Diritto commerciale Intro: Per diritto commerciale si intende l’insieme delle norme di diritto privato che disciplinano specificamente le attività produttive e il loro esercizio. Parliamo di attività che permettono di generare nuovi beni e attività che permettono la loro circolazione. Parlare di attività produttiva introduce il concetto di imprenditore: è imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o scambio di beni e servizi. Servono in generale: capacità di agire, capacità giuridica. Nello studio del diritto commerciale si prendono in considerazione unicamente quei fenomeni imprenditoriali che danno vita ad imprese. L’art 2082 parte con il dire che l’impresa è caratterizzata da attività produttiva:1)modello di comportamento identificato con determinate azioni;2) attività qualificata in base allo scopo. In generale parliamo di azioni che permettono di creare valore laddove non c’era. Tale attività produttiva ,secondo l’art 2082 deve essere svolta professionalmente : in maniera abituale, stabile e reiterata ossia, non occasionale o sporadica. Non è sinonimo di: 1)esclusività (possono svolgersi altre attività); continuità(anche interruzioni);pluralità di risultati(anche unico affare). Altro elemento citato nell’art 2082 è l’organizzazione: requisito che connota l’attività sul piano dei mezzi impiegati nel suo svolgimento. I fattori sono : lavoro e capitale. Il ruolo del titolare è quello di svolgere un’opera di organizzazione ,ossia stabilire un ordine funzionale dei fattori produttivi. Infine l’art 2082 parla dell’economicità: metodo che deve essere seguito nello svolgimento dell’attività. Il metodo può essere : 1)metodo lucrativo (attività mediante il quale si crea un margine di profitto);2) metodo economico in senso stretto( assicurare il pareggio tra ricavi e costi). Da ciò si crea la necessità delle imprese di rivolgersi al capitale di credito presso gli istituti finanziatori quando non si trovano in equilibrio economico. Discorso diverso si fa per le imprese non profit e per le imprese di erogazione pubbliche o partecipate pubbliche. Infatti queste ultime si preoccupano di erogare un servizio senza che l’utente sostenga l’intero prezzo. Il modello comportamentale dell’art 2082 non può essere modificato. Il legislatore ha diviso l’attività di impresa in più sfere di azione in modo tale da non dover applicare la stessa disciplina in situazioni diverse. Si divide prima di tutto in : impresa agricola; piccola impresa. L’art 2135 definisce l’impresa agricola : attività di coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse. Dal momento che l’attività agricola ,con i relativi finanziamenti e investimenti , è cambiata anche il legislatore ha introdotti mutamenti nel settore agricolo(dlg 228/2001). Nell’art 2135 si definisce attività essenziali: attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico di carattere vegetale o animale ,che utilizzano, o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque. Le attività connesse: attività di conservazione, manipolazione, trasformazione e commercializzazione di prodotti ottenuti prevalentemente dall’attività agricola. Il fondo non è più un elemento essenziale. La nozione di piccola impresa si ha nell’art 2083 : attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro del titolare e dei componenti della famiglia (coltivatore diretto del fondo, artigiano , piccolo commerciante). Si attribuisce una rilevanza normativa minore. Attività in cui non basta il lavoro del proprietario, ma c’è bisogno di lavoro altrui e del capitale. In tali imprese il lavoro del titolare e della sua famiglia deve costituire il fattore essenziale e imprescindibile nel processo sottostante. La differenza tra piccola impresa e impresa (medio-grande) si ha tutte le volte in cui il titolare non è indispensabile per l’erogazione del servizio o per l’attività produttiva. Dal punto di vista quantitativo tre fattori identificano un’impresa piccola e vietano l’apertura di un procedimento concorsuale (fallimento): 1) esposizione debitoria inferiore a 500.000 euro;2) attivo patrimoniale nei tre precedenti esercizi inferiore a 300.000 euro; 3) ricavi lordi tre esercizi precedenti inferiori a 200.000 euro. Tra le piccole imprese abbiamo l’impresa artigiana : attività di produzione di beni ,anche semilavorati, o prestazioni di servizi con esclusione di attività commerciali, rivendita cibi e bevande , attività agricole; è poi un’attività produttiva in cui il titolare svolge in misura prevalente il proprio lavoro. L’impresa artigiana può servirsi della prestazione d’opera di personale dipendente non superando le 18 unità( lavorazioni in serie) o le 32( lavorazioni artistiche). L’impresa commerciale: attività di produzione di beni e servizi che si qualifica come industriale e/o un’attività di circolazione di beni che si qualifica come intermediaria. Il criterio di industrialità alluderebbe al processo iniziato con la rivoluzione industriale. L’intermediarietà allude all’attività di acquisto per la rivendita. Vi sono imprese che non svolgono nessuna attività in prevalenza e che non possono essere considerate , quindi, né agricole né commerciali. Parliamo delle imprese civili: Imprese artigiane: produzione mai del tutto automatizzata; imprese di spettacoli; imprese finanziarie(solo circolazione di denaro); agenzie matrimoniali , collocamento. Secondo un’altra visione abbiamo: industrialità (non agricolo) e intermediarietà (circolazione). Altra divisione tra imprese è quella tra : imprese pubbliche e private. L’impresa pubblica è un fenomeno produttivo imprenditoriale esercitato o riconducibile ad un soggetto di diritto pubblico. Possiamo avere : ente pubblico economico( imprese che ricercano profitti e non in mano pubblica ,partecipate) in cui l’ente cerca di raggiungere il suo fine istituzionale attraverso un’attività commerciale. L’ente pubblico non economico realizza fini istituzionali attraverso numerose iniziative non riconducibili sempre ad attività commerciali. I cosiddetti servizi a rilevanza economica ( permettono di conseguire un margine di profitto) senza rilevanza economica( senza margine di profitto). L’impresa privata fa riferimento ad un fenomeno produttivo che assume la veste di forma giuridica di diritto privato: persona fisica o ente privato, ente pubblico (associazioni e fondazioni). L’impresa sociale ,infine, è tale quando: 1) produzione di beni e servizi di utilità sociale(assistenza sociale, sanitaria, educazione);2) imprese che utilizzano nel processo produttivo lavoratori svantaggiati in misura non inferiore al 30%. Inoltre deve esservi nello statuto una clausola che definisca tale impresa : non lucrativa. Per quanto riguarda l’apertura di un procedimento concorsuale la normativa varia in base ad imprese pubbliche ,private o sociali. Occorre adesso far riferimento al fenomeno imprenditoriale in relazione alle professioni intellettuali: attività produttiva immaginabili come una successione di comportamenti orientati al raggiungimento di un determinato risultato professionale. Sono attività che si sostanziano nella produzione di servizi professionali: assistenza varia. Si distinguono in professioni protette( specifica disciplina) e discipline non protette (disciplina generale). Anche in tal caso l’attività intellettuale deve essere svolta professionalmente e non occasionalmente; occorre che le attività professionali intellettuali possono svilupparsi unicamente attraverso il lavoro dell’intellettuale( si può intendere attività organizzata nel senso dell’art 2083); infine occorre il requisito di economicità(attività lucrativa). Tali intellettuali sono sottratti alle norme sulle imprese anche quando la loro attività va al di là del semplice servizio svolto ( medico nella sua clinica). Tutto ciò si evince dall’art 2238. Tuttavia ,ogni tanto, la disciplina sembra cedere: normativa antitrust. Bisogna analizzare , a questo punto, l’inizio e la fine dell’impresa: momento dal quale comincia ad applicarsi la disciplina sulle imprese e momento dal quale termina l’applicazione di tale disciplina. Sorgono molti problemi legati all’effettività delle attività svolte, alla fase organizzativa e alla gestione caratteristica. Con “inizio dell’impresa si vuole far riferimento al momento dal quale comincia a trovare applicazione la disciplina dell’impresa. Secondo il criterio di effettività tale momento è identificato nel momento in cui si verifica un fenomeno produttivo qualificabile come impresa. Con espressione “fine dell’impresa” si fa riferimento al momento in cui cessa di trovare applicazione la disciplina dell’impresa. Anche in questo caso il criterio di effettività fa riferimento al momento in cui cessa un’attività produttiva qualificabile come impresa. Con la fine dell’impresa, entro un anno, si ha la fase di liquidazione ossia, eliminazione dell’ente attraverso il quale si esercitava l’impresa. L’attività di liquidazione è fondamentale nelle procedure concorsuali per tutelare i creditori insoddisfatti. Entro un anno ,inoltre, l’impresa deve cancellarsi dal registro delle imprese: presunzione dell’effettiva cessazione dell’attività. Rimane da osservare chi è il referente oggettivo dell’impresa ossia il soggetto tenuto ad adempiere ai diversi obblighi comportamentali in cui la disciplina dell’impresa si scompone. L’impresa deve essere ricondotta ad una sfera giuridica soggettiva ,ossia le norme devono ricadere su qualcuno: imprenditore. C’è chi da un lato ritiene che l’impresa si imputi secondo un criterio formale della spendita del nome e ,dall’altro, chi ritiene che l’impresa si imputi secondo un criterio sostanziale o dell’interesse perseguito. Infatti l’imprenditore può o , in alcuni casi, deve, affidare a terzi la gestione dell’impresa. Particolare è la disciplina relativa all’incapace. L’incapace non può curare i propri interessi e ,pertanto, ha bisogno di un rappresentante legale. Abbiamo un incapace totale che non può gestire né atti di ordinaria amministrazione né atti di straordinaria amministrazione( tutore). L’incapace parziale può invece limitarsi a gestire il patrimonio mentre per le disposizioni c’è bisogno del consenso del giudice. L’incapace non può avviare un’impresa ,ma può continuare un’impresa lasciata in eredità o ricevuta in donazione. L’orientamento prevalente ,infine, è dell’avviso che l’elemento decisivo al fine di imputazione dell’impresa si imputa al soggetto il cui nome viene speso nello svolgimento della stessa. La giurisprudenza cerca di porre rimedio a tentativi di abuso in cui si ha un socio occulto, un’impresa fiancheggiatrice , un prestanome. Se fallisce l’impresa la giurisprudenza può dichiarare fallito anche il socio occulto ,l’impresa occulta . Un’altra teoria pone le base sul concetto di biunivocità tra potere-rischio per cui non vi può essere reale imprenditore se questo non sostiene un minimo rischio di impresa. Questo può essere il caso in cui un’impresa nomini un prestanome nullatenente a guida della suddetta impresa. Abbiamo un fallimento in estensione ai soci occulti e allo stesso imprenditore occulto. Si introduce il concetto di società palese con socio occulto( 2 palesi 1 occulto) e società occulta( 2 occulti e 1 palese). Non vi è dubbio che un’impresa esercitata per conto di una società occulta debba imputarsi proprio ad essa anche se l’attività fosse stata svolta senza spenderne il nome. La disciplina dell’impresa si preoccupa di stabilire un obbligo di pubblicità finalizzato ad un minimo di trasparenza informativa. Due esigenze :1) esigenza imprenditoriale di contare sulla certezza di talune informazioni; 2)esigenza dei terzi e del mercato di poter fruire di talune informazioni inerenti all’impresa. Vige il principio di tipicità: obbligo di pubblicità unicamente per le informazioni imposte dalla legge. La pubblicità si ha attraverso la registrazione nel registro delle imprese. In tale registro abbiamo sezione ordinaria( soggette all’obbligo di iscrizione nella versione originaria) e sezione speciale( diverse forme di pubblicità).La sezione ordinaria è riservata alle imprese commerciali non piccole . L’iscrizione avviene attraverso la presentazione di una domanda dalla quale devono risultare le informazioni oggetto dell’obbligo di pubblicità. Le informazioni sono quelle relative agli elementi dell’assetto organizzativo: generalità imprenditore, ditta, sede impresa, investitori etc. L’iscrizione deve essere richiesta entro un termine di 30 gg dall’inizio dell’impresa o dal verificarsi del fatto che richiede pubblicità. L’iscrizione è subordinata al controllo d’ufficio per la sussistenza delle condizioni previste dalla legge. L’ufficio in generale si preoccupa unicamente della legalità formale dal momento che la legalità sostanziale è passata al vaglio del notaio. E’ possibile una cancellazione d’ufficio quando non vi siano i requisiti minimi essenziali. L’iscrizione ha un’efficacia dichiarativa e determina una presunzione di conoscenza dei terzi. Se l’iscrizione non avviene abbiamo presunzione di ignoranza con le relative conseguenze. All’efficacia dichiarativa ,talvolta, abbiamo un’efficacia normativa ossia l’obbligo pubblicitario permette l’applicazione di una determinata disciplina. Le sezioni speciali sono state previste per razionalizzare diverse forme di pubblicità. In tale sezione ritroviamo: imprese agricole, piccole imprese, società semplici , imprese artigiane. Poi nl corso degli anni sono state istituite 5 sezioni: 1) sezioni di società di avvocati;2)società che sono soggettati alla direzione altrui o che svolgono direzione altrui;3)imprese sociali;4)sezione per società di capitali; 5) start-up innovative. La pubblicità può aversi anche con il deposito (per atti che non necessitano dell’iscrizione)La disciplina dell’impresa si occupa anche dell’organizzazione della stessa e stabilisce la documentazione d’impresa. Obbligo di dare rappresentanza scritta dei diversi accadimenti relativi allo svolgimento di attività. La normativa impone la tenuta di scritture contabili varie in base alla natura e dimensione dell’impresa. Le scritture minime obbligatorie sono: il libro giornale e il libro degli inventari. Il libro giornale identifica tutte le attività svolte giorno per giorno ,pertanto vengono rilevati i fatti di gestione sia sotto il profilo patrimoniale che sotto il profilo reddituale. Il libro degli inventari è la scrittura che si preoccupa delle attività e passività dell’impresa(identifica il patrimonio).Bisogna dare contezza di tutto il patrimonio. Il bilancio di esercizio si preoccupa di identificare l’impresa in tutta la sua interezza ed è composto: stato patrimoniale, conto economico , nota integrativa. Stato patrimoniale: elementi attivi e passivi suscettibili di valutazione economica; conto economico : elementi positivi e negativi di reddito dalla cui somma scaturisce il reddito di esercizio; nota integrativa :documento descrittivo. Tutta la contabilità deve contenere delle formalità estrinseche : numerazione, bollatura, vidimazione). Le scritture contabili devono essere conservate per 10 anni . La conservazione può avvenire anche attraverso supporti immagine. Tali scritture servono all’imprenditore per prevedere