COMPETIZIONE TRA ECONOMIA E SOCIETA' CAMBIAMO L'ORIZZONTE LIMITATO DELLA COMPETIZIONE CONDIVIDENDO LA INNOVAZIONE , ALTRESI' la COMPETIVITA' CONDURRA SISTEMATICAMENTE AL DEGRADO SOCIALE CONTEMPORANEO. Paolo Manzelli <[email protected]> Competizione tra Economia e Societa' http://www.annastevani.it/gallerie/Vita_di_coppia/images/0504_competizione_80x60.jpg ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------La competitivita tra parassiti che mantengono i loro privilegi e speculatori finanziari ci ha portati al disastro socio economico . Il Prof. Mario Monti fondamentalmente e coerentemente e' interessato a rimettere in pareggio il bilancio economico e pertanto insiste fiducioso del fatto che "Bisogna puntare sulla competitività", utilizzando in al modo di una ideologia liberale che puo' funzionare solo in un sistema di concorrenza idealmente perfetto, ma non in quello imperfetto infestato da parassiti e speculatori come e' quello odierno. Il ricorso alla competitivita' estesa a tutto e a tutti, puo infatti puo' rimediare temporaneamente il sistema economico, ...... ma contemporaneamente tende a non tutelare la produttivita' ed il lavoro delle imprese, specie quelle piccole e affossare nelle miseria gli individui e famiglie economicamente piu' deboli che sono in crisi e prive di accesso al credito. Pertanto il prof. Mario Monti , sta travisando il concetto di "equita e sostenibilita sociale", proprio in quanto persiste a considerare valida la logica della concorrenza, che nelle condizioni attuali di crisi, provoca un "Darwinismo Sociale" sempre piu deprivato da ogni sorta di corresponsabilita' necessaria a favorire la complessita effettiva dello sviluppo socio-economico contemporaneo . L' economia liberale, presa come fonte unica di ispirazione concettuale, storicamente e' stata fondata sul concetto di competitivita', che oggi conduce irrimediabilmente a pesanti ed inaccettabili distorsioni sociali che a loro volta inducono anche la degenerazione morale come conseguenza di un sistema di competizione di tutti contro tutto. La competitivita' "Darwiniana", estesa a livello sociale e' infatti priva dei dubbi che lo stesso Darwin si pose, comprendendo che la evoluzione delle specie non poteva essere sistematicamente dovuta a un sistema di completa competitivita' tra gli esseri viventi, poiche' la competizione doveva naturalmente essere mediata da un piu complesso parametro ecologico che Darwin indico come "Biocenosi" . Le specie che competono per la stesse opportunita' dell' ecosistema, debbono infatti tener conto della variabilita' delle risorse ecologiche; ad es le specie di pesci che sono in competizione, non possono escludersi a vicenda secondo l' unico principo che il pesce piu grosso mangia i pesci piu piccoli, proprio perche' e' necessario che si compensino relativamente e diano adito a la generazione di nuove specie nella bio-diversita, in modo da poter coesistere complessivamente con la risorsa di base che per tutti i pesci e' la riproduzione del plankton nel mare. Oggi il rischio di giungere a degenerare in un "Darwinismo sociale selvaggio", in merito al continuo e sistematico ricorso al concetto di competitivita', semplicemente intesa come la propensione a superare gli altri per ottenerne dei vantaggi di profitto di qualsivoglia natura, e' del tutto deleteria poiche' e' altresi' necessario ricorre alla collaborazione ed alla condivisione sostenibile delle risorse. Altresi la unica prospettiva definita dalla competitivita' assolutizzata come metodo, conduce a fattori distorsivi sociali irrimediabilmente compromettenti la complessita' dello sviluppo socio economico contemporaneo, il cui orizzonte di sviluppo e' strutturalmente fondato sulle frontiere del cambiamento, basate sulla innovazione tecnologica e sulla creativita sociale. Pertanto il vantaggio competitivo oggigiorno viene a dipendere da un insieme di fattori di cambiamento sociali ed economici che possono determinare le condizioni di sviluppo locale o territoriale della innovazione e della creativita imprenditoriale, che nel loro complesso debbono divenire favorevolia gestire la competizione nel mercato globale. La competitivita' contemporanea quindi non puo' essere concepita come un concetto statico separato da criteri di collaborazione territoriale per il cambiamento, in modo da poter correlare la crescita strettamente alla nozione di una effettiva strategia intelligente dello sviluppo socio-economico , intesa come complesso di azioni “non “ piu volte "Darwinisticamente" al raggiungimento di una posizione di nicchia dominante, ma a determinare contemporaneamente lo sviluppo locale sia dei fattori sociali che di quelli economici della produttività e della profittabilita, tali che nel loro complesso inducano il benessere e lavoro dei cittadini e in specialmodo dei giovani , .... anziche solo e soltanto profitto a tutti i costi. Continuare imperterriti a definire il problema della crescita socio-economica come quello della competizione è pertanto detivante da una "ossessione ideologica" che pone fiducia cieca in una vecchia ed obsoleta concettualita liberale della competitività, che oggi non e' solo storicamente sbagliata, ma in vero è pericolosa, perche' distorce le politiche sociali dell' ambiente territoriale sociale in tutta l' Europa. Pensare la risoluzione dei problemi strutturali del cambiamento tra la vecchia societa industriale e la futura societa ella conoscenza condivisa, ancora ed univocamente in termini di competitività, porta direttamente o indirettamente a formulare politiche Regionali economiche e del lavoro completamente errate, che si estendono su una vasta serie di problemi sociali , nazionali ed internazionali, che viceversa dovrebbero riuscire nella sfida di migliorare il benessere dei cittadini la produttivita delle imprese e quindi gli scambi commerciali anziche' di assecondare quelli finanziari e speculativi. Ricorrere pedissequamente alla competitività e' quindi sicuramente una "ossessione ideologica liberale di vecchio stampo", che finisce per essere realmente illiberale perche' non definisce appropriatamente le necessita di incremento della produttivita' "liberata" da un fenomeno dominante che e' quello della speculazione finanziaria, come in vero ed sarebbe in tutta evidenza necessario per la crescita del sistema socio economico contemporaneo, in modo da poter iniziare a coltivare una ripresa sostenibile della economia in un quadro di effettiva equita sociale. Pertanto chiediamo al Prof. Mario Monti ed al suo governo di tecnici, di evitare di pronunciare con contuinita' fino alla noia, la "retorica della competitività" come panacea di tutti i mali , che ormai e' purtroppo gia' tanto diffusa tra la gente, cosi che giornalisti e ed economisti si trovano a fraseggiare nei Talk Show e nei mass media di competitivita' come unica "arma di fantasiose battaglie economiche" che purtroppo, proprio per mancanza di coerenza storica con le necessita' dello sviluppo contemporaneo, si tradurranno in sconfitte sociali in un contesto dove il rafforzamento degli orizzonti dello sviluppo e' invece direttamente determinato dalla capacita co-operazione tra imprese e ricerca finalizzata alla innovazione ed al cambiamento. paolo manzelli <[email protected]> . Firenze 05/FEB/12