Schema 8 Concorrenza per il mercato Se non è possibile ottenere un grado sufficiente di contendibilità, ma allo stesso tempo l’impresa pubblica non è sufficientemente efficiente, si possono utilizzare politiche per la concorrenza al posto della nazionalizzazione dell’industria: la produzione viene effettuata da un’impresa privata, ma lo stato interviene al fine di estrarre la rendita del monopolista (obiettivo di second best rispetto a quello di raggiungere l’efficienza paretiana); questo intervento può assumere la forma della concorrenza per il mercato (franchising) o della concorrenza nel mercato (regolamentazione). La concorrenza per il mercato è una soluzione dell’inefficienza dell’impresa pubblica che consiste nell’affidamento in concessione a un’impresa privata, selezionata attraverso un meccanismo d’asta, dell’attività prima esercitata dallo stato. Le aste possono essere aperte: a) sia a imprese del settore pubblico, sia a imprese del settore privato (competitive tendering); b) esclusivamente a imprese del settore privato (contracting out). Per servizi complessi l’asta vera e propria può essere preceduta da: 1) selezione dei soggetti ritenuti adeguati sulla base di criteri reputazionali e di requisiti tecnico-finanziari; 2) ulteriore selezione sulla base di criteri tecnico-qualitativi (aste multi-stadio). Per essere certa di battere i concorrenti, un’impresa non può offrire un prezzo superiore al costo medio: in questo modo lo stato riesce a estrarre la rendita del monopolista (Demsetz, 1968). Questo risultato vale se tutte le imprese hanno la medesima conoscenza delle tecnologie esistenti e la medesima libertà di accesso alle stesse; e se le imprese partecipanti all’asta non hanno incentivo a tenere comportamenti collusivi (e.g. accordandosi decidendo prima il vincitore, spesso definendo un meccanismo di rotazione). Nel caso di un’industria nazionalizzata che costituisce un monopolio naturale, lo stato, pur rimanendo proprietario delle risorse (infrastrutture, reti, ecc.), mette all’asta la concessione delle stesse; le imprese private fanno un’offerta per ottenere la concessione e la vincitrice è l’impresa che offre la somma maggiore. 1 In ogni caso, anche se il franchising sembra offrire un modo di introdurre la concorrenza, rimane una serie di problemi: I partecipanti all’asta possono essere poco numerosi. Poiché la concessione è temporanea, possono sussistere disincentivi a investire, dato il problema dell’irrecuperabilità dei costi, se l’impresa aggiudicataria teme che non vincerà l’asta successiva. La definizione dei termini del contratto è difficile, soprattutto con riferimento alla qualità del bene/servizio. Rientra in questo aspetto anche il problema della scelta della parte alla quale addossare la differenza tra i costi a consuntivo e quelli specificati nell’offerta d’asta: se si sceglie il committente (contratti cost-plus), anche imprese inefficienti saranno incentivate a partecipare all’asta; se si sceglie l’impresa aggiudicataria (contratti fixed-price), le imprese sconteranno questo rischio abbassando l’offerta. Vi è poi il problema della “maledizione del vincitore (winner’s curse): se la profittabilità è la stessa per tutte le imprese, l’offerta vincente tenderà a sopravvalutare il valore del franchise. Si supponga che ogni impresa chieda ai propri esperti di valutare il valore netto del franchise; le diverse valutazioni avranno la distribuzione illustrata in figura (tratta da Cullis e Jones, 1998); si ipotizzi che la media corrisponda alla valutazione corretta. Se gli imprenditori sono avversi al rischio, ognuno farà un’offerta inferiore alla valutazione dei propri esperti. L’offerta media, £(X-A), sarà dunque inferiore alla valutazione media £(X), che corrisponde al valore vero. L’offerta vincente (punto 2), tuttavia, sarà superiore al valore del franchise se il punto 2 è alla destra di £X: il vincitore subirà una perdita (questo può spiegare perché le imprese aggiudicatarie spesso chiedano di rinegoziare i termini del contratto; o anche perché i potenziali offerenti, rendendosi conto che chi vince senza colludere subirà una perdita, non partecipino all’asta). 