Amore e Psiche. Tra disturbi e disfunzioni

AMORE E PSICHE. TRA DISTURBI E DISFUNZIONI
di Crisalidi F., Molo N.
LA SESSUALITÀ UMANA
La sessualità è il prodotto di una pluralità di aspetti. Anzitutto, è il prodotto di dimensioni diverse,
ovvero la dimensione biologica, intrapsichica, familiare e socioculturale. In secondo luogo, è il
frutto di tante componenti tra loro intimamente compenetrate: desiderio, eccitazione, orgasmo,
piacere, affetti, relazione di coppia, identità.
È per questi motivi che non è pensabile isolare il problema sessuale dalla globalità della persona.
Ne è la dimostrazione il fatto che la WAS (World Association of Sexology) e l’OMS (Organizzazione
Mondiale della Sanità) nel 2002 hanno presentato una nuova definizione di salute sessuale: «uno
stato di benessere fisico, emotivo, mentale e sociale legato alla sessualità; non è semplicemente
l’assenza di malattia, disfunzione o infermità. La salute sessuale richiede un approccio positivo e
rispettoso alla sessualità e alle relazioni sessuali, così come la possibilità di avere esperienze
sessuali piacevoli e sicure, libere da coercizioni, discriminazioni e violenza. Perché la salute sessuale
venga raggiunta e mantenuta, i diritti sessuali di tutte le persone devono essere rispettati, protetti
e soddisfatti.» (Simonelli, 2006, p. 9).
Da come si può evincere da questa prima definizione, la sessualità è una manifestazione umana di
grande ricchezza e complessità in quanto il comportamento sessuale umano non può essere
ricondotto ad un semplice istinto, bensì è influenzato e determinato dalle componenti biologiche,
dalle caratteristiche intrapsichiche individuali, dai ruoli di genere, dall’ambiente sociale e culturale
in cui l’individuo struttura la propria personalità (Cassano, Pancheri, 1999).
In particolare, sempre di più assume importanza il legame tra sessualità e cultura: la cultura
determina cosa in una società è considerato lecito esprimere dal punto di vista sessuale così come
la sessualità produce modificazioni di tipo culturale. Di conseguenza, affiorano costantemente
problematiche nuove in ambito sessuale e, d’altra parte, il clinico si trova di fronte alla necessità di
affrontare problematiche vecchie con strumenti e idee nuove. Qualsiasi riflessione sul corpo,
pertanto, pur fondata sull’oggettività medica, non può non tener conto degli aspetti culturali oltre
a quelli biologici.
Inoltre, la sessualità è diventata un fenomeno pubblico, che viene esibita a diversi livelli, sulla
quale sempre di più si fonda l’autostima dell’individuo, che ha perso le caratteristiche di
mascolinità e femminilità legate ai ruoli tradizionali. In opposizione a questa tendenza,
sorprendentemente, è altissima la scarsa conoscenza che le persone mostrano di avere sulla
sessualità, così come i falsi miti e i pregiudizi con cui viene connotata.
È per tale motivo che in sessuologia, come del resto in ogni manifestazione psichica umana, non
esiste una delimitazione netta tra comportamento sessuale normale e patologico, poiché il
concetto di normalità sessuale è troppo spesso derivante da una prevalenza statistica o da giudizi
di valore determinati dalla cultura di riferimento. D’altra parte, il Manuale Diagnostico e Statistico
dei Disturbi Mentali, DSM-IV-TR (APA, 2000), evidenzia come non esistano parametri rigorosi per
differenziare il funzionamento normale o patologico in ciascuna fase della risposta sessuale.
Tale visione di fondo della sessualità ha portato al convincimento attuale che il trattamento
sessuologico debba partire da una impostazione di tipo sia psicosomatico che somatopsichico: per
psicosomatico si intende l’interrelazione eziologica tra fattori biologici, psicologici e culturali; per
somatopsichico, viceversa, si intende che ogni sintomo organico provoca inevitabilmente delle
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ripercussioni a livello psicologico (Simonelli, Fabrizi, 2006). A questo proposito, Simonelli e Fabrizi
scrivono: «Nello specifico della sessuologia i sintomi hanno un’eziologia multicausale che non vuole
essere ridotta né alle dinamiche intrapsichiche individuali né all’interazione di coppia o al semplice
malfunzionamento di un organo: una visione psicosomatica e somatopsichichica contestualizzata
sembra l’unica possibilità di comprensione autentica di una manifestazione così complessa. E
l’unica in grado di restituire alla persona sofferente un’identità completa e non frantumata. La
clinica in sessuologia deve perciò prendere in considerazione il rapporto corpo-mente, l’individuo e
la coppia nello specifico contesto socio-culturale.» (Simonelli, Fabrizi, 2006, p.20). Pertanto,
proseguono le Autrici, le modalità in cui i sintomi sessuali vengono manifestati dal soggetto sono
pervase dalla sua peculiare visione del mondo.
