Giglio Un fiore che possiamo considerare “femminile” è il giglio, o meglio Lilium, un genere a cui appartengono dalle 70 alle 100 specie ed un’infinità di ibridi dalle colorazioni e dalle forme più svariate. Ricordiamo tre particolarità di questo fiore: 1. la corolla è composta da 6 tepali, cioè petali e sepali non distinguibili. 2. ha un caule, cioè un fusto, in parte aereo, foglioso, in parte sotterraneo (ipogeo) detto squamoso o meglio embricato perché i catafilli, le “foglie”, si dispongono come le tegole, leggermente sovrapposti. 3. spesso presenta dei bulbilli, che sono organi che permettono la propagazione non sessuata. Il Lilium bulbiferum prende nome proprio dai bulbilli, presenti all’ascella delle foglie La specie originaria era quasi sicuramente lilium candidum, quello che accompagna le immagini di S. Antonio da Padova Per i Greci era simbolo di fecondità per la sua facilità a riprodursi. A questo aspetto probabilmente si richiama il mito che vede Afrodite, uscita dalla spuma del mare, invidiare il candore immacolato dei petali del giglio. Per dispetto la dea fa crescere al centro della corolla un enorme pistillo, tanto che da quel momento sono i Satiri a farne il loro emblema. In realtà il pistillo è l’organo femminile dei fiori, che producono negli stami il polline generatore, ma evidentemente gli antichi autori si sono lasciati fuorviare dall’apparenza. I gigli sono legati anche ad una civiltà più antica, quella minoica dell’isola di Creta, ma anche all’isola di Santorini, che ci conduce dentro un’eruzione vulcanica e sfiora il mito di Atlantide La tesi, sostenuta da Spiridione Marinatos, che il declino della civiltà minoica potesse essere in relazione con l'attività vulcanica dell'isola di Thera, lo spinse a intraprendere su larga scala in quest'isola scavi che iniziarono nel 1967. Dopo aver esaminato vari luoghi concentrò i suoi sforzi presso il villaggio di Akrotiri, vicino alla costa che guarda Creta. Lo scavo chiarì la sequenza degli eventi geologici che posero fine alla vita dell'isola. Intorno al 1500 a. C. una serie di terremoti sconvolse l'abitato di Akrotiri. Gli abitanti fuggirono per non esser sepolti sotto le rovine. Non molto dopo i terremoti il vulcano esplose. La prima colata, di pietra pomice, coprì le rovine con uno strato spesso da 3 a 4 metri. Il parossismo finale dell'eruzione produsse pesanti masse di cenere vulcanica che seppellirono l'intera isola sotto uno strato molto spesso. Malgrado le disastrose conseguenze per gli abitanti dell'isola, l'eruzione del vulcano si è dimostrata una provvidenza per gli archeologi. Tuttoè rimasto sigillato nella pomice e conservato in quasi perfette condizioni. Dall’antica Creta ritorniamo ora in Grecia ed incontriamo nuovamente Ercole o meglio Eracle, ma questa volta neonato, che rischiava di soccombere perché la madre Alcmena lo aveva abbandonato fuori dalle mura di Tebe temendo l’ira gelosa di Era, con ragione, poiché il padre era proprio Zeus. Alcmena era una donna virtuosa e non avrebbe mai accettato di tradire il proprio marito, ma fu ingannata da Zeus, che ne prese le sembianze e quando si rese conto d’essere stata ingannata e sedotta preferì disfarsi della prole. Ercole godeva però della protezione di Atena, che condusse Era a passeggiare accanto al luogo in cui giaceva il neonato e la convinse ad allattarlo.Ercole si attaccò con tanta forza al seno della dea che questa lo respinse. Uno spruzzo di latte salì verso il cielo – ed è la Via Lattea – un altro cadde sulla terra e si tramutò in giglio. Anche nell’antica Roma i gigli erano consacrati a Giunone, la dea della fecondità. Con i gigli entriamo anche nel mondo ebraico perché il nome femminile Shushan, da cui Susanna, significa appunto “giglio”. Nel cap.13 del libro biblico di Daniele si narra la vicenda conosciuta come “Susanna e i vecchioni”. Susanna viene notata da due vecchi che frequentano la casa di suo marito mentre fa il bagno nel suo giardino. Essi minacciano di accusarla presso il marito di averla sorpresa con un giovane amante se non si concede a loro. Al rifiuto di Susanna l'accusano pubblicamente di adulterio. Portata davanti al tribunale viene riconosciuta colpevole e condannata a morte mediante lapidazione, ma