l’andamento dell’impresa nel mercato e ai creditori ,terzi per ottenere info sulla stabilità o meno dell’impresa. L’organizzazione non è considerata solo dal punto di vista documentale ,ma anche dal punto di vista della struttura e delle sorti dell’apparato produttivo. Si fa riferimento ad un profilo personale(diversi soggetti impiegati nell’apparato produttivo) e profilo materiale( diversi beni materiali e non impiegati).Quanto al profilo personale l’ordinamento stabile norme comportamentali che l’imprenditore deve tenere , per l’apparato materiale norme riguardanti l’uso ,sostituzione e disposizione dei beni impiegati. La normativa riconosce tre tipi di collaboratori interni all’impresa: 1)institore(collaboratori più importanti e di livello più alto); 2) procuratori( collaboratori intermedi dell’organigramma-atti pertinenti di esercizio); 3) commessi collaboratori (che occupano il livello più basso nell’organigramma). Ciascuna di queste figure ha i poteri necessari per poter compiere le mansioni a cui è preposto. Ciascun potere può essere limitato o accentuato con una formalizzazione documentale da iscriversi nel bilancio di esercizio. Vige ,pertanto, il principio di pubblicità rendendo conoscibile a terzi il mutamento dei diritti e dei poteri. L’impresa si avvale anche di collaboratori esterni. L’institore è il collaboratore preposto all’esercizio dell’impresa o ad una parte di essa. L’institore può essere unico o plurimi e tra loro vige il principio di azione disgiunta, ossia ognuno agisce indipendentemente dagli altri. L’institore compie tutti gli atti pertinenti all’impresa e non può spingersi al di là (cedere impresa, cambiare oggetto, etc.). L’istitore è tenuto a tenere la contabilità e pubblicità commerciale. Il procuratore è il collaboratore che compie atti pertinenti all’esercizio dell’impresa pur senza esservi preposto. I commessi sono collaboratori che compiono atti che la l specie di operazione a cui sono preposti comporta. Lo svolgimento di una attività d’impresa richiede un apparato produttivo stabile e composto da vari fattori. L’azienda è : il complesso di beni che l’imprenditore organizza per l’esercizio dell’impresa. Tra i beni aziendali vi è un vincolo di interdipendenza :organizzazione. L’attitudine a creare nuova ricchezza e reddito è detto :avviamento. L’avviamento è intrinseco all’azienda. L’imprenditore può prendere i beni di cui necessita anche in leasing, prestito , etc. quello che conta è l’insieme dei titoli giuridici per poterne godere. Una azienda può essere costituita da rami : parte dell’azienda intesa come articolazione funzionalmente autonoma di attività economica organizzata. L’Art 2556 discute della proprietà dell’azienda, ossia dell’insieme dei beni di cui l’imprenditore può godere. Il tutto si risolve nella titolarità di diverse posizioni giuridiche. Abbiamo la teoria atomistica che ritiene tutti i beni aziendali separati gli uni dagli altri e disponibili singolarmente e una teoria unitaria da prendere in riferimento : 1) a livello negoziale(trasferimento d’azienda); 2)applicazione di istituti dedicati ad aggregati collegati tra loro; 3) valenza in caso di atto traslativo o di concessione in godimento. Con la cessione d’azienda si ha il trasferimento di eterogenee posizioni giuridiche( diritti reali, personali o di godimento). Possiamo avere diverse metodologie di trasferimento di azienda a cui si applicano diverse discipline. L’oggetto del negozio è qualificabile grazie ad elementi estrinseci: nome , locazione , etc.). La cessione si intende nella sua interezza a meno che non è convenuto diversamente. In tal caso ,qualora un bene fondamentale per la attività aziendale sia escluso dal trasferimento non avremo cessione di impresa ,ma altro. Il contratto di trasferimento ha forma libera a meno che non sia convenuto diversamente. Vi è la necessità di una forma scritta quando si fa riferimento ad imprese soggette a registrazione. Ogni trasferimento deve essere iscritto nel registro delle imprese. L’alienante secondo l’art 2557 non può iniziare un’altra attività imprenditoriale che possa sviare la clientela dell’azione ceduta. Il divieto dura 5 anni. Si vieta non solo di cominciare attività per proprio conto ,ma anche per conto di terzi , o di utilizzare un prestanome. Tali divieti valgono anche per l’affitto d’azienda o l’usufrutto. L’azienda vista da un punto di vista dinamico è un insieme di diritti che nascono ,mutano e cessano. In generale tali diritti fanno capo all’imprenditore. Quando abbiamo il trasferimento di azienda con essa vengono ceduti anche i relativi contratti vigenti e tutte le posizioni attive e passive dell’imprenditore alienante. Solo alcuni contratti, i quali richiedono caratteristiche personali, non sono cedute con l’azienda. In generale le parti sono libere di negoziare su quali contratti trasferire e quali no. Diversa è la disciplina che regola i crediti e i debiti. Il trasferimento dei crediti diventa efficace nei confronti dei terzi con l’iscrizione nel registro delle imprese. Per i debiti l’acquirente può rispondere da solo se il cedente è liberato dai creditori o rispondere in modo solidale con l’alienante qualora quest’ultimo non venga liberato dai creditori. L’azienda può essere oggetto anche di negozi costitutivi di un diritto di godimento sui beni che la compongono( usufrutto o affitto). Con l’usufrutto il bene ,trascorso un determinato periodo di tempo, deve tornare al proprietario nel modo in cui è stato consegnato. L’usufruttuario deve esercitare l’impresa salvaguardando l’avviamento, senza modificare oggetto ,ditta e provvedendo alla manutenzione ordinaria. Con l’affitto l’affittuario ha il potere di gestire l’azienda e di disporre dei beni che la compongono ed è soggetto al controllo del concedente. L’azienda ,inoltre, può essere oggetto di sequestro giudiziario, cessione di comodato, cessione in leasing, ipoteca , pegno , etc. Il problema del passaggio generazionale può provocare non poche perturbazioni nel mondo aziendale. L’imprenditore non è sempre libero di scegliere il proprio successore dovendo per legge destinare una determinata parte del suo patrimonio alla propria famiglia. Solo qualora il patrimonio dell’imprenditore sia molto elevato è possibile concedere ad un determinato erede ( sempre discendente) la propria impresa. Capita spesso che in determinate famiglie vi siano degli accordi , ossia “patti di famiglia” con cui si cerca di stabilire come governare l’azienda successivamente alla morte dell’imprenditore e chi debba farlo. Con tale patto l’imprenditore trasferisce parte o tutte le quote dell’azienda ad uno o più discendenti. L’impresa, operando nel mercato, deve far fronte a delle pressioni esterne e deve garantire un certo servizio ai clienti e ai consumatori. Si stabiliscono norme che garantiscono la sopravvivenza dei contratti al mutamento delle vicende personali dell’imprenditore, norme che velocizzano la contrattazione grazie a possibili contrattazioni serializzate e standardizzate. Inoltra la normativa si preoccupa di evitare squilibri contrattuali e contratti caratterizzati da scarsa trasparenza , clausole riguardanti la buona fede e la correttezza. Tali principi vengono utilizzati in particolar modo per tutelare il consumatore il quale si trova in una posizione debole. In particolar modo si trova in una condizione di insufficiente possibilità di ponderazione delle clausole contrattuali. Inoltre vi è il problema della carenza di informazione relativa alle caratteristiche dei prodotti o servizi che determina rischi per chi acquista. Abbiamo la direttiva 2005/29/CE contro le pratiche commerciali sleali. Il legislatore ha dichiarato la nullità delle cosiddette clausole vessatorie: clausole che determinano un significativo squilibrio dei diritti o obblighi derivanti dal contratto. Parliamo di contratto tra un professionista ( colui che agisce nell’interesse della propria attività) e il consumatore (colui che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale). Tra le clausole vessatorie abbiamo: quelle che limitano le responsabilità del professionista per danni al consumatore, restrizioni di opportunità di eccezione, mancanza di risarcimenti, modifiche unilaterali, rinnovo tacito dell’offerta. Il consumatore ,inoltre ,è tutelato dalle norme sulla trasparenza del mercato. Attualmente i consumatori sono tutelati anche dalle associazioni dei consumatori che sostengono i costi giudiziali che un singolo consumatore non potrebbe sostenere. Per quanto riguarda le pratiche commerciali il legislatore impone a chi offre un servizio un comportamento corretto “prima-durante –dopo” tale operazione commerciale. Per pratica commerciale è intesa qualsiasi contatto con il consumatore. Si vietano pratiche ingannevoli( pubblicità falsa), pratiche aggressive (telefonate continue). Inoltre si definiscono scorrette tutte quelle pratiche contrarie alla diligenza professionale ed idonee a falsare il comportamento economico del consumatore. Per azioni ingannevoli si ritengono quelle comunicazioni di informazioni non vere, o vere ma incomplete( italian sounding, marchio simile). Per pratiche aggressive si intendono quelle idonee a limitare la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio con molestie e/o minacce. In tali casi abbiamo una penale e il risarcimento del danno. Il mercato sostanzialmente è libero: libertà di concorrenza. Sia la costituzione (art 41) sia l’unione europea permetto la libera concorrenza economica. In tale mercato le imprese devono far fronte alla domanda da parte dei consumatori per poter incrementare il loro volume di affari e creare ricchezza. Affinché ciò avvenga c’è bisogno di un mercato libero, trasparente e leale. Oltre ad evitare pratiche di concorrenza sleale bisogna impedire che alcune imprese assumano un potere di mercato troppo ampio da limitare l’effettività della concorrenza: normativa antitrust. A livello internazionale abbiamo la convenzione unica di Parigi (CUP) in cui si stabile che: un atto di concorrenza sleale è ogni atto contrario ad usi onesti in materia industriale e commerciale( affermazioni confusorie, screditanti, false, appropriazione indebita di pregi altrui). La disciplina di concorrenza sleale non è applicabile dai consumatori ,ma solo dagli altri imprenditori dal momento che si ritiene che chi è danneggiato è un imprenditore e la relativa azienda. Per atti altrui che creano danno all’imprenditore abbiamo una normativa diversa. La normativa su comportamenti sleali si applica anche alle attività svolte da soggetti pubblici ed è in dubbio se si possa applicare anche ai liberi professionisti. La disciplina presuppone un rapporto di concorrenza ( anche a livelli diversi della catena del valore, non regolati direttamente dall’imprenditore). Se non si può giustificare la bontà di una determinata azione di interazione tra due o più imprese deve ritenersi che tra esse vi sia qualche accordo collusivo. Le fattispecie confusorie (art 2598 n.1) sono nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni legittimamente usati da altri. Possiamo avere : marchi registrati che vengono tutelati dal codice della proprietà industriale ; marchi non registrati difesi dalla normativa sulla corretta concorrenza. La fattispecie della denigrazione comprende i comportamenti di chi diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull’attività di un concorrente idonei a creare discredito. Non costituisce discredito l’invio di una diffida o di una lamentela per il servizio ricevuto. La normativa sulla trasparenza del mercato vieta la pubblicità di notizie false e permette la pubblicità di notizie vere oggettivamente riscontrabili( ciò riguarda in particolar modo la pubblicità comparativa). L’appropriazione di pregi è una fattispecie che sussiste qualora l’imprenditore dichiara di aver ricevuto premi in realtà di altri, quando inserisce nel proprio catalogo prodotti altrui, quando afferma di collaborare con altrui azienda senza che ciò sia vero. L’art 2598 termina affermando : divieto di avvalersi direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi di correttezza professionale idoneo a danneggiare l’altrui azienda:1) l’uso di affermazioni ingannevoli. Nel settore della pubblicità è permesso l’uso di generiche declamazioni del prodotto (è il migliore) ritenuto come dolus bonus; 2) scorretta imputazione dei costi e benefici dell’attività imprenditoriale( violazione normativa tributaria); 3)atti di spionaggio industriale per venire a conoscenza dei segreti tecnici o commerciali; 4) storno di dipendenti ossia pratica che cerca di sottrarre lavoratori ad un diretto concorrente offrendo un salario più alto; 5) concorrenza parassitaria e concorso in adempimento di obbligazioni. In tali casi abbiamo un’azione inibitoria e il risarcimento del danno. La disciplina antitrust si propone essenzialmente di contrastare il potere di mercato delle imprese. Si cerca di impedire alle imprese di creare artificiosamente ,attraverso intese restrittive della concorrenza, un potere di mercato . Abbiamo uno sfruttamento abusivo del potere di mercato. Anche l’unione europea ha emanato norme relative all’antitrust : regolamento CE 139/2004. I meccanismi di applicazione vedono l’intervento di diverse autorità europee e nazionali. Queste autorità possono applicare sanzioni pecuniarie ed ordinare la cessazione dell’ illecito.