Tali considerazioni riconducono alla cornice concettuale del modello bio-psico-sociale (Engel,
1982), in quanto convergono tutte in direzione di una visione olistica dell’essere umano:
l’affermazione centrale del paradigma multidimensionale alla base del modello bio-psico-sociale è
la seguente: «la mente emerge dalla relazione tra il corpo e l’ambiente» (Blundo, 2004, p.27). Ciò
significa, afferma Blundo, che esiste un continuum tra patologie causate da un danno biologico e
patologie causate da fattori psicologici e/o ambientali: sempre di più sono attualmente gli studiosi
che, in diversi campi compresa la sessuologia, parlano di multidimensionalità eziologica. Con
questo concetto, di rivoluzionaria e fondamentale importanza, si intende che la patologia è
sempre la risultante di una vulnerabilità costituzionale, di predisposizioni psichiche e del contesto
vitale in cui l’individuo è inserito. Oltre agli aspetti biologici e genetici unici e irripetibili, svolgono
un ruolo primario come co-fattori eziologici e patogenetici le predisposizioni psichiche, ovvero i
tratti di personalità e le peculiarità psicologiche dell’individuo, che lo rendono in diversa misura in
grado di affrontare le situazioni di vita. Inoltre, occorre anche tenere sempre in considerazione che
questo individuo non è fine a se stesso: vive in un ambiente, in una società che lo condiziona
mediante influenze culturali, sociali, religiose, razziali, ecologiche. Pertanto, il disturbo sessuale,
anche se riveste delle caratteristiche pressoché uguali per i diversi individui, è sempre un evento
unico per quella determinata persona.
Ne consegue che, in sessuologia, è fondamentale il concetto di “relativismo”: i comportamenti
sessuali umani comprendono una grande varietà di manifestazioni che rischiano di essere
patologizzate in quanto semplicemente si discostano dagli standard dominanti. È per tale motivo
che il DSM-IV-TR ha introdotto il criterio del personal distress in tutte le categorie diagnostiche
della sezione dedicata ai Disturbi Sessuali: con tale concetto si intende il sentimento soggettivo di
malessere, sofferenza o disagio (Basson et al., 2000).
LA SESSUOLOGIA
Sulla base di quanto detto finora, la sessuologia è la disciplina che studia gli aspetti psicologici,
medici e socioculturali della sessualità. È una scienza interdisciplinare che, oltre che naturalmente
dalla psicologia, trae le sue origini in varie aree del sapere medico, in primo luogo la ginecologia e
l’andrologia, ma anche l’endocrinologia, la psichiatria, la dermatologia, l’infettivologia.
Basti pensare che l’origine del termine “sessuologia” si fa risalire al dermatologo tedesco Ivan
Bloch che nel 1907 la definì una scienza dell’essere umano costituita dall’unione di diverse
discipline, in particolare biologia, antropologia, filosofia, psicologia, sociologia, etnologia, medicina
e storia della cultura in generale.
L’oggetto della sessuologia è la sessualità, ma forse occorrerebbe riflettere su cosa si intenda con
questo termine. La sessualità è «intesa non tanto come funzione riproduttiva, da sempre inserita in
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ben definiti ambiti specialistici (ginecologia, andrologia), quanto come funzione erotica con le
implicazioni che questa comporta: desiderio, eccitazione, orgasmo, piacere, identità di genere,
affetti, relazione di coppia, “creazione” e procreazione, amore» (Cociglio, 2002, p. 35).
LE DISFUNZIONI SESSUALI
Il comportamento sessuale, nelle sue manifestazioni normali o patologiche, attualmente viene
articolato in quattro fasi. Helen S. Kaplan, distanziandosi da una considerazione monistica della
risposta sessuale, a partire dagli studi di Masters e Johnson (1970) ha elaborato il noto modello
trifasico della risposta sessuale (Kaplan, 1979), modello su cui si fonda la quadripartizione odierna
dei disturbi sessuali del DSM-IV-TR.
