LE DISEQUAZIONI TRA PROCEDURE E RELAZIONI: UNO STUDIO

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LE DISEQUAZIONI TRA PROCEDURE E
RELAZIONI: UNO STUDIO COMPARATIVO SU
STUDENTI ITALIANI E ISRAELIANI
Summary
Within the general framework of procedural and relational aspects
of algebraic thinking, this paper aims to suggest a possible research
based approach to encourage introducing algebraic situations from
a general and global point of view. Inequalities are chosen as one
possible illustration. A joint research study involving Israeli and
Italian students is described here. The students' ways of reacting to
standard and non-standard tasks that underlie a relational approach
are investigated, in view of drawing implications for teaching.
Luciana Bazzini
Pessia Tsamir
LE DISEQUAZIONI TRA PROCEDURE E
RELAZIONI: UNO STUDIO COMPARATIVO SU
STUDENTI ITALIANI E ISRAELIANI
Luciana Bazzini, Dipartmento di Matematica, Università di Torino
<[email protected]>
Pessia Tsamir, School of Education, Tel Aviv University
<[email protected]>
Introduzione
Le problematiche connesse agli studi sul pensiero algebrico e sulla
didattica dell’algebra sono al centro di molti studi di carattere
epistemologico, cognitivo e didattico. Tuttavia, quando si focalizza
l’attenzione sull’insegnamento dell’algebra nella scuola secondaria,
ci si accorge che nella stragrande maggioranza dei casi si è di
fronte a un insegnamento di tipo tradizionale, in cui l’insegnante
presenta una sequenza di argomenti (ad esempio regole, teoremi,
esempi) e si aspetta che lo studenti ripeta quanto appreso.
In generale, in un insegnamento di questo tipo, l’insegnante
dichiara l’argomento che intende trattare e poi presenta una
successione di esercizi graduati dal più semplice al più difficile.
Allo studente non resta che incamerare e ripetere.
Numerosi studi in letteratura hanno evidenziato le difficoltà
incontrate dagli studenti, a diversi livelli di scolarità, di fronte
all’uso del linguaggio simbolico (per una panoramica rimandiamo
al volume “Approccio all’algebra” di Bazzini e Iaderosa, 2000). Si
osserva che lo sviluppo di un linguaggio simbolico specializzato
può spogliare di significato il linguaggio in cui l’attività algebrica
si era precedentemente espressa. Questi fatti sono confermati dalle
difficoltà che l’algebra simbolica ha incontrato nel suo lento
cammino. Infatti, se guardiamo allo sviluppo storico della
disciplina, vediamo che l’algebra retorica (tutta espressa in parole)
e quella sincopata (espressa in parole e simboli) erano abbastanza
facili da seguire e da capire. Tuttavia, il salto ad un sistema
simbolico può nascondere i significati dei termini e delle
operazioni. Infatti il linguaggio simbolico rimuove molte delle
distinzioni che il linguaggio naturale preserva, espandendo in
questo modo la sua applicabilità ma generando una certa debolezza
semantica: allo studente può sembrare che questo linguaggio, che si
adatta a tutti i contesti, non appartenga in realtà a nessuno.
Lo scollamento tra linguaggio simbolico e significato del contesto
risulta evidente in molti studi di ricerca didattica. Si è ad esempio
rilevato che i processi di costruzione-interpretazione delle lettere
(variabili-parametri) sono cruciali in algebra. In particolare la scelta
dei nomi per indicare gli oggetti in gioco si lega strettamente al
controllo delle variabili che vengono introdotte per caratterizzare le
proprietà che si vogliono evidenziare (Arzarello, Bazzini e
Chiappini, 1994b). La difficoltà di questo processo sta nel fatto che
il pensiero non può operare con il codice algebrico appoggiandosi
sulla semantica del linguaggio naturale per esplicitare le proprietà
che si vogliono evidenziare. Quindi l’allievo, pur in grado di
esprimere con il linguaggio naturale le relazioni tra gli elementi in
gioco nella risoluzione del problema (come fa nell’algebra
sincopata) può non essere in grado di esprimere tali relazioni
attraverso un uso appropriato del codice algebrico.
Il processo di costruzione-interpretazione delle espressioni
simboliche può risultare impoverito e spesso bloccato quando il
soggetto costruisce e interpreta i termini in modo rigido e univoco:
in questo caso non vengono colte le possibilità, proprie del codice
algebrico, di incorporare proprietà diverse all’interno del nome. Il
nome può allora essere un “designatore rigido”, fonte di ostacolo
per il ragionamento algebrico (Arzarello, Bazzini e Chiappini,
1994a).
