lo scompenso cardiaco nella valutazione della

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LO SCOMPENSO CARDIACO NELLA VALUTAZIONE DELLA
INVALIDITA’ ENASARCO.
Roberto Bellero, Giulia Alampi, Maurizio Govoni, Luigi Mastroroberto
*
Gli accertamenti medico-legali richiesti dalla convenzione stipulata con la
Fondazione Enasarco procurano sovente aspetti clinico-patologici di non univoca
interpretazione sia per quanto attiene la loro valutazione in termini di disabilità che di
epoca di insorgenza/aggravamento.
A tal fine, considerando la diffusione della patologia cardiaca sia nella
popolazione “generale” che in quella “propria” degli Agenti/Rappresentanti di
Commercio si vuole proporre un contributo valutativo circa l'insufficienza cardiaca e la
sua ripercussione sulla efficienza lavorativa.
In un simile contesto, analizzando i parametri desumibili dalle indagini clinicostrumentali che definiscono lo status cardiaco nelle sue funzioni, sulla scorta peraltro
sia delle conoscenze mediche basate sull’evidenza che delle raccomandazioni redatte
dalle più accreditate Società Scientifiche, si è ritenuto possibile prospettare un
orientamento medico legale circa il danno cardiaco ed il relativo detrimento sulla
“validità” fisica del soggetto.
E’ di tutta evidenza che, stante la variegata attività di Agente/Rappresentante di
Commercio in termini di impegno ergonomico, essendo iscritti alla Cassa sia soggetti
che svolgono la loro attività in maniera “sedentaria” contattando la clientela per lo più
a mezzo ufficio, sia soggetti che al contrario necessitano di un costante e ripetuto
incontro con i fornitori (a seguito di lunghi viaggi in auto e/o treno) non è stato
possibile esprimere un giudizio standardizzato, bensì orientativo della valutazione del
corteo invalidante nei confronti dell’attività in concreto svolta dall’Assicurato.
DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE
*
Medici Legali, Bologna.
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L’insufficienza cardiaca è una sindrome clinica caratterizzata dalla incapacità
del miocardio di mantenere una portata adeguata alle esigenze metaboliche
dell’organismo, a riposo o durante sforzo, anche in presenza di un sufficiente ritorno
venoso e di una normale pressione di riempimento ventricolare sinistro.
A tal condizione corrispondono sul piano clinico sintomi e segni prodotti da
complesse risposte circolatorie e neuroumorali, che vengono riassunti nella
classificazione proposta dalla Task Force sullo Scompenso Cardiaco della Società
Europea di Cardiologia†, di cui alla Tabella 1.
A tal proposito viene chiarito che nel termine “scompenso cardiaco” (che ha
sostituito quello di “insufficienza cardiaca”) viene distinto lo scompenso cardiaco
“cronico”, a sua volta suddiviso in “sistolico” e “diastolico” a seconda della funzione
prevalentemente compromessa, dallo “scompenso cardiaco acuto”, che ad oggi viene
per lo più utilizzato per indicare eventi rapidamente progressivi e rappresentati nella
pratica clinica dall’ edema polmonare acuto e dallo shock cardiogeno.