Il DSM-IV-TR (APA, 2000) contiene la sezione Disturbi Sessuali e della Identità di Genere, la quale
comprende a sua volta tre parti dedicate rispettivamente alle Disfunzioni Sessuali, alle Parafilie e
ai Disturbi della Identità di Genere. La sezione dedicata alle Disfunzioni Sessuali si suddivide a sua
volta in quattro parti, ciascuna delle quali dedicata ai disturbi peculiari delle singole fasi della
risposta sessuale. Tali fasi sono:
1. Desiderio: consiste in fantasie sull’attività sessuale e nel desiderio di praticare attività sessuale;
2. Eccitazione: è la sensazione soggettiva di piacere sessuale e le concomitanti modificazioni
fisiologiche. Le principali modificazioni nel maschio sono la tumescenza del pene e l’erezione.
Le principali modificazioni nella donna sono la vasocongestione pelvica, la lubrificazione e la
dilatazione della vagina, la tumescenza dei genitali esterni;
3. Orgasmo: è il picco del piacere sessuale, con allentamento della tensione sessuale e contrazioni
ritmiche dei muscoli perineali e degli organi riproduttivi. Nel maschio vi è la sensazione di
inevitabilità dell’eiaculazione, seguita dall’emissione di sperma. Nella femmina vi sono
contrazioni (non sempre percepite soggettivamente come tali) della parete del terzo esterno
della vagina. Sia nel maschio che nella femmina, lo sfintere anale si contrae ritmicamente;
4. Risoluzione: è una sensazione di rilassamento muscolare e di benessere generale. Durante
questa fase, i maschi sono fisiologicamente refrattari ad ulteriori erezioni ed orgasmi per un
periodo variabile di tempo. Al contrario, le femmine possono essere in grado di rispondere a
nuove stimolazioni quasi immediatamente (DSM-IV-TR, 2000, p. 574).
Pertanto, il DSM-IV-TR definisce la Disfunzione Sessuale «un’anomalia del processo che sottende il
ciclo di risposta sessuale, o da dolore associato al rapporto sessuale» che causano marcato disagio
o difficoltà interpersonale (DSM-IV-TR, 2000, p. 574).
Nel manuale sono poi indicati i seguenti sottotipi: i sottotipi riguardanti l’esordio del disturbo si
dividono in Tipo Permanente, qualora i sintomi siano presenti fin dall’inizio dell’attività sessuale, e
Tipo Acquisito laddove il disturbo si sviluppi in seguito ad un periodo di funzionamento sessuale
normale; i sottotipi riguardanti il contesto in cui la Disfunzione Sessuale si verifica si suddividono in
Tipo Generalizzato, nei casi in cui i sintomi non siano limitati a certi tipi di stimolazione, di
situazioni, o di partner, e Tipo Situazionale, in caso contrario. Infine, per specificare i fattori
eziologici associati con la Disfunzione Sessuale, si può utilizzare il sottotipo Dovuta a Fattori
Psicologici, quando si ritiene che essi abbiano un ruolo preminente nell’insorgenza, nella gravità,
nell’esacerbazione, o nel mantenimento di una Disfunzione Sessuale, mentre si utilizza il sottotipo
Dovuta a Fattori Combinati, laddove sia fattori psicologici che una condizione medica generale o
l’uso di sostanze abbiano un ruolo nell’insorgenza, nella gravità, nell’aggravamento, o nel
mantenimento della Disfunzione Sessuale.
Tabella 1 Prospetto sinottico delle Disfunzioni Sessuali
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FASI DEL CICLO DI RISPOSTA SESSUALE
Desiderio
Disturbo da Desiderio Sessuale Ipoattivo
Disturbo da Avversione Sessuale
Eccitazione
SOTTOTIPI
Disturbo dell’Eccitazione Sessuale Femminile
- Tipo Permanente
- Tipo Acquisito
Disturbo Maschile dell’Erezione
Orgasmo
Disturbo dell’Orgasmo Femminile
Disturbo dell’Orgasmo Maschile
Eiaculazione Precoce
ALTRI DISTURBI SESSUALI
- Tipo Generalizzato
- Tipo Situazionale
- Dovuta a Fattori Psicologici
- Dovuta a Fattori Combinati
Disturbi da Dolore Sessuale:
- Dispareunia
- Vaginismo
Disfunzione Sessuale Dovuta a una Condizione Medica Generale
Indicare la Condizione Medica Generale
Disfunzione Sessuale Indotta da Sostanze
Specificare se:
- Con Compromissione de Desiderio Sessuale
- Con Compromissione dell’Eccitazione
- Con Compromissione dell’Orgasmo
- Con Dolore Sessuale
Tuttavia, non è mai sufficiente fare una diagnosi basandosi sui criteri diagnostici del DSM-IV-TR. È
fondamentale che il clinico abbia il maggior numero possibile di informazioni sul paziente al fine di
comprendere in modo quanto più possibile accurato il disturbo, così da poter proporre il progetto
terapeutico più opportuno.
