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CINA
RIFORME A PASSO DI TARTARUGA
SOMMARIO
Il plenum del Partito Comunista Cinese ha introdotto riforme molto graduali
verso una società civile moderna. Il gradualismo di tali riforme significa che
la Cina non sfuggirà alla trappola del reddito medio nel prossimo decennio.
La leadership crede di avere tempo, ed ha ragione se si intende che riforme
lente o parziali minimizzeranno il pericolo di uno sconvolgimento economico
e politico. Riforme ritardate o parziali renderanno però più difficile, se non
impossibile, il raggiungimento dello status di paese ad alto reddito.
ANALISI
In un precedente nostro articolo abbiamo illustrato di cosa hanno bisogno le
economie emergenti a medio reddito per rompere gli schemi e raggiungere
lo status di paese ad alto reddito. Secondo la Banca Mondiale circa l’85%
delle economie a medio reddito falliscono nel fare ciò. (Figura 1).
La questione è di fondamentale importanza per la maggior
parte degli investitori, poiché mentre si parla di “mercati
emergenti” in realtà si investe quasi esclusivamente in
quelli a medio reddito. Affinché l’investimento sia un buon
investimento, l’economia a medio reddito deve passare
allo status di economia ad alto reddito. Solo in tal caso la
crescita è sufficiente a generare rendimenti ponderati
per il rischio tali da giustificare l’investimento.
Nel senso più ampio di ciò che determina questo successo,
solo le società con sistemi politici ed economici aperti
permettono l’accesso allo status di paese ad alto reddito.
Figura 1. Fonte: World Bank
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1
Non è un caso che i paesi più ricchi del mondo siano democrazie. Più
specificamente ciò dipende fondamentalmente da tre fattori: il ruolo dello
stato di diritto e della società civile, l’aperta concorrenza tra sistemi economici
e politici e la libertà di entrarvi, la libertà individuale per creare ed innovare.
La Cina è stata a lungo senza tutto ciò. Perché ha bisogno di cambiare? Per
svariate ragioni (Inserto 1). Prima di tutto la crescita della produttività totale
dei fattori (TFP) è prevista in declino (Figura A) e sta finendo lo stimolo
economico alla crescita della produttività proveniente dagli investimenti esteri
diretti (FDI) importati. Inoltre, si stanno raggiungendo i limiti alla crescita
per quanto riguarda fattori produttivi quali forza lavoro a poco prezzo e
costo del capitale basso.
Secondo, la Cina sta raggiungendo il ‘punto di svolta di Lewis’ , quando la
forza lavoro a basso costo si esaurisce (Figura B).
1
Terzo, i tassi di risparmio e d’investimento hanno raggiunto il limite in termini di creazione di crescita sostenibile e stanno generando squilibri
insostenibili in termini di credito rispetto al PIL (Figure C) e al
malinvestimento.
Inserto1. Fonte: Datastream, Oxford Economics, The Conference Board, Independent Strategy
2
Quarto, il modello d’investimento relativo al settore manifatturiero e delle
infrastrutture della Cina usato per generare crescita guidata
dall’esportazione è oramai obsoleto (Figura D).
Affinché la Cina possa rinnovare il proprio modello economico, deve
sostenere la produttività totale dei fattori (TFP). La produttività totale dei
fattori rappresenta la spinta creativa della crescita, quella che si realizza
quando i ritorni che provengono dall’utilizzo di più persone e capitali iniziano
a calare. La convergenza con economie ad alto reddito può avvenire solo
con questo tipo di produttività.
L’avanzamento da paese povero a paese a medio reddito avviene
normalmente combinando enormi incrementi di capitale (finanziati da elevati
tassi di risparmio interno) con forza lavoro a basso costo (agricola). Gran
parte della produzione viene poi esportata essendo i consumi scarsi. La
tecnologia manifatturiera estera (attratta principalmente come investimenti
esteri diretti- FDI) crea ammassi limitati di alta produttività in settori
circoscritti e specifici (ad esempio la manifattura del comparto
automobilistico) e paga salari relativamente alti per le persone impiegate in
tali settori. Tutto ciò ha un effetto domino nell’elevare gli standard di vita.