Queste e altre considerazioni impongono un esame attento dei
problemi connessi all’apprendimento dell’algebra; problemi che
affondano le radici nei primi livelli di scolarità, nel rapporto
dialettico tra linguaggio naturale e linguaggio simbolico, tra
semantica e sintassi, tra procedure e relazioni.
Questo articolo si propone di affrontare alcune questioni didattiche
relative agli aspetti procedurali e relazionali delle espressioni
algebriche, con particolare attenzione al caso delle disequazioni.
Uno studio comparativo sui processi di insegnamentoapprendimento delle disequazioni in Italia e in Isreale ha
evidenziato molte similarità sia di carattere generale sulla didattica
dell’algebra, sia di carattere più specifico sulle difficoltà incontrate
dagli studenti di fronte alla risoluzione di disequazioni algebriche.
Questo ha stimolato un’analisi più approfondita della didattica delle
disequazioni nei due Paesi, con particolare attenzione alle cause
delle difficoltà e alle prospettive di miglioramento.
Si è rilevato che le disequazioni costituiscono uno dei temi classici
sulla cui difficoltà concordano un po’ tutti, insegnanti e alunni dei
due Paesi.
In effetti le disequazioni, insieme alle equazioni, giocano un ruolo
importante in matematica, in quanto sono parte di grossi settori
come l’algebra e l’algebra lineare, la trigonometria, l’analisi.
Questo ruolo è generalmente riconosciuto nei curricula per la
scuola secondaria (si vedano ad esempio le raccomandazioni dei
Programmi Ministeriali Italiani, e I Principi e Standards per
l’Educazione Matematica dell’associazione di insegnanti
statunitensi NCTM, 2000).
Tuttavia, non sempre è riservata la dovuta attenzione alle
concezioni degli studenti riguardo alle disequazioni (Dreyfus &
Eisenberg, 1985; Linchevski & Sfard, 1991; Maurel e Sackur,
1998, Tsamir & Almog, 1999; Tsamir, Tirosh, & Almog, 1998).
Alcuni studi danno indicazioni sull’approccio didattico (Dobbs &
Peterson, 1991, McLaurin, 1985; Dreyfus & Eisenberg, 1985;
Parish, 1992; Vandyk, 1990), ma non sempre sono supportati da
un’adeguata ricerca didattica.
Alcuni studi, infine, tendono a descrivere le reazioni degli studenti
di fronte a determinati tipi di disequazioni. Ad esempio i lavori di
Linchevski & Sfard (1991) e di Tsamir, Tirosh, & Almog (1998)
evidenziano la tendenza degli studenti a fare dei collegamenti
scorretti tra la soluzione di un’equazione di secondo grado e la
relativa disequazione. Si rileva anche la tendenza ad identificare
l’equivalenza con la trasformabilità algebrica (Linchevski &
Sfard,1991, Bazzini, 1997) e la difficoltà a riconoscere l’insieme R
o l’insieme vuoto come insiemi soluzione (Tsamir e Along, 1999).
Nella realtà scolastica dei due Paesi, le disequazioni sono trattate a
livello di scuola secondaria superiore. In genere non si dà molto
spazio alle discussioni, ma si enfatizza piuttosto l'aspetto
algoritmico delle manipolazioni algebriche. Si dà cioè più spazio a
domande del tipo: "Come risolvere la disequazione" piuttosto che a
domande del tipo:"Perché risolvere in questo modo" o " Come
posso essere sicuro che la soluzione sia corretta". Di più, in
entrambi i Paesi si è riscontrato un senso di frustrazione da parte
degli insegnanti di fronte alle difficoltà incontrate
nell'insegnamento delle disequazioni.
Partendo quindi da una base comune di esperienze, sia con gli
insegnanti che con gli allievi, si è deciso di avviare uno studio
comparativo mirato all'analisi dei comportamenti di un campione di
studenti, di fronte a problemi, più o meno standard, riguardanti le
disequazioni.
In questo articolo prenderemo in considerazione i due aspetti,
procedurale e relazionale, presenti nella risoluzione e comprensione
delle disequazioni, analizzeremo i risultati di uno studio su studenti
dei due Paesi e tenteremo infine qualche conclusione nella
prospettiva di un miglioramento generale dell'insegnamento
dell'algebra.
