanti rimane personalmente responsabile verso i clienti. Gli avvocati possono farsi sostituire da altro avvocato, con incarico anche verbale, o da un praticante abilitato, con delega scritta. 3. L’avvocato che si fa sostituire o coadiuvare da altri avvocati o praticanti rimane personalmente responsabile verso i clienti. 4. La collaborazione tra avvocati, anche se continuativa, non dà mai luogo a rapporto di lavoro subordinato. Gli avvocati possono farsi sostituire da altro avvocato, con incarico anche verbale, o da un praticante abilitato, con delega scritta. 3. L'avvocato che si fa sostituire o coadiuvare da altri avvocati o praticanti rimane personalmente responsabile verso i clienti. 4. La collaborazione tra avvocati, anche se continuativa, non dà mai luogo a rapporto di lavoro subordinato. 5. L’avvocato può nominare stabilmente uno o più sostituti presso ogni ufficio giudiziario, depositando la nomina presso l’ordine di appartenenza. 5. L'avvocato può nominare stabilmente uno o più sostituti presso ogni ufficio giudiziario, depositando la nomina presso l'ordine di appartenenza. TITOLO II ALBI, ELENCHI E REGISTRI TITOLO II ALBI, ELENCHI E REGISTRI TITOLO II ALBI, ELENCHI E REGISTRI Art. 14. (Albi, elenchi e registri) 1. Presso ciascun consiglio dell’ordine sono istituiti e tenuti aggiornati: a) l’albo ordinario degli esercenti la libera professione; per coloro che esercitano la professione in forma collettiva sono indicate le associazioni o le società di appartenenza; b) gli elenchi speciali degli avvocati dipendenti da enti pubblici; c) gli elenchi degli avvocati specialisti; d) l’elenco speciale dei docenti e ricercatori universitari a tempo pieno; e) l’elenco degli avvocati sospesi Art. 14. (Albi, elenchi e registri) 1. Presso ciascun consiglio dell’ordine sono istituiti e tenuti aggiornati: a) l’albo ordinario degli esercenti la libera professione. Per coloro che esercitano la professione in forma collettiva sono indicate le associazioni o le società di appartenenza; b) gli elenchi speciali degli avvocati dipendenti da enti pubblici; c) gli elenchi degli avvocati specialisti; d) l’elenco speciale dei docenti e ricercatori universitari a tempo pieno; e) l’elenco degli avvocati sospesi Art. 14. (Albi, elenchi e registri). 1. Presso ciascun consiglio dell'ordine sono istituiti e tenuti aggiornati: a) l'albo ordinario degli esercenti la libera professione. Per coloro che esercitano la professione in forma collettiva sono indicate le associazioni o le società di appartenenza; b) gli elenchi speciali degli avvocati dipendenti da enti pubblici; c) gli elenchi degli avvocati specialisti; d) l'elenco speciale dei docenti e ricercatori universitari a tempo pieno; e) l'elenco degli avvocati sospesi 4. L’avvocato che si avvale della collaborazione continuativa di altri avvocati deve corrispondere loro adeguato compenso per l’attività svolta, commisurato all’effettivo apporto dato nella esecuzione delle prestazioni. Tale collaborazione, anche se continuativa e con retribuzione periodica, non dà mai luogo a rapporto di lavoro subordinato. 5. L’avvocato può nominare stabilmente uno o più sostituti presso ogni ufficio giudiziario, depositando la nomina presso l’ordine di appartenenza. 23 273 dall’esercizio professionale per qualsiasi causa, cha va indicata, ed inoltre degli avvocati cancellati per mancanza dell’esercizio continuativo della professione; dall’esercizio professionale per qualsiasi causa, che deve essere indicata, ed inoltre degli avvocati cancellati per mancanza dell’esercizio continuativo della professione; f) il registro dei praticanti; g) l’elenco dei praticanti abilitati al patrocinio sostitutivo, allegato al registro; h) il registro degli avvocati stabiliti, che abbiano il domicilio professionale nel circondario; f) il registro dei praticanti; g) l’elenco dei praticanti abilitati al patrocinio sostitutivo, allegato al registro di cui alla lettera f); h) il registro degli avvocati stabiliti, che abbiano il domicilio professionale nel circondario; i) l’elenco delle associazioni e delle società comprendenti avvocati tra i soci, con l’indicazione di tutti i partecipanti, anche se non avvocati; l) l’elenco degli avvocati domiciliati nel circon-dario ai sensi del comma 2 dell’articolo 6; m) ogni altro albo, registro, o elenco previsto dalla legge o da regolamento. i) l’elenco delle associazioni e delle società comprendenti avvocati tra i soci, con l’indicazione di tutti i partecipanti, anche se non avvocati; l) l’elenco degli avvocati domiciliati nel circondario ai sensi del comma 2 dell’articolo 6; m) ogni altro albo, registro o elenco previsto dalla legge o da regolamento. 2. La tenuta e l’aggiornamento dell’albo, degli elenchi e dei registri, le modalità di iscrizione e di trasferimento, i casi di cancellazione e le relative impugnazioni dei provvedimenti resi in materia dai consigli dell’ordine sono disciplinati con un regolamento emanato dal CNF. 2. La tenuta e l’aggiornamento dell’albo, degli elenchi e dei registri, le modalità di iscrizione e di trasferimento, i casi di cancellazione e le relative impugnazioni dei provvedimenti resi in materia dai consigli dell’ordine sono disciplinati con un regolamento emanato dal CNF. 3. L’albo, gli elenchi ed i registri sono a disposizione del pubblico e sono pubblicati nel sito internet dell’ordine. Almeno ogni due 3. L’albo, gli elenchi ed i registri sono a disposizione del pubblico e sono pubblicati nel sito internet dell’ordine. Almeno ogni due dall'esercizio professionale per qualsiasi causa, che deve essere indicata, ed inoltre degli avvocati cancellati per mancanza dell'esercizio effettivo, continuativo, abituale e prevalente della professione; f) l'elenco degli avvocati che hanno subìto provvedimento disciplinare non più impugnabile, comportante la radiazione; g) il registro dei praticanti; h) l'elenco dei praticanti abilitati al patrocinio sostitutivo, allegato al registro di cui alla lettera g); i) la sezione speciale dell'albo degli avvocati stabiliti, di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96, che abbiano la residenza o il domicilio professionale nel circondario; l) l'elenco delle associazioni e delle società comprendenti avvocati tra i soci, con l'indicazione di tutti i partecipanti, anche se non avvocati; m) l'elenco degli avvocati domiciliati nel circondario ai sensi del comma 3 dell'articolo 6; n) ogni altro albo, registro o elenco previsto dalla legge o da regolamento. 2. La tenuta e l'aggiornamento dell'albo, degli elenchi e dei registri, le modalità di iscrizione e di trasferimento, i casi di cancellazione e le relative impugnazioni dei provvedimenti adottati in materia dai consigli dell'ordine sono disciplinati con un regolamento emanato dal Ministro della giustizia, sentito il CNF. 3. L'albo, gli elenchi ed i registri sono a disposizione del pubblico e sono pubblicati nel sito internet dell'ordine. Almeno ogni due anni, essi sono pubblicati a stampa ed una 24 274 anni, essi sono pubblicati a stampa ed una copia è inviata al Ministro della giustizia, ai presidenti di tutte le Corti d’appello, ai presidenti dei Tribunali del distretto, al CNF, agli altri consigli degli ordini forensi del distretto, alla Cassa nazionale di assistenza e previdenza forense. anni, essi sono pubblicati a stampa ed una copia è inviata al Ministro della giustizia, ai presidenti di tutte le corti d’appello, ai presidenti dei tribunali del distretto, al CNF, agli altri consigli degli ordini forensi del distretto, alla Cassa nazionale di assistenza e previdenza forense. 4. Entro il mese di marzo di ogni anno il consiglio dell’ordine trasmette per via telematica al CNF gli albi e gli elenchi di cui è custode, aggiornati al 31 dicembre dell’anno precedente. 5. Entro il mese di giugno di ogni anno il CNF redige, sulla base dei dati ricevuti dai consigli dell’ordine, l’elenco nazionale degli avvocati, aggiornato al 31 dicembre dell’anno precedente. 6. Le modalità di trasmissione degli albi e degli elenchi, nonché le modalità di redazione e pubblicazione dell’elenco nazionale degli avvocati sono determinati con regolamento adottato dal CNF. 4. Entro il mese di marzo di ogni anno il consiglio dell’ordine trasmette per via telematica al CNF gli albi e gli elenchi di cui è custode, aggiornati al 31 dicembre dell’anno precedente. 5. Entro il mese di giugno di ogni anno il CNF redige, sulla base dei dati ricevuti dai consigli dell’ordine, l’elenco nazionale degli avvocati, aggiornato al 31 dicembre dell’anno precedente. 6. Le modalità di trasmissione degli albi e degli elenchi, nonché le modalità di redazione e pubblicazione dell’elenco nazionale degli avvocati sono determinati con regolamento adottato dal CNF. Art. 15. (Modifiche all’articolo 29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, in materia di elenchi e tabelle dei difensori d’ufficio) 1. Il comma 1 dell’articolo 29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, di seguito denominate «decreto legislativo n. 271 del 1989» è sostituito dal seguente: «1. Il Consiglio dell’ordine forense predispone e aggiorna annualmente l’elenco copia è inviata al Ministro della giustizia, ai presidenti di tutte le corti di appello, ai presidenti dei tribunali del distretto, ai procuratori della Repubblica presso i tribunali e ai procuratori generali della Repubblica presso le corti di appello, al CNF, agli altri consigli degli ordini forensi del distretto, alla Cassa nazionale di assistenza e previdenza forense. 4. Entro il mese di marzo di ogni anno il consiglio dell'ordine trasmette per via telematica al CNF gli albi e gli elenchi di cui è custode, aggiornati al 31 dicembre dell'anno precedente. 5. Entro il mese di giugno di ogni anno il CNF redige, sulla base dei dati ricevuti dai consigli dell'ordine, l'elenco nazionale degli avvocati, aggiornato al 31 dicembre dell'anno precedente. 6. Le modalità di trasmissione degli albi e degli elenchi, nonché le modalità di redazione e pubblicazione dell'elenco nazionale degli avvocati sono determinate dal CNF. Art. 15. (Modifiche all'articolo 29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, in materia di elenchi e tabelle dei difensori d'ufficio). 1. Il comma 1 dell'articolo 29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, di seguito denominate «decreto legislativo n. 271 del 1989», è sostituito dal seguente: «1. Il Consiglio dell'ordine forense predispone e aggiorna annualmente l'elenco alfabetico degli iscritti disponibili ad 25 275 alfabetico degli iscritti idonei disponibili ad assumere le difese d’ufficio di cui all’articolo 97 del codice in modo tale che il numero degli iscritti garantisca le esigenze degli uffici giudiziari». 2. Il comma 1-bis dell’articolo 29 del decreto legislativo n. 271 del 1989 è sostituito dal seguente: «1-bis. Per l’iscrizione nell’elenco dei difensori di ufficio di cui al comma 1 è necessario essere iscritti nell’elenco degli avvocati specialisti in diritto penale e non aver riportato sanzioni disciplinari superiori all’avvertimento nei cinque anni precedenti la richiesta di iscrizione. L’irrogazione di una sanzione disciplinare comporta l’esclusione dall’elenco dei difensori di ufficio». 3. Le disposizioni di cui al comma 2 si applicano a decorrere dal quarto anno successivo all’entrata in vigore della presente legge. assumere le difese d'ufficio di cui all'articolo 97 del codice in modo tale che il numero degli iscritti garantisca le esigenze degli uffici giudiziari». 2. Il comma 1-bis dell'articolo 29 del decreto legislativo n. 271 del 1989 è sostituito dal seguente: «1-bis. Per l'iscrizione nell'elenco dei difensori di ufficio di cui al comma 1 è necessario essere iscritti nell'elenco degli avvocati specialisti in diritto penale e non aver riportato sanzioni disciplinari superiori all'avvertimento nei cinque anni precedenti la richiesta di iscrizione. L'irrogazione di una sanzione disciplinare comporta l'esclusione dall'elenco dei difensori di ufficio». 3. Le disposizioni di cui al comma 2 si applicano a decorrere dal quarto anno successivo all'entrata in vigore della presente legge. Art. 15. (Iscrizione e cancellazione) 1. Costituiscono requisiti per l’iscrizione all’albo: Art. 16. (Iscrizione e cancellazione) 1. Costituiscono requisiti per l’iscrizione all’albo: a) avere superato l’esame di abilitazione non oltre i cinque anni antecedenti la data di presentazione della domanda di iscrizione; b) avere il domicilio professionale nel circondario del tribunale ove ha sede il consiglio dell’ordine; a) avere superato l’esame di abilitazione; b) avere il domicilio professionale nel circondario del tribunale ove ha sede il consiglio dell’ordine; c) godere del pieno esercizio dei diritti civili; d) non trovarsi in una delle condizioni di Art. 16. (Iscrizione e cancellazione). 1. Costituiscono requisiti per l'iscrizione all'albo: a) essere cittadino italiano o di Stato appartenente all'Unione europea, salvo quanto previsto dal comma 2 per gli stranieri cittadini di uno Stato non appartenente all'Unione europea; b) avere superato l'esame di abilitazione; c) avere il domicilio professionale nel circondario del tribunale ove ha sede il consiglio dell'ordine; d) godere del pieno esercizio dei diritti civili; e) non trovarsi in una delle condizioni di 26 276 c) godere del pieno esercizio dei diritti civili e non essere stato dichiarato fallito, salvo aver ottenuto la esdebitazione; d) non trovarsi in una delle condizioni di incompatibilità di cui all’articolo 16; e) non essere sottoposto ad esecuzione di pene detentive, di misure cautelari o interdittive; f) essere di condotta irreprensibile; il relativo accertamento è compiuto dal consiglio dell’ordine, osservate le norme dei procedimenti disciplinari, in quanto applicabili. incompatibilità di cui all’articolo 17; e) non essere sottoposto ad esecuzione di pene detentive, di misure cautelari o interdittive; f) essere di condotta irreprensibile secondo i canoni previsti dal codice deontologico forense. 2. Il relativo accertamento è compiuto dal consiglio dell’ordine, osservate le norme dei procedimenti disciplinari, in quanto incompatibilità di cui all'articolo 17; f) non essere sottoposto ad esecuzione di pene detentive, di misure cautelari o interdittive; g) essere di condotta irreprensibile secondo i canoni previsti dal codice deontologico forense. 2. L'iscrizione all'albo per gli stranieri privi della cittadinanza italiana o della cittadinanza di altro Stato appartenente all'Unione europea è consentita esclusivamente nelle seguenti ipotesi: a) allo straniero che ha conseguito il diploma di laurea in giurisprudenza presso un'università italiana e ha superato l'esame di Stato, o che ha conseguito il titolo di avvocato in uno Stato membro dell'Unione europea ai sensi della direttiva 98/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, previa documentazione al consiglio dell'ordine degli specifici visti di ingresso e permessi di soggiorno di cui all'articolo 47 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394; b) allo straniero regolarmente soggiornante in possesso di un titolo abilitante conseguito in uno Stato non appartenente all'Unione europea, nei limiti delle quote definite a norma dell'articolo 3, comma 4, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, previa documentazione del riconoscimento del titolo abilitativo rilasciato dal Ministero della giustizia e del certificato del CNF di attestazione di superamento della prova attitudinale. 3. L'accertamento dei requisiti è compiuto dal consiglio dell'ordine, osservate le norme dei procedimenti disciplinari, in quanto 27 277 applicabili. 2. Per l’iscrizione nel registro dei praticanti occorre il possesso dei requisiti di cui alle lettere b), c), d), e) e f). 3. È consentita l’iscrizione ad un solo albo circondariale. 3. Per l’iscrizione nel registro dei praticanti occorre il possesso dei requisiti di cui alle lettere b), c), d), e) ed f) del comma 1. 4. È consentita l’iscrizione ad un solo albo circondariale. 4. La domanda di iscrizione è rivolta al consiglio dell’ordine del circondario nel quale il richiedente intende stabilire il proprio domicilio professionale e deve essere corredata dai documenti comprovanti il possesso di tutti i requisiti richiesti. 5. Il consiglio, accertata la sussistenza dei requisiti e delle condizioni prescritti, provvede alla iscrizione entro il termine di tre mesi dalla presentazione della domanda. Il rigetto della domanda può essere deliberato solo dopo aver sentito il richiedente nei modi e termini di cui al comma 9. La deliberazione è motivata ed è notificata in copia integrale entro quindici giorni all’interessato e al procuratore della Repubblica, al quale sono trasmessi altresì i documenti giustificativi. Nei dieci giorni successivi il procuratore della Repubblica riferisce con parere motivato al procuratore generale presso la Corte d’appello. Quest’ultimo e l’interessato possono presentare entro venti giorni dalla notificazione, ricorso al CNF. Il ricorso del pubblico ministero ha effetto sospensivo. 5. La domanda di iscrizione è rivolta al consiglio dell’ordine del circondario nel quale il richiedente intende stabilire il proprio domicilio professionale e deve essere corredata dai documenti comprovanti il possesso di tutti i requisiti richiesti. 6. Il consiglio, accertata la sussistenza dei requisiti e delle condizioni prescritti, provvede alla iscrizione entro il termine di tre mesi dalla presentazione della domanda. Il rigetto della domanda può essere deliberato solo dopo aver sentito il richiedente nei modi e nei termini di cui al comma 11. La deliberazione deve essere motivata ed è notificata in copia integrale entro quindici giorni all’interessato. Costui può presentare entro venti giorni dalla notificazione ricorso al CNF. Qualora il consiglio non abbia provveduto sulla domanda nel termine di tre mesi di cui al primo periodo, l’interessato può entro dieci giorni dalla scadenza di tale termine presentare ricorso al CNF, che decide sul merito dell’iscrizione. Il provvedimento del CNF è immediatamente applicabili. 4. L'iscrizione nella sezione speciale dell'albo ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96, può essere subordinata dal consiglio dell'ordine alla presentazione di apposita documentazione comprovante l'esercizio della professione nel Paese di origine per un congruo periodo di tempo. 5. Per l'iscrizione nel registro dei praticanti occorre il possesso dei requisiti di cui alle lettere a), c), d), e), f) e g) del comma 1. 6. È consentita l'iscrizione ad un solo albo circondariale salva la possibilità di trasferimento. 7. La domanda di iscrizione è rivolta al consiglio dell'ordine del circondario nel quale il richiedente intende stabilire il proprio domicilio professionale e deve essere corredata dai documenti comprovanti il possesso di tutti i requisiti richiesti. 8. Il consiglio, accertata la sussistenza dei requisiti e delle condizioni prescritti, provvede alla iscrizione entro il termine di tre mesi dalla presentazione della domanda. Il rigetto della domanda può essere deliberato solo dopo aver sentito il richiedente nei modi e nei termini di cui al comma 13. La deliberazione deve essere motivata ed è notificata in copia integrale entro quindici giorni all'interessato. Costui può presentare entro venti giorni dalla notificazione ricorso al CNF. Qualora il consiglio non abbia provveduto sulla domanda nel termine di tre mesi di cui al primo periodo, l'interessato può entro dieci giorni dalla scadenza di tale termine presentare ricorso al CNF, che decide sul merito dell'iscrizione. Il provvedimento del 28 278 Qualora il consiglio non abbia provveduto sulla domanda nel termine di tre mesi stabilito nel presente comma l’interessato può entro dieci giorni dalla scadenza di tale termine presentare ricorso al CNF, il quale decide sul merito dell’iscrizione. La sentenza del CNF è immediatamente esecutiva. 6. Gli iscritti in albi, elenchi e registri devono comunicare al consiglio dell’ordine ogni variazione dei dati di iscrizione con la massima sollecitudine. 7. La cancellazione dagli albi, elenchi e registri è pronunciata dal consiglio dell’ordine a richiesta dell’iscritto, quando questi rinunci all’iscrizione, ovvero d’ufficio o su richiesta del pubblico ministero: a) quando viene meno uno dei requisiti indicati nel presente articolo; b) quando l’iscritto non abbia prestato l’impegno solenne di cui all’articolo 7 senza giustificato motivo entro 60 giorni dalla notificazione del provvedimento di iscrizione; c) quando viene accertata la mancanza del requisito dell’esercizio continuativo della professione ai sensi dell’articolo 19; d) per gli avvocati dipendenti di enti pubblici, di cui all’articolo 22, quando sia cessata l’appartenenza all’ufficio legale dell’Ente, salva la possibilità di iscrizione all’albo ordinario, sulla base di apposita richiesta. esecutivo. CNF è immediatamente esecutivo. 7. Gli iscritti in albi, elenchi e registri devono comunicare al consiglio dell’ordine ogni variazione dei dati di iscrizione con la massima sollecitudine. 8. La cancellazione dagli albi, elenchi e registri è pronunciata dal consiglio dell’ordine a richiesta dell’iscritto, quando questi rinunci all’iscrizione, ovvero d’ufficio o su richiesta del procuratore generale: a) quando viene meno uno dei requisiti indicati nel presente articolo; b) quando l’iscritto non abbia prestato l’impegno solenne di cui all’articolo 7 senza giustificato motivo entro sessanta giorni dalla notificazione del provvedimento di iscrizione; c) quando viene accertata la mancanza del requisito dell’esercizio continuativo della professione ai sensi dell’articolo 20; d) per gli avvocati dipendenti di enti pubblici, di cui all’articolo 22, quando sia cessata l’appartenenza all’ufficio legale dell’ente, salva la possibilità di iscrizione all’albo ordinario, sulla base di apposita richiesta. 8. La cancellazione dal registro dei praticanti e dall’elenco allegato dei praticanti abilitati al patrocinio sostitutivo è deliberata, osservata la procedura prevista nei commi 10, 11 e 12, nei casi seguenti: a) se il tirocinio è stato interrotto senza giustificato motivo per oltre sei mesi; è in ogni caso giustificata l’interruzione per 9. La cancellazione dal registro dei praticanti e dall’elenco allegato dei praticanti abilitati al patrocinio sostitutivo è deliberata, osservata la procedura prevista nei commi 11, 12 e 13, nei casi seguenti: a) se il tirocinio è stato interrotto senza giustificato motivo per oltre un anno. L’interruzione è in ogni caso giustificata 9. Gli iscritti ad albi, elenchi e registri devono comunicare al consiglio dell'ordine ogni variazione dei dati di iscrizione con la massima sollecitudine. 10. La cancellazione dagli albi, elenchi e registri è pronunciata dal consiglio dell'ordine a richiesta dell'iscritto, quando questi rinunci all'iscrizione, ovvero d'ufficio o su richiesta del procuratore generale: a) quando viene meno uno dei requisiti indicati nel presente articolo; b) quando l'iscritto non abbia prestato l'impegno solenne di cui all'articolo 7 senza giustificato motivo entro sessanta giorni dalla notificazione del provvedimento di iscrizione; c) quando viene accertata la mancanza del requisito dell'esercizio effettivo, continuativo, abituale e prevalente della professione ai sensi dell'articolo 20; d) per gli avvocati dipendenti di enti pubblici, di cui all'articolo 22, quando sia cessata l'appartenenza all'ufficio legale dell'ente, salva la possibilità di iscrizione all'albo ordinario, sulla base di apposita richiesta. 11. La cancellazione dal registro dei praticanti e dall'elenco allegato dei praticanti abilitati al patrocinio sostitutivo è deliberata, osservata la procedura prevista nei commi 13, 14 e 15, nei casi seguenti: a) se il tirocinio è stato interrotto senza giustificato motivo per oltre un anno. L'interruzione è in ogni caso giustificata per 29 279 maternità; b) al compimento del cinquantesimo anno di età; gli effetti del provvedimento sono sospesi se il praticante stia sostenendo o stia per sostenere l’esame di abilitazione, già indetto, e fino alla conclusione di questo; c) dopo il rilascio del certificato di compiuta pratica, che non può essere richiesto trascorsi sei anni dall’inizio, per la prima volta, della pratica; l’iscrizione può tuttavia permanere per tutto il tempo per cui è stata chiesta o poteva essere chiesta l’abilitazione al patrocinio sostitutivo, fermo restando il limite di età stabilito nella lettera b); d) nei casi previsti per la cancellazione dall’albo di avvocato, in quanto compatibili. 9. Gli effetti della cancellazione si hanno: a) con effetto costitutivo dalla data della delibera per i casi di cui alle lettere a), c) e d) del comma 8; b) con effetto di accertamento, dall’avverarsi di cui alla lettera b) del medesimo comma; c) alla scadenza del termine per l’abilitazione al patrocinio sostitutivo. 10. Nei casi in cui sia rilevata la mancanza di uno dei requisiti necessari per l’iscrizione, il Consiglio, prima di deliberare la cancellazione, con lettera raccomandata con avviso di ricevimento invita l’iscritto a presentare eventuali osservazioni entro un termine non inferiore a dieci giorni. L’iscritto può chiedere di essere ascoltato personalmente. quando ricorrono le condizioni per l’applicazione delle disposizioni in materia di maternità e di adozione; accertati motivi di salute e quando ricorrono le condizioni per l'applicazione delle disposizioni in materia di maternità e di paternità oltre che di adozione; b) dopo il rilascio del certificato di compiuta pratica, che non può essere richiesto trascorsi sei anni dall’inizio, per la prima volta, della pratica. L’iscrizione può tuttavia permanere per tutto il tempo per cui è stata chiesta o poteva essere chiesta l’abilitazione al patrocinio sostitutivo; b) dopo il rilascio del certificato di compiuta pratica, che non può essere richiesto trascorsi sei anni dall'inizio, per la prima volta, della pratica. L'iscrizione può tuttavia permanere per tutto il tempo per cui è stata chiesta o poteva essere chiesta l'abilitazione al patrocinio sostitutivo; c) nei casi previsti per la cancellazione dall’albo di avvocato, in quanto compatibili. 10. Gli effetti della cancellazione di cui al comma 9 si hanno: a) con effetto costitutivo dalla data della delibera per i casi di cui al comma 9; b) alla scadenza del termine per l’abilitazione al patrocinio sostitutivo. c) nei casi previsti per la cancellazione dall'albo ordinario, in quanto compatibili. 12. Gli effetti della cancellazione dal registro si hanno: a) dalla data della delibera, per i casi di cui al comma 11; b) automaticamente, alla scadenza del termine per l'abilitazione al patrocinio sostitutivo. 11. Nei casi in cui sia rilevata la mancanza di uno dei requisiti necessari per l’iscrizione, il consiglio, prima di deliberare la cancellazione, con lettera raccomandata con avviso di ricevimento invita l’iscritto a presentare eventuali osservazioni entro un termine non inferiore a dieci giorni. L’iscritto può chiedere di essere ascoltato personalmente. 11. Le deliberazioni del consiglio dell’ordine in materia di cancellazione sono notificate, entro quindici giorni, all’interessato e al pubblico ministero presso la Corte d’appello e il tribunale. 12. Le deliberazioni del consiglio dell’ordine in materia di cancellazione sono notificate, entro quindici giorni, all’interessato. 13. Nei casi in cui sia rilevata la mancanza di uno dei requisiti necessari per l'iscrizione, il consiglio, prima di deliberare la cancellazione, con lettera raccomandata con avviso di ricevimento invita l'iscritto a presentare eventuali osservazioni entro un termine non inferiore a trenta giorni dal ricevimento di tale raccomandata. L’iscritto può chiedere di essere ascoltato personalmente. 14. Le deliberazioni del consiglio dell'ordine in materia di cancellazione sono notificate, entro quindici giorni, all'interessato. 30 280 12. L’interessato e il pubblico ministero possono presentare ricorso al CNF nel termine di quindici giorni dalla notificazione. Il ricorso proposto dall’interessato ha effetto sospensivo. 13. L’avvocato cancellato dall’albo a termini del presente articolo ha il diritto di esservi nuovamente iscritto qualora dimostri, se ne è il caso, la cessazione dei fatti che hanno determinato la cancellazione e l’effettiva sussistenza dei titoli in base ai quali fu originariamente iscritto e sia in possesso dei requisiti di cui alle lettere da a) a f) del comma 1. Per le reiscrizioni sono applicabili le disposizioni dei commi da 1 a 5. 14. Non si può pronunciare la cancellazione quando sia in corso un procedimento disciplinare, fermo quanto previsto dall’articolo 60. 15. L’avvocato riammesso nell’albo ai termini del comma 13 è anche reiscritto nell’albo speciale di cui all’articolo 20 se ne sia stato cancellato in seguito alla cancellazione dall’albo del tribunale al quale era assegnato. 16. Qualora il consiglio abbia rigettato la domanda oppure abbia disposto per qualsiasi motivo la cancellazione, l’interessato può proporre ricorso al CNF ai sensi dell’articolo 57. Il ricorso contro la cancellazione ha effetto sospensivo e il CNF può provvedere in via sostitutiva. 17. Divenuta esecutiva la pronuncia, il consiglio dell’ordine comunica immediatamente al CNF e a tutti i consigli degli ordini territoriali la cancellazione. 1. La Art. 16. (Incompatibilità) professione di avvocato è 13. L’interessato può presentare ricorso al CNF nel termine di quindici giorni dalla notificazione. Il ricorso proposto dall’interessato ha effetto sospensivo. 15. L'interessato può presentare ricorso al CNF nel termine di trenta giorni dalla notificazione. Il ricorso proposto dall'interessato ha effetto sospensivo. 14. L’avvocato cancellato dall’albo ai sensi del presente articolo ha il diritto di esservi nuovamente iscritto qualora dimostri la cessazione dei fatti che hanno determinato la cancellazione e l’effettiva sussistenza dei titoli in base ai quali fu originariamente iscritto e sia in possesso dei requisiti di cui alle lettere da a) a e) del comma 1. Per le reiscrizioni sono applicabili le disposizioni dei commi da 1 a 6. 15. Non si può pronunciare la cancellazione quando sia in corso un procedimento disciplinare, salvo quanto previsto dall’articolo 60. 16. L’avvocato riammesso nell’albo ai termini del comma 14 è anche reiscritto nell’albo speciale di cui all’articolo 21 se ne sia stato cancellato in seguito alla cancellazione dall’albo del tribunale al quale era assegnato. 17. Qualora il consiglio abbia rigettato la domanda oppure abbia disposto per qualsiasi motivo la cancellazione, l’interessato può proporre ricorso al CNF ai sensi dell’articolo 57. Il ricorso contro la cancellazione ha effetto sospensivo e il CNF può provvedere in via sostitutiva. 18. Divenuta esecutiva la pronuncia, il consiglio dell’ordine comunica immediatamente al CNF e a tutti i consigli degli ordini territoriali la cancellazione. 16. L'avvocato cancellato dall'albo ai sensi del presente articolo ha il diritto di esservi nuovamente iscritto qualora dimostri la cessazione dei fatti che hanno determinato la cancellazione e l'effettiva sussistenza dei titoli in base ai quali fu originariamente iscritto e sia in possesso dei requisiti di cui alle lettere da b) a f) del comma 1. Per le reiscrizioni sono applicabili le disposizioni dei commi da 1 a 8. 17. Non si può pronunciare la cancellazione quando sia in corso un procedimento disciplinare, salvo quanto previsto dall'articolo 59. 18. L'avvocato riammesso nell'albo ai termini del comma 16 è anche reiscritto nell'albo speciale di cui all'articolo 21 se ne sia stato cancellato in seguito alla cancellazione dall'albo ordinario. 19. Qualora il consiglio abbia rigettato la domanda oppure abbia disposto per qualsiasi motivo la cancellazione, l'interessato può proporre ricorso al CNF ai sensi dell'articolo 56. Il ricorso contro la cancellazione ha effetto sospensivo e il CNF può provvedere in via sostitutiva. 20. Divenuta esecutiva la pronuncia, il consiglio dell'ordine comunica immediatamente al CNF e a tutti i consigli degli ordini territoriali la cancellazione. 1. La Art. 17. (Incompatibilità) professione di avvocato è 1. La Art. 17. (Incompatibilità). professione di avvocato è 31 281 incompatibile: a) con qualsiasi altra attività di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente, escluse quelle di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale; è consentita l’iscrizione, nell’elenco dei pubblicisti e nel registro dei revisori contabili; b) con l’esercizio di qualsiasi attività di impresa svolta in nome proprio o in nome o per conto altrui; è fatta salva la possibilità di assumere incarichi di gestione e vigilanza nelle procedure concorsuali o in altre procedure relative a crisi di impresa; c) con la qualità di socio illimitatamente responsabile, o di amministratore di società di persone, in qualunque forma costituite, nonché con la qualità di amministratore unico o consigliere delegato di società di capitali, nonché con la qualità di presidente di consiglio di amministrazione con poteri di gestione; l’incompatibilità non sussiste se l’oggetto della attività della società è limitato esclusivamente all’amministrazione di beni, personali o familiari, senza lo svolgimento di attività di impresa; d) con la qualità di imprenditore agricolo professionale; e) con la qualità di ministro di culto; f) con qualsiasi attività di lavoro subordinato, pubblico o privato, anche se con orario di lavoro limitato. 2. Qualora l’esercizio di una attività incompatibile, ancorché non rilevato dal incompatibile: a) con qualsiasi altra attività di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente, escluse quelle di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale. È consentita l’iscrizione nell’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, nell’elenco dei pubblicisti e nel registro dei revisori contabili; b) con l’esercizio effettivo di qualsiasi attività di impresa commerciale svolta in nome proprio o in nome o per conto altrui. È fatta salva la possibilità di assumere incarichi di gestione e vigilanza nelle procedure concorsuali o in altre procedure relative a crisi di impresa; c) con la qualità di socio illimitatamente responsabile, o di amministratore di società di persone, aventi quale finalità l’esercizio di attività di impresa commerciale, in qualunque forma costituite, nonché con la qualità di amministratore unico o consigliere delegato di società di capitali, anche in forma cooperativa, nonché con la qualità di presidente di consiglio di amministrazione con effettivi poteri individuali di gestione. L’incompatibilità non sussiste se l’oggetto della attività della società è limitato esclusivamente all’amministrazione di beni, personali o familiari; d) con la qualità di ministro di culto; e) con qualsiasi attività di lavoro subordinato pubblico o privato anche se con orario di lavoro limitato. - incompatibile: a) con qualsiasi altra attività di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente, escluse quelle di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale. È consentita l'iscrizione nell'albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, nell'elenco dei pubblicisti e nel registro dei revisori contabili; b) con l'esercizio di qualsiasi attività di impresa commerciale svolta in nome proprio o in nome o per conto altrui. È fatta salva la possibilità di assumere incarichi di gestione e vigilanza nelle procedure concorsuali o in altre procedure relative a crisi di impresa; c) con la qualità di socio illimitatamente responsabile o di amministratore di società di persone, aventi quale finalità l'esercizio di attività di impresa commerciale, in qualunque forma costituite, nonché con la qualità di amministratore unico o consigliere delegato di società di capitali, anche in forma cooperativa, nonché con la qualità di presidente di consiglio di amministrazione con poteri individuali di gestione. L'incompatibilità non sussiste se l'oggetto della attività della società è limitato esclusivamente all'amministrazione di beni, personali o familiari, nonché per gli enti e consorzi pubblici e per le società a capitale interamente pubblico; d) con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato. 32 282 Consiglio dell’Ordine, abbia avuto carattere di prevalenza rispetto all’esercizio della professione di avvocato, la Cassa Nazionale di Previdenza forense può dichiarare, senza limiti temporali, l’inefficacia dell’iscrizione ai fini previdenziali, secondo quanto previsto nell’art. 2 della legge 22 luglio 1975 n. 319. La prevalenza è definita dal Comitato dei Delegati della Cassa nazionale di Previdenza forense con la delibera che determina i requisiti per l’esercizio continuativo della professione. La prevalenza sussiste sempre per il compimento di attività di lavoro subordinato. La Cassa da notizia della delibera di inefficacia al Consiglio dell’Ordine di iscrizione dell’avvocato. Art. 17. (Eccezioni alle norme sull’incompatibilità) 1. In deroga a quanto stabilito nell’articolo 16, l’esercizio della professione di avvocato è compatibile con l’insegnamento o la ricerca in materie giuridiche nell’università e nelle scuole secondarie pubbliche o private parificate. 2. I docenti e i ricercatori universitari a tempo pieno possono esercitare l’attività professionale nei limiti consentiti dall’ordinamento universitario. Per questo limitato esercizio professionale essi devono essere iscritti nell’elenco speciale, annesso all’albo ordinario. 3. È fatta salva l’iscrizione nell’elenco speciale per gli avvocati che esercitano attività legale per conto degli enti pubblici con le limitate facoltà disciplinate dall’articolo 21. Art. 18. (Eccezioni alle norme sull’incompatibilità) 1. In deroga a quanto stabilito nell’articolo 17, l’esercizio della professione di avvocato è compatibile con l’insegnamento o la ricerca in materie giuridiche nell’università e nelle scuole secondarie pubbliche o private parificate. 