Innanzitutto, i parametri da tenere in considerazione sono: l’invio, le motivazioni e aspettative,
l’esordio e le circostanze in cui si è verificato per la prima volta il disturbo, altri eventuali indici di
malessere psichico prima dell’esordio.
Simonelli e Fabrizi (2006) indicano che sarebbe importante approfondire anche ulteriori aspetti
legati alla sessualità, tra cui:
 Fattori predisponenti: si distinguono in costituzionali (ad esempio deformazioni anatomiche e
tratti della personalità) e di sviluppo (ad esempio la qualità dell’attaccamento, eventi
traumatici, l’educazione sessuale da parte dei genitori e del contesto socio-culturale, malattie
fisiche e interventi chirurgici);
 Fattori precipitanti: ne sono un esempio eventi stressanti nell’arco di vita come divorzi e lutti, la
nascita di un figlio, l’inadeguatezza del partner, problemi di coppia, ansia e depressione, l’abuso
di sostanze;
 Fattori di mantenimento: le informazioni sulla sessualità, stimolazioni sessuali inadeguate, i
problemi relazionali o i conflitti interpersonali, problemi di salute, il vissuto corporeo, la
mancanza di autostima, stress di vario genere, ansia da prestazione, l’uso di farmaci o di
sostanze;
 Fattori contestuali: costrizioni ambientali, mancanza di tempo/privacy, distrazioni dovute al
lavoro/figli (Althof, Leiblum, 2004).
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IL TRATTAMENTO INTEGRATO
Un aspetto preliminare da tenere in considerazione quando si affronta il tema del trattamento
delle disfunzioni sessuali è che esso non è univoco, bensì dipende da una attenta valutazione da
parte del clinico della situazione complessiva del singolo o della coppia. Infatti, come scrive
Gabbard: «quando un problema sessuale è il principale disturbo che emerge nel corso di un
colloquio iniziale si tratta spesso solamente della punta di un iceberg. In alcuni casi il problema
sessuale può essere una “falsa traccia” per distrarre il clinico da altri problemi assai più gravi e
urgenti. In altri può servire a “contenere” una varietà di problemi intrapsichici, coniugali e familiari
intimamente connessi.» (Gabbard, 2002, p. 331). Si può pertanto affermare che assai di frequente
le disfunzioni sessuali sono altamente egosintoniche poiché soddisfano profondi bisogni e conflitti
psichici: il clinico dovrà costantemente porre attenzione a non esacerbare l’equilibrio del paziente
con la terapia sessuale. D’altra parte, altre volte accade che sintomi psicologici siano sintomi di
copertura che celano un problema di natura sessuale.
Di conseguenza, poiché il sintomo sessuale è sovradeterminato, qualunque trattamento deve
sempre essere altamente individualizzato e basarsi su una accurata valutazione: se da una parte è
fondamentale che il medico sappia cogliere la necessità di intervenire anche sugli aspetti
psicologici del problema portato, da parte sua, il sessuologo deve sempre tenere in mente
l’aspetto somatopsichico del problema sessuale: di conseguenza, deve essere consapevole che di
fronte a molti tipi di disturbi, ad esempio una eiaculazione precoce grave o un vaginismo primario,
l’intervento psicologico non è sufficiente e, quindi, ha il dovere di affiancare al proprio intervento
quello di altri professionisti per un trattamento medico. È questa l’essenza del modello di
trattamento integrato.
L’origine della terapia integrata in sessuologia può esser fatta risalire al modello proposto da
Kaplan (1979), la quale chiama la propria forma di trattamento terapia psicosessuale.
L’aspetto distintivo delle terapie integrate consiste proprio nell’aprirsi ai contributi dei diversi
approcci teorici così da poter integrare metodi e strumenti diversi al fine di poter fornire, vista la
complessità della sessualità umana, «una risposta flessibile, efficace e completa ad una domanda
di tipo sessuologico» (Rossi, 2004, p. 22). In tal modo è possibile «individuare piani di intervento
efficaci che si adattino alle esigenze della persona piuttosto che ai principi di un determinato
modello» (Simonelli, Fabrizi, 2006, p. 21).
Inoltre, il modello integrato viene applicato con la coppia in quanto la relazione è «il “luogo”
d’intersezione tra disagio individuale e disagio relazionale» (Simonelli, Fabrizi, 2006, p. 21),
cosicché non è il singolo portatore del sintomo ad essere oggetto della terapia bensì la “coppia
disfunzionale”. Ciononostante, è possibile utilizzare proficuamente tale terapia sia con i single che
con un solo membro della coppia quando l’altro non sia disponibile.