Procedure e relazioni: un inquadramento teorico
La distinzione tra aspetti procedurali e relazionali risale a Skemp
(1971) ed è stata ripresa in anni recenti come chiave di lettura di
processi cognitivi alla base del pensiero algebrico.
Parecchi studi di ricerca didattica fanno riferimento alla doppia
polarità procedurale - relazionale (si veda ad es. Arzarello, 1991,
Arzarello et al., 1994, Tall, 1994, MacGregor e Stacey 1993, 1997)
La mente umana ha una grande memoria a lungo termine, ma
una limitata riserva di lavoro a breve termine; può quindi
immagazzinare grandi quantità di informazioni, ma può solo
manipolare consciamente un numero ristretto di informazioni per
volta. Per ovviare a questi limiti in matematica, vengono adottate
due strategie, una per avviare le procedure così che queste possano
essere eseguite usando un piccolo spazio di memoria consapevole,
e una più potente che usa i simboli per classificare informazioni
complesse, facendo sì che ogni volta si focalizzi l’attenzione solo
su un numero ristretto di simboli. Questi simboli vengono usati
dagli esperti in modo particolarmente flessibile in aritmetica e in
algebra, identificando il processo con un simbolo che allora viene
anche usato per il concetto prodotto da quel processo.
Il fatto di vedere un simbolo come un processo o come un
concetto dà un grande potere all’individuo, poiché il processo gli
consente di fare matematica, ma il concetto gli permette di pensarla
e di manipolarla mentalmente
La storia dello sviluppo del simbolismo algebrico testimonia la
graduale evoluzione delle concezioni relazionali, cioè quelle che si
riferiscono agli oggetti matematici visti come prodotti più che
come processi. Un esempio paradigmatico di sviluppo proceduralerelazionale è costituito dall’evoluzione del concetto di funzione:
questa, che nel XVIII° secolo era stata concepita proceduralmente
da Eulero in termini di variabili indipendenti e dipendenti, agli inizi
del XX secolo è stata definita strutturalmente da Bourbaki come
una relazione fra due insiemi. L’esistenza di queste fasi durante le
quali concetti matematici come quello di numero e di funzione si
sono evoluti storicamente da procedurali a relazionali, ha portato
all'analisi storico-epistemologica di Sfard (1991), basata sulla
considerazione che in molte branche della matematica sono
evidenziabili due tipi di componenti: quella relativa ai processi
computazionali e quella relativa agli oggetti astratti. Le due
componenti, essenzialmente diverse ma complementari, sono come
le facce di una stessa medaglia. Consideriamo una funzione (per
esempio y=2x+3): essa può essere concepita in due modi, come
processo (aspetto procedurale o operazionale) e come oggetto
(aspetto relazionale o strutturale). Secondo la Sfard gli oggetti
astratti non sono altro che un modo alternativo di riferirsi ai
processi computazionali, visti come un tutt'uno, cioè "reificati" in
oggetti.
Considerare quindi un'entità matematica come un oggetto
significa potere riferirsi ad esso come a qualcosa di reale, a una
struttura statica, esistente da qualche parte nel tempo e nello spazio.
D'altra parte, interpretare una nozione come processo significa
considerarla come entità potenziale piuttosto che attuale: esiste
come successione di azioni. Così, mentre la concezione relazionale
è statica (o, meglio "senza tempo"), istantanea e integratrice, la
concezione procedurale è dinamica, sequenziale e dettagliata.
Sfard sostiene che l'approccio procedurale, per molte persone,
costituisce il primo passo nell’acquisizione di nuove nozioni
matematiche; inoltre il passaggio da una concezione procedurale a
quella relazionale non avviene in modo immediato, in quanto esiste
un profondo salto ontologico fra i due aspetti. Vedere un’entità
matematica come un oggetto, significa riuscire a riferirsi ad essa
come se fosse una cosa reale, una struttura statica, esistente da
qualche parte, nello spazio e nel tempo; significa anche riconoscere
l’idea a “colpo d’occhio” e manipolarla come se fosse un tutt’uno,
senza andare nei dettagli. Al contrario, interpretare una nozione
come un processo implica considerare quest’ultima come un’entità
che viene ad esistere solo in una sequenza di azioni.