†
The Task Force on Heart Failure of The European Society of Cardiology: Guidelines fot the Diagnosis of Heart
Failure. Eur Heart J 1995; 16: 741-751
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SCOMPENSO CARDIACO CRONICO
Sistolico:
Criteri di definizione (i criteri 1 e 2 sono
indispensabili):
Riduzione EF (< 45%)
1. Sintomi di scompenso cardiaco (a
riposo o durante sforzo )
e
Diastolico:
2. Segni obiettivi di disfunzione cardiaca
(a riposo )
3. Risposta adeguata alla terapia (in caso
di diagnosi dubbia)
Segni o sintomi di scompenso
EF >/= 45%
Presenza di aumentata pressione
diastolica o di alterato riempimento a
causa di prolungato rilasciamento
isovolumetrico o di elevata rigidità
EDEMA POLMONARE ACUTO
SHOCK CARDIOGENO
Tabella 1
La New York Heart Association (NYHA) e l'American Heart Association (AHA)
distinguono, invece, lo scompenso cardiaco secondo la classificazione di seguito
rappresentata nella Tabella 2:
NY
HA
AH Sintomi
A
Capacità
fisiche
Portata
cardiaca
Consumo
d’ossigeno al
test da sforzo
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A
I
B
soggetto asintomatico ma con
fattori di rischio per l'insufficienza
cardiaca (ipertensione,
coronaropatie, abuso d'alcol ed
altro)
asintomatico ma con segni di un
insulto cardiaco strutturale
(ipertrofia, dilatazione,
ipocontrattilità, cicatrici infartuali e
altro) =
fino a
150W e
oltre
(>1,5-2
W/kg)
normale a
>25 ml/kg*min
riposo e sotto
sforzo
sintomi che appaiono a seguito di
sforzi importanti ovvero superiori
all’ordinaria attività =
fino a
100W
(>1-1,5
W/kg)
adeguata a
riposo e allo
sforzo
comparsa di sintomi per sforzi
leggeri =
fino a
50W
(1 W/kg)
paziente senza alcuna limitazione
alla attività fisica o che comunque
può svolgere senza alcun disturbo
le attività ordinarie
II
C
lieve limitazione all’attività fisica
III
C
marcata limitazione dell’attività
fisica, assenza di disturbi a riposo,
presenti solo dopo lievi gradi di
attività ordinaria
IV
D
sintomatologia a riposo =
paziente incapace di qualunque
attività fisica, che accusa disturbi
anche a riposo
Tabella 2
la prova
sotto
sforzo non
è
eseguibile
Non
adeguatame
nte
aumentata
sotto sforzo
limitata
anche a
riposo
15-25
ml/kg*min
5-15 ml/kg*min
<5 ml/kg*min
Quanto sopra, evidentemente, permette al Medico Valutatore di desumere
quanti più parametri quali-quantitativi relativi al funzionamento della pompa cardiaca,
basati su criteri oggettivamente riproducibili e comparabili, al fine di raccordarli
utilmente alle necessità ergonomiche dell’Esaminato.
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EZIOLOGIA E FISIOPATOLOGIA E CLINICA
In Italia la causa più frequente di scompenso cardiaco è la cardiopatia
ischemica (41%), seguita dalla cardiomiopatia dilatativa (32%) e dalle valvulopatie
(14%), mentre solo il 9% dei casi è riconducibile alla ipertensione arteriosa
(probabilmente in relazione alla moderna efficacia della terapia antiipertensiva).
Quando lo scompenso è dovuto a disfunzione diastolica, tra le cause più frequenti
sono da annoverarsi invece la cardiopatia ischemica (specie nei riguardi dei soggetti di
sesso femminile), l’ipertensione arteriosa e le cardiopatie nei pazienti anziani.
Il primum movens ‡ nello scompenso è rappresentato da una riduzione della
gittata cardiaca che determina un ridotto riempimento arterioso (“arterial underfilling”
o perdita del volume arterioso efficace) che a sua volta provoca una attivazione neuroumorale rivolta a compensare la ridotta gittata cardiaca ed il ridotto riempimento
arterioso. L’aumento del tono simpatico con incremento dei livelli plasmatici e
tessutali di noradrenalina, l’attivazione del sistema renina - angiotensina - aldosterone,
l’aumento dei livelli di vasopressina, di endotelina-1 e di citochine (in particolare
tumor necrosis factor - Alfa ed Interleukina-6) determinano quindi un aumento della
frequenza cardiaca e dell’inotropismo, la ritenzione di sodio ed espansione del
volume plasmatico con aumento del ritorno venoso al cuore, una dilatazione
ventricolare con allungamento delle fibre miocardiche, una ipertrofia miocardica, una
vasocostrizione, nonché un incremento di peptidi natriuretici A e B, che tendono a
compensare il ridotto assorbimento di sodio e l’espansione volemica.
Allorquando questi stessi “meccanismi compensatori” vengono sollecitati oltre il
limite soglia, si verifica che
gli elevati livelli di noradrenalina danneggino i cardiomiociti ed incrementino la
domanda miocardica di ossigeno, con conseguente ischemia tissutale. L’endotelina-1,
l’angiotensina e le catecolamine, producendo vasocostrizione, incrementano il postcarico; l’aldosterone provoca proliferazione connettivale ed accumulo di collageno
nell’interstizio, ed infine, per effetto dell’attivazione neuroumorale si verifica una
disfunzione delle proteine contrattili con conseguente compromissione della funzione
sistolica, che a sua volta comprometterebbe il rilasciamento miocardico e quindi la
funzione diastolica.