Una volta che tale processo ha fatto il suo corso, la TFP — “produttività
creativa” come noi la chiamiamo — deve diventare la forza trainante della
convergenza degli standard di vita dei paesi a medio reddito con quelli dei
paesi ricchi. Soltanto la produttività può fare ciò e soltanto la TFP è disponibile
come fonte di tale produttività. Le altre forme di produttività sono
fondamentalmente esaurite.
La TFP richiede però una trasformazione che passa
dall’architettura economica a quella politica e sociale di
un paese a medio reddito. Il tipo d’incremento di
produttività necessario per sfuggire alla trappola del medio
reddito ridefinisce il ruolo dello stato (minore) e i diritti e
le libertà dell’individuo (maggiore).
Figura 2. Fonte: World Bank
3
Quando si passa da uno stato la cui economia gestisce
mega progetti, come l’elettrificazione dell’Unione
Sovietica, che è controllata dall’alto e richiede un’enorme
contributo dall’industria pesante, ad un mondo di moda,
smart phone, tablet, assicurazioni e Starbucks, tutto
cambia (Figura 2).
Serve:1) una società di anime libere e creative — un sistema educativo che
le coltivi ed un sistema giuridico e politico che permetta loro di essere tali;
2) far sì che il mercato prepari l’allocazione delle risorse poiché la
pianificazione centrale non può più comandare il flusso di informazioni per
svolgere correttamente il suo lavoro;
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3) un sistema finanziario che diriga i risparmi verso investimenti produttivi e
possa prezzare il rischio, anziché un sistema che agisce come braccio fiscale
e di investimenti del governo;
4) libero commercio per promuovere competizione e scelta; e
5) liberalizzazione dei tassi di cambio e dei flussi di capitale.
E’ evidente che l’attuale regime cinese si concentra pesantemente (e ne
beneficia) sul vecchio sistema economico e non ha intenzione di accettare
tali cambiamenti con una conversione sulla via di Damasco. La domanda è:
faranno qualche passo per soddisfare le condizioni necessarie per sfuggire
alla trappola del medio reddito, che rende altri cambiamenti inevitabili fino
al raggiungimento della massa critica?
Non c’è dubbio che la leadership sappia che il modello economico cinese
deve cambiare. Si aggrappa probabilmente ad alcuni dettagli insignificanti
di riforme articolate, senza capire i cambiamenti sistemici della società
necessari per realizzare tutto il lavoro. Dovrà comunque liberare le forze
che conducono al grande progetto che dovrà essere in ogni caso realizzato.
La lista delle riforme molto dettagliata pubblicata dai gruppi di esperti cinesi
e da economisti occidentali spesso non coglie che dietro i dettagli insignificanti
di pure misure riformistiche economiche che loro raccomandano, vi sta la
Grande Trasformazione Sociale necessaria per diventare decisamente ricchi.
Riforme graduali microscopiche sono parte del modo di fare le cose alla
cinese. La leadership crede di avere tempo, ed ha ragione se vuole che
riforme lente o parziali non portino al collasso economico. Riforme ritardate
o parziali renderanno però più difficile, se non impossibile, l’uscita dalla
trappola del medio reddito.
NOTE: 1 - Il punto di svolta di Lewis si basa sul modello di sviluppo creato
dall’economista Premio Nobel Arthur Lewis, che guardò al dualismo di un’economia
in sviluppo. Nelle economie emergenti si raggiunge un punto in cui la forza lavoro
dal settore sottosviluppato, o agricolo, si esaurisce, determinando un aumento di
salari.
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MERCATI EMERGENTI
ANCORA SOTTO PRESSIONE
SOMMARIO
Mentre tutti i paesi sviluppati attraversano una forte
riduzione del credito, i mercati emergenti (EM) ne hanno
fatto un’abbuffata. Il credito al settore privato si sta
posizionando intorno ad una crescita pari al 15%, in
riduzione rispetto all’oltre 20% di un anno fa (Figura 1).
