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SANT’AGOSTINO
VITA
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Agostino nacque a Tagaste (in Algeria) nel 354.
Il padre era un funzionario romano ed era un piccolo proprietario terriero; la madre era una
fervente cristiana ed influenzò profondamente il percorso spirituale del figlio.
Frequentò le scuole a Tagaste, a Madaura e a Cartagine, dove ultimò gli studi superiori di
retorica.
La morte di suo padre e la nascita di un figlio illegittimo, lo costrinsero a tornare a Tagaste
dove aprì una scuola nel 373-374. Negli anni successivi Agostino si dedicò
all’insegnamento della retorica e della grammatica.
Da Tagaste si trasferì a Cartagine, poi a Roma e nel 382 e infine a Milano, sede della corte
imperiale, per ricoprirvi la cattedra di retorica. In questi anni egli aderiva al manicheismo.
La dottrina manichea offriva al giovane una risposta al problema del male, questione
centrale della sua riflessione e lo faceva contrapponendo il bene e il male come principi
opposti, costantemente in lotta. Il male era pensato come una forza esterna all’uomo ed era
identificato con la corporeità (desideri).
Nel 386 si convertì al cristianesimo, a causa di una inquietudine spirituale, l’insofferenza per
l’esteriorità della vita pubblica, la predica del vescovo Ambrogio e l’incontro con il
neoplatonismo. In particolare, gli scritti di Plotino e Porfirio, condusse Agostino a concepire
Dio in termini spirituali, abbandonando la concezione materialistica della divinità ereditata
dal manicheismo, e ad acquisire la nozione del male come privazione, come non essere. Nel
neoplatonismo inoltre Agostino trovò un percorso di ricerca rivolto non più verso l’esterno
ma verso l’interno, ossia verso l’interiorità dell’uomo.
Una volta convertito, Agostino decise di rinunciare alla carriera e di adottare uno stile di vita
ascetico per dedicarsi allo studio, alla scrittura, alla preghiera e alla meditazione, ed
approfondì la conoscenza neoplatonica e della Bibbia.
Nel 387 ricevette il battesimo dal vescovo Ambrogio e decise quindi di ritornare in Africa,
dove giunse nel 389 (durante il viaggio morì la madre, mentre il figlio morì i primi anni el
suo ritorno in Africa).
Nel 391 Agostino si recò ad Ippona dove venne ordinato sacerdote e nel 396 diventò
vescovo.
Morì nel 430 alla fine dell’Impero d’Occidente mentre i vandali assediavano Ippona.
OPERE
Tre capolavori: “Le confessioni”, “La Trinità” e “La città di Dio”. Nelle “Confessioni”
Agostino mostra che il proprio cammino di ricerca, come il cammino di ogni uomo, acquista
un senso unitario solo alla luce di Dio. Egli in quest’opera narra il proprio percorso di
conversione: Agostino dice che il nostro cuore è inquieto finché non trova pace in Dio; è il
Creatore a porre nell’uomo il desiderio di verità e felicità, cioè il desiderio di Dio.
IL PENSIERO
La filosofia di S. Agostino non è esposta sistematicamente in nessuna delle sue opere, ma si
sviluppa occasionalmente nella trattazione di argomenti diversi, soprattutto teologici.
S.
Agostino
si
ispira
nella
sua
filosofia
principalmente
a
Platone.
Egli, a differenza di quanto farà poi S. Tommaso, non distingue nettamente le verità della ragione
dalle verità di fede, perché – in base alla teoria dell’illuminazione – le prime si identificano con le
seconde,
venendoci
insegnate
direttamente
da
Dio.
PROBLEMA GNOSEOLOGICO (della conoscenza)
E’ il punto di partenza della filosofia agostiniana.
1. S. Agostino muove dal dubbio sistematico della Nuova Accademia (probabilismo), e giunge
a dimostrare l’esistenza dell’anima e della verità. Egli afferma: “chi dubita, in quanto dubita,
deve ammettere l’esistenza del pensiero che dubita”: cioè l’esistenza dell’anima e della
verità. S. Agostino trova che la verità è dotata di tali caratteri di universalità e necessità, per
cui non può derivare dalle sensazioni particolari e contingenti, ma è innata, interiore
all’uomo (cfr. Platone). Per trovare la verità – afferma S. Agostino – bisogna ritirarsi
dall’esteriorità delle cose materiali, che, in quanto oggetto di pensiero, sono oggetto di
dubbio; e concentrarsi nell’interiorità della propria coscienza, intesa come attività pensante,
indipendente da ogni oggetto di pensiero.
2. S. Agostino ammette, al di là della verità soggettiva ed umana, una verità oggettiva e
trascendentale, principio e norma di tutte le verità particolari: la verità è in noi, ma noi non
siamo gli artefici della verità. La verità è infatti dotata di caratteri dell’universalità e della
necessità, ma tali caratteri non possono derivare dal pensiero soggettivo, il quale – in quanto
tale – è sottoposto a cambiamento (è questo un dogma del pensiero greco): dunque essa
insiste in un pensiero oggettivo e trascendentale, in una Verità assoluta ed eterna, Dio. Il
quale Dio è – platonicamente – Logos, Mente, sede delle idee archetipe delle cose esistenti;
ma a differenza di Platone, che poneva queste idee come sussistenti in sé, cadendo
nell’assurdo di idee che esistono senza essere pensate da nessuno, S. AGOSTINO
CORREGGE LA TEORIA PLATONICA PONENDO LE IDEE NELLA MENTE DI DIO.