Ne deriva che, raccordandosi ai passaggi fisiopatologici anzi citati, i segni ed i
sintomi dell’insufficienza cardiaca risultano intimamente correlati con il sovraccarico di
volume e di pressione nelle camere cardiache e nei circoli venosi sistemico (turbe
dispeptiche, turgore giugulare, epatomegalia dolente, versamento pleurico,
pericardico, addominale) e polmonare (dispnea, dispnea parossistica notturna,
ortopnea, edema polmonare, tosse, emoftoe, rantoli polmonari, sibili bronchiali,
versamento pleurico); dalla ridotta portata cardiaca in rapporto alle esigenze
metaboliche (astenia, faticabilità, ipotensione, diuresi ridotta, nicturia per ritorno alla
‡
Claudio Rugarli, Medicina interna sistematica, 5a ed., Elsevier, 2005.
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norma delle resistenze renali in clinostatismo, disturbi della attività mentale, cianosi
periferica, polso dicroto, accorciamento del tempo di eiezione e aumento delle
resistenze arteriose periferiche); dalla attivazione dei meccanismi di compenso quali
l’attivazione simpatica (aumento della frequenza cardiaca, cute fredda al termotatto,
iperidrosi, pallore, cianosi periferica a chiazze); dalla ritenzione idrosalina (aumento
del peso corporeo, edemi nelle parti declivi) nonché dalle alterazioni morfo-funzionali
della muscolatura scheletrica (astenia, affaticamento, ridotta tolleranza allo sforzo).
ESAMI STRUMENTALI§
Di seguito è rappresentato l’insieme degli accertamenti clinico-strumentali, con
specifiche circa la relativa efficacia ed attendibilità, che il Medico Valutatore avrà a
disposizione nel corteo documentale prodotto dall’Assicurato.
ECG: non esistono alterazioni specifiche dovute all’insufficienza cardiaca,
essendo le anomalie riscontrate in rapporto con la cardiopatia di base. Ciononostante,
in lavori recenti, è emerso chiaramente che se l’ECG risulta normale, è altamente
improbabile che ci si trovi di fronte ad uno scompenso cardiaco dovuto a disfunzione
sistolica**.
Radiografia
del torace: la radiografia del torace permette di ottenere tre
importanti informazioni:
1- le dimensioni del cuore (essenzialmente attraverso il rapporto cardiotoracico);
2- la vascolarizzazione polmonare (le modificazioni permettono di risalire al
valore della pressione venosa polmonare);
3- il parenchima polmonare;
Sebbene una corretta interpretazione del radiogramma fosse in passato uno dei
pochi esami non invasivi in grado di confermare o escludere una diagnosi di
scompenso basata solo sui dati clinico-anamnestici, attualmente il largo impiego
dell’ecocardiografia ne ha ridimensionato l’importanza ed evidenziato alcuni limiti
intrinsechi nella metodica.
Ecocardiografia: si sta imponendo come l’esame chiave per confermare o
escludere la diagnosi di insufficienza cardiaca. L’accessibilità, la non invasività, la
Castaldo Stefano, Cardiologia Forense, INPS, 2008.
** Wendelboe O et Al: Risk assessment of left ventricular systolic dysfunction in primary care: cross sectional study
evaluating a range of diagnostic test. BMJ 2000; 320: 220-224
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§
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ripetibilità, sono caratteristiche di base a cui, nel caso dello scompenso, si unisce la
possibilità di ottenere - in una sola tappa - le informazioni indispensabili alla diagnosi,
prognosi e terapia dello scompenso††:
1- funzione sistolica del ventricolo sinistro (morfo-volumetria cardiaca e calcolo
della frazione di eiezione ventricolare sinistra all’ eco bidimensionale; accelerazione e
decelerazione del rigurgito mitralico al Doppler continuo);
2- funzione diastolica del ventricolo sinistro (studio del flusso transmitralico e
del flusso venoso polmonare al Doppler);
3- presenza di valvulopatie e loro severità (mediante color Doppler);
4- valutazione dell’emodinamica cardiaca (con metodiche Doppler)
Esami ematochimici
Alcuni esami ematochimici di routine restano indispensabili‡‡:
• Per escludere la presenza di fattori aggravanti lo scompenso cardiaco e
potenzialmente correggibili:
1. Emocromo con formula (per individuare una eventuale anemia)
2. T4-TSH (per evidenziare una disfunzione tiroidea)
3. Protidemia con elettroforesi (ipoalbuminemia)
• Per escludere cause extracardiache alla base del quadro clinico:
1. Esame urine (proteinuria da sindrome nefrosica)
2. Creatininemia (presenza o coesistenza di insufficienza renale)
• Come marker prognostici:
