Stasera Pippo Delbono mette in scena la battaglia dell’Altro Oltre le barriere linguistiche con Edit Kaldor ◗ MODENA Il regista ligure apre la settima edizione del festival Al Comunale di Modena lo spettacolo co-prodotto con Ert allo storchi Tratto da Max Ernst il reality collage degli Orthographe ◗ MODENA Dopo averne presentato al Festival Steirischerherbst di Graz alcuni episodi preparativi gli Orthographe porteranno al Teatro Storchi, in prima assoluta, “Una settimana di bontà_stagione1” (oggi alle 23 e domani alle 16.30, posti limitati a prenotazione obbligatoria). Lo spettacolo mutua il titolo dai romanzi per immagini di Max Ernst e sembra volerne rielaborare la logica compositiva, trasportandola nella performance, tendendola verso i mezzi che guidano oggi la comunicazione di massa. Mentre l'artista tedesco pervertiva il senso comune attraverso il collage su illustrazioni di romanzi d'appendice, la compagnia ravennate elabora il materiale offerto dalle nuove tecnologie e strategie della comunicazione, deviandone la direzione nella messa in scena. Non si tratta, forse, di giudicare il dispositivo tecnico, quanto, piuttosto, di affrontarne la complessità, preferendo domandare di più al fruitore. Lo spettatore dovrà orientarsi all'interno di un archivio senza centro, in uno spettacolo creato dalla casualità della sua visione. Gli Orthographe, in questa nuova fase del loro percorso, sembrano comunque continuare il cammino sul crinale di quel precipizio che è la creazione: tra un discorso sotterraneo ma palpabile e un significato assente ma riconoscibile dagli occhi. Matteo Vallorani di Carolina Ciccarelli ◗ MODENA La settima edizione di Vie Scena Contemporanea Festival si apre con la prima regionale di Pippo Delbono, uno dei più grandi esponenti della scena contemporanea italiana e tra i suoi migliori rappresentanti nel panorama teatrale internazionale. Con la sua storica compagnia, amalgama di alterità psichiche e fisiche sapientemente costruito, lo vedremo mettere in scena - oggi alle 20.30 e domani alle 18, presso il Teatro Comunale Luciano Pavarotti - “Dopo la battaglia”, spettacolo co-prodotto da Emilia Romagna Teatro che ha debuttato al Teatro Verdi di Padova il maggio scorso. Pensato inizialmente come un'opera lirica, il lavoro si è poi trasformato in uno spartito di quadri scenici che Delbono, come un abile maestro d'orchestra, guida dall'oscurità della platea: affresco che diventa la voce e il gesto di chi subisce ingiustizia, di chi vuole disperatamente l'amore, di chi cerca aria chiuso dentro il grigio scuro dei muri sul palco. È l'urlo dell'Altro, dell'emarginato, del pazzo in manicomio o di chi non c'è più - inevitabile il riferimento a una delle più grandi maestre di Delbono, Pina Bausch - quell' alterità che accompagna, quasi ossessivamente, l'opera del regista e di cui Bobò, l'attore sordomuto e analfabeta che Delbono ha tirato fuori dal manicomio dopo 45 anni di internamento, ne è da sempre stato simbolo. E proprio a lui, ancora una volta in scena, è dedicato questo spettacolo in cui ritroveremo tutte le sfaccettature della poliedrica poetica del regista: danza, immagini, video, parole e silenzi, sempre violentemente provocatori, portatori di ironia amara e crudele, di inquietudini e senso di soffocamento. In "Dopo la battaglia" lo spettatore sarà investito dalle parole di Artaud, Pasolini, Kafka, Whitman, Dante e dalla musica di Verdi, Pagani, Irene Jacob ed Elis Regina; vedrà esplodere in scena la bellezza dei corpi in movimento dell'étoile dell'Opéra di Parigi Marie-Agnès Gillot , di Grazia Spinella e di Marigia Maggipinto e le note emozionanti di uno dei più eccellenti violinisti viventi, Alexander Balanescu. Alexander Balanescu in “Dopo la battaglia” di Pippo Delbono Quest'ultimo lo ritroveremo con Delbono il 17 ottobre al Teatro Comunale di Carpi alle 21, per intraprendere un viaggio di parole, poesie e musica nello spettacolo che riprende il titolo del film presentato il mese scorso a