E’ cresciuto come percentuale sul PIL di circa 20 punti
percentuali dall’inizio della crisi finanziaria, con l’Asia
come principale responsabile. Questa va oltre il tasso di
espansione che indica futuri problemi del credito. Nel
migliore dei casi gli eccessi e gli squilibri peseranno sulla
crescita dei mercati emergenti. Nella peggiore delle
ipotesi causerà una deflazione del prezzo degli asset e
un rallentamento dell’economia.
Figura 1. Fonte: IMF
ANALISI
La bolla creditizia interna
I mercati emergenti più grandi si sono ripresi velocemente dalla crisi finanziaria
del 2008 perché si sono lanciati su di un’abbuffata creditizia. La crescita
della domanda interna di credito dei mercati emergenti è stata enorme: in
Cina il debito delle imprese hanno raggiunto il 132% del PIL dal 104% del
2008. In Turchia sono passati dal 33% nel 2008 al 54% e in Brasile dal 53%
al 68%. Nel 2012 in Sud Africa il debito delle aziende ha
toccato il 150% del PIL. Stessa storia per il debito delle
famiglie.
Il credito complessivo più alto nel settore privato rispetto
al PIL è in Corea, Cina, Ungheria, Malesia, e Tailandia.
Il credito rispetto al PIL rimane relativamente ancora
non sviluppato in Messico e Indonesia (Figura 2).
Figura 2. Fonte: BIS
5
Tale crescita del credito indica una bolla che è pronta ad
esplodere, causando poi una crisi finanziaria o
quantomeno, il bisogno di ridurre il debito alla fine
danneggia la crescita economica di medio termine? Un
modo per testare ciò consiste nel misurare la velocità di crescita del credito
privato sul PIL rispetto alla tendenza. L’altra chiave di misura è rappresentata
da ogni accelerazione dei prezzi immobiliari oltre il trend, come metrica del
mal investimento.
Una recente ricerca della BIS (Bank for International Settlements) ha
combinato queste due misure all’interno di un ciclo finanziario e trovato uno
stretto parallelismo con le crisi bancarie e di valuta. Nella migliore delle
ipotesi, le eccessive deviazioni dal trend sulla base della misurazione realizzata
dalla BIS si normalizzano così come i periodi di crescita del credito debbono
essere corretti con tutto quello che ne consegue per l’economia reale in
termini di sottocrescita media.
La ricerca della BIS si è concentrata sulle principali economie sviluppate.
Noi abbiamo sviluppato una versione semplificata di tale modello per alcune
selezionate economie dei paesi emergenti (Inserto 1). Abbiamo riscontrato
Inserto 1. Fonte: Datastream, Independent Strategy
6
che la Tailandia, la Cina, l’Indonesia e la Turchia sono
vicine al picco del loro ciclo finanziario e quindi
maggiormente vulnerabili ad una crisi finanziaria o a un
significativo rallentamento della crescita reale del PIL
non appena la riduzione del debito verrà posta in essere.
Vulnerabilità rispetto ai flussi di capital esteri
Figura 5. Fonte: Oxford Economics
Figura 6. Fonte: Bloomberg, Independent Strategy
L’altro grosso rischio per il ciclo del credito nei mercati
emergenti e quindi per il ciclo economico è rappresentato
da un inversione dei flussi di capital esteri. I livelli di debito
esterno rispetto al PIL rimangono molto alti in molte
economie dell’Europa centrale e dell’Est, ma anche in
Turchia e Sud Africa (vedi Figura 5).
I mercati emergenti sono più vulnerabili a un’inversione
dei flussi dei capitali rispetto ai mercati delle economie
avanzate. Dato che le economie dei paesi emergenti
operano in un sistema di valute variabili, qualsiasi scoppio
di una bolla del credito interna sarebbe accompagnato
da una caduta repentina nella valuta, così come successo
con la rupia indiana o indonesiana nella riduzione del
finanziamento estivo. Circa il 10% dei debiti delle banche
turche sono rappresentati da denaro caldo a breve termine
in valute Forex (euro e dollari). Le banche turche usano
questi fondi per prestarli alle imprese e comprare debito
pubblico, con una potenziale disallineamento di scadenze
se i fondi stranieri dovessero asciugarsi.
