dell`Associazione Pordenonese di Astronomia IMMAGINI DALL

NOTIZIARIO
dell’Associazione Pordenonese di Astronomia
Anno XXII - n. 67
Gennaio - giugno 2015
IMMAGINI DALL’OSSERVATORIO DI MONTEREALE VALCELLINA
Il 2014 è stato un anno caratterizzato da elevata piovosità, e, quindi, avaro di notti utilizzabili per le osservazioni
astronomiche. Se a questo sommiamo la lenta ma inesorabile avanzata delle lampade per l’illuminazione pubblica con
tecnologia LED, con emissione su tutto lo spettro del visibile, si può concludere che, almeno nella nostra regione, le
condizioni di osservabilità degli oggetti “deep sky” vanno sempre più peggiorando.
Le immagini proposte in questa copertina sono state riprese le sere del 18 e 29 ottobre 2014 con il Newton 400 mm e
la camera ccd disponibile in osservatorio. Quella di sinistra è la galassia M33 nel Triangolo (posa di 60”), l’altra la
galassia NGC891 in Andromeda (posa di 120”).
In questo numero
L’EQUAZIONE DI DRAKE E LA SUA EVOLUZIONE
LA COMETA “LOVEJOY”
LABORATORIO DI ASTRONOMIA OSSERVATIVA
UN SEMPLICE INSEGUITORE FOTOGRAFICO
UNA MOSTRA DI STORIA DELL’ASTRONOMIA A PARMA
NOTIZIARIO dell’Associazione Pordenonese di Astronomia
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L’EQUAZIONE DI DRAKE E LA SUA EVOLUZIONE
La cosiddetta “equazione di Drake”, scritta
nel 1961 dall’astrofisico che le ha dato il
nome, Frank Drake, ha rappresentato il primo
tentativo logico di affrontare il tema della vita
al di fuori del nostro sistema solare e ancora
oggi costituisce un riferimento ineludibile per
quanti si accingono ad affrontare questo tema.
Da allora questo campo dell’astronomia si è
particolarmente evoluto e grazie alla scoperta
di molti pianeti extrasolari, con l’apertura di
nuove frontiere nel campo dell’esobiologia, e
alle attività svolte dal SETI Institute
(www.seti.org) l’elaborazione di Drake è ora
al centro di particolare attenzione con la
proposta di letture e formulazioni più evolute.
Frank Drake
L’equazione di Drake. Per capirne il
significato possiamo affidarci alle parole dello
stesso Drake tratte da un articolo di qualche
anno fa scritto con Dava Sobel, da titolo “The
origin
of
the
Drake
equation”
(www.astrosociety.org/drake/ab2010-46.pdf):
“pianificando una conferenza sul tema della
comunicazione interstellare mi resi conto, con
qualche giorno di anticipo, che avevamo
bisogno di un programma. E così mi scrissi
tutte le cose che avevamo bisogno di sapere
per capire quanto difficile si sarebbe rivelato
entrare in contatto con delle forme di vita
extraterrestri. E guardando quell’elenco
diventò piuttosto evidente che moltiplicando
tutti quei fattori si otteneva un numero, N, che
è il numero di civiltà rilevabili nella nostra
galassia. Questo, ovviamente, mirando alla
ricerca radio e non alla ricerca di essere
primordiali o primitivi”.
È così che finì per proporre questo suo
ragionamento nel seguente modo:
N = R* · fp · ne · fl · fi · fc · L
dove:
N è il numero di civiltà extraterrestri presenti oggi
nella nostra Galassia con le quali si può pensare di
stabilire una comunicazione
R* è il tasso medio annuo con cui
si formano nuove stelle nella Via Lattea
fp
è la frazione di stelle che possiedono pianeti
ne è il numero medio di pianeti per sistema solare in
condizione di ospitare forme di vita
fl
è la frazione dei pianeti ne su cui si è
effettivamente sviluppata la vita
fi
è la frazione dei pianeti fl su cui si sono
evoluti esseri intelligenti
fc
è la frazione di civiltà extraterrestri in grado
di comunicare
L
è la stima della durata di queste civiltà evolute
Una curiosità: il “paradosso di Fermi”. 11
anni prima dell’elaborazione di Drake anche
Enrico Fermi si era cimentato sullo stesso
problema. Era l’estate del 1950 e la leggenda
vuole che mentre era a pranzo nella caffetteria
dei laboratori di Los Alamos assieme a
Edward Teller, Emil Konopinski ed Herbert
York, la discussione toccò l’argomento dei
dischi volanti. Pochi giorni prima, infatti, il
quotidiano The New Yorker aveva proposto
una vignetta che ritraeva alieni intenti a
rubare bidoni dell’immondizia.