Venezia nella sezione Orizzonti, "Amore e carne", che sarà proiettato domani alle 16 e alle 21 presso la sala Truffaut (al termine dell'ultima proiezione incontro pubblico alla presenza del regista). al fabbri il cantiere delle arti “Karamazov”: tra politica e poesia Debutta a Vignola il nuovo lavoro firmato da César Brie ◗ VIGNOLA Una scena spoglia, pochi oggetti che nelle mani degli attori prendono vita, acquisendo nuove e immaginifiche sembianze. È questo il potere del teatro di César Brie, regista argentino che debutta questa sera con “Karamazov” al Fabbri di Vignola alle 20.30 (replica il 16 e 17). Si tratta di una riduzione del romanzo di Fëdor Dostoevskij pubblicato nel 1879, opera immortale in cui la ricerca di un ordine superiore fra etica, ragione e libertà s'intreccia alle tormentate vicende di una famiglia nella Russia di fine secolo. Il teatro di Brie è fatto di pochi elementi che costruiscono mondi, come avveniva per “Otra vez Marcelo” e “Odissea”, visti negli anni scorsi a Modena, una scena attenta alle domande dell'attualità an- “Karamazov” di César Brie che quando parte da scritture del passato. Le sue opere sono percorse da una costante tensione poetico-politica, capace di far convivere echi delle tragedie del presente con miti dell'antichità, e sono abitate da attori-magneti che incarnano personaggi letterari e teatra- li. Lo spettacolo che debutta a Vie è l'esito di un percorso di formazione che s'inscrive nel più ampio “Cantiere delle arti”, a cui partecipano, oltre a Emilia Romagna Teatro, l'Accademia Filarmonica di Bologna e il Cubec di Vignola e Modena (domani alle 11 alla Delfini si terrà un incontro condotto da Piergiorgio Giacchè che approfondirà l'idea stessa di "cantiere"). Sarà quindi un “Karamazov” irrorato dalle inquietudini di attori nel pieno di un apprendistato, forse non dissimili da quelle dei fratelli Dimitri, Ivan, Alekséj del romanzo, come sostiene Brie: «Vedo nell'allestimento pupazzi di bambini, corde, indumenti appesi e il coro degli attori. Coro che renda plurale l'intimo, intimo il sociale e sveli lo strazio di anime individuali». Loren Raccontare qualcosa partendo dall'apparente impossibilità di raccontarla. Questa sembra essere la cifra di “C'est du chinois”, spettacolo di Edit Kaldor che debutta stasera al Teatro delle Passioni alle 23 (replica domani alle 19). Drammaturga ungherese di nascita, la Kaldor può essere considerata apolide per vicissitudini personali e formazione artistica. In scena i cinque componenti della famiglia Yao-Lu parlano soltanto il mandarino ma, dopo l'impasse iniziale, si cerca di arrivare alla piena e complice partecipazione del pubblico, guadagnando una comunicazione che affondi la propria efficacia nello sforzo della comprensione. Presentato nel giugno del 2010 all'Alkantara Festival di Lisbona, lo spettacolo (il cui titolo si potrebbe all'incirca tradurre con l'espressione “è arabo”, a significare qualcosa di incomprensibile) arriva al Festival Vie dopo esser stato rappresentato in numerosi paesi europei, ricevendo apprezzamenti positivi da parte di pubblico e critica. Gli attori cercheranno di insegnare i rudimenti della loro lingua, mettendo in scena una vera e propria lezione. Ma, successivamente, la necessità di fare i conti con le proprie vite spingerà i loro gesti verso un' urgenza comunicativa maggiore, che si avvarrà di tutto il corpo e degli oggetti a loro disposizione per creare un'intesa che inizialmente pareva irraggiungibile. La mancanza di una comprensione linguistica diviene dunque uno strumento attivo per condurre lo spettatore a condividere le vicende rappresentate sul palco. Interprete dell'estraneità e del disorientamento verso il mondo e “i mondi”, Kaldor ha composto il suo quinto lavoro nutrendosi della propria esperienza biografica. “C'est du chinois” restituisce la difficoltà di un'apertura verso l'altro e il diverso che, in definitiva, non può avvenire se non è rivolta anche nei confronti di noi stessi. Francesco Brusa