1. Sodiemia (l’iponatremia segnala uno scompenso cardiaco severo).
DIAGNOSI
Il riconoscimento di un quadro di scompenso cardiaco basata sui soli dati clinici
è difficile e spesso inattendibile, dal momento che solo in un terzo dei casi circa la
diagnosi
viene confermata dai successivi esami strumentali, i quali di fatto
acquisiscono un ruolo sempre più determinante a tal fine.
L’ecocardiogramma è oggi l’accertamento a cui si fa ricorso sistematico sia in
ambito clinico§§ che medico-legale per confezionare una corretta diagnosi, in quanto
Davies MK et Al: ABC of heart failure. Investigation. BMJ 2000; 320:297-300
‡‡ Regione Liguria: Linee guida su: scompenso cardiaco.
http://opac.regione.liguria.it/selusoc/I_sel/linee/linee02_htm.
§§
Hobbs FDR et Al: ABC of heart failure. Heart failure in general practice. BMJ 2000;
††
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foriero di determinanti informazioni analitiche in un contesto, peraltro, di buona
compliance (in termini di accettabilità e di accessibilità) da parte del paziente e di un
favorevole rapporto costo/benefici.
Su tale scorta, gli esami strumentali “tradizionali” quali l’ECG e la Radiografia
del Torace sono attualmente da considerarsi di supporto, in quanto fruibili solo
allorquando l’esame ecocardiografico appaia di scarsa qualità e privo di indicazioni
attendibili (evento in ogni caso da considerarsi raro). In buona sostanza, solo dopo un
esame ecocardiografico che mostri reperti dubbi o meritevoli di conferme clinicostrumentali si è nella necessità di eseguire un accertamento di “secondo livello” (quale
ECG e Radiografia del torace) per una conferma indiretta e puntuale del quadro
morboso.
Orbene, una volta posta una diagnosi certativa di scompenso cardiaco,
andranno individuati mediante appropriati esami, quei fattori che ne aggravano la
sintomatologia o ne accelerano la progressione verso lo stadio della “irreversibilità”. Si
è già chiarito difatti che, nonostante i progressi terapeutici, la prognosi a distanza nei
pazienti scompensati resta in genere infausta e che la sopravvivenza è sovrapponibile a
quella osservata in alcune delle più comuni neoplasie maligne.
Di tali elementi saranno pertanto di primaria importanza all’atto del giudizio
medico legale, facendo debito riferimento alla tabella all’uopo riportata (cfr. tabella 3)
che cita nel dettaglio i fattori prognostici che possono essere ottenuti dalle indagini
cliniche e strumentali, sempre nella piena consapevolezza che il permanente
progredire della efficacia farmacologica e dei dispositivi di assistenza meccanica
contribuisce spesso incisivamente nel prolungamento della sopravvivenza e nel
miglioramento della qualità della vita del paziente.
CLINICA
Terzo tono (S3): elevata incidenza di morbilità e mortalità per
scompenso cardiaco: 30.9/100 pazienti/anno
Turgore delle giugulari: elevata incidenza di morbilità e mortalità per
ECG
scompenso cardiaco: 30.9/100 pazienti/anno
Durata QRS: QRS > 110 msec: sopravvivenza a 6 anni del 40%
rispetto al 60% di pazienti con normale durata del QRS
Fibrillazione atriale cronica: mortalità del 34% più elevata rispetto a
ECO
pazienti in ritmo sinusale
Frazione di eiezione VS (FEVS) < 20%: sopravvivenza a 6 anni di
poco superiore al 40%
Dilatazione VD: sopravvivenza a 6 anni di poco superiore al 20% (nei
pazienti con cardiomiopatia dilatativa)
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Flusso transmitralico al Doppler:
In presenza di pattern di flusso transmitralico di tipo restrittivo
(rapporto onda E / onda A>2, oppure >1 ma con tempo di
decelerazione protodiastolico[DT] <140 msec)si osserva marcata
riduzione di sopravvivenza a due anni (52% versus 80% in paz. con
VO2 max . 14 ml/min/kg; inoltre, in pazienti con volume
telediastolico VS > 65 ml/mq, fibrillazione atriale o pattern di flusso
restrittivo e VO2 max . 14 ml/min/kg, la mortalità a due anni era del
39%).