- In Europa abbiamo la Commissione europea mentre in Italia l’AGCM ( autorità garante concorrenza e mercato). Una iniziativa europea priva di potere le autorità italiane. La normativa viene applicata sia alle imprese, sia ai lavoratori autonomi che ai liberi professionisti. In linea di principio la normativa si applica anche alle imprese pubbliche. Gli effetti restrittivi della concorrenza devono essere valutati relativamente al mercato per il quale si ritiene opportuno preservare la competitività. Abbiamo il fattore geografico, delimitato dal territorio in cui le condizioni di concorrenza sono diverse rispetto ai territori circostanti (costi manodopera, lingua, normativa); mercato merceologico è invece limitato dalla tipologia dei prodotti o servizi reciprocamente sostituibili. Tale sostituibilità è verificata in relazione alla domanda dei consumatori. Vietate sono le intese per impedire concentrazione dei comportamenti: rappresenta un esercizio di potere di mercato in forma congiunta da parte delle imprese aderenti all’accordo. Oltre ai veri e propri contratti rientrano nel divieto le decisioni di associazioni , consorzi e organizzazioni di categoria. Non costituiscono illecito i comportamenti paralleli riconducibili a comportamenti singoli. Tra le intese vietate abbiamo: 1)interventi tesi a fissare direttamente o indirettamente i prezzi di acquisto e vendita; 2) limitare o controllare la produzione ; 3) intese dirette a ripartire i mercati o fonti di approvvigionamento; 4) applicare condizioni dissimili per prestazioni equivalenti; 5) accettazione di prestazioni supplementari. Le intese vengono consentite qualora producano effetti positivi di efficienza economica, condizioni di distribuzione e promuovere progresso tecnologico. Nel sistema europeo si è stabilita la liceità di determinate intese sulla base di una valutazione ex post dei relativi effetti. La seconda fattispecie che disciplina la normativa antitrust è lo sfruttamento abusivo della propria posizione dominante nel mercato. La posizione dominante consiste essenzialmente in un potere di mercato che consente al suo titolare di tenere comportamenti indipendenti ,ossia comportamenti che non lo espongono a nessuna perdita. L’accertamento di una simile presenza deve avvenire non sulla base di dati formali ,ma considerando la situazione concorrenziale sostanziale. Quote di mercato superiori al 70% sono indice di una tale presenza. L’abuso può consistere in : 1) imporre prezzi d’acquisto , di vendita o condizioni di transazioni non eque; 2) limitare la produzione , gli sbocchi o lo sviluppo tecnico; 3) Applicare condizioni diverse per stesse prestazioni; 4) prestazioni supplementari. Se l’impresa dimostra che la sua posizione è efficiente per il mercato la normativa non viene applicata. Il problema del bilanciamento è presente quando abbiamo prodotti brevettati , possesso di infrastrutture essenziali. In tali casi la normativa impone che al titolare dell’infrastruttura di permettere l’utilizzo ai diretti concorrenti ad un prezzo ragionevole. Una terza fattispecie disciplinata dalla normativa è costituita dalle operazioni di concentrazione. Si realizzano attraverso qualsiasi operazione idonea a determinare una modifica duratura del controllo per effetto della quale imprese indipendenti vengono assoggettate ad un unico controllo. Anche l’acquisto di quote di minoranza atte a impedire le adozioni di delibere può dare lo stesso risultato. Le operazioni di concentrazioni si attuano con: fusioni societarie, acquisti di partecipazioni, trasferimenti d’aziende o rami. Discorso a parte è quello relativo allei imprese comuni . Abbiamo imprese comuni concentrative e cooperative: 1) concentrative sono costituite per esercitare tutte le funzioni di un’impresa autonoma e sono soggette alle norme sulla concentrazione; Le imprese comuni cooperative non sono autonome ed esse ricadono nella disciplina delle intese. Le operazioni di concentrazione perseguono obiettivi di razionalizzazione produttiva e diminuzioni dei costi. Pertanto il legislatore interviene solo quando i fatturati superano una soglia critica. L’applicazione della normativa europea e italiana parte da basi diverse : 1) la commissione valuta se l’operazione ostacola l’effettiva concorrenza nel mercato comune; 2) L’ AGCM valuta se si hanno limitazioni di concorrenza sul mercato interno. In alcuni casi si è costretti ad dover diminuire il proprio potere di mercato e ciò si applica attraverso la cessione di rami d’azienda oppure impegni relativi a relazioni contrattuali con fornitori o distributori. L’accertamento delle violazioni può avvenire in via amministrativa e in via giurisdizionale. Il procedimento amministrativo si svolge dinnanzi all’AGCM che si preoccupa di acquisire il materiale probatorio. L’acquisizione di prove può avvenire attraverso testimonianze, accertamenti ispettivi. Abbiamo l’applicazione di pene pecuniarie e il ripristino della concorrenza. Si possono fissare penalità di mora e si possono avere provvedimenti inibitori in via cautelare. Il procedimento giurisdizionale di applicazione del diritto antitrust si svolge dinnanzi ai giudici dei paesi membri e mira ad ottenere l’accertamento della nullità delle intese restrittive della concorrenza. La normativa antitrust va tenuta distinta da altre norme che regolano determinati mercati : gas, elettricità, radiotelevisione . Per quanto riguarda il sistema radiotelevisivo abbiamo un limite del 20% riferito ad un mercato molto ampio. I rapporti tra imprenditori sono caratterizzati dalla presenza di norme che si propongono di tutelare la parte debole di una contrattazione. Si parla di dipendenza economica quando vi è una situazione in cui l’impresa sia in grado di determinare nei rapporti con altre imprese un eccessivo squilibrio di diritti e doveri. Tale situazione si ha quando una parte miri ad imporre ad altrui sacrifici tali da pregiudicare l’interesse alla remunerazione. La normativa ritiene nullo il patto attraverso il quale si realizzi l’abuso di dipendenza economica e vi è il risarcimento del danno. Il legislatore italiano si preoccupa anche del contratto di affiliazione con cui una parte trasferisce know how , segni distintivi ad un’altra parte. Si cerca di tutelare la parte debole che potrebbe sopportare costi eccessivi. Il contratto deve avere una durata minima di 3 anni per recuperare le spese e gli investimenti . L’omissione di informazioni è causa di nullità. E’ interesse di qualsiasi attività imprenditoriale differenziarsi presso il pubblico. Si individuano tre grandi tipologie di segni distintivi : ditta , insegna, marchio. La ditta è il segno di identificazione dell’imprenditore nella propria attività d’affari (nome commerciale) ; l’insegna è il segno distintivo dei locali utilizzati dall’imprenditore per lo svolgimento della sua attività; il marchio è il segno distintivo del prodotto. La distinzione consiste nella separazione concettuale di elementi dotati di caratteristiche comuni rispetto ad elementi sprovvisti di tali caratteristiche. L’imprenditore ha diritto all’uso esclusivo della ditta da lui prescelta. Esistono ,però, segni utilizzati da un numero indeterminato di imprenditori che non possono divenire oggetto di diritti esclusivi( lavanderia). La capacità distintiva denota la capacità del segno di identificare un determinato imprenditore. Non possono essere nomi generici. Esiste una normativa che prevede la risoluzione di conflitti tra segni . Segni uguali non possono essere utilizzati da imprenditori diversi. Anche per segni simili nella forma, nome o suono vale il divieto. Segni simili possono essere utilizzati unicamente qualora i mercati in cui agiscono i due imprenditori sono diversi e non si sovrappongono. L’ordinamento infine distingue i segni registrati da quelli non registrati. La ditta e l’insegna sono regolate dagli art 2563 2568. L’art 2563 stabilisce che l’imprenditore ha diritto all’uso esclusivo della ditta da lui prescelta. La ditta contraddistingue l’imprenditore nella propria attività d’affari, ossia la necessità dell’imprenditore ad identificarsi in vari momenti della propria attività ( recapiti telefonici, carta intestata, pubblicità) L’uso della ditta avviene nei confronti dei fornitori e finanziatori ,mentre nei confronti del pubblico abbiamo il marchio, ossia l’elemento che contraddistingue l’imprenditore cui è imputabile l’offerta di prodotti e servizi. La ragione e denominazione sociale costituiscono il nome delle società : ragione sociale ( società di persone) , denominazione sociale ( società di capitali). Questi sono in particolare strumenti di spendita del nome delle società . Ogni azienda deve avere un unico nome e deve essere titolare di una sola ragione o denominazione .La ditta ,comunque sia formata, deve contenere il cognome o la sigla dell’imprenditore. L’art 2564 stabile che essa deve essere composta da lettere e non da disegni. Dal momento che alle persone non interessa aver a che fare con l’imprenditore ,ma importa unicamente l’andamento corretto della gestione è stata introdotta la possibilità di dar vita alla ditta di fantasia. La tutela della ditta presuppone innanzitutto la presenza di una capacità distintiva; la ditta inoltre deve rispondere al requisito della novità e differenziarsi da altri segni distintivi. Si fa riferimento al principio di non confondibilità e tale principio non è assoluto ,ma relativo al luogo in cui agisce l’azienda e alla tipologie di attività svolte. Il nome commerciale sarà difeso in tutti i paesi dell’unione senza obbligo di deposito. La normativa vieta gli atti di concorrenza sleale consistenti nell’uso di termini idonei a produrre confusione di nomi utilizzati da altri. Le sanzioni previste consistono in un’azione inibitoria e nel risarcimento del danno. La ditta non può essere trasferita indipendentemente dall’azienda. Però ,dal momento che il pubblico non è interessato a chi fa capo l’azienda, si è permesso anche l’utilizzo di una nuova ditta oppure all’utilizzo di ditte diverse per diversi rami d’azienda. Il diritto sulla ditta si ha finché vi sia la conoscenza da parte del pubblico , ma quando tale ricordo e conoscenza svaniscono la ditta non è più tale e non viene tutelata. L’insegna è un segno distintivo che può essere liberamente formato, non solo da lettere , ma anche da figure e disegni. Anche l’insegna è protetta in base alla disciplina della concorrenza sleale. Anche l’insegna è trasferita in unione all’azienda in un contratto di cessione. La ragione e la denominazione sociale costituiscono elementi dell’atto costitutivo e , in quanto tali, non sono trasferibili ,ma oggetto di modifica statuaria. Il marchio è il segno distintivo normalmente utilizzato mediante apparizione materiale sul prodotto. Esistono anche marchi di servizio ( aziende di servizio) che non appongono il loro marchio dal momento che non vendono beni. Il marchio è difeso dalla normativa in quanto strumento di applicazione delle strategie commerciali. Non solo il marchio si preoccupa di indicare la provenienza del prodotto , ma attribuisce al prodotto un valore pubblicitario e un’unicità. I marchi devono essere registrati ,anche se chi fa uso di un marchio non registrato ha la facoltà di continuare ad usarne nonostante la registrazione altrui. La protezione dei marchi si rifà a quella della ditta e dell’insegna e prende in considerazione la concorrenza sleale. Anche in questo caso la protezione del marchio è relativa al territorio dove l’azienda opera. La normativa riguardo il marchio è presente in maniera copiosa nel codice della proprietà industriale. Inoltre l’Italia si è adeguata a molte direttive dell’UE: CUP, TRIPs, dir 89/104/CEE. Il marchio può essere composto in molti mdi diversi. Possiamo avere i marchi di prodotto e di servizio. Un marchio può essere usato per prodotti generali o in una singola tipologia di prodotti caratteristici. Pertanto possiamo avere il marchio generale (fiat) e il marchio speciale (punto). La composizione del marchio può essere varia : denominativi(parole), figurativi( immagini), misti. Se il marchio è composto dal nome di persona abbiamo: marchio patronimico. Oltre al marchio vengono tutelati , nei prodotti, colore ,suoni, forme, lettere. La tutela del marchio richiede vari requisiti senza i quali la protezione cessa. L’azione di nullità può essere esercitata da chiunque ne abbia interesse. Un ruolo centrale svolge il requisito di capacità distintiva. Il marchio deve distinguere il prodotto da quelli altrui e non è possibile far uso di denominazioni generiche per il marchio. Tali denominazioni generiche e descrittive devono poter essere utilizzate da tutti gli imprenditori. Inoltre L’UE ha ritenuto di escludere dalla registrazione tutti quei marchi riferiti alla forma, al colore ,slogan che non sono ritenuti distintivi rispetto al pubblico. Neanche l’utilizzo di simboli ormai consolidati ( leone, aquila) può essere considerato segno distintivo. Il secondary meaning è l’acquisto da parte di un termine di un carattere distintivo. Un termine generale diventa marchio. Alcune forme naturali non possono essere soggette a tutela (pallone, bottiglia) e non lo sono tutte quelle forme tecnicamente utili. L’ordinamento tutela le opere creative (diritto d’autore), Le invenzioni( proprietà industriale),forma e colore ( registrazione disegni e modelli). E’ vietata la registrazione di marchi atti ad ingannare il pubblico (provenienza geografica) e sono vietati marchi contrari all’ordine pubblico, alla legge e al buon costume. Si vieta, inoltre, l’uso di bandiere o stemmi internazionali. La protezione del marchio presuppone altri requisiti a tutela di diritti altrui: di chi vanti diritti anteriori in conflitto con la registrazione. In tal caso quando vi è un diritto precedente non è possibile registrare il nuovo marchio in contrasto con quello precedente se quest’ultimo non presenta segni di unicità e di novità. L’anteriorità per quanto riguarda i marchi registrati viene valutata in base alla data di deposito. Non vale la registrazione in paesi esteri a meno che non sia predisposto diversamente dall’UE. Le registrazioni anteriori fanno venir meno l’utilizzo dei marchi successivi. Con i segni non registrati l’anteriorità viene valutata in base al precedente utilizzo del marchio e all’ambito (territoriale ,merceologico) in cui agisce tale marchio. La novità del nuovo marchio viene valutata in base alla notorietà del precedente marchio. Inoltre anche il conflitto con ditta, denominazione sociale, ragione , insegna , nome e dominio può far venire meno la novità del marchio. Il marchio inoltre deve rispettare il diritto al nome e all’immagine , ossia prima di poter utilizzare il nome altrui o l’immagine altrui vi è bisogno del consenso ( diritti di immagine). La registrazione del marchio si perfeziona a seguito di un apposito procedimento avviato su domanda dell’aspirante titolare presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM). La domanda deve contenere le generalità del richiedente , la riproduzione del marchio, l’elenco dei prodotti e servizi che è destinato a contraddistinguere. La registrazione ha efficacia costitutiva di diritti che prescindono dall’uso e dalla conoscenza verso il pubblico. Vi è l’onere di utilizzare il marchio entro 5 anni pena decadenza dei diritti e la registrazione deve essere rinnovata ogni 10 anni. La richiesta all’UIBM fa nascere la protezione in territorio nazionale ,ma dal momento che l’Italia ha aderito all’accordo e protocollo di Madrid è possibile inviare la richiesta in uno degli stati aderenti per ottenere la legittimazione e la tutela anche in quel determinato territorio. Con il reg 207/2009 è possibile avere marchi comunitari con effetti sovranazionali al territorio europeo. E’ possibile un cumulo di protezioni per i marchi registrati sia in Italia che in UE. Il titolare del marchio può vietarne l’uso ai terzi e ,pertanto, è tutelato contro: la contraffazione, le affinità, l’utilizzo improprio, rischio di confusione e pregiudizio alla notorietà. Il giudizio di confusione avviene ponderando diversi fattori , quali le somiglianze dei segni in conflitto , distanza merceologica, somiglianza degli elementi del marchio. L’art 20 c.1 lett c) c.p.i. riconosce al titolare il diritto di vietare ai terzi l’uso di un segno identico o simile anche per prodotti non affini quando il marchio registrato goda di uno stato di rinomanza ossia, quello che ha acquistato un prestigio ed un accreditamento tale da assumere un valore pubblicitario e promozionale per tipologie di prodotti anche merceologicamente distanti. La notorietà deve essere valutata alla luce di una serie di circostanze concrete: quota di mercato, area geografica, durata d’uso. L’indebito vantaggio sembra ricorrere quando il confronto con il marchio anteriore determina un agganciamento pubblicitario che contribuisce a promuovere il marchio più recente. Possiamo avere un pregiudizio alla notorietà. Il legislatore disciplina ulteriormente le tipologie di