Dello stesso avviso è Cociglio, il quale scrive che «Il progetto terapeutico deve essere costruito sui
bisogni del paziente come un abito su misura attraverso un approccio integrato di tecniche o
professionisti diversi (terapia eterocentrata sul cliente) e non preconfezionato dal metodo
posseduto dal terapeuta (terapia autocentrata sul terapeuta).» (Cociglio, 2002, p. 37).
Il paziente sessuologico è spesso confuso e disorientato di fronte alle molteplici implicazioni del
suo problema. La presa in carico sessuologica, secondo il modello di intervento integrato,
permette al paziente di recuperare la propria unità, individualità ed unicità, coniugando gli
interventi medici e psicologici a lui più idonei.
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ALTRE AREE DI INTERVENTO DELLA CONSULENZA SESSUOLOGICA
La sessuologia non è semplicemente diagnosi e terapia dei sintomi sessuali, questa sarebbe una
visione troppo ristretta di tale disciplina che non terrebbe conto della complessità e ricchezza della
sessualità umana: la sessuologia allarga i suoi orizzonti verso una molteplicità di aree riguardanti le
problematiche relative all’identità sessuale, ai vissuti psicosessuali e alla relazione di coppia.
Quindi vediamo come in molti altri casi medicina e sessuologia siano in intima relazione e possono
collaborare nella fase diagnostica e di intervento. Ne sono un esempio le consulenze riguardanti
l’infertilità, la sterilità e la procreazione medicalmente assistita. Il sessuologo si rivela essere molto
importante anche nei casi di interruzione volontaria di gravidanza o di poliabortività. Oppure
ancora come supporto, orientamento, ridefinizione ed esplorazione dei vissuti su tematiche quali
la sessualità in gravidanza o nel puerperio, le difficoltà sessuali legate alla contraccezione, i
cambiamenti fisici e nella sessualità legati alla menopausa.
O, ancora, le difficoltà sessuali legate a patologie organiche come nel caso dell’incontinenza
urinaria nella donna, che provoca, come conseguenza psicologica, vissuti di vergogna, inibizione,
calo del desiderio e ritiro in se stessa. Vissuti di grande sofferenza si possono riscontrare anche
nell’uomo in seguito ad un intervento di protesi peniena. Altrettanti vissuti dolorosi e conflittuali
legati alla sessualità si riscontrano in pazienti che hanno patologie croniche o oncologiche: ne è un
esempio, a questo proposito, il tumore alla mammella. Molte donne riferiscono vissuti di
inadeguatezza corporea, di menomazione, di attacco alla propria femminilità tali che diventa
difficile non solo accostarsi di nuovo alla sessualità ma persino guardarsi nude.
Il sessuologo si occupa anche di aspetti della sessualità legati alle fasi della vita come l’adolescenza
e la terza età. Infine, sono terreno specifico della sessuologia tematiche quali le conflittualità di
coppia e le dipendenze sessuali, come ad esempio, questioni molto attuali, il cyber sex e la
sessualità compulsiva.
LE FIGURE DI RIFERIMENTO DELLA CONSULENZA SESSUOLOGICA
Simonelli e Fabrizi scrivono che i modelli integrati prevedono «un lavoro di équipe costituito da
figure professionali diverse, ma capaci di parlare un linguaggio comune. [...] il medico e lo
psicosessuologo partecipano fin dall’inizio al processo diagnostico, mediante la valutazione degli
aspetti psichici e somatici e la determinazione del loro peso nella genesi del disturbo.» (Simonelli,
Fabrizi, 2006, p. 22).
Sempre più persone chiedono aiuto per problemi riguardanti l’area sessuale e, quindi, di fronte a
una domanda sessuologica in costante aumento e che si fa sempre più complessa, a medici e
psicologi si pone il problema di uscire dagli schemi della loro formazione professionale per fornire
al paziente una risposta più ampia. In questo modo, ciascuna delle figure professionali coinvolte, si
trova di fronte alla sfida di andare al di là dei confini della propria disciplina per cogliere l’individuo
nella sua unità psicosomatica. Questo però richiede che i professionisti abbiano una formazione
interdisciplinare comune.
La domanda sessuologica, disorientata e posta in modo confuso, può disperdersi tra le diverse
figure professionali, ognuna delle quali, d’altra parte, posta da sola di fronte ai molteplici piani che
coinvolge la domanda sessuologica, rischia di sentirsi inadeguata a fornire una risposta completa al
problema. D’altro canto, può accadere anche il contrario, ovvero che, sia il sessuologo che il
medico, con un eccesso di fiducia nei propri mezzi professionali e con una chiusura difensiva
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nell’ambito ristretto delle proprie competenze, ritengano di poter far fronte da soli al problema
sessuologico nella sua interezza.