DT . 125 msec nonostante la terapia associato ad elevata incidenza
di eventi cardiaci a 4 anni (86%)
Flusso venoso polmonare al Doppler : rapporto onda S/onda D < 1
associato a ridotta sopravvivenza (ca 40%) a 12 mesi
Rx
TORACE
HOLTER
Rigurgito mitralico al Doppler continuo (CW): dP/dt < 600 associato
ad elevata morbilità e mortalità a breve-medio termine specie se
coesiste –dP/dt < 450
Rapporto CT > 0.55: mortalità a 1 anno > 10%
Deviazione standard dell’intervallo R-R (SDNN): valori < 50 msec
sono associati ad una mortalità annuale del 51.4% in confronto alla
mortalità del 12.7% nei pazienti con SDNN compreso tra 50 e 100
msec e del 5.5% nei pazienti con SDNN > 100 msec (10).
Tachicardia ventricolare non sostenuta (intesa come più di 10 battiti
consecutivi; oppure come più di 5 episodi/24h): elevata mortalità
(40%) nello studio PROMISE
Tabella 3
VALUTAZIONE MEDICO LEGALE
In primo luogo, è da ribadirsi che la diagnosi di scompenso cardiaco debba
scaturire da un corretto e rigoroso approccio metodologico, che tenga in rigorosa
considerazione il corteo dei dati funzionali e prognostici ottenibili nelle modalità
fattuali anzi delineate.
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Ciò perché un giudizio “trasversale” ricavato in una singola giornata, anche se
basato su elementi come il test cardiopolmonare o la frazione di eiezione, può non
riflettere (in quanto dato “puntuale”) l’evoluzione prognostica a breve/medio termine
di questi pazienti sia in termini di mortalità che di disabilità.
Un primo momento valutativo si basa, in ogni caso, sulla rilevazione delle classi
funzionali NYHA ovvero sul loro riferimento sulla compatibilità del paziente con una
o più attività lavorative. A tal proposito, si è già chiarito*** come tale strumento
valutativo presenti dei limiti in termini medico legali, in quanto attinente per lo più a
scopi clinico – terapeutici, e che per tale motivo debba essere corroborato con i dati
relativi alla frazione di eiezione (meglio se derivati su più misurazioni) ovvero con studi
relativi ad eventuali comorbidità del ritmo.
Ulteriori elementi di giudizio, inoltre, possono essere desunti dalla capacità
funzionale, calcolata mediante il test cardiopolmonare, che misura la cosiddetta
VO2max. Tale parametro, in ogni caso, va appreso “in via cautelativa” dal momento
che nel paziente scompensato la velocità massima potrebbe non essere raggiunta,
motivo per cui si predilige nella pratica clinica misurare il cd “picco di consumo di
O2” (impropriamente denominato VO2max), che risulta utile nel fornire importanti
indicazioni prognostiche e funzionali: un picco di VO2 costantemente al di sotto di 1012 mL/kg/min in ripetuti test cardiopolmonari è da considerarsi indicazione al
trapianto cardiaco; un picco di VO2 intorno a 14 ml/kg/min è un indice di media
gravità e di per sé non esclusiva indicazione al trapianto; un picco di VO2 o il
raggiungimento di un VO2max > 20 ml/kg/min si associa a pressoché ad una totale
assenza di sintomi†††.
La capacità funzionale, altresì, può essere derivata sulla scorta dei risultati del
test ergometrico e quindi del carico lavorativo raggiunto espresso in Watt o in METS
(ad esempio dal test cardiopolmonare o dal test ergometrico), come ben rappresentato
dalla tabella 4 che correla il risultato del test con la relativa classe funzionale NYHA.
