Tesina: Frammentarietà
Tesina sulla frammentarietà dell'io nella società del primo ‘900. L'imperialismo e
il colonialismo, Italo Svevo: La coscienza di Zeno, La frammentarietà dell’io
nella psicanalisi freudiana, Seneca e l’uomo del suo tempo, Il teatro di Euripide
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1. L’ imperialismo e il colonialismo
1.1 L’ imperialismo
1.2 La funzione “civilizzatrice “
3.3 Il complesso di Edipo
dell’Imperialismo
3.4 Dalla "malattia" alla
1.3 Imperialismo: conseguenze
"guarigione"
economiche, politiche e culturali.
3.5 I conflitti inconsci secondo
1.4 L'imperialismo secondo Lenin
Freud
1.5 L'imperialismo nel nostro tempo
3.6 Esperienze traumatiche
1.6 Il Colonialismo
3.7 La "guarigione"
1.6.1 L’ evoluzione degli imperi
4. Seneca e l’uomo del suo tempo
coloniali
4.1 La vita e il pensiero
1.6.2 Le diverse fasi del colonialismo
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1.6.3 Nel cattolicesimo
1.6.4 L'Africa nel 1914
1.6.5 Oceania
1.6.6 Asia meridionale
1.6.7 Sud-est asiatico
2. Italo Svevo: La coscienza di Zeno
2.1 Biografia dell’autore
2.2 Tratti comuni con alcuni pensatori
contemporanei
2.3 La Poetica dell’autore
2.4 La coscienza di Zeno
2.5 La famiglia Svevo
2.6 Svevo e l'inettitudine dell'uomo
contemporaneo
3. La frammentarietà dell’io nella
psicanalisi freudiana
4.2 Pensiero e opere
dell’autore
4.3 Frammenti di antologia
dell’autore
5. Il teatro di Euripide
5.1 Il realismo euripideo
5.2 Opere dell’autore
5.2.1Medea
5.2.2Alcesti
5.3 Traduzione delle due
maggiori opere dell’autore
6. Picasso
6.1 Biografia dell’autore
6.2 I periodi artistici di Picasso
6.3 Il cubismo
6.4 Classicismo e surrealismo
6.5 Pablo Picasso: la
"Guernica"
3.1 Biografia dell’autore
3.2 L' interpretazione dei sogni
1. L’ imperialismo e il colonialismo
1.1 L’ Imperialismo
L' imperialismo viene al mondo come nuovo colonialismo fra il 1871 e il 1914, e risulta nell'atto dei governi
teso a imporre la propria supremazia su altri paesi per ottenere il massimo rendimento dal punto di vista
economico prendendone il pieno controllo monopolistico delle fonti energetiche ed esportazione
principalmente di capitali. Il termine "Imperialismo" fu creato in Francia nel primo Ottocento per indicare il
regime istituito da Napoleone I. In seguito fu adoperato in Inghilterra, associato all'idea di governo assoluto,
per individuare il regime di Napoleone III.
Infine il termine Imperialismo assunse il suo senso più familiare: la propensione di una nazione ad imporre la
sua egemonia economico e ad influire sulla politica interna di altri stati con l'obiettivo di avviare la
realizzazione di enormi imperi economici. Per i paesi predominanti uno degli scopi principali di tale sistema
era quello di ottenere dai paesi occupati una ingente quantità di materie prime a costi bassi. Il termine è
adoperato qualche volta per delineare la politica di uno stato tesa alla conservazione di colonie e domini in
terre distanti, pure se lo stato medesimo non si considera un impero.
In senso lato il termine imperialismo
può indicare una ubicazione
intellettuale, che accoglierebbe la
convinzione che la occupazione e il
mantenimento degli imperi abbiano un
valore positivo; questo punto di vista è
spesso unito al supposto di una
egemonia culturale o di altro tipo
intrinseca al potere imperiale.
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L'imperialismo come evento, è venuto
al mondo in primo luogo da motivi di
natura politica e di natura ideologica,
canalizzate, articolate, allargate ed
immesse in un più generale disegno
economico. Questa smania di
ampliamento è dovuto ai mutamenti
della situazione economica e non solo.