In un'analisi più dettagliata, Sfard descrive l’evoluzione
dell’apprendimento in matematica come un delicato intreccio di
procedure e relazioni. Durante una prima fase (interiorizzazione),
un processo viene descritto in termini di oggetti matematici già
familiari. In una seconda fase (condensazione), il processo viene
identificato come un tutt'uno amorfo, una specie di scatola nera.
Infine, nella terza fase (reificazione), il processo è definitivamente
incorporato nell’oggetto, si è fatto cosa (reificato, dal latino res).
Mentre l’interiorizzazione e la condensazione sono lunghe
sequenze di cambiamenti graduali, quantitativi piuttosto che
qualitativi, la reificazione sembra costituire un salto improvviso: un
processo solidifica in un oggetto, e la nuova entità è staccata dal
processo che l’ha prodotta.
Osserviamo comunque che Sfard considera le due polarità,
procedure e relazioni, in rapporto dialettico e complementare. Tale
rapporto si articola in tutte le fasi dell'apprendimento: le procedure
preparano il terreno alla reificazione degli oggetti matematici, le
relazioni permettano di rivisitare, da un punto di vista più generale,
le procedure e di dar loro nuovi significati.
Procedure e relazioni in algebra
Come lo sviluppo storico dell’algebra, anche lo
dell’algebra nella scuola può essere interpretato come una
adattamenti procedurali-relazionali che gli studenti
compiere. I capitoli introduttivi di molti libri di testo di
studio
serie di
devono
algebra
enfatizzano i legami con l’aritmetica: le rappresentazioni
algebriche vengono trattate in termini procedurali come
formulazioni generalizzate delle operazioni eseguite in aritmetica,
per mezzo delle quali, sostituendo valori numerici nelle espressioni,
si ottengono specifici valori di output. D'altro canto le
rappresentazioni algebriche vengono presentate come oggetti
matematici sui quali si possono eseguire certe operazioni, come
quella di combinare i termini letterali, fattorizzare o sottrarre lo
stesso termine letterale da entrambi i membri di un’equazione, ecc.
Il termine "procedurale" si adatta bene alle operazioni
aritmetiche eseguite sui numeri per ottenere dei numeri. Per
esempio, se si considera l’espressione algebrica 3x+y e si
sostituiscono x e y rispettivamente con i valori 4 e 5, il risultato che
si ottiene è 17. Un altro esempio riguarda la soluzione
dell’equazione “2x+5=11”: si sostituiscono diversi valori per x
fino a quando non si trova quello corretto. In questi esempi, che
apparentemente sembrano algebrici, gli oggetti sui quali si opera
non sono espressioni algebriche ma sono le sostituzioni numeriche:
inoltre le operazioni eseguite su questi numeri sono computazionali
e danno un risultato numerico.
Invece, il termine "relazionale" si riferisce a diversi tipi di
operazioni che vengono eseguite non sui numeri, ma sulle
espressioni algebriche. Per esempio, considerando l’espressione
algebrica “3x+y+8x”, questa può essere semplificata, ottenendo
11x+y, o può essere divisa per z, ottenendo (11x + y)/z.; oppure,
equazioni come “5x+5=2x-4” possono essere risolte sottraendo 2x
da entrambi i membri per ottenere l’espressione 5x-2x+5=2x-2x-4,
che può essere semplificata con 3x + 5 = -4. In questi esempi, gli
oggetti sui quali si opera non sono numeri, ma espressioni
algebriche; inoltre le operazioni che vengono eseguite non sono
computazionali e i risultati sono espressioni algebriche.
Molti libri di testo seguono un approccio procedurale per
introdurre gli oggetti algebrici, proponendo esercizi che riguardano
le sostituzioni numeriche nelle espressioni algebriche e varie
tecniche risolutive aritmetiche per le equazioni algebriche: tecniche
che portano gli studenti ad evitare, in un certo senso il simbolismo
algebrico. Tuttavia, nel momento in cui le espressioni devono
essere semplificate e le equazioni devono essere risolte con i
metodi formali, queste tecniche devono essere abbandonate. Gli
obiettivi impliciti dell’algebra insegnata nelle scuole sono
decisamente relazionali. Le richieste cognitive implicate
nell’operare sulle espressioni algebriche come se fossero oggetti,
con operazioni abbastanza diverse dalle operazioni aritmetiche,
ricordano gli sforzi intellettuali testimoniati dallo sviluppo storico
dell’algebra, quando le interpretazioni procedurali aprivano la
strada a quelle relazionali.