Il paziente con problemi sessuologici ha difficoltà a trovare le parole giuste per esprimere il
proprio disagio, teme di non essere compreso, ha paura del giudizio del medico. Pertanto, la
domanda sessuologica raramente è posta in forma diretta, il più delle volte avviene sotto forma di
vaghe dichiarazioni di malessere e disagio. I diversi professionisti, quindi, possono essere di aiuto
per i problemi sessuali solo quando sono in grado di decodificare le richieste dei pazienti e di
portarli alla luce in modo esplicito. Il primo preliminare messaggio che deve passare al paziente,
premessa indispensabile per qualsiasi tipo di trattamento medico e psicologico, è che di sessualità
si può parlare e che un problema nell’area della sessualità può essere affrontato come qualsiasi
altro. È per questo motivo che è importante che sia il medico, per primo, ad orientare il colloquio
verso l’area della sessualità: già questo è d’aiuto, fa sentire il paziente più libero di presentare il
proprio disagio.
Inoltre, è abbastanza frequente che entrambi i membri della coppia presentino difficoltà nell’area
sessuale, così come riscontrare un’associazione con altri disturbi psichici, in particolare i disturbi
d’ansia e dell’umore, o con disagi quali l’inadeguatezza corporea e la bassa autostima.
D’altra parte, l’esperienza clinica suggerisce che i problemi sessuali restano sommersi,
frequentemente a causa della mancanza di informazioni adeguate e dei vissuti di vergogna e di
scoraggiamento: i pazienti si rivolgono al sessuologo solo quando la disfunzione si è esacerbata,
causa profonda sofferenza o è diventata motivo di conflitto nella coppia.
È per tale motivo che è indispensabile la capacità da parte del medico curante di saper cogliere il
disagio del paziente, spesso celato, faticosamente verbalizzabile e poco compreso, allo scopo di
indirizzarlo nel migliore dei modi verso il tipo di intervento a lui più indicato. Il paziente si sentirà
così accolto sia nel disagio fisico che nelle componenti psicologiche.
Pertanto, gli interventi in équipe pluridisciplinare necessitano del contributo di molti diversi
professionisti. Vediamo quali.
Il medico di medicina generale. È, di fatto, la figura professionale fondamentale per
l’individuazione di difficoltà in ambito sessuologico del paziente e/o della coppia dal momento
che, più dei medici specialisti, ha una conoscenza del paziente complessiva, continuativa negli anni
ed estesa anche al nucleo familiare, sia in termini biologici che psicologici e sociali.
Oltre a ciò, la medicina generale riveste una posizione centrale rispetto ad altre specializzazioni,
perché costituisce l’interfaccia di comunicazione fra tutte le diverse figure professionali
specialistiche che si trovano, direttamente o indirettamente, ad occuparsi dei diversi aspetti della
patologia sessuale del paziente.
Il medico di medicina generale, tuttavia, può incontrare la difficoltà di non poter dedicare al
paziente sessuologico un maggior tempo di ascolto, ovvero, tutto quello necessario per far
emergere la richiesta di aiuto o il disagio sessuologico, che frequentemente vengono celati dal
paziente dietro altre domande.
Il medico, nei confronti delle disfunzioni sessuali, dovrebbe:
a) prestare attenzione ai sintomi indicatori e riconoscere i possibili problemi sessuali;
b) eseguire un esame generale obiettivo;
c) scegliere e prescrivere gli esami strumentali e di laboratorio di primo livello;
d) formulare la diagnosi o il sospetto diagnostico;
e) informare il paziente ed il partner;
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f) indicare la consulenza specialistica necessaria e collaborare con lo specialista;
g) motivare il paziente alle indagini di livello specialistico superando le frequenti resistenze del
paziente.
Il medico di famiglia, quindi, può svolgere anche un ruolo di educatore sessuale soprattutto perché
è di solito coinvolto continuativamente nelle fasi di vita dell’individuo e della famiglia, quali: la
pubertà, la menopausa, l’assistenza pre e post-partum, la contraccezione, le complicanze
sessuologiche delle varie patologie, e qualsiasi altro evento che possa interagire con la sessualità.
Il ginecologo. È per tradizione il primo referente a cui si rivolge la donna per le difficoltà nella sfera
sessuale, oltre che per la specifica competenza, anche per il rapporto di fiducia e confidenza che
contraddistingue questo particolare rapporto medico-paziente.
Inoltre, il ginecologo è nella posizione privilegiata di poter chiedere alle pazienti, nell’ambito del
suo lavoro, notizie in merito ai rapporti sessuali e ad eventuali problemi: in questo modo, anche
indirettamente, apre la via alla eventuale domanda sessuale della paziente e alla diagnosi
sessuologica.