È anche collegato a giustificazioni
politiche e persino ideologiche,che
mutavano a seconda della condizione
del paese colonizzatore e degli stati da
colonizzare. Sul piano ideo-politico
l'imperialismo è dovuto all'affermarsi di
espressioni nazionalistici tesi a
celebrare i caratteri considerati originali
della propria nazione che non si
rappresentano come il nazionalismo
degli avvii 1800, e vale a dire
contraddistinto dalle tensioni
indipendentistiche, ma è a questo
punto ricco (e pertanto svalutato) di
quel sentimento di "prestigio" tanto
desiderato dalle precedenti nazioni
europee.
A tutto questo era unita una radicata persuasione di una presunta egemonia biologica della propria razza
rispetto alle popolazioni di quegli stati che non riuscivano a far fare il salto di qualità alle loro economie, e in
particolar modo ci riferiamo ai popoli africani. A questo proposito rendiamo un pezzo di quanto affermato in
un corso di geografia universale del 1850: "È sentenza quasi UNIVERSALE dei fisiologi che gli uomini di
razza nera hanno, per natura, breve l'intelletto! Ora, pur senza negare che anche i Negri possono incivilirsi, è
comunque certo che quella civiltà sarà sempre inferiore alla nostra, perché inferiore è realmente la forza
della mente di quelle genti [...] Dobbiamo aiutare, istruire, assistere i Negri; siamo in dovere di farlo perché
sono nostri fratelli."
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Paesi che di recente avevano ottenuto un solido accrescimento economico, al quale si era aggiunto pure
l'elemento di un capitalismo che non era più "industriale" ma "finanziario" (vale a dire retto da prestiti da
parte di istituti di credito), consideravano l'espansione verso territori d'oltremare una buona ragione per: a)
impadronirsi dei beni a basso costo; b) possibilità di impiego dei capitali in territori nei quali era possibile
iniziare attività ad alto guadagno. Tirando le somme, facile è capire quale sarà il comportamento assunto da
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Germania, Inghilterra e Francia in tale trentennio di storia di esasperato imperialismo, un comportamento di
fazioso "eurocentrismo". Nella prima metà del XIX secolo tutto lasciava considerare che il colonialismo fosse
a questo punto svanito:
Le colonie inglesi del Nord America
erano divenite autonomi e avevano istituito gli
Stati Uniti;
Le colonie spagnole e portoghesi
dell’America centro-meridionale avevano
ottenuto anch’esse l’autonomia;
Le poche colonie rimaste all’Europa in
Asia, in Africa o nelle isole dell’America
centrale parevano poco importanti dal punto
di vista economico con la sola eccezione
dell’India, fortemente governata dalla Gran
Bretagna.
Nel corso del secolo, tuttavia, la popolazione
europea era accresciuta e, dal 1860, grandi
masse di tutte le nazioni, non trovando lavoro
in patria iniziarono a prendere la via
dell’emigrazione e a inserirsi non soltanto
nelle due Americhe, ma pure in Asia e in
Africa. Finanzieri e banchieri, a loro volta,
guardandosi intorno per cercare nuovi
investimenti, disposero grandi quantità di
denaro nelle giacimenti e nelle piantagioni di
altri continenti; di conseguenza, vollero
proteggere i loro capitali e sorvegliare da
vicino i stati in cui li avevano vincolati.
L’Europa, per di più, controllava i mezzi di comunicazione intercontinentali, ma le sue navi avevano
necessità di scali sicuri per fare provvista di carbone durante le sue traversate. Contemporaneamente gli
imprenditori volevano ampliare i propri mercati e avere fonti di materie prime di cui l’Europa era priva, come,
ad esempio, il petrolio e il caucciù. Le classi dirigenti dell’Ottocento tradussero tutte tali necessità in
Imperialismo, vale a dire in una nuova fisionomia di colonialismo che, per la prima volta, puntò sia al totale
esaurimento economico dei paesi colonizzati sia al loro controllo territoriale. Si concretizzò mediante:
La conquista militare di grandi zone per prenderne il controllo;
La sovranità politica delle nuove colonie per mezzo di funzionari europei;
Utilizzazione economica con il fine di sottrarre le materie prime e di rivendere i prodotti finiti agli europei.