Da un punto di vista propriamente didattico, si evidenzia il rischio
che una conoscenza puramente procedurale assuma la connotazione
negativa di conoscenza "strumentale": in questo caso gli strumenti
matematici, ad esempio le equazioni, vengono usati in modo
meccanico, spesso con errori, senza una vera comprensione di
quello che si sta facendo. In particolare, i comportamenti di quegli
studenti che dimostrano di non saper collegare opportunamente gli
aspetti procedurali e relazionali sono stati definiti
"pseudostrutturali" (Linchevski e Sfard, 1991).
Anche nell'analisi dei nostri dati ritroveremo comportamenti di
questo tipo.
Il caso delle disequazioni in uno studio comparativo
Nell'insegnamento, equazioni e disequazioni sono in genere
introdotte come istanze diverse, ma collegate, di una stessa nozione
matematica, quella di formula proposizionale (PF d'ora in poi) nella
terminologia di Sfard (1994). Ogni PF ha un insieme verità, cioè
l'insieme di tutte le sostituzioni che trasformano una PF in una
proposizione vera. Due formule proposizionali con lo stesso
insieme delle soluzioni sono dette equivalenti. Risolvere
un'equazione o una disequazione significa dunque trovare l'insieme
delle soluzioni: in questo c'è una netta prevalenza dell'aspetto
relazionale, in quanto sia la PF che il suo insieme verità sono visti
come oggetti astratti. Tuttavia la nozione di formula
proposizionale, con le sue caratteristiche di generalità e astrazione,
è stata esplicitata in uno stadio relativamente avanzato dello
sviluppo dell'algebra, ed è servita come strumento per sintetizzare e
semplificare quanto già noto riguardo alle procedure di soluzione di
equazioni e disequazioni. Storicamente, dunque, la nozione di PF è
stato un momento di sintesi e non un punto di partenza.
Analizzando invece l'aspetto procedurale, vediamo che i
procedimenti computazionali di risoluzione assumono significato
proprio nell'ambito di una prospettiva relazionale: essi hanno senso
solo se guidati dallo scopo del problema, cioè l'identificazione
dell'insieme verità. Se questo aggancio manca, può succedere che
le procedure siano viste come fini a se stesse, in un'ottica di sterile
conoscenza strumentale.
Lo studio comparativo da noi condotto sulle disequazioni ha
evidenziato alcuni dati che aprono il dibattito sulla presenza di
conoscenze strumentali piuttosto che relazionali.
Le difficoltà incontrate dagli studenti dimostrano che spesso una
disequazione non viene considerata globalmente, come un tutt'uno,
ma solo come "stimolatore" di procedure del tipo "sposta a destra",
"aggiungi a sinistra", "moltiplica o dividi per uno stesso numero".
Al riguardo, riportiamo l'analisi di alcuni items, inclusi in un
questionario sottoposto a 170 studenti italiani e 148 studenti
israeliani. In entrami i gruppi, gli studenti erano di 16-17 anni e
frequentavano scuole superiori ad indirizzo scientifico. In
precedenza essi avevano trattato l'argomento "disequazioni",
comprendendo disequazioni algebriche, lineari, quadratiche e
razionali.
Focalizzeremo la nostra attenzione su alcuni item del questionario,
precisamente quelli numerati dal 12 al 15.
L'item 12 richiede di risolvere una disequazione parametrica e
quindi implica la trattazione della disequazione nella sua globalità,
come oggetto.
Gli item 13, 14 e 15 mirano a testare la capacità di mettere in
relazione le disequazioni e i grafici di funzioni.
Come vedremo, mentre gli item 13 e 14 richiedono di individuare
gli intervalli in cui una certa funzione è positiva (o in cui una
funzione f(x) è maggiore della funzione g(x)), l'item 15 richiede di
partire dagli intervalli in cui si verifica, graficamente, una
determinata condizione, e risalire alla relazione algebrica che lega
le due funzioni, in quegli intervalli. Si tratta quindi di operare
mentalmente sull'oggetto "disequazione" visto come confronto di
funzioni.
Item 12
Risolvi la disequazione
(a − 5)x > 2a − 1
nella variabile x, al variare del parametro a.
Le tabelle seguenti riportano la soluzione corretta (tav.1) e i dati
rilevati (tav.2).