Pertanto, ogni ginecologo potrebbe inserire, nell’ambito dell’abitudinaria raccolta anamnestica,
una o più domande riguardanti la sessualità, magari iniziando con domande a carattere generale e
indirette quali ad esempio: “ha rapporti sessuali in questo periodo?”; operando in questo modo, si
hanno maggiori probabilità di introdurre l’argomento senza suscitare nella paziente sentimenti di
paura o imbarazzo.
L’andrologo. È il maggior esperto di fisiologia sessuale maschile ed ha una stretta attinenza con la
sessuologia in quanto specializzato nei disturbi organici dei meccanismi erettivi; tuttavia, le
disfunzioni sessuali implicano una complessa interazione tra problemi di natura psicologica e
biologica, e quindi è importante saper cogliere anche i risvolti affettivi, cognitivi e relazionali.
Nella cura delle disfunzioni sessuali è quindi necessaria, sia in fase diagnostica che in quella
terapeutica, una stretta collaborazione tra l’andrologo e lo psico-sessuologo per individuare,
soppesare e gestire al meglio componenti psicologiche ed organiche delle varie problematiche
sessuali.
Infatti, spesso i pazienti portano al medico una disfunzione celando, inconsapevolmente, un altro
problema (ad esempio un problema di coppia), ovvero, la vera eziologia del disturbo, secondo
meccanismi e dinamiche familiari alla figura dello psico-sessuologo ma non necessariamente al
medico; in casi come questi, sarà quindi difficile per il medico, senza l’ausilio dello psicosessuologo, decodificare la domanda ed intervenire con la terapia corretta.
Viceversa, l’andrologo è per il sessuologo la figura di riferimento per la diagnosi e la terapia
medico-farmacologica delle disfunzioni sessuali maschili.
L’urologo. È una figura altamente specializzata nella medicina e nella chirurgia degli organi
urogenitali e quindi agisce gravemente, direttamente o indirettamente e più o meno
consapevolmente, sulla sessualità dei suoi pazienti.
Per questo motivo, l’urologo è spesso oggetto di domande sessuologiche ma, avendo competenze
molto specifiche, senza l’ausilio del sessuologo non sempre è in grado di fornire le risposte
necessarie. La collaborazione tra le due figure è quindi nuovamente strettamente necessaria per
fornire ai pazienti le più appropriate diagnosi e terapie.
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L’endocrinologo. Tutti gli specialisti in endocrinologia si trovano prima o poi coinvolti in problemi
di patologia sessuale dal momento che il loro intervento agisce direttamente sul funzionamento
ormonale e, quindi, sul comportamento sessuale.
La base endocrina del comportamento sessuale è rappresentata dal funzionamento dell’asse
ipotalamo-ipofisi-gonadi, e così le disfunzioni di questo asse si traducono in disturbi del
comportamento sessuale, come ad esempio nel caso degli ipogonadismi, ma anche il diabete e le
disfunzioni della tiroide possono avere ripercussioni sulla sessualità.
Per tale motivo, per l’endocrinologo la consulenza sessuale diventa una necessità: fra i medici, gli
endocrinologi sono quelli che più spesso scelgono esplicitamente di allargare la loro competenza
professionale al campo della sessuologia.
L’intervento di questo specialista è sempre utile alle terapie di disfunzioni sessuali e in alcuni casi si
rivela addirittura risolutivo. L’endocrinologo è, quindi, una figura indispensabile della terapia
sessuale perché è sempre importante, nelle valutazioni preliminari, accertare o escludere la
presenza di fattori organici nella patogenesi del disturbo e, fra i fattori organici, quelli ormonali
rivestono una rilevanza particolare.
Lo psichiatra. Costituisce l’unica figura professionale preparata al tempo stesso in campo biologico
e psicologico ed è, pertanto, sicuramente la più idonea ad effettuare una consulenza sessuale, ma,
nonostante ciò, accade di rado che la domanda sessuologica venga rivolta allo psichiatra.
Inoltre, lo psichiatra ha la competenza della somministrazione degli psicofarmaci che possono
essere molto efficaci sui disturbi sessuali, talvolta in modo risolutivo, talvolta come facilitanti negli
interventi psicoterapeutici o coadiuvanti delle terapie organiche.
Tuttavia, gli psichiatri raramente possono dedicarsi alle alterazioni della sessualità dei pazienti, in
quanto surclassate da fenomeni psicopatologici più urgenti, più gravi, da cui può dipendere
addirittura la sopravvivenza del paziente.