Lo spostamento dagli asset dei mercati emergenti dovrebbe essere guidato
da quattro fattori, in ordine di tempo, se non in ordine d’impatto. Il primo è il
timore di una riduzione del finanziamento pubblico nei paesi avanzati, in
particolare la stretta sul credito per il riacquisto di titoli governativi da parte
della FED americana.
Il secondo dovrebbe essere rappresentato dalla mancanza di crescita nei
paesi emergenti rispetto alle economie avanzate dovuto al fatto che i mercati
emergenti stanno divenendo sempre più “i cinque deboli” piuttosto che i
solidi paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa). Tutti questi
paesi stanno facendo fronte a grandi impedimenti strutturali verso la crescita
che sono inadeguatamente affrontati dalla politica.
7
Il terzo dovrebbe essere il fallimento da parte del primo ministro giapponese
nell’ implementare quelle riforme caratterizzate dalla sua terza freccia,
colpendo così la crescita globale e riducendo l’appetito per il rischio.
E infine ci sarebbe la crescita dei rendimenti delle obbligazioni dei Paesi
Core, che li renderebbe attraenti come investimento rispetto all’ampia gamma
di asset delle economie emergenti prima acquistati per raccoglierne i
rendimenti.
Dato che noi crediamo che la linea guida futura da colomba da parte della
FED di Janet Yellen potrebbe tenere il dollaro come valuta per le fonti di
finanziamento, il nostro approccio non scientifico, di pancia ci dice che la
forward guidance ha una forza meno potente per sostenere gli asset e le
valute dei mercati emergenti poiché le economie emergenti necessitano di
tenere i propri tassi d’interesse elevati per imbrigliare l’eccesso di credito.
Il discorso del presidente della Fed dello scorso Maggio sull’imminente
passaggio al “tapering’ ha dato il via all’oscillazione degli asset dei mercati
emergenti. I prezzi delle azioni dei mercati emergenti sono crollati del 17%
in termini di dollaro, le valute sono scese di un quinto e il rendimento
obbligazionario dei paesi emergenti è aumentato di 2-4 punti percentuali. In
settembre la Fed ha ritirato il proprio piano poiché i dati economici statunitensi
erano incerti e il Congresso si avvicinava ad una crisi fiscale creata dallo
stesso. Per un pò gli asset dei mercati emergenti hanno leggermente
recuperato (un terzo della precedente perdita), ma le azioni e le obbligazioni
dei mercati emergenti rimangono ancora sotto il livello dell’anno scorso.
E’ probabile che il presidente eletto della Fed Yellen persegua una politica
finalizzata all’introduzione del tapering all’inizio del 2014. E’ anche probabile
che sostituisca la non convenzionale politica monetaria basata sull’acquisto
di asset secondo il Qantitative Easing con un
abbassamento della soglia del tasso di disoccupazione
per innescare un aumento dei tassi d’interesse e pertanto
rafforzare la ‘forward guidance’ . Non sono attesi aumenti
nei tassi d’interesse di politica monetaria prima del 2017.
Questo punterebbe a ritardare qualsiasi aumento rilevante
dei rendimenti dei titoli di stato americano (Figura 7) ed
avrebbe anche un impatto sui tassi degli altri Paesi Core.
3
Figura 7. Fonte: Datastream
8
Ciò non significa però che gli asset finanziari dei mercati
emergenti siano ora pronti per una netta ripresa basata
su una strategia rinnovata di ricerca (carry-trade) di
maggiori rendimenti su scala globale.
Questo perché, a parte la crescita economica che sta rallentando nei mercati
emergenti e la necessità di ridurre la leva finanziaria sul credito interno, vi
sono altri elementi di incertezza.
Prima di tutto, le banche delle economie sviluppate sono ancora sotto
pressione per ridurre la leva finanziaria. E’ il caso, in modo particolare, delle
banche europee, che sono state i più aggressivi prestatori ai mercati
emergenti fino alla stretta creditizia globale del 2007.