2. I docenti e i ricercatori universitari a tempo pieno possono esercitare l’attività professionale nei limiti consentiti dall’ordinamento universitario. Per questo limitato esercizio professionale essi devono essere iscritti nell’elenco speciale, annesso all’albo ordinario. 3. È fatta salva l’iscrizione nell’elenco speciale per gli avvocati che esercitano attività legale per conto degli enti pubblici con le limitate facoltà disciplinate dall’articolo 22. Art. 18. (Eccezioni alle norme sulla incompatibilità). 1. In deroga a quanto stabilito nell'articolo 17, l'esercizio della professione di avvocato è compatibile con l'insegnamento o la ricerca in materie giuridiche nell'università e nelle scuole secondarie pubbliche o private parificate. 2. I docenti e i ricercatori universitari a tempo pieno possono esercitare l'attività professionale nei limiti consentiti dall'ordinamento universitario. Per questo limitato esercizio professionale essi devono essere iscritti nell'elenco speciale, annesso all'albo ordinario. 3. È fatta salva l'iscrizione nell'elenco speciale per gli avvocati che esercitano attività legale per conto degli enti pubblici con le limitate facoltà disciplinate dall'articolo 22. Art. 18. Art. 19. Art. 19. 33 283 (Sospensione dall’esercizio professionale) 1. È sospeso dall’esercizio professionale durante il periodo della carica l’avvocato nominato presidente della Repubblica, presidente della Camera dei deputati, presidente del Senato, presidente del Consiglio dei ministri, Ministro, Viceministro o Sottosegretario di Stato, presidente di giunta regionale e assessore regionale, membro della Corte costituzionale, membro del Consiglio superiore della magistratura, commissario straordinario governativo, componente di una autorità indipendente, presidente di provincia o assessore provinciale di provincia con più di trecentomila residenti, sindaco o assessore comunale di comune con più di centomila residenti. 2. L’avvocato iscritto all’albo può chiedere la sospensione dall’esercizio professionale. 3. Della sospensione è fatta annotazione dell’albo. (Sospensione dall’esercizio professionale) 1. Sono sospesi dall’esercizio professionale durante il periodo della carica: l’avvocato eletto presidente della Repubblica, presidente del Senato della Repubblica, presidente della Camera dei deputati; l’avvocato nominato Presidente del Consiglio dei ministri, Ministro, Viceministro o Sottosegretario di Stato, presidente di giunta regionale e presidente delle province autonome di Trento e di Bolzano; l’avvocato membro della Corte costituzionale o del Consiglio superiore della magistratura; l’avvocato eletto presidente di provincia con più di un milione di abitanti e sindaco di comune con più di 500.000 abitanti. (Sospensione dall'esercizio professionale). 1. Sono sospesi dall'esercizio professionale durante il periodo della carica: l'avvocato eletto Presidente della Repubblica, Presidente del Senato della Repubblica, Presidente della Camera dei deputati; l'avvocato nominato Presidente del Consiglio dei ministri, Ministro, Viceministro o Sottosegretario di Stato; l'avvocato eletto presidente di giunta regionale e presidente delle province autonome di Trento e di Bolzano; l'avvocato membro della Corte costituzionale o del Consiglio superiore della magistratura; l'avvocato eletto presidente di provincia con più di un milione di abitanti e sindaco di comune con più di 500.000 abitanti. 2. L’avvocato iscritto all’albo può chiedere la sospensione dall’esercizio professionale per giustificati motivi, pubblici o privati. 3. Della sospensione, prevista dai commi 1 e 2, è fatta annotazione nell’albo. 2. L'avvocato iscritto all'albo può chiedere la sospensione dall'esercizio professionale per giustificati motivi, pubblici o privati. 3. Della sospensione, prevista dai commi 1 e 2, è fatta annotazione nell'albo. Art. 19. (Esercizio effettivo e continuativo e revisione degli albi, degli elenchi e dei registri) Art. 20. (Esercizio effettivo e continuativo e revisione degli albi, degli elenchi e dei registri) 1. La permanenza dell’iscrizione all’albo è subordinata all’esercizio della professione in modo effettivo e continuativo, salve le eccezioni previste per regolamento anche in riferimento ai primi anni di esercizio professionale. Le modalità di accertamento dell’esercizio effettivo e continuativo e le modalità per la reiscrizione sono disciplinate con regolamento del CNF che preveda anche eventuali criteri presuntivi, sentita la Cassa 1. La permanenza dell’iscrizione all’albo è subordinata all’esercizio della professione in modo effettivo e continuativo, salve le eccezioni previste per regolamento anche in riferimento ai primi anni di esercizio professionale. Le modalità di accertamento dell’esercizio effettivo e continuativo e le modalità per la reiscrizione sono disciplinate con regolamento emanato dal Ministro della giustizia su proposta del CNF. Art. 20. (Esercizio professionale effettivo, continuativo, abituale e prevalente e revisione degli albi, degli elenchi e dei registri). 1. La permanenza dell'iscrizione all'albo è subordinata all'esercizio della professione in modo effettivo, continuativo, abituale e prevalente, salve le eccezioni previste anche in riferimento ai primi anni di esercizio professionale. Le modalità di accertamento dell'esercizio effettivo, continuativo, abituale e prevalente della professione, le eccezioni consentite e le modalità per la reiscrizione sono disciplinate con regolamento adottato ai 34 284 nazionale di assistenza e previdenza forense. Può costituire criterio presuntivo il livello minimo di reddito in vigore per la Cassa di previdenza e assistenza per l’accertamento dell’esercizio effettivo e continuativo della professione. 2. Il consiglio dell’ordine, almeno ogni due anni, compie le verifiche necessarie anche mediante richiesta di informazione agli uffici finanziari e all’ente previdenziale. 3. Con la stessa periodicità, il consiglio dell’ordine esegue la revisione degli albi, degli elenchi e dei registri, per verificare se permangano i requisiti per la iscrizione, e provvede di conseguenza. Della revisione e dei suoi risultati è data notizia al CNF. 4. La mancanza della continuità ed effettività dell’esercizio professionale comporta la cancellazione dall’albo, con l’applicazione dei criteri dell’articolo 15, comma 8. 5. Qualora il consiglio dell’ordine non provveda alla revisione periodica dell’esercizio effettivo e continuativo o compia la revisione con numerose e gravi omissioni, il CNF nomina uno o più commissari, scelti tra gli avvocati con più di venti anni di anzianità anche iscritti presso altri ordini, affinché provvedano in sostituzione. Ai commissari spetta il rimborso delle spese di viaggio e di soggiorno e una indennità giornaliera determinata dal CNF. Spese e indennità sono a carico del consiglio dell’ordine inadempiente. sensi dell'articolo 1 e con le modalità nello stesso stabilite. 2. Il consiglio dell’ordine, almeno ogni due anni, compie le verifiche necessarie anche mediante richiesta di informazione all’ente previdenziale. 3. Con la stessa periodicità, il consiglio dell’ordine esegue la revisione degli albi, degli elenchi e dei registri, per verificare se permangano i requisiti per la iscrizione, e provvede di conseguenza. Della revisione e dei suoi risultati è data notizia al CNF. 4. La mancanza della continuità ed effettività dell’esercizio professionale può comportare, se non sussistono giustificati motivi, la cancellazione dall’albo. La procedura deve prevedere il contraddittorio con l’interessato, che dovrà essere invitato a presentare osservazioni scritte e, se necessario o richiesto, anche l’audizione del medesimo in applicazione dei criteri di cui all’articolo 16, comma 11. 5. Qualora il consiglio dell’ordine non provveda alla verifica periodica dell’esercizio effettivo e continuativo o compia la revisione con numerose e gravi omissioni, il CNF nomina uno o più commissari, scelti tra gli avvocati con più di venti anni di anzianità anche iscritti presso altri ordini, affinché provvedano in sostituzione. Ai commissari spetta il rimborso delle spese di viaggio e di soggiorno e una indennità giornaliera determinata dal CNF. Spese e indennità sono a carico del consiglio dell’ordine inadempiente. 2. Il consiglio dell'ordine, con regolarità ogni tre anni, compie le verifiche necessarie anche mediante richiesta di informazione all'ente previdenziale. 3. Con la stessa periodicità, il consiglio dell'ordine esegue la revisione degli albi, degli elenchi e dei registri, per verificare se permangano i requisiti per la iscrizione, e provvede di conseguenza. Della revisione e dei suoi risultati è data notizia al CNF. 4. La mancanza della effettività, continuatività, abitualità e prevalenza dell'esercizio professionale comporta, se non sussistono giustificati motivi, la cancellazione dall'albo. La procedura deve prevedere il contraddittorio con l'interessato, che dovrà essere invitato a presentare osservazioni scritte e, se necessario o richiesto, anche l'audizione del medesimo in applicazione dei criteri di cui all'articolo 16, comma 13. 5. Qualora il consiglio dell'ordine non provveda alla verifica periodica dell'esercizio effettivo, continuativo, abituale e prevalente o compia la revisione con numerose e gravi omissioni, il CNF nomina uno o più commissari, scelti tra gli avvocati con più di venti anni di anzianità anche iscritti presso altri ordini, affinché provvedano in sostituzione. Ai commissari spetta il rimborso delle spese di viaggio e di soggiorno e una indennità giornaliera determinata dal CNF. Spese e indennità sono a carico del consiglio dell'ordine inadempiente. 35 285 6. L’effettività e la continuità non sono richieste durante il periodo della carica, per gli avvocati sospesi di diritto dall’esercizio professionale, ai sensi dell’art. 18 e per gli avvocati che svolgono funzioni di membro del Parlamento nazionale o del Parlamento europeo, consigliere regionale, membro di giunta regionale, presidente di provincia con numero di abitanti inferiore ad un milione, sindaco di comune con più di diecimila abitanti e meno di cinquecentomila, membro di giunta comunale di un comune con più di trentamila abitanti e che ricopre un incarico politico giudicato equivalente dal C.N.F. 6. La prova dell’effettività e della continuità non è richiesta durante il periodo della carica, per gli avvocati sospesi di diritto dall’esercizio professionale, ai sensi dell’articolo 19, e per gli avvocati che svolgono funzioni di membro del Parlamento nazionale o del Parlamento europeo, consigliere regionale, membro di giunta regionale, presidente di provincia, membro di giunta provinciale, sindaco di comune con più di 10.000 abitanti, membro di giunta comunale di un comune con più di 30.000 abitanti o per gli avvocati che ricoprono un incarico politico giudicato equivalente dal CNF. 6. La prova dell'effettività, continuità, abitualità e prevalenza non è richiesta durante il periodo della carica, per gli avvocati sospesi di diritto dall'esercizio professionale ai sensi dell'articolo 19, e per gli avvocati che svolgono funzioni di membro del Parlamento nazionale o del Parlamento europeo, di consigliere regionale, di membro di giunta regionale, di presidente di provincia, di membro di giunta provinciale, di sindaco di comune con più di 30.000 abitanti, di membro di giunta comunale di comune con più di 50.000 abitanti, nonché per gli avvocati che ricoprono un incarico pubblico o di rilievo sociale che il CNF giudica equivalente. 7. La prova dell'effettività, continuità, abitualità e prevalenza non è, in ogni caso, richiesta: a) alle donne avvocato in maternità e nei primi due anni di vita del bambino o, in caso di adozione, nei successivi due anni dal momento dell'adozione stessa. L'esenzione si applica, altresì, agli avvocati vedovi o separati affidatari della prole in modo esclusivo; b) agli avvocati che dimostrino di essere affetti o di essere stati affetti da malattia che ne ha ridotto grandemente la possibilità di lavoro in modo tale da non rientrare nel limite minimo di reddito imponibile. Art. 20. (Albo speciale per il patrocinio avanti alle giurisdizioni superiori) 1. L’iscrizione nell’albo speciale per il patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori può essere richiesta al CNF da chi sia iscritto Art. 21. (Albo speciale per il patrocinio avanti alle giurisdizioni superiori) 1. L’iscrizione nell’albo speciale per il patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori può essere richiesta al CNF da chi sia iscritto Art. 21. (Albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori). 1. L'iscrizione nell'albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori può essere richiesta al CNF da chi sia iscritto 36 286 in un albo ordinario circondariale da almeno cinque anni e abbia superato l’esame disciplinato dalla legge 28 maggio 1936, n. 1003, e dal regio decreto 9 luglio 1936, n. 1482, al quale sono ammessi gli avvocati iscritti all’albo. A modificazione di quanto prescritto nell’articolo 4 della citata legge n. 1003 del 1936, sono dichiarati idonei i candidati che, in ciascuna prova, abbiano ottenuto una votazione non inferiore a sei e una media, tra tutte le prove, non inferiore a sette. Alternativamente, l’iscrizione può essere richiesta anche da chi, avendo maturato una anzianità di iscrizione all’albo di anni dodici, e successivamente abbia lodevolmente e proficuamente frequentato la Scuola superiore dell’Avvocatura, istituita e disciplinata con regolamento del CNF. Il regolamento può prevedere specifici criteri e modalità di selezione per l’accesso e per la verifica finale di idoneità. La verifica finale di idoneità sarà eseguita da una commissione d’esame designata dal CNF e composta da suoi membri, avvocati, professori universitari e magistrati addetti alla Corte di cassazione, con un esame incentrato prevalentemente sui settori professionali esercitati dal candidato. Coloro che alla data di entrata in vigore della presente legge sono iscritti nell’albo dei patrocinanti dinanzi alle giurisdizioni superiori conservano l’iscrizione; allo stesso modo possono chiedere l’iscrizione entro il limite massimo di tre anni coloro che alla data di entrata in vigore della presente legge abbiano maturato i requisiti per detta iscrizione secondo la previgente normativa. in un albo ordinario circondariale da almeno cinque anni e abbia superato l’esame disciplinato dalla legge 28 maggio 1936, n. 1003, e dal regio decreto 9 luglio 1936, n. 1482, al quale sono ammessi gli avvocati iscritti all’albo. in un albo ordinario circondariale da almeno cinque anni e abbia superato l'esame disciplinato dalla legge 28 maggio 1936, n. 1003, e dal regio decreto 9 luglio 1936, n. 1482, al quale sono ammessi gli avvocati iscritti all'albo. 2. L’iscrizione può essere altresì richiesta anche da chi, avendo maturato una anzianità di iscrizione all’albo di anni otto, successivamente abbia lodevolmente e proficuamente frequentato la Scuola superiore dell’avvocatura, istituita e disciplinata con regolamento del CNF. Il regolamento può prevedere specifici criteri e modalità di selezione per l’accesso e per la verifica finale di idoneità. La verifica finale di idoneità sarà eseguita da una commissione d’esame designata dal CNF e composta da suoi membri, avvocati, professori universitari e magistrati addetti alla Corte di cassazione, con un esame incentrato prevalentemente sui settori professionali esercitati dal candidato. 3. Coloro che alla data di entrata in vigore della presente legge sono iscritti nell’albo dei patrocinanti dinanzi alle giurisdizioni superiori conservano l’iscrizione. Allo stesso modo possono chiedere l’iscrizione coloro che alla data di entrata in vigore della presente legge abbiano maturato i requisiti per detta iscrizione secondo la previgente normativa. 4. All’articolo 4 della legge 28 maggio 1936, n. 1003, il quinto comma è sostituito dal seguente: 2. L'iscrizione può essere richiesta anche da chi, avendo maturato una anzianità di iscrizione all'albo di otto anni, successivamente abbia lodevolmente e proficuamente frequentato la Scuola superiore dell'avvocatura, istituita e disciplinata con regolamento dal CNF. Il regolamento può prevedere specifici criteri e modalità di selezione per l'accesso e per la verifica finale di idoneità. La verifica finale di idoneità è eseguita da una commissione d'esame designata dal CNF e composta da suoi membri, avvocati, professori universitari e magistrati addetti alla Corte di cassazione, con un esame incentrato prevalentemente sui settori professionali esercitati dal candidato. 3. Coloro che alla data di entrata in vigore della presente legge sono iscritti nell'albo dei patrocinanti davanti alle giurisdizioni superiori conservano l'iscrizione. Allo stesso modo possono chiedere l'iscrizione coloro che alla data di entrata in vigore della presente legge abbiano maturato i requisiti per detta iscrizione secondo la previgente normativa. 4. All'articolo 4 della legge 28 maggio 1936, n. 1003, il quinto comma è sostituito dal seguente: 37 287 Art. 21. (Avvocati degli enti pubblici) 1. Fatti salvi i diritti quesiti alla data di entrata in vigore della presente legge, gli avvocati degli uffici legali specificamente istituiti presso gli enti pubblici, anche se trasformati in persone giuridiche di diritto privato, sino a quando siano partecipati prevalentemente da enti pubblici ai quali venga assicurata la piena indipendenza ed autonomia nella trattazione esclusiva e stabile degli affari legali dell'Ente, ed un trattamento economico adeguato alla funzione professionale svolta sono iscritti in un elenco speciale annesso all’albo. L’iscrizione nell’elenco è obbligatoria per compiere le prestazioni indicate nell’articolo 2. Nel contratto di lavoro è garantita l’autonomia e l’indipendenza di giudizio intellettuale e tecnica dell’avvocato. 2. Per l’iscrizione nell’elenco gli interessati presentano la deliberazione dell’ente dalla quale risulti la stabile costituzione di un ufficio legale con specifica attribuzione della trattazione degli affari legali dell’ente stesso e l’appartenenza a tale ufficio del professionista incaricato in forma esclusiva di tali funzioni. «Sono dichiarati idonei i candidati che conseguano una media di sette decimi nelle prove scritte e in quella orale avendo riportato non meno di sei decimi in ciascuna di esse». «Sono dichiarati idonei i candidati che conseguano una media di sette decimi nelle prove scritte e in quella orale avendo riportato non meno di sei decimi in ciascuna di esse». Art. 22. (Avvocati degli enti pubblici) 1. Fatti salvi i diritti acquisiti alla data di entrata in vigore della presente legge, gli avvocati degli uffici legali specificamente istituiti presso gli enti pubblici, anche se trasformati in persone giuridiche di diritto privato, sino a quando siano partecipati prevalentemente da enti pubblici, ai quali venga assicurata la piena indipendenza ed autonomia nella trattazione esclusiva e stabile degli affari legali dell’ente ed un trattamento economico adeguato alla funzione professionale svolta, sono iscritti in un elenco speciale annesso all’albo. L’iscrizione nell’elenco è obbligatoria per compiere le prestazioni indicate nell’articolo 2. Nel contratto di lavoro è garantita l’autonomia e l’indipendenza di giudizio intellettuale e tecnica dell’avvocato, nonché un trattamento economico adeguato alla funzione esercitata da determinare in sede di contrattazione separata del pubblico impiego per la disciplina specifica degli avvocati. 2. Per l’iscrizione nell’elenco gli interessati presentano la deliberazione dell’ente dalla quale risulti la stabile costituzione di un ufficio legale con specifica attribuzione della trattazione degli affari legali dell’ente stesso e l’appartenenza a tale ufficio del professionista incaricato in forma esclusiva di tali funzioni; la responsabilità dell’ufficio è affidata ad un avvocato iscritto nell’elenco Art. 22. (Avvocati degli enti pubblici). 1. Fatti salvi i diritti acquisiti alla data di entrata in vigore della presente legge, gli avvocati degli uffici legali specificamente istituiti presso gli enti pubblici, anche se trasformati in persone giuridiche di diritto privato, sino a quando siano partecipati prevalentemente da enti pubblici, ai quali venga assicurata la piena indipendenza ed autonomia nella trattazione esclusiva e stabile degli affari legali dell'ente ed un trattamento economico adeguato alla funzione professionale svolta, sono iscritti in un elenco speciale annesso all'albo. L'iscrizione nell'elenco è obbligatoria per compiere le prestazioni indicate nell'articolo 2. Nel contratto di lavoro è garantita l'autonomia e l'indipendenza di giudizio intellettuale e tecnica dell'avvocato. 2. Per l'iscrizione nell'elenco gli interessati presentano la deliberazione dell'ente dalla quale risulti la stabile costituzione di un ufficio legale con specifica attribuzione della trattazione degli affari legali dell'ente stesso e l'appartenenza a tale ufficio del professionista incaricato in forma esclusiva di tali funzioni; la responsabilità dell'ufficio è affidata ad un avvocato iscritto nell'elenco 38 288 3. Gli avvocati iscritti nell’elenco sono sottoposti al potere disciplinare del consiglio dell’ordine. speciale che esercita i suoi poteri in conformità con i princìpi della legge professionale. 3. Gli avvocati iscritti nell’elenco sono sottoposti al potere disciplinare del consiglio dell’ordine. speciale che esercita i suoi poteri in conformità con i princìpi della legge professionale. 3. Gli avvocati iscritti nell'elenco sono sottoposti al potere disciplinare del consiglio dell'ordine. TITOLO III ORGANI E FUNZIONI DEGLI ORDINI FORENSI Capo I L’ORDINE FORENSE E GLI ORDINI TERRITORIALI TITOLO III ORGANI E FUNZIONI DEGLI ORDINI FORENSI Capo I L’ORDINE FORENSE E GLI ORDINI TERRITORIALI TITOLO III ORGANI E FUNZIONI DEGLI ORDINI FORENSI Capo I L'ORDINE FORENSE Art. 22. (L’Ordine forense) 1. Gli iscritti negli albi degli avvocati costituiscono l’Ordine forense. 2. L’Ordine forense si articola negli ordini circondariali e nel Consiglio nazionale forense. 3. Il CNF e gli ordini circondariali sono enti pubblici non economici a carattere associativo istituiti per garantire il rispetto dei princìpi previsti dalla presente legge e delle regole deontologiche. Essi hanno prevalente finalità di tutela della utenza e degli interessi pubblici connessi all’esercizio della professione e al corretto svolgimento della funzione giurisdizionale. Essi sono dotati di autonomia patrimoniale e finanziaria, determinano la propria organizzazione con appositi regolamenti, nel rispetto delle disposizioni di legge, e sono soggetti esclusivamente alla vigilanza del Ministro della giustizia. Art. 23. (L’Ordine forense) 1. Gli iscritti negli albi degli avvocati costituiscono l’Ordine forense. 2. L’Ordine forense si articola negli ordini circondariali e nel CNF. 4. Ad essi non si applicano le disposizioni 4. Al CNF e agli ordini circondariali non si 3. Il CNF e gli ordini circondariali sono enti pubblici non economici a carattere associativo istituiti per garantire il rispetto dei princìpi previsti dalla presente legge e delle regole deontologiche. Essi hanno prevalente finalità di tutela della utenza e degli interessi pubblici connessi all’esercizio della professione e al corretto svolgimento della funzione giurisdizionale. Essi sono dotati di autonomia patrimoniale e finanziaria, determinano la propria organizzazione con appositi regolamenti, nel rispetto delle disposizioni di legge, e sono soggetti esclusivamente alla vigilanza del Ministro della giustizia. Art. 23. (L'ordine forense). 1. Gli iscritti negli albi degli costituiscono l'ordine forense. avvocati 2. L'ordine forense si articola negli ordini circondariali e nel CNF. 3. Il CNF e gli ordini circondariali sono enti pubblici non economici a carattere associativo istituiti per garantire il rispetto dei princìpi previsti dalla presente legge e delle regole deontologiche, nonché con finalità di tutela della utenza e degli interessi pubblici connessi all'esercizio della professione e al corretto svolgimento della funzione giurisdizionale. Essi sono dotati di autonomia patrimoniale e finanziaria, sono finanziati esclusivamente con i contributi degli iscritti, determinano la propria organizzazione con appositi regolamenti, nel rispetto delle disposizioni di legge, e sono soggetti esclusivamente alla vigilanza del Ministro della giustizia. - 39 289 della legge 21 marzo 1958, n. 259, l’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni e la legge 14 gennaio 1994, n. 20, né il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 febbraio 2003, n. 97, ed ogni norma concernente l’amministrazione e la contabilità degli enti pubblici. In relazione all’attività svolta essi redigono scritture contabili cronologiche e sistematiche atte ad esprimere con compiutezza ed analiticità le operazioni poste in essere in ogni periodo di gestione e rappresentare adeguatamente in apposito documento annuale la loro situazione patrimoniale, finanziaria ed economica, in conformità a regolamento emanato dal CNF. applicano le disposizioni della legge 21 marzo 1958, n. 259, l’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e la legge 14 gennaio 1994, n. 20, né il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 febbraio 2003, n. 97, ed ogni norma concernente l’amministrazione e la contabilità degli enti pubblici. In relazione all’attività svolta essi redigono scritture contabili cronologiche e sistematiche atte ad esprimere con compiutezza ed analiticità le operazioni poste in essere in ogni periodo di gestione e rappresentare adeguatamente in apposito documento annuale la loro situazione patrimoniale, finanziaria ed economica, in conformità a regolamento emanato dal CNF. Capo II ORDINE CIRCONDARIALE Art. 23. (L’Ordine circondariale forense) 1. Presso ciascun tribunale è costituito l’ordine degli avvocati, al quale sono iscritti tutti gli avvocati aventi il principale domicilio professionale nel circondario. L’ordine territoriale ha la rappresentanza istituzionale dell’Avvocatura a livello locale e promuove i rapporti con le istituzioni e le pubbliche amministrazioni. 2. Gli iscritti aventi titolo eleggono i componenti del consiglio dell’ordine, con le modalità stabilite dall’articolo 29 e dal regolamento approvato dal CNF. Art. 24. (L’ordine circondariale forense) 1. Presso ciascun tribunale è costituito l’ordine degli avvocati, al quale sono iscritti tutti gli avvocati aventi il principale domicilio professionale nel circondario. L’ordine territoriale ha la rappresentanza istituzionale dell’avvocatura a livello locale e promuove i rapporti con le istituzioni e le pubbliche amministrazioni. 2. L’ordine circondariale di Roma Capitale ha sede presso la Corte di cassazione. 3. Gli iscritti aventi titolo eleggono i componenti del consiglio dell’ordine, con le modalità stabilite dall’articolo 27 e dal regolamento approvato dal CNF. Art. 24. (L'ordine circondariale forense). 1. Presso ciascun tribunale è costituito l'ordine degli avvocati, al quale sono iscritti tutti gli avvocati aventi il principale domicilio professionale nel circondario. L'ordine circondariale ha in via esclusiva la rappresentanza istituzionale dell'avvocatura a livello locale e promuove i rapporti con le istituzioni e le pubbliche amministrazioni. 2. L'ordine circondariale di Roma capitale ha sede presso la Corte di cassazione. 3. Al fine di assicurare il funzionamento in relazione alle effettive esigenze gestionali ed organizzative del consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma, capitale della Repubblica, sono ad esso destinati i medesimi locali e spazi utilizzati dallo stesso consiglio alla data 40 290 di entrata in vigore della presente legge nell'edificio della suprema Corte di cassazione. 4. Gli iscritti aventi titolo eleggono i componenti del consiglio dell'ordine, con le modalità stabilite dall'articolo 27 e in base a regolamento adottato ai sensi dell'articolo 1. 5. Presso ogni consiglio dell'ordine è costituito il collegio dei revisori dei conti, nominato dal presidente del tribunale. 6. Presso ogni consiglio dell'ordine è costituito il comitato pari opportunità degli avvocati, eletto con le modalità stabilite con regolamento approvato dal consiglio dell'ordine. 3. Presso ogni consiglio dell’ordine è costituito il Collegio dei revisori dei conti nominato dal presidente del Tribunale. 4. Presso ogni consiglio dell’ordine è costituito il collegio dei revisori dei conti, nominato dal presidente del tribunale. Art. 24. (Organi dell’ordine circondariale) Art. 25. (Organi dell’ordine circondariale e degli ordini del distretto) 1. Sono organi dell’ordine circondariale: a) l’assemblea degli iscritti; b) il consiglio; c) il presidente; d) il segretario; e) il tesoriere; f) il collegio dei revisori. 2. Il presidente rappresenta l’ordine circondariale. 3. Sono organi degli ordini forensi del distretto: a) il Consiglio istruttore di disciplina; b) il Collegio giudicante. Art. 25. (Organi dell'ordine circondariale e degli ordini del distretto). 1. Sono organi dell'ordine circondariale: a) l'assemblea degli iscritti; b) il consiglio; c) il presidente; d) il segretario; e) il tesoriere; f) il collegio dei revisori. 2. Il presidente rappresenta l'ordine circondariale. 3. Sono organi degli ordini circondariali del distretto: a) il Consiglio istruttore di disciplina; b) il Collegio giudicante. Art. 26. (L’assemblea) 1. L’assemblea è costituita dagli avvocati iscritti all’albo ed agli elenchi speciali. Essa elegge i componenti del consiglio; approva il Art. 26. (L'assemblea). 1. L'assemblea è costituita dagli avvocati iscritti all'albo ed agli elenchi speciali. Essa elegge i componenti del consiglio; approva il 1. Sono organi dell’ordine circondariale: a) l’assemblea degli iscritti; b) il Consiglio; c) il presidente; d) il segretario; e) il tesoriere; f) il collegio dei revisori. 2. Il presidente rappresenta l’ordine circondariale. Art. 25. (L’assemblea) 1. L’assemblea è costituita dagli avvocati iscritti all’albo ed agli elenchi speciali. Essa elegge i componenti del consiglio; approva il 41 291 bilancio consuntivo e quello preventivo; esprime il parere sugli argomenti sottoposti ad essa dal consiglio; esercita ogni altra funzione attribuita dall’ordinamento professionale. 2. L’assemblea, previa delibera del consiglio, è convocata dal presidente o, in caso di suo impedimento, dal vicepresidente, o dal consigliere più anziano per iscrizione. 3. Le regole per il funzionamento dell’assemblea e per la sua convocazione, nonché per l’assunzione delle relative delibere, sono stabilite da apposito regolamento approvato dal CNF ai sensi dell’articolo 1, comma 5. 4. L’assemblea ordinaria è convocata almeno una volta l’anno per l’approvazione dei bilanci, consuntivo e preventivo; quella per la elezione del consiglio si svolge, per il rinnovo normale, entro il mese di gennaio successivo alla scadenza. 5. Il consiglio delibera altresì la convocazione dell’assemblea ogni qualvolta lo ritenga necessario o qualora ne faccia richiesta almeno un terzo dei suoi componenti o almeno un decimo degli iscritti nell’albo. bilancio consuntivo e quello preventivo; esprime il parere sugli argomenti sottoposti ad essa dal consiglio; esercita ogni altra funzione attribuita dall’ordinamento professionale. 2. L’assemblea, previa delibera del consiglio, è convocata dal presidente o, in caso di suo impedimento, dal vicepresidente, o dal consigliere più anziano per iscrizione. 3. Le regole per il funzionamento dell’assemblea e per la sua convocazione, nonché per l’assunzione delle relative delibere, sono stabilite da apposito regolamento approvato dal CNF ai sensi dell’articolo. 4. L’assemblea ordinaria è convocata almeno una volta l’anno per l’approvazione dei bilanci consuntivo e preventivo. L’assemblea per la elezione del consiglio si svolge, per il rinnovo normale, entro il mese di gennaio successivo alla scadenza. 5. Il consiglio delibera altresì la convocazione dell’assemblea ogniqualvolta lo ritenga necessario o qualora ne faccia richiesta almeno un terzo dei suoi componenti o almeno un decimo degli iscritti nell’albo. bilancio consuntivo e quello preventivo; esprime il parere sugli argomenti sottoposti ad essa dal consiglio; esercita ogni altra funzione attribuita dall'ordinamento professionale. 2. L'assemblea, previa delibera del consiglio, è convocata dal presidente o, in caso di suo impedimento, dal vicepresidente o dal consigliere più anziano per iscrizione. 3. Le regole per il funzionamento dell'assemblea e per la sua convocazione, nonché per l'assunzione delle relative delibere, sono stabilite da apposito regolamento adottato ai sensi dell'articolo 1 e con le modalità nello stesso stabilite. 4. L'assemblea ordinaria è convocata almeno una volta l'anno per l'approvazione dei bilanci consuntivo e preventivo. L'assemblea per la elezione del consiglio si svolge, per il rinnovo normale, entro il mese di gennaio successivo alla scadenza. 5. Il consiglio delibera altresì la convocazione dell'assemblea ogniqualvolta lo ritenga necessario o qualora ne faccia richiesta almeno un terzo dei suoi componenti o almeno un decimo degli iscritti nell'albo. Art. 26. (Il consiglio dell’ordine) 1. Il consiglio ha sede presso il tribunale ed è composto mediante elezione: a) da cinque membri, qualora l’ordine conti fino a cento iscritti; b) da sette membri, qualora l’ordine conti fino a duecento iscritti; c) da nove membri, qualora l’ordine conti fino a cinquecento iscritti; Art. 27. (Il consiglio dell’ordine) 1. Il consiglio, fatta salva la previsione di cui all’articolo 24, comma 2, ha sede presso il tribunale ed è composto: a) da cinque membri, qualora l’ordine conti fino a cento iscritti; b) da sette membri, qualora l’ordine conti fino a duecento iscritti; c) da nove membri, qualora l’ordine conti Art. 27. (Il consiglio dell'ordine). 1. Il consiglio, fatta salva la previsione di cui all'articolo 24, comma 2, ha sede presso il tribunale ed è composto: a) da cinque membri, qualora l'ordine conti fino a cento iscritti; b) da sette membri, qualora l'ordine conti fino a duecento iscritti; c) da nove membri, qualora l'ordine conti 42 292 d) da undici membri, qualora l’ordine conti fino a mille iscritti; e) da quindici membri qualora l’ordine conti fino a duemila iscritti; f) da ventuno membri, qualora l’ordine conti fino a cinquemila iscritti; g) da venticinque membri, qualora l’ordine conti oltre cinquemila iscritti. 2. I componenti del consiglio sono eletti dagli iscritti con voto segreto con le modalità previste dal regolamento emanato dal CNF. Hanno diritto al voto tutti coloro che risultano iscritti negli albi e negli elenchi dei dipendenti degli Enti pubblici e dei docenti universitari a tempo pieno e nell’elenco degli avvocati stabiliti, il giorno antecedente l’inizio delle operazioni elettorali. Sono esclusi dal diritto di voto gli avvocati per qualunque ragione sospesi dall’esercizio della professione. fino a cinquecento iscritti; d) da undici membri, qualora l’ordine conti fino a mille iscritti; e) da quindici membri, qualora l’ordine conti fino a duemila iscritti; f) da ventuno membri, qualora l’ordine conti fino a cinquemila iscritti; g) da venticinque membri, qualora l’ordine conti oltre cinquemila iscritti. 2. I componenti del consiglio sono eletti dagli iscritti con voto segreto con le modalità previste dal regolamento emanato dal CNF. Hanno diritto al voto tutti coloro che risultano iscritti negli albi e negli elenchi dei dipendenti degli enti pubblici e dei docenti universitari a tempo pieno e nell’elenco degli avvocati stabiliti, il giorno antecedente l’inizio delle operazioni elettorali. Sono esclusi dal diritto di voto gli avvocati per qualunque ragione sospesi dall’esercizio della professione. 3. Ciascun elettore può esprimere un numero di voti non superiore ai due terzi dei consiglieri da eleggere, arrotondati per difetto. 4. Sono eleggibili gli iscritti che hanno diritto di voto, che non abbiano riportato, nei cinque anni precedenti, una sanzione disciplinare esecutiva più grave dell’avvertimento. 5. Risultano eletti coloro che hanno riportato il maggior numero di voti; in caso di parità di voti risulta eletto il più anziano per iscrizione; e, tra coloro che abbiano uguale anzianità di iscrizione, il maggiore di età. I consiglieri non possono essere eletti consecutivamente più di tre volte. Non sono considerate le elezioni fatte nel corso di un 3. Ciascun elettore può esprimere un numero di voti non superiore ai due terzi dei consiglieri da eleggere, arrotondati per difetto. 4. Sono eleggibili gli iscritti che hanno diritto di voto, che non abbiano riportato, nei cinque anni precedenti, una sanzione disciplinare esecutiva più grave dell’avvertimento. 5. Risultano eletti coloro che hanno riportato il maggior numero di voti. In caso di parità di voti risulta eletto il più anziano per iscrizione e, tra coloro che abbiano uguale anzianità di iscrizione, il maggiore di età. I consiglieri non possono essere eletti consecutivamente più di tre volte, salvo che uno dei tre mandati abbia avuto durata inferiore ad un anno. fino a cinquecento iscritti; d) da undici membri, qualora l'ordine conti fino a mille iscritti; e) da quindici membri, qualora l'ordine conti fino a duemila iscritti; f) da ventuno membri, qualora l'ordine conti fino a cinquemila iscritti; g) da venticinque membri, qualora l'ordine conti oltre cinquemila iscritti. 