Cons. di Stato n. 4693 del 15.09.2014

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MASSIMA – “Sono quindi esternate le ragioni che hanno indotto l’amministrazione ad adottare la
misura di rigore, tant’è che l’appellante è stato posto in condizione di sviluppare ampiamente le
proprie argomentazioni a sostegno dell’insussistenza delle cause interdittive prefigurate all’art. 4
del d.lgs. n. 490 del 1994.”
“Lo stesso appellante non ignora che l’atto di informativa configura una tipica misura cautelare di
polizia, preventiva ed interdittiva, che si aggiunge alle misure di prevenzione antimafia di natura
giurisdizionale e che prescinde dall’accertamento in sede penale di uno o più reati connessi
all’associazione di tipo mafioso. Non occorre inoltre – per concorde giurisprudenza - né la prova
di fatti di reato, né la prova dell’effettiva infiltrazione mafiosa nell’impresa, né la prova del reale
condizionamento delle scelte dell’impresa da parte di associazioni o soggetti mafiosi.
Agli effetti predetti è sufficiente un compiuto quadro fattuale ed indiziario di un “tentativo di
infiltrazione” avente lo scopo di condizionare le scelte dell’impresa, anche se tale scopo non si è in
concreto realizzato (cfr. ex multis Consiglio di Stato, Sez. IV, 30 maggio 2005, n. 2796; 13 ottobre
2003, n. 6187). Siffatta scelta è, del resto, coerente con le caratteristiche fattuali e sociologiche del
fenomeno mafioso, che non necessariamente si concreta in fatti univocamente illeciti, potendo
fermarsi alla soglia dell’intimidazione, dell’influenza e del condizionamento latente di attività
economiche formalmente lecite. La formulazione generica, più sociologica che giuridica, del
tentativo di infiltrazione mafiosa rilevante ai fini del diritto comporta, quindi, l’attribuzione al
Prefetto di un ampio margine di accertamento e di apprezzamento.”
Consiglio di Stato n. 4693 del 15/09/2014
N. 04693/2014REG.PROV.COLL.
N. 06147/2008 REG.RIC.
R E P U B B L I C A
I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6147 del 2008, proposto da Delfer Costruzioni Generali
s.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Feliciana Ferrentino, con domicilio eletto presso l’avv.
Luciano Palladino in Roma, viale delle Milizie, 34;
contro
Ministero dell'Interno - Ufficio Territoriale del Governo di Caserta, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE I n. 01375/2008, resa tra le parti,
informativa antimafia inerdittiva del Prefetto di Caserta;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 luglio 2014 il consigliere Bruno Rosario Polito e uditi
per le parti gli avvocati Di Lieto, per delega dell’avv. Ferrentino, e l’ avvocato dello Stato La Greca;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso e successivi motivi aggiunti proposti avanti al T.A.R. per la Campania la società
Delfer Costruzioni Generali a r.l. (in prosieguo di trattazione soc. Delfer) impugnava, per dedotti
motivi di violazione di legge ed eccesso di potere, i seguenti atti e provvedimenti:
- nota dell’Ufficio Territoriale del Governo di Caserta prot. n. 6550/ACC del 26.09.2006, a firma
del Vice Prefetto, recante il diniego si stipula del contratto per la fornitura di arredi presso lo
Sportello Unico dell’Immigrazione;
- informativa antimafia interdittiva del Prefetto di Caserta, di cui alla nota prot. n.
429/12.B.16/ANT/Area 1^ del 20.09.06, emessa ai sensi dell’ art. 4 del d.lgs. n. 490 del 1994 e dell’
art. 10 del d.P.R. 252 del 1998;
- eventuale provvedimento d’aggiudicazione ad altro concorrente del contratto d’appalto non
stipulato;
- atti presupposti, collegati, connessi e consequenziali, ivi compreso, ove occorra, il decreto
prefettizio prot. n. 6550/ACC del 16.06.06, di sospensione del verbale d’aggiudicazione della gara
informale per la fornitura di arredi presso lo Sportello Unico dell’Immigrazione;
- note del Comando Provinciale Carabinieri di Caserta n. 0238665/1-5 prot. P del 4.05.06 e n.
0238665/1-6 prot. P del 7.06.06;
- nota prot. 429/12.B.16/ANT/AREA 1^ del 25.04.06, con cui il Prefetto di Caserta ha disposto
verifiche, ai sensi degli artt. 1 e 1 bis del d. l. 629 del 1982;
- nota della Questura di Caserta categ. 1000/D.P.A./2006/MA del 25.07.06;
- nota della Guardia di Finanza – Comando Nucleo Polizia Tributaria di Caserta n. 7165/I^ Sez.
prot. del 12.09.06;
- nota 20191/GICO/3° prot. della Guardia di Finanza – Nucleo Regionale Polizia Tributaria
Campania;
- nota della D.I.A. di Napoli n. 125/NA/H7 prot. 5623 del 4.09.06;
- parere del Gruppo Ispettivo Antimafia presso il Prefetto di Caserta del 15.09.06
Con sentenza n. 1375 del 2008 il T.A.R. adito respingeva il ricorso.