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L’imperialismo non produsse alcun sviluppo per i popoli colonizzati. Essi non ebbero modo di conoscere
nuove tecniche e restarono privi le loro tecniche tradizionali. Nelle colonie le leggi divennero di tipo feudale
alle quali le nazioni imperialiste non erano più sottoposte dopo la fine dell’Ancien Régime. La concorrenza
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per il consolidamento della propria autorità creò in Europa molte rivalità. Per tale ragione nel novembre del
1884 Bismarck riunì a Berlino una grande Conferenza, in cui si fissarono i criteri di base ai quali le potenze
Europee si sarebbero frazionati le colonie; nel documento definitivo si attestava che ciascun stato si sarebbe
potuto impossessarsi di territori africani e asiatici, a condizione che avesse avvertito le altre potenze, le quali
avrebbero potuto far valere le “proprie proteste”.
1.2 La funzione “civilizzatrice “ dell’Imperialismo
Oltre a spiegazioni economiche, gli europei
erano mossi verso altri continenti pure dalla
persuasione di avere una responsabilità di
diffondere la civiltà bianca, che ritenevano la
migliore del mondo e giustificando tale
responsabilità con la missione civilizzatrice, vale
a dire che i popoli più potenti dovevano
occupare le popolazioni più deboli, spiegandolo
con idee razziste.
Sotto il regno della regina Vittoria l’Inghilterra
eresse l’impero britannico, il più grande impero
coloniale del mondo. Il suo gioiello era l’India,
amministrata da un viceré britannico con
residenza a Nuova Delhi. Gli inglesi ne
andavano talmente fieri che dal 1876 la loro
regina si fregiò del titolo di “imperatrice di tutte le
Indie”. In quel paese grandissimo, 200 000
Inglesi, fra militari e funzionari, governavano 130
milioni di Indiani disseminati su un territorio
infinito che chiamarono “sub-continente indiano”.
In esso si parlavano un centinaio di lingue
differenti e si professavano tre religioni principali,
induismo, buddismo, islamismo.
Nel XIX secolo la Compagnia delle Indie, responsabile di corruzione e di truffe ai danni dello Stato, fu chiusa
e il governo inglese prese apertamente l’amministrazione della penisola indiana. I funzionari britannici,
sorretti dagli nobili indù, compirono mosse di grande peso che avevano come scopo la modernizzazione.
Fra il 1850 e il 1900 furono disposti i binari che avrebbero situati la maggior parte del territorio, partirono il
servizio postale e la prima rete telegrafica elettrica e furono aumentati i canali d’irrigazione. Furono edificate
pure tre grandi università, per la formazione occidentale delle popolazioni locali.Il sogno di tali capi di stato
inglesi, che volevano divulgare il loro modello britannico fallì di fronte ad impedimenti di natura economica,
dato che non si poteva accrescere l’India e appagare le pretese commerciali di Londra che dopo un primo
istante che seppero resistere Londra intraprese a confiscare tutto il disponibile in India dirigendola in una
grande recessione, il secondo principio era di natura fiscale, le tasse per rendere migliore le condizioni di
vita erano ampliate drasticamente riducendo i coltivatori alla fame, il terzo principio era di natura culturale,
che condussero gli Inglesi ad eliminare antiche consuetudini, costumi.
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1.3 Imperialismo: conseguenze economiche, politiche e culturali.
Sul piano economico, l'esperienza coloniale ebbe alcune conseguenze positive sui paesi che ne furono
investiti, conducendo ad un cambiamento favorevole dell'apparato produttivo, ma questo a prezzo di un
continuo impoverimento di risorse culturali ed umane. Per di più la creazione di economie orientate
sostanzialmente all'esportazione e alle monocolture stravolse in molti casi un meccanismo fruttuoso
indirizzato verso il mercato interno e che assicurava almeno il sostentamento della popolazione. Fu messo in
moto un processo di accrescimento, ma in funzione degli interessi dei colonizzatori, i quali del resto si
impossessarono regolarmente di gran parte dei ricavi economici dei paesi colonizzati. Il risultato
dell'imperialismo sulle culture dei paesi colonizzati fu esplosivo.
I sistemi culturali che avevano una più compatta tradizione e che erano connessi a strutture politico-sociali
organizzate, come nei paesi dell'Asia e del Nord Africa si protessero meglio.