2. I componenti del consiglio sono eletti dagli iscritti con voto segreto in base a regolamento adottato ai sensi dell'articolo 1 e con le modalità nello stesso stabilite. Hanno diritto al voto tutti coloro che risultano iscritti negli albi e negli elenchi dei dipendenti degli enti pubblici e dei docenti e ricercatori universitari a tempo pieno e nella sezione speciale degli avvocati stabiliti, il giorno antecedente l'inizio delle operazioni elettorali. Sono esclusi dal diritto di voto gli avvocati per qualunque ragione sospesi dall'esercizio della professione. 3. Ciascun elettore può esprimere un numero di voti non superiore ai due terzi dei consiglieri da eleggere, arrotondati per difetto. 4. Sono eleggibili gli iscritti che hanno diritto di voto, che non abbiano riportato, nei cinque anni precedenti, una sanzione disciplinare esecutiva più grave dell'avvertimento. 5. Risultano eletti coloro che hanno riportato il maggior numero di voti. In caso di parità di voti risulta eletto il più anziano per iscrizione e, tra coloro che abbiano uguale anzianità di iscrizione, il maggiore di età. I consiglieri non possono essere eletti consecutivamente più di tre volte, salvo che uno dei tre mandati abbia avuto durata inferiore ad un anno. 43 293 mandato del consiglio se l’incarico è durato meno di un anno. 6. In caso di morte, dimissioni, decadenza, impedimento permanente per qualsiasi causa, di uno o più consiglieri, subentra il primo dei non eletti; in caso di parità di voti, subentra il più anziano per iscrizione; e, tra coloro che abbiano uguale anzianità di iscrizione, il maggiore di età. Il consiglio, preso atto, provvede all’integrazione improrogabilmente nei trenta giorni successivi al verificarsi dell’evento. 7. Il consiglio dura in carica un triennio e scade il 31 dicembre del terzo anno. Il consiglio uscente resta in carica per il disbrigo degli affari correnti fino all’insediamento del consiglio neoeletto. 8. L’intero consiglio decade se cessa dalla carica oltre la metà dei suoi componenti. 9. Il consiglio elegge il presidente, il segretario e il tesoriere. Nei consigli con almeno quindici componenti, il consiglio può eleggere un vicepresidente. A ciascuna carica è eletto il consigliere che ha ricevuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è eletto presidente o vicepresidente, segretario o tesoriere il più anziano per iscrizione all’albo, o in caso di pari anzianità di iscrizione, il più anziano per età. 10. La carica di consigliere è incompatibile con quella di consigliere nazionale, di componente del consiglio di amministrazione e del comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense. L’eletto che viene a trovarsi in condizione di incompatibilità deve optare per uno degli incarichi entro trenta giorni dalla proclamazione; nel caso in cui non vi provveda decade automaticamente 6. In caso di morte, dimissioni, decadenza, impedimento permanente per qualsiasi causa di uno o più consiglieri, subentra il primo dei non eletti. In caso di parità di voti, subentra il più anziano per iscrizione e, tra coloro che abbiano uguale anzianità di iscrizione, il maggiore di età. Il consiglio, preso atto, provvede all’integrazione improrogabilmente nei trenta giorni successivi al verificarsi dell’evento. 7. Il consiglio dura in carica un quadriennio e scade il 31 dicembre del quarto anno. Il consiglio uscente resta in carica per il disbrigo degli affari correnti fino all’insediamento del consiglio neoeletto. 8. L’intero consiglio decade se cessa dalla carica oltre la metà dei suoi componenti. 9. Il consiglio elegge il presidente, il segretario e il tesoriere. Nei consigli con almeno quindici componenti, il consiglio può eleggere un vicepresidente. A ciascuna carica è eletto il consigliere che ha ricevuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è eletto presidente o vicepresidente, segretario o tesoriere il più anziano per iscrizione all’albo o, in caso di pari anzianità di iscrizione, il più anziano per età. 10. La carica di consigliere è incompatibile con quella di consigliere nazionale, di componente del consiglio di amministrazione e del comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense. L’eletto che viene a trovarsi in condizione di incompatibilità deve optare per uno degli incarichi entro trenta giorni dalla proclamazione. Nel caso in cui non vi provveda, decade automaticamente 6. In caso di morte, dimissioni, decadenza, impedimento permanente per qualsiasi causa di uno o più consiglieri, subentra il primo dei non eletti. In caso di parità di voti, subentra il più anziano per iscrizione e, tra coloro che abbiano uguale anzianità di iscrizione, il maggiore di età. Il consiglio, preso atto, provvede all'integrazione improrogabilmente nei trenta giorni successivi al verificarsi dell'evento. 7. Il consiglio dura in carica un quadriennio e scade il 31 dicembre del quarto anno. Il consiglio uscente resta in carica per il disbrigo degli affari correnti fino all'insediamento del consiglio neoeletto. 8. L'intero consiglio decade se cessa dalla carica oltre la metà dei suoi componenti. 9. Il consiglio elegge il presidente, il segretario e il tesoriere. Nei consigli con almeno quindici componenti, il consiglio può eleggere un vicepresidente. A ciascuna carica è eletto il consigliere che ha ricevuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è eletto presidente o vicepresidente, segretario o tesoriere il più anziano per iscrizione all'albo o, in caso di pari anzianità di iscrizione, il più anziano per età. 10. La carica di consigliere è incompatibile con quella di consigliere nazionale, di componente del consiglio di amministrazione e del comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense. L'eletto che viene a trovarsi in condizione di incompatibilità deve optare per uno degli incarichi entro trenta giorni dalla proclamazione. Nel caso in cui non vi provveda, decade automaticamente 44 294 dall’incarico assunto in precedenza. 11. Per la validità delle riunioni del consiglio è necessaria la partecipazione della maggioranza dei membri. Per la validità delle deliberazioni è richiesta la maggioranza assoluta di voti dei presenti. 12. Contro i risultati delle elezioni per il rinnovo del consiglio dell’ordine ciascun avvocato iscritto nell’albo può proporre reclamo al CNF entro dieci giorni dalla proclamazione, tuttavia la presentazione del reclamo non sospende l’insediamento del nuovo consiglio. dall’incarico assunto in precedenza. Ai componenti del consiglio, per il tempo in cui durano in carica, non possono essere conferiti incarichi giudiziari da parte dei magistrati del circondario. 11. Per la validità delle riunioni del consiglio è necessaria la partecipazione della maggioranza dei membri. Per la validità delle deliberazioni è richiesta la maggioranza assoluta di voti dei presenti. 12. Contro i risultati delle elezioni per il rinnovo del consiglio dell’ordine ciascun avvocato iscritto nell’albo può proporre reclamo al CNF entro dieci giorni dalla proclamazione. Tuttavia la presentazione del reclamo non sospende l’insediamento del nuovo consiglio. dall'incarico assunto in precedenza. Ai componenti del consiglio, per il tempo in cui durano in carica, non possono essere conferiti incarichi giudiziari da parte dei magistrati del circondario. 11. Per la validità delle riunioni del consiglio è necessaria la partecipazione della maggioranza dei membri. Per la validità delle deliberazioni è richiesta la maggioranza assoluta di voti dei presenti. 12. Contro i risultati delle elezioni per il rinnovo del consiglio dell'ordine ciascun avvocato iscritto nell'albo può proporre reclamo al CNF entro dieci giorni dalla proclamazione. La presentazione del reclamo non sospende l'insediamento del nuovo consiglio. Art. 27. (Compiti e prerogative del consiglio) 1. Il Consiglio: a) provvede alla tenuta degli albi, degli elenchi e dei registri; b) approva i regolamenti interni; i regolamenti in materie non disciplinate dal CNF e quelli previsti come integrazione ad essi; c) sovraintende al corretto ed efficace esercizio del tirocinio forense. A tal fine, e secondo modalità previste da regolamento del CNF, istituisce ed organizza le scuole forensi, promuove e favorisce le iniziative atte a rendere proficuo il tirocinio, cura la tenuta del registro dei praticanti, annotando l’abilitazione al patrocinio sostitutivo, rilascia il certificato di compiuta pratica; d) organizza e promuove l’organizzazione di eventi formativi ai fini dell’adempimento dell’obbligo di formazione continua in capo Art. 28. (Compiti e prerogative del consiglio) 1. Il consiglio: a) provvede alla tenuta degli albi, degli elenchi e dei registri; b) approva i regolamenti interni, i regolamenti in materie non disciplinate dal CNF e quelli previsti come integrazione ad essi; c) sovraintende al corretto ed efficace esercizio del tirocinio forense. A tal fine, secondo modalità previste da regolamento del CNF, istituisce ed organizza le scuole forensi, promuove e favorisce le iniziative atte a rendere proficuo il tirocinio, cura la tenuta del registro dei praticanti, annotando l’abilitazione al patrocinio sostitutivo, rilascia il certificato di compiuta pratica; d) organizza e promuove l’organizzazione di eventi formativi ai fini dell’adempimento dell’obbligo di formazione continua in capo Art. 28. (Compiti e prerogative del consiglio). 1. Il consiglio: a) provvede alla tenuta degli albi, degli elenchi e dei registri; b) approva i regolamenti interni, i regolamenti in materie non disciplinate dal CNF e quelli previsti come integrazione ad essi; c) sovraintende al corretto ed efficace esercizio del tirocinio forense. A tal fine, secondo modalità previste da regolamento del CNF, istituisce ed organizza scuole forensi, promuove e favorisce le iniziative atte a rendere proficuo il tirocinio, cura la tenuta del registro dei praticanti, annotando l'abilitazione al patrocinio sostitutivo, rilascia il certificato di compiuta pratica; d) organizza e promuove l'organizzazione di eventi formativi ai fini dell'adempimento dell'obbligo di formazione continua in capo 45 295 agli iscritti; e) organizza e promuove l’organizzazione di corsi e scuole di specializzazione; f) vigila sulla condotta degli iscritti e deve denunciare al consiglio distrettuale di disciplina ogni violazione di norme deontologiche di cui sia venuto a conoscenza; elegge i componenti della commissione distrettuale di disciplina in conformità a quanto stabilito dall’articolo 50; g) esegue il controllo della continuità ed effettività dell’esercizio professionale; agli iscritti; e) organizza e promuove l’organizzazione di corsi e scuole di specializzazione; f) vigila sulla condotta degli iscritti e deve denunciare al consiglio distrettuale di disciplina ogni violazione di norme deontologiche di cui sia venuto a conoscenza; elegge i componenti del Consiglio istruttore di disciplina in conformità a quanto stabilito dall’articolo 50; g) esegue il controllo della continuità ed effettività dell’esercizio professionale; h) tutela l’indipendenza e il decoro professionale e promuove iniziative atte ad elevare la cultura e la professionalità degli iscritti e a renderli più consapevoli dei loro doveri; i) svolge i compiti indicati nell’articolo 10 per controllare la formazione continua degli avvocati; l) dà pareri sulla liquidazione dei compensi spettanti agli iscritti; m) nel caso di morte o di perdurante impedimento di un iscritto, a richiesta e a spese di chi vi ha interesse, adotta i provvedimenti opportuni per la consegna degli atti e dei documenti; n) può costituire camere arbitrali, di conciliazione ed organismi di risoluzione alternativa delle controversie, secondo quanto stabilito da apposito regolamento adottato dal CNF; o) interviene, su richiesta anche di una sola delle parti, nelle contestazioni insorte tra gli iscritti o tra costoro ed i clienti in dipendenza dell’esercizio professionale, adoperandosi per comporle; degli accordi sui compensi va redatto verbale che, depositato presso la h) tutela l’indipendenza e il decoro professionale e promuove iniziative atte ad elevare la cultura e la professionalità degli iscritti e a renderli più consapevoli dei loro doveri; i) svolge i compiti indicati nell’articolo 10 per controllare la formazione continua degli avvocati; l) dà pareri sulla liquidazione dei compensi spettanti agli iscritti; m) nel caso di morte o di perdurante impedimento di un iscritto, a richiesta e a spese di chi vi ha interesse, adotta i provvedimenti opportuni per la consegna degli atti e dei documenti; n) può costituire camere arbitrali, di conciliazione ed organismi di risoluzione alternativa delle controversie, secondo quanto stabilito da apposito regolamento adottato dal CNF; o) interviene, su richiesta anche di una sola delle parti, nelle contestazioni insorte tra gli iscritti o tra costoro ed i clienti in dipendenza dell’esercizio professionale, adoperandosi per comporle; degli accordi sui compensi è redatto verbale che, depositato presso la agli iscritti; e) organizza e promuove l'organizzazione di corsi e scuole di specializzazione; f) vigila sulla condotta degli iscritti e deve denunciare al Consiglio istruttore di disciplina ogni violazione di norme deontologiche di cui sia venuto a conoscenza; elegge i componenti del Consiglio istruttore di disciplina in conformità a quanto stabilito dall'articolo 49; g) esegue il controllo della continuità, effettività, abitualità e prevalenza dell'esercizio professionale; h) tutela l'indipendenza e il decoro professionale e promuove iniziative atte ad elevare la cultura e la professionalità degli iscritti e a renderli più consapevoli dei loro doveri; i) svolge i compiti indicati nell'articolo 10 per controllare la formazione continua degli avvocati; l) dà pareri sulla liquidazione dei compensi spettanti agli iscritti; m) nel caso di morte o di perdurante impedimento di un iscritto, a richiesta e a spese di chi vi ha interesse, adotta i provvedimenti opportuni per la consegna degli atti e dei documenti; n) può costituire camere arbitrali, di conciliazione ed organismi di risoluzione alternativa delle controversie, in conformità a regolamento adottato ai sensi dell'articolo 1 e con le modalità nello stesso stabilite; o) interviene, su richiesta anche di una sola delle parti, nelle contestazioni insorte tra gli iscritti o tra costoro ed i clienti in dipendenza dell'esercizio professionale, adoperandosi per comporle; degli accordi sui compensi è redatto verbale che, depositato presso la 46 296 cancelleria del Tribunale che ne rilascia copia, ha valore di titolo esecutivo con l’apposizione della prescritta formula; cancelleria del tribunale che ne rilascia copia, ha valore di titolo esecutivo con l’apposizione della prescritta formula; p) può costituire o aderire ad Unioni regionali o interregionali tra ordini, nel rispetto dell’autonomia e delle competenze istituzionali dei singoli consigli. Le Unioni possono avere, se previsto nello statuto, funzioni di interlocuzione con le regioni, con gli enti locali e con le università, provvedono alla consultazione fra i consigli che ne fanno parte, possono assumere deliberazioni nelle materie di comune interesse e promuovere o partecipare ad attività di formazione professionale. Ciascuna Unione approva il proprio statuto e lo comunica al CNF; q) può costituire o aderire ad associazioni, anche sovranazionali, e fondazioni purché abbiano come oggetto attività connesse alla professione o alla tutela dei diritti; r) favorisce l’attuazione, nella professione forense, dell’articolo 51 della Costituzione; s) svolge tutte le altre funzioni ad esso attribuite dalla legge e dai regolamenti. p) può costituire o aderire ad unioni regionali o interregionali tra ordini, nel rispetto dell’autonomia e delle competenze istituzionali dei singoli consigli. Le unioni possono avere, se previsto nello statuto, funzioni di interlocuzione con le regioni, con gli enti locali e con le università, provvedono alla consultazione fra i consigli che ne fanno parte, possono assumere deliberazioni nelle materie di comune interesse e promuovere o partecipare ad attività di formazione professionale. Ciascuna unione approva il proprio statuto e lo comunica al CNF; q) può costituire o aderire ad associazioni, anche sovranazionali, e fondazioni purché abbiano come oggetto attività connesse alla professione o alla tutela dei diritti; r) favorisce l’attuazione, nella professione forense, dell’articolo 51 della Costituzione; s) svolge tutte le altre funzioni ad esso attribuite dalla legge e dai regolamenti; t) vigila sulla corretta applicazione, nel circondario, delle norme dell’ordinamento giudiziario segnalando violazioni ed incompatibilità agli organi competenti. 2. La gestione finanziaria e l’amministrazione dei beni dell’ordine spettano al consiglio, che provvede annualmente a sottoporre all’assemblea ordinaria il conto consuntivo e il bilancio preventivo, redatti secondo regole di contabilità conformi alle prescrizioni del regolamento approvato, ai sensi dell’articolo 1, dal CNF che devono garantire l’economicità della gestione. 3. Per provvedere alle spese di gestione e a 2. La gestione finanziaria e l’amministrazione dei beni dell’ordine spettano al consiglio, che provvede annualmente a sottoporre all’assemblea ordinaria il conto consuntivo e il bilancio preventivo, redatti secondo regole di contabilità conformi alle prescrizioni del regolamento approvato dal CNF, ai sensi dell’articolo 1, comma 5, che devono garantire l’economicità della gestione. 3. Per provvedere alle spese di gestione e a cancelleria del tribunale che ne rilascia copia, ha valore di titolo esecutivo con l'apposizione della prescritta formula; p) può costituire o aderire ad unioni regionali o interregionali tra ordini, nel rispetto dell'autonomia e delle competenze istituzionali dei singoli consigli. Le unioni possono avere, se previsto nello statuto, funzioni di interlocuzione con le regioni, con gli enti locali e con le università, provvedono alla consultazione fra i consigli che ne fanno parte, possono assumere deliberazioni nelle materie di comune interesse e promuovere o partecipare ad attività di formazione professionale. Ciascuna unione approva il proprio statuto e lo comunica al CNF; q) può costituire o aderire ad associazioni, anche sovranazionali, e fondazioni purché abbiano come oggetto attività connesse alla professione o alla tutela dei diritti; r) garantisce l'attuazione, nella professione forense, dell'articolo 51 della Costituzione; s) svolge tutte le altre funzioni ad esso attribuite dalla legge e dai regolamenti; t) vigila sulla corretta applicazione, nel circondario, delle norme dell'ordinamento giudiziario segnalando violazioni ed incompatibilità agli organi competenti. 2. La gestione finanziaria e l'amministrazione dei beni dell'ordine spettano al consiglio, che provvede annualmente a sottoporre all'assemblea ordinaria il conto consuntivo e il bilancio preventivo. 3. Per provvedere alle spese di gestione e a 47 297 tutte le attività indicate in questo articolo e ad ogni altra attività ritenuta necessaria per il conseguimento dei fini istituzionali, per la tutela del ruolo dell’Avvocatura nonché per l’organizzazione di servizi per l’utenza e per il miglior esercizio delle attività professionali il consiglio è autorizzato: a) a fissare e riscuotere un contributo annuale o contributi straordinari da tutti gli iscritti di ciascun albo, elenco o registro; b) a fissare contributi per l’iscrizione negli albi, negli elenchi, nei registri, per il rilascio di certificati, copie e tessere e per i pareri sui compensi. tutte le attività indicate nel presente articolo e ad ogni altra attività ritenuta necessaria per il conseguimento dei fini istituzionali, per la tutela del ruolo dell’avvocatura nonché per l’organizzazione di servizi per l’utenza e per il miglior esercizio delle attività professionali il consiglio è autorizzato: a) a fissare e riscuotere un contributo annuale o contributi straordinari da tutti gli iscritti di ciascun albo, elenco o registro; b) a fissare contributi per l’iscrizione negli albi, negli elenchi, nei registri, per il rilascio di certificati, copie e tessere e per i pareri sui compensi. 4. Il consiglio provvede alla riscossione dei contributi di cui alla lettera a) del comma 3 e di quelli dovuti al CNF, anche ai sensi del testo unico delle leggi sui servizi della riscossione delle imposte dirette, di cui al decreto del presidente della Repubblica del 15 maggio 1963, n. 858, mediante iscrizione a ruolo dei contributi dovuti per l’anno di competenza. 5. Coloro che non versano nei termini stabiliti il contributo annuale fissato, sono sospesi, previa contestazione dell’addebito e loro personale convocazione, dal consiglio dell’ordine, con provvedimento non avente natura disciplinare. La sospensione è revocata allorquando si sia provveduto al pagamento. 4. Il consiglio provvede alla riscossione dei contributi di cui alla lettera a) del comma 3 e di quelli dovuti al CNF, anche ai sensi del testo unico delle leggi sui servizi della riscossione delle imposte dirette, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 maggio 1963, n. 858, mediante iscrizione a ruolo dei contributi dovuti per l’anno di competenza. 5. Coloro che non versano nei termini stabiliti il contributo annuale sono sospesi, previa contestazione dell’addebito e loro personale convocazione, dal consiglio dell’ordine, con provvedimento non avente natura disciplinare. La sospensione è revocata allorquando si sia provveduto al pagamento. Art. 28. (Sportello per il cittadino) 1. Ciascun consiglio dell’ordine degli avvocati istituisce lo sportello per il cittadino volto a tutte le attività indicate nel presente articolo e ad ogni altra attività ritenuta necessaria per il conseguimento dei fini istituzionali, per la tutela del ruolo dell'avvocatura nonché per l'organizzazione di servizi per l'utenza e per il miglior esercizio delle attività professionali il consiglio è autorizzato: a) a fissare e riscuotere un contributo annuale o contributi straordinari da tutti gli iscritti a ciascun albo, elenco o registro; b) a fissare contributi per l'iscrizione negli albi, negli elenchi, nei registri, per il rilascio di certificati, copie e tessere e per i pareri sui compensi. 4. L'entità dei contributi di cui al comma 3 è fissata in misura tale da garantire il pareggio di bilancio del consiglio. 5. Il consiglio provvede alla riscossione dei contributi di cui alla lettera a) del comma 3 e di quelli dovuti al CNF, anche ai sensi del testo unico delle leggi sui servizi della riscossione delle imposte dirette, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 maggio 1963, n. 858, mediante iscrizione a ruolo dei contributi dovuti per l'anno di competenza. 6. Coloro che non versano nei termini stabiliti il contributo annuale sono sospesi, previa contestazione dell'addebito e loro personale convocazione, dal consiglio dell'ordine, con provvedimento non avente natura disciplinare. La sospensione è revocata allorquando si sia provveduto al pagamento. [soppresso] 48 298 fornire informazioni e orientamento ai cittadini per la fruizione delle prestazioni professionali di avvocato e per l’accesso alla giustizia. 2. L’accesso allo sportello per il cittadino è gratuito. 3. Il consiglio dell’ordine degli avvocati determina con proprio regolamento le modalità per l’accesso allo sportello per il cittadino. 4. Per regolare l’accesso allo sportello per il cittadino il consiglio dell’ordine degli avvocati può stipulare opportuni protocolli con Enti pubblici territoriali e con le Camere di commercio. 5. Lo sportello per il cittadino fornisce altresì alle persone che si trovino in condizioni di disagio economico, che siano residenti nel circondario del Tribunale ove ha sede l’ordine degli avvocati, informazioni di indirizzo da valere in fase precontenziosa. L’accesso allo sportello per il cittadino per le persone in condizioni di disagio economico è gratuito ed è riservato alle persone che, in relazione alle fattispecie per le quali chiedono di accedere allo sportello, si trovino nelle condizioni di reddito idonee a fruire del beneficio del patrocinio a spese dello Stato ai sensi della legislazione vigente. 6. Il consiglio dell’ordine degli avvocati determina con proprio regolamento le modalità per l’accesso allo sportello per il cittadino e per l’accertamento del requisito di reddito per l’accesso medesimo. Art. 29. (Il collegio dei revisori) 1. Il collegio dei revisori è composto da tre membri effettivi ed un supplente nominati Art. 29. (Il collegio dei revisori) 1. Il collegio dei revisori è composto da tre membri effettivi ed un supplente nominati Art. 29. (Il collegio dei revisori). 1. Il collegio dei revisori è composto da tre membri effettivi ed un supplente nominati 49 299 dal presidente del Tribunale e scelti tra gli avvocati iscritti al registro dei revisori contabili. 2. Per gli ordini con meno di tremilacinquecento iscritti la funzione è svolta da un revisore unico. 3. I revisori durano in carica tre anni e possono essere confermati per non più di due volte consecutive. 4. Il collegio verifica la regolarità della gestione patrimoniale riferendo annualmente in sede di approvazione del bilancio. dal presidente del tribunale e scelti tra gli avvocati iscritti al registro dei revisori contabili. 2. Per gli ordini con meno di tremilacinquecento iscritti la funzione è svolta da un revisore unico. 3. I revisori durano in carica quattro anni e possono essere confermati per non più di due volte consecutive. 4. Il collegio verifica la regolarità della gestione patrimoniale riferendo annualmente in sede di approvazione del bilancio. 5. Le competenze dovute ai revisori saranno liquidate tenendo conto degli onorari previsti dalle tariffe professionali ridotte al 50 per cento. 5. Le competenze dovute ai revisori sono liquidate tenendo conto degli onorari previsti dalle tariffe professionali ridotte al 50 per cento. dal presidente del tribunale e scelti tra gli avvocati iscritti al registro dei revisori contabili. 2. Per gli ordini con meno di tremilacinquecento iscritti la funzione è svolta da un revisore unico. 3. I revisori durano in carica quattro anni e possono essere confermati per non più di due volte consecutive. 4. Il collegio, che è presieduto dal più anziano per iscrizione, verifica la regolarità della gestione patrimoniale riferendo annualmente in sede di approvazione del bilancio. 5. Le competenze dovute ai revisori sono liquidate tenendo conto degli onorari previsti dalle tariffe professionali ridotte al 50 per cento. Art. 30. (Funzionamento dei Consigli dell’ordine per commissioni) 1. I consigli dell’ordine composti da nove o più membri, possono svolgere la propria attività mediante commissioni di lavoro composte da almeno tre membri, che devono essere tutti presenti ad ogni riunione per la validità delle deliberazioni. 2. Il funzionamento delle commissioni è disciplinato con regolamento interno di cui all’articolo 27, comma 1, lettera b). Il regolamento può prevedere che i componenti delle commissioni possano essere scelti, eccettuate le materie deontologiche o che trattino dati riservati, anche tra gli avvocati iscritti all’albo, anche se non consiglieri dell’ordine. Art. 30. (Funzionamento dei consigli dell’ordine per commissioni) 1. I consigli dell’ordine composti da nove o più membri possono svolgere la propria attività mediante commissioni di lavoro composte da almeno tre membri, che devono essere tutti presenti ad ogni riunione per la validità delle deliberazioni. 2. Il funzionamento delle commissioni è disciplinato con regolamento interno ai sensi dell’articolo 28, comma 1, lettera b). Il regolamento può prevedere che i componenti delle commissioni possano essere scelti, eccettuate le materie deontologiche o che trattino dati riservati, anche tra gli avvocati iscritti all’albo, anche se non consiglieri dell’ordine. Art. 30. (Funzionamento dei consigli dell'ordine per commissioni). 1. I consigli dell'ordine composti da nove o più membri possono svolgere la propria attività mediante commissioni di lavoro composte da almeno tre membri, che devono essere tutti presenti ad ogni riunione per la validità delle deliberazioni. 2. Il funzionamento delle commissioni è disciplinato con regolamento interno ai sensi dell'articolo 28, comma 1, lettera b). Il regolamento può prevedere che i componenti delle commissioni possano essere scelti, eccettuate le materie deontologiche o che trattino dati riservati, anche tra gli avvocati iscritti all'albo, anche se non consiglieri dell'ordine. Art. 31. Art. 31. Art. 31. 50 300 (Scioglimento del consiglio) 1. Il consiglio è sciolto: a) se non è in grado di funzionare regolarmente; b) se non adempie agli obblighi prescritti dalla legge; c) se ricorrono altri gravi motivi di rilevante interesse pubblico. 2. Lo scioglimento del consiglio e la nomina del commissario di cui al comma 3 sono disposti con decreto del Ministro della giustizia, su proposta del CNF, previa diffida. 3. In caso di scioglimento, le funzioni del consiglio sono esercitate da un commissario straordinario, nominato dal CNF e scelto tra gli avvocati con oltre venti anni di anzianità, il quale, improrogabilmente entro centoventi giorni dalla data di scioglimento, convoca l’assemblea per le elezioni in sostituzione. (Scioglimento del consiglio) 1. Il consiglio è sciolto: a) se non è in grado di funzionare regolarmente; b) se non adempie agli obblighi prescritti dalla legge; c) se ricorrono altri gravi motivi di rilevante interesse pubblico. 2. Lo scioglimento del consiglio e la nomina del commissario di cui al comma 3 sono disposti con decreto del Ministro della giustizia, su proposta del CNF, previa diffida. 3. In caso di scioglimento, le funzioni del consiglio sono esercitate da un commissario straordinario, nominato dal CNF e scelto tra gli avvocati con oltre venti anni di anzianità, il quale, improrogabilmente entro centoventi giorni dalla data di scioglimento, convoca l’assemblea per le elezioni in sostituzione. 4. Il commissario, per essere coadiuvato nell’esercizio delle sue funzioni, può nominare un comitato di non più di sei componenti, scelti tra gli iscritti all’albo, di cui uno con funzioni di segretario. 4. Il commissario, per essere coadiuvato nell’esercizio delle sue funzioni, può nominare un comitato di non più di sei componenti, scelti tra gli iscritti all’albo, di cui uno con funzioni di segretario. (Scioglimento del consiglio). 1. Il consiglio è sciolto: a) se non è in grado di funzionare regolarmente; b) se non adempie agli obblighi prescritti dalla legge; c) se ricorrono altri gravi motivi di rilevante interesse pubblico. 2. Lo scioglimento del consiglio e la nomina del commissario di cui al comma 3 sono disposti con decreto del Ministro della giustizia, su proposta del CNF, previa diffida. 3. In caso di scioglimento, le funzioni del consiglio sono esercitate da un commissario straordinario, nominato dal CNF e scelto tra gli avvocati con oltre venti anni di anzianità, il quale, improrogabilmente entro centoventi giorni dalla data di scioglimento, convoca l'assemblea per le elezioni in sostituzione. 4. Il commissario, per essere coadiuvato nell'esercizio delle sue funzioni, può nominare un comitato di non più di sei componenti, scelti tra gli iscritti all'albo, di cui uno con funzioni di segretario. Capo II CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Capo II CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Capo III CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Art. 32. (Durata e composizione) 1. Il CNF, previsto e disciplinato dagli articolo 52 e seguenti del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, e 59 e seguenti del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37, ha sede presso il Ministero della giustizia e dura in carica quattro anni; i suoi componenti non possono essere eletti consecutivamente più Art. 32. (Durata e composizione) 1. Il CNF, previsto e disciplinato dagli articoli 52 e seguenti del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, e dagli articoli 59 e seguenti del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37, ha sede presso il Ministero della giustizia e dura in Art. 32. (Durata e composizione). 1. Il CNF, previsto e disciplinato dagli articoli 52 e seguenti del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, e dagli articoli 59 e seguenti del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37, ha sede presso il Ministero della giustizia e dura in 51 301 di tre volte. Il consiglio uscente resta in carica per il disbrigo degli affari correnti fino all’insediamento del consiglio neoeletto. 2. Il CNF è composto da avvocati aventi i requisiti di cui all’articolo 36, , in numero di un componente per ciascun distretto di Corte d’appello. Il voto è espresso per un solo candidato; risulta eletto chi abbia riportato il maggior numero di voti. Le elezioni per la nomina dei componenti del CNF devono svolgersi nei quindici giorni prima della scadenza del consiglio in carica. La proclamazione dei risultati delle elezioni è fatta dal consiglio in carica, il quale cessa dalle sue funzioni alla prima riunione del nuovo consiglio convocata dal presidente in carica. 3. A ciascun consiglio spetta un voto per ogni cento iscritti o frazione di cento fino a duecento iscritti, ed un voto ogni duecento iscritti fino a seicento iscritti ed un voto ogni trecento iscritti da seicento iscritti ed oltre. In caso di parità di voti è preferito il carica quattro anni. I suoi componenti non possono essere eletti consecutivamente più di due volte. Il Consiglio uscente resta in carica per il disbrigo degli affari correnti fino all’insediamento del Consiglio neoeletto. 2. Il CNF è composto da avvocati aventi i requisiti di cui all’articolo 36. Ciascun distretto di corte d’appello elegge un componente se il numero degli avvocati iscritti all’albo è inferiore a diecimila e due componenti se il numero degli iscritti è superiore. Il voto è espresso per un solo candidato; risulta eletto chi abbia riportato il maggior numero di voti. Le elezioni per la nomina dei componenti del CNF devono svolgersi nei quindici giorni prima della scadenza del Consiglio in carica. La proclamazione dei risultati delle elezioni è fatta dal Consiglio in carica, il quale cessa dalle sue funzioni alla prima riunione del nuovo Consiglio convocata dal presidente in carica. 3. A ciascun consiglio spetta: un voto per ogni cento iscritti o frazione di cento fino a duecento iscritti; un voto per ogni successivi trecento iscritti, da cinquecento fino ad ottocento iscritti; un voto per ogni successivi seicento iscritti, da ottocento fino a duemila carica quattro anni. I suoi componenti non possono essere eletti consecutivamente più di due volte. Il Consiglio uscente resta in carica per il disbrigo degli affari correnti fino all'insediamento del Consiglio neoeletto. 2. Il CNF è composto da avvocati aventi i requisiti di cui all'articolo 36. Ciascun distretto di corte d'appello in cui il numero complessivo degli iscritti agli albi è inferiore a diecimila elegge un componente. Risulta eletto chi abbia riportato il maggior numero di voti. Non può appartenere per più di due mandati consecutivi allo stesso ordine circondariale il componente eletto in tali distretti. Ciascun distretto di corte di appello in cui il numero complessivo degli iscritti agli albi è pari o superiore a diecimila elegge due componenti; in tali distretti risulta primo eletto chi abbia riportato il maggior numero di voti, secondo eletto chi abbia riportato il maggior numero di voti tra gli iscritti ad un ordine circondariale diverso da quello al quale appartiene il primo eletto. In tutti i distretti, il voto è comunque espresso per un solo candidato. In ogni caso, a parità di voti, è eletto il candidato più anziano di iscrizione. Le elezioni per la nomina dei componenti del CNF devono svolgersi nei quindici giorni prima della scadenza del Consiglio in carica. La proclamazione dei risultati è fatta dal Consiglio in carica, il quale cessa dalle sue funzioni alla prima riunione del nuovo Consiglio convocato dal presidente in carica. 3. A ciascun consiglio spetta un voto per ogni cento iscritti o frazione di cento, fino a duecento iscritti; un voto per ogni successivi trecento iscritti, da duecentouno fino ad ottocento iscritti; un voto per ogni successivi seicento iscritti, da ottocentouno fino a 52 302 candidato più anziano per iscrizione nell’albo, e tra coloro che abbiano eguale anzianità di iscrizione, il maggiore di età. 4. Il CNF elegge il presidente, due vicepresidenti, il segretario ed il tesoriere, che, formano il consiglio di presidenza; nomina inoltre i componenti delle commissioni, e degli altri organi previsti dal regolamento. 5. Si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo 23 novembre 1944, n. 382, per quanto non espressamente previsto. iscritti; un voto per ogni successivi mille iscritti, da duemila a diecimila iscritti; un voto per ogni successivi tremila iscritti, al di sopra dei diecimila iscritti. 4. Il CNF elegge il presidente, due vicepresidenti, il segretario ed il tesoriere, che formano il consiglio di presidenza. Nomina inoltre i componenti delle commissioni e degli altri organi previsti dal regolamento. 5. Si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo luogotenenziale 23 novembre 1944, n. 382, per quanto non espressamente previsto. duemila iscritti; un voto per ogni successivi mille iscritti, da duemilauno a diecimila iscritti; un voto per ogni successivi tremila iscritti, al di sopra dei diecimila. 4. Il CNF elegge il presidente, due vicepresidenti, il segretario ed il tesoriere, che formano il consiglio di presidenza. Nomina inoltre i componenti delle commissioni e degli altri organi previsti dal regolamento. 