In particolare i primo giudice – dopo aver tracciato il quadro normativo e giurisprudenziale
rilevante ai fini della fattispecie de qua – riconosceva l’informativa del Prefetto oggetto di
contestazione scevra da profili di manifesta illogicità ed escludeva che i fatti, da cui il pericolo di
condizionamento era stato desunto (quali emergenti dagli accertamenti svolti dalle forze dell’ordine
e compendiati nelle annotazioni del Comando Provinciale dei Carabinieri, del Nucleo di Polizia
Tributaria, della Divisione Polizia Anticrimine e della D. I. A. presso la Questura di Caserta)
fossero stati oggetto di travisamento da parte dall’organo titolare del potere discrezionale in
questione.
Escludeva, inoltre, che le indagini, circa possibili infiltrazioni della delinquenza organizzata nel
tessuto dell’impresa, dovessero necessariamente svolgersi in termini di accertamenti di natura
patrimoniale e finanziaria.
Concludeva, quindi, per la ragionevolezza del giudizio espresso dal Prefetto sul rischio
d’infiltrazione della criminalità organizzata nell’attività della società ricorrente, da considerarsi
indenne da macroscopici vizi logici (i soli che, giusto l’indirizzo della giurisprudenza) potrebbero
condurre all’annullamento, in sede giurisdizionale amministrativa, degli atti impugnati.
Avverso detta sentenza la soc. Delfer ha proposto atto di appello ed ha confutato le conclusioni del
T.A.R. e rinnovato i motivi di legittimità articolati in prime cure, concludendo per in riforma della
sentenza e l’annullamento degli atti impugnati.
Il Ministero dell’ Interno si è costituito in resistenza formale.
In sede di note di udienza la soc. Delfer ha insistito nelle proprie tesi difensive.
All’udienza del 17 luglio 2014 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
2. L’appello è infondato.
3. Con un primo motivo la società Delfer censura dell’atto di interdittiva impugnato per
insufficienza ed incongruità della motivazione.
Osserva il Collegio che il provvedimento del Prefetto rinvia ob relationem alle risultanze
dell’istruttoria espletata tramite i diversi organi di polizia e segnatamente alla relazione finale
congiunta del 15 settembre 2006.
In detta relazione si afferma che la trasformazione dell’assetto societario di Euroambiente s.r.l. in
Delfer Costruzioni Generali s.r.l. si configura preordinato ad “aggirare la normativa antimafia”,
segnatamente sul rilievo della partecipazione dell’ ex socio di Euroambiente Luigi Ferraro ad altre
società gravate da interdittiva antimafia. La continuità di gestione è avvalorata dal controllo alla
data del 12 marzo 2006 del nuovo amministratore e socio di Delfer Costruzioni Michele Della Corte
(nominato nell’incarico in sostituzione del sig. Luigi Schiavone, cognato del Ferraro) in compagnia
di quest’ultimo.
Sono quindi esternate le ragioni che hanno indotto l’amministrazione ad adottare la misura di
rigore, tant’è che l’appellante è stato posto in condizione di sviluppare ampiamente le proprie
argomentazioni a sostegno dell’insussistenza delle cause interdittive prefigurate all’art. 4 del d.lgs.
n. 490 del 1994.
3.1. Quanto al richiamo allo stato di incensuratezza dell’ amministratore unico della soc. Delfer,
l’assenza di mende e pregiudizi in capo al titolare dei poteri di rappresentanza e gestione della
società non impedisce l’adozione della misura interdittiva, ove concorrano altri elementi indiziari,
diversi dalle condanne in sede penale, cui venga a collegarsi il giudizio prognostico del pericolo di
condizionamento ed infiltrazione mafiosa. Tantomeno la situazione soggettiva del Della Corte di
assenza di pregiudizi penali fa venir meno, sul piano oggettivo, il rilevato rapporto di continuità fra
le due società Euroambiente e Delfer Costruzioni che ha indotto all’adozione della misura
interdittiva.