Tav.1
a-5>0
a>5
x>
2a − 1
a −5
a-5<0
a-5=0
a<5
a=5
2a − 1
a−5
Nessuna soluzione
x<
Tav.2
ISRAELE ITALIA
n = 99
%
13.1
TIPO DI RISPOSTA
n=139
%
15.6
SOLUZIONE COMPLETA
86.9
40.4
84.4
44.6
15.2
24.4
2
29.3
6.5
8.9
SOLUZIONE SCORRETTA
x>(2a-1)/(a-5)
Riferimento solo a a ≠ 5 , come per
l'equazione.
Trovano a in funzione di x
Altro
L'item 12 è stato risolto correttamente da una bassa
percentuale di studenti sia Israeliani (13,1%) che Italiani (15,6%).
L'analisi delle soluzioni scorrette evidenzia che nella maggior
parte dei casi (circa il 40%-45%) non viene considerato il campo di
variazione del parametro "a". Inoltre, un buon numero esclude solo
i valori diversi da zero, rispondendo, ad esempio, che "per a ≠ 5,
x>(2a-1)/(a-5)", come se si trattasse di un'equazione. In tutti questi
casi si ha una risoluzione meccanica o strumentale.
Comportamenti pseudostrutturali sono emersi nelle interviste
a questi studenti, ad esempio viene applicata la procedura
"ab>c → a>c/b evidenziando che vale solo per b≠0".
Poiché questi studenti si riferiscono solo al denominatore
diverso da zero e trascurano la distinzione tra valori positivi e
negativi, si può dedurre che la loro conoscenza "pseudostrutturale"
delle disequazioni si basi sulla precedente conoscenza delle
equazioni. Riportiamo, a titolo di esempio, il protocollo di Anna.
Anna scrive:
(a-5)x>(2a-1) /:(a-5) ≠ 0
x>(2a-1)/(a-5) per a-5 ≠ 0.
Interrogata, Anna spiega così.
Anna: 'a' non può essere 5, perché devo trasferire (a-5) all'altro
membro dell'equazione…eeh …volevo dire disequazione,
dividendo (2a-1) per a-5.
Intervistatore: perché è così?
Anna: Questo è il modo per risolvere le equazioni…e anche le
disequazioni. C'è la regola di "non dividere per zero". Così. io
posso trovare x solo nei casi di valori diversi da zero.
Intervistatore: valori diversi da zero di che cosa?
Anna: Valori diversi da zero di 'a'… No, no … valori diversi da
zero di 'x'…No, ora mi sono confusa…
Intervistatore: Allora, cosa mi dici?
Anna: Non sono sicura…
Si rileva una conoscenza "pseudostrutturale": per Anna le
disequazioni sono "equazioni contrassegnate diversamente" e la sua
soluzione è fortemente influenzata dal modello delle equazioni, al
punto che usa scambievolmente i due termini. Inoltre si osserva che
la sua comprensione della procedura non è affatto relazionale:
quando deve giustificare la regola del "dividere solo per valori
diversi da zero" si trova in difficoltà e si confonde su ciò che deve
essere diverso da zero.
Esaminiamo ora l'insieme degli item 13, 14 e 15: essi mirano
a collegare la rappresentazione algebrica e quella grafica per
particolari disequazioni.
Item 13
Scrivi l’intervallo o gli intervalli in corrispondenza ai quali
risulta f(x)>0, essendo f(x) la funzione rappresentata dal seguente
grafico:
y
f(x)
2
-6
-2 0
4
x
Tav.3
ISRAELE ITALIA
n = 109
%
TIPO DI RISPOSTA
n=170
%
89,9
59,1
SOLUZIONE CORRETTA
5,4
20,5
SOLUZIONE SCORRETTA
4,6
20,4
NESSUNA SOLUZIONE
Item 14
Scrivi l’intervallo in corrispondenza al quale risulta f(x)<g(x),
essendo f(x) e g(x) le due funzioni rappresentate nel seguente
grafico
y
f(x)
g(x)
2
-4,5
-4
-2
0
1
x
-3
Tav.4
ISRAELE ITALIA
n = 109
%
TIPO DI RISPOSTA
n=170
%
56
58,4
SOLUZIONE CORRETTA
29,3
18,7
SOLUZIONE SCORRETTA
14,7
22,9
NESSUNA SOLUZIONE
Item 15
Il seguente grafico rappresenta una retta ed un’iperbole
equilatera riferita agli assi; scrivi la relazione che lega le due
funzioni in modo che essa sia verificata in corrispondenza degli
intervalli in grassetto.