5. Si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo luogotenenziale 23 novembre 1944, n. 382, per quanto non espressamente previsto. Art. 33. (Compiti e prerogative) Art. 33. (Compiti e prerogative) 1. Il CNF: a) ha la rappresentanza istituzionale dell’avvocatura a livello nazionale e promuove i rapporti con le istituzioni e le pubbliche amministrazioni competenti; 1. Il CNF: a) ha la rappresentanza istituzionale dell’avvocatura a livello nazionale e promuove i rapporti con le istituzioni e le pubbliche amministrazioni competenti; b) adotta i regolamenti per l’attuazione dell’ordinamento professionale, ai sensi dell’articolo 1, comma 5, e i regolamenti interni per il suo funzionamento; c) esercita la funzione giurisdizionale secondo le previsioni di cui agli articoli da 59 a 65 del RD 22 gennaio 1934 n. 37; b) adotta i regolamenti interni per il funzionamento dell’ordinamento professionale; Art. 33. (Compiti e prerogative). 1. Il CNF: a) ha in via esclusiva la rappresentanza istituzionale dell'avvocatura a livello nazionale e promuove i rapporti con le istituzioni e le pubbliche amministrazioni competenti; b) adotta i regolamenti interni per il proprio funzionamento e, ove occorra, per quello degli ordini circondariali; c) esercita la funzione giurisdizionale secondo le previsioni di cui agli articoli da 59 a 65 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37; d) emana e aggiorna periodicamente il codice deontologico, curandone la pubblicazione e la diffusione in modo da favorirne la più ampia conoscenza, sentiti i consigli degli ordini, anche mediante una propria commissione consultiva presieduta dal suo presidente o da altro consigliere da lui delegato, e formata da componenti del c) esercita la funzione giurisdizionale secondo le previsioni di cui agli articoli da 59 a 65 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37; d) emana e aggiorna periodicamente il codice deontologico, curandone la pubblicazione e la diffusione in modo da favorirne la più ampia conoscenza, sentiti i consigli dell'ordine circondariali, anche mediante una propria commissione consultiva presieduta dal suo presidente o da altro consigliere da lui delegato e formata da d) emana e aggiorna periodicamente, il codice deontologico, curandone la pubblicazione e la diffusione in modo da favorirne la più ampia conoscenza, sentiti i consigli degli ordini, anche mediante una propria commissione consultiva presieduta dal suo presidente o da altro consigliere da lui delegato, e formata da componenti del 53 303 CNF, e da consiglieri designati dagli ordini in base al regolamento interno del CNF; CNF e da consiglieri designati dagli ordini in base al regolamento interno del CNF; e) cura la tenuta e l’aggiornamento dell’albo speciale per il patrocinio avanti alle giurisdizioni superiori e redige l’elenco nazionale degli avvocati ai sensi dell’articolo 15; f) promuove attività di coordinamento e di indirizzo dei consigli territoriali, al fine di rendere omogenee le condizioni di esercizio della professione e dell’accesso alla stessa; e) cura la tenuta e l’aggiornamento dell’albo speciale per il patrocinio avanti alle giurisdizioni superiori e redige l’elenco nazionale degli avvocati ai sensi dell’articolo 14, comma 5; f) promuove attività di coordinamento e di indirizzo dei consigli territoriali al fine di rendere omogenee le condizioni di esercizio della professione e di accesso alla stessa; g) propone ogni due anni al Ministro della giustizia le tariffe professionali; h) collabora con i consigli dell’ordine circondariali alla conservazione e alla tutela dell’indipendenza e del decoro professionale; i) provvede agli adempimenti previsti dagli articoli 41 e 42 per i rapporti con le università e dagli articoli 44 e 45 per quanto attiene ai corsi integrativi di formazione professionale; l) esprime pareri in merito alla previdenza forense; m) approva i conti consuntivi e i bilanci preventivi delle proprie gestioni; n) adotta il regolamento in materia di specializzazioni ai sensi dell’articolo 8, comma 5; o) propone al Ministro di giustizia di sciogliere i consigli dell’ordine circondariali quando sussistano le condizioni previste nell’articolo 31; p) cura, mediante pubblicazioni, l’informazione sulla propria attività e sugli argomenti d’interesse dell’avvocatura; q) esprime, su richiesta del Ministro della giustizia, pareri su proposte e disegni di g) propone ogni due anni al Ministro della giustizia le tariffe professionali; h) collabora con i consigli dell’ordine circondariali alla conservazione e alla tutela dell’indipendenza e del decoro professionale; i) provvede agli adempimenti previsti dall’articolo 38 per i rapporti con le università e dall’articolo 41 per quanto attiene ai corsi di formazione di indirizzo professionale; l) esprime pareri in merito alla previdenza forense; m) approva i conti consuntivi e i bilanci preventivi delle proprie gestioni; n) adotta il regolamento in materia di specializzazioni ai sensi dell’articolo 8, comma 1; o) propone al Ministro della giustizia di sciogliere i consigli dell’ordine circondariali quando sussistano le condizioni previste nell’articolo 31; p) cura, mediante pubblicazioni, l’informazione sulla propria attività e sugli argomenti d’interesse dell’avvocatura; q) esprime, su richiesta del Ministro della giustizia, pareri su proposte e disegni di componenti del CNF e da consiglieri designati dagli ordini in base al regolamento interno del CNF; e) cura la tenuta e l'aggiornamento dell'albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori e redige l'elenco nazionale degli avvocati ai sensi dell'articolo 14, comma 5; f) promuove attività di coordinamento e di indirizzo dei consigli dell'ordine circondariali al fine di rendere omogenee le condizioni di esercizio della professione e di accesso alla stessa; g) propone ogni due anni al Ministro della giustizia le tariffe professionali; h) collabora con i consigli dell'ordine circondariali alla conservazione e alla tutela dell'indipendenza e del decoro professionale; i) provvede agli adempimenti previsti dall'articolo 38 per i rapporti con le università e dall'articolo 41 per quanto attiene ai corsi di formazione di indirizzo professionale; l) esprime pareri in merito alla previdenza forense; m) approva i conti consuntivi e i bilanci preventivi delle proprie gestioni; n) propone al Ministro della giustizia di sciogliere i consigli dell'ordine circondariali quando sussistano le condizioni previste nell'articolo 31; o) cura, mediante pubblicazioni, l'informazione sulla propria attività e sugli argomenti d'interesse dell'avvocatura; p) esprime, su richiesta del Ministro della giustizia, pareri su proposte e disegni di 54 304 legge che, anche indirettamente, interessino la professione forense e l’amministrazione della giustizia; r) istituisce e disciplina, con apposito regolamento, l’osservatorio permanente sull’esercizio della giurisdizione, che raccoglie dati ed elabora studi e proposte diretti a favorire una più efficiente amministrazione delle funzioni giurisdizionali; s) designa rappresentanti di categoria presso commissioni ed organi nazionali o internazionali; t) esprime pareri richiesti dalle pubbliche amministrazioni; u) svolge ogni altra funzione ad esso attribuita dalla legge e dai regolamenti. 2. Nei limiti necessari per coprire le spese della sua gestione, il CNF è autorizzato: legge che, anche indirettamente, interessino la professione forense e l’amministrazione della giustizia; r) istituisce e disciplina, con apposito regolamento, l’osservatorio permanente sull’esercizio della giurisdizione, che raccoglie dati ed elabora studi e proposte diretti a favorire una più efficiente amministrazione delle funzioni giurisdizionali; s) designa rappresentanti di categoria presso commissioni ed organi nazionali o internazionali; t) esprime pareri richiesti dalle pubbliche amministrazioni; u) svolge ogni altra funzione ad esso attribuita dalla legge e dai regolamenti. 2. Nei limiti necessari per coprire le spese della sua gestione, il CNF è autorizzato: legge che, anche indirettamente, interessino la professione forense e l'amministrazione della giustizia; q) istituisce e disciplina, con apposito regolamento, l'osservatorio permanente sull'esercizio della giurisdizione, che raccoglie dati ed elabora studi e proposte diretti a favorire una più efficiente amministrazione delle funzioni giurisdizionali; r) designa rappresentanti di categoria presso commissioni ed organi nazionali o internazionali; - a) a determinare la misura del contributo annuale dovuto dagli avvocati iscritti negli albi ed elenchi; b) a stabilire diritti per il rilascio di certificati e copie; c) a stabilire la misura della tassa di iscrizione e del contributo annuale dovuto dall’iscritto nell’albo dei patrocinanti innanzi le giurisdizioni superiori. 3. La riscossione del contributo annuale è compiuta dagli ordini circondariali, secondo quanto previsto da apposito regolamento adottato dal CNF ai sensi dell’articolo 1, comma 5. a) a determinare la misura del contributo annuale dovuto dagli avvocati iscritti negli albi ed elenchi; b) a stabilire diritti per il rilascio di certificati e copie; c) a stabilire la misura della tassa di iscrizione e del contributo annuale dovuto dall’iscritto nell’albo dei patrocinanti innanzi le giurisdizioni superiori. 3. La riscossione del contributo annuale è compiuta dagli ordini circondariali, secondo quanto previsto da apposito regolamento adottato dal CNF. s) svolge ogni altra funzione ad esso attribuita dalla legge e dai regolamenti. 2. Nei limiti necessari per coprire le spese della sua gestione, e al fine di garantire quantomeno il pareggio di bilancio, il CNF è autorizzato: a) a determinare la misura del contributo annuale dovuto dagli avvocati iscritti negli albi ed elenchi; b) a stabilire diritti per il rilascio di certificati e copie; c) a stabilire la misura della tassa di iscrizione e del contributo annuale dovuto dall'iscritto nell'albo dei patrocinanti davanti alle giurisdizioni superiori. 3. La riscossione del contributo annuale è compiuta dagli ordini circondariali, secondo quanto previsto da apposito regolamento adottato dal CNF. Art. 34. (Competenza giurisdizionale) 1. Il CNF pronuncia sui ricorsi avverso i provvedimenti disciplinari nonché in materia Art. 34. (Competenza giurisdizionale) 1. Il CNF pronuncia sui reclami avverso i provvedimenti disciplinari nonché in materia Art. 34. (Competenza giurisdizionale). 1. Il CNF pronuncia sui reclami avverso i provvedimenti disciplinari nonché in materia 55 305 di albi, elenchi e registri e rilascio di certificato di compiuta pratica; pronuncia sui ricorsi relativi alle elezioni dei consigli dell’ordine; risolve i conflitti di competenza tra ordini circondariali; esercita il potere disciplinare nei confronti dei propri componenti. La funzione giurisdizionale si svolge secondo le previsioni di cui agli articoli da 59 a 65 del RD 22 gennaio 1934 nr. 37 2. Le udienze del CNF sono pubbliche; ad esse partecipa, con funzioni di pubblico ministero, un magistrato, con grado non inferiore a consigliere di Cassazione, delegato dal procuratore generale presso la Corte di cassazione. 3. Le decisioni del CNF sono notificate, entro trenta giorni, all’interessato e al pubblico ministero presso la Corte d’appello e il tribunale della circoscrizione alla quale l’interessato appartiene. Nello stesso termine sono comunicate al consiglio dell’ordine della circoscrizione stessa. di albi, elenchi e registri e rilascio di certificato di compiuta pratica; pronuncia sui ricorsi relativi alle elezioni dei consigli dell’ordine; risolve i conflitti di competenza tra ordini circondariali; esercita le funzioni disciplinari nei confronti dei propri componenti, quando il consiglio distrettuale di disciplina competente abbia deliberato l’apertura del procedimento disciplinare. La funzione giurisdizionale si svolge secondo le previsioni di cui agli articoli da 59 a 65 del regio decreto 22 gennaio 1934 n. 37. 2. Le udienze del CNF sono pubbliche. Ad esse partecipa, con funzioni di pubblico ministero, un magistrato, con grado non inferiore a consigliere di cassazione, delegato dal procuratore generale presso la Corte di cassazione. 3. Le decisioni del CNF sono notificate, entro trenta giorni, all’interessato e al pubblico ministero presso la corte d’appello e il tribunale della circoscrizione alla quale l’interessato appartiene. Nello stesso termine sono comunicate al consiglio dell’ordine della circoscrizione stessa. 4. Nei casi di cui al comma 1 la notificazione è fatta agli interessati e al pubblico ministero presso la Corte di cassazione. 5. Gli interessati e il pubblico ministero possono proporre ricorso avverso le decisioni del CNF alle sezioni unite della Corte di cassazione, entro trenta giorni dalla notificazioni, per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge. 6. Il ricorso non ha effetto sospensivo. 4. Nei casi di cui al comma 1 la notificazione è fatta agli interessati e al pubblico ministero presso la Corte di cassazione. 5. Gli interessati e il pubblico ministero possono proporre ricorso avverso le decisioni del CNF alle sezioni unite della Corte di cassazione, entro trenta giorni dalla notificazione, per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge. 6. Il ricorso non ha effetto sospensivo. di albi, elenchi e registri e rilascio di certificato di compiuta pratica; pronuncia sui ricorsi relativi alle elezioni dei consigli dell'ordine; risolve i conflitti di competenza tra ordini circondariali; esercita le funzioni disciplinari nei confronti dei propri componenti, quando il Consiglio istruttore di disciplina competente abbia deliberato l'apertura del procedimento disciplinare. La funzione giurisdizionale si svolge secondo le previsioni di cui agli articoli da 59 a 65 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37. 2. Le udienze del CNF sono pubbliche. Ad esse partecipa, con funzioni di pubblico ministero, un magistrato, con grado non inferiore a consigliere di cassazione, delegato dal procuratore generale presso la Corte di cassazione. 3. Per la partecipazione alle procedure in materia disciplinare del CNF, ai magistrati non sono riconosciuti compensi, indennità o gettoni di presenza. 4. Le decisioni del CNF sono notificate, entro trenta giorni, all'interessato e al pubblico ministero presso la corte d'appello e il tribunale della circoscrizione alla quale l'interessato appartiene. Nello stesso termine sono comunicate al consiglio dell'ordine della circoscrizione stessa. 5. Nei casi di cui al comma 1 la notificazione è fatta agli interessati e al pubblico ministero presso la Corte di cassazione. 6. Gli interessati e il pubblico ministero possono proporre ricorso avverso le decisioni del CNF alle sezioni unite della Corte di cassazione, entro trenta giorni dalla notificazione, per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge. 7. Il ricorso non ha effetto sospensivo. 56 306 Tuttavia l’esecuzione può essere sospesa dalle sezioni unite della Corte di cassazione in camera di consiglio su istanza del ricorrente. 7. Nel caso di annullamento con rinvio, il rinvio è fatto al CNF, il quale deve conformarsi alla decisione della Corte circa il punto di diritto sul quale essa ha pronunciato. Tuttavia l’esecuzione può essere sospesa dalle sezioni unite della Corte di cassazione in camera di consiglio su istanza del ricorrente. 7. Nel caso di annullamento con rinvio, il rinvio è fatto al CNF, il quale deve conformarsi alla decisione della Corte di cassazione circa il punto di diritto sul quale essa ha pronunciato. Tuttavia l'esecuzione può essere sospesa dalle sezioni unite della Corte di cassazione in camera di consiglio su istanza del ricorrente. 8. Nel caso di annullamento con rinvio, il rinvio è fatto al CNF, il quale deve conformarsi alla decisione della Corte di cassazione circa il punto di diritto sul quale essa ha pronunciato. Art. 35. (Funzionamento) 1. Il CNF pronuncia sui ricorsi indicati nell’articolo 34 secondo le previsioni di cui agli articoli da 59 a 65 del R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, applicando, se necessario, le norme ed i principi del codice di procedura civile. 2. Nei procedimenti giurisdizionali si applicano le norme del codice di procedura civile sulla astensione e ricusazione dei giudici. I provvedimenti del CNF su impugnazione di delibere dei Consigli distrettuali di disciplina e dei Consigli circondariali hanno natura di sentenza. 3. Il controllo contabile e della gestione è svolto da un collegio di tre revisori dei conti nominato dal Primo presidente della Corte di cassazione, che li sceglie tra gli iscritti al registro dei revisori, nominando anche due revisori supplenti. Art. 35. (Funzionamento) 1. Il CNF pronuncia sui ricorsi indicati nell’articolo 34 secondo le previsioni di cui agli articoli da 59 a 65 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37, applicando, se necessario, le norme ed i princìpi del codice di procedura civile. 2. Nei procedimenti giurisdizionali si applicano le norme del codice di procedura civile sulla astensione e ricusazione dei giudici. I provvedimenti del CNF su impugnazione di delibere dei consigli istruttori di disciplina e dei consigli circondariali hanno natura di sentenza. 3. Il controllo contabile e della gestione è svolto da un collegio di tre revisori dei conti nominato dal Primo presidente della Corte di cassazione, che li sceglie tra gli iscritti al registro dei revisori, nominando anche due revisori supplenti. 4. Per il compenso dei revisori si applica il criterio di cui all’articolo 29, comma 5. 5. Il CNF può svolgere la propria attività non giurisdizionale istituendo commissioni di lavoro, anche eventualmente con la partecipazione di membri esterni al Consiglio. 4. Per il compenso dei revisori si applica il criterio di cui all’articolo 29, comma 5. 5. Il CNF può svolgere la propria attività non giurisdizionale istituendo commissioni di lavoro, anche eventualmente con la partecipazione di membri esterni al Consiglio. Art. 35. (Funzionamento). 1. Il CNF pronuncia sui ricorsi indicati nell'articolo 34 secondo le previsioni di cui agli articoli da 59 a 65 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37, applicando, se necessario, le norme ed i princìpi del codice di procedura civile. 2. Nei procedimenti giurisdizionali si applicano le norme del codice di procedura civile sulla astensione e ricusazione dei giudici. I provvedimenti del CNF su impugnazione di delibere dei Consigli istruttori di disciplina e dei consigli circondariali hanno natura di sentenza. 3. Il controllo contabile e della gestione è svolto da un collegio di tre revisori dei conti nominato dal primo presidente della Corte di cassazione, che li sceglie tra gli iscritti al registro dei revisori, nominando anche due revisori supplenti. Il collegio è presieduto dal componente più anziano per iscrizione. 4. Per il compenso dei revisori si applica il criterio di cui all'articolo 29, comma 5. 5. Il CNF può svolgere la propria attività non giurisdizionale istituendo commissioni di lavoro, anche eventualmente con la partecipazione di membri esterni al Consiglio. 57 307 Art. 36. (Eleggibilità e incompatibilità) 1. Sono eleggibili al CNF gli iscritti all’albo speciale per il patrocinio avanti le giurisdizioni superiori. Risultano eletti coloro che hanno riportato il maggior numero di voti; in caso di parità di voti risulta eletto il più anziano per iscrizione e, tra coloro che abbiano uguale anzianità di iscrizione, il maggiore di età. 2. Non possono essere eletti coloro che abbiano riportato, nei cinque anni precedenti, condanna anche non definitiva ad una sanzione disciplinare più grave dell’avvertimento. 3. La carica di consigliere nazionale è incompatibile con quella di consigliere dell’ordine e di componente del consiglio di amministrazione e del comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense. 4. L’eletto che viene a trovarsi in condizione di incompatibilità deve optare per uno degli incarichi entro trenta giorni dalla proclamazione; nel caso in cui non vi provveda decade automaticamente dall’incarico assunto in precedenza. Art. 36. (Eleggibilità e incompatibilità) 1. Sono eleggibili al CNF gli iscritti all’albo speciale per il patrocinio avanti le giurisdizioni superiori. Risultano eletti coloro che hanno riportato il maggior numero di voti. In caso di parità di voti risulta eletto il più anziano per iscrizione e, tra coloro che abbiano uguale anzianità di iscrizione, il maggiore di età. 2. Non possono essere eletti coloro che abbiano riportato, nei cinque anni precedenti, condanna esecutiva anche non definitiva ad una sanzione disciplinare più grave dell’avvertimento. 3. La carica di consigliere nazionale è incompatibile con quella di consigliere dell’ordine e di componente del consiglio di amministrazione e del comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense. 4. L’eletto che viene a trovarsi in condizione di incompatibilità deve optare per uno degli incarichi entro trenta giorni dalla proclamazione. Nel caso in cui non vi provveda, decade automaticamente dall’incarico assunto in precedenza. Art. 36. (Eleggibilità e incompatibilità). 1. Sono eleggibili al CNF gli iscritti all'albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori. Risultano eletti coloro che hanno riportato il maggior numero di voti. In caso di parità di voti risulta eletto il più anziano per iscrizione e, tra coloro che abbiano uguale anzianità di iscrizione, il maggiore di età. 2. Non possono essere eletti coloro che abbiano riportato, nei cinque anni precedenti, condanna esecutiva anche non definitiva ad una sanzione disciplinare più grave dell'avvertimento. 3. La carica di consigliere nazionale è incompatibile con quella di consigliere dell'ordine e di componente del consiglio di amministrazione e del comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense. 4. L'eletto che viene a trovarsi in condizione di incompatibilità deve optare per uno degli incarichi entro trenta giorni dalla proclamazione. Nel caso in cui non vi provveda, decade automaticamente dall'incarico assunto in precedenza. Capo III CONGRESSO NAZIONALE FORENSE Capo III CONGRESSO NAZIONALE FORENSE Capo IV CONGRESSO NAZIONALE FORENSE Art. 37. (Congresso nazionale forense) 1. Il CNF convoca il congresso nazionale Art. 37. (Congresso nazionale forense) 1. Il CNF convoca il congresso nazionale Art. 37. (Congresso nazionale forense). 1. Il CNF convoca il congresso nazionale 58 308 forense. 2. Il congresso nazionale forense è il momento di confluenza di tutte le sue componenti dell’Avvocatura italiana nel rispetto della loro autonomia; tratta e formula proposte sui temi della giustizia e della tutela dei diritti fondamentali dei cittadini, nonché le questioni che riguardano la professione forense. 3. Il congresso nazionale forense delibera autonomamente le proprie norme regolamentari e statutarie, e, in quanto previsto dallo statuto, elegge l’organismo chiamato a dare attuazione ai suoi deliberati. forense, almeno ogni tre anni. 2. Il congresso nazionale forense è il momento di confluenza di tutte le componenti dell’avvocatura italiana nel rispetto della loro autonomia. Tratta e formula proposte sui temi della giustizia e della tutela dei diritti fondamentali dei cittadini, nonché le questioni che riguardano la professione forense. 3. Il congresso nazionale forense delibera autonomamente le proprie norme regolamentari e statutarie, ed elegge l’organismo chiamato a dare attuazione ai suoi deliberati. forense almeno ogni tre anni. 2. Il congresso nazionale forense è la massima assise dell'avvocatura italiana nel rispetto dell'identità e dell'autonomia di ciascuna delle sue componenti associative. Tratta e formula proposte sui temi della giustizia e della tutela dei diritti fondamentali dei cittadini, nonché le questioni che riguardano la professione forense. 3. Il congresso nazionale forense delibera autonomamente le proprie norme regolamentari e statutarie, ed elegge l'organismo chiamato a dare attuazione ai suoi deliberati. TITOLO IV ACCESSO ALLA PROFESSIONE Capo I RAPPORTI CON L’UNIVERSITÀ TITOLO IV ACCESSO ALLA PROFESSIONE FORENSE Capo I TIROCINIO PROFESSIONALE TITOLO IV ACCESSO ALLA PROFESSIONE FORENSE Capo I TIROCINIO PROFESSIONALE Art. 38. (Corsi di laurea specialistici) 1. Ferma restando l’autonomia didattica degli atenei e la libertà di insegnamento dei docenti, le facoltà di giurisprudenza delle Università pubbliche e private assicurano il carattere professionalizzante dei propri insegnamenti, promuovendo altresì l’orientamento pratico e casistico degli studi. Art. 39. (Integrazione dei consigli delle facoltà di giurisprudenza) 1. Ai fini di cui all’articolo 38, i consigli delle facoltà di giurisprudenza sono integrati dal presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati nel cui territorio ha sede l’università, o da un avvocato da questi [soppresso] [soppresso] 59 309 delegato, che partecipa alle sedute convocate per discutere profili applicativi del principio di cui all’articolo 38. 2. Previo parere favorevole del CNF e della Conferenza dei presidi delle facoltà di giurisprudenza, i presidenti dei consigli dell’ordine degli avvocati nel cui territorio non esistono facoltà di giurisprudenza possono partecipare alle sedute del consiglio della facoltà di giurisprudenza della università viciniore. Art. 40. (Accordi tra università e ordini forensi) 1. Le università e i consigli dell’ordine degli avvocati possono stipulare convenzioniquadro per la disciplina dei rapporti reciproci, anche di carattere finanziario. 2. Il CNF e la Conferenza dei presidi delle facoltà di giurisprudenza promuovono, anche mediante la stipulazione di apposita convenzione e l’istituzione di un osservatorio permanente congiunto, la piena collaborazione tra le facoltà di giurisprudenza e gli ordini forensi, per il perseguimento dei fini di cui al presente capo. Art. 38. (Accordi tra università e ordini forensi) 1. Le università e i consigli dell’ordine degli avvocati possono stipulare convenzioniquadro per la disciplina dei rapporti reciproci, anche di carattere finanziario. 2. Il CNF e la Conferenza dei presidi delle facoltà di giurisprudenza promuovono, anche mediante la stipulazione di apposita convenzione e l’istituzione di un osservatorio permanente congiunto, la piena collaborazione tra le facoltà di giurisprudenza e gli ordini forensi, per il perseguimento dei fini di cui al presente capo. Art. 38. (Accordi tra università e ordini forensi). 1. I consigli dell'ordine degli avvocati possono stipulare convenzioni, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, con le università per la disciplina dei rapporti reciproci. 2. Il CNF e la Conferenza dei presidi delle facoltà di giurisprudenza promuovono, anche mediante la stipulazione di apposita convenzione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la piena collaborazione tra le facoltà di giurisprudenza e gli ordini forensi, per il perseguimento dei fini di cui al presente capo. Art. 39. (Contenuti e modalità di svolgimento del tirocinio) 1. Il tirocinio professionale consiste nell’addestramento, a contenuto teorico e pratico, del praticante avvocato finalizzato a fargli conseguire le capacità necessarie per l’esercizio della professione di avvocato e per Art. 39. (Contenuti e modalità di svolgimento del tirocinio). 1. Il tirocinio professionale consiste nell'addestramento, a contenuto teorico e pratico, del praticante avvocato finalizzato a fargli conseguire le capacità necessarie per l'esercizio della professione di avvocato e per Capo II IL TIROCINIO PROFESSIONALE Art. 41 (Contenuti e modalità di svolgimento) 1. Il tirocinio professionale consiste nell’addestramento, a contenuto teorico e pratico, del praticante avvocato finalizzato a fargli conseguire le capacità necessarie per l’esercizio della professione di avvocato e per 60 310 la gestione di uno studio legale nonché a fargli apprendere e rispettare i princìpi etici e le regole deontologiche. 2. Presso il consiglio dell’ordine è tenuto il registro dei praticanti avvocati, l’iscrizione al quale è condizione per lo svolgimento del tirocinio professionale. Ai fini dell’iscrizione nel registro dei praticanti è necessario il superamento di un test di ingresso, da svolgersi periodicamente con modalità informatiche presso la sede dei consigli degli ordini distrettuali, tendente ad accertare la preparazione di base del candidato sui princìpi generali degli ordinamenti e degli istituti giuridici fondamentali. 3. Il test di ingresso è disciplinato da regolamento emanato dal CNF, con il quale sono determinati le caratteristiche dei quesiti, i metodi per l’assegnazione degli stessi ai candidati, l’attribuzione dei punteggi, le caratteristiche dei sistemi informativi e tutto quanto attiene alla esecuzione e alla correzione della prova stessa. L’aspirante praticante avvocato è ammesso a sostenere il test di ingresso nella sede di Corte di appello nel cui distretto ha la residenza. Ai fini dell’espletamento della prova informatica e della correzione della stessa viene istituita, per la durata massima di due anni, presso l’ordine distrettuale apposita commissione, formata da avvocati, magistrati e docenti universitari. 4. Per l’iscrizione nel registro dei praticanti avvocati e la cancellazione dallo stesso si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste dall’articolo 15. 5. Lo svolgimento del tirocinio è la gestione di uno studio legale nonché a fargli apprendere e rispettare i princìpi etici e le regole deontologiche. 2. Presso il consiglio dell’ordine è tenuto il registro dei praticanti avvocati, l’iscrizione al quale è condizione per lo svolgimento del tirocinio professionale. Ai fini dell’iscrizione nel registro dei praticanti è necessario il superamento di una prova di ingresso, da svolgere con modalità informatiche presso ciascun consiglio dell’ordine, tendente ad accertare la preparazione di base del candidato sui princìpi generali dell’ordinamento e sugli istituti giuridici fondamentali. La prova di ingresso si svolge almeno ogni quattro mesi. 3. La prova di ingresso è disciplinata da regolamento emanato dal CNF, con il quale sono determinati le caratteristiche dei quesiti, i metodi per l’assegnazione degli stessi ai candidati, l’attribuzione dei punteggi, le caratteristiche dei sistemi informativi e tutto quanto attiene alla esecuzione e alla correzione della prova stessa. L’aspirante praticante avvocato è ammesso a sostenere la prova di ingresso presso il consiglio dell’ordine del tribunale nel cui circondario ha la residenza. Ai fini dell’espletamento della prova informatica e della correzione della stessa viene istituita, per la durata massima di due anni, presso ciascuna sede di circondario, apposita commissione, formata da avvocati, magistrati e docenti universitari. 4. Per l’iscrizione nel registro dei praticanti avvocati e la cancellazione dallo stesso si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste dall’articolo 16. 5. Lo svolgimento del tirocinio è la gestione di uno studio legale nonché a fargli apprendere e rispettare i princìpi etici e le regole deontologiche. 2. Presso il consiglio dell'ordine è tenuto il registro dei praticanti avvocati, l'iscrizione al quale è condizione per lo svolgimento del tirocinio professionale. Ai fini dell'iscrizione nel registro dei praticanti è necessario aver conseguito la laurea in giurisprudenza. - 3. Per l'iscrizione nel registro dei praticanti avvocati e la cancellazione dallo stesso si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste dall'articolo 16. 4. Lo svolgimento del tirocinio è 61 311 incompatibile con qualunque rapporto di impiego pubblico o privato, con il compimento di altri tirocini professionali e con l’esercizio di attività di impresa; al praticante avvocato si applica, inoltre il regime delle incompatibilità e delle relative eccezioni previsto per l’avvocato dagli articoli 16 e 17. 6. Il tirocinio è svolto in forma continuativa per ventiquattro mesi; la sua interruzione per oltre sei mesi, senza giustificato motivo, comporta la cancellazione dal registro dei praticanti, salva la facoltà di chiedere nuovamente l’iscrizione nel registro, che può essere deliberata previa nuova verifica da parte del consiglio dell’ordine della sussistenza dei requisiti stabiliti dalla presente legge. 7. Il tirocinio può essere svolto: a) presso un avvocato, con anzianità di iscrizione all’albo non inferiore a cinque anni; b) presso l’Avvocatura dello Stato o ufficio legale di ente pubblico; incompatibile con qualunque rapporto di impiego pubblico, con il compimento di altri tirocini professionali e con l’esercizio di attività di impresa. Al praticante avvocato si applica inoltre il regime delle incompatibilità e delle relative eccezioni previsto per l’avvocato dagli articoli 17 e 18. c) per non più di sei mesi, in altro paese dell’Unione europea presso professionisti legali, con titolo equivalente a quello di avvocato, abilitati all’esercizio della professione; 8. L’avvocato è tenuto ad assicurare che il tirocinio si svolga in modo proficuo e dignitoso per la finalità di cui al comma 1; pertanto, non può assumere la funzione per più di due praticanti contemporaneamente, salva l’autorizzazione rilasciata dal competente consiglio dell’ordine previa valutazione dell’attività professionale del richiedente e dell’organizzazione del suo c) per non più di sei mesi, in altro Paese dell’Unione europea presso professionisti legali, con titolo equivalente a quello di avvocato, abilitati all’esercizio della professione. 8. L’avvocato è tenuto ad assicurare che il tirocinio si svolga in modo proficuo e dignitoso per la finalità di cui al comma 1. Pertanto, non può assumere la funzione per più di tre praticanti contemporaneamente, salva l’autorizzazione rilasciata dal competente consiglio dell’ordine previa valutazione dell’attività professionale del richiedente e dell’organizzazione del suo 6. Il tirocinio è svolto in forma continuativa per ventiquattro mesi. La sua interruzione per oltre sei mesi, senza giustificato motivo, comporta la cancellazione dal registro dei praticanti, salva la facoltà di chiedere nuovamente l’iscrizione nel registro, che può essere deliberata previa nuova verifica da parte del consiglio dell’ordine della sussistenza dei requisiti stabiliti dalla presente legge. 7. Il tirocinio può essere svolto: a) presso un avvocato, con anzianità di iscrizione all’albo non inferiore a cinque anni; b) presso l’Avvocatura dello Stato o ufficio legale di ente pubblico o presso un ufficio giudiziario per non più di dodici mesi; incompatibile con qualunque rapporto di impiego pubblico. Al praticante avvocato si applicano le eccezioni previste per l'avvocato dall'articolo 18. Il tirocinio può essere svolto contestualmente ad attività di lavoro subordinato privato, purché con modalità ed orari idonei a consentirne l'effettivo e puntuale svolgimento. 5. Il tirocinio è svolto in forma continuativa per ventiquattro mesi. La sua interruzione per oltre sei mesi, senza giustificato motivo, comporta la cancellazione dal registro dei praticanti, salva la facoltà di chiedere nuovamente l'iscrizione nel registro, che può essere deliberata previa nuova verifica da parte del consiglio dell'ordine della sussistenza dei requisiti stabiliti dalla presente legge. 6. Il tirocinio può essere svolto: a) presso un avvocato, con anzianità di iscrizione all'albo non inferiore a cinque anni; b) presso l'Avvocatura dello Stato o presso l'ufficio legale di un ente pubblico o presso un ufficio giudiziario per non più di dodici mesi; c) per non più di sei mesi, in altro Paese dell'Unione europea presso professionisti legali, con titolo equivalente a quello di avvocato, abilitati all'esercizio della professione. 7. L'avvocato è tenuto ad assicurare che il tirocinio si svolga in modo proficuo e dignitoso per la finalità di cui al comma 1 e non può assumere la funzione per più di tre praticanti contemporaneamente, salva l'autorizzazione rilasciata dal competente consiglio dell'ordine previa valutazione dell'attività professionale del richiedente e dell'organizzazione del suo studio. 62 312 studio. 9. Il tirocinio professionale non determina l’instaurazione di rapporto di lavoro subordinato anche occasionale; in ogni caso, al praticante avvocato, decorso il primo anno, è dovuto un adeguato compenso commisurato all’apporto dato per l’attività effettivamente svolta ovvero quello convenzionalmente pattuito. studio. 9. Il tirocinio professionale non determina l’instaurazione di rapporto di lavoro subordinato anche occasionale. 10. Nel periodo di svolgimento del tirocinio il praticante avvocato, decorso un anno dall’iscrizione nel registro dei praticanti, può esercitare attività professionale solo in sostituzione dell’avvocato presso il quale svolge la pratica e comunque sotto il controllo e la responsabilità dello stesso, in ambito civile di fronte al Tribunale e ai giudici di pace, e in ambito penale, nei procedimenti che in base alle norme vigenti anteriormente alla legge 16 luglio 1997, n. 254, rientravano nella competenza del Pretore. 10. Nel periodo di svolgimento del tirocinio il praticante avvocato, decorso un anno dall’iscrizione nel registro dei praticanti, può esercitare attività professionale solo in sostituzione dell’avvocato presso il quale svolge la pratica e comunque sotto il controllo e la responsabilità dello stesso, in ambito civile di fronte al tribunale e al giudice di pace, e in ambito penale, nei procedimenti che in base alle norme vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, rientravano nella competenza del pretore. L’abilitazione decorre dalla delibera di iscrizione nell’apposito registro. Essa può durare al massimo cinque anni, alla condizione che permangano tutti i requisiti per l’iscrizione nel registro, e cessa automaticamente alla scadenza del quinto anno dall’iscrizione. 