2 La “maledizione del vincitore” Vi sono diversi possibili meccanismi d’asta: Asta inglese: un banditore, partendo da un prezzo base, aggiudica il bene a chi offre il prezzo più elevato (i concorrenti acquisiscono via via informazioni sul prezzo che gli altri intendono pagare) Asta olandese: il banditore parte da un prezzo molto alto e lo ribassa finché qualcuno non accetta il prezzo corrente (non si acquisiscono informazioni su quanto gli altri siano disposti a pagare e i non vincitori vengono eliminati tutti insieme) Asta a busta chiusa al prezzo massimo: ciascun partecipante fa un’offerta in busta chiusa; vince chi offre il prezzo più alto e paga il prezzo che ha offerto; potrebbe sussistere un incentivo a sottovalutare l’offerta se il concorrente pensa che anche così la propria offerta sarà maggiore di quella degli altri partecipanti 3 Asta di Vickrey: ciascun partecipante fa un’offerta in busta chiusa; vince chi offre il prezzo più alto e paga il secondo prezzo più alto. L’offerta è determinante per la probabilità di vittoria, non per il prezzo da pagare. Con questo meccanismo non c’è incentivo a offrire meno della valutazione “vera”, in quanto l’unico effetto può essere quello di perdere, mentre, se si vince lo stesso, si paga in ogni caso il secondo prezzo più alto; né a sopravvalutare l’offerta, perché rischia di vincere pagando un secondo prezzo più alto maggiore della propria valutazione. Modello di Sappington e Stiglitz (1987). Un bene di cui la collettività decida la fornitura mediante finanziamento pubblico può dunque essere prodotto da un’impresa privata. Ciò può avvenire attraverso un meccanismo d’asta. La collettività ha una data valutazione economica della quantità X del bene: V = f(X) e mette all’asta il diritto di ricevere un pagamento in cambio della sua fornitura. Le decisioni di produzione sono delegate all’impresa che vince l’asta. Il meccanismo è efficiente se: a) tutte le imprese hanno accesso alla stessa tecnologia; b) tutte le imprese sono neutrali nei confronti del rischio; c) non vi è collusione tra imprese; d) la collettività è in grado di definire le caratteristiche del servizio, anche in relazione ai diversi possibili stati del mondo; e) la collettività si cura solo del risultato finale, non anche del comportamento dell’impresa. Si supponga che il bene abbia due caratteristiche, una desiderata dalla collettività (F), la seconda dall’impresa (P), perché funzionale al profitto. Per quanto riguarda l’impresa, l’ordinamento tra le due caratteristiche è di tipo lessicografico: fra due combinazioni possibili di F e P, l’impresa privata mette sempre al primo posto quella che dà un profitto 4 maggiore; solo a parità di profitto sceglie la combinazione che presenta un maggiore livello della seconda caratteristica1. F F F’ X’ P’ P P Il produttore privato sceglie P se non c’è intervento da parte della collettività. La collettività può però intervenire. Una prima forma di intervento pubblico consiste nell’inserire nel contratto alcune condizioni che allentino il legame tra comportamento dell’impresa e profitto. Una forma di intervento è quella di regolamentare l’attività dell’impresa (e.g., imposizione di un vincolo di profitto massimo; imposizione di un limite minimo della caratteristica pubblica, F’, o di un limite massimo della caratteristica privata, P’: in 1 Formalmente, date due caratteristiche a e b e due combinazioni X1(a1, b1) e X2(a2, b2), allora X1>X2 se a1>a2 e X2>X1 se a1=a2 e b2>b1] 5 entrambi i casi l’impresa sceglierà X’, date le preferenze lessicografiche). Una diversa forma di intervento è l’invio di rappresentanti della collettività che controllino direttamente le imprese. Se questi metodi sono troppo costosi, conviene il ricorso all’impresa pubblica: quest’ultima avrà preferenze lessicografiche con priorità invertita e sceglierà F. Sia la regolamentazione che la produzione pubblica possono comportare inefficienze che abbassano la FP. 6