Molière Jean-Baptiste Poquelin nasce a Parigi nel 1622. Figlio del tappezziere del re, frequenta il collegio di Clermont a Parigi e la facoltà di giurisprudenza a Orléans, ma presto rivela ben altre passioni. Attratto prima dalla filosofia libertina, movimento di contestazione delle idee tradizionali, diventa poi un assiduo frequentatore delle sale dell’Hôtel de Bourgogne e del Marais a Parigi. Qui, nel 1643, costituisce, con lo pseudonimo di Molière, l’Illustre Teatro che ha, però, vita breve. Tale fallimento gli costerà la prigione. Dal 1645 al 1658 percorre tutta la Francia con una troupe itinerante, nella quale interpreta ruoli comici e tragici, in una tournée che arricchisce la sua vita di esperienze lavorative e umane. Le prime commedie come La gelosia del Barbouillé e opere di più ampio respiro come Il dispetto amoroso gli assicurano la protezione del duca d’Orléans. Chiamato a recitare a corte, riscuote un grande successo; ma tra le due opere rappresentate, la tragedia Nicomede di Corneille e la farsa Il dottore innamorato, è la seconda la più applaudita. Riconosciuta la grande abilità comica della compagnia, non se ne apprezzerà, invece, la vocazione e la sensibilità tragica; opinione generale, questa, che provocherà nel drammaturgo una grande amarezza. La troupe si stabilisce a Parigi, dividendo con una compagnia di attori italiani la sala del Petit Bourbon, per poi passare nel 1661 al teatro del Palazzo Reale. Molière vi rivestirà, fino alla morte, la triplice funzione di attore, autore e direttore di compagnia, confondendo ormai la sua multiforme opera con la propria vita. Alla commedia Le preziose ridicole, si alternano la farsa di Sganarello e gli spettacoli che mescolano abilmente musica, canto e danza come I seccatori. Il 1662, anno in cui viene rappresentato La scuola delle mogli, inaugura sì il periodo dei capolavori, ma anche il tempo delle ostilità. Con il tema del matrimonio, Jean-Baptiste abborda le grandi questioni sociali. Alla gelosia per i suoi successi, alla critica dei teorici per il mancato rispetto delle regole classiche, si aggiunge l’indignazione di chi lo accusa di ridicolizzare il sacramento del matrimonio. L’autore deride i suoi detrattori con La critica della scuola delle mogli e con L’improvvisata di Versailles. Nel 1664, con Tartufo porta sulle scene un sottile attacco all’ipocrisia religiosa; le rappresentazioni dell’opera, vietate immediatamente, saranno autorizzate solo cinque anni dopo. Una sorte peggiore toccherà al Don Giovanni, sospeso poco dopo la prima rappresentazione e mai più messo in scena durante la vita del drammaturgo. Ciononostante gli resta la fedeltà del pubblico e l’appoggio del re che accetta di fare da padrino a suo figlio. Non mancano, però, i problemi personali: la grave malattia polmonare e cardiaca, le incomprensioni con la moglie, la giovane attrice Armande Béjart, e la morte prematura del figlio. Nel Misantropo, Molière affronta un altro argomento scottante: le convenzioni e le apparenze su cui si regge la società mondana. Seguiranno L’avaro (1668), Il borghese gentiluomo (1670) e Le furberie di Scapino (1671) che mettono in scena, accanto ai vizi dell’epoca, le incongruenze insite nell’animo umano. Le donne 1 saccenti critica la pretesa erudizione femminile, mentre Il malato immaginario denuncia la ciarlataneria di alcuni medici. È proprio durante la quarta rappresentazione di quest’ultima opera, il 17 febbraio 1673, che cala il sipario sulla vita di Molière, stroncato da un’emorragia interna. Il re ottiene dall’arcivescovo di Parigi, nonostante la scomunica che cade sulla professione d’attore, la sepoltura in terra consacrata. La morte di uno tra gli uomini di teatro più illustri diventa, così, simbolo del coraggio di un uomo che si dedica al proprio lavoro fino allo stremo delle forze. 2