11. Il CNF disciplina con regolamento: a) le modalità di svolgimento del tirocinio e 11. Il CNF disciplina con regolamento: a) le modalità di svolgimento del tirocinio e 8. Il tirocinio professionale non determina l'instaurazione di rapporto di lavoro subordinato anche occasionale. Al praticante avvocato è sempre dovuto il rimborso delle spese sostenute per conto dello studio presso il quale svolge il tirocinio. Ad eccezione che negli enti pubblici e presso l'Avvocatura dello Stato, decorso il primo anno, l'avvocato riconosce al praticante avvocato un rimborso congruo per l'attività svolta per conto dello studio, commisurato all'effettivo apporto professionale dato nell'esercizio delle prestazioni e tenuto altresì conto dell'utilizzo da parte del praticante avvocato dei servizi e delle strutture dello studio. 9. Nel periodo di svolgimento del tirocinio il praticante avvocato, decorso un anno dall'iscrizione nel registro dei praticanti, può esercitare attività professionale solo in sostituzione dell'avvocato presso il quale svolge la pratica e comunque sotto il controllo e la responsabilità dello stesso, in ambito civile di fronte al tribunale e al giudice di pace, e in ambito penale nei procedimenti che, in base alle norme vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, rientravano nella competenza del pretore. L'abilitazione decorre dalla delibera di iscrizione nell'apposito registro. Essa può durare al massimo cinque anni, salvo il caso di sospensione dall'esercizio professionale non determinata da giudizio disciplinare, alla condizione che permangano tutti i requisiti per l'iscrizione nel registro. 10. Il Ministro della giustizia con proprio decreto adotta, sentito il CNF, il regolamento 63 313 le relative procedure di controllo da parte del competente consiglio dell’ordine; b) le ipotesi che giustificano l’interruzione del tirocinio, tenuto conto di situazioni riferibili all’età, alla salute, alla maternità e paternità del praticante avvocato, e le relative procedure di accertamento; c) le condizioni e le modalità di svolgimento del tirocinio in altro paese dell’Unione europea. le relative procedure di controllo da parte del competente consiglio dell’ordine; b) le ipotesi che giustificano l’interruzione del tirocinio, tenuto conto di situazioni riferibili all’età, alla salute, alla maternità e paternità del praticante avvocato, e le relative procedure di accertamento; c) le condizioni e le modalità di svolgimento del tirocinio in altro Paese dell’Unione europea. 12. Il praticante può, per giustificato motivo, trasferire la propria iscrizione presso l’ordine del luogo ove intenda proseguire il tirocinio. Il consiglio dell’ordine autorizza il trasferimento, valutati i motivi che lo giustificano, e gli rilascia un certificato attestante il periodo di tirocinio che risulti regolarmente compiuto. 12. Il praticante può, per giustificato motivo, trasferire la propria iscrizione presso l’ordine del luogo ove intenda proseguire il tirocinio. Il consiglio dell’ordine autorizza il trasferimento, valutati i motivi che lo giustificano, e rilascia al praticante un certificato attestante il periodo di tirocinio che risulta regolarmente compiuto. che disciplina: a) le modalità di svolgimento del tirocinio e le relative procedure di controllo da parte del competente consiglio dell'ordine; b) le ipotesi che giustificano l'interruzione del tirocinio, tenuto conto di situazioni riferibili all'età, alla salute, alla maternità e paternità del praticante avvocato, e le relative procedure di accertamento; c) i requisiti di validità dello svolgimento del tirocinio, in altro Paese dell'Unione europea. 11. Il praticante può, per giustificato motivo, trasferire la propria iscrizione presso l'ordine del luogo ove intenda proseguire il tirocinio. Il consiglio dell'ordine autorizza il trasferimento, valutati i motivi che lo giustificano, e rilascia al praticante un certificato attestante il periodo di tirocinio che risulta regolarmente compiuto. Art. 40. (Norme disciplinari per i praticanti) 1. I praticanti osservano gli stessi doveri e norme deontologiche degli avvocati e sono soggetti al potere disciplinare del consiglio dell’ordine. Art. 40. (Norme disciplinari per i praticanti). 1. I praticanti osservano gli stessi doveri e norme deontologiche degli avvocati e sono soggetti al potere disciplinare del consiglio dell'ordine. Art. 41. (Corsi di formazione per l’accesso alla professione di avvocato) 1. Il tirocinio, oltre che nella pratica svolta presso uno studio professionale, consiste altresì nella frequenza obbligatoria e con profitto, per un periodo non inferiore a ventiquattro mesi, di corsi di formazione di indirizzo professionale tenuti da ordini e associazioni forensi, nonché dagli altri soggetti previsti dalla legge. 2. Il CNF disciplina con regolamento ai sensi Art. 41. (Corsi di formazione per l'accesso alla professione di avvocato). 1. Il tirocinio, oltre che nella pratica svolta presso uno studio professionale, consiste altresì nella frequenza obbligatoria e con profitto, per un periodo non inferiore a ventiquattro mesi, di corsi di formazione di indirizzo professionale tenuti da ordini e associazioni forensi, nonché dagli altri soggetti previsti dalla legge. 2. Il CNF disciplina con regolamento ai sensi Art. 42. (Corsi di formazione per l’accesso alla professione di avvocato) 1. Il tirocinio, oltre che nella pratica svolta presso uno studio professionale, consiste altresì nella frequenza obbligatoria e con profitto, per un periodo non inferiore a ventiquattro mesi di corsi di formazione a contenuto professionalizzante tenuti esclusivamente da ordini e associazioni forensi. 2. Il CNF disciplina con regolamento di cui 64 314 all’art. 27, lett. c): a) le modalità e le condizioni per l’istituzione dei corsi di formazione di cui al comma 1 da parte degli ordini e delle associazioni forensi giudicate idonee, in maniera da garantire la libertà ed il pluralismo dell’offerta formativa e della relativa scelta individuale; b) i contenuti formativi dei corsi di formazione in modo da ricomprendervi, in quanto essenziali, l’insegnamento del linguaggio giuridico, la redazione degli atti giudiziari, la tecnica impugnatoria dei provvedimenti giurisdizionali e degli atti amministrativi, la tecnica di redazione del parere stragiudiziale e la tecnica di ricerca. c) la durata minima dei corsi di formazione, prevedendo un carico didattico non inferiore a duecentocinquanta ore per l’intero biennio; d) le modalità e le condizioni per la frequenza dei corsi di formazione da parte del praticante avvocato nonché quelle per le verifiche intermedie e finale del profitto, che sono affidate ad una commissione composta da avvocati, magistrati e docenti universitari, in modo da garantire omogeneità di giudizio su tutto il territorio nazionale. 3. I costi per la istituzione e lo svolgimento dei corsi di formazione possono essere, in parte, a carico dei praticanti che le frequentano, ferma restando la possibilità per gli ordini e le associazioni forensi di accedere a finanziamenti resi disponibili dallo Stato, dalle regioni, da altri enti pubblici e da privati. I consigli dell’ordine possono istituire borse di studio o altre forme di agevolazione. dell’articolo 28, comma 1, lettera c): a) le modalità e le condizioni per l’istituzione dei corsi di formazione di cui al comma 1 da parte degli ordini e delle associazioni forensi giudicate idonee, in maniera da garantire la libertà ed il pluralismo dell’offerta formativa e della relativa scelta individuale; b) i contenuti formativi dei corsi di formazione in modo da ricomprendervi, in quanto essenziali, l’insegnamento del linguaggio giuridico, la redazione degli atti giudiziari, la tecnica impugnatoria dei provvedimenti giurisdizionali e degli atti amministrativi, la tecnica di redazione del parere stragiudiziale e la tecnica di ricerca; c) la durata minima dei corsi di formazione, prevedendo un carico didattico non inferiore a centosessanta ore per l’intero biennio; d) le modalità e le condizioni per la frequenza dei corsi di formazione da parte del praticante avvocato nonché quelle per le verifiche intermedie e finale del profitto, che sono affidate ad una commissione composta da avvocati, magistrati e docenti universitari, in modo da garantire omogeneità di giudizio su tutto il territorio nazionale. dell'articolo 28, comma 1, lettera c): a) le modalità e le condizioni per l'istituzione dei corsi di formazione di cui al comma 1 da parte degli ordini e delle associazioni forensi giudicate idonee, in maniera da garantire la libertà ed il pluralismo dell'offerta formativa e della relativa scelta individuale; b) i contenuti formativi dei corsi di formazione in modo da ricomprendervi, in quanto essenziali, l'insegnamento del linguaggio giuridico, la redazione degli atti giudiziari, la tecnica impugnatoria dei provvedimenti giurisdizionali e degli atti amministrativi, la tecnica di redazione del parere stragiudiziale e la tecnica di ricerca; c) la durata minima dei corsi di formazione, prevedendo un carico didattico non inferiore a centosessanta ore per l'intero biennio; d) le modalità e le condizioni per la frequenza dei corsi di formazione da parte del praticante avvocato nonché quelle per le verifiche intermedie e finale del profitto, che sono affidate ad una commissione composta da avvocati, magistrati e docenti universitari, in modo da garantire omogeneità di giudizio su tutto il territorio nazionale. Ai componenti della commissione non sono riconosciuti compensi, indennità o gettoni di presenza. Art. 42. (Frequenza di uffici giudiziari) 1. L’attività di praticantato presso gli uffici Art. 42. (Frequenza di uffici giudiziari). 1. L'attività di praticantato presso gli uffici 65 315 Art. 43. (Certificato di compiuto tirocinio) 1. Il consiglio dell’ordine presso il quale è compiuto il biennio di tirocinio rilascia il relativo certificato che consente di partecipare alla prova di preselezione informatica per l’ammissione all’esame di Stato per le tre sessioni immediatamente successive, salvo il diritto di ripetere il biennio di tirocinio al fine del conseguimento di un nuovo certificato di compiuta pratica. Si considera come sostenuta la sessione nella quale il candidato abbia consegnato l’elaborato di tutte le prove. 2. In caso di domanda di trasferimento del praticante avvocato presso il registro tenuto da altro consiglio dell’ordine, quello di provenienza certifica la durata del tirocinio svolto fino alla data di presentazione della domanda e, ove il prescritto periodo di tirocinio risulti completato, rilascia il certificato di compiuto tirocinio. 3. Il praticante avvocato è ammesso a sostenere l’esame di Stato nella sede di Corte di appello nel cui distretto ha svolto il maggior periodo di tirocinio; nell’ipotesi in cui il tirocinio sia stato svolto per uguali periodi sotto la vigilanza di più consigli dell’ordine aventi sede in distretti diversi, la sede di esame è determinata in base al luogo di svolgimento del primo periodo di tirocinio. giudiziari è disciplinata da apposito regolamento da emanare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, dal Ministro della giustizia, sentiti il Consiglio superiore della magistratura e il CNF. giudiziari è disciplinata da apposito regolamento da emanare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, dal Ministro della giustizia, sentiti il Consiglio superiore della magistratura e il CNF. Art. 43. (Certificato di compiuto tirocinio) 1. Il consiglio dell’ordine presso il quale è compiuto il biennio di tirocinio rilascia il relativo certificato che consente di partecipare alla prova di preselezione informatica per l’ammissione all’esame di Stato per le tre sessioni immediatamente successive, salvo il diritto di ripetere il biennio di tirocinio al fine del conseguimento di un nuovo certificato di compiuta pratica. Si considera come sostenuta la sessione nella quale il candidato abbia consegnato l’elaborato della prova scritta. 2. In caso di domanda di trasferimento del praticante avvocato presso il registro tenuto da altro consiglio dell’ordine, quello di provenienza certifica la durata del tirocinio svolto fino alla data di presentazione della domanda e, ove il prescritto periodo di tirocinio risulti completato, rilascia il certificato di compiuto tirocinio. 3. Il praticante avvocato è ammesso a sostenere l’esame di Stato nella sede di corte di appello nel cui distretto ha svolto il maggior periodo di tirocinio. Nell’ipotesi in cui il tirocinio sia stato svolto per uguali periodi sotto la vigilanza di più consigli dell’ordine aventi sede in distretti diversi, la sede di esame è determinata in base al luogo di svolgimento del primo periodo di tirocinio. Art. 43. (Certificato di compiuto tirocinio). 1. Il consiglio dell'ordine presso il quale è compiuto il biennio di tirocinio rilascia il relativo certificato. 2. In caso di domanda di trasferimento del praticante avvocato presso il registro tenuto da altro consiglio dell'ordine, quello di provenienza certifica la durata del tirocinio svolto fino alla data di presentazione della domanda e, ove il prescritto periodo di tirocinio risulti completato, rilascia il certificato di compiuto tirocinio. 3. Il praticante avvocato è ammesso a sostenere l'esame di Stato nella sede di corte di appello nel cui distretto ha svolto il maggior periodo di tirocinio. Nell'ipotesi in cui il tirocinio sia stato svolto per uguali periodi sotto la vigilanza di più consigli dell'ordine aventi sede in distretti diversi, la sede di esame è determinata in base al luogo di svolgimento del primo periodo di tirocinio. 66 316 Capo III ESAME DI STATO PER L’ABILITAZIONE ALL’ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE DI AVVOCATO Capo II ESAME DI STATO PER L’ABILITAZIONE ALL’ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE DI AVVOCATO Art. 44. (Disposizioni generali) 1. L’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato può essere sostenuto soltanto dal praticante avvocato che abbia effettuato il tirocinio professionale, che non abbia compiuto cinquanta anni alla data di scadenza del termine previsto per la presentazione della domanda di partecipazione e che abbia superato la prova di preselezione informatica di cui all’articolo 45. 2. La prova di preselezione informatica e l’esame di Stato si svolgono con periodicità annuale nelle date fissate e nelle sedi di Corte d’appello determinate con apposito decreto del Ministro della giustizia, sentito il CNF. Nel decreto è stabilito il termine per la presentazione delle domande di ammissione. Art. 44. (Disposizioni generali) 1. L’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato può essere sostenuto soltanto dal praticante avvocato che abbia effettuato il tirocinio professionale, e che abbia superato la prova di preselezione informatica di cui all’articolo 45. 2. La prova di preselezione informatica e l’esame di Stato si svolgono con periodicità annuale nelle date fissate e nelle sedi di corte d’appello determinate con apposito decreto del Ministro della giustizia, sentito il CNF. Nel decreto è stabilito il termine per la presentazione delle domande di ammissione. Art. 45. (Prova di preselezione informatica) 1. La prova di preselezione informatica è disciplinata da regolamento emanato dal Ministro della giustizia, acquisito il parere del CNF, con il quale sono determinati le caratteristiche ed il contenuto dell’archivio dei quesiti, i metodi per l’assegnazione degli stessi ai candidati, l’attribuzione dei punteggi, le caratteristiche dei sistemi informativi e dei relativi elaborati e quant’altro attiene all’esecuzione della prova stessa ed alla conservazione, gestione ed Art. 45. (Prova di preselezione informatica) 1. La prova di preselezione informatica è disciplinata da regolamento emanato dal Ministro della giustizia, acquisito il parere del CNF, con il quale sono determinati le caratteristiche ed il contenuto dell’archivio dei quesiti, i metodi per l’assegnazione degli stessi ai candidati, l’attribuzione dei punteggi, le caratteristiche dei sistemi informativi e dei relativi elaborati e quant’altro attiene all’esecuzione della prova stessa ed alla conservazione, gestione ed Capo II ESAME DI STATO PER L'ABILITAZIONE ALL'ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE DI AVVOCATO Art. 44. (Disposizioni generali). 1. L'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato può essere sostenuto soltanto dal praticante avvocato che abbia effettuato il tirocinio professionale. 2. L'esame di Stato si svolge con periodicità annuale nelle date fissate e nelle sedi di corte d'appello determinate con apposito decreto del Ministro della giustizia, sentito il CNF. Nel decreto è stabilito il termine per la presentazione delle domande di ammissione. [soppresso] 67 317 aggiornamento dell’archivio dei quesiti. Il parere del CNF è reso entro il termine di trenta giorni dalla richiesta, decorso il quale il Ministro della giustizia adotta, comunque, il regolamento. 2. Nell’emanazione del regolamento di cui al comma 1, il Ministro della giustizia si attiene ai seguenti criteri: a) predisposizione dell’archivio dei quesiti previa classificazione degli stessi in base a diversi livelli di difficoltà, al fine di consentire la effettuazione contemporanea di test diversi ai candidati; nelle materie codificate i quesiti devono concernere argomenti riferentisi a tutti i libri dei codici; b) suddivisione dei quesiti in gruppi distinti per materia e per grado di difficoltà, affinché ogni quesito sia classificato in modo tale da consentirne il raggruppamento per materia e di distinguere le domande per grado di difficoltà, per assicurare la assegnazione a ciascun candidato di un numero di domande di pari difficoltà; c) aggiornamento costante dell’archivio; d) assegnazione dei quesiti in modo che essi risultino diversi per ogni candidato nell’ambito di ciascuno gruppo per il quale la prova si svolga congiuntamente; e) raggruppamento dei quesiti da sottoporre a ciascun candidato, in modo da assicurare la parità di trattamento tra i candidati, sia per il numero dei quesiti, sia per le materie sulle quali essi vertono sia per il grado di difficoltà per ciascuna materia; f) previsione del numero delle domande da assegnare, della loro ripartizione per materia e del tempo massimo entro il quale le risposte devono essere date; g) previsione che, nell’attribuzione dei aggiornamento dell’archivio dei quesiti. Il parere del CNF è reso entro il termine di trenta giorni dalla richiesta, decorso il quale il Ministro della giustizia adotta, comunque, il regolamento. 2. Nell’emanazione del regolamento di cui al comma 1, il Ministro della giustizia si attiene ai seguenti criteri: a) predisposizione dell’archivio dei quesiti previa classificazione degli stessi in base a diversi livelli di difficoltà, al fine di consentire ai candidati la effettuazione contemporanea di test diversi; nelle materie codificate i quesiti devono concernere argomenti riferentisi a tutti i libri dei codici; b) suddivisione dei quesiti in gruppi distinti per materia e per grado di difficoltà, affinché ogni quesito sia classificato in modo tale da consentirne il raggruppamento per materia e da distinguere le domande per grado di difficoltà, per assicurare la assegnazione a ciascun candidato di un numero di domande di pari difficoltà; c) aggiornamento costante dell’archivio; d) assegnazione dei quesiti in modo che essi risultino diversi per ogni candidato nell’ambito di ciascuno gruppo per il quale la prova si svolga congiuntamente; e) raggruppamento dei quesiti da sottoporre a ciascun candidato, in modo da assicurare la parità di trattamento tra i candidati, sia per il numero dei quesiti, sia per le materie sulle quali essi vertono, sia per il grado di difficoltà per ciascuna materia; f) previsione del numero delle domande da assegnare, della loro ripartizione per materia e del tempo massimo entro il quale le risposte devono essere date; g) previsione che, nell’attribuzione dei 68 318 punteggi, le risposte siano valutate in modo differente a seconda della difficoltà del quesito; h) determinazione dei meccanismi automatizzati e relativa gestione per l’espletamento della prova di preselezione. 3. La prova di preselezione informatica si intende superata con il conseguimento di un punteggio pari all’80 per cento di quello massimo conseguibile in caso di risposta esatta a tutti i quesiti, secondo la «tabella di punteggio» allegata al regolamento di cui al comma 1. punteggi, le risposte siano valutate in modo differente a seconda della difficoltà del quesito; h) determinazione dei meccanismi automatizzati e relativa gestione per l’espletamento della prova di preselezione. 3. La prova di preselezione informatica si intende superata con il conseguimento di un punteggio pari all’80 per cento di quello massimo conseguibile in caso di risposta esatta a tutti i quesiti, secondo la «tabella di punteggio» allegata al regolamento di cui al comma 1. Art. 46. (Esame di Stato) 1. L’esame di Stato si articola: a) in una prova scritta avente ad oggetto la redazione di un atto che postuli la conoscenza di diritto sostanziale e di diritto processuale in materia di diritto e procedura civile o di diritto e procedura penale o di diritto e giustizia amministrativa; Art. 46. (Esame di Stato) 1. L’esame di Stato si articola: a) in una prova scritta avente ad oggetto la redazione di un atto che postuli la conoscenza di diritto sostanziale e di diritto processuale in materia di diritto e procedura civile o di diritto e procedura penale o di diritto e giustizia amministrativa; b) in una prova orale in forma di discussione con la commissione esaminatrice, durante la quale il candidato illustra la prova scritta, e dimostra la conoscenza delle seguenti materie: ordinamento e deontologia forensi, diritto civile, diritto penale, diritto b) in una prova orale in forma di discussione con la commissione esaminatrice, durante la quale il candidato illustra la prova scritta e dimostra la conoscenza delle seguenti materie: ordinamento e deontologia forensi, diritto Art. 45. (Esame di Stato). 1. L'esame di Stato si articola in tre prove scritte ed in una prova orale. 2. Le prove scritte sono svolte sui temi formulati dal Ministro della giustizia ed hanno per oggetto: a) la redazione di un parere motivato, da scegliere tra due questioni in materia regolata dal codice civile; b) la redazione di un parere motivato, da scegliere tra due questioni in materia regolata dal codice penale; c) la redazione di un atto giudiziario che postuli conoscenze di diritto sostanziale e di diritto processuale, su un quesito proposto, in materia scelta dal candidato tra il diritto privato, il diritto penale ed il diritto amministrativo. 3. Nella prova orale il candidato illustra la prova scritta e dimostra la conoscenza delle seguenti materie: ordinamento e deontologia forensi, diritto civile, diritto penale, diritto processuale civile, diritto processuale penale; 69 319 processuale civile, diritto processuale penale; oltre ad altre due materie, scelte preventivamente dal candidato, tra le seguenti: diritto costituzionale, diritto amministrativo, diritto del lavoro, diritto commerciale, diritto comunitario ed internazionale privato, diritto tributario, ordinamento giudiziario. 2. Per la valutazione della prova scritta, ogni componente della commissione d’esame dispone di dieci punti di merito. civile, diritto penale, diritto processuale civile, diritto processuale penale; nonché di altre due materie, scelte preventivamente dal candidato, tra le seguenti: diritto costituzionale, diritto amministrativo, diritto del lavoro, diritto commerciale, diritto comunitario ed internazionale privato, diritto tributario, ordinamento giudiziario e ordinamento penitenziario. 2. La materia oggetto della prova scritta deve essere indicata dal candidato al momento della presentazione della domanda. 3. Per la valutazione della prova scritta, ogni componente della commissione d’esame dispone di dieci punti di merito. 3. La Commissione annota le osservazioni positive o negative nei vari punti dell’elaborato, le quali costituiscono motivazione del voto che viene espresso con un numero pari alla somma dei voti espressi dai singoli componenti. Il Ministro della giustizia determina, mediante sorteggio, gli abbinamenti per la correzione delle prove scritte tra i candidati e le sedi di Corte di appello ove ha luogo la correzione degli elaborati scritti. La prova orale ha luogo nella medesima sede della prova scritta. 4. Alla prova orale sono ammessi i candidati che abbiano conseguito un punteggio non inferiore a trenta punti nella prova scritta. 5. Il Ministro della giustizia, sentito il CNF disciplina con regolamento le modalità e le procedure di svolgimento dell’esame di Stato 4. La commissione annota le osservazioni positive o negative nei vari punti dell’elaborato, le quali costituiscono motivazione del voto che viene espresso con un numero pari alla somma dei voti espressi dai singoli componenti. Il Ministro della giustizia determina, mediante sorteggio, gli abbinamenti per la correzione delle prove scritte tra i candidati e le sedi di corte di appello ove ha luogo la correzione degli elaborati scritti. La prova orale ha luogo nella medesima sede della prova scritta. 5. Alla prova orale sono ammessi i candidati che abbiano conseguito un punteggio non inferiore a trenta punti nella prova scritta. 6. Il Ministro della giustizia, sentito il CNF, disciplina con regolamento le modalità e le procedure di svolgimento dell’esame di Stato nonché di altre due materie, scelte preventivamente dal candidato, tra le seguenti: diritto costituzionale, diritto amministrativo, diritto del lavoro, diritto commerciale, diritto comunitario ed internazionale privato, diritto tributario, diritto ecclesiastico, ordinamento giudiziario e penitenziario. 4. Per la valutazione di ciascuna prova scritta, ogni componente della commissione d'esame dispone di dieci punti di merito; alla prova orale sono ammessi i candidati che abbiano conseguito, nelle tre prove scritte, un punteggio complessivo di almeno 90 punti e un punteggio non inferiore a 30 punti in ciascuna prova. 5. La commissione annota le osservazioni positive o negative nei vari punti di ciascun elaborato, le quali costituiscono motivazione del voto che viene espresso con un numero pari alla somma dei voti espressi dai singoli componenti. Il Ministro della giustizia determina, mediante sorteggio, gli abbinamenti per la correzione delle prove scritte tra i candidati e le sedi di corte di appello ove ha luogo la correzione degli elaborati scritti. La prova orale ha luogo nella medesima sede della prova scritta. 6. Il Ministro della giustizia, sentito il CNF, disciplina con regolamento le modalità e le 70 320 e quelle di valutazione delle prove scritte ed orali da effettuarsi sulla base dei seguenti criteri: a) chiarezza, logicità e rigore metodologico dell’esposizione; b) dimostrazione della concreta capacità di soluzione di specifici problemi giuridici; c) dimostrazione della conoscenza dei fondamenti teorici degli istituti giuridici trattati; d) dimostrazione della capacità di cogliere eventuali profili di interdisciplinarietà; e) dimostrazione della conoscenza delle tecniche di persuasione e argomentazione. 6. La prova scritta si svolge col solo ausilio dei testi di legge senza commenti e citazioni giurisprudenziali. Essa deve iniziare in tutte le sedi alla stessa ora, fissata dal Ministro di giustizia con il provvedimento con il quale vengono indetti gli esami. A tal fine, i testi di legge portati dai candidati per la prova devono essere controllati e vistati nei giorni anteriori all’inizio della prova stessa e collocati sul banco su cui il candidato sostiene la prova. L’appello dei candidati deve svolgersi per tempo in modo che la prova scritta inizi all’ora fissata dal Ministro della giustizia. e quelle di valutazione delle prove scritte ed orali da effettuare sulla base dei seguenti criteri: a) chiarezza, logicità e rigore metodologico dell’esposizione; b) dimostrazione della concreta capacità di soluzione di specifici problemi giuridici; c) dimostrazione della conoscenza dei fondamenti teorici degli istituti giuridici trattati; d) dimostrazione della capacità di cogliere eventuali profili di interdisciplinarietà; e) dimostrazione della conoscenza delle tecniche di persuasione e argomentazione. 7. La prova scritta si svolge con il solo ausilio dei testi di legge senza commenti e citazioni giurisprudenziali. Essa deve iniziare in tutte le sedi alla stessa ora, fissata dal Ministro della giustizia con il provvedimento con il quale vengono indetti gli esami. A tal fine, i testi di legge portati dai candidati per la prova devono essere controllati e vistati nei giorni anteriori all’inizio della prova stessa e collocati sul banco su cui il candidato sostiene la prova. L’appello dei candidati deve svolgersi per tempo in modo che la prova scritta inizi all’ora fissata dal Ministro della giustizia. 7. I candidati non possono portare con sé testi o scritti, anche informatici, né ogni sorta di strumenti di telecomunicazione, pena la immediata esclusione dall’esame, con provvedimento di un commissario presente. 8. Qualora siano fatti pervenire nell’aula, ove si svolgono le prove dell’esame, scritti od appunti di qualunque genere, con qualsiasi mezzo, il candidato che li riceve e non ne fa 8. I candidati non possono portare con sé testi o scritti, anche informatici, né ogni sorta di strumenti di telecomunicazione, pena la immediata esclusione dall’esame, con provvedimento del presidente della commissione, sentiti almeno due commissari. 9. Qualora siano fatti pervenire nell’aula, ove si svolgono le prove dell’esame, scritti od appunti di qualunque genere, con qualsiasi mezzo, il candidato che li riceve e non ne fa procedure di svolgimento dell'esame di Stato e quelle di valutazione delle prove scritte ed orali da effettuare sulla base dei seguenti criteri: a) chiarezza, logicità e rigore metodologico dell'esposizione; b) dimostrazione della concreta capacità di soluzione di specifici problemi giuridici; c) dimostrazione della conoscenza dei fondamenti teorici degli istituti giuridici trattati; d) dimostrazione della capacità di cogliere eventuali profili di interdisciplinarietà; e) dimostrazione della conoscenza delle tecniche di persuasione e argomentazione. 7. Le prove scritte si svolgono con il solo ausilio dei testi di legge senza commenti e citazioni giurisprudenziali. Esse devono iniziare in tutte le sedi alla stessa ora, fissata dal Ministro della giustizia con il provvedimento con il quale vengono indetti gli esami. A tal fine, i testi di legge portati dai candidati per la prova devono essere controllati e vistati nei giorni anteriori all'inizio della prova stessa e collocati sul banco su cui il candidato sostiene la prova. L'appello dei candidati deve svolgersi per tempo in modo che le prove scritte inizino all'ora fissata dal Ministro della giustizia. 8. I candidati non possono portare con sé testi o scritti, anche informatici, né ogni sorta di strumenti di telecomunicazione, pena la immediata esclusione dall'esame, con provvedimento del presidente della commissione, sentiti almeno due commissari. 9. Qualora siano fatti pervenire nell'aula, ove si svolgono le prove dell'esame, scritti od appunti di qualunque genere, con qualsiasi 71 321 immediata denuncia al commissario è escluso immediatamente dall’esame, ai sensi del comma 7. 9. Chiunque faccia pervenire in qualsiasi modo ad uno o più candidati, prima o durante la prova d’esame, testi relativi al tema proposto è punito con la pena prevista dall’articolo 326 del codice penale. Per i fatti indicati in questo comma ed in quello precedente, i candidati sono denunciati alla commissione distrettuale di disciplina del distretto competente per il luogo di iscrizione all’albo, per i provvedimenti di sua competenza. 10. Per la prova orale, la commissione dispone di dieci punti di merito per ciascuna delle materie di esame. 11. Sono giudicati idonei i candidati che ricevono un punteggio non inferiore a trenta punti per ciascuna materia. immediata denuncia alla commissione è escluso immediatamente dall’esame, ai sensi del comma 7. 10. Chiunque faccia pervenire in qualsiasi modo ad uno o più candidati, prima o durante la prova d’esame, testi relativi al tema proposto è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la pena della reclusione fino a tre anni. Per i fatti indicati nel presente comma e nel comma 9, i candidati sono denunciati al Consiglio istruttore di disciplina del distretto competente per il luogo di iscrizione al registro dei praticanti, per i provvedimenti di sua competenza. 11. Per la prova orale, ogni componente della commissione dispone di dieci punti di merito per ciascuna delle materie di esame. 12. Sono giudicati idonei i candidati che ricevono un punteggio non inferiore a trenta punti per ciascuna materia. Art. 47. (Commissioni esaminatrici) 1. La commissione esaminatrice è unica sia per la prova di preselezione informatica che per l’esame di Stato, è nominata dal Ministro della giustizia ed è composta da cinque membri effettivi e cinque supplenti, dei quali tre effettivi e tre supplenti sono avvocati designati dal CNF tra gli iscritti all’albo speciale per il patrocinio avanti alle giurisdizioni superiori, uno dei quali la presiede; un effettivo e un supplente magistrato con qualifica non inferiore a quella di magistrato di corte d’appello, un Art. 47. (Commissioni di esame) 1. La commissione di esame è unica sia per la prova di preselezione informatica che per l’esame di Stato. Essa è nominata, con decreto, dal Ministro della giustizia ed è composta da cinque membri effettivi e cinque supplenti, dei quali: tre effettivi e tre supplenti sono avvocati designati dal CNF tra gli iscritti all’albo speciale per il patrocinio avanti alle giurisdizioni superiori, uno dei quali la presiede; un effettivo e un supplente sono magistrati con qualifica non inferiore a quella di magistrato di corte d’appello; un mezzo, il candidato che li riceve e non ne fa immediata denuncia alla commissione è escluso immediatamente dall'esame, ai sensi del comma 8. 10. Chiunque faccia pervenire in qualsiasi modo ad uno o più candidati, prima o durante la prova d'esame, testi relativi al tema proposto è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la pena della reclusione fino a tre anni. Per i fatti indicati nel presente comma e nel comma 9, i candidati sono denunciati al Consiglio istruttore di disciplina del distretto competente per il luogo di iscrizione al registro dei praticanti, per i provvedimenti di sua competenza. 11. Per la prova orale, ogni componente della commissione dispone di dieci punti di merito per ciascuna delle materie di esame. 12. Sono giudicati idonei i candidati che ottengono un punteggio non inferiore a trenta punti per ciascuna materia. 13. I costi per l'espletamento delle procedure di esame devono essere posti a carico dei soggetti partecipanti. Art. 46. (Commissioni di esame). 1. La commissione di esame è nominata, con decreto, dal Ministro della giustizia ed è composta da cinque membri effettivi e cinque supplenti, dei quali: tre effettivi e tre supplenti sono avvocati designati dal CNF tra gli iscritti all'albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori, uno dei quali la presiede; un effettivo e un supplente sono magistrati in pensione; un effettivo e un supplente sono professori universitari o ricercatori confermati in materie giuridiche. 72 322 effettivo e un supplente professore universitario o ricercatore confermato in materie giuridiche. 2. Con il medesimo decreto, presso ogni sede di Corte d’appello, è nominata una sottocommissione avente composizione identica alla commissione di cui al comma 1. 3. Presso ogni Corte d’appello, ove il numero dei candidati lo richieda, possono essere formate con lo stesso criterio ulteriori sottocommissioni per gruppi sino a trecento candidati. 4. Esercitano le funzioni di segretario alle dirette dipendenze del presidente, uno o più funzionari distaccati dal Ministero della giustizia. 5. Non possono essere designati avvocati che siano membri dei consigli dell’ordine o componenti del consiglio di amministrazione o del comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense e del CNF. 6. Gli avvocati componenti della commissione non possono essere eletti quali componenti del consiglio dell’ordine, del consiglio di amministrazione o del comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense e del CNF nelle elezioni immediatamente successive alla data di cessazione dell’incarico ricoperto. 7. L’avvio delle procedure per l’esame di abilitazione deve essere tempestivamente pubblicizzato secondo modalità contenute nel regolamento di attuazione emanato dal Ministro di giustizia entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge. 8. Il CNF può nominare, scegliendoli tra gli avvocati iscritti nell’albo speciale per il effettivo e un supplente sono professori universitari o ricercatori confermati in materie giuridiche. 2. Con il medesimo decreto, presso ogni sede di corte d’appello, è nominata una sottocommissione avente composizione identica alla commissione di cui al comma 1. 3. Presso ogni corte d’appello, ove il numero dei candidati lo richieda, possono essere formate con lo stesso criterio ulteriori sottocommissioni per gruppi sino a trecento candidati. 4. Esercitano le funzioni di segretario uno o più funzionari distaccati dal Ministero della giustizia. 5. Non possono essere designati nelle commissioni di esame avvocati che siano membri dei consigli dell’ordine o componenti del consiglio di amministrazione o del comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense e del CNF. 6. Gli avvocati componenti della commissione non possono essere eletti quali componenti del consiglio dell’ordine, del consiglio di amministrazione o del comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense e del CNF nelle elezioni immediatamente successive alla data di cessazione dell’incarico ricoperto. 