atti che costituiscono contraffazione del marchio. L’uso del marchio comprende qualsiasi ipotesi anche non immediatamente visibile al pubblico come l’uso di una parola chiave di un motore di ricerca. Tra le attività del titolare di un marchio possiamo avere : apposizione del segno sui prodotti, immissione in commercio dei prodotti marcati, importazione o esportazione dei prodotti, utilizzo del segno nella corrispondenza e nella pubblicità. Il principio europeo del c.d. esaurimento vieta che il titolare di un marchio limiti la circolazione di un prodotto in determinate aree geografiche dell’UE. Tale principio è legittimo quando sussistono motivi perché il titolare si opponga. Il diritto sul segno viene meno in condizioni necessarie di pubblicità e comunicazione: questo uso del segno deve essere conforme ai principi di correttezza professionale. La norma non è applicabile solo al nome civile , ma anche al nome commerciale ,ditta , ragione o denominazione sociale. Un limite al marchio è dato anche dall’uso da parte di terzi di indicazioni relative alla specie, quantità, qualità , destinazione etc. del servizio o ad altre caratteristiche del prodotto. Inoltre l’utilizzo del marchio da parte di terzi è necessario per indicare la destinazione di un prodotto o di un servizio (pezzi di ricambio). Il marchio può essere oggetto di tutte le disposizioni: trasferimenti e licenze. Il trasferimento dei diritti avviene attraverso accordi di vendita o effetti traslativi reali(donazioni, conferimenti) e non è legato al trasferimento dell’azienda. Possiamo avere anche trasferimenti parziali relativi ad una parte dei prodotti o dei servizi. Il titolare di marchi nazionali paralleli può trasferire diritti derivanti dalla registrazione in alcuni paesi e conservare i diritti per gli altri paesi. I trasferimenti devono essere trascritti per risolvere problemi tra due acquirenti ( è preferito colui che trascrive per primo) e per invocare i diritti riguardanti il marchio registrato. Con il contratto di licenza il titolare del marchio(licenziante) concede l’uso del marchio ad uno o più individui (licenziatari). I limiti possono essere relativi al territorio di produzione, tipologia di prodotti, durata del contratto. La licenza è normalmente onerosa :royalty (canone di licenza). Con tali accordi si può sfruttare il marchio in nuovi mercati (merchandising).Le licenze possono essere esclusive( il titolare non può dare licenze a terzi ne produrre lui stesso) e non esclusive. Le licenze possono riferirsi ad un determinato territorio (anche italiano). Resta comunque vivo il principio di esaurimento per la quale le merci possono essere esportate e importate liberamente. La licenza può essere iscritta nel registro e pubblicata nel bollettino a richiesta delle parti. Il principio di libera disponibilità permette di costituire sul marchio altre tipologie di diritti reali di godimento. Possiamo avere pegno , ipoteca, diritti reali di garanzia. Tali diritti reali di garanzia presuppongono un’iscrizione dotata di efficacia costitutiva. Di per sé l’accoglimento della domanda di registrazione non fa sorgere un diritto incontestabile. Può essere che l’ufficio non ha riscontrato o non era a conoscenze di cause di invalidità della domanda richiesta. Possiamo avere ,pertanto, cause di nullità dei diritti e cause di decadenza. Entrambe sono normalmente azionabili davanti ad autorità giudiziaria. L’art 122 parla della nullità. Possiamo avere nullità assoluta e relativa. Le cause di nullità assoluta colpiscono le registrazioni avvenute in violazione degli impedimenti assoluti ,mentre la nullità relativa prende in considerazione diritti anteriori di terzi. La nullità relativa del marchio permette la convalida qualora il titolare del diritto sopporti la presenza di altrui marchio per 5 anni ( ciò vale per diritto di nome , d’autore, immagine) Questa disciplina non si applica in caso di mala fede ,ossia quando si voleva far leva sull’accreditamento altrui. La decadenza si ha quando il marchio non venga usato per un periodo di 5 anni. Vi è la necessità di un uso effettivo per evitare che si ingombri il registro per non permettere ad altri di registrare alcuni marchi. La decadenza non opera per giusta causa . Il titolare del marchio deve evitarne utilizzazioni idonee ad indurre in inganno il pubblico circa la natura, provenienza , qualità del prodotto. L’inganno non è intrinseco al marchio ,ma alle concrete modalità di utilizzazione. Bisogna evitare che si utilizzi un marchio che descriva determinate qualità quando in realtà i prodotti non le possiedono. L’inganno può derivare anche da vicende conseguenti al trasferimento o alla concessione di licenze sul marchio (licenze non esclusive per le quali è imposta l’eguaglianza dei prodotti). In tal caso la decadenza può presupporre che il pubblico ritiene inadatto il nuovo utilizzatore a soddisfare determinate caratteristiche del prodotto. I diritti infine possono decadere per volgarizzazione , ossia l’opposto del secondary meaning. Un termine che rappresenta un marchio diventa un nome generico. Nullità e decadenza vengono dichiarate dall’autorità giudiziaria ordinaria sulla base dell’accertamento dei relativi presupposti. Gli effetti sono erga omnes anche a vantaggio di chi non ha partecipato al giudizio. La relativa dichiarazione di nullità produce effetti ex tunc fino al momento del deposito della domanda. Tale dichiarazione non ha effetto di risarcimento per le prestazioni già effettuate. La diffusione di internet ha posto il problema della tutela dei nomi a dominio cioè delle espressioni letterarie che consentono ad un computer di accedere ad un sito. Possiamo avere la registrazione del c.d. domain name. L’art 22 c.p.i. ritiene espressamente il domain name come un segno distintivo. La norma ,inoltre, vieta l’utilizzo ad altre aziende di nomi a dominio simili per indurre in inganno o confusione. Il domain name viene protetto secondo le norme principali dei segni distintivi. E’, infine, certamente possibile registrare il domain name come marchio: occorre verificare il grado di capacità distintiva e requisiti di protezione. L’ordinamento permette anche la nascita di marchi collettivi ,ossia riferibili ad un gruppo di imprenditori. Vengono utilizzati per garantirne la natura, provenienza ,lavorazione di determinati prodotti. Bisogna seguire e possedere determinati standard. La disciplina del marchio collettivo è essenzialmente simile a quella del marchio individuale. Tali marchi collettivi fanno riferimento in particolar modo alla locazione geografica e ,per tal motivo, la normativa europea impone che al titolare del marchio collettivo di permettere l’utilizzo a tutti gli imprenditori della zona che si impegnano a rispettare determinate caratteristiche. Per indicare la qualità del prodotto e la sicurezza della lavorazione abbiamo alcune identificazioni geografiche che vengono regolate da accordi internazionali. Tali indicazioni hanno importanza soprattutto per i beni alimentari e vini. Il regolamento prevede la possibilità di tutelare tali indicazioni geografiche con bollini I.G.P (indicazione geografica protetta), D.O.P ( denominazione origine protetta). I diritti sulle D.O.P e I.G.P non decadono per effetto della volgarizzazione. La violazione del diritto di marchio possono prevenire la continuazione dell’illecito , rimuovere uno stato di fatto e eliminare le conseguenze patrimoniali dell’illecito. Possiamo avere il ritiro dal commercio di beni, distruzione dei beni . Inoltre possiamo avere sanzioni e possibili restituzione degli utili realizzati in violazione della norma. L’impresa acquista normalmente visibilità sul mercato attraverso la presentazione dei propri segni distintivi in un contesto di comunicazione pubblicitaria . Si utilizzano tutti i mezzi comunicativi a disposizione . La pubblicità deve rispettare le norme sulla concorrenza sleale che vietano denigrazioni del concorrente, divieti di ingannevolezza, di scorrettezza. La pubblicità ingannevole è regolata a livello europeo dalla dir.84/450/CEE e attuata dall’Italia dal dlg. 145/2007. Si definisce ingannevole qualsiasi pubblicità che è idonea ad indurre in errore persone fisiche o giuridiche. Si precisa che gli elementi di ingannevolezza possono riguardare fra l’altro le caratteristiche dei prodotti o servizi , il prezzo , le qualifiche e i diritti di proprietà intellettuale. Non è possibile una pubblicità comparativa in cui si screditi il prodotto di un concorrente. E’ possibile unicamente una pubblicità basata su caratteristiche tecniche oggettivamente valutabili. Le violazioni a tali norme creano un illecito amministrativo e in tal caso abbiamo sanzioni pecuniarie e cessazione dell’illecito. Dal momento che il mercato è in continua evoluzione gli imprenditori hanno bisogno di diversificare le risorse economiche e finanziarie e hanno bisogno di tecnologie che, talvolta, non possono procurarsi da soli. Nascono per tali motivi strumenti di cooperazione e di reciproca integrazione. Le forme di cooperazione più importanti tra imprese sono quelle contrattuali. Possiamo avere forme “strutturate” quali consorzi, società consortili e imprese comuni; forme flessibili quali contratti di rete e associazioni temporanee. Il consorzio è un contratto con il quale più imprenditori istituiscono un’organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese. Si ricerca un vantaggio economico diretto consistente in risparmi, maggiori ricavi. Possiamo avere diversi modelli consortili e non si esclude che tali consorzi nascono per limitare la concorrenza tra imprenditori(vietate se hanno come obiettivi quello di manipolare il mercato). Possiamo avere consorzi con attività interna e consorzi con attività esterna. Nei primi l’organizzazione è volta a regolare i rapporti tra imprenditori ,nei secondi ,invece,abbiamo regole volte a disciplinare le attività del consorzio con i terzi. Il consorzio è un contratto costituibile tra soli imprenditori. La legislazione ha permesso la partecipazione a consorzi anche ad enti pubblici. Il contratto deve essere stipulato per iscritto e deve contenere una serie di indicazioni quali l’oggetto e gli obblighi assunti dai consociati. Se non si stabilisce la durata esso è valido per 10 anni. .L’organo deliberativo è retto dal principio maggioritario e si discute se la maggioranza debba calcolarsi per teste o per quote di interesse. Le modificazioni del contratto devono essere fatte per iscritto a pena nullità e decise all’unanimità. L’organo esecutivo è composto da persone preposte alla direzione del sodalizio e sono sottoposti a responsabilità. Il consorzio si scioglie se l’oggetto è stato raggiunto, se diviene irraggiungibile, termine o decisione unanime. E’ possibile avere anche recesso o esclusione per i casi previsti dal contratto. I consorzi con attività esterna svolgono attività commerciali e ,per tale motivo, sono esposti al fallimento. Per tali consorzi vi è la necessità dell’iscrizione nel registro delle imprese. Tali consorzi godono di autonomia patrimoniale e, pertanto, abbiamo un fondo consortile per proteggersi da responsabilità verso i terzi. Se le obbligazioni sono state assunte da un solo imprenditore risponderà lui solo nei confronti dei creditori. L’art 2615 ,che si preoccupa dei consorzi, permette la nascita di società consortili in tutti i tipi di società lucrative esclusa la società semplice. Lo scopo consortile è qualificato : dal punto di vista soggettivo(qualità imprenditori) ; dal punto di vista oggettivo( attività svolta). I consorziati mirano ad avere un vantaggio imprenditoriale e il consorzio opera offrendo beni a terzi ad un prezzo più conveniente rispetto a quello di mercato. Strumento di cooperazione tra imprenditori è anche l’impresa comune cooperativa, di cui già si è parlato. Si tratta di un’impresa costituita da due o più imprese fondatrici che ne detengono il controllo. SI caratterizzano per lo stabile perseguimento di una politica di coordinamento tra imprese fondatrici che mantengono la loro autonomia. Tali imprese devono assumere una veste giuridica e si opta ,quasi sempre, per una forma a responsabilità limitata. Il gruppo europeo di interesse economico (GEIE) è una forma di cooperazione volta ad agevolare e sviluppare l’attività economica nei paesi dell’unione. Il GEIE costituisce un centro autonomo di imputazione di rapporti giuridici e condivide con il consorzio sia il carattere ausiliario sia la sua finalità mutualistica. Il contratto del GEIE deve essere scritto a pena nullità. La pubblicità e duplice: iscrizione del registro delle imprese e pubblicazione su gazzetta ufficiale. Al GEIE si applicano le cause di nullità ed annullabilità previste per i contratti associativi. L’organizzazione è rimessa all’autonomia privata con possibilità di modellarla in relazione alle specifiche esigenze. L’assemblea delibera secondo metodo collegiale e le decisioni di particolare importanza devono essere prese all’unanimità. Agli amministratori spetta la gestione. E’ previsto il fallimento ed essendo il GEIE privo di autonomia patrimoniale rispondono i soci illimitatamente. Tra le forme flessibili di cooperazione possiamo avere: contratto di rete e associazioni temporanee. Con il contratto di rete più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere la propria capacità innovativa e competitiva sulla base di programmi comuni. Il contratto deve essere redatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata. Quanto al contenuto il contratto deve contenere tutte le generalità dei partecipanti e indicare gli obiettivi strategici di innovazione. Il patrimonio della rete può consistere in un fondo comune alimentato dalle imprese partecipanti. Le modifiche del contratto devono essere depositate nel registro delle imprese. E’ rimessa alle parti poi la previsione di eventuali cause facoltative di recesso anticipato e di esclusione. In alcune attività si presuppone che alcuni imprenditori uniscano temporaneamente le loro forze per soddisfare determinati requisiti qualitativi e quantitativi(appalti). Nascono così le associazioni temporanee di imprese(joint venture). Abbiamo una cooperazione occasionale che non determina di per sé alcuna organizzazione. In questi casi abbiamo sempre un’impresa che si comporta da capofila e si incarica di gestire i rapporti con il committente di una determinata opera. Possiamo avere raggruppamenti di tipo verticale( il capofila risponde da sola nei confronti del committente) e raggruppamenti orizzontali( tutte le imprese eseguono la stessa prestazione). In caso di fallimento di una impresa se ne cerca un’altra idonea a svolgere quella determinata attività. _La ricchezza monetaria e finanziaria sono oggigiorno il cuore pulsante dell’economia e con la loro continua movimentazione di creano giri di affari vari. E’ una ricchezza mobile e pertanto di fa riferimento al mercato mobiliare. Nel mercato mobiliare è tutelata la celerità e la sicurezza. CI si preoccupa, inoltre, degli strumenti di pagamento e della circolazione dei rapporti finanziari. Un titolo di credito è il documento cartaceo o elettronico menzionante una situazione giuridica attiva che circola in modo autonomo mediante