Le banche europee hanno bisogno di ridurre la leva finanziaria a causa della
revisione della qualità degli asset (AQR-Asset Quality Review) e degli stress
test della Banca Centrale Europea che ci attendono per l’implementazione
dell’Unione Bancaria Europea e per l’adeguamento ai nuovi requisiti di
capitale previsti dall’accordo Basilea 3.
E’ probabile che la continua riduzione della leva finanziaria da parte della
banche europee in abbinamento con il tapering da parte della Fed farà si
che la liquidità globale si restringa nel 2014.
Nel complesso, i mercati emergenti troveranno più difficile portare a termine
le riforme strutturali necessarie di quanto non avrebbero fatto prima della
crisi finanziaria globale, date le immissioni di capitali esteri in declino, da
una media dell’1,2% del PIL dei mercati emergenti nei cinque anni precedenti
il 2007 fin sotto l’ 1% del PIL.
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MERCATI INTERNAZIONALE
LA MIOPIA DELLA STAGNAZIONE SECOLARE
SOMMARIO
Durante la recente conferenza del Fondo Monetario Internazionale, l’ex
segretario del Tesoro Americano Larry Summers ha descritto l’economia
americana come se fosse in una “stagnazione secolare”. Altri economisti,
come Paul Krugman, sono d’accordo con lui. Noi no.
Stagnazione secolare significa che la produttività del capitale è crollata a
livelli che rendono gli interessi reali, pari allo zero, troppo elevati per le
economie al fine di generare la crescita necessaria per chiudere il divario
produttivo. Interessi reali troppo elevati generano un costante eccesso di
risparmi ottenendo come conseguenza una domanda inadeguata. Ciò che è
necessario per chiudere il divario produttivo sono interessi reali negativi e
bolle del credito per spingere la domanda.
Noi non siamo d’accordo su tre aspetti:
• Non c’è una mancanza di ritorni ad alto rendimento a livello mondiale. La
carenza di investimenti delle imprese, che ha caratterizzato la grande
recessione, indica che la produttività potenziale si sta restringendo nonostante
il fatto che le redditività delle imprese, la leva finanziaria e la cassa siano
solide.
• I tre ingredienti per la crescita sono a) uno scenario macroeconomico
stabile, b) un solido sistema bancario, c) riforme economiche che incoraggino
l’imprenditorialità. Ciò che manca oggi è la confidenza del settore privato
nella capacità dei governi e dei banchieri centrali di procurare i tre elementi
sopra citati.
• Le bolle creditizie possono spingere la crescita solo temporaneamente e
provocare pesanti costi al momento della riduzione della leva e una errata
allocazione delle risorse.
I protagonisti della stagnazione secolare sovrastimano largamente il potere
della politica monetaria e fiscale come strumento capace di controllare la
crescita a lungo termine. È molto più che probabile che la prossima tappa
della ripresa economica mondiale sia rappresentata dalla produzione di beni
e dagli investimenti. Questo è dove noi stiamo puntando nel comparto
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azionario, come su mercati azionari quali quello tedesco,
coreano e giapponese che hanno una vocazione naturale
in questi settori.
ANALISI
Larry Summers ha argomentato che le economie stanno
scivolando verso un’inflazione bassa, o addirittura in
deflazione, nonostante il fatto che i tassi d’interesse siano
bassi o a zero . Egli ha riconosciuto che una serie di bolle
del credito sono diventate una caratteristica necessaria
delle moderne economie per evitare la deflazione. Summers ha inquadrato la situazione come una “stagnazione
secolare”. Paul Krugman, il decano della moderna
economia Keynesiana, è allineato a Summers, portando
varie giustificazioni a supporto di tale fenomeno.
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Il concetto di stagnazione secolare si basa sul fatto che
la produttività del capitale è crollata a livelli che rendono
gli interessi reali, pari allo zero, troppo elevati per le
economie al fine di generare la crescita necessaria per
chiudere il divario produttivo (Inserto 1). Gli investimenti
non riescono a rianimare le economie poiché i ritorni sugli
investimenti disponibili sono più bassi del costo del capitale
e i tassi dei risparmi prudenti degli individui sono
complessivamente anormali poiché questi generano un
avanzo di risparmi rispetto alle necessità d’investimento.