Spesso, infatti, il sintomo sessuale non è il disturbo prevalente dei pazienti psichiatrici ma un
elemento di un più vasto ed importante quadro psicopatologico e, quindi, lo psichiatra deve
valutare la convenienza di intervenire nello specifico del sintomo sessuologico, piuttosto che sugli
altri.
Questa valutazione, che assume i connotati di una vera e propria consulenza sessuologica, è
importantissima in ragione della bidirezionalità dei due fenomeni, psicopatologia e problema
sessuale: disturbi come la depressione o il disturbo d’ansia possono avere nel loro corredo
sintomatologico alterazioni della funzione sessuale quali, rispettivamente, l’impotenza, i disturbi
del desiderio o l’eiaculazione precoce, ed altre volte queste alterazioni possono esserne la causa.
Ancora più frequentemente lo psichiatra si trova a dover affrontare problemi sessuali iatrogeni,
causati dalla somministrazione degli psicofarmaci stessi.
Lo psichiatra, quindi, detiene gli strumenti e le competenze per gestire autonomamente i disturbi
sessuali e tuttavia, per la complessità dei casi di solito sottoposti alla sua cura, è auspicabile un
integrazione con le consulenze andrologiche, ginecologiche e sessuologiche nell’affrontare i
disturbi della sfera sessuale.
Il dermatologo. La dermatologia si intreccia con la sessuologia nell’ambito della cura di malattie a
trasmissione sessuale e a sintomatologia epidermica, come la sifilide e la gonorrea, che,
soprattutto in passato, dominavano il quadro delle malattie veneree; oggi continua ad avere una
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presenza in sessuologia, sia perché le suddette infezioni non sono scomparse sia per il ruolo della
pelle nell’atto sessuale.
Ancora oggi a fianco delle patologie cutanee classicamente trasmesse per contagio sessuale
esistono dermatosi con peculiare localizzazione genitale in cui il dermatologo è chiamato ad
intervenire.
D’altra parte, oggi è largamente condivisa e accettata l’eziologia psichica, di natura psicosomatica,
di diverse patologie dermatologiche, ad esempio la psoriasi, l’acne e l’eczema.
Il dermatologo viene così a contatto con la sfera della sessualità, e di fronte ad una domanda
sessuologica, deve essere in grado di svolgere un’indagine sulle eventuali problematiche collegate
o all’origine del fenomeno.
Oltre a ciò, le malattie cutanee hanno una forte influenza sull’attività sessuale e la collaborazione
tra dermatologo e sessuologo potrebbe portare ad una considerazione maggiore e attenta sulla
malattia, mirata, oltre che alla guarigione, anche al ripristino di un più sereno rapporto tra il
paziente e il suo corpo, tra il paziente e gli altri, tra il paziente e il piacere.
L’infettivologo. È la figura specializzata nello studio delle malattie infettive epidemiologiche e
pertanto si trova coinvolta direttamente nello studio dei comportamenti sessuali per via del
proliferare di virus trasmessi dal contatto sessuale.
La diffusione delle malattie a trasmissione sessuale (MST) ha contribuito al coinvolgimento dello
specialista in Malattie Infettive nel campo della consulenza sessuale, al fine di coadiuvare con
l’educazione sessuale le strategie di controllo, prevenzione e riduzione del rischio e del danno
epidemiologico.
Il nuovo ruolo dell’infettivologo è quello di cooperare con sessuologi ed educatori sessuali al fine
di mettere a punto migliori strategie di contenimento della diffusione, collaborando in tutti gli
aspetti informativi e della promozione dei cambiamenti nei comportamenti sessuali a rischio.
Le statistiche dimostrano, infatti, che la maggior parte delle persone, pur essendo al corrente di
come si trasmettono e di come si evita il contagio e la diffusione delle MST, in realtà non mette in
atto le misure di prevenzione necessarie: l’esempio primo è la diffidenza all’uso del preservativo
che viene vissuto come un ostacolo ad un rapporto sessuale soddisfacente.
Per questi fenomeni, il medico, cooperando con il sessuologo, può mettere a punto modalità di
intervento efficaci nel modificare questo atteggiamento negativo, generato sia da aspetti
psicologici sia da aspetti puramente tecnici.
Esiste inoltre il problema non raro di coppie stabili formate da individui infetti, in cui si instaurano
spesso problematiche di coppia legate alla paura del contagio che, per la loro complessità,
richiedono l’intervento integrato di più figure professionali: dell’infettivologo per l’educazione alla
prevenzione e del sessuologo per il raggiungimento di una qualità della vita sessuale soddisfacente
anche in tale difficile contesto.
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