Utili dati valutativi, inoltre, sono riprodotti nella Tabella 5, che cita la classificazione di
Weber del grado di compromissione funzionale basata sui dati del picco di VO2 e
della soglia anaerobica ottenuti dal test cardiopolmonare per un utile confronto con il
picco di VO2 e soglia anaerobica.
LIVELLO
(Protocollo di Bruce
Modificato)
Stadio I
1.7 mph pendenza 0%
METS
CLASSE FUNZIONALE
NYHA
1.8
4
Ronchi E, Mastroroberto L, Genovese U; Guida alla valutazione medico legale della invalidità permanente,
Giuffrè Editore, Milano, 2009
††† Loh E: Exercise capacity and VO2 in congestive heart failure. UpToDate, Apr 12, 2000
***
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Stadio II
1.7 mph pendenza 5%
3
3
Stadio III
1.7 mph pendenza 10%
5
2
Stadio IV
2.5 mph pendenza 12%
7
1
Stadio V
3.4 mph pendenza 14%
9-10
0
Stadio VI
11-12
0
4.2 mph pendenza 16%
Tabella 4
GRADO
COMPROMISSIONE
DI
Picco di VO2
(mL/kg/min)
Soglia anaerobica
(mL/kg/min)
Classe di Weber
FUNZIONALE
Lieve-assente
> 20
> 14
A
Lieve –medio
16-20
11-14
B
Medio-severo
10-16
8-11
C
Severo
< 10
<8
D
Tabella 5
Alla luce del resoconto analitico-funzionale anzi citato è pertanto possibile
fornire
dei
parametri
“orientativi”
circa
la
coerente
collocazione
dell’Agente/Rappresentante ENASARCO nell’ambito delle prestazioni fornite dalla
Cassa: “pensione di inabilità permanente” ovvero “pensione d’invalidità parziale
permanente”.
Più nello specifico, si ritiene possibile individuare due cluster di Assicurati affetti
da cardiopatia:
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PRIMO CLUSTER: assicurati affetti da scompenso cardiaco severo e prognosi
sfavorevole, non modificabile
con terapia medica e/o terapie alternative al di fuori del trapianto cardiaco.
Rientrano certamente in tale “area” valutativa soggetti con frazione di eiezione non
superiore al 40%, segni di severo impegno emodinamico quali una disfunzione
diastolica avanzata, meritevoli di impianto di defibrillatore (AICD) e/o pacemaker
sincronizzatore ovvero affetti da 1 o più fattori prognostici sfavorevoli citati nella
tabella 3.
In tali casi già la patologia cardiaca di per sé, ossia in via esclusiva, permette di
ragionare tra uno stato di grave INALIDITA’ (quantificabile non meno del 75%) ovvero
di INABILITA’.
SECONDO CLUSTER: pazienti con disfunzione sistolica di grado lieve o medio
in assenza di segni di severo impegno emodinamico e/o fattori prognostici sfavorevoli.
Rientra in questo ambito la stragrande maggioranza della casistica, trattandosi sovente
di soggetti maschili (per lo più), di età compresa tra i 50 ed i 60 anni, affetti da
cardiopatia ischemica e/o insufficienza coronarica acuta. In una rilevante percentuale
di casi giungono a visita dopo essere stati sottoposti ad intervento di by pass aorto –
coronarico ovvero ad impianto di stent su uno o più vasi miocardici. In un simile
contesto andranno attentamente verificati i test cardiologici effettuati sul paziente, da
ripetersi eventualmente a distanza di circa 6-9 mesi di terapia
riabilitativa/farmacologica se sottoposti ad intervento cardiaco, al fine di poterne
considerare il proprio ruolo menomativo nella capacità lavorativa dell’Assicurato. Se
da un lato è evidente che una patologia cardiaca “pura” (ossia “unica” in soggetto in
buone condizioni generali) non giustifica, in caso di frazione di eiezione > 50% un
giudizio di invalidità permanente parziale superiore ai 2/3, dall’altro sono
attentamente da valutarsi la sussistenza di patologie concomitanti (obesità, diabete
mellito e relativo grado di scompenso, ecc.) e rapportarle – complessivamente –
all’attività lavorativa in concreto svolta dal soggetto ed alla sua gravosità dal punto di
vista psico-fisico (ad es. riferendosi ai km all’anno percorsi in auto per la gestione del
parco clienti).
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