y
3
2
1
-6
-4
0
-1
2
6
x
Tav.5
ISRAELE ITALIA
n = 109
%
TIPO DI RISPOSTA
n=170
%
48,6
35,6
SOLUZIONE CORRETTA
22
6,8
SOLUZIONE SCORRETTA
25,7
57,6
NESSUNA SOLUZIONE
L'esame congiunto degli item 13, 14 e 15 rivela che le
difficoltà maggiori si sono incontrate nell'item 15. In particolare va
rilevato il numero di risposte omesse, soprattutto per quanto
riguarda gli studenti italiani. Tale dato può essere spiegato dalla
mancata abitudine a questo tipo di problemi (cioè il ricercare la
relazione algebrica, dato il grafico). Tuttavia non possiamo non
riconoscere una scarsa capacità a trattare le disequazioni da un
punto di vista relazionale.
I comportamenti "pseudostrutturali" relativi all'item 13 si
sono manifestati nei seguenti errori:
a) cercare gli intervalli dell'asse x dove si trovano valori
positivi sia di x che di f(x),
b) b) cercare gli intervalli dell'asse y in cui si trovano valori
positivi di f(x),
c) c) segnare la soluzione sul grafico di f(x) e non sull'asse
x.
Riportiamo ad esempio il protocollo di Tom, che ricerca gli
intervalli dell'asse x dove sia i valori di x che quelli di f(x) sono
positivi e scrive come soluzione 0<x<4. Nell'intervista Tom spiega
così.
Tom: Ho segnato tutti i punti di intersezione tra il grafico e l'asse x
e poi ho guardato dove era positivo.
Intervistatore: Guardato che cosa?
Tom: La …f … e la x.
Intervistatore: f è positiva qui, per esempio ? (punta sulla curva tra
(-2)<x<0)
Tom: Sì, f è sopra l'asse x….ma le x sono negative.
Intervistatore: e allora?
Tom: allora, la soluzione non comprende i negativi…
Per quanto riguarda gli item 14 e 15, alcuni studenti
"pseudostrutturali" hanno focalizzato l'attenzione sui punti di
intersezione e su singole parti del grafico. In alcuni casi, per l'item
14, la soluzione scorretta è consistita nel considerare i punti di
intersezione di una o di entrambe le funzioni con l'asse x. Per
esempio Gill scrive -4<x<2 come soluzione dell'item 14 e spiega
così.
Gill: Ho segnato i punti in cui le due linee si incontrano. Poi ho
guardato ai punti dell'asse x, dove si trova la soluzione. -4 si
riferisce a una funzione e all'asse x, -2 si riferisce all'altra funzione
e all'asse x, così l'intervallo tra -4 e -2 è la soluzione.
Come si vede, Gill ha una vaga nozione di quello che deve
fare. Nella sua mente c'è l'idea di guardare ai punti di intersezione e
di cercare la soluzione "da qualche parte" sull'asse x. Tuttavia non è
chiaro come i dati e la questione posta si colleghino alla sua
procedura.
Vediamo ora la soluzione verbale di Miriam all'item 15.
Miriam scrive:"entrambi gli intervalli iniziano con la x, dove si
incontrano f e g, e poi non hanno una fine definita".
Nell'intervista, Miriam accompagna la sua spiegazione
puntando
costantemente
al
grafico
dell'iperbole:
Miriam: Questo intervallo (punta a -6<x<0) comincia qui (punta a
-6) … e qui è dove le funzioni si incontrano (punta
all'intersezione)… Se vado a destra, la funzione… l'iperbole va
all'infinito (punta all'iperbole e muove il dito lungo la parte
negativa dell'asse y). Lo stesso succede qui, nell'altro intervallo
(punta a 2<x). L'intervallo comincia qui (punta a 2)… e qui è dove
le funzioni si incontrano (punta all'intersezione)…Ancora, se vado
a destra, l'iperbole va all'infinito (punta all'iperbole e si muove
sulla curva verso la parte dell'asse x).