la movimentazione del documento. Il titolo di credito costituisce lo strumento giuridico per una circolazione dei valori finanziari per protezione rafforzata degli acquisti. La circolazione cartolare asseconda le esigenze di celerità e protezione degli acquisti attraverso le opportunità offerte dal collegamento tra il documento, cartaceo od elettronico e la posizione giuridica documentale. Dal momento che il documento è una cosa mobile è possibile l’acquisto della proprietà anche a non dominio purché il possesso sia in buona fede; il contenuto della pretesa è quella presente sul titolo; l’esercizio del diritto è correlato al semplice possesso del documento. La disciplina afferma che : 1) l’acquirente che ha ottenuto l’accredito in buona fede non è soggetto a rivendicazione di precedenti titolari;2) all’intestatario del conto sono opponibili sono le eccezioni a lui personali;3)il titolare del conto ha la legittimazione piena ed esclusiva all’esercizio dei diritti nascenti dal rapporto documentato. Possiamo avere: 1) titoli di finanziamento (prestazioni pecuniarie); 2)titoli partecipativi (partecipazione) ad attività produttiva;3) altri valori finanziari( opzioni ,fondi comuni); 4)titoli rappresentativi di merci. Secondo la dottrina può definirsi titolo di credito quel documento formato ed emesso per realizzare un’operazione di finanziamento tra colui che è interessato a conseguire l’investimento e colui che è interessato a concederlo .La distinzione tra titoli di credito e documenti di legittimazione è che questi ultimi hanno unicamente la funzione di permettere una pronta identificazione del destinatario di una prestazione(gettoni, biglietto lotteria). I principi su cui si basa il diritto cartolare fanno riferimento alla : letteralità, astrattezza, autonomia, legittimazione attiva e passiva. Per i titoli cartacei fondamentale è il possesso della chartula. Possiamo avere : 1) titoli al portatore( unicamente possesso del documento); 2)titoli all’ordine(impegno di eseguire la prestazione ad un determinato soggetto menzionato nel documento); 3)titoli nominativi( il nome del creditore è menzionato nel documento ed è riprodotto anche nel registro dell’emittente). Colui che ha acquistato il possesso del titolo in buona fede ne acquista la titolarità anche a non domino e il terzo proprietario non può rivendicare nulla. La buona fede consiste nell’ignoranza dell’altruità del titolo Occorre la girata per titoli all’ordine e nominativi. La circolazione cartolare è caratterizzata dall’autonomia obbligatoria dell’acquisto e quindi dall’indipendenza della posizione dell’acquirente rispetto ai precedenti creditori. Tale indipendenza si basa sulla letteralità(il possessore può esercitare la pretesa nei limiti che sono indicati nel titolo) e astrattezza( la creazione del titolo scinde il diritto cartolare dal rapporto giuridico che l’ha causato). Tra le eccezioni opponibili dal debitore abbiamo : a) eccezioni reali ( fondate sul contesto letterale del titolo e quelle di forma; eccezioni basate sulla falsità della firma ,difetto di capacità o rappresentanza);b)eccezioni personali ( difetto proprietà del titolo per negozio nullo, difetto legittimazione; eccezioni fondate su rapporti personali con il possessore come dilazioni, compensazioni; rapporti con precedenti possessori ). Il principio di letteralità si divide in piena ( il documento contiene gli elementi della pretesa) e letteralità incompleta ( solo parte del contenuto cartolare). Il principio di astrattezza si divide in completo quando si da vita ad una posizione giuridica nuova distinta dal rapporto fondamentale; titoli causali sono quelli che presuppongono l’esistenza di un fatto relativo al rapporto casuale( non creano nuova posizione giuridica ,ma si limitano a riprodurre il rapporto fondamentale). Si è affermato che il possesso, eventualmente qualificato, attribuisce la legittimazione. E’ discusso se la presentazione del titolo sia necessaria per l’esercizio della pretesa. In caso di smarrimento è possibile comunque avere un copia del titolo con una particolare procedura giudiziale. Dal punto di vista passivo si afferma che il debitore, che senza dolo o colpa grave, adempie la prestazione nei confronti del possessore è liberato anche se questi non è il titolare del diritto. _I pagamenti possono avvenire con modalità diverse. Abbiamo un sistema variegato di strumenti di pagamento che coinvolgono banche e altri intermediari finanziari. L’utilizzo di denaro contante è limitato dal legislatore al fine di prevenire il riciclaggio di denaro ( max. 1000 euro). Per moneta scritturale si ritiene l’insieme dei saldi disponibili dei conti accesi presso le banche o altri intermediari specializzati. La maggior parte dei strumenti di pagamento si è si è sviluppato attorno al conto corrente bancario che rendono possibile la circolazione della moneta scritturale. Poi sono nati i conti correnti postali. Il sistema si basa sulla fiducia del pubblico nella solvibilità degli intermediari finanziari. Abbiamo un adeguato regime di controlli pubblici che fa capo alla banca centrale che valuta le obbligazioni intercorrenti , ovviare a crisi di liquidità. Inoltre la Banca d’Italia può attuare controlli pubblici e ispettivi tesi ad assicurare la stabilità finanziaria e la sana e prudente gestione. In tale sistema distinguiamo i mezzi di pagamento sostitutivi e alternativi. Quelli sostitutivi permettono di evitare un trasferimento di denaro contante; con i mezzi alternativi vi evita di trasferire denaro e abbiamo scritturazioni a debito e a credito. Tra i titoli cambiari ritroviamo la cambiale e l’assegno. Dal punto di vista strutturale mostrano una forte similitudine presentandosi come una promessa di pagamento , ovvero come un ordine di pagamento impartito da un soggetto ad un altro soggetto sempre a favore del portatore del titolo. Sotto l’aspetto funzionale possiamo avere : la cambiale tratta e il pagherò cambiario (per l’aspetto creditizio) e l’assegno bancario o circolare (per funzioni di pagamento). Il fenomeno creditizio della cambiale risulta dal momento che è un titolo che contiene l’obbligazione incondizionata di pagare o di far pagare una somma di denaro alla scadenza e nel luogo indicati. L’assegno viene ritenuto strumento di pagamento poiché è caratterizzato dall’esigibilità a vista e da prestazioni nel brevissimo tempo. La ricezione di un assegno con comporta l’immediata estinzione dell’obbligazione dal momento che il pagamento tramite assegno si intende a “salvo buon fine”(il creditore deve acquisire la somma di denaro). Il pagamento deve avvenire secondo moneta avente corso legale._ La cambiale è un documento completo dal momento che tutte le clausole che regolano in diritto cartolare devono essere contenute nel documento . E’ un titolo normalmente all’ordine e circola per mezzo della girata attraverso il quale il giratario diventa portatore legittimo della cambiale. E’ un titolo astratto perché il rapporto sottostante tra traente della cambiale e primo prenditore non risulta dal titolo e può essere il più vario. Gli obbliga cambiari si dividono in diretti e obbligati di regresso. Gli obbligati di regresso hanno termini di prescrizione più lunghi, vale in principio di indipendenza ( l’invalidità di una obbligazione non influisce le altre) . In generale alla scadenza il pagamento deve essere chiesto al trattario nella cambiale tratta . Legittimato a chiederlo è il portatore legittimo della cambiale . Se l’obbligato rifiuta il pagamento l’ultimo giratario può rivolgersi per il pagamento ad un qualunque tra gli altri obbligati cambiari. Infine la cambiale è un titolo esecutivo in quanto il creditore ha il potere di agire subito alla procedura esecutiva sui beni del debitore. Nell’ordinamento è stata introdotta anche la cambiale finanziaria che costituisce uno strumento di finanziamento a breve termine che permette una diversificazione agli emittenti nella raccolta di risorse e agli investitori nell’impiego del risparmio. Uno dei più comuni mezzi di pagamento è l’assegno bancario del quale si serve colui, che già in possesso di un conto corrente, richiede ed abbia ottenuto la convenzione di assegno. Abbiamo un rapporto tra cliente(traente) che ordina alla banca(trattaria) di pagare un determinato individuo (prenditore).Gli assegni sono redatti su moduli prestampati e contengono alcuni requisiti formali. Devono contenere, inoltre, data di emissione, nome del beneficiario ed eventuale clausola “non trasferibile”. Tale clausola è obbligatoria per assegni superiori a 1000 euro. L’emissione di assegni oltre che alla convenzione di assegno presuppone la presenza di fondi disponibili. Si prevede che l’assegno sia presentato per il pagamento entro 8 giorni e che inizi a decorrere dalla data di emissione. L’assegno è un titolo esecutivo e ,pertanto, dopo la formale constatazione di un mancato pagamento si può esercitare l’azione di regresso contro gli eventuali giranti. Si può agire , in seguito , per via giudiziaria. Coloro che emettono un assegno a vuoto o senza autorizzazione commettono un illecito amministrativo e possono ,dopo aver pagato una multa, essere inseriti nella CAI(centrale di allarme interbancaria) non l’impossibilità di svolgere determinate attività per un periodo di tempo. Gli assegni possono essere presentati anche a banche diverse da quella trattaria. L’accredito è salvo buon fine e per un importo massimo di 5.000 euro. L’assegno circolare ha la struttura di una promessa di pagamento. Possono emettere assegni circolari solo le banche strettamente autorizzate e solo per determinate somme disponibili. E’ uno strumento molto affidabile ed è nullo se non contiene elementi essenziali( denominazione ass. circolare, indicazione prenditore, luogo e data di emissione, etc.). Altri strumenti sono quelli cosiddetti alternativi. Tra tali strumenti di pagamento abbiamo il bonifico ossia un procedimento di trasferimento di fondi da un conto corrente ad un altro intestato allo stesso o ad un terzo individuo. Quando il trasferimento di fondi esordisce su iniziativa del creditore e non del debitore parliamo di addebito diretto. Utilizzato dalle imprese per incassare i propri crediti con cui il debitore correntista autorizza ad accettare gli ordini di addebito. Il pagamento mediante carte avviene mediante carta di debito(bancomat) che permette il prelievo di determinate somme di denaro presenti sul proprio conto e carte di credito che consentono al titolare di acquistare beni e servizi non solo senza esborso di denaro ,ma anche potendo differenziare nel tempo il pagamento. La normativa sugli strumenti di pagamento è stata modificata dalla Dir.2007/64/CE sui “servizi pagamento mercato interno (PSD). E’ un intervento massiccio e omnicomprensivo. Si prendono in considerazione operazioni su iniziativa del pagatore (MAV,RAV, etc.) IS prendono in considerazione i tempi di esecuzione di un’operazione e si introducono nuovi obblighi e responsabilità in merito ad operazioni di pagamento non autorizzate._ Anche le attività economiche imprenditoriali hanno una fine e questa fine può derivare per decisione dell’imprenditore o per motivi di economicità che fanno entrare l’impresa in uno stato di insolvenza. In questo ultimo caso abbiamo una situazione in cui l’impresa non riesce a far fronte ai propri debiti e si apre il concorso fallimentare o altri provvedimenti tesi a risolvere la situazione creatasi. In casi di insolvenza entra in gioco il diritto fallimentare . All’origine di tutto vi è la necessità di razionalità ed efficienza economica e se tali aspetti mancano si rende necessaria una procedura unitaria che consenta un’attuazione coatta di tutti i debiti insoluti. La procedura esecutiva è collettiva poiché operante a favore della collettività dei creditori ed è “universale” riguardando tutti i debiti dell’imprenditore. Si apre in tal caso un concorso su patrimonio del fallito da parte di tutti i creditori. Vige la c.d. par condicio creditorum, ossia tutti i creditori devono essere soddisfatti in egual misura( anche se ciò si tramuta in una ripartizione della perdita). La risoluzione di tali problemi aziendali è fondamentale anche dal punto di vista delle ripercussioni sociali che potrebbe provocare. Abbiamo due distinte fasi processuali : La prima di cognizione e consistente nell’accertamento del passivo; e l’altra esecutiva di realizzazione dell’attivo e ripartizione di esso. Abbiamo a presiedere un giudice specializzato in materia. La legge fallimentare non prevede solo il fallimento come mezzo di risoluzione del problema ,ma anche: il concordato preventivo e la liquidazione coatta amministrativa. Il nostro ordinamento prevede, inoltre, la procedura di “amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza. Percorsi diversi da quello del fallimento con accordi tra debitore e creditori può portare ad un vantaggio per tutti. Si cercano soluzioni negoziate della crisi di impresa(prospettiva puramente privatistica). Inoltre l’attuale normativa si preoccupa anche di prevedere l’insorgere di stati di insolvenza intervenendo d’anticipo e salvaguardando il complesso produttivo. Si permette la cessione in blocco per azienda ( salvaguardando lavoratori , creditori ) e il concordato preventivo con cui si crea un piano di risanamento dell’impresa in accordo con i debitori e creditori. Affinché si possa aprire la procedura fallimentare abbiamo bisogno : 1)presenza di un individuo che esercizi un’attività commerciale;2) dimensioni “non piccolo”;3)privato (escluso gli enti pubblici);4)escluse le start up innovative. Lo stato di insolvenza si dimostra con inadempimenti o altri fatti esterni che manifestano l’impossibilità del debitore di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni. Abbiamo: presupposto oggettivo intrinseco (obiettiva impotenza finanziaria) ed estrinseco (fatti esterni che manifestano tale situazione). A tutela di coloro che vantano dei crediti nei confronti del fallito occorre che la gestione dell’impresa del patrimonio vengano sottratte a quest’ultimo. Non si può dichiarare fallimento per debiti inferiori di 30.000euro. Si distingue in tali casi tra insolvenza e inadempimento. L’ordinamento giuridico non solo si preoccupa dell’adempimento delle obbligazioni ,ma anche di come esse avvengono. Non risulterebbe capace di adempiere anche colui che si rivolge ad usurai, vende a prezzo basso i cespiti aziendali compromettendo l’attività futura: mezzi anomali. Diversa è la situazione di chi può adempiere ,ma si rifiuta di farlo per altri motivi . Dal punto di vista estrinseco l’impossibilità di adempiere alle obbligazioni potrebbe manifestarsi con: fuga all’estero, irreperibilità, latitanza, suicidio, chiusura locali. Tutto ciò con la reale valutazione dei libri contabili. Vi sono alcune situazioni in cui non si può applicare la procedura fallimentare:1) debiti inferiori a 30.000 euro; 2) alcune imprese sottoposte unicamente a liquidazione coatta amministrativa; 3)amministrazione straordinaria per imprese di grande dimensioni; 4) in caso di patrimoni destinati ad un singolo affare che risultano inadeguati (abbiamo liquidazione del patrimonio).La cessazione dell’attività