Tutti concordarono sul fatto che i dischi
volanti non fossero reali e lo scambio di
vedute sconfinò immancabilmente nei
meandri della matematica, fino a quando,
come ricorda Konopinski, Fermi li sorprese
con una domanda che destò una certa ilarità:
“Ma dove sono tutti quanti?”. In sostanza
voleva dire questo: se statisticamente ci può
essere un numero molto elevato di civiltà nel
nostro universo, perché non le incontriamo? È
così che nacque ciò che oggi ricordiamo come
il “paradosso di Fermi”,
York racconta che Fermi proseguì poi con una
serie di calcoli sulla probabilità della vita
umana, la probabile emersione e la durata di
tecnologie avanzate e così via, azzardarono
alcune risposte plausibili alla sua fatidica
NOTIZIARIO dell’Associazione Pordenonese di Astronomia
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domanda, come ad esempio che le enormi
distanze dello spazio avrebbero vanificato
ogni sorta di viaggio interstellare e
quand’anche ciò fosse possibile, potrebbe non
valerne lo sforzo per conseguirlo, o ancora
che civiltà avanzate potrebbero non
sopravvivere abbastanza a lungo per
raggiungere il livello tecnologico sufficiente a
decollare per compiere viaggi interstellari.
Enrico Fermi era noto per la sua abitudine di eseguire a
mente stime di ogni tipo di grandezza. Una volta chiese
ai suoi studenti quanti accordatori di pianoforte ci
fossero a Chicago: il modo in cui calcolò la risposta
assomiglia al tipo di ragionamento sotteso
all’equazione di Drake. Fermi suppose che Chicago
dovesse avere circa tre milioni di abitanti e che circa
una famiglia su venti dovesse possedere un pianoforte.
Se la famiglia media è composta da cinque elementi e
un piano richiede in media un’accordatura all’anno, se
un accordatore può eseguire due accordature al giorno
per 200 giorni all’anno, allora Chicago ha bisogno di
75 accordatori.
Entra in scena Sara Seager. Come detto, in
questi ultimi anni l’astronomia ha fatto passi
da gigante su questi argomenti, grazie anche
alle conoscenze acquisite sulla formazione ed
evoluzione dei sistemi planetari e delle
tipologie stellari, tanto da imporre una
rilettura critica dell’equazione proposta da
Drake, la cui impostazione si presenta
oggettivamente molto speculativa, ovvero non
basata su dati reali da cui attingere per
caratterizzare i parametri considerati.
Per questo Sara Seager, del Massachusettes
Institute of Technology e pioniera nello studio
delle atmosfere dei pianeti extrasolari, ne ha
di recente proposto una nuova versione con
l’introduzione di nuovi termini di analisi:
N = N* · FQ · FHZ · FO · FL · FS
dove:
N è il numero di pianeti con segni di vita rilevabili
N* numero di stelle osservate
FQ frazione di stelle stabili
FHZ frazione di stelle con pianeti rocciosi nella fase di
abitabilità
FO frazione di tali pianeti effettivamente osservabili
FL frazione che presenta vita
FS frazione in cui sono rilevabili tracce di gas di
origine biologica
Sara Seager
In questo caso la premessa di base è che per
essere abitabile un pianeta debba avere acqua
liquida. Ma com’è possibile riuscire a dedurre
la presenza di vita in un pianeta dalla
semplice analisi spettrale dell’atmosfera? In
questo caso ci viene in aiuto il Very Large
Telescope del Cile, uno dei più grandi
telescopi
al
mondo
(www.eso.org/public/italy/teles-instr/vlt/), che
ha recentemente analizzato lo spettro della
luce della terra riflessa sulla superficie della
Luna, “scoprendo” che la nostra atmosfera è
ricca di ossigeno, acqua e di ozono, e che
sono presenti nubi e oceani. Ma soprattutto si
è riusciti a dedurre anche la presenza di vita
vegetale.
Allo stesso modo, anche se con maggiori
difficoltà, l’analisi spettroscopica potrà essere
impiegata per analizzare le atmosfere dei
pianeti extrasolari e scoprire se possiedono
atmosfere respirabili, acqua allo stato liquido
e copertura vegetale. Potremmo insomma
scoprire le prime forme di vita aliena
semplicemente studiando la luce.