4. Con il secondo mezzo la società appellante, muovendo dai principi di libero apprezzamento delle
prove e di libero convincimento del giudice, sanciti dall’art. 116 c.p.c., esclude che dalle risultanze
istruttorie da cui ha tratto fondamento il provvedimento impugnato emergano fatti gravi, precisi e
concordanti - secondo la nozione di presunzione che si enuclea dall’art. 2727 e segg. cod. civ. - sui
quali possa fondarsi con grado di significativa rilevanza indiziaria il pericolo di infiltrazione
mafiosa. Nella fattispecie difetterebbe un livello probatorio minimo, secondo il regime delle prove
disciplinato dal codice civile e di procedura civile, non essendo consentito un accertamento
indiziario che si ponga al di sotto della gravità, univocità e concordanza degli elementi acquisiti e
che trasmodi, quindi, in meri sospetti e congetture quanto alla possibile influenza e connessione
della società interdetta con associazioni di tipo mafioso.
Il motivo non va condiviso.
Lo stesso appellante non ignora che l’atto di informativa configura una tipica misura cautelare di
polizia, preventiva ed interdittiva, che si aggiunge alle misure di prevenzione antimafia di natura
giurisdizionale e che prescinde dall’accertamento in sede penale di uno o più reati connessi
all’associazione di tipo mafioso. Non occorre inoltre – per concorde giurisprudenza - né la prova di
fatti di reato, né la prova dell’effettiva infiltrazione mafiosa nell’impresa, né la prova del reale
condizionamento delle scelte dell’impresa da parte di associazioni o soggetti mafiosi.
Agli effetti predetti è sufficiente un compiuto quadro fattuale ed indiziario di un “tentativo di
infiltrazione” avente lo scopo di condizionare le scelte dell’impresa, anche se tale scopo non si è in
concreto realizzato (cfr. ex multis Consiglio di Stato, Sez. IV, 30 maggio 2005, n. 2796; 13 ottobre
2003, n. 6187). Siffatta scelta è, del resto, coerente con le caratteristiche fattuali e sociologiche del
fenomeno mafioso, che non necessariamente si concreta in fatti univocamente illeciti, potendo
fermarsi alla soglia dell’intimidazione, dell’influenza e del condizionamento latente di attività
economiche formalmente lecite. La formulazione generica, più sociologica che giuridica, del
tentativo di infiltrazione mafiosa rilevante ai fini del diritto comporta, quindi, l’attribuzione al
Prefetto di un ampio margine di accertamento e di apprezzamento.
Per quanto concerne il regime di acquisizione degli elementi di giudizio agli effetti del regime di
prevenzione e tutela, su cui insiste l’odierno appellante, il Prefetto - anziché limitarsi a riscontrare la
sussistenza di specifici elementi (come avviene per gli accertamenti eseguiti ai sensi dell’art. 10,
comma 7, lettere a) e b), del d.P.R. n. 252/1998) - può effettuare la propria valutazione sulla scorta
di uno specifico quadro indiziario, ove assumono rilievo preponderante i fattori induttivi in ordine a
comportamenti e scelte dell’imprenditore che possano rappresentare un veicolo di infiltrazione delle
organizzazioni criminali nelle funzioni della pubblica amministrazione. Si può, pertanto, ravvisare
l’emergenza di tentativi di infiltrazione mafiosa in fatti in sé e per sé privi dell’assoluta certezza
(quali il coinvolgimento in un’indagine penale, una condanna non irrevocabile, collegamenti
parentali, cointeressenze societarie e/o frequentazioni con soggetti malavitosi, dichiarazioni di
pentiti) ma che, nel loro insieme, siano tali da fondare un giudizio di possibilità che l’attività
d’impresa possa, anche in maniera indiretta, agevolare le attività criminali o esserne in qualche
modo condizionata per la potenziale ingerenza di soggetti legati ad organizzazioni mafiose (cfr.;
Consiglio di Stato, Sez. III, 15 aprile 2012, n. 2058; Sez. VI, 2 agosto 2006, n. 4737; Sez. V, 3
ottobre 2005, n. 5247; C.G.A. Sicilia, 24 novembre 2009 n. 1129).
La norma introduttiva dell’informativa prefettizia esprime, quindi, la ratio di anticipare la soglia di
difesa sociale ai fini di una tutela avanzata nel campo del contrasto della criminalità organizzata, in
guisa da prescindere dal livello di rilevanza probatoria tipica del diritto penale e del diritto
processuale in genere, per cercare di cogliere l’affidabilità dell’impresa affidataria dei lavori
complessivamente intesa, con la conseguenza che le cautele antimafia non obbediscono a finalità di
accertamento di responsabilità, bensì di massima anticipazione dell’azione di prevenzione, rispetto
alla quale sono per legge rilevanti fatti e vicende anche solo sintomatici ed indiziari, al di là
dell’individuazione di responsabilità penali (così Consiglio di Stato, Sez. III n. 2058 e sez. VI, n.
2867 del 2006 cit.).
Così ricostruito il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento la determinazione del
Prefetto che si contesta non viene a fondarsi su mere congetture e supposizioni astratte, ma trae
fondamento in dati obiettivi che, nel loro intreccio e collegamento, hanno indotto al giudizio di
merito circa la sussistenza degli estremi di pericolo di infiltrazione mafiosa.