imprenditoriale si ha con la cancellazione dal registro delle imprese ,ma ciò con esclude di poter dichiarare fallimento ad un’impresa dopo un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese. Se l’imprenditore decede durante il processo fallimentare esso continuerà con gli eredi anche se hanno accettato l’eredità con beneficio di inventario. Il fallimento è dichiarato da un tribunale civile per iniziativa privata o pubblica. E’ privata l’iniziativa di uno o più creditori o per iniziativa dello stesso debitore che potrebbe chiedere di essere dichiarato fallito(per le società decisioni prese dalla maggioranza dei soci). L’iniziativa pubblica è affidata alla richiesta di un pubblico ministero al quale risulti l’insolvenza di un’impresa. La segnalazione potrebbe arrivare anche da un P.M. Il tribunale competente sarà quello della sede principale e non incideranno i cambi di sede avvenuti entro l’anno precedente. Il procedimento di fallimento è volto all’accertamento dei presupposti che la legittimano. Anche prima che l’istruttoria sia conclusa il collegio potrà emettere provvedimenti cautelari o conservativi. Il procedimento termina con la sentenza dichiarativa di fallimento o con un decreto di rigetto. La sentenza di fallimento obbligherà il fallito a consegnare la documentazione e dovrà presentarsi per l’esame dello stato passivo. Il fallito può fare un reclamo alla corte d’appello e in tal caso il fallimento potrà essere confermato o revocato. Se revocato gli effetti decaduti torneranno di nuovo in vigore. Con il decreto di rigetto tutto viene meno dal momento che non sussistono i requisiti minimi . E’ il tribunale che apre la procedura dichiarando fallimento e dell’intera procedura fallimentare il medesimo tribunale resta poi investito. E’ sempre il tribunale che nomina il giudice delegato e il curatore e poi in ogni istante sentire gli altri organi fallimentari. La sovra ordinazione del tribunale si esprime del resto nel suo potere di decidere ,con decreto, tutte le controversie relative alla procedura che non siano di competenza del giudice delegato. E’ con decreto che il giudice delegato assume le decisioni attraverso cui svolge il suo ruolo centrale per la procedura. Egli non la dirige ,ma vigila e controlla la sua regolarità. La vigilanza del giudice delegato presuppone che gli venga data un’adeguata informazione che gli provenga direttamente dal curatore o altrimenti dai creditori o dal fallito. Può ordinare importanti scelte gestorie , può decidere i reclami contro gli atti del curatore ,può revocare il comitato dei creditori. Inoltre può emettere atti per la conservazione del patrimonio . Il curatore , nominato dal tribunale, è l’organo investito della qualità di pubblico ufficiale che si fa carico di portare a termina la procedura. Egli ha l’amministrazione del patrimonio fallimentare. E’ autonomo e i suoi atti sono reclamabili solo se contrari a legge. In alcuni casi ,però ,ha bisogno di autorizzazioni dal tribunale o dal comitato dei creditori per poter mettere in atto alcune disposizioni. Ha l’obbligo di presentare una relazione sulle cause e circostanze del fallimento. Il comitato dei creditori è chiamato a condividere le azioni del curatore vincolandole o esprimendo un semplice parere. Il comitato dei creditori è reclamabile solo per atti contro la legge. La prima azione che si compie è quella dello spossessamento : la dichiarazione di fallimento priva il fallito dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni. Tali poteri spetteranno al curatore. Dal punto di vista soggettivo abbiamo una tutela dei soli creditori concorsuali; dal punto di vista oggettivo tutti i beni entreranno a far parte dell’asse fallimentare. Non rientrano in tale asse tutti i beni necessari per il mantenimento della famiglia. Qualunque atto compiuto dal fallito durante la procedura non potrà intaccare il patrimonio fallimentare destinato a soddisfare i creditori. Avrebbe valore solo con il terzo contraente che poi potrebbe agire contro il fallito per il danno subito. L’inefficacia si estende ai pagamenti eseguiti e ai pagamenti ricevuti dal fallito ( per evitare inganni e marchingegni e attività occulte alla procedura). Le limitazioni del fallito operano anche dal punto di vista processuale dove esso viene sostituito dal curatore . Inoltre il fallito perde due diritti sanciti dalla costituzione: segretezza epistolare e diritto di circolazione. Il fallito deve consegnare tutta la corrispondenza (anche elettronica) e deve presentarsi ogni volta che convocato. I creditori concorsuali sono quelli che devono essere soddisfatti nelle rispettive pretese secondo par condicio. I creditori non potranno agire individualmente. Inoltre ,anche se vige la par condicio, è possibile avere crediti con diritto di prelazione o privilegiati che meritano di essere soddisfatti con precedenza rispetto a quelli comuni(chirografari). Chi può vantare delle pretese su beni rende estranei tali beni dalla massa attiva e verranno separati dalla restante parte e il suo credito verrà soddisfatto integralmente. Altri costi quali tribunale, curatore, giudice , procedura dovranno essere pagati per intero e prima degli altri crediti : crediti in prededuzione. Una volta aperto il fallimento : 1)non possiamo avere azioni individuali( eccezioni per ipoteche su crediti fondiari e diritto di ritenzione su mobili in possesso);2) anche i crediti con prelazione dovranno essere accertati secondo le norme stabilite dalla legge. La massa passiva sarà l’insieme dei debiti fallimentari mentre la massa attiva il patrimonio su cui avverrà la ripartizione. Sia massa attiva che passiva devono essere valutate in termini monetari e se ciò non è possibile si procede prima alla vendita e poi alla ripartizione(esigenza di omogeneità); Impedendo azioni individuali si impedisce che la massa attiva o passiva cambi( esigenza di stabilizzazione). Per i crediti non pecuniari : se scaduti si prende in considerazione il valore alla data di scadenza; se non scaduti valore alla data di fallimento. Crediti pecuniari: valore attuale e tasso di interesso bloccato alla data di fallimento( ciò non vale per i crediti con privilegio il cui tasso sarà quello legale contato fino a scadenza). Crediti pecuniari non scaduti: si considerano scaduti alla data di fallimento . Se abbiamo più persone fallite in solido i creditori possono rifarsi su entrambi. Una importante eccezione al principio della par condicio è quella della compensazione. Si compensa un debito con un credito e questo permette una soddisfazione piena. La legge lo vieta se il credito è stato acquisito dopo la dichiarazione di fallimento o nell’anno anteriore. Vi è la possibilità di annullare alcune azioni compiute dal fallito anche prima che fosse dichiarato tale in modo tale da poter soddisfare i creditori in maniera maggiore facendo rientrare nel patrimonio fallimentare ciò che risulta essere uscito illegalmente. Abbiamo azioni revocatorie ordinarie. Si fanno dichiarare nulle azioni con i quali in debitore abbia recato pregiudizio alle ragioni del creditore. Le azioni revocatorie fallimentari presenta il carattere pregiudizievole per la par condicio creditorum. Inefficaci sono : gli atti a titolo gratuito compiuti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione( atti traslativi ,rinunzia); pagamenti anticipati nei due anni anteriori al fallimento i quali sarebbero falliti il giorno della dichiarazione di fallimento o successivamente. Il curatore, secondo l’art. 67, può promuovere una azione revocatoria fallimentare: dichiarazione di inefficacia degli atti a titolo oneroso attuati dall’imprenditore quando questo si trovava già in uno stato di insolvenza. L’accertamento di insolvenza non deriva solo ex post ,ma dal presupposto che il terzo conoscesse dello stato di insolvenza e che ci fosse il sospetto di uno stato di insolvenza. La revocatoria può essere per atti normali in cui deve agire il curatore e in atti anormali in cui è il terzo che deve dimostrare la sua non conoscenza dello stato di insolvenza. Sono considerati anormali : gli atti a titolo oneroso compiuti nell’anno precedente che sono sproporzionati; gli atti estintivi con mezzi non convenzionali ( pagamenti in merci o gioielli); garanzie per debiti ancora non scaduti e ,pertanto, ritenuti non estinguibili; garanzie per debiti scaduti .Sono considerati normali i pagamenti di debiti scaduti, gli atti onerosi , diritti di prelazioni per debiti . Regimi particolari sono quelli relativi: patrimonio destinato a singolo affare, atti compiuti tra coniugi in affari, pagamenti cambiali scadute, pagamento attraverso intermediari specializzati. Le azioni revocatorie non valgono per pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività di impresa; le rimesse effettuate su conto corrente di non grande entità; pagamenti per prestazioni di lavoro subordinato ; considerazioni analoghe valgono per atti, pagamenti e garanzie concesse in esecuzione di un concordato preventivo( in seguito); vendita immobili personali se non a prezzo inferiore di ¼. Le azioni revocazioni non possono essere promosse decorsi tre anni dalla dichiarazione di fallimento e 5 anni dal compimento dell’atto. Tutto ciò che si riesce a recuperare deve essere sottoposto all’esecuzione dei creditori concorsuali. E’ interesse della curatela potersi svincolare dai contratti già assunti dal fallito. La normativa afferma che in apertura del fallimento l’esecuzione dei contratti pendenti resta sospesa. Comunque è il curatore che decide se subentrare o meno nei contratti pendenti. E’ una scelta discrezionale in relazione ai relativi vantaggi che i creditori possono acquisire. Se il contratto sarà sciolto il terzo che avrà già adempiuto in parte potrà far valere il suo credito nel relativo passivo. Non avrà nessun risarcimento del danno. Se nella procedura fallimentare viene autorizzata la prosecuzione dell’impresa i contratti pendenti proseguono salvo che il curatore non decida altrimenti. Il sistema vale anche per i contratti preliminari. Abbiamo delle eccezioni previste: 1)per il lavoro subordinato il fallimento non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto; 2) per le società di persona il fallimento di un socio provoca lo scioglimento del suo rapporto con la società, in caso di fallimento si scioglie la società; 3)per i beni in leasing qualora si sciolga il contratto bisogna restituire il bene al concedente e valutare quanto si deve a questo o meno; 4)per beni acquisti con riserva di proprietà: se fallisce il compratore e si prosegue bisogna pagare tutto il prezzo restante, se si scioglie il venditore deve ritornare le somme ricevute e riceverà un compenso- se fallisce il venditore il contratto continua;5)un contratto di borsa si scioglie automaticamente;6) le associazioni in partecipazioni si sciolgono automaticamente; 9)i conti correnti accesi vengono spenti;10)per l’appalto abbiamo scioglimento mentre per il fitto di azienda abbiamo la prosecuzione del contratto. La prospettiva fallimentare si divide in attività preliminari e attività fallimentari. Fra le attività preliminari abbiamo lo spossessamento , la redazione dell’inventario , la compilazione dell’elenco dei creditori con relativi diritti di prelazione e diritti reali. Inoltre se l’imprenditore non ha redatto il bilancio è compito del curatore farlo. Bisognerà poi valutare la massa attiva su cui i creditori potranno rifarsi( anche le prelazioni devono essere valutate). Una volta redatto l’elenco dei creditori questi hanno facoltà di partecipare al concorso compilando una domanda presso il tribunale . La domanda inoltre deve contenere cause di prelazione, l’oggetto su cui si vanta tale pretesa. Il fallito non è direttamente coinvolto in questa fase potendo essere solo sentito . Valutato tutto il progetto sarà depositato in cancelleria 15 gg prima dell’udienza affinché si possano avere delle altre osservazioni. L’udienza di verifica deve esservi entro 180 gg. Le domande possono essere : respinte in toto, ammesse in toto, ammesse solo in parte, ammesse con riserva. La riserva consiste al fatto che la soddisfazione della pretesa avverrà al verificarsi di un certo evento. Nella stessa udienza il giudice delegato forma lo stato passivo e lo dichiara esecutivo con decreto. Dopo tale fasi possiamo avere: opposizione( colui a cui non è stata riconosciuta la domanda); impugnazione( colui che si opponga all’accettazione della domanda altrui); revocazione(mezzo che permette la proposizione dell’impugnazione e dell’opposizione). Quest’ultima fattispecie si basa su falsità delle prove, su dolo, su errore essenziale, mancata conoscenza di documenti essenziali. Le fasi successive sono: liquidazione dell’attivo e ripartizione. Le due fasi si possono anche sovrapporre. Se vi sono domande tardive la tardività della domanda influirà sulla capacità del creditore di rifarsi sul patrimonio del fallito : parteciperà solo alle ripartizioni posteriori. Importante poi è la disciplina per coloro che vantano un diritto reale su un bene mobile registrato o immobile. Non sempre l’attivo patrimoniale viene liquidato dal momento che in alcuni casi l’impresa è ancora in grado di creare reddito. Si può pertanto procedere al fitto d’azienda oppure ad una cessione d’azienda che permetta di ottenere un valore monetario maggiore rispetto alla vendita dei beni separati. La prosecuzione dell’attività aziendale può essere decisa dalla stessa sentenza del tribunale che potrebbe ritenere inversamente aversi un danno molto più grave. Spetta al curatore, però valutarne l’opportunità della prosecuzione sottoponendola al parere del comitato dei creditori. La prosecuzione dell’impresa comporta l’attribuzione al curatore del potere di gestirne la parte strumentale alla quella determinata attività. Inoltre funzionale alla prosecuzione dell’attività è la prosecuzione automatica di tutti i contratti pendenti salva la possibilità del curatore di scioglierli. Nel fitto d’azienda non solo gli organi concorsuali sono sollevati dall’onere di gestire direttamente l’azienda, ma la legge fa si che la massa passiva non si aggravi di nuovi debiti. L’affitto dovrà essere autorizzato dal giudice. Per tale attività vi sono dei vincoli di contenuto: la durata del contratto deve essere in linea con le esigenze della liquidazione; facoltà di recesso anticipato; conservazione dei livelli occupazionali; attendibilità del piano di continuazione dell’attività imprenditoriale. I debiti maturati durante l’affitto graveranno sul solo affittuario. Può essere concesso allo stesso affittuario un diritto di prelazione per una cessione definitiva dell’azienda. L’attivo consiste oltre ai beni rinvenuti nel patrimonio del debitore anche di altri diritti facenti capo al fallito. Il programma volto alla realizzazione dell’attivo terrà conto anche di azioni revocatorie, recuperatorie o risarcitorie. Solo al termine si deciderà se vendere l’azienda in blocco o frammentariamente. In alcuni casi la liquidazione non è consigliabile e il curatore può modificare il piano di liquidazione. Questo deve comunque essere in accordo con il comitato dei creditori e spetterà al giudice l’autorizzazione dell’esecuzione degli