A caccia di inquinamento per trovare gli
alieni. Un ulteriore stimolo su questo
argomento ce la propone MEDIA INAF, il
Notiziario online dell’Istituto Nazionale di
Astrofisica.
Nella
su
pagina
web
(http://www.media.inaf.it/) si può leggere che
un gruppo di ricercatori dell’Harvard
Smithsonian Center for Astrophysics ha
NOTIZIARIO dell’Associazione Pordenonese di Astronomia
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ipotizzato che per capire se un pianeta è
abitato
basterebbe
cercare
tracce
inquinamento nello spazio.
In sostanza, proprio come noi esseri umani
inquiniamo il nostro pianeta e l’orbita
circostante, anche qualche forma di vita aliena
potrebbe fare (o aver fatto) lo stesso con il
proprio pianeta.
Per questo verrà in aiuto il James Webb Space
Telescope, (www.jwst.nasa.gov), il telescopio
di nuova generazione che sostituirà Hubble e
verrà lanciato nel 2018. “Pensiamo che
l’inquinamento industriale sia la prova di
forme di vita intelligenti, ma è probabile che
civiltà più avanzate non la pensino come noi
essendo poco furbo inquinare l’aria del
proprio pianeta”, ha detto Henry Lin, autore
con Gonzalo Gonzalez Abad e Abraham Loeb
dell’articolo pubblicato su The Astrophysical
Journal dal titolo “Detecting industrial
pollution in the atmospheres of earth-like
exoplanets”.
Proprio grazie al JWST i ricercatori
potrebbero essere in grado di rilevare due tipi
di clorofluorocarburi, composti chimici
contenenti cloro, fluoro e carbonio, indicati
con la sigla CFC, contenuti in solventi e
prodotti spray che distruggono lo strato
dell’ozono. “Le molecole che consideriamo
come CFC sono quelle responsabili del
riscaldamento globale sulla Terra”, ha
spiegato Loeb. “Una di queste molecole,
il tetrafluorometano (CF4), può rimanere
nell’aria anche per 50.000 anni, mentre altre
non arrivano a 10 anni o anche meno”.
Un’altra molecola facile da rivelare sarà il
triclorofluorometano (CCI3F). “Se troveremo
solo le prove di molecole durature, questo
può indicare che stiamo guardando le rovine
di una civiltà che è andata distrutta. In questo
caso potrebbe servirci da lezione per non
continuare a distruggere il nostro pianeta e la
sua atmosfera”.
Tale progetto è senza dubbio ambizioso,
l’unico problema finora rilevato dagli esperti
è che il JWST può rilevare solo le sostanze
inquinanti presenti attorno a un pianeta simile
alla Terra che orbita attorno una stella nana
bianca, vale a dire ciò che resta quando una
stella come il nostro Sole muore. Cercare
molecole inquinanti su un pianeta simile alla
Terra ma che orbita intorno a una stella simile
al Sole richiederebbe uno strumento di
prestazioni superiori a quelle del JWST,
ovvero telescopi di “next-next-generation”.
Loeb ha calcolato che “JWST può catturare le
impronte spettrali dei clorofluorocarburi su
pianeti extrasolari con un’inquinamento
industriale dieci volte più grande di quello
sulla Terra”.
Questo contributo è stato scritto da Stefano Zanut
([email protected])
Per saperne di più. Su www.youtube.com/watch?v=HPQz-kdaxNo è disponibile il filmato di un’intervista a
Frank Drake sulla “sua” equazione, mentre per divertirsi con prove di calcolo è possibile collegarsi a
www.internetsv.info/Drake.html. Nel merito vi propongo anche l’interessante articolo di Annarito Ruberto, dal
titolo “Calcolare le probabilità di vita intelligente aliena: l’equazione di Drake” www.tuttoscienze.org/2012/08/calcolare-le-probabilita-di-vita.html.
Sul “paradosso di Fermi” una lettura d’indubbio interesse è “Se l’universo brulica di alieni... dove sono tutti
quanti? Cinquanta soluzioni al paradosso di Fermi e al problema della vita extraterrestre”, di Stephen Webb,
ma non scherza nemmeno quant’altro saggio: “Equazione di Drake e Paradosso di Fermi: come ignorare le
complessità e dichiararsi padroni dell’universo