Ben differente fu il caso dell'Africa più antica, animista e
pagana. Qui furono difatti modificati alle fondamenta gli
equilibri delle etnie e dei villaggi, mentre interi sistemi di
vita, di riti e di valori entrarono velocemente in crisi. Sul
piano politico l'espansione coloniale terminò per
incoraggiare la formazione o il risveglio di nazionalismi
locali, ad opera principalmente dei nuovi quadri
dirigenti, che si plasmarono nelle scuole europee e vi
impregnarono gli ideali democratici e i principi di
nazionalità. L'Europa si trovò a diffondere quello che
meno avrebbe bramato: il bisogno di autogovernarsi e
di decidere della propria sorte.
1.4 L'imperialismo secondo Lenin
L'accezione leninista di imperialismo è al di fuori della dimensione autenticamente politica, ma si fonda su
una definizione economica; suoi segni caratteristici sono:
raggruppamento degli mezzi di produzione e del capitale in una ristretta cerchia di proprietari (e
pertanto la composizione di monopoli, dando fine all'agognata "libera concorrenza").
Combinazione del capitale bancario col capitale industriale, e il formarsi, sulla base di tale capitale
finanziario, di un'oligarchia finanziaria (scaturente dalla occorrenza per le imprese monopolistiche di dover
sostenere la concorrenza, mediante l'erogazione dagli istituti finanziari di enormi somme di capitali).
Grande rilevanza acquistata dall'esportazione di capitali in confronto con l'esportazione di merci
(quest'ultima contraddistingueva la libera competizione, mentre nell'imperialismo la maggioranza dei capitali
ha un'origine finanziaria, determinandosi ininterrotte "eccedenze" di capitale da dover impegnare,
specialmente all'estero).
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Il sorgere di associazioni antiliberali internazionali, che si suddividono il mondo (la competizione fra
queste, e lo sviluppo ineguale del capitalismo fissa una continua ascesa e peggioramento degli stati, e un
cambiamento ininterrotto delle relazioni globali, e delle suddivisioni delle zone d'influenza).
La compiuta suddivisione (geografica) della terra fra le più grandi autorità capitalistiche (si noti , per
quanto possa emergere normale attualmente, che dagli inizi del 1900 non vi è più è nessuna "terra di
nessuno", e tutte le terre sono state appunto distribuite fra i diversi stati, a seconda della loro potenza,
elargita loro dal loro capitale).
1.5 L'imperialismo nel nostro tempo
Negli ultimi anni, le valutazioni all'imperialismo
sono state fatte, più che sul piano politico, sul
suo aspetto culturale, con peculiare attenzione
alla crescente influenza globale della cultura
degli USA. Uno dei fondamentali critici
dell'imperialismo americano è il ricercatore
statunitense Chalmers Johnson. Ciò lo si deve
pure alle ultime azioni belliche statunitensi,
ritenute da molti come un tentativo di controllo
mediato delle risorse dei territori invasi. Alcuni
con tutto ciò contestano tale significato
aumentato della parola con la giustificazione che
la ripartizione fra interazioni vicendevoli e
importanza indotta è molto soggettiva.
L'imperialismo difatti nel nostro tempo è
denominato formale.
1.6 Il Colonialismo
Il colonialismo si spiega come l'allargamento della sovranità di uno stato su territori e popoli all'esterno dei
suoi confini, spesso per agevolare il potere economico sulle risorse, il lavoro e il commercio di questi ultimi. Il
termine indica pure l'insieme di persuasioni adoperate per legittimare o promuovere tale sistema, in
particolare il credo che i valori etici e culturali dei colonizzatori siano più importanti di quelli dei colonizzati. Il
termine denota pure, in senso più stretto, il dominio coloniale mantenuto da differenti Stati europei su altri
territori extraeuropei lungo l'epoca moderna e indica pertanto il corrispettivo periodo storico, avviato nel XVI
secolo, simultaneamente alle esplorazioni geografiche europee e ufficialmente conclusosi nella seconda
metà del XX secolo, con il trionfo dei moti anti-coloniali. I cooperatori del colonialismo argomentano che il
governo coloniale usufruisce i colonizzati accrescendo l'infrastruttura economica e politica indispensabile per
la modernizzazione e la democrazia. Essi individuano ex colonie come Stati Uniti d'America, Canada,
Australia, Nuova Zelanda, Hong Kong e Singapore, come esempi di successi post-coloniali. Questi stati in
ogni modo, non riproducono il corso normale del colonialismo, in quanto si tratta di società coloniali o di
centri commerciali.
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