a questo punto si fa avanti Daniele: « Mentre Susanna era condotta a morte, il Signore suscitò il santo spirito di un giovanetto, chiamato Daniele, [46] il quale si mise a gridare: «Io sono innocente del sangue di lei!» Tutti si voltarono verso di lui dicendo: «Che vuoi dire con le tue parole?». Allora Daniele, stando in mezzo a loro, disse: «Siete così stolti, Israeliti? Avete condannato a morte una figlia d'Israele senza indagare la verità] Tornate al tribunale, perché costoro hanno deposto il falso contro di lei». » Questo intervento di Daniele, che poi interroga personalmente i due calunniatori e ne fa emergere l'inganno, costituisce anche l'inizio del suo percorso pubblico di profeta. La reputazione di Susanna viene restituita all'onore e la fama di Daniele cresce fra il popolo. Questo episodio edificante ha ispirato i pittori cristiani fin dall’antichità, ma soprattutto nel XVI e XVII secolo, forse anche perché forniva un pio pretesto per rappresentare la nudità femminile. I gigli entrano poi prepotentemente nella tradizione cristiana, non solo per le parole di Gesù riportate da Matteo al cap.6 “ Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro”, parole che suggeriscono l’abbandono del credente alla Provvidenza, ma testimoniano anche l’esemplarità del giglio come fiore particolarmente bello. Tutti questi significati e questa simbologia hanno portato una nutrita schiera di pittori ad inserire i gigli nella rappresentazione dell’episodio dell’annunciazione dell’angelo a Maria. Tra questi Annunciazione tra S.Ansano e S.Margherita di Simone Martini Annunciazione di Sandro Botticelli. Annunciazione diFilippino Lippi Annunciazione di Recanati di Lorenzo Lotto. Forse Lotto ha preso ispirazione da un altro gatto presente sul luogo dell’annuncio, quello di un rilievo di Andrea Sansovino nella Casa di Loreto I gigli accompagneranno poi le rappresentazioni di parecchi santi. Ricordiamo solo il giglio bianco per S.Antonio da Padova e per S.Luigi Gonzaga, il rosso, o giglio di S.Giovanni, detto bulbiferum, cui abbiamo accennato a proposito dei bulbilli all’ascella delle foglie,. Ancor prima, il Vangelo apocrifo di Giacomo narra che, quando Maria giunse all’età di 12 anni, un angelo suggerì a Zaccaria di convocare tutti i vedovi della Giudea per trovarle un marito. Ciascuno di essi doveva portare un bastone affinchè il Signore manifestasse con un segno il prescelto. Dal bastone del falegname Giuseppe uscì una colomba, ma nel corso dei secoli successivi il racconto venne modificato, in ricordo dell’episodio veterotestamentario della fioritura del bastone di Aronne, così dal bastone di Giuseppe fiorirono gigli, simboli anch’essi, come la colomba, di purezza. Purezza e castità sì, ma anche una vena trasgressiva legata alla magia perché si dice che i gigli fossero utilizzati dalle streghe, insieme al giusquiamo 1, per intraprendere i loro voli. Effettivamente i bulbi contengono sostanze psicotrope che danno una particolare sensazione di leggerezza. Torniamo in ambito religioso per ricordare la festa dei gigli che si svolge a Nola il 22 giugno di ogni anno, in onore di S. Paolino, che liberò la città dai Visigoti, offrendosi addirittura come schiavo per riscattare i prigionieri. I Nolani, riconoscenti, si recarono in processione alla cattedrale portando fasci di gigli. Possiamo tuttavia ipotizzare anche un’origine pagana di questa tradizione, legata alle celebrazioni per l’ingresso del sole nella costellazione estiva del Cancro. Concludiamo con un piccolo enigma. I gigli, simboli araldici di Francia e di Firenze, in realtà sono degli iris. Pare che i Fiorentini ritenessero più nobile il giglio rispetto all’iris violaceo, mentre per la Francia sembra si sia trattato di un errore di trascrizione. Si narra che il re Luigi VII, durante un conflitto con i feudatari infedeli, si sia salvato guadando un torrente. Il sovrano osò attraversarlo perché aveva notato una ricca fioritura di iris che non venivano travolti dalla corrente. Per riconoscenza scelse quei fiori come suo emblema, ma da “fleur de Louis” si passò poi a “fleur de lys”, che è per l’appunto il giglio. 1 Appartiene alla famiglia delle Solanacee. Le sostenze tossiche sono contenute nei frutti, le capsule