7. L’avvio delle procedure per l’esame di abilitazione deve essere tempestivamente pubblicizzato secondo modalità contenute nel regolamento di attuazione emanato dal Ministro della giustizia entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge. 8. Il CNF può nominare, scegliendoli tra gli avvocati iscritti nell’albo speciale per il 2. Con il medesimo decreto, presso ogni sede di corte d'appello, è nominata una sottocommissione avente composizione identica alla commissione di cui al comma 1. 3. Presso ogni corte d'appello, ove il numero dei candidati lo richieda, possono essere formate con lo stesso criterio ulteriori sottocommissioni per gruppi sino a trecento candidati. 4. Esercitano le funzioni di segretario uno o più funzionari distaccati dal Ministero della giustizia. 5. Non possono essere designati nelle commissioni di esame avvocati che siano membri dei consigli dell'ordine o componenti del consiglio di amministrazione o del comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense e del CNF. 6. Gli avvocati componenti della commissione non possono essere eletti quali componenti del consiglio dell'ordine, del consiglio di amministrazione o del comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense e del CNF nelle elezioni immediatamente successive alla data di cessazione dell'incarico ricoperto. 7. L'avvio delle procedure per l'esame di abilitazione deve essere tempestivamente pubblicizzato secondo modalità contenute nel regolamento di attuazione emanato dal Ministro della giustizia entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge. 8. Il CNF può nominare ispettori per il 73 323 patrocinio avanti le magistrature superiori, ispettori per il controllo del regolare svolgimento delle prove d’esame scritte ed orali e l’uniformità di giudizio tra le varie commissioni d’esame. Gli ispettori possono partecipare in ogni momento agli esami e ai lavori delle commissioni di uno o più distretti indicati nell’atto di nomina ed esaminare tutti gli atti, con facoltà di intervenire e far inserire le proprie dichiarazioni nei verbali delle prove. Gli ispettori redigono ed inviano al CNF la relazione di quanto riscontrato, formulando osservazioni e proposte. Il Ministro di giustizia può annullare gli esami in cui siano state compiute irregolarità. La nullità può essere dichiarata per la prova di singoli candidati o per tutte le prove di una Commissione o per tutte le prove dell’intero distretto. 9. Dopo la conclusione dell’esame di abilitazione con risultato positivo, la commissione rilascia il certificato per l’iscrizione nell’albo degli avvocati. Il certificato conserva efficacia ai fini dell’iscrizione negli albi. patrocinio avanti le magistrature superiori, ispettori per il controllo del regolare svolgimento delle prove d’esame scritte ed orali e l’uniformità di giudizio tra le varie commissioni d’esame. Gli ispettori possono partecipare in ogni momento agli esami e ai lavori delle commissioni di uno o più distretti indicati nell’atto di nomina ed esaminare tutti gli atti, con facoltà di intervenire e far inserire le proprie dichiarazioni nei verbali delle prove. Gli ispettori redigono ed inviano al CNF la relazione di quanto riscontrato, formulando osservazioni e proposte. Il Ministro della giustizia può annullare gli esami in cui siano state compiute irregolarità. La nullità può essere dichiarata per la prova di singoli candidati o per tutte le prove di una commissione o per tutte le prove dell’intero distretto. 9. Dopo la conclusione dell’esame di abilitazione con risultato positivo, la commissione rilascia il certificato per l’iscrizione nell’albo degli avvocati. Il certificato conserva efficacia ai fini dell’iscrizione negli albi. Art. 48. (Disciplina transitoria per la pratica professionale) 1. Fino al quinto anno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge, l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato può essere conseguita anche superando l’esame di cui all’articolo 49, al termine di un periodo di tirocinio pratico di due anni, condotto secondo le modalità sopraindicate, senza avere frequentato i corsi di formazione di cui all’articolo 42. Il termine di cui al presente comma può essere Art. 48. (Disciplina transitoria per la pratica professionale) 1. Fino al quinto anno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge, l’accesso all’esame di abilitazione all’esercizio della professione di avvocato è condizionato allo svolgimento di un periodo di tirocinio pratico di due anni, condotto secondo le modalità indicate nel capo I, senza avere frequentato i corsi di formazione di cui all’articolo 41, dopo il superamento della prova di ingresso secondo quanto previsto controllo del regolare svolgimento delle prove d'esame scritte ed orali e l'uniformità di giudizio tra le varie commissioni d'esame. Gli ispettori possono partecipare in ogni momento agli esami e ai lavori delle commissioni di uno o più distretti indicati nell'atto di nomina ed esaminare tutti gli atti, con facoltà di intervenire e far inserire le proprie dichiarazioni nei verbali delle prove. Gli ispettori redigono ed inviano al CNF la relazione di quanto riscontrato, formulando osservazioni e proposte. Il Ministro della giustizia può annullare gli esami in cui siano state compiute irregolarità. La nullità può essere dichiarata per la prova di singoli candidati o per tutte le prove di una commissione o per tutte le prove dell'intero distretto. 9. Dopo la conclusione dell'esame di abilitazione con risultato positivo, la commissione rilascia il certificato per l'iscrizione nell'albo degli avvocati. Il certificato conserva efficacia ai fini dell'iscrizione negli albi. Art. 47. (Disciplina transitoria per la pratica professionale). 1. Fino al quinto anno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge, l'accesso all'esame di abilitazione all'esercizio della professione di avvocato è condizionato allo svolgimento di un periodo di tirocinio pratico di due anni, condotto secondo le modalità indicate nel capo I, senza avere frequentato i corsi di formazione di cui all'articolo 41. 74 324 prorogato una volta sola, per altri due anni. 2. Alla proroga si provvede con decreto del Ministro della giustizia, previo parere del CNF. 3. Ai fini dell’iscrizione nel registro dei praticanti, dopo la data di entrata in vigore della presente legge, è necessario il superamento di un test di ingresso secondo quanto previsto dall’articolo 41. 4. All’articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 11 dicembre 2001, n. 475, le parole: «di avvocato e» sono soppresse. dall’articolo 39. 2. Il termine di cui al comma 1 può essere prorogato con decreto del Ministro della giustizia, previo parere del CNF. Art. 49. (Disciplina transitoria per l’esame) 1. L’esame di abilitazione all’esercizio della professione di avvocato previsto all’articolo 48, comma 1, ferma la prova di preselezione informatica prevista dall’articolo 45, si articola: a) in tre prove scritte aventi ad oggetto: 1) la redazione di un atto giudiziario di primo grado, che postuli conoscenze di diritto sostanziale e di diritto processuale, su un quesito proposto, in materia scelta dal candidato tra il diritto civile, il diritto penale e il diritto amministrativo; 2) la redazione di un atto giudiziario di impugnazione, che postuli conoscenze di diritto sostanziale e di diritto processuale su un quesito proposto, in materia scelta dal candidato tra il diritto civile, il diritto penale e il diritto amministrativo; 3) la redazione di un parere motivato da scegliersi tra tre questioni in materia regolata dal codice civile, dal codice penale o dal diritto amministrativo; Art. 49. (Disciplina transitoria per l’esame) 1. Per i primi due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge l’esame di abilitazione all’esercizio della professione di avvocato si effettua, sia per quanto riguarda le prove scritte sia per quanto riguarda le prove orali, secondo le norme previgenti. 3. All’articolo 1, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 11 dicembre 2001, n. 475, le parole «alle professioni di avvocato e» sono sostituite dalle seguenti: «alla professione di». 2. Per i successivi tre anni le modalità delle prove, sia scritte sia orali, sono disciplinate dalle norme previgenti. L’ammissione alle prove orali è subordinata al raggiungimento del punteggio non inferiore a trenta punti per ciascuna prova scritta. Per le prove orali l’idoneità è subordinata al raggiungimento del punteggio non inferiore a trenta punti per ciascuna materia. 2. Il termine di cui al comma 1 può essere prorogato con decreto del Ministro della giustizia, previo parere del CNF. 3. All'articolo 1, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 11 dicembre 2001, n. 475, le parole: «alle professioni di avvocato e» sono sostituite dalle seguenti: «alla professione di». Art. 48. (Disciplina transitoria per l'esame). 1. Per i primi due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge l'esame di abilitazione all'esercizio della professione di avvocato si effettua, sia per quanto riguarda le prove scritte e le prove orali, sia per quanto riguarda le modalità di esame, secondo le norme previgenti. 2. Per i successivi tre anni le modalità delle prove, sia scritte sia orali, sono disciplinate dalle norme previgenti. L'ammissione alle prove orali è subordinata al raggiungimento del punteggio non inferiore a trenta punti per ciascuna prova scritta. Per le prove orali l'idoneità è subordinata al raggiungimento del punteggio non inferiore a trenta punti per ciascuna materia. 75 325 b) in una prova orale durante la quale il candidato deve illustrare la prova scritta e dimostrare una sufficiente conoscenza delle seguenti materie: ordinamento e deontologia forensi, diritto civile, diritto penale, diritto processuale civile, diritto processuale penale; oltre ad altre due materie scelte preventivamente dal candidato tra le seguenti: diritto costituzionale, diritto amministrativo, diritto del lavoro, diritto commerciale, diritto comunitario ed internazionale privato, diritto tributario, ordinamento giudiziario. 2. Si applicano le disposizioni di cui all’art. 46, commi da due a undici. TITOLO V IL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE Capo I REGOLE GENERALI TITOLO V IL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE Art. 50. (Organi del procedimento disciplinare) 1. L’azione disciplinare è esercitata dal Consiglio Istruttore di Disciplina e dai Consigli dell’Ordine costituiti in Collegio Giudicante. 2. Il Consiglio Istruttore di Disciplina è organo degli ordini circondariali del distretto, istituito a livello distrettuale presso il Consiglio dell’Ordine nel cui circondario ha sede la Corte d’Appello. Art. 50. (Organi del procedimento disciplinare) 1. L’azione disciplinare è esercitata, in ogni distretto, dal Consiglio istruttore di disciplina e dal Collegio giudicante. 3. Ciascun Consiglio dell’Ordine circondariale elegge, fra gli iscritti al proprio albo, i componenti del Consiglio Istruttore di Disciplina nel numero e con le modalità previste con regolamento del CNF. Il 2. Il Consiglio istruttore di disciplina e il Collegio giudicante sono organi degli ordini circondariali del distretto. Il Consiglio istruttore di disciplina è istituito a livello distrettuale presso il consiglio dell’ordine nel cui circondario ha sede la corte d’appello. 3. Ciascun consiglio dell’ordine circondariale elegge, fra gli iscritti al proprio albo, i componenti del Consiglio istruttore di disciplina nel numero e con le modalità previste con regolamento del CNF. Il TITOLO V IL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE Art. 49. (Organi del procedimento disciplinare). 1. L'azione disciplinare è esercitata, in ogni distretto, dal Consiglio istruttore di disciplina e dal Collegio giudicante. 2. Il Consiglio istruttore di disciplina e il Collegio giudicante sono organi degli ordini circondariali del distretto. Il Consiglio istruttore di disciplina è istituito a livello distrettuale presso il consiglio dell'ordine nel cui circondario ha sede la corte d'appello. 3. Ciascun consiglio dell'ordine circondariale elegge, fra gli iscritti al proprio albo, i componenti del Consiglio istruttore di disciplina nel numero e con le modalità 76 326 mandato è triennale e non può essere rinnovato per più di una volta. 4. Le operazioni di voto avvengono a scrutinio segreto e risultano eletti coloro che hanno riportato il maggior numero di voti; in caso di parità di voti risulta eletto il più anziano per iscrizione all’albo. 5. La carica di componente del Consiglio Istruttore di Disciplina è incompatibile con quella di consigliere nazionale forense, consigliere dell’ordine, componente di uno degli organi della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense; si applica, inoltre, ogni altra causa di incompatibilità prevista dalla presente legge per la carica di consigliere dell’ordine. Il componente del Consiglio Istruttore di Disciplina cessato dalla carica è ineleggibile alle cariche di cui sopra per il periodo di anni tre immediatamente successivo alla cessazione. Nei tre anni si computa l’anno solare in corso all’atto della cessazione dalla carica di consigliere istruttore. 6. Le riunione di insediamento del Consiglio Istruttore di Disciplina viene convocata per la prima volta dal Presidente del Consiglio dell’Ordine nel cui circondario ha sede la Corte d’appello entro trenta giorni dalla ricezione dell’ultima comunicazione da parte dei Consigli dell’Ordine circondariali dell’esito delle elezioni. Nella stessa riunione, presieduta dal componente di maggiore anzianità di iscrizione, il Consiglio Istruttore di Disciplina elegge tra i propri componenti il Presidente. 7. I collegi del Consiglio Istruttore di Disciplina siedono presso la sede del Consiglio dell’Ordine distrettuale, sono mandato è quadriennale e non può essere rinnovato per più di una volta. 4. Le operazioni di voto avvengono a scrutinio segreto e risultano eletti coloro che hanno riportato il maggior numero di voti. In caso di parità di voti risulta eletto il più anziano per iscrizione all’albo. 5. La carica di componente del Consiglio istruttore di disciplina è incompatibile con quella di consigliere nazionale forense, di consigliere dell’ordine, di componente di uno degli organi della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense e di componente del Collegio giudicante. Si applica, inoltre, ogni altra causa di incompatibilità prevista dalla presente legge per la carica di consigliere dell’ordine. Il componente del Consiglio istruttore di disciplina cessato dalla carica è ineleggibile alle cariche di cui al primo periodo per i tre anni immediatamente successivi alla cessazione. Nei tre anni si computa l’anno solare in corso all’atto della cessazione dalla carica di consigliere istruttore. 6. La riunione di insediamento del Consiglio istruttore di disciplina viene convocata per la prima volta dal pesidente del consiglio dell’ordine nel cui circondario ha sede la corte d ’appello entro trenta giorni dalla ricezione dell’ultima comunicazione da parte dei consigli dell’ordine circondariali all’esito delle elezioni. Nella stessa riunione, presieduta dal componente di maggiore anzianità di iscrizione, il Consiglio istruttore di disciplina elegge tra i propri componenti il presidente. 7. Il Consiglio istruttore di disciplina siede presso la sede del consiglio dell’ordine distrettuale, è composto da tre membri previste con regolamento del CNF. Il mandato è quadriennale e non può essere rinnovato per più di una volta. 4. Le operazioni di voto avvengono a scrutinio segreto e risultano eletti coloro che hanno riportato il maggior numero di voti. In caso di parità di voti risulta eletto il più anziano per iscrizione all'albo. 5. La carica di componente del Consiglio istruttore di disciplina è incompatibile con quella di consigliere nazionale forense, di consigliere dell'ordine, di componente di uno degli organi della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense e di componente del Collegio giudicante. Si applica, inoltre, ogni altra causa di incompatibilità prevista dalla presente legge per la carica di consigliere dell'ordine. Il componente del Consiglio istruttore di disciplina cessato dalla carica è ineleggibile alle cariche di cui al primo periodo per i tre anni immediatamente successivi alla cessazione. Nei tre anni si computa l'anno solare in corso all'atto della cessazione dalla carica di consigliere istruttore. 6. La riunione di insediamento del Consiglio istruttore di disciplina viene convocata per la prima volta dal presidente del consiglio dell'ordine nel cui circondario ha sede la corte d'appello entro trenta giorni dalla ricezione dell'ultima comunicazione da parte dei consigli dell'ordine circondariali all'esito delle elezioni. Nella stessa riunione, presieduta dal componente di maggiore anzianità di iscrizione, il Consiglio istruttore di disciplina elegge tra i propri componenti il presidente. 7. Il Consiglio istruttore di disciplina siede presso la sede del consiglio dell'ordine 77 327 composti da tre membri effettivi e da un supplente, vengono costituiti mediante criteri predeterminati, disciplinati con regolamento del CNF e sono presieduti dal componente più anziano per iscrizione all’albo. 8. I Consigli dell’Ordine costituiti in Collegio Giudicante sono composti per ogni procedimento da sette membri effettivi e da tre supplenti: il Presidente del Consiglio dell’Ordine competente ai sensi dell’art. 51, c. 2 o altro consigliere da lui delegato per l’ipotesi di sua impossibilità o incompatibilità a partecipare, due membri effettivi designati dal Consiglio dell’Ordine competente e quattro membri effettivi indicati tra i componenti degli altri Consigli dell’Ordine del distretto. Il Consiglio dell’Ordine competente indica un componente supplente, gli altri Consigli dell’Ordine del distretto designano due consiglieri supplenti. I Collegi vengono costituiti mediante criteri predeterminati, disciplinati con regolamento del CNF e non potranno mutare la loro composizione dopo l’inizio del dibattimento. Il regolamento disciplinerà anche la formazione dei collegi giudicanti per i casi in cui, per motivi di incompatibilità o altro, ne sia impossibile la costituzione secondo i criteri sopra indicati. 9. Il Consiglio dell’Ordine costituito in Collegio Giudicante è presieduto dal Presidente del Consiglio dell’Ordine circondariale competente o dal suo delegato ai sensi dell’art. 50, n.8. 10. Fermo quanto previsto dall’articolo 51, comma 3 per i componenti del Consiglio dell’Ordine costituito in Collegio Giudicante, nell’ipotesi in cui il procedimento riguardi un Consigliere di un ordine circondariale, al Collegio Giudicante non possono partecipare effettivi e da un supplente, viene costituito mediante criteri predeterminati, disciplinati con regolamento del CNF ed è presieduto dal componente più anziano per iscrizione all’albo. 8. Il Collegio giudicante è composto per ogni procedimento da sette membri effettivi e da tre supplenti: il presidente del consiglio dell’ordine competente ai sensi dell’articolo 51, comma 1, o altro consigliere da lui delegato per l’ipotesi di sua impossibilità o incompatibilità a partecipare, due membri effettivi designati dal consiglio dell’ordine competente e quattro membri effettivi indicati tra i componenti degli altri consigli dell’ordine del distretto. Il consiglio dell’ordine competente indica un componente supplente, gli altri consigli dell’ordine del distretto designano due consiglieri supplenti. Il Collegio viene costituito mediante criteri predeterminati, disciplinati con regolamento del CNF e non può mutare la sua composizione dopo l’inizio del dibattimento. Il regolamento disciplina anche la formazione del Collegio giudicante per i casi in cui, per motivi di incompatibilità o altro, ne sia impossibile la costituzione secondo i criteri sopra indicati. 9. Il Collegio giudicante è presieduto dal presidente del consiglio dell’ordine circondariale competente o dal suo delegato ai sensi del comma 8. 10. Fermo quanto previsto dall’articolo 51, comma 2, per i componenti del Consiglio istruttore di disciplina, nell’ipotesi in cui il procedimento riguardi un consigliere di un ordine circondariale, quale persona indagata, incolpata, offesa o danneggiata, al Collegio distrettuale, è composto da tre membri effettivi e da un supplente, viene costituito mediante criteri predeterminati, disciplinati con regolamento del CNF, ed è presieduto dal componente più anziano per iscrizione all'albo. 8. Il Collegio giudicante è composto per ogni procedimento da sette membri effettivi e da tre supplenti: il presidente del consiglio dell'ordine competente ai sensi dell'articolo 50, comma 1, o altro consigliere da lui delegato per l'ipotesi di sua impossibilità o incompatibilità a partecipare, due membri effettivi designati dal consiglio dell'ordine competente e quattro membri effettivi indicati tra i componenti degli altri consigli dell'ordine del distretto. Il consiglio dell'ordine competente indica un componente supplente, gli altri consigli dell'ordine del distretto designano due consiglieri supplenti. Il Collegio viene costituito mediante criteri predeterminati, disciplinati con regolamento del CNF, e non può mutare la sua composizione dopo l'inizio del dibattimento. Il regolamento disciplina anche la formazione del Collegio giudicante per i casi in cui, per motivi di incompatibilità o altro, ne sia impossibile la costituzione secondo i criteri sopra indicati. 9. Il Collegio giudicante è presieduto dal presidente del consiglio dell'ordine circondariale competente o dal suo delegato ai sensi del comma 8. 10. Fermo quanto previsto dall'articolo 50, comma 2, per i componenti del Consiglio istruttore di disciplina, nell'ipotesi in cui il procedimento riguardi un consigliere di un ordine circondariale, quale persona indagata, 78 328 altri consiglieri dello stesso ordine ed il dibattimento dovrà tenersi presso la sede del Consiglio dell’Ordine distrettuale; se il procedimento riguarda un componente del Consiglio dell’Ordine distrettuale l’istruttoria e il giudizio si terranno presso la sede distrettuale determinata dall’Art. 11 del Codice di Procedura Penale. 11. I componenti dei Consigli dell’Ordine costituiti in Collegio Giudicante possono essere ricusati per gli stessi motivi, in quanto applicabili, previsti dal codice di procedura civile e devono astenersi quando vi sia un motivo di ricusazione da essi conosciuto, anche se non contestato. 12. Per la validità delle riunioni dei collegi dei Consigli Istruttori di Disciplina e dei Consigli dell’Ordine costituiti in Collegio Giudicante è necessaria la presenza di tutti i componenti. 13. I costi del Consiglio Istruttore di Disciplina e del Collegio Giudicante sono sostenuti dai consigli dell’ordine circondariali del distretto in proporzione al numero degli iscritti all’albo ordinario. 14. Il Consiglio Nazionale Forense disciplina con regolamento il funzionamento, l’organizzazione e i relativi criteri di ripartizione delle spese tra gli Ordini del Distretto dei Consigli Istruttori di disciplina e del Consiglio dell’Ordine costituito in Collegio Giudicante. Il regolamento potrà determinare altresì i criteri di formazione delle tabelle periodiche per la composizione dei Consigli Istruttori di disciplina e dei Consigli dell’Ordine costituiti in Collegi Giudicanti che giudicante non possono partecipare altri consiglieri dello stesso ordine e il dibattimento deve tenersi presso la sede del consiglio dell’ordine distrettuale. Se il procedimento riguardi un componente del consiglio dell’ordine distrettuale, quale persona indagata, incolpata, offesa o danneggiata, l’istruttoria e il giudizio si tengono presso la sede distrettuale determinata ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale. 11. I componenti del Collegio giudicante possono essere ricusati per gli stessi motivi, in quanto applicabili, previsti dal codice di procedura penale e devono astenersi quando vi sia un motivo di ricusazione da essi conosciuto, anche se non contestato. 12. Per la validità delle riunioni del Consiglio istruttore di disciplina e del Collegio giudicante è necessaria la presenza di tutti i componenti. 13. I costi del Consiglio istruttore di disciplina e del Collegio giudicante sono sostenuti dai consigli dell’ordine circondariali del distretto in proporzione al numero degli iscritti all’albo ordinario. 14. Il CNF disciplina con regolamento il funzionamento, l’organizzazione e i relativi criteri di ripartizione delle spese tra gli ordini del distretto del Consiglio istruttore di disciplina e del Collegio giudicante. 15. Rimangono regolati dalla previgente disciplina i procedimenti disciplinari per i quali alla data di entrata in vigore della presente legge sia già stato notificato il capo di incolpazione. In caso contrario gli atti sono trasmessi al Consiglio istruttore di disciplina incolpata, offesa o danneggiata, al Collegio giudicante non possono partecipare altri consiglieri dello stesso ordine e il dibattimento deve tenersi presso la sede del consiglio dell'ordine distrettuale. Se il procedimento riguardi un componente del consiglio dell'ordine distrettuale, quale persona indagata, incolpata, offesa o danneggiata, l'istruttoria e il giudizio si tengono presso la sede distrettuale determinata ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale. 11. I componenti del Collegio giudicante possono essere ricusati per gli stessi motivi, in quanto applicabili, previsti dal codice di procedura civile e devono astenersi quando vi sia un motivo di ricusazione da essi conosciuto, anche se non contestato. 12. Per la validità delle riunioni del Consiglio istruttore di disciplina e del Collegio giudicante è necessaria la presenza di tutti i componenti. 13. I costi del Consiglio istruttore di disciplina e del Collegio giudicante sono sostenuti dai consigli dell'ordine circondariali del distretto in proporzione al numero degli iscritti all'albo ordinario. 14. Il CNF disciplina con regolamento il funzionamento, l'organizzazione e i relativi criteri di ripartizione delle spese tra gli ordini del distretto del Consiglio istruttore di disciplina e del Collegio giudicante. 15. Rimangono regolati dalla previgente disciplina i procedimenti disciplinari per i quali alla data di entrata in vigore della presente legge sia già stato notificato il capo di incolpazione. In caso contrario gli atti sono 79 329 dovranno essere trasmesse al Consiglio Nazionale Forense per l’approvazione. 15. Rimangono regolati dalla precedente disciplina i procedimenti disciplinari per i quali alla data di entrata in vigore della presente legge sia già stato notificato il capo di incolpazione, altrimenti gli atti sono trasmessi al Consiglio Istruttore di Disciplina degli ordini. competente. Art. 51. (Competenza) 1. La competenza territoriale del Consiglio Istruttore di Disciplina e del Consiglio dell’Ordine costituito in Collegio Giudicante è determinata dal luogo in cui si trova l’ordine presso il cui albo, elenchi speciali o registro è iscritto l’avvocato o il praticante avvocato, ovvero dal luogo ove l’iscritto ad altro albo, elenco o registro abbia commesso il fatto. 2. Nell’ipotesi in cui l’indagato o l’incolpato sia uno dei componenti del Consiglio Istruttore di Disciplina ed in ogni altro caso di incompatibilità, la competenza a provvedere è determinata ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale. Art. 51. (Competenza) 1. La competenza territoriale del Consiglio istruttore di disciplina e del Collegio giudicante è determinata dal luogo in cui si trova l’ordine presso il cui albo, elenchi speciali o registro è iscritto l’avvocato o il praticante avvocato, ovvero dal luogo ove l’iscritto ad altro albo, elenco o registro abbia commesso il fatto. La competenza è determinata, volta per volta, dalla prevenzione. 2. Nell’ipotesi in cui l’indagato, l’incolpato, la persona offesa o danneggiata sia uno dei componenti del Consiglio istruttore di disciplina ed in ogni altro caso di incompatibilità, la competenza a provvedere è determinata ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale. Art. 52. (Azione disciplinare) 1. L’azione disciplinare è obbligatoria ed è esercitata dal Consiglio Istruttore di Disciplina d’ufficio o a seguito di comunicazione di fatti suscettibili di rilievo disciplinare da parte del Consiglio dell’Ordine o da parte di altri. Nel caso in cui la Art. 52. (Azione disciplinare) 1. L’azione disciplinare è obbligatoria ed è esercitata dal Consiglio istruttore di disciplina ogni volta che venga a conoscenza di fatti suscettibili di rilievo disciplinare. Nel caso in cui la relativa segnalazione non provenga dal consiglio dell’ordine, il Consiglio istruttore di trasmessi al Consiglio istruttore di disciplina competente. Art. 50. (Competenza). 1. La competenza territoriale del Consiglio istruttore di disciplina e del Collegio giudicante è determinata dal luogo in cui si trova l'ordine presso il cui albo, elenchi speciali o registro è iscritto l'avvocato o il praticante avvocato, ovvero dal luogo ove l'iscritto ad altro albo, elenco o registro abbia commesso il fatto. La competenza è determinata, volta per volta, dalla prevenzione. 2. Nell'ipotesi in cui l'indagato, l'incolpato, la persona offesa o danneggiata sia uno dei componenti del Consiglio istruttore di disciplina o del Collegio giudicante, nonché in ogni altro caso di incompatibilità, la competenza a provvedere è determinata ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale. Art. 51. (Azione disciplinare). 1. L'azione disciplinare è obbligatoria ed è esercitata dal Consiglio istruttore di disciplina ogni volta che venga a conoscenza di fatti suscettibili di rilievo disciplinare. Nel caso in cui la relativa segnalazione non provenga dal 80 330 segnalazione non provenga dal Consiglio dell’Ordine, il Consiglio Istruttore di Disciplina ne da immediata notizia al Consiglio dell’Ordine competente trasmettendogli gli atti per conoscenza. 2. Al fine di cui al punto 1: a) il Consiglio dell’Ordine circondariale che abbia ricevuto notizia di fatti suscettibili di rilievo disciplinare ovvero l’abbia acquisita d’ufficio, la trasmette entro 15 giorni al Consiglio Istruttore di Disciplina; b) l’autorità giudiziaria è tenuta a dare immediata notizia al Consiglio dell’Ordine circondariale competente quando nei confronti di un iscritto all’albo, agli elenchi speciali o al registro è esercitata l’azione penale, è disposta l’applicazione di misure cautelari o di sicurezza, sono effettuati perquisizioni o sequestri ovvero sono emesse sentenze che definiscono il grado di giudizio nonché degli sviluppi processuali successivi. Il Consiglio dell’Ordine circondariale trasmette al Consiglio Istruttore di Disciplina la notizia nel termine di cui alla precedente lettera a). 3. Se l’esponente è un avvocato e l’esposto riguardi violazioni del rapporto fra colleghi, o dei rapporti con il Consiglio dell’Ordine, o dei rapporti con i praticanti, come disciplinati dal codice deontologico forense, fatta salva l’immediata trasmissione degli atti secondo il disposto di cui al precedente punto 2, lettera a), il Consiglio dell’Ordine circondariale che abbia ricevuto la segnalazione tenta la conciliazione tra i colleghi e ne comunica l’esito al Consiglio Istruttore di Disciplina. disciplina ne dà immediata notizia al consiglio dell’ordine competente trasmettendogli gli atti per conoscenza. 2. Al fine di cui al comma 1: a) il consiglio dell’ordine circondariale che abbia ricevuto notizia di fatti suscettibili di rilievo disciplinare ovvero l’abbia acquisita d’ufficio, la trasmette entro quindici giorni al Consiglio istruttore di disciplina; b) l’autorità giudiziaria è tenuta a dare immediata notizia al consiglio dell’ordine circondariale competente quando nei confronti di un iscritto all’albo, agli elenchi speciali o al registro è esercitata l’azione penale, ovvero è disposta l’applicazione di misure cautelari o di sicurezza, ovvero sono effettuati perquisizioni o sequestri ovvero sono emesse sentenze che definiscono il grado di giudizio nonché in merito agli sviluppi processuali successivi. Il consiglio dell’ordine circondariale trasmette al Consiglio istruttore di disciplina la notizia nel termine di cui alla lettera a). 3. Se l’esponente è un avvocato e l’esposto riguardi violazioni del rapporto fra colleghi, o dei rapporti con il consiglio dell’ordine, o dei rapporti con i praticanti, come disciplinati dal codice deontologico forense, fatta salva l’immediata trasmissione degli atti secondo il disposto di cui al comma 2, lettera a), il consiglio dell’ordine circondariale che abbia ricevuto la segnalazione tenta la conciliazione tra i colleghi e ne comunica l’esito al Consiglio istruttore di disciplina. 4. L’illecito disciplinare non è configurabile quando il fatto è di scarsa rilevanza. consiglio dell'ordine, il Consiglio istruttore di disciplina ne dà immediata notizia al consiglio dell'ordine competente trasmettendogli gli atti per conoscenza. 2. Al fine di cui al comma 1: a) il consiglio dell'ordine circondariale che abbia ricevuto notizia di fatti suscettibili di rilievo disciplinare, ovvero l'abbia acquisita d'ufficio, la trasmette entro quindici giorni al Consiglio istruttore di disciplina; b) l'autorità giudiziaria è tenuta a dare immediata notizia al consiglio dell'ordine circondariale competente quando nei confronti di un iscritto all'albo, agli elenchi speciali o al registro è esercitata l'azione penale, ovvero è disposta l'applicazione di misure cautelari o di sicurezza, ovvero sono effettuati perquisizioni o sequestri ovvero sono emesse sentenze che definiscono il grado di giudizio nonché in merito agli sviluppi processuali successivi. Il consiglio dell'ordine circondariale trasmette al Consiglio istruttore di disciplina la notizia nel termine di cui alla lettera a). 3. Se l'esponente è un avvocato e l'esposto riguardi violazioni del rapporto fra colleghi, o dei rapporti con il consiglio dell'ordine, o dei rapporti con i praticanti, come disciplinati dal codice deontologico forense, fatta salva l'immediata trasmissione degli atti secondo il disposto di cui al comma 2, lettera a), il consiglio dell'ordine circondariale che abbia ricevuto la segnalazione tenta la conciliazione tra i colleghi e ne comunica l'esito al Consiglio istruttore di disciplina. 4. L'illecito disciplinare non è configurabile quando il fatto è di scarsa rilevanza. 81 331 Art. 53. (Prescrizione dell’azione disciplinare) 1. L’azione disciplinare si prescrive nel termine di cinque anni dal fatto. 2. Nel caso di condanna penale per reato non colposo, il termine di prescrizione per la riapertura del procedimento disciplinare ai sensi dell’articolo 59 è di due anni dal passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna. 3. Il termine della prescrizione è interrotto: a) dalla comunicazione di apertura del procedimento disciplinare; b) dalla comunicazione all’iscritto del capo di incolpazione; c) dalla delibera di convocazione dell’incolpato; d) dalla notifica della decisione del Consiglio dell’Ordine costituito in Collegio Giudicante emessa all’esito del dibattimento; e) dalla notifica all’iscritto della sentenza pronunciata dal ai sensi dell’articolo 57; 4. Dalla data di comunicazione o notifica dell’atto interruttivo della prescrizione di cui al comma 3 decorre un nuovo termine della durata di cinque anni; in caso di pluralità di atti interruttivi la prescrizione decorre dall’ultimo di essi, ma in nessun caso il termine di prescrizione di cui al comma 1 può essere prolungato di oltre la metà. Art. 54. (Istruttoria disciplinare) 1. Ricevuti gli atti, il Presidente del Consiglio Istruttore di Disciplina provvede senza ritardo ad iscrivere in apposito registro la notizia in relazione alla quale può aprirsi un Art. 53. (Prescrizione dell’azione disciplinare) 1. L’azione disciplinare si prescrive nel termine di cinque anni dal fatto. 2. Nel caso di condanna penale per reato non colposo, il termine di prescrizione per la riapertura del procedimento disciplinare ai sensi dell’articolo 59 è di due anni dal passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna. 3. Il termine della prescrizione è interrotto: a) dalla comunicazione di apertura del procedimento disciplinare; b) dalla comunicazione all’iscritto del capo di incolpazione; c) dalla notificazione della delibera di convocazione dell’incolpato; d) dalla notificazione della decisione del consiglio dell’ordine costituito in Collegio giudicante emessa all’esito del dibattimento; e) dalla notificazione all’iscritto della sentenza pronunciata ai sensi dell’articolo 57; 4. Dalla data di comunicazione o notificazione dell’atto interruttivo della prescrizione di cui al comma 3 decorre un nuovo termine della durata di cinque anni. In caso di pluralità di atti interruttivi, la prescrizione decorre dall’ultimo di essi, ma in nessun caso il termine di prescrizione di cui al comma 1 può essere prolungato di oltre la metà. Art. 54. (Istruttoria disciplinare) 1. Ricevuti gli atti, il presidente del Consiglio istruttore di disciplina provvede senza ritardo ad iscrivere in apposito registro la notizia in relazione alla quale può aprirsi un Art. 52. (Prescrizione dell'azione disciplinare). 1. L'azione disciplinare si prescrive nel termine di cinque anni dal fatto. 2. Nel caso di condanna penale per reato non colposo, il termine di prescrizione per la riapertura del procedimento disciplinare ai sensi dell'articolo 58 è di due anni dal passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna. 3. Il termine della prescrizione è interrotto: a) dalla comunicazione di apertura del procedimento disciplinare; b) dalla comunicazione all'iscritto del capo di incolpazione; c) dalla notificazione della delibera di convocazione dell'incolpato; d) dalla notificazione della decisione del consiglio dell'ordine costituito in Collegio giudicante emessa all'esito del dibattimento; e) dalla notificazione all'iscritto della sentenza pronunciata ai sensi dell'articolo 56. 