Inserto 1.
Politiche economiche ortodosse, così come l’austerità
fiscale e persino l’attuale eccezionale politica monetaria,
prolungano semplicemente l’eccesso di risparmi rispetto agli investimenti
causando così una domanda insufficiente. Pertanto le banche centrali
dovrebbero pompare liquidità con ogni mezzo per creare bolle di attività e
domanda producendo la piena occupazione. E i tassi d’interesse in termini
reali dovrebbero essere negativi per il 2%-3%.
Popolazione o produttività?
La teoria della stagnazione secolare è una visione miope e di breve periodo
per due ragioni. Primo, tale teoria si basa sull’esperienza delle economie
anglosassoni e parti dell’attuale Europa nonché del Giappone a partire dallo
scoppio della bolla all’inizio degli anni ‘90. Krugman afferma che i tassi
d’interesse dovrebbero essere allineati al tasso di crescita delle popolazioni,
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poiché questi dovrebbero essere quindi uguali al potenziale
di produzione del capitale per una società (e il ritorno di
lungo termine su di esso).
Figura 1. Fonte: EU-Klems
Ma il cambio di crescita nella popolazione è meno
rilevante rispetto all’aumento di produttività di una forza
lavoro in espansione. Prendiamo la Germania: la sua
popolazione è anziana e il suo tasso di crescita netto si
sta riducendo ad una goccia (anche se potrebbe essere
aumentato dal contributo dell’immigrazione netta dal Sud
ed Est Europa). I livelli di produttività della Germania e
la crescita sono però elevati (come lo è il fattore di
produzione, esprimendo i guadagni derivanti dalla
tecnologia). L’Italia ha la stessa stagnazione a livello di popolazione lavorativa,
ma la crescita del suo PIL reale è scomparsa a causa della caduta nel
fattore totale di produzione – Figura 1.
La crescita della popolazione mondiale è stata pari ad appena l’1,2% all’anno
dal 2000 al 2010, il tasso del decennio più lento dopo la seconda guerra
mondiale, ma la crescita del PIL è stata pari al 3,5% all’anno, la più rapida
dal 1980. La crescita del PIL pro capite mondiale nell’ultima decade
(includendo persino la Grande Recessione) è stato superato solamente dal
decennio “ad alta velocità” degli anni 60. Vi sono quindi pochi segnali di
stagnazione secolare a livello globale. È miope estendere un problema
percepito a livello di qualche economia a tutto il resto del mondo.
Bolle di credito o investimenti?
Secondo, la teoria della stagnazione secolare porta alla conclusione che
l’unica via per portare le economie ad un tasso di crescita sostenibile sia
l’aumento delle bolle del credito. Ma questa descrizione della storia utilizzata
per giustificare il bisogno da parte delle banche centrali di sostenere le bolle
è semplicemente selvaggia!
Negli anni dopo il 1999, i bassi tassi d’interesse reale (e in alcuni periodi
negativi) da cui l’Unione Monetaria Europea ha permesso ai paesi periferici
di trarre beneficio, è stata la causa principale del perché questi hanno
accumulato i loro debiti insostenibili. Allora, secondo il pensiero di Krugman,
è stato corretto portare i tassi d’interesse reali negativi, un bizzarro
ragionamento dato che noi conosciamo i costi di tale spreco.
Summers ritiene che non ci sarebbero evidenze di sbilanci economici all’inizio
di una crisi finanziaria: la bolla creditizia stava creando una sana crescita,
sana produttività e sana inflazione! Questo perché Summers sceglie di
12
monitorare tutte quelle misure errate che hanno fallito in
primo luogo nell’avvertire l’imminente crisi.
La crescita del PIL a lungo termine per un’economia
può essere misurata come la crescita della popolazione
lavorativa più la crescita della produttività. Una crescita
dell’indebitamento (credito) può far sì che la crescita del
PIL stia sopra il potenziale, ma solamente per un periodo,
alla fine c’è il tornaconto. Questa è la situazione dove
siamo oggi nelle economie che sono eccessivamente
indebitate. E non c’è differenza se il debito è privato o
pubblico, quello che conta è che il debito è stato portato
a livelli eccessivi. Nel periodo prima del crollo della bolla
del credito tra il 2002 e il 2008, la crescita
dell’indebitamento ha permesso al PIL di crescere sopra
il suo potenziale (Figura 2). Ora il PIL deve crescere
sotto il suo andamento normale per ridurre il volume di
debito (attraverso la crescita dei risparmi e debito ridotto).
Summers e Krugman invertono la causa e l’effetto. Il
mondo non necessitava di bolle di debito finanziato per
crescere. È stata la crescita del debito che ha portato la
crescita dell’economia americana e di altre economie
sopra il proprio potenziale (Figura 3).
Figura 3. Fonte: Datastream, Independent Strategy
Chiunque abbia visitato l’Irlanda, la Spagna o il Portogallo
ha visto l’immenso spreco di investimenti nel settore
immobiliare che hanno spinto le costruzioni immobiliari a diventare un quinto
del PIL in questi paesi, creando beni per cui non c’era speranza di domanda.
Mentre la bolla cresceva, la crescita e l’occupazione sembravano a posto e
dato che i prezzi crescenti del mercato speculativo delle case non fa parte
dell’indice dei prezzi al consumo, l’inflazione rimase bassa. Ma una bolla
rende tutti questi vantaggi economici allo stesso tempo insostenibili e le
bolle hanno distrutto anche i sistemi finanziari e fiscali, che alla fine hanno
richiesto alti costi.
L’economia americana si è imbattuta in sbilanci similari e presenta molti
difetti simili a quelli della crisi che ha colpito le nazioni europee. Tuttavia,
l’America ha un settore privato più dinamico ed è stata in grado di gestire
meglio la ristrutturazione del sistema bancario. Le famiglie hanno ridotto
l’eccessivo indebitamento (da livelli più elevati rispetto a quelli delle nazioni
europee) fino ad un certo livello (anche se in termini di debito aggregato
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questa riduzione è stata completamente compensata dalla crescita del debito
pubblico).
Ma l’America ha fatto molto meno rispetto alla riforma del proprio contratto
sociale o nel raggiungimento di una fiscalità sostenibile. Il fatto che l’America
non possa uscire dal suo disavanzo di riforme senza una crisi del debito
pubblico è in misura non inferiore connessa al ruolo del dollaro americano
come valuta di riserva mondiale.
Un risveglio degli investimenti
La stagnazione secolare può e sarà evitata se le economie possono investire
in attività produttive. E ci sono svariate possibilità per questo avvenga. Ci
sono tuttora più possibilità nella rivoluzione IT che è iniziata negli anni ‘90.
Ci sono reti intelligenti e progetti energetici a basso utilizzo di carbone. In
America come ovunque, gli investimenti energetici rappresentano già un
incremento alla crescita potenziale.
E vi sono una miriade di investimenti su larga scala che potrebbero essere
lanciati nel settore dei trasporti, dell’educazione scolastica, nelle macchine
robotizzate, nel trattamento della pulizia delle acque e altri progetti “sporchi”,
come comunicazioni, apprendistato ecc. piuttosto che creare interessi negativi
per spingere la spesa dei consumi su più auto o prezzi più elevati delle case.
L’ “efficienza marginale del capitale” non è pari a zero, tanto meno negativa
del 2% -3% in termini reali.
È indiscutibile che il livello degli investimenti (sia pubblici che privati) sia
anemico. Ma le ragioni di tale situazione non sono da ricercarsi in livelli
inadeguati dei potenziali ritorni degli investimenti. Più probabili cause della
carenza di investimenti sono da ricercarsi nelle riforme economiche
insufficienti, sistemi fiscali non funzionali e l’eccedenza dei passati eccessi,
così come una mancanza di positiva confidenza in uno scenario economico
stabile per il futuro.
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