3. La verità è innata; ma a differenza di Platone, che ammetteva la preesistenza delle anime al
corpo e quindi faceva del conoscere un ricordare, Agostino ammette una speciale
illuminazione dell’intelligenza da parte di Dio, che, all’occasione delle percezioni
sensibili, produce nella nostra intelligenza le idee. In tal modo, le verità di ragione si
riducono ad essere delle verità rivelate: non il lume naturale della ragione ma il soccorso
divino ci rende capaci di verità, e Dio è il nostro Maestro.
PROBLEMA MORALE: IL PROBLEMA DEL MALE
E’ un problema capitale dell’agostinismo.
1. S. Agostino parte in polemica contro la negazione del libero arbitrio e la sostanzialità del
male affermate dal Manicheismo. Egli si appella in parte alla teoria di Origene e in parte
alla propria esperienza personale. Il male non è creato da Dio, perché Dio, che è sommo
bene, non può creare se non cose buone; e neppure dalla materia che è creata da Dio, e
quindi in se stessa buona: ma dalla libera volontà dell’uomo. La volontà dell’uomo, come
tutte le cose create da Dio, è in se perfetta, e perciò dotata di libero arbitrio; ma appunto
perché volontà libera, è volontà peccabile, capace di generare il male. Il quale male,
inerendo ad una realtà perfetta e buona come la volontà, non può esistere come realtà
positiva ed autonoma, ma come realtà negativa (non sostanzialità del male): esso consiste
in una “degenerazione della volontà che si torce da Dio (aversio a Deo) verso le cose
inferiori”, o – in altre parole – in un DIFETTO O PRIVAZIONE O NON-ESSERE, che la
volontà buona fa in se per propria libera determinazione.
2. Ma il concetto di una libertà dello spirito, non significa libertà assoluta dello spirito stesso,
in modo che questo si renda capace di liberarsi dal male e di diventare principio di
spiritualità e di progresso. S. Agostino ammette al di là della libertà dello spirito le tristi
conseguenze della Caduta di Adamo su di esso, e la necessità della Grazia Divina perche si
possa riscattare dal male. Il libero arbitrio in altre parole è una condizione necessaria, ma
non sufficiente per operare il bene. E poichè l’uomo, dopo il peccato di Adamo, non ha
diritto alcuno alla Grazia, Dio dona la propria Grazia a chi vuole (predestinazione).
Nonostante le implicite difficoltà, S. Agostino ottenne il riconoscimento della sua dottrina
della Grazia (onde il titolo di Dottore della Grazia). In seguito la chiesa cercò di attenuare
le conseguenze estreme della dottrina agostiniana, dandone, con S. Tommaso,
un’interpretazione più mite (la volontà è veramente libera e Dio concede a tutti la sua
Grazia), onde invalse la regola: Augustinus eget, Thoma interprete.
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SINTESI PROBLEMA DEL MALE
In rapporto alla dottrina della creazione, Agostino elabora la propria soluzione al problema
del male.
Dal punto di vista metafisico, dato che ogni ente è bene, il male non esiste: è privazione,
mancanza di essere.
Dal punto di vista morale, il male è la scelta di un bene inferiore invece di un bene
superiore nell’ordine del reale: è frutto di un amore disordinato (cupiditas). La volontà,
amando disordinatamente, usa male del libero arbitrio (libertà di agire e di scelta) e ne è
responsabile. La virtù, invece, è ordine dell’amore (caritas).
PROBLEMA DEL DIVENIRE E DI DIO
Sono, anche questi, problemi di singolare importanza nella speculazione agostiniana.
1. S. Agostino, uniformandosi allo spirito del Cristianesimo, che nella sua più intima sostanza
rappresenta un accostamento del Divino all’umano, dell’Unità alla molteplicità riabilita il
divenire sensibile mediante il concetto di Provvidenza. Il divenire, l’apparenza, viene
rivalutato come espressione dell’Essere, come opera dell’attività incessante del Creatore:
la creazione non è soltanto un atto iniziale, col quale Dio ha dato origine al mondo,
abbandonandolo poscia a se stesso; ma è atto incessante, forza produttrice che sostiene il
mondo che essa ha prodotto; e la natura svanirebbe se non fosse sostenuta dall’attività
incessante di Dio. Di qui il nuovo concetto non più materialistico e meccanico, ma spirituale
e finalistico, della natura e della storia. Interessante, da tale punto di vista, l’opera De
civitate Dei. Prendendo occasione dall’accusa, che i pagani muovevano ai cristiani, di essere
la causa della rovina dell’impero romano, S. Agostino mostra i disegni della Provvidenza
che, dirigendo le vicende dei popoli, sa ricavare dalle contese dei buoni (Civitas Dei) coi
malvagi (Civitas terrena) il miglior bene.