Come correttamente posto in rilievo dal giudice di primo grado la modifica della ragione sociale di
Euroambiente in Delfer Costruzioni, nonché dell’assetto gestionale e di titolarità delle quote sociali,
si colloca in un contesto temporale in cui le società Ecocampania e Green Line - partecipate dal sig.
Luigi Ferraro, già socio di Euroambiente e cognato di Luigi Schiavone precedente amministratore
della società Delfer Costruzioni - sono colpite da interdittiva antimafia (una sola di esse annullata
dal T.A.R. per la Lombardia). E’ stato, inoltre, verificato in fatto in due occasioni il rapporto di
frequentazione del Della Corte, nominato amministratore della soc. Delfer, con il Ferraro. Ancora il
Luigi Ferraro risulta essere stato dipendente, ancorché per breve periodo, della Delfer Costruzioni.
Il complessivo quadro indiziario non va considerato atomisticamente - secondo la tecnica
demolitoria della società appellante – ma come insieme di elementi e circostanze, che pur non
dovendo necessariamente assurgere a livello di prova, sono tali da formare un mosaico di condotte,
intrecci, interferenze e contiguità cui può ricondursi il pericolo di tentativo di infiltrazione mafiosa.
Stante l’ampia discrezionalità di apprezzamento riservata al Prefetto a tutela delle condizioni di
sicurezza e di ordine pubblico nel delicato settore degli appalti pubblici e del trasferimento di
risorse economiche in favore delle imprese, le valutazioni effettuate in merito sono suscettibili di
sindacato in sede giurisdizionale nei soli limiti di evidenti vizi di eccesso di potere, nei profili della
manifesta illogicità e dell’erronea e travisata valutazione dei presupposti del provvedere (ex multis
cfr. Consiglio di Stato, sez. III, n. 2058 del 2013 cit.; Sez. VI, n. 286 del 2006 e n. 1979 del 2003).
Nei limiti dell’anzidetto sindacato estrinseco, in linea con le conclusioni del primo giudice, non
emergono elementi di manifesta illogicità nella scelta di tutela del Prefetto - fondata sul mutamento
della denominazione sociale e sede della società Euroambiente, nonché sul rilievo della dismissione
di quote sociali appartenenti a L. Schiavone e L. Ferraro e cessione delle stesse al sig. M. Della
Corte e al di lui coniuge Gemma Fabozzi, al fine di creare uno schermo onde sottrarsi alle norme di
prevenzione antimafia - né risulta travisato l’apprezzamento delle risultanze istruttorie così che
possa tradursi in vizio di eccesso di potere della misura adottata.
5. Con il terzo e quarto mezzo di impugnativa la società ricorrente insiste sull’assenza di un
convincente tessuto probatorio da cui possa trarre sostegno il giudizio del Prefetto sul pericolo di
infiltrazione mafiosa, da formularsi in prudente bilanciamento con il diritto di iniziativa economica
dell’ impresa.
Vale al riguardo quanto già esposto al precedente punto 4 della motivazione, con la precisazione
che all’elevazione della soglia di repressione in via cautelare e preventiva dei fenomeni di
infiltrazione mafiosa si raccorda, in via amministrativa, un margine di apprezzamento dei
presupposti del provvedere differenziato rispetto alle regole di acquisizione e valutazione delle
prove in sede processuale, e segnatamente in quella penale, onde pervenire al giudizio di
responsabilità dell’imputato.
5.1. Quanto ai rilievi in punto di fatto in ordine agli elementi valutati dagli organi di polizia il
mutamento della denominazione sociale e la cessione di quote sociali di Euroambiente s.r.l. si
collocano in un contesto temporale ristretto (anno 2005), che culmina nelle misure di interdittiva nei
confronti delle società Ecocampania e Green Line partecipate dal Luigi Ferraro. Corrobora inoltre
l’intento simulatorio dell’operazione societaria il riscontro da parte del Nucleo di Polizia Tributaria
di Caserta – su cui ha posto l’attenzione il T.A.R. – di ricavi della soc. Delfer pari a zero per l’anno
2005 ed per l’inizio del 2006 ed un livello di vendite pressoché nullo per gli anzidetti periodi, cui si
aggiungono altre irregolarità inerenti alla tenuta del libro matricola dei dipendenti e del registro di
ammortamento dei beni societari.
Per le considerazioni che precedono l’appello va respinto.
In relazione alla costituzione solo formale dell’ Amministrazione spese ed onorari del presente
grado di giudizio possono essere compensati fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando
sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 luglio 2014 con l'intervento dei
magistrati:
Giuseppe Romeo, Presidente
Carlo Deodato, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere, Estensore
Dante D'Alessio, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/09/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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