Come si vede, Miriam inizia esaminando le x
e
identificandole come ascisse di specifici punti di intersezione. Poi,
pur "mantenendo un occhio" sugli intervalli segnati, sposta la sua
attenzione sull'esame della curva dell'iperbole, descrivendo il suo
andamento all'infinito nell'intervallo segnato
Discussione e implicazioni
I dati raccolti in questa esperienza dimostrano che gli studenti
che hanno trattato il tema "disequazioni" in modo tradizionale (cioè
con la prevalenza di esercizi a risoluzione standard, passo dopo
passo) si trovano in difficoltà di fronte a problemi non standard. In
particolare, come abbiamo visto nei risultati degli item 12 e 15,
risulta difficile il trattare la disequazione da un punto di vista
globale, come oggetto matematico.
Molti studenti non sanno addirittura come affrontare il
quesito. Le radici di questi comportamenti possono essere
molteplici e di varia natura. Esse sono identificabili sia
nell'abitudine a risolvere quesiti di stampo tradizionale, sia in una
possibile difficoltà intrinseca nel trattare il tutto globalmente, e cioè
tenendo sotto controllo tutte le variabili del problema (Bazzini e
Tsamir, 2001). Inoltre, noi riteniamo che la pratica diffusa di
trattare equazioni e disequazioni in modo sequenziale e non
integrato, favorisca la creazione di stereotipi procedurali nella loro
risoluzione, e non favorisca affatto una visione integrata e
relazionale. A questo punto sorgono due interrogativi importanti:
•
•
Quale introduzione dell’argomento “equazionidisequazioni” seguire, per evitare (o almeno limitare)
questo tipo di errori;
Quale tipo di controllo applicare.
Per quanto riguarda il primo punto, crediamo che l’approccio
iniziale all’argomento sia fondamentale. Noi riteniamo che
equazioni e disequazioni vadano trattate insieme e non in sequenza,
nella prospettiva generale di un approccio "funzionale" all'algebra.
Tale approccio, condiviso da studi recenti (si vedano ad esempio i
lavori di Kieran et al., 1996, Yerushalmy, 2001, Garuti et al.,
2001), pone il concetto di funzione al centro dell'introduzione
congiunta di equazioni e disequazioni. Infatti l’introdurre prima le
equazioni e poi le disequazioni generalmente implica che le
procedure risolutive valide per le equazioni restino predominanti
rispetto a quelle delle disequazioni. Conseguentemente le
disequazioni sono viste come una specie di “equazioni patologiche”
e quindi trattate come tali. Ne deriva che il rapporto procedurerelazioni è completamente distorto.
Passando a considerare il secondo punto (problema del
controllo), Maurel e Sackur (1998) osservano che le procedure di
risoluzione delle disequazioni possono essere controllate in due
modi: usando un diverso registro di rappresentazione e assegnando
valori numerici specifici.
Anche Chiappini e Molinari (1998) sottolineano le emergenti
difficoltà nel mantenere il controllo dei simboli >, <, =. Secondo
questi autori, la difficoltà maggiore sta nel passare dalle
proposizioni tipiche dell’aritmetica alle funzioni proposizionali,
tipiche dell’algebra. Infatti nel primo caso il giudizio di verità si
ottiene facilmente guardando alla proposizione stessa; nel secondo
caso questo giudizio deve essere sospeso finché non viene
identificato l’insieme numerico che permette tale giudizio.
Il problema didattico consiste nello sviluppare la
consapevolezza di questa sospensione di giudizio.
Per concludere riteniamo l’analisi di Chiappini e Molinari e
le indicazioni di Maurel e Sackur molto utili per la
programmazione di attività algebriche. Questo però non risolve il
problema a monte dell’introduzione simultanea di equazioni e
disequazioni, che va studiato accuratamente nelle sue sfaccettature
di carattere cognitivo e didattico. In particolare, dato il ruolo
fondante e pervasivo delle disequazioni in algebra e in analisi,
riteniamo che esse debbano essere apprese e comprese attraverso
percorsi in cui l'attenzione per l'aspetto relazionale sia presente fin
dall'inizio e, metaforicamente, illumini la scelta e lo svolgimento
della procedura.
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Ringraziamenti
Si ringraziano vivamente gli insegnanti Massimo Chiodi (Istituto
Tecnico per Geometri "Volta", Pavia), Aurora Mangiarotti
(Istituto Tecnico Commerciale "Bordoni", Pavia) e Daniela
Rognoni (Liceo Scientifico "Taramelli", Pavia) per la
preziosa collaborazione nella stesura degli items e nella
analisi dei risultati.
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