B5 la struttura della terra
e le sue trasformazioni – video 8
Il puzzle dei continenti
scopo del video
Il filmato illustra la nascita della teoria della
deriva dei continenti e la sua legittimazione grazie
alla più articolata teoria della tettonica a placche.
approfondimenti
Il geofisico e meteorologo tedesco Alfred
Wegener (1880-1930) nel 1912 espone di fronte
alla Società Geologica di Francoforte la teoria della
deriva dei continenti.
Wegener riunisce in una teoria dettagliata tutte
le prove a favore dell’ipotesi che circa 200 milioni di anni fa le terre emerse del pianeta fossero
unite a formare un unico continente, che chiama
Pangea.
Confrontando le linee di costa di Africa e Sudamerica, Wegener ipotizza che, in virtù della buona corrispondenza, i due continenti in passato
fossero uniti; trova inoltre analogie nella conformazione geologica delle rocce delle catene mon-
tuose, che sembrano proseguire esattamente dal
Sudamerica all’Africa, e coincidenze di resti fossili degli stessi organismi viventi. Osserva che in
Africa meridionale, Sudamerica, India e Australia
sono presenti depositi rocciosi di origine glaciale
databili allo stesso periodo: interpreta questa evidenza supponendo che tutte queste terre costituissero un unico blocco posto in prossimità del Polo
Sud. Arriva dunque alla conclusione che i continenti si comportano come vere e proprie zattere in
movimento sulle rocce sottostanti.
Il punto debole della teoria di Wegener è l’ipotesi sulla forza in grado di determinare la deriva, che
il geofisico tedesco individua nell’azione combinata di rotazione terrestre e forza di marea esercitata
dalla Luna.
Nel momento in cui Wegener espone la teoria
dei continenti, l’indagine sull’interno del nostro
pianeta è ancora agli albori. Nel primo Novecento
il geologo irlandese Richard Dixon Oldham
(1858-1936), osservando i tracciati delle onde
sismiche registrate dai sismografi, intuisce che la
Terra ha un nucleo interno più denso e tre anni
dopo, nel 1909, il croato Andrija Mohorovičić
(1857-1936) scopre una discontinuità superficiale e dunque l’esistenza di uno strato, chiamato poi mantello, composto da rocce caldissime e
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Il progetto dIdattIco
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guIda per l’Insegnante
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Il progetto dIdattIco
viscose al di sotto della crosta, situato all’incirca a
una quarantina di chilometri di profondità.
Solo nel 1936 la danese Inge Lehmann (18881993) completa la mappatura della struttura a
cipolla del pianeta scoprendo l’esistenza di due
nuclei, uno più interno, solido e con una temperatura simile a quella superficiale del Sole, e uno
più esterno liquido. Ogni strato è caratterizzato
da rocce diverse per composizione, temperatura,
densità e viscosità.
Nel secondo dopoguerra, grazie a intensive campagne di rilevamento del fondo degli oceani condotte da molti gruppi di ricerca, risulta evidente la
presenza di una grande catena montuosa oceanica
che cinge l’intero pianeta. Inoltre attraverso lo
studio del paleomagnetismo – disciplina che studia
l’orientamento fossile del campo magnetico terrestre rimasto impresso nelle rocce laviche e sedimentarie – è stato possibile stabilire l’espansione del
fondale oceanico in alcune zone del pianeta.
Le nuove evidenze sperimentali conducono
il geofisico canadese John Tuzo Wilson (19081993) a sviluppare, tra il 1963 e il 1965, la teoria
della tettonica a placche: la crosta terrestre è divisa
in placche di dimensioni diverse che fluttuano
sulla sottostante astenosfera la quale, riscaldata
dall’interno della Terra, si espande, diventa meno
densa e si solleva. Incontrando la litosfera devia
trascinando le placche lateralmente finché si raffredda e condensa con un’ulteriore deviazione,
completando un ciclo convettivo. Il movimento
di una placca è lento: circa 2 cm all’anno. Le
placche si allontanano l’una dall’altra, scorrono
lateralmente o si avvicinano (in quest’ultimo caso
una placca è spinta sotto l’altra e ha origine una
catena montuosa).
proposte per il lavoro in classe
In primo luogo è possibile proporre alla classe
di procurarsi un planisfero per osservare la distribuzione delle principali catene montuose, dall’Himalaya alle Ande. La loro esistenza può fornirci informazioni sul movimento dei continenti
in passato?
Invitate quindi gli studenti a cercare su Internet
una carta che rappresenti la distribuzione sul
pianeta dei terremoti e una che riporti i principali
vulcani attivi. Vulcani e terremoti sono distribuiti
in modo uniforme o sono concentrati in particolari aree? Corrispondono ai confini tra una placca e
un’altra?