2. Ma anche qui il concetto di un divenire cui è immanente il divino, non significa immanenza
e panteismo. Agostino ammette, al di là del divenire sensibile, un Dio trascendentale e
creatore, che, pertanto, non è la creazione, pur essendo nella creazione. Ecco i principali
caratteri della natura di Dio:
o trascendenza – Dio, pure essendo, in quanto Verità, presente in qualche modo nella
nostra anima, non è nella nostra anima: pur essendo, in quanto attività creatrice,
presente nella natura: non è nella natura: egli è in se stesso, al di sopra di noi e della
natura, fuori del tempo e dello spazio.
o Amore, Provvidenza, Felicità, Bene – Dio non è solo fredda contemplazione, come
in Aristotele, ma è amore provvidente, che la nostra anima può sentire in sé, per
essere sorretta nei suoi smarrimenti.
o ineffabilità – Dio, in quanto puro spirito, trascende di gran lunga le possibilità
conoscitive del nostro pensiero.
Tuttavia, in quanto Verità assoluta, Dio non può essere conosciuto in via analogica dal
nostro pensiero, che è pur verità: è come la coscienza umana, pur nella sua unità, si spiega in
una tripartizione fondamentale di rappresentazione (memoria), giudizio (intellectus) e
volontà (voluntas), analogamente l’unità di Dio si spiega in una Trinità di Essere (Padre),
Sapienza
(Figlio)
e
Volontà
(Spirito
Santo).
Il Padre ha dato a tutte le cose l’essere, il Figlio la razionalità, lo Spirito Santo l’amore;
perciò Essere, Sapienza e Volontà sono determinazioni fondamentali di tutte le cose.
SINTESI: DIO E LA CREAZIONE
Agostino sostiene che Dio, essenza somma, crea gli enti dal nulla con un atto di libera volontà
e bontà. Quindi, tutti gli enti, in quanto creati da Dio, sono buoni, pur non nello stesso modo: nel
creato infatti gli enti si dispongono per gradi inferiori di essere e di bene rispetto a Dio.
Quest’ordine gerarchico, però, non comporta alcuna continuità ontologica tra Dio e le cretaure:
Agostino distingue radicalmente l’immutabile dal mutevole, l’eternità dal tempo.
IL PROBLEMA DEL TEMPO
Come il male è un semplice non-essere, allo stesso modo Agostino scoprì che anche il tempo non ha
una sua vera consistenza, essendo soltanto privazione, mancanza di essere. Il problema del tempo in
Agostino era collegato anzitutto all'obiezione dei pagani riguardo alla creazione del mondo ad opera
di Dio: il Dio cristiano o è perfetto, e allora non si capisce perché abbia sentito la necessità di creare
l'universo, oppure è imperfetto e solo con la creazione ha potuto raggiungere la perfezione.
Pertanto, era perfetto prima e imperfetto dopo, oppure imperfetto prima e perfetto dopo. Ma il
"prima" e il "dopo", affermava Agostino, cioè i limiti del tempo, non riguardano Dio: il tempo è una
sua creatura; la sua dimensione è quella dell'eternità. Dio è principio e fine, alfa e omega.
Per Agostino, il tempo è quindi creatura di Dio, oggetto della sua eternità: "l'eterno che cammina".
L'universo non deriva da una divinità imperfetta, che abbia sentito il bisogno, la mancanza di
creare, ma ne richiede l'esistenza, poiché il tempo e l'evoluzione del creato, che sono all'interno di
Dio, sarebbero inconcepibili senza una coscienza creatrice, preesistente a quella dell'uomo, che è il
fine ultimo dell'opera divina.
Se il tempo, però, non è un problema per Dio, esso lo è per la comprensione degli uomini. Il tempo
è, infatti, una strana realtà: il passato non è più, il futuro non è ancora e il presente non posso
identificarlo nell'istante attuale, perché questo è subito trascorso, non è più. Quindi è una realtà
costituita dal non-essere ma che modifica l'essere.
La soluzione di Agostino, che anticipava quella di Henri Bergson, fu assolutamente originale: per
concepire il tempo, realtà dinamica, non si può utilizzare una definizione "statica", ma una
dinamica; come non si può concepire un fiume sempre diverso per le sue acque se non esistesse il
letto su cui scorrono, così lo scorrere del tempo è accompagnato dalla coscienza che permette che si
abbia la comprensione del tempo come memoria del passato, attenzione al presente e attesa del
futuro.
SINTESI PROBLEMA DEL TEMPO
Agostino si chiese: “Che cosa faceva Dio prima di fare il cielo e la terra?”, interrogativo posto nel
libro XI delle Confessioni e che dà avvio all’indagine agostiniana sul tempo. Tale indagine muove
dalla distinzione tra tempo ed eternità: questo quesito annulla la domanda iniziale, infatti poiché
il tempo è creato dal nulla insieme con il mondo, il quesito iniziale non ha senso perché riferisce
all’immutabile eternità di Dio l’indicazione temporale prima. AGOSTINO DISTINGUE
QUINDI FRA TEMPO ED ETERNITA’.
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