atti. La legge ritiene preferibile la vendita in blocco ,ma quando questa non produce vantaggi per i creditori si procede alla vendita frammentaria. Sarà poi possibile la cessione delle attività e delle passività dell’azienda o di suoi rami o di beni o rapporti giuridici individuali in blocco. Anche in questo caso una cessione in blocco dovrebbe portare maggiori vantaggi ed è per questo preferibile. E’ possibile inoltre cedere anche singoli crediti , conferire i cespiti in una nuova azienda, azioni libere che rispecchino condizioni di competitività. La soddisfazione dei creditori avviene con il riparto dell’attivo. La ripartizione si complica in virtù di due fattori: 1) la presenza di crediti di diversa entità che non permettono la par condicio; 2) La ripartizione avviene con riparti parziali e continui al fine di essere il più tempestivi possibili ed eliminare l’incertezza. Si ribadisce che avverrà prima il pagamento dei crediti prededucibili(spese), poi i crediti con prelazione e poi i crediti chirografari. I crediti prededucibili sono quelli sorti in occasione e in funzione della procedura concorsuale. Anche i crediti prededucibili devono essere accertati secondo il normale procedimento stabilito dagli art. 92 ss. Poi abbiamo i crediti con cause di prelazione detti privilegiati. Le prelazioni possono operare sia su beni mobili sia su beni immobili . Il conteggio di tali beni avverrà a parte: massa mobiliare e massa immobiliare. Restano infine i creditori chirografari. Tra questi opera a pieno la par condicio e concorrono in proporzione al loro credito. Sono in particolar modo coloro che hanno crediti postergati o subordinati. La subordinazione può essere imposta dalla legge o pattuita per contratto. Potrà essere assoluta o relativa (operante solo verso alcuni chirografari). La ripartizione ,come abbiamo detto, avviene con riparti parziali al fine di eliminare l’incertezza. Le ripartizioni parziali avverranno nel luogo e nei tempi indicati dal giudice delegato sulla base delle somme disponibili e del progetto di ripartizione. I progetti di ripartizione dovranno prevedere degli accantonamenti in una misura non inferiore al 20%. Gli accantonamenti sono inevitabili dal momento che è vietata la restituzione delle somme riscosse. I creditori tardivi, ribadiamo, possono concorrere soltanto alle ripartizioni posteriori alla loro ammissione . Ciò non vale se abbiamo cause di prelazione e ,pertanto, recuperano ciò che dovevano avere a patto che dimostrano un ritardo non a loro imputabile. Una volta terminata la ripartizione dell’attivo abbiamo un rendiconto. Approvato il rendiconto il giudice delegato approverà anche la ripartizione della restante parte dell’attivo e degli accantonamenti. La chiusura del fallimento è uno dei due modi di cessazione della procedura fallimentare. La chiusura è cosa ben diversa dalla revoca del fallimento e consiste nel completamento del percorso fallimentare. Le cause di chiusura sono: 1)mancanza di domande di ammissione al passivo; 2) soddisfazione di tutti i creditori; 3) Ripartizione finale dell’attivo; 4) mancanza di attivo. Se abbiamo altre cause la chiusura si avrà su istanza del curatore o del fallito. Quanto al fallito cesseranno gli effetti dello spossessamento. Quanto agli organi fallimentari essi decadranno . Nei confronti dei creditori la chiusura del fallimento permette a questi ultimi di rifarsi personalmente contro il debitore per la parte di credito ancora non soddisfatta. Se nel corso di max. 5 anni si fosse creata la possibilità di nuove ripartizioni il fallimento può essere riaperto. Chiuso il fallimento si può avere l’esdebitazione ,ossia la liberazione del fallito dai debiti residui nei confronti dei creditori non soddisfatti. L’esdebitazione può operare solo per persone fisiche che ne facciano apposita istanza. La normativa fallimentare per quanto riguarda le società si preoccupa ,in particolar modo, della responsabilità dei soci e degli effetti sulla società. La dichiarazione di fallimento ,comunque, non provoca la scioglimento della società di capitali e cooperative. Gli amministratori e i liquidatori della società sono tenuti agli obblighi imposti al fallito ( art. 49) e devono essere sentiti nei casi previsti. Inoltre questi avranno molte limitazioni e saranno sottoposti a spossessamento. La sentenza che dichiara fallimento ad una S.n.c. , ad una S.a.s. e ad una S.A.p.A. provoca il fallimento anche dei soci illimitatamente responsabili. Non si applica alle società semplici e neanche per il socio unico di S.P.A. o s.r.l. Il fallimento in estensione è soltanto quello che si propaga dalla società ai soci e non viceversa. Il fallimento in estensione si può avere in altri due casi: 1) se un socio ,non più tale, ha sciolto il rapporto con la società da meno di un anno ;2) l’eventuale scoperta di soci illimitatamente responsabili( ulteriori rispetto a quelli conosciuti o soci occulti di una società occulta). Prima di dichiarare il fallimento il giudice dovrà disporne la convocazione, dimostrare l’assenza di presupposti del fallimento, assicurare la difesa dei soci. Con il fallimento della società e dei soci si apriranno procedure distinte fra loro: pretese dei creditori sociali e pretese dei creditori personali. Da un lato di avrà la par condicio tra i creditori dall’altra la ripartizione dei debiti in base alla propria partecipazione sociale. Si possono avere più comitati di creditori per differenziarli anche se il giudice delegato e il curatore saranno unici. Il patrimonio della società e quello dei soci saranno tenuti distinti e si procedere alla formazione di due masse passive e ,pertanto, a diverse masse attive. I creditori concorreranno ad esse secondo le consuete regole, si avrà la par condicio e se qualche socio si sia fatto carico di debiti non in linea con la sua partecipazione sociale potrà rifarsi in regresso con gli altri soci. Le procedure aperte nei confronti di singoli soci potranno cessare per via concordataria :mezzo di un concordato particolare del socio; concordato proposto dalla società. Ben più semplici saranno le conseguenze nei confronti dei soci limitatamente responsabili. Ci si preoccuperà unicamente dei versamenti ancora non effettuati che entreranno a far parte dell’attivo. Il curatore esercita le azioni di responsabilità contro: gli amministratori (potendosi imputare la qualifica di amministratore di fatto); componenti degli organi di controllo( revisori legali e società di revisione); direttori generali e liquidatori. Si possono trovare soluzioni diverse a quelle del fallimento: concordato preventivo e ristrutturazione dei debiti. Parlando del concordato preventivo diciamo che questo è una procedura concorsuale giudiziale. Attraverso di essa un imprenditore ha la possibilità , senza perdere il potere di gestire la sua impresa , di formulare una proposta per il soddisfacimento dei diritti dei creditori. La natura del concordato preventivo può essere mista: contrattuale e giudiziale. Si cerca , quando è possibile, di attuare tale procedura per permettere una soddisfazione maggiore dei diritti dei creditori. Dal punto di vista soggettivo è quasi sempre possibile applicare il concordato preventivo. Anche in caso di imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa, società con soci illimitatamente responsabili . Sono escluse le banche ed è dubbio se si possa aprire un concordato di gruppo. Dal punto di vista oggettivo è lo stato di crisi in cui si venga a trovare l’impresa. Anche l’insolvenza può essere considerato l’inizio di uno stato di crisi. Per poter accedere al concordato preventivo in una situazione di insolvenza la situazione di insolvenza deve essere concreta e vi deve essere la certezza che ciò sia preferibile per i creditori e che altrimenti comunque si giungerà ad una fare di fallimento o concordato successivo. L’imprenditore può in tal caso agire in via preventiva per evitare che la situazione finanziaria diventi insostenibile. Si può in tal caso ottenere un vantaggio per tutti. Spetterà ai creditori valutare quali vantaggi possono realisticamente essere aggiunti attraverso il piano proposto. Il nucleo del concordato consiste in una proposta ai creditori. Affinché possa essere accettata , tale proposta deve essere appetibile e convincere i creditori. Possiamo vere :1)forma semplice di semplice promessa di pagamento parziale e/o dilazionato dei crediti; 2) mera cessione dei beni ai creditori(forma di liquidazione del patrimonio); 3) forme complesse attraverso il compimento di alcune operazioni straordinarie( scissione della società in “good and bad” ; trasformazione società; conferimento a nuova azienda. In questi casi abbiamo la cartolarizzazione dei diritti e la loro attribuzione ai creditori; 4) la proposta concordataria può essere assistita da garanzie reali o personali a favore di tutti o alcuni creditori; 5) il piano concordatario può essere congegnato attraverso la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei. Possiamo avere in tal caso soggetti come i lavoratori che sono disposti a rinunciare a parte dei loro crediti per assicurarsi un reddito futuro. L’art 160 concede poi la possibilità di un pagamento non integrale ai crediti con diritto di prelazione al fine di provvedere alla realizzazione del piano concordatario. Anche se lo stesso articolo lo permette purché la loro soddisfazione definitiva non sia inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione. Il piano deve essere accettato ossia la domanda deve essere ammessa. E’ possibile fare ricorso che deve essere sottoscritto dal debitore , ovvero se si tratti di società dai suoi amministratori , previa approvazione documentata per atto pubblico se si tratta di società di persona. Insieme al ricorso dovrà essere consegnata : la relazione sulla situazione patrimoniale , economica e finanziaria dell’impresa; stato analitico delle attività; elenco nominativo dei creditori; titolari di diritti reali o personali; valore dei beni e i creditori particolari di soci illimitati; modalità e tempi di adempimento. Possiamo avere concordato con continuità aziendale in cui viene espressamente prevista la prosecuzione dell’attività , la cessione d’azienda in esercizio o il conferimento ad altra società. Si ricerca sempre il miglior soddisfacimento dei creditori. La domanda e la documentazione dovranno essere accompagnati dalla relazione di un professionista. In alcuni casi l’imprenditore non è riuscito, o non ha avuto tempo, di ideare un piano concordatario e per non generare allarmi che potrebbero aggravare la situazione invece di migliorarla può decidere di depositare la domanda di concordato con il bilancio degli ultimi 3 esercizi , riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione in un secondo momento entro la data fissata dal giudice : c.d. preconcordato. Può così prevenire la dichiarazione di fallimento. Scaduto il termine l’imprenditore: 1)consegna il progetto e tutto prosegue normalmente; 2) crea un piano di ristrutturazione dei debiti dirottando la procedura; 3) non la consegna e si dichiara fallimento. Sull’ammissibilità del ricorso deve pronunciarsi il giudice che potrebbe concedere 15 gg all’imprenditore per procurarsi nuovi documenti per dimostrare la fattibilità del piano. Quindi anche la presenza di un professionista non esclude la possibilità che il giudice ritenga tale proposta non fattibile e dichiarando contestualmente il fallimento del debitore. Durante la procedura di concordato il debitore conserva l’amministrazione dei sui beni e l’esercizio dell’impresa. L’imprenditore risponderà con il proprio patrimonio di ogni atto compiuto dopo la procedura. Bisogna evitare che i comportamenti dell’imprenditore possano danneggiare i creditori: 1) gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione non hanno effetto contro i creditori anteriori al concordato e questi atti devono essere autorizzati dal giudice( già visti nella procedura fallimentare). Sono invalidi gli atti non riconducibili alla normale gestione e che possano ledere la possibilità di par condicio tra i creditori. 2) l’attività sarà gestita sono la supervisione di un commissario giudiziale. Per quanto riguarda i creditori si produce il rilevante effetto del blocco delle iniziative cautelari ed esecutive. Non si possono acquisire diritti di prelazione o iscrivere ipoteche giudiziali. Si crea una sorta di cristallizzazione della massa passiva per far si che il concordato vada in porto. Il divieto di azioni esecutive vale solo per i creditori anteriori e non anche per quelli posteriori al concordato. Per quanto riguarda i contratti pendenti questi possono continuare ad avere esecuzione oppure l’imprenditore può decidere di scioglierli. Se dopo il concordato si arriva comunque al fallimento i pagamenti effettuati e le spese sostenute non saranno revocabili. Tra le procedure immediate, ossia quelle da compiere come si apre la procedura , abbiamo : ricognizione dei creditori attraverso le scritture contabili e la comunicazione ai creditori la data di convocazione; ricognizione della massa attiva, dei debitori dell’imprenditore e l’inventario del patrimonio; relazione sulle cause del dissesto. Il commissario giudiziale avrà un ruolo di vigilanza per tenere al riparo i creditori da eventuali frodi. Nella data fissata dal decreto abbiamo l’adunanza dei creditori i quali sono chiamati a approvare o a respingere il concordato. Si avrà preferibilmente un’unica udienza sotto la presenza del giudice delegato, commissario giudiziale e debitore. Il piano è suscettibile di modifiche . Esaurita la discussione si passerà al voto. Hanno legittimità al voto tutti i creditori chirografari. I creditori subordinati potrebbero non essere ammessi al voto e tali dubbi nascono dal fatto che non riceveranno pagamenti se i creditori di rango superiore non otterranno piena soddisfazione. Sono esclusi dal voto parenti affini , amici del debitore. Alla fine viene redatto il processo verbale. Il concordato sarà approvato se si avrà la maggioranza dei voti tra colori ammessi al voto. Altrimenti il concordato verrà respinto ed è possibile che accanto alla sentenza di rigetto venga dichiarato anche il fallimento del debitore. <se approvato al concordato avremo la procedura di omologazione ossia procedura atta a produrre gli effetti tipici del concordato. Potrebbero essere sollevate delle opposizioni e , pertanto, si instaurerà un vero giudizio contezioso. Opposizioni prevedono almeno il 20% dei creditori ammessi al voto. Azioni singole sono possibili quando abbiamo creditori divisi in classe e il concordato è stato rifiutato. L’opposizione sarà respinta quando vi sono presupposti che prevedano una soddisfazione maggiore rispetto a tutte le altre alternative. L’omologazione dovrà avvenire entro il termine legale di 6 mesi. Con l’omologazione si produrranno gli effetti desiderati : il debitore sarà affrancato dalle limitazioni al patrimonio( piena capacità di agire); con soci illimitatamente responsabili questi saranno liberati dalle loro restrizioni; il debitore sarà obbligato a fare quanto promesso; L’effetto esdebitorio vincolerà tutti i creditori anche quelli anteriori; i creditori anteriori conserveranno