4. Dalla data di comunicazione o notificazione dell'atto interruttivo della prescrizione di cui al comma 3 decorre un nuovo termine della durata di cinque anni. In caso di pluralità di atti interruttivi, la prescrizione decorre dall'ultimo di essi, ma in nessun caso il termine di prescrizione di cui al comma 1 può essere prolungato di oltre la metà. Art. 53. (Istruttoria disciplinare). 1. Ricevuti gli atti, il presidente del Consiglio istruttore di disciplina provvede senza ritardo ad iscrivere in apposito registro la notizia in 82 332 procedimento disciplinare, indicando il nome dell’iscritto a cui la stessa si riferisce e assegna il procedimento al collegio competente per la trattazione dell’istruttoria. Del collegio non può far parte un iscritto allo stesso Albo dell’indagato. 2. Il Presidente del collegio istruttorio designa per la trattazione se stesso o altro componente del collegio stesso. L’istruttore designato diventa responsabile della fase istruttoria a lui affidata e comunica senza ritardo all’iscritto l’avvio di detta fase, a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, fornendogli ogni elemento utile ed invitandolo a formulare per iscritto le proprie osservazioni entro venti giorni dal ricevimento della comunicazione. L’interessato può chiedere di essere ascoltato personalmente dall’istruttore ed ha la facoltà di farsi assistere da un difensore. Il collegio istruttorio provvede ad ogni accertamento di natura istruttoria nel termine di sei mesi dall’iscrizione della notizia di illecito disciplinare nel registro di cui al comma 1. Nel termine non sono calcolati i periodi di sospensione per qualunque causa e per i rinvii ottenuti dall’interessato. Si tiene conto in ogni caso della sospensione feriale dei termini. 3. Conclusi gli atti di sua competenza, ed nel solo caso di manifesta infondatezza della notizia di illecito disciplinare, l’istruttore propone al collegio di appartenenza richiesta motivata di archiviazione o, in caso contrario, di apertura del procedimento disciplinare; in questa seconda ipotesi, egli formula la proposta del capo di incolpazione e deposita il fascicolo in segreteria. Il collegio istruttorio delibera, con la partecipazione procedimento disciplinare, indicando il nome dell’iscritto a cui la stessa si riferisce, e assegna il procedimento al collegio competente per la trattazione dell’istruttoria. Del collegio non può far parte un iscritto allo stesso albo dell’indagato. 2. Il presidente del collegio istruttorio designa per la trattazione se stesso o altro componente del collegio stesso. L’istruttore designato diventa responsabile della fase istruttoria a lui affidata e comunica senza ritardo all’iscritto l’avvio di detta fase, a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, fornendogli ogni elemento utile ed invitandolo a formulare per iscritto le proprie osservazioni entro venti giorni dal ricevimento della comunicazione. L’interessato può chiedere di essere ascoltato personalmente dall’istruttore ed ha la facoltà di farsi assistere da un difensore. Il collegio istruttorio provvede ad ogni accertamento di natura istruttoria nel termine di sei mesi dall’iscrizione della notizia di illecito disciplinare nel registro di cui al comma 1. Nel termine non sono calcolati i periodi di sospensione per qualunque causa e per i rinvii ottenuti dall’interessato. Si tiene conto in ogni caso della sospensione feriale dei termini. 3. Conclusi gli atti di sua competenza, nel solo caso di manifesta infondatezza della notizia di illecito disciplinare, l’istruttore propone al collegio di appartenenza richiesta motivata di archiviazione o, in caso contrario, di apertura del procedimento disciplinare. In questa seconda ipotesi, egli formula la proposta del capo di incolpazione e deposita il fascicolo in segreteria. Il collegio istruttorio delibera, con la partecipazione relazione alla quale può aprirsi un procedimento disciplinare, indicando il nome dell'iscritto a cui la stessa si riferisce, e assegna il procedimento al collegio competente per la trattazione dell'istruttoria. Del collegio non può far parte un iscritto allo stesso albo dell'indagato. 2. Il presidente del collegio istruttorio designa per la trattazione se stesso o altro componente del collegio stesso. L'istruttore designato diventa responsabile della fase istruttoria a lui affidata e comunica senza ritardo all'iscritto l'avvio di detta fase, a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, fornendogli ogni elemento utile ed invitandolo a formulare per iscritto le proprie osservazioni entro venti giorni dal ricevimento della comunicazione. L'interessato può chiedere di essere ascoltato personalmente dall'istruttore ed ha la facoltà di farsi assistere da un difensore. Il collegio istruttorio provvede ad ogni accertamento di natura istruttoria nel termine di sei mesi dall'iscrizione della notizia di illecito disciplinare nel registro di cui al comma 1. Nel termine non sono calcolati i periodi di sospensione per qualunque causa e per i rinvii ottenuti dall'interessato. Si tiene conto in ogni caso della sospensione feriale dei termini. 3. Conclusi gli atti di sua competenza, nel solo caso di manifesta infondatezza della notizia di illecito disciplinare, l'istruttore propone al collegio di appartenenza richiesta motivata di archiviazione o, in caso contrario, di apertura del procedimento disciplinare. In questa seconda ipotesi, egli formula la proposta del capo di incolpazione e deposita il fascicolo in segreteria. Il collegio 83 333 dell’istruttore, l’archiviazione o l’apertura del procedimento. In questo secondo caso, approva il capo di incolpazione. 4. Il provvedimento di archiviazione è comunicato all’iscritto, al Consiglio dell’Ordine presso il quale l’avvocato è iscritto, al pubblico ministero ed all’esponente. 5. Il provvedimento di apertura del procedimento disciplinare e quello di rinvio a giudizio sono impugnabili al Consiglio Nazionale Forense solo insieme alla decisione che contenga l’applicazione di una sanzione. dell’istruttore, l’archiviazione o l’apertura del procedimento. 4. Il provvedimento di archiviazione è comunicato all’iscritto, al consiglio dell’ordine presso il quale l’avvocato è iscritto, al pubblico ministero ed all’esponente. 5. Il provvedimento di apertura del procedimento disciplinare e quello di rinvio a giudizio sono impugnabili al CNF solo insieme alla decisione che contenga l’applicazione di una sanzione. Art. 55. (Dibattimento disciplinare) 1. Qualora il Consiglio Istruttore di Disciplina disponga l’apertura del procedimento disciplinare ne dà comunicazione all’incolpato, al pubblico ministero e al Consiglio dell’Ordine competente. 2. La comunicazione contiene il capo d’incolpazione con l’enunciazione: 1) delle generalità dell’incolpato e del numero cronologico attribuito al procedimento; 2) dell’addebito, con l’indicazione delle norme violate; se gli addebiti sono più di uno gli stessi sono contraddistinti da lettere o numeri; 3) della data della delibera di approvazione del capo d’incolpazione; 4) l’avviso che l’incolpato, nel termine di venti giorni dal ricevimento della stessa, ha diritto di accedere ai documenti contenuti nel fascicolo, prendendone visione ed estraendone copia integrale; ha facoltà di depositare memorie e documenti. 3. Decorso il termine concesso per il Art. 55. (Dibattimento disciplinare) 1. Qualora il Consiglio istruttore di disciplina disponga l’apertura del procedimento disciplinare, ne dà comunicazione all’incolpato, al pubblico ministero e al consiglio dell’ordine competente. 2. La comunicazione contiene: a) il capo d’incolpazione con l’enunciazione: 1) delle generalità dell’incolpato e del numero cronologico attribuito al procedimento; 2) dell’addebito, con l’indicazione delle norme violate; se gli addebiti sono più di uno, gli stessi sono contraddistinti da lettere o numeri; 3) della data della delibera di approvazione del capo d’incolpazione; b) l’avviso che l’incolpato, nel termine di venti giorni dal ricevimento della stessa, ha diritto di accedere ai documenti contenuti nel fascicolo, prendendone visione ed estraendone copia integrale, e ha facoltà di depositare memorie e documenti. 3 Decorso il termine concesso per il istruttorio delibera, con la partecipazione dell'istruttore, l'archiviazione o l'apertura del procedimento. 4. Il provvedimento di archiviazione è comunicato all'iscritto, al consiglio dell'ordine presso il quale l'avvocato è iscritto, al pubblico ministero ed all'esponente. 5. Il provvedimento di apertura del procedimento disciplinare e quello di rinvio a giudizio sono impugnabili al CNF solo insieme alla decisione che contenga l'applicazione di una sanzione. Art. 54. (Dibattimento disciplinare). 1. Qualora il Consiglio istruttore di disciplina disponga l'apertura del procedimento disciplinare, ne dà comunicazione all'incolpato, al pubblico ministero e al consiglio dell'ordine competente. 2. La comunicazione contiene: a) il capo d'incolpazione con l'enunciazione: 1) delle generalità dell'incolpato e del numero cronologico attribuito al procedimento; 2) dell'addebito, con l'indicazione delle norme violate; se gli addebiti sono più di uno, gli stessi sono contraddistinti da lettere o numeri; 3) della data della delibera di approvazione del capo d'incolpazione; b) l'avviso che l'incolpato, nel termine di venti giorni dal ricevimento della stessa, ha diritto di accedere ai documenti contenuti nel fascicolo, prendendone visione ed estraendone copia integrale, e ha facoltà di depositare memorie e documenti. 84 334 compimento degli atti difensivi, il Consiglio Istruttore di Disciplina trasmette gli atti al competente Consiglio dell’Ordine costituito in Collegio Giudicante. 4. Il Presidente del Consiglio dell’Ordine costituito in Collegio Giudicante nomina il consigliere relatore, ne dà comunicazione all’incolpato e al pubblico ministero a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento. Il Consiglio dell’Ordine costituito in Collegio Giudicante può disporre il proscioglimento nelle forme di cui all’articolo 56, comma 1, lettera a), oppure il rinvio a giudizio dell’incolpato. 5. Il Consiglio dell’Ordine costituito in Collegio Giudicante notifica a mezzo dell’ufficiale giudiziario o a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento il proscioglimento al Consiglio Istruttore di Disciplina, al pubblico ministero, all’incolpato e all’esponente. In caso di rinvio a giudizio, la citazione a giudizio è notificata negli stessi modi all’incolpato, nonché al pubblico ministero, il quale ha facoltà di presenziare alla udienza dibattimentale, nel termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma precedente e almeno venti giorni liberi prima della data di comparizione. La citazione contiene: 1) le generalità dell’incolpato; 2) l’enunciazione in forma chiara e precisa degli addebiti, con le indicazioni delle norme violate; se gli addebiti sono più di uno essi sono contraddistinti da lettere o numeri; 3) l’indicazione del luogo, del giorno e dell’ora della comparizione avanti al collegio giudicante per il dibattimento, con l’avvertimento che l’incolpato potrà essere compimento degli atti difensivi, il Consiglio istruttore di disciplina trasmette gli atti al competente consiglio dell’ordine costituito in Collegio giudicante. 4. Il presidente del consiglio dell’ordine costituito in Collegio giudicante nomina il consigliere relatore, ne dà comunicazione all’incolpato e al pubblico ministero a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento. 5. Il consiglio dell’ordine costituito in Collegio giudicante può disporre il proscioglimento nelle forme di cui all’articolo 56, comma 1, lettera a), oppure il rinvio a giudizio dell’incolpato. 6. Il consiglio dell’ordine costituito in Collegio giudicante notifica a mezzo dell’ufficiale giudiziario o a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento il proscioglimento al Consiglio istruttore di disciplina, al pubblico ministero, all’incolpato e all’autore dell’esposto. In caso di rinvio a giudizio, la citazione a giudizio è notificata negli stessi modi all’incolpato, nonché al pubblico ministero, il quale ha facoltà di presenziare alla udienza dibattimentale, nel termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma precedente e almeno venti giorni liberi prima della data di comparizione. La citazione contiene: a) le generalità dell’incolpato; b) l’enunciazione in forma chiara e precisa degli addebiti, con l’indicazione delle norme violate; se gli addebiti sono più di uno, essi sono contraddistinti da lettere o numeri; c) l’indicazione del luogo, del giorno e dell’ora della comparizione avanti al collegio giudicante per il dibattimento, con l’avvertimento che l’incolpato potrà essere assistito da un difensore, e che, in caso di 3. Decorso il termine concesso per il compimento degli atti difensivi, il Consiglio istruttore di disciplina trasmette gli atti al competente consiglio dell'ordine costituito in Collegio giudicante. 4. Il presidente del consiglio dell'ordine costituito in Collegio giudicante nomina il consigliere relatore e ne dà comunicazione all'incolpato e al pubblico ministero a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento. 5. Il consiglio dell'ordine costituito in Collegio giudicante può disporre il proscioglimento nelle forme di cui all'articolo 55, comma 1, lettera a), oppure il rinvio a giudizio dell'incolpato. 6. Il consiglio dell'ordine costituito in Collegio giudicante notifica a mezzo dell'ufficiale giudiziario o a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento il proscioglimento al Consiglio istruttore di disciplina, al pubblico ministero, all'incolpato e all'autore dell'esposto. In caso di rinvio a giudizio, la citazione a giudizio è notificata negli stessi modi all'incolpato, nonché al pubblico ministero, il quale ha facoltà di presenziare alla udienza dibattimentale, nel termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma precedente e almeno venti giorni liberi prima della data di comparizione. La citazione contiene: a) le generalità dell'incolpato; b) l'enunciazione in forma chiara e precisa degli addebiti, con l'indicazione delle norme violate; se gli addebiti sono più di uno, essi sono contraddistinti da lettere o numeri; c) l'indicazione del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione avanti al Collegio giudicante per il dibattimento, con l'avvertimento che l'incolpato potrà essere 85 335 assistito da un difensore, e che, in caso di mancata comparizione, non dovuta a legittimo impedimento o assoluta impossibilità a comparire, si procederà in sua assenza; 4) l’avviso che l’incolpato ed il pubblico ministero hanno diritto di produrre documenti e di indicare testimoni, con l’enunciazione sommaria delle circostanze sulle quali essi dovranno essere sentiti, nel termine di giorni sette prima della data fissata per il dibattimento; 5) l’elenco dei testimoni che il collegio intende ascoltare; 6) la data e la sottoscrizione del Presidente. 6. Nel corso del dibattimento, che si apre con l’esposizione dei fatti da parte del relatore, l’incolpato ed il pubblico ministero hanno diritto di produrre documenti, interrogare o far interrogare testimoni, di rendere dichiarazioni. L’incolpato, ove lo chieda o vi acconsenta, è sottoposto all’esame del collegio. L’incolpato ha la parola per ultimo. 7. Il Consiglio dell’Ordine costituito in Collegio Giudicante acquisisce i documenti prodotti dall’incolpato e dal pubblico ministero; provvede all’esame dei testimoni e, subito dopo, all’esame dell’incolpato che ne abbia fatto richiesta o vi abbia acconsentito; procede d’ufficio, o su istanza di parte, all’ammissione e all’acquisizione di ogni eventuale ulteriore prova necessaria od utile per l’accertamento dei fatti. 8. Le dichiarazioni e i documenti provenienti dall’incolpato e dal pubblico ministero, gli atti formati ed i documenti acquisiti nel corso della fase istruttoria e del dibattimento sono utilizzabili per la decisione, così gli esposti e mancata comparizione, non dovuta a legittimo impedimento o assoluta impossibilità a comparire, si procederà in sua assenza; d) l’avviso che l’incolpato ed il pubblico ministero hanno diritto di produrre documenti e di indicare testimoni, con l’enunciazione sommaria delle circostanze sulle quali essi dovranno essere sentiti, nel termine di sette giorni prima della data fissata per il dibattimento; e) l’elenco dei testimoni che il collegio intende ascoltare; f) la data e la sottoscrizione del presidente. 7. Nel corso del dibattimento, che si apre con l’esposizione dei fatti da parte del relatore, l’incolpato ed il pubblico ministero hanno diritto di produrre documenti, interrogare o far interrogare testimoni, di rendere dichiarazioni. L’incolpato, ove lo chieda o vi acconsenta, è sottoposto all’esame del collegio. L’incolpato ha la parola per ultimo. 8. Il consiglio dell’ordine costituito in Collegio giudicante acquisisce i documenti prodotti dall’incolpato e dal pubblico ministero; provvede all’esame dei testimoni e, subito dopo, all’esame dell’incolpato che ne abbia fatto richiesta o vi abbia acconsentito; procede d’ufficio, o su istanza di parte, all’ammissione e all’acquisizione di ogni eventuale ulteriore prova necessaria od utile per l’accertamento dei fatti. 9. Sono utilizzabili per la decisione le dichiarazioni e i documenti provenienti dall’incolpato e dal pubblico ministero, gli atti formati ed i documenti acquisiti nel corso della fase istruttoria e del dibattimento, gli esposti e le segnalazioni inerenti alla notizia assistito da un difensore e che, in caso di mancata comparizione, non dovuta a legittimo impedimento o assoluta impossibilità a comparire, si procederà in sua assenza; d) l'avviso che l'incolpato ed il pubblico ministero hanno diritto di produrre documenti e di indicare testimoni, con l'enunciazione sommaria delle circostanze sulle quali essi dovranno essere sentiti, nel termine di sette giorni prima della data fissata per il dibattimento; e) l'elenco dei testimoni che il Collegio intende ascoltare; f) la data e la sottoscrizione del presidente. 7. Nel corso del dibattimento, che si apre con l'esposizione dei fatti da parte del relatore, l'incolpato ed il pubblico ministero hanno diritto di produrre documenti, di interrogare o far interrogare testimoni, di rendere dichiarazioni. L'incolpato, ove lo chieda o vi acconsenta, è sottoposto all'esame del Collegio. L'incolpato ha la parola per ultimo. 8. Il consiglio dell'ordine costituito in Collegio giudicante acquisisce i documenti prodotti dall'incolpato e dal pubblico ministero; provvede all'esame dei testimoni e, subito dopo, all'esame dell'incolpato che ne abbia fatto richiesta o vi abbia acconsentito; procede d'ufficio, o su istanza di parte, all'ammissione e all'acquisizione di ogni eventuale ulteriore prova necessaria od utile per l'accertamento dei fatti. 9. Sono utilizzabili per la decisione le dichiarazioni e i documenti provenienti dall'incolpato e dal pubblico ministero, gli atti formati ed i documenti acquisiti nel corso della fase istruttoria e del dibattimento, gli 86 336 le segnalazioni inerenti la notizia di illecito disciplinare ed i verbali di dichiarazioni testimoniali redatti nel corso dell’istruttoria. 9. Terminato il dibattimento, il Presidente ne dichiara la chiusura, e dà la parola al pubblico ministero, all’incolpato e al suo difensore, per le loro conclusioni e per la discussione, che si svolge nell’ordine che precede; l’incolpato e il suo difensore hanno in ogni caso la parola per ultimi. 10. Conclusa la discussione, il collegio delibera il provvedimento a maggioranza. 11. Viene data immediata lettura alle parti del dispositivo con l’indicazione del termine per l’impugnazione. di illecito disciplinare ed i verbali di dichiarazioni testimoniali redatti nel corso dell’istruttoria. 10. Terminato il dibattimento, il presidente ne dichiara la chiusura e dà la parola al pubblico ministero, all’incolpato e al suo difensore, per le loro conclusioni e per la discussione, che si svolge nell’ordine che precede. L’incolpato e il suo difensore hanno in ogni caso la parola per ultimi. 11. Conclusa la discussione, il collegio delibera il provvedimento a maggioranza. 12. Viene data immediata lettura alle parti del dispositivo con l’indicazione del termine per l’impugnazione. 12. La motivazione del provvedimento è predisposta dal relatore o da altro consigliere se il Presidente lo ritenga opportuno. Il provvedimento è sottoscritto dal Presidente del collegio e dal relatore e depositato nella segreteria del Consiglio dell’Ordine entro il termine di sessanta giorni dalla lettura del dispositivo. Copia integrale del provvedimento è notificato all’incolpato, al pubblico ministero, al Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello del distretto, al Consiglio Istruttore di Disciplina, nonché all’autore dell’esposto nel solo caso di proscioglimento. Nel caso di decisioni complesse, il termine per il deposito della motivazione può essere aumentato fino al doppio, con provvedimento del Presidente del Consiglio dell’Ordine costituito in Collegio Giudicante allegato al dispositivo della decisione. 13. per quanto non specificatamente disciplinato, si applicano le norme del codice di procedura civile, se compatibili. 13. La motivazione del provvedimento è predisposta dal relatore o da altro consigliere se il presidente lo ritenga opportuno. Il provvedimento è sottoscritto dal presidente del collegio e dal relatore e depositato nella segreteria del consiglio dell’ordine entro il termine di sessanta giorni dalla lettura del dispositivo. Copia integrale del provvedimento è notificata all’incolpato, al pubblico ministero, al procuratore generale della Repubblica presso la corte d’appello del distretto, al Consiglio istruttore di disciplina, nonché all’autore dell’esposto nel solo caso di proscioglimento. Nel caso di decisioni complesse, il termine per il deposito della motivazione può essere aumentato fino al doppio, con provvedimento del presidente del consiglio dell’ordine costituito in Collegio giudicante allegato al dispositivo della decisione. 14. Per quanto non specificatamente disciplinato, si applicano le norme del codice di procedura penale, se compatibili. esposti e le segnalazioni inerenti alla notizia di illecito disciplinare ed i verbali di dichiarazioni testimoniali redatti nel corso dell'istruttoria. 10. Terminato il dibattimento, il presidente ne dichiara la chiusura e dà la parola al pubblico ministero, all'incolpato e al suo difensore, per le loro conclusioni e per la discussione, che si svolge nell'ordine che precede. L'incolpato e il suo difensore hanno in ogni caso la parola per ultimi. 11. Conclusa la discussione, il Collegio delibera il provvedimento a maggioranza. 12. Viene data immediata lettura alle parti del dispositivo con l'indicazione del termine per l'impugnazione, che decorre dal deposito della motivazione. 13. La motivazione del provvedimento è predisposta dal relatore o da altro consigliere se il presidente lo ritenga opportuno. Il provvedimento è sottoscritto dal presidente del Collegio e dal relatore e depositato nella segreteria del consiglio dell'ordine entro il termine di sessanta giorni dalla lettura del dispositivo. Copia integrale del provvedimento è notificata all'incolpato, al pubblico ministero, al procuratore generale della Repubblica presso la corte d'appello del distretto, al Consiglio istruttore di disciplina, nonché all'autore dell'esposto nel solo caso di proscioglimento. Nel caso di decisioni complesse, il termine per il deposito della motivazione può essere aumentato fino al doppio, con provvedimento del presidente del consiglio dell'ordine costituito in Collegio giudicante allegato al dispositivo della decisione. 14. Per quanto non specificatamente disciplinato, si applicano le norme del codice 87 337 14. Il procedimento avanti il Consiglio dell’Ordine costituito in Collegio Giudicante si conclude entro il termine di diciotto mesi dalla sua apertura; nel termine non sono calcolati i periodi di sospensione e quelli per i rinvii ottenuti dall’incolpato o gli eventuali rinvii dovuti all’impossibilità di costituire il collegio giudicante. Si tiene conto in ogni caso della sospensione feriale dei termini. 15. Il procedimento avanti il consiglio dell’ordine costituito in Collegio giudicante si conclude entro il termine di diciotto mesi dalla sua apertura. Nel termine non sono calcolati i periodi di sospensione e quelli per i rinvii ottenuti dall’incolpato o gli eventuali rinvii dovuti all’impossibilità di costituire il collegio giudicante. Si tiene conto in ogni caso della sospensione feriale dei termini. Art. 56. (Decisione disciplinare e sanzioni) 1. Con la decisione che definisce il dibattimento disciplinare possono essere deliberati: a) il proscioglimento, con la formula «non esservi luogo a provvedimento disciplinare»; il Consiglio dell’Ordine costituito in Collegio Giudicante può pronunciarsi con la medesima formula in ogni stato del procedimento; b) l’irrogazione di una delle seguenti sanzioni disciplinari: avvertimento, censura, sospensione dall’esercizio della professione da un mese a tre anni, radiazione. 2. L’avvertimento può essere deliberato quando il fatto contestato non è grave e vi è motivo di ritenere che l’incolpato non commetta altre infrazioni. L’avvertimento consiste nell’informare l’incolpato che la sua condotta non è stata conforme al codice deontologico e alle norme di legge, con invito ad astenersi dal compiere altre infrazioni. 3. La censura consiste nel biasimo formale e si applica quando per la gravità dell’infrazione, il grado di responsabilità, i precedenti dell’incolpato e il suo comportamento successivo al fatto non sia irrogata altra sanzione più grave. 4. La sospensione importa l’esclusione Art. 56. (Decisione disciplinare e sanzioni) 1. Con la decisione che definisce il dibattimento disciplinare possono essere deliberati: a) il proscioglimento, con la formula: «non esservi luogo a provvedimento disciplinare». Il consiglio dell’ordine costituito in Collegio giudicante può pronunciarsi con la medesima formula in ogni stato del procedimento; b) l’irrogazione di una delle seguenti sanzioni disciplinari: avvertimento, censura, sospensione dall’esercizio della professione da un mese a tre anni, radiazione. 2. L’avvertimento consiste nell’informare l’incolpato che la sua condotta non è stata conforme al codice deontologico e alle norme di legge, con invito ad astenersi dal compiere altre infrazioni. 3. La censura consiste nel biasimo formale. 4. La sospensione importa l’esclusione temporanea dall’esercizio della professione o dal tirocinio. di procedura civile, se compatibili. 15. Il procedimento avanti il consiglio dell'ordine costituito in Collegio giudicante si conclude entro il termine di diciotto mesi dalla sua apertura. Nel termine non sono calcolati i periodi di sospensione e quelli per i rinvii ottenuti dall'incolpato o gli eventuali rinvii dovuti all'impossibilità di costituire il Collegio giudicante. Si tiene conto in ogni caso della sospensione feriale dei termini. Art. 55. (Decisione disciplinare e sanzioni). 1. Con la decisione che definisce il dibattimento disciplinare possono essere deliberati: a) il proscioglimento, con la formula: «non esservi luogo a provvedimento disciplinare». Il consiglio dell'ordine costituito in Collegio giudicante può pronunciarsi con la medesima formula in ogni stato del procedimento; b) l'irrogazione di una delle seguenti sanzioni disciplinari: avvertimento, censura, sospensione dall'esercizio della professione da un mese a tre anni, radiazione. 2. L'avvertimento consiste nell'informare l'incolpato che la sua condotta non è stata conforme al codice deontologico e alle norme di legge, con invito ad astenersi dal compiere altre infrazioni. 3. La censura consiste nel biasimo formale. 4. La sospensione importa l'esclusione temporanea dall'esercizio della professione o dal tirocinio. 88 338 temporanea dall’esercizio della professione o dal tirocinio e si applica per infrazioni consistenti in comportamenti e gradi di responsabilità gravi o quando non sussistono le condizioni per irrogare la sola sanzione della censura. 5. La radiazione consiste nell’esclusione definitiva dall’albo, elenco speciale o registro e impedisce l’iscrizione a qualsiasi albo, elenco speciale o registro tenuti da altro Consiglio dell’Ordine, salvo quanto stabilito nell’articolo 62, comma 7. La radiazione è inflitta per violazioni che rendono incompatibile la permanenza dell’incolpato nell’albo, elenco speciale o registro. 6. Nella determinazione della sanzione si tiene conto dell’eventuale reiterazione di comportamenti illeciti. Art. 57. (Impugnazioni) 1. Avverso la decisione disciplinare è ammesso ricorso al Consiglio Nazionale Forense da parte dell’incolpato, da parte del procuratore della Repubblica e del procuratore generale presso la Corte d’Appello, rispettivamente del circondario e del distretto ove ha sede il Consiglio dell’Ordine che ha emesso la decisione; e da parte del Consiglio Istruttore di Disciplina nel solo caso di proscioglimento. 2. L’autore dell’esposto ha facoltà di presentare al Procuratore della Repubblica, al Procuratore generale, competenti per territorio e al Presidente del Consiglio Istruttore di Disciplina richiesta motivata di 5. La radiazione consiste nell’esclusione definitiva dall’albo, elenco speciale o registro e impedisce l’iscrizione a qualsiasi albo, elenco speciale o registro tenuti da altro consiglio dell’ordine, salvo quanto stabilito nell’articolo 62, comma 7. La radiazione è inflitta per violazioni che rendono incompatibile la permanenza dell’incolpato nell’albo, elenco speciale o registro. 6. Nella determinazione della sanzione si tiene conto della gravità dell’infrazione, del grado di responsabilità, dei precedenti dell’incolpato, del suo comportamento successivo al fatto e dell’eventuale reiterazione di comportamenti illeciti. Art. 57. (Impugnazioni) 1. Avverso la decisione disciplinare è ammesso ricorso al CNF da parte dell’incolpato, da parte del procuratore generale presso la corte d’appello del distretto ove ha sede il consiglio dell’ordine che ha emesso la decisione, e da parte del Consiglio istruttore di disciplina nel solo caso di proscioglimento. 2. L’autore dell’esposto ha facoltà di presentare al procuratore generale competente per territorio e al presidente del Consiglio istruttore di disciplina richiesta motivata di impugnazione della decisione di 5. La radiazione consiste nell'esclusione definitiva dall'albo, elenco speciale o registro e impedisce l'iscrizione a qualsiasi albo, elenco speciale o registro tenuti da altro consiglio dell'ordine, salvo quanto stabilito nell'articolo 61, comma 7. La radiazione è inflitta per violazioni che rendono incompatibile la permanenza dell'incolpato nell'albo, elenco speciale o registro. 6. Nella determinazione della sanzione si tiene conto della gravità dell'infrazione, del grado di responsabilità, dei precedenti dell'incolpato, del suo comportamento successivo al fatto e dell'eventuale reiterazione di comportamenti illeciti. Art. 56. (Impugnazioni). 1. Avverso la decisione disciplinare è ammesso ricorso al CNF da parte dell'incolpato, da parte del procuratore generale presso la corte d'appello del distretto ove ha sede il consiglio dell'ordine che ha emesso la decisione, e da parte del Consiglio istruttore di disciplina nel solo caso di proscioglimento. 2. L'autore dell'esposto ha facoltà di presentare al procuratore generale competente per territorio e al presidente del Consiglio istruttore di disciplina richiesta 89 339 impugnazione della decisione di proscioglimento. 3. Il ricorso si propone con atto scritto, depositato presso la segreteria del Consiglio dell’Ordine cui appartiene il collegio giudicante che ha emanato la decisione impugnata nel termine di venti giorni dalla notifica eseguita ai sensi dell’articolo 55, comma 1, lettera m). Si applica, per quanto non specificato nel presente articolo, l’articolo 50 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, e successive modificazioni. 4. Nel ricorso, a pena di inammissibilità, sono indicati il provvedimento impugnato e la data del medesimo, ed enunciati i capi o i punti del provvedimento ai quali si riferisce l’impugnazione, i motivi dell’impugnazione con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che li sorreggono, le conclusioni e le richieste. 5. Il ricorso è notificato al pubblico ministero ed al Procuratore Generale della Corte d’Appello che possono proporre impugnazione incidentale entro venti giorni dalla notifica. Ne è altresì data comunicazione al Consiglio dell’Ordine di appartenenza dell’incolpato, se diverso dal Consiglio dell’Ordine che ha deciso. 6. La proposizione del ricorso sospende l’esecuzione del provvedimento, salvo il provvedimento di sospensione cautelare di cui all’articolo 61. 7. Il giudizio si svolge secondo le norme previste per il procedimento davanti al Consiglio Nazionale Forense di cui al regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37; le funzioni requirenti sono svolte dal procuratore generale presso la Corte di cassazione o da proscioglimento. 3. Il ricorso si propone con atto scritto, depositato presso la segreteria del consiglio dell’ordine presso il quale opera il Collegio giudicante che ha emanato la decisione impugnata, nel termine di venti giorni dalla notifica eseguita ai sensi dell’articolo 55, comma 13. Si applica, in quanto compatibile, l’articolo 50 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, e successive modificazioni. 4. Nel ricorso, a pena di inammissibilità, sono indicati il provvedimento impugnato e la data del medesimo, ed enunciati i capi o i punti del provvedimento ai quali si riferisce l’impugnazione, i motivi dell’impugnazione con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che li sorreggono, le conclusioni e le richieste. 5. La proposizione del ricorso sospende l’esecuzione del provvedimento, salvo il provvedimento di sospensione cautelare di cui all’articolo 61. 6. Il giudizio si svolge secondo le norme previste per il procedimento davanti al CNF di cui al regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37. Le funzioni requirenti sono svolte dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un suo sostituto. motivata di impugnazione della decisione di proscioglimento. 3. Il ricorso si propone con atto scritto, depositato presso la segreteria del consiglio dell'ordine presso il quale opera il Collegio giudicante che ha emanato la decisione impugnata, nel termine di venti giorni dalla notifica eseguita ai sensi dell'articolo 54, comma 13. Si applica, in quanto compatibile, l'articolo 50 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, e successive modificazioni. 4. Nel ricorso, a pena di inammissibilità, sono indicati il provvedimento impugnato e la data del medesimo, ed enunciati i capi o i punti del provvedimento ai quali si riferisce l'impugnazione, i motivi dell'impugnazione con l'indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che li sorreggono, le conclusioni e le richieste. 5. La proposizione del ricorso sospende l'esecuzione del provvedimento, salvo il provvedimento di sospensione cautelare di cui all'articolo 60. 6. Il giudizio si svolge secondo le norme previste per il procedimento davanti al CNF di cui al regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37. Le funzioni requirenti sono svolte dal procuratore generale presso la Corte di 90 340 un suo sostituto. 8. In ogni caso di impugnazione da parte dell’incolpato, il Consiglio Nazionale Forense può irrogare una sanzione disciplinare più grave di quella comminata dal Consiglio dell’Ordine costituito in Collegio Giudicante. 9. Per quanto non specificato nel presente articolo, per il procedimento davanti al Consiglio Nazionale Forense si applicano gli articoli da 59 a 65 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37. 10. Avverso la sentenza del Consiglio Nazionale Forense può essere proposto ricorso alle Sezioni Unite civili della Corte di cassazione, dall’incolpato, dal pubblico ministero e dal procuratore generale della corte d’appello al cui distretto appartiene l’incolpato. Il ricorso non ha effetto sospensivo. Si applicano, per quanto non stabilito dal presente articolo, l’articolo 56 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, e successive modificazioni, e gli articoli 66, 67 e 68 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37. 11. È fatta salva la possibilità del giudizio di revocazione disciplinato ai sensi delle disposizioni del codice di procedura civile. Art. 58. (Rapporto fra procedimento disciplinare e processo penale) 1. Il procedimento disciplinare si svolge ed è definito con procedura e con valutazioni autonome rispetto all’eventuale processo penale avente per oggetto i medesimi fatti. 2. Il Consiglio Istruttore di Disciplina e il Consiglio dell’Ordine in sede Giudicante hanno il potere di acquisire atti e documenti cassazione 7. Per quanto non specificato nel presente articolo, per il procedimento davanti al CNF si applicano gli articoli da 59 a 65 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37. 8. Avverso la sentenza del CNF può essere proposto ricorso alle sezioni unite civili della Corte di cassazione, dall’incolpato e dal procuratore generale della corte d’appello al cui distretto appartiene l’incolpato. Il ricorso non ha effetto sospensivo. Si applicano, per quanto non stabilito dal presente articolo, l’articolo 56 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, e successive modificazioni, e gli articoli 66, 67 e 68 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37. 9. È fatta salva la possibilità del giudizio di revocazione disciplinato ai sensi delle disposizioni del codice di procedura civile. Art. 58. (Rapporto fra procedimento disciplinare e processo penale) 1. Il procedimento disciplinare si svolge ed è definito con procedura e con valutazioni autonome rispetto all’eventuale processo penale avente per oggetto i medesimi fatti. 2. Il Consiglio istruttore di disciplina e il consiglio dell’ordine in sede giudicante hanno il potere di acquisire atti e documenti o da un suo sostituto. 7. Per quanto non specificato nel presente articolo, per il procedimento davanti al CNF si applicano gli articoli da 59 a 65 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37. 8. Avverso la sentenza del CNF può essere proposto ricorso alle sezioni unite civili della Corte di cassazione, dall'incolpato e dal procuratore generale presso la corte d'appello al cui distretto appartiene l'incolpato. Il ricorso non ha effetto sospensivo. Si applicano, per quanto non stabilito dal presente articolo, l'articolo 56 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, e successive modificazioni, e gli articoli 66, 67 e 68 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37. 9. È fatta salva la possibilità del giudizio di revocazione disciplinato ai sensi delle disposizioni del codice di procedura civile. Art. 57. (Rapporto fra procedimento disciplinare e processo penale). 1. Il procedimento disciplinare si svolge ed è definito con procedura e con valutazioni autonome rispetto all'eventuale processo penale avente per oggetto i medesimi fatti. 2. Il Consiglio istruttore di disciplina e il consiglio dell'ordine costituito in Collegio 91 341 appartenenti al processo penale presso l’Autorità Giudiziaria. 3. Se dai fatti oggetto del procedimento disciplinare emergono estremi di un reato procedibile d’ufficio, l’organo procedente ne informa l’autorità giudiziaria. 4. La durata della pena accessoria dell’interdizione dalla professione inflitta all’avvocato dall’autorità giudiziaria è computata in quella della corrispondente sanzione disciplinare della sospensione dalla professione. appartenenti al processo penale presso l’autorità giudiziaria. 3. Se dai fatti oggetto del procedimento disciplinare emergono estremi di un reato procedibile d’ufficio, l’organo procedente ne informa l’autorità giudiziaria. 4. La durata della pena accessoria dell’interdizione dalla professione inflitta all’avvocato dall’autorità giudiziaria è computata in quella della corrispondente sanzione disciplinare della sospensione dalla professione. Art. 59. (Riapertura del procedimento disciplinare) 1. Il procedimento disciplinare, concluso con provvedimento definitivo, è riaperto: a) se è stata inflitta una sanzione disciplinare e, per gli stessi fatti, l’autorità giudiziaria ha emesso sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste o perché l’incolpato non lo ha commesso; b) se è stato pronunciato il proscioglimento e l’autorità giudiziaria ha emesso sentenza di condanna per reato non colposo fondata su fatti rilevanti per l’accertamento della responsabilità disciplinare, che il Consiglio dell’Ordine costituito in Collegio Giudicante non ha potuto valutare. 2. La riapertura del procedimento disciplinare avviene a richiesta dell’interessato o d’ufficio con le forme del procedimento ordinario. 3. Per la riapertura del procedimento e per i provvedimenti conseguenti è competente il Consiglio dell’Ordine che ha emesso la decisione. In tal caso il Presidente lo assegna ad un Collegio Giudicante che deve essere diversamente formato da quello che ha Art. 59. (Riapertura del procedimento disciplinare) 1. Il procedimento disciplinare, concluso con provvedimento definitivo, è riaperto: a) se è stata inflitta una sanzione disciplinare e, per gli stessi fatti, l’autorità giudiziaria ha emesso sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste o perché l’incolpato non lo ha commesso; b) se è stato pronunciato il proscioglimento e l’autorità giudiziaria ha emesso sentenza di condanna per reato non colposo fondata su fatti rilevanti per l’accertamento della responsabilità disciplinare, che il consiglio dell’ordine costituito in Collegio giudicante non ha potuto valutare. 2. La riapertura del procedimento disciplinare avviene a richiesta dell’interessato o d’ufficio con le forme del procedimento ordinario. 3. Per la riapertura del procedimento e per i provvedimenti conseguenti è competente il consiglio dell’ordine che ha emesso la decisione. In tal caso il presidente lo assegna ad un Collegio giudicante che deve essere diversamente formato da quello che ha giudicante hanno il potere di acquisire atti e documenti appartenenti al processo penale presso l'autorità giudiziaria. 3. Se dai fatti oggetto del procedimento disciplinare emergono estremi di un reato procedibile d'ufficio, l'organo procedente ne informa l'autorità giudiziaria. 4. La durata della pena accessoria dell'interdizione dalla professione inflitta all'avvocato dall'autorità giudiziaria è computata in quella della corrispondente sanzione disciplinare della sospensione dalla professione. Art. 58. (Riapertura del procedimento disciplinare). 1. Il procedimento disciplinare, concluso con provvedimento definitivo, è riaperto: a) se è stata inflitta una sanzione disciplinare e, per gli stessi fatti, l'autorità giudiziaria ha emesso sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste o perché l'incolpato non lo ha commesso; b) se è stato pronunciato il proscioglimento e l'autorità giudiziaria ha emesso sentenza di condanna per reato non colposo fondata su fatti rilevanti per l'accertamento della responsabilità disciplinare, che il consiglio dell'ordine costituito in Collegio giudicante non ha potuto valutare. 2. La riapertura del procedimento disciplinare avviene a richiesta dell'interessato o d'ufficio con le forme del procedimento ordinario. 3. Per la riapertura del procedimento e per i provvedimenti conseguenti è competente il consiglio dell'ordine che ha emesso la decisione. In tal caso il presidente lo assegna ad un Collegio giudicante che deve essere 92 342 emesso il precedente provvedimento. Art. 60. (Divieto di cancellazione volontaria dall’albo) 1. Durante lo svolgimento del procedimento, a decorrere dal giorno della iscrizione nel registro di cui all’articolo 54, comma 1, non può essere deliberata la richiesta di cancellazione fatta dall’avvocato o dal praticante dell’avvocato sottoposto ad indagine in sede disciplinare, né essere accolta la richiesta del suo trasferimento. E ciò fino alla fine del procedimento. 2. Nel caso di cancellazione d’ufficio, il procedimento disciplinare rimane sospeso; può essere ripreso qualora l’avvocato o il praticante avvocato, cessate le ragioni che hanno imposto la cancellazione, si iscriva nuovamente. Dalla delibera di cancellazione rimangono sospesi i termini per la celebrazione del giudizio ed i termini di prescrizione. Art. 61. (Sospensione cautelare) 1. La sospensione cautelare dalla professione o dal tirocinio deve essere deliberata dal Consiglio dell’Ordine competente, previa audizione dell’interessato, fatta salva la sua rinuncia, anche a mezzo di un Consigliere delegato, nei seguenti casi: a) applicazione di misura cautelare detentiva o interdittiva emessa in sede penale e non impugnata o confermata in sede di riesame o di appello; b) pena accessoria di cui all’articolo 35 del codice penale, anche se è stata disposta la emesso il precedente provvedimento. Art. 60. (Sospensione del procedimento a seguito di cancellazione volontaria dall’albo) 1. Nel caso di cancellazione dall’albo, d’ufficio o a seguito di richiesta dall’avvocato o dal praticante sottoposto a procedimento disciplinare, se già ha avuto luogo l’iscrizione dell’interessato nel registro di cui all’articolo 54, comma 1, il procedimento stesso rimane sospeso e deve essere ripreso qualora l’avvocato o il praticante avvocato sia nuovamente iscritto. Dalla delibera di cancellazione a quella di nuova iscrizione sono sospesi i termini del giudizio ed i termini di prescrizione. diversamente formato da quello che ha emesso il precedente provvedimento. Art. 59. (Sospensione del procedimento a seguito di cancellazione volontaria dall'albo). 1. Nel caso di cancellazione dall'albo, d'ufficio o a seguito di richiesta dell'avvocato o del praticante avvocato sottoposto a procedimento disciplinare, se già ha avuto luogo l'iscrizione dell'interessato nel registro di cui all'articolo 53, comma 1, tale procedimento rimane sospeso e deve essere ripreso qualora l'avvocato o il praticante avvocato sia nuovamente iscritto. Dalla delibera di cancellazione a quella di nuova iscrizione sono sospesi i termini del giudizio ed i termini di prescrizione. Art. 61. (Sospensione cautelare) 1. La sospensione cautelare dalla professione o dal tirocinio deve essere deliberata dal consiglio dell’ordine competente, previa audizione dell’interessato, fatta salva la sua rinuncia, anche a mezzo di un consigliere delegato, nei seguenti casi: Art. 60. (Sospensione cautelare). 1. La sospensione cautelare dalla professione o dal tirocinio deve essere deliberata dal consiglio dell'ordine competente, previa audizione dell'interessato, fatta salva la sua rinuncia, anche a mezzo di un consigliere delegato, nei seguenti casi: a) applicazione di misura cautelare detentiva o interdittiva emessa in sede penale e non impugnata o confermata in sede di riesame o di appello; a) applicazione di misura cautelare detentiva o interdittiva emessa in sede penale e non impugnata o confermata in sede di riesame o di appello; 93 343 sospensione condizionale della pena, comminata con la sentenza penale di primo grado; c) applicazione di misura di sicurezza detentiva; d) condanna in primo grado per i reati previsti negli articoli 372, 374, 377, 378, 381, 640, 646, se commessi nell’ambito dell’esercizio della professione o del tirocinio, 244, 648-bis e 648-ter del codice penale; condanna a pena detentiva non inferiore a tre anni; e) in ogni altro caso in cui il fatto contestato sia di gravità tale da rendere necessaria la sospensione per la tutela del decoro dell’Avvocatura o dei diritti di terzi. 2. La decisione è deliberata in camera di consiglio, dopo aver concesso un termine per il deposito di difese non inferiore a dieci giorni. Gli atti del procedimento e la decisione devono essere immediatamente trasmessi al Consiglio Istruttore di Disciplina. . Nei casi di eccezionale urgenza il termine per il deposito di difese viene assegnato con il provvedimento di sospensione. In tale caso il Consiglio prende in esame le difese al fine della conferma, modifica o revoca del provvedimento assunto, quindi trasmette immediatamente gli atti del procedimento ed i provvedimenti assunti al Consiglio Istruttore di Disciplina. 3. La sospensione cautelare non può avere durata superiore a un anno ed è esecutiva dalla data della notifica all’interessato. 4. La sospensione cautelare perde efficacia qualora, nel termine di due anni dalla sua irrogazione, non sia deliberato il provvedimento sanzionatorio. Nel termine non si computano i periodi di cui all’articolo b) applicazione di misura di sicurezza detentiva; c) condanna in primo grado per i reati previsti negli articoli 372, 374, 377, 378, 381, 640, 646, se commessi nell’ambito dell’esercizio della professione o del tirocinio, 244, 648-bis e 648-ter del codice penale; d) condanna a pena detentiva non inferiore a tre anni; e) in ogni altro caso in cui il fatto contestato sia di gravità tale da rendere necessaria la sospensione per la tutela del decoro dell’avvocatura o dei diritti di terzi. 2. La decisione è deliberata in camera di consiglio, dopo aver concesso un termine per il deposito di difese non inferiore a dieci giorni. Gli atti del procedimento e la decisione devono essere immediatamente trasmessi al Consiglio istruttore di disciplina. Nei casi di eccezionale urgenza il termine per il deposito di difese viene assegnato con il provvedimento di sospensione. In tale caso il consiglio dell’ordine prende in esame le difese al fine della conferma, modifica o revoca del provvedimento assunto, quindi trasmette immediatamente gli atti del procedimento e di provvedimenti assunti al Consiglio istruttore di disciplina. 3. La sospensione cautelare non può avere durata superiore ad un anno ed è esecutiva dalla data della notifica all’interessato. 4. La sospensione cautelare perde efficacia qualora, nel termine di due anni dalla sua irrogazione, non sia deliberato il provvedimento sanzionatorio. Nel termine non si computano i periodi di cui all’articolo b) applicazione di misura di sicurezza detentiva; c) condanna in primo grado per i reati previsti negli articoli 372, 374, 377, 378, 381, 640, 646, se commessi nell'ambito dell'esercizio della professione o del tirocinio, 244, 648-bis e 648-ter del codice penale; d) condanna a pena detentiva non inferiore a tre anni; e) in ogni altro caso in cui il fatto contestato sia di gravità tale da rendere necessaria la sospensione per la tutela del decoro dell'avvocatura o dei diritti di terzi. 2. La decisione è deliberata in camera di consiglio, dopo aver concesso un termine per il deposito di difese non inferiore a dieci giorni. Gli atti del procedimento e la decisione devono essere immediatamente trasmessi al Consiglio istruttore di disciplina. Nei casi di eccezionale urgenza il termine per il deposito di difese viene assegnato con il provvedimento di sospensione. In tale caso il consiglio dell'ordine prende in esame le difese al fine della conferma, modifica o revoca del provvedimento assunto, quindi trasmette immediatamente gli atti del procedimento e i provvedimenti assunti al Consiglio istruttore di disciplina. 3. La sospensione cautelare non può avere durata superiore ad un anno ed è esecutiva dalla data della notifica all'interessato. 4. La sospensione cautelare perde efficacia qualora, nel termine di due anni dalla sua irrogazione, non sia deliberato il provvedimento sanzionatorio. Nel termine non si computano i periodi di cui all'articolo 94 344 55, comma 14. 5. La sospensione cautelare perde altresì efficacia se venga deliberato di non esservi luogo a provvedimento disciplinare, ovvero se venga disposta l’irrogazione dell’avvertimento o della censura. 6. La sospensione cautelare può essere revocata o modificata nella sua durata, d’ufficio o su istanza di parte, qualora, anche per circostanze sopravvenute, non appaia adeguata ai fatti commessi. 7. Contro la sospensione cautelare, l’interessato può proporre ricorso avanti il Consiglio Nazionale Forense nel termine di venti giorni dall’avvenuta notifica nei modi previsti per l’impugnazione dei provvedimenti disciplinari. 55, comma 15. 5. La sospensione cautelare perde altresì efficacia se sia deliberato di non esservi luogo a provvedimento disciplinare, ovvero se sia disposta l’irrogazione dell’avvertimento o della censura. 6. La sospensione cautelare può essere revocata o modificata nella sua durata, d’ufficio o su istanza di parte, qualora, anche per circostanze sopravvenute non appaia adeguata ai fatti commessi. 7. Contro la sospensione cautelare l’interessato può proporre ricorso avanti il CNF nel termine di venti giorni dall’avvenuta notifica nei modi previsti per l’impugnazione dei provvedimenti disciplinari. Art. 62. (Esecuzione) 1. La decisione emessa dal Consiglio dell’Ordine costituito in Collegio Giudicante non impugnata, quella emessa ai sensi dell’articolo 61 e la sentenza del Consiglio Nazionale Forense sono immediatamente esecutive. 2. Le sospensioni e le radiazioni decorrono dalla scadenza del termine dell’impugnazione, per le decisioni del Consiglio dell’Ordine costituito in Collegio Giudicante, o dal quindicesimo giorno successivo alla notifica all’incolpato della sentenza emessa dal Consiglio Nazionale Forense . 3. Per l’esecuzione della sanzione è competente il Consiglio dell’Ordine al cui albo, elenco speciale o registro è iscritto l’incolpato. A tal fine il Consiglio Nazionale Forense trasmette senza ritardo al Consiglio Art. 62. (Esecuzione) 1. La decisione emessa dal consiglio dell’ordine costituito in Collegio giudicante non impugnata, quella emessa ai sensi dell’articolo 61 e la sentenza del CNF sono immediatamente esecutive. 54, comma 15. 5. La sospensione cautelare perde altresì efficacia se sia deliberato di non esservi luogo a provvedimento disciplinare, ovvero se sia disposta l'irrogazione dell'avvertimento o della censura. 6. La sospensione cautelare può essere revocata o modificata nella sua durata, d'ufficio o su istanza di parte, qualora, anche per circostanze sopravvenute, non appaia adeguata ai fatti commessi. 7. Contro la sospensione cautelare l'interessato può proporre ricorso davanti al CNF nel termine di venti giorni dall'avvenuta notifica nei modi previsti per l'impugnazione dei provvedimenti disciplinari. Art. 61. (Esecuzione). 1. La decisione emessa dal consiglio dell'ordine costituito in Collegio giudicante non impugnata, quella emessa ai sensi dell'articolo 60 e la sentenza del CNF sono immediatamente esecutive. 2. Le sospensioni e le radiazioni decorrono dalla scadenza del termine dell’impugnazione per le decisioni del consiglio dell’ordine costituito in Collegio giudicante, o dal quindicesimo giorno successivo alla notifica all’incolpato della sentenza emessa dal CNF. 2. Le sospensioni e le radiazioni decorrono dalla scadenza del termine per l'impugnazione, per le decisioni del consiglio dell'ordine costituito in Collegio giudicante, o dal quindicesimo giorno successivo alla notifica all'incolpato della sentenza emessa dal CNF. 3. Per l’esecuzione della sanzione è competente il consiglio dell’ordine al cui albo, elenco speciale o registro è iscritto l’incolpato. A tal fine il CNF trasmette senza ritardo al consiglio dell’ordine competente, 3. Per l'esecuzione della sanzione è competente il consiglio dell'ordine al cui albo, elenco speciale o registro è iscritto l'incolpato. A tal fine il CNF trasmette senza ritardo al consiglio dell'ordine competente, 95 345 dell’Ordine competente, affinché provveda all’immediata notifica all’incolpato, le copie autentiche della sentenza nel numero necessario alla notifica stessa. 4. Il Consiglio dell’Ordine, una volta perfezionata la notifica e verificata la data della stessa, invia all’incolpato, a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, comunicazione nella quale indica la data di decorrenza finale della esecuzione della sanzione. 5. Nel caso in cui sia inflitta la sospensione, la radiazione o la sospensione cautelare, di esse è data comunicazione senza indugio ai capi degli uffici giudiziari del distretto ove ha sede il Consiglio dell’Ordine competente per l’esecuzione, nonché a tutti i Consigli dell’Ordine. Copia della comunicazione è affissa presso gli uffici del Consiglio dell’Ordine competente per l’esecuzione. 6. Qualora sia stata irrogata la sanzione della sospensione a carico di un iscritto, al quale per il medesimo fatto è stata comminata la sospensione cautelare, il Consiglio dell’Ordine determina d’ufficio senza ritardo la durata della sospensione, detraendo il periodo di sospensione cautelare già scontato. 7. Decorsi cinque anni dalla data di esecutività del provvedimento sanzionatorio della radiazione, può essere richiesta una nuova iscrizione all’albo, all’elenco speciale o al registro, fermi restando i requisiti di cui all’articolo 15. affinché provveda all’immediata notifica all’incolpato, le copie autentiche della sentenza nel numero necessario alla notifica stessa. 4. Il consiglio dell’ordine, una volta perfezionata la notifica e verificata la data della stessa, invia all’incolpato, a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, comunicazione nella quale indica la data di decorrenza finale della esecuzione della sanzione. 5. Nel caso in cui sia inflitta la sospensione, la radiazione o la sospensione cautelare, di esse è data comunicazione senza indugio ai capi degli uffici giudiziari del distretto ove ha sede il consiglio dell’ordine competente per l’esecuzione, nonché a tutti i consigli dell’ordine. Copia della comunicazione è affissa presso gli uffici del consiglio dell’ordine competente per l’esecuzione. 6. Qualora sia stata irrogata la sanzione della sospensione a carico di un iscritto, al quale per il medesimo fatto è stata comminata la sospensione cautelare, il consiglio dell’ordine determina d’ufficio senza ritardo la durata della sospensione, detraendo il periodo di sospensione cautelare già scontato. affinché provveda all'immediata notifica all'incolpato, le copie autentiche della sentenza nel numero necessario alla notifica stessa. 4. Il consiglio dell'ordine, una volta perfezionata la notifica e verificata la data della stessa, invia all'incolpato, a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, comunicazione nella quale indica la data di decorrenza finale della esecuzione della sanzione. 5. Nel caso in cui sia inflitta la sospensione, la radiazione o la sospensione cautelare, di esse è data comunicazione senza indugio ai capi degli uffici giudiziari del distretto ove ha sede il consiglio dell'ordine competente per l'esecuzione, nonché a tutti i consigli dell'ordine. Copia della comunicazione è affissa presso gli uffici del consiglio dell'ordine competente per l'esecuzione. 6. Qualora sia stata irrogata la sanzione della sospensione a carico di un iscritto, al quale per il medesimo fatto è stata inflitta la sospensione cautelare, il consiglio dell'ordine determina d'ufficio senza ritardo la durata della sospensione, detraendo il periodo di sospensione cautelare già scontato. 7. Decorsi cinque anni dalla data di esecutività del provvedimento sanzionatorio della radiazione, può essere richiesta una nuova iscrizione all’albo, all’elenco speciale o al registro, fermi restando i requisiti di cui all’articolo 16. 7. Decorsi cinque anni dalla data di esecutività del provvedimento sanzionatorio della radiazione, può essere richiesta una nuova iscrizione all'albo, all'elenco speciale o al registro, fermi restando i requisiti di cui all'articolo 16. Art. 63. (Poteri ispettivi del Consiglio Nazionale Forense) 1. Il Consiglio Nazionale Forense può Art. 63. (Poteri ispettivi del CNF) Art. 62. (Poteri ispettivi del CNF). 1. Il CNF può richiedere ai Consigli istruttori 1. Il CNF può richiedere ai Consigli istruttori 96 346 richiedere ai Consigli Istruttori di disciplina e ai Consigli dell’Ordine notizie relative all’attività disciplinare svolta; può inoltre nominare, scegliendoli tra gli avvocati iscritti nell’albo speciale per il patrocinio avanti le magistrature superiori, ispettori per il controllo del regolare funzionamento dei Consigli Istruttori di Disciplina e dei Consigli dell’Ordine quanto all’esercizio delle loro funzioni in materia disciplinare. Gli ispettori possono esaminare tutti gli atti, compresi quelli riguardanti i procedimenti archiviati. Gli ispettori redigono ed inviano al Consiglio Nazionale Forense la relazione di quanto riscontrato, formulando osservazioni e proposte. Il Consiglio Nazionale Forense può disporre la decadenza dei componenti i Consigli Istruttori di Disciplina chiedendo la loro sostituzione agli Ordini. 2. Analoghi poteri ispettivi possono essere esercitati per quanto riguarda i procedimenti in corso presso i Consigli dell’Ordine di appartenenza per la previsione transitoria di cui all’articolo 50. di disciplina e ai consigli dell’ordine notizie relative all’attività disciplinare svolta; può inoltre nominare, scegliendoli tra gli avvocati iscritti nell’albo speciale per il patrocinio avanti le magistrature superiori, ispettori per il controllo del regolare funzionamento dei Consigli istruttori di disciplina e dei consigli dell’ordine quanto all’esercizio delle loro funzioni in materia disciplinare. Gli ispettori possono esaminare tutti gli atti, compresi quelli riguardanti i procedimenti archiviati. Gli ispettori redigono ed inviano al CNF la relazione di quanto riscontrato, formulando osservazioni e proposte. Il CNF può disporre la decadenza dei componenti i Consigli istruttori di disciplina chiedendo la loro sostituzione agli ordini. 2. Analoghi poteri ispettivi possono essere esercitati per quanto riguarda i procedimenti in corso presso i consigli dell’ordine di appartenenza per la previsione transitoria di cui all’articolo 49. di disciplina e ai consigli dell'ordine notizie relative all'attività disciplinare svolta; può inoltre nominare, scegliendoli tra gli avvocati iscritti nell'albo speciale per il patrocinio davanti alle magistrature superiori, ispettori per il controllo del regolare funzionamento dei Consigli istruttori di disciplina e dei consigli dell'ordine quanto all'esercizio delle loro funzioni in materia disciplinare. Gli ispettori possono esaminare tutti gli atti, compresi quelli riguardanti i procedimenti archiviati. Gli ispettori redigono ed inviano al CNF la relazione di quanto riscontrato, formulando osservazioni e proposte. Il CNF può disporre la decadenza dei componenti i Consigli istruttori di disciplina chiedendo la loro sostituzione agli ordini. 2. Analoghi poteri ispettivi possono essere esercitati per quanto riguarda i procedimenti in corso presso i consigli dell'ordine di appartenenza per la previsione transitoria di cui all'articolo 48. TITOLO VI DELEGA AL GOVERNO E DISPOSIZIONI TRANSITORIE TITOLO VI DELEGA AL GOVERNO E DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI TITOLO VI DELEGA AL GOVERNO E DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI Art. 64. (Delega al Governo per il testo unico) 1. Il Governo è delegato ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentito il CNF, uno o più decreti legislativi contenenti un testo unico di riordino delle disposizioni vigenti in materia, attenendosi ai princìpi e Art. 64. (Delega al Governo per il testo unico) 1. Il Governo è delegato ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentito il CNF, uno o più decreti legislativi contenenti un testo unico di riordino delle disposizioni vigenti in materia di professione forense, Art. 63. (Delega al Governo per il testo unico). 1. Il Governo è delegato ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentito il CNF, uno o più decreti legislativi contenenti un testo unico di riordino delle disposizioni vigenti in materia di professione forense, 97 347 criteri direttivi seguenti: a) accertare la vigenza attuale delle singole norme, indicare quelle abrogate, anche implicitamente, per incompatibilità da successive disposizioni, e quelle che, pur non inserite nel testo unico, restano in vigore; allegare al testo unico l’elenco delle disposizioni, benché non richiamate, che sono comunque abrogate; b) procedere al coordinamento del testo delle disposizioni vigenti apportando, nei limiti di tale coordinamento, le modificazioni necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica della disciplina, anche al fine di adeguare e semplificare il linguaggio normativo. 2. Al fine di consentire una contestuale compilazione delle disposizioni legislative e regolamentari riguardanti la professione di avvocato, il Governo è autorizzato, nella adozione del testo unico, ad inserire in esso, con adeguata evidenziazione, le norme sia legislative sia regolamentari vigenti. attenendosi ai seguenti princìpi e criteri direttivi: a) accertare la vigenza attuale delle singole norme, indicare quelle abrogate, anche implicitamente, per incompatibilità da successive disposizioni, e quelle che, pur non inserite nel testo unico, restano in vigore; allegare al testo unico l’elenco delle disposizioni, benché non richiamate, che sono comunque abrogate; b) procedere al coordinamento del testo delle disposizioni vigenti apportando, nei limiti di tale coordinamento, le modificazioni necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica della disciplina, anche al fine di adeguare e semplificare il linguaggio normativo. 2. Al fine di consentire una contestuale compilazione delle disposizioni legislative e regolamentari riguardanti la professione di avvocato, il Governo è autorizzato, nella adozione del testo unico, ad inserire in esso, con adeguata evidenziazione, le norme sia legislative sia regolamentari vigenti. attenendosi ai seguenti princìpi e criteri direttivi: a) accertare la vigenza attuale delle singole norme, indicare quelle abrogate, anche implicitamente, per incompatibilità con successive disposizioni, e quelle che, pur non inserite nel testo unico, restano in vigore; allegare al testo unico l'elenco delle disposizioni, benché non richiamate, che sono comunque abrogate; b) procedere al coordinamento del testo delle disposizioni vigenti apportando, nei limiti di tale coordinamento, le modificazioni necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica della disciplina, anche al fine di adeguare e semplificare il linguaggio normativo. 2. Al fine di consentire una contestuale compilazione delle disposizioni legislative e regolamentari riguardanti la professione di avvocato, il Governo è autorizzato, nella adozione del testo unico, ad inserire in esso, con adeguata evidenziazione, le norme sia legislative sia regolamentari vigenti. 3. Dalle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Art. 65. (Disposizioni transitorie) 1. Fino alla data di entrata in vigore dei regolamenti previsti in questa legge, da approvare entro il termine di cui al comma 3, si applicano se necessario e in quanto applicabili, le norme vigenti non abrogate, anche se non richiamate. 2. Gli avvocati iscritti in albi alla data di entrata in vigore della presente legge, per cui sussistano incompatibilità o che non Art. 65. (Disposizioni transitorie) 1. Fino alla data di entrata in vigore dei regolamenti previsti nella presente legge, da approvare entro il termine di cui al comma 3, si applicano se necessario e in quanto compatibili le disposizioni vigenti non abrogate, anche se non richiamate. 2. Il CNF ed i consigli circondariali in carica alla data di entrata in vigore della presente legge sono prorogati fino al 31 dicembre del Art. 64. (Disposizioni transitorie). 1. Fino alla data di entrata in vigore dei regolamenti previsti nella presente legge, da approvare entro il termine di cui al comma 3, si applicano se necessario e in quanto compatibili le disposizioni vigenti non abrogate, anche se non richiamate. 2. Il CNF ed i consigli circondariali in carica alla data di entrata in vigore della presente legge sono prorogati fino al 31 dicembre del 98 348 siano in possesso dei requisiti previsti in modo innovativo dalla presente legge, hanno l’obbligo, pena la cancellazione dall’albo, di adeguarsi alle nuove disposizioni entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge. 3. Il CNF ed i Consigli circondariali in carica alla data di entrata in vigore della presente legge sono prorogati fino al 31 dicembre del secondo anno successivo. 4. È data facoltà ai Consigli locali di indire nuove elezioni alla scadenza naturale del mandato. In tal caso, gli organi eletti decadono alla data del 31 dicembre dell’anno successivo a quello di entrata in vigore della presente legge. 5. Gli avvocati iscritti in albi alla data di entrata in vigore della presente legge, per cui sussistono incompatibilità o che non siano in possesso dei requisiti previsti in modo innovativo dalla presente legge, hanno l’obbligo, pena la cancellazione dall’albo, di adeguarsi alle nuove disposizioni entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge. 6. L’incompatibilità di cui all’art. 26, n. 10, tra la carica di consigliere dell’ordine e quella di componente del comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense deve essere rimossa comunque non oltre la scadenza dei mandati in corso alla data di entrata in vigore della presente legge. secondo data. anno successivo alla medesima 3. È data facoltà ai consigli locali di indire nuove elezioni alla scadenza naturale del mandato. In tal caso, gli organi eletti decadono alla data del 31 dicembre dell’anno successivo a quello di entrata in vigore della presente legge. 4. Gli avvocati iscritti in albi alla data di entrata in vigore della presente legge, per cui sussistono incompatibilità o che non sono in possesso dei requisiti previsti in modo innovativo dalla presente legge, hanno l’obbligo, pena la cancellazione dall’albo, di adeguarsi alle nuove disposizioni entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge. 5. L’incompatibilità di cui all’articolo 27, comma 10, tra la carica di consigliere dell’ordine e quella di componente del comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense deve essere rimossa comunque non oltre la scadenza dei mandati in corso alla data di entrata in vigore della presente legge. secondo data. anno successivo alla medesima 3. È data facoltà ai consigli locali di indire nuove elezioni alla scadenza naturale del mandato. In tal caso, gli organi eletti decadono alla data del 31 dicembre dell'anno successivo a quello di entrata in vigore della presente legge. 4. Gli avvocati iscritti in albi alla data di entrata in vigore della presente legge, per cui sussistono incompatibilità o che non sono in possesso dei requisiti previsti in modo innovativo dalla presente legge, hanno l'obbligo, pena la cancellazione dall'albo, di adeguarsi alle nuove disposizioni entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge. 5. L'incompatibilità di cui all'articolo 27, comma 10, tra la carica di consigliere dell'ordine e quella di componente del comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense deve essere rimossa comunque non oltre sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. 6. Il codice deontologico è emanato entro il termine massimo di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il CNF vi provvede sentiti gli ordini forensi circondariali e la Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense in relazione alle materie di interesse di questa. L'entrata 99 349 in vigore del codice deontologico determina la cessazione di efficacia delle norme previgenti anche se non specificamente abrogate. Le norme contenute nel codice deontologico si applicano anche ai procedimenti disciplinari in corso al momento della sua entrata in vigore, se più favorevoli per l'incolpato. Art. 66. (Disposizione finale) 1. La disciplina in materia di prescrizione dei contributi previdenziali di cui all’articolo 3 della legge 8 agosto 1995, n. 335, non si applica alle contribuzioni dovute alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense. Art. 65. (Disposizione finale). 1. La disciplina in materia di prescrizione dei contributi previdenziali di cui all'articolo 3 della legge 8 agosto 1995, n. 335, non si applica alle contribuzioni dovute alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense. Art. 66. (Clausola di invarianza finanziaria). 1. Dalle disposizioni recate dalla presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. 100 350 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi Elenco Dossier pubblicati dall’Ufficio Studi al 12 Marzo 2012 I dossier sono reperibili sul sito web del Consiglio nazionale forense, al seguente indirizzo: http://www.consiglionazionaleforense.it/site/home/pubblicazioni/studi-e-ricerche.html − Dossier n. 1/2011 – Gli avvocati italiani per la ripresa. Giustizia civile ed economia – 15 luglio 2011; − Dossier n. 2/2011 – Gli avvocati italiani per la ripresa. Giustizia civile ed economia. II edizione riveduta ed ampliata – 26 luglio 2011; − Dossier n. 3/2011 – La manovra economica 2011 (decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, come convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111). Elementi di interesse per la professione forense – 26 luglio 2011; − Dossier n. 4/2011 – La manovra economica bis 2011 (decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito in legge 14 settembre 2011, n. 148). Cosa cambia per l’avvocato – 6 ottobre 2011; − Dossier n. 5/2011 – Decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150 (disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’art. 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69). Sintesi dei contenuti, norme e disposizioni richiamate – 3 novembre 2011; − Dossier n. 6/2011 – Professione, giustizia e crisi. Incontro con le componenti dell’Avvocatura. Il maxiemendamento al ddl A.S. 2968-2969 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2012)”. Testo depositato al Senato il 9 novembre 2011 – 12 novembre 2011; − Dossier n. 7/2011 – Professione, giustizia e crisi. La legge di stabilità per il 2012. Le norme della legge 12 novembre 2011, n. 183, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2012) – 24 novembre 2011; 351 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi − Dossier n. 8/2011 Il decreto “Salva Italia” (decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201) – L’impatto sulle professioni. Bozza di analisi a prima lettura – 12 dicembre 2011; − Dossier n. 9/2011 – Il decreto “Salva Italia” (decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214). L’impatto sulle professioni – 27 dicembre 2011; − Dossier n. 1/2012 – Il decreto-legge 22 gennaio 2012, n. 212 (disposizioni urgenti in materia di composizione delle crisi da sovraindebitamento e disciplina del processo civile). Le osservazioni dell’Ufficio studi del Consiglio nazionale forense – 4 gennaio 2012; − Dossier n. 2/2012 – Legge 17 febbraio 2012, n. 9. Conversione in legge del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 212, recante interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri. Le osservazioni dell’Ufficio studi del Consiglio nazionale forense – 21 febbraio 2012; 352 CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Ufficio studi UFFICIO STUDI Composizione Ubaldo Perfetti (Vice Presidente Consiglio Nazionale Forense e Consigliere Delegato all’Ufficio Studi) Giuseppe Colavitti (Coordinatore) Gianluca Bertolotti Carlo Bonzano Marina Chiarelli Nicola Cirillo Riccardo Maria Cremonini Silvia Izzo Francesca Mesiti Angelo Schillaci 353