MARIANI MARINI Alarico - Scuola Superiore dell`Avvocatura

Consiglio Nazionale Forense
Scuola Superiore dell'Avvocatura
IV Conferenza europea
con l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica
con il Patrocinio della Presidenza Italiana
del Consiglio dell'Unione Europea
MIGRANTI, ACCOGLIENZA E DIRITTI UMANI
La responsabilità dell'avvocato europeo
Roma, 13-14 Novembre 2014
Apertura dei lavori
Intervento dell'avv. Alarico Mariani Marini
Consigliere nazionale forense e Vice Presidente
della Scuola Superiore dell'Avvocatura
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Questa è la IV Conferenza europea organizzata in Italia dal Consiglio
Nazionale Forense e dalla Scuola Superiore dell'Avvocatura.
Ogni Conferenza ha sviluppato temi
che riguardano il rapporto
dell'avvocato europeo con la società con particolare riferimento al
ruolo
dell'avvocato
europeo
nella
tutela
dei
diritti
umani
e
fondamentali.
Abbiamo iniziato nel 2008, prima ancora della entrata in vigore del
Trattato di Lisbona, con la prima Conferenza che ha approvato la
Dichiarazione di Roma nella quale si è affermato il ruolo essenziale
della formazione per garantire la tutela dei diritti umani e le libertà
fondamentali.
Sono seguite la Conferenza europea del 2010 sui diritti fondamentali
nell'U.E. a seguito del riconoscimento di efficacia giuridica alla Carta di
Nizza negli ordinamenti dei Paesi dell'U.E., e la Conferenza del 2012
sull'etica professionale e la responsabilità sociale dell'avvocato
europeo.
Questa IV Conferenza affronta un problema oggi di grande attualità in
Europa quale quello dei migranti, per riflettere sul ruolo e sulle
responsabilità che le avvocature europee sono chiamate ad assumere
per evitare che i diritti umani e fondamentali subiscano nei fatti una
sorta di sospensione della tutela. E ciò a causa della crisi economica e
dei problemi sociali e politici derivanti da un fenomeno di grandi
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dimensioni, che pone soprattutto i paesi più esposti sulla frontiera del
Mediterraneo in gravi difficoltà nell'affrontare l'accoglienza di centinaia
di migliaia di persone che chiedono asilo, protezione e assistenza per
sopravvivere.
Solo in Italia da gennaio a settembre ci sono stati 142.707 arrivi su
207.000 arrivi in Europa, con un forte aumento dovuto al moltiplicarsi
delle aree di crisi in Medio Oriente.
La società europea non si è dimostrata sinora all'altezza del compito
ed ha manifestato le sue contraddizioni e le sue resistenze, per i timori
sull'economia e per le reazioni emotive di una opinione pubblica che si
sente
minacciata nella sua sicurezza, a ciò sollecitata da settori
nazionalisti e razzisti della politica.
Il risultato è che i principi sottoscritti a partire dalla Dichiarazione
Universale dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite del 1948, e sino alla
Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali del 1950 e alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione
Europea del 2000 sono stati di fatto accantonati.
A coloro che riescono a raggiungere il territorio europeo — e sappiamo
che
questa
è
la
condizione
per
richiedere
una
protezione
internazionale ai sensi delle Direttive comunitarie — è riservata una
accoglienza inadeguata, che spesso assume i caratteri di una
detenzione di fatto, e trovano enormi difficoltà a chiedere asilo o
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comunque una forma di protezione umanitaria che rispetti la loro
dignità.
In gran parte sono uomini, donne e bambini costretti a fuggire dalle
terre di origine per evitare gravi pericoli anche per la vita e questo li
costringe a subire il traffico gestito da organizzazioni criminali e i rischi
enormi ai quali si espongono e che hanno prodotto il grande numero
di morti in mare (dal 2000 sono circa 22.000 solo quelli accertati)
nonostante l'incomiabile sforzo posto in essere dalla marina italiana.
Perché abbiamo deciso di invitarvi a un confronto su questi problemi?
Perché essi investono il rapporto dell'avvocato europeo con le società
dell'Unione quale emerge dal sistema dei diritti e doveri disegnato nel
preambolo della Carta dei Diritti; e ci pongono dinanzi ad una esigenza
di coerenza dei comportamenti con i valori e i principi che hanno
accompagnato la storia dell'avvocatura, e soprattutto con l'idea di
un'etica professionale che ci impone di concorrere alla tutela dei valori
di eguaglianza, di non discriminazione, di rispetto della dignità della
persona che sono oggi posti a fondamento delle nostre costituzioni.
Il fenomeno delle migrazioni ci pone pertanto concretamente dinanzi a
questa responsabilità e ci sollecita ad una riflessione e a una scelta,
indipendentemente dalle responsabilità che fanno carico alla politica e
alle istituzioni dell'U.E.
L'avvocatura europea non dovrebbe essere impreparata a questo
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compito: è scritto nel preambolo del Codice di deontologia degli
avvocati europei del 1988 che una professione libera e indipendente è
essenziale per la salvaguardia dei diritti dell'uomo nei confronti dello
Stato e degli altri poteri; è scritto nella Carta dei principi fondamentali
dell'avvocato europeo del 2006 ove si afferma che in una società
democratica il compito dell'avvocato non si limita all'adempimento del
mandato, ma deve garantire lo Stato di diritto per il quale è dovere
difendere i diritti di chiunque arrivi nelle nostre terre.
È vero che il CCBE ha di recente constatato che tali principi tardano ad
essere trasferiti nei singoli ordinamenti professionali.
Certo ci sono difficoltà a tradurli in una realtà difficile come quella
delle migrazioni, che avvolge le nostre società in spirali emotive, di
rifiuto dell'altro soprattutto se è sconosciuto, se è senza mezzi e se ci
appare come una potenziale minaccia per la nostra sicurezza e il
nostro benessere.
Cosa possono fare gli avvocati europei?
È una domanda alla quale le avvocature dell'Unione debbono
rispondere con franchezza senza parole elusive.
Possiamo infatti fare molte cose.
Certo non abbiamo potere politico, e neppure potere economico, ma
possiamo compiere azioni positive per la promozione e la tutela dei
diritti umani e fondamentali e per respingere apertamente i rigurgiti
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razzisti e discriminatori che si sono manifestati anche nelle ultime
elezioni europee.
Non dimentichiamo che l'etica professionale dell'avvocato nei settori
del diritto e della giustizia si intreccia con i fini dell'etica pubblica nel
perseguire la difesa dell'ordine costituzionale e dei principi che in
questo ordine sono iscritti tra i quali in primo luogo vi è l'eguaglianza,
la non discriminazione, il rispetto della dignità della persona, di
qualunque persona e soprattutto di quelle persone vulnerabili che
hanno necessità della nostra concreta solidarietà.
In primo luogo possiamo inserire nei nostri codici deontologici e nelle
regole di condotta professionale i principi stabiliti dal CCBE relativi ai
doveri verso la società con particolare riferimento all'indipendenza e
alla tutela dei diritti degli altri e della collettività.
Quali siano altri strumenti idonei nelle diverse realtà è il tema di
questo confronto, ma l'avvocatura italiana può contribuire offrendo
l'esempio di ciò che abbiamo fatto a Lampedusa.
Abbiamo creato un progetto al quale abbiamo dato il nome, non
soltanto simbolico, di Lampedusa, l'isola che è la prima meta degli
sbarchi, dalla quale sono partite quelle unità della Guardia Costiera
italiana che tante vite umane hanno salvato in mare, l'isola che ha
affrontato con coraggio i grandi problemi della accoglienza di migranti
in numero in alcuni momenti anche superiore ai propri abitanti.
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Nell'ambito del progetto, al quale partecipano molti avvocati esperti
della materia, è stato istituito nell'isola nei mesi degli sbarchi un
presidio di avvocati, in gran parte giovani. Questo presidio ha operato
fornendo consulenza alle autorità locali e alle organizzazioni di
volontariato che vi svolgono importanti compiti umanitari sulla
interpretazione delle leggi e delle convenzioni, con particolare riguardo
alla tutela dei diritti umani e fondamentali.
L'iniziativa ha avuto buoni risultati e grande apprezzamento.
Stiamo considerando come sviluppare l'iniziativa il prossimo anno e
saremo lieti di ospitare colleghi europei e giovani disposti a
collaborare.
Purtroppo le recenti decisioni, con la sostituzione dell'operazione
italiana Mare Nostrum con quella europea denominata Triton fa
temere gravi conseguenze nella tutela delle vite dei migranti che
affrontano il mare.
Il problema non è dunque affatto risolto, come ha avvertito l'Alto
Commissariato per i Rifugiati che ha prospettato il pericolo per la vita
dei migranti se non si sostituisce Mare Nostrum con una operazione
europea di soccorso in mare e non di difesa delle nostre frontiere dai
migranti.
L'emergenza è questa, e nasce da un fenomeno migratorio che ha
carattere storico e imponenti dimensioni, perché si innesta nei molti
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gravi problemi economici, politici e umani dell'Africa Centrale e
Mediterranea e oggi anche dell'Iraq e della Siria, ed è destinato a
durare nel tempo.
La domanda è se e come l'avvocatura europea può esercitare un
compito di responsabilità sociale e di etica pubblica per contribuire a
garantire i diritti umani e fondamentali di questa parte di umanità
abbandonata e sofferente.
Siamo qui appunto per dare risposte.
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