intatti tutti i loro diritti nei confronti dei coobbligati; in caso di successivo fallimento le azioni messe in atto non potranno essere revocate e si avranno esenzioni dai reati di bancarotta. Se il piano trova piena e puntuale approvazione non vi saranno ulteriori conseguenze. Può accadere ,invece, che gli impegni assunti non vengano rispettati. I creditori applicheranno la risoluzione del concordato per inadempienza avviando un ricorso presso il tribunale entro 1 anno dal termine previsto per l’adempimento del concordato. Il concordato può essere sciolto e dichiarato il fallimento del debitore. Verranno meno gli effetti del concordato : resteranno validi gli atti compiuti durante l procedura e in esecuzione del concordato. L’annullamento del concordato invece avrà come scopo quello di dimostrare un disegno fraudolento. Il concordato fallimentare è una procedura simile al concordato preventivo che però si viene a proporre in uno scenario di una procedura fallimentare già aperta. Le operazioni che si possono svolgere nel concordato fallimentare sono simili a quelle che si possono svolgere per il concordato preventivo. Anche in questo caso si potrà prevedere la cessione o la continuazione aziendale con i relativi risvolti. Il tutto per permettere una soddisfazione maggiore per i creditori. Il concordato fallimentare potrà essere richiesto da un creditore a da un terzo oppure dal debitore dopo un anno dall’apertura del fallimento. Si fa ciò per incentivare l’imprenditore a perseguire una soluzione negoziata prima dell’apertura del fallimento. Essendo già insediati gli organi della procedura , la domanda di concordato dovrà essere presentata con ricorso al giudice delegato il quale acquisirà due pareri : curatore( presumibili risultati) e comitato dei creditori . Solo dopo aver avuto i consensi delle parti il giudice darà comunicazione di quanto stabilito. Avranno diritto al voto tutti i creditori chirografari e i privilegiati a cui non è previsto integrale pagamento. Tutti possono avanzare proposte e pertanto se abbiamo più proposte bisogna scegliere. Dopo la comunicazione abbiamo il giudizio di omologazione. In caso positivo avremo l’omologazione del concordato fallimentare. Oppure sono possibili reclami affinché qualcosa venga modificato. L’esecuzione del concordato fallimentare sarà sorvegliata dal giudice delegato , dal curatore e dal comitato dei creditori. Si potrà richiedere la risoluzione o l’annullamento del concordato qualora questo sia viziato da frode, non venisse eseguito . Avremo la riapertura del fallimento. E’ possibile anche la proposta di un nuovo concordato. Si è sempre attestata la prassi di tentativi di risoluzione delle crisi fuori dalle aule del tribunale dal momento che gli imprenditori non sono propensi a portare le scritture contabili in aula che potrebbero aggravare la situazione dell’impresa sul mercato. In alcuni casi anche i creditori sono favorevoli a delle azioni extragiudiziali , soprattutto quando sono molto esposti e non hanno molte garanzie. Si può attuare una ristrutturazione dei debiti : riduzione in conto capitale , dilazione dei termini di pagamento , rinuncia degli interessi dovuti , conversione del credito in partecipazione al capitale. Non necessariamente deve essere rivolta a tutti i creditori. Per i creditori estranei all’accordo non cambia nulla dal momento che le loro pretese nei confronti del debitore restano invariate. Gli atti compiuti possono essere revocati in caso di successivo fallimento ; i debiti sorti non sarebbero prededucibili in caso di successivo fallimento. Inoltre è possibile che i creditori che partecipano a tale attività vengano ritenuti responsabili della ritardata apertura del fallimento. L’art. 182 bis è dedicato agli accordi di ristrutturazione dei debiti. Affinché l’accordo sia valido dovrà possedere le seguenti caratteristiche :presenza di un imprenditore in crisi(anche agricolo); uno o più creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti(anche crediti non scaduti; esclusi finanziamenti erogati in funzione della domanda); Quanto al contenuto l’accordo dovrà contenere una ristrutturazione dei debiti( come già detto); deve rivelarsi idoneo ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei. Tale accordo deve essere accompagnato da una determinata documentazione : prevista dall’art. 161 e una relazione redatta da un professionista. Il procedimento previsto dall’art 182-bis prevede il deposito del ricorso per ottenere l’omologazione dell’accordo unitamente alla documentazione accompagnatoria. Inoltre l’accordo dovrà essere pubblicato nel registro delle imprese. Dal giorno di tale pubblicazione l’accordo acquista efficacia. Abbiamo una serie di effetti : blocco temporaneo delle azioni esecutive e cautelari; i creditori non potranno acquisire prelazioni ; il debitore potrà chiedere al tribunale di essere autorizzato a contrarre finanziamenti o a pagare crediti anteriori alla presentazione della domanda. Avviato il procedimento volto all’omologazione vi sarà la possibilità per i creditori e per ogni altro interessato , di proporre opposizione entro 30 giorni dalla pubblicazione dell’accordo medesimo. Possiamo avere opposizioni sia per quanto riguarda questioni di rito che sui requisiti di omologabilità: attendibilità del professionista eventuali opposizioni. L’omologazione sarà disposta dal tribunale e gli effetti consistono: esenzione da revocatoria fallimentare; prededuzione alla nuova finanza; esenzione dal reato di bancarotta. A vigilare saranno , in particolar modo, gli stessi creditori. Sia quelli partecipanti all’accordo che quelli estranei. La logge promette protezione , in caso di successivo fallimento, agli atti posti in essere in esecuzione di un piano che si fosse posto l’equilibrio dell’impresa. Emerge una differenza tra i piani di risanamento e gli accordi di ristrutturazione. I piani di risanamento sono opera unipersonale dell’imprenditore, possibilmente anche all’insaputa dei creditori. Per quanto riguarda il contenuto il risanamento potrebbe coincidere con il risanamento della posizione debitoria, recuperare l’equilibrio di impresa e garantire idoneità sul mercato. A tutti gli atti è garantita l’esenzione della revocatoria. L’imprenditore sarà comunque sempre esposto ad un successivo fallimento. E’ possibile che anche soggetti diversi dagli imprenditori e dalle imprese possano assumere molti debiti e non riuscire a restituirli. Si è sviluppata la presenza di individui che non producono attività produttiva(consumatori) che vengono assoggettati al fallimento. Parliamo di crisi da sovraindebitamento rivolta a tutti coloro che non svolgono attività produttiva: imprenditori commerciali piccoli; professionisti ; consumatori. Se il debitore civile vuole proporre un piano di risanamento dei debiti questo deve essere in grado di assicurare il regolare pagamento dei crediti impignorabili. Per quanto riguarda i tributi si avrà una dilazione dei pagamenti. Il piano ha la funzione di soddisfare i creditori partecipanti al piano . Se il piano viene omologato esso varrà per quelli anteriori ,ma non per quelli posteriori. Si possono dare alcuni limiti( giocare in borsa, carte revolving, etc.) Tra gli effetti abbiamo: divieto di ogni esecuzione individuale o sequestro conservativo nei confronti del debitore; divieto dei creditori posteriori di agire sui beni oggetti del piano; sospensione degli interessi; possibilità di moratoria per crediti con prelazione; esenzione dall’azione di revocatoria fallimentare degli atti compiuti per l’esecuzione dell’accordo. Il procedimento culmina nell’omologazione. Abbiamo tre fasi : 1) deposito della domanda con documento di tutti i creditori ; 2) ricerca dei consensi dei creditori per il piano; 3) giudizio di omologazione. Il tribunale non solo dovrà valutare la fattibilità del piano, ma anche meritevolezza e l’affidabilità del creditore. Un ruolo centrale è quello dell’organismo di composizione della crisi che può essere ente pubblico o privato. Dopo l’omologazione avremo una fase di esecuzione dell’accordo e del piano che potrà essere affidato anche ad un fiduciario o liquidatore. Gli accordi di ristrutturazione possono prevedere annullamento ( se abbiamo dolo o colpa grave) o risoluzione( mancato adempimento degli impegni). Con la liquidazione del patrimonio del debitore civile si realizza una sorta di fallimento civile. Il procedimento di liquidazione del patrimonio non manca di significativi parallelismi con la procedura fallimentare. La domanda è proposta al tribunale di residenza; la liquidazione avrà ad oggetto tutti i beni del debitore fatta eccezioni di quelli necessari per il mantenimento suo e della sua famiglia. Se la domanda risulta ammissibile il tribunale nominerà un liquidatore, inibirà azioni cautelari o esecutive o iniziative volte ad acquistare diritti di prelazione sul patrimonio. Il liquidatore procederà all’inventario. Ultimata l’esecuzione del programma il giudice disporrà la chiusura della procedura. Abbiamo principi di universalità e concorsualità. L’effetto finale è quello dell’esdebitazione , cioè i debiti non soddisfatti al termine della procedura nei confronti dei creditori. L’esdebitazione sarà invece esclusa quando il sovraindebitamento è imputabile ad un ricorso sproporzionato e colposo. La liquidazione coatta amministrativa è una procedura concorsuale con finalità liquidativa. Alla procedura l.c.a. è sovraordinata un’autorità amministrativa. Si parla in questo caso di procedura amministrativa. E’ la legge che determina espressamente le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa( banche , assicurazioni, cooperative, società di revisione). La liquidazione coatta amministrativa: solo per alcuni enti stabiliti dalla legge; altri enti sono sottoposti sia al fallimento che alla l.c.a. L’accertamento dello stato di insolvenza avviene diversamente in base all’ente coinvolto. Per quelli sottoposti sia alla liquidazione che al fallimento provocherà , in stato di insolvenza, l’apertura del fallimento. L’accertamento dello stato di insolvenza sarà operato dal tribunale sollecitato dai creditori o da autorità amministrativa. L’autorità nomina ulteriori organi della procedura: il commissario liquidatore, il comitato di sorveglianza. Innanzitutto nei confronti del debitore abbiamo lo spossessamento ( art. 42,44,45,46,47) Se il debitore ha veste giuridica di società cessano le funzioni delle assemblee e degli organi di amministrazione e controllo. Nei confronti dei creditori si applicano le norme relative alla regolazione concorsuale dei crediti e della sorte dei contratti pendenti. Per quanto riguarda gli atti pregiudizievoli l’art. 201 dichiara incondizionatamente applicabile l’azione revocatoria ordinaria( anche riguardo soci illimitatamente responsabili). La procedura prevede che il commissario liquidatore procede a tutte le operazioni della liquidazione secondo le direttive dell’autorità che vigila sulla liquidazione e del comitato di sorveglianza. Anche in questo caso abbiamo la stima della massa attiva, massa passiva, liquidazione e ripartizione. Date le dimensioni di alcune imprese si è resa necessaria una procedura apposita. Parliamo in questo caso dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza. ( legge prodi 95/1979). Grazie al massiccio intervento pubblico avrebbe consentito di conservare i livelli occupazionali raggiunti dalle grandi imprese. Da un punto di vista soggettivo per prima cosa si tratta di imprese soggette al fallimento. Devono essere grandi : lavoratori subordinati non inferiori a 200 e debiti complessivi non inferiori a due terzi dell’attivo e dei proventi delle vendite. Bisogna trattarsi di imprese in insolvenza. Non ogni insolvenza risulta compatibile dal momento che i presuppone che l’impresa versi in una situazione tale da poter essere riconvertita, aiutata e possa proseguire la sua attività , altrimenti abbiamo il fallimento. L’amministrazione straordinaria parte dalla dichiarazione di insolvenza presso il tribunale. Il procedimento avviene attraverso un rito camerale e sommario in cui si devono valutare anche i requisiti di ammissibilità. Inoltre verranno nominati : il giudice delegato , il commissario giudiziale, avremo la deposizione delle scritture contabili, termine per la presentazione delle domande, verrà fissata l’adunanza e si deciderà se l’imprenditore continuerà o meno a gestire l’impresa. In seguito si devono valutare le possibilità di recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali. Normalmente l’imprenditore conserva la gestione pur sotto la vigilanza del commissario giudiziale e necessitando dell’autorizzazione del giudice delegato per il compimento di alcuni atti. I crediti sorti per la continuazione sono prededucibili. Dopo massimo trenta giorni in cui si è valutato tutto si può aprire la procedura di amministrazione straordinaria. Il commissario straordinario deve essere nominato dal ministro dello sviluppo economico con decreto. Gli effetti del decreto sono simili a quelli della l.c.a. La possibilità di recuperare l’equilibrio economico può aversi con cessione o ristrutturazione. Cessione con un programma di gestione non superiore ad 1 anno; ristrutturazione non superiore a due anni. Si permetterà comunque la continuazione dell’attività e si elimineranno i rami improduttivi aziendali. Si potrà prevedere pertanto la liquidazione immediata dei rami improduttivi e la ripartizione di questa somma di denaro tra i creditori. Se si è deciso per la cessione bisognerà stabilire il prezzo , le modalità e i possibili acquirenti. Se si è deciso per la ristrutturazione bisognerà individuare i meccanismi di ricapitalizzazione e il mutamento degli assetti patrimoniali. Il tutto avverrà sotto il controllo del ministero dello sviluppo economico. L’esecuzione sarà affidata al commissario straordinario che deve compiere tutte le attività a ciò funzionali. L’accertamento del passivo e la ripartizione dell’attivo avverranno secondo le procedure fallimentari. L’amministrazione straordinaria può cessare per : Conversione in fallimento quando si rende conto che non si può avere un risultato migliore; chiusura della procedura con decreto quando non vi sono state domande di ammissione al passivo, recuperata capacità di far fronte alle obbligazioni, in caso di concordato, crediti integralmente soddisfatti. La grandezza di queste imprese fa si che si venga in contatto non solo con singole imprese ,ma con gruppi di imprese. La procedura si potrà estendere anche ad altre imprese del gruppo anche se prive dei requisiti dimensionali: quando è possibile recuperare l’equilibrio economico , quando risulti opportuna la gestione unitaria dell’insolvenza. Possiamo infine avere l’amministrazione straordinaria speciale per le imprese di grandissime dimensioni ossia imprese che hanno più di 500 dipendenti subordinati e non meno di 300 milioni di euro di debiti. La procedura è più o meno la stessa. Abbiamo unicamente la figura del ministro dello sviluppo economico al quale deve essere consegnato un piano da attuare . il commissario giudiziale deve presentare una relazione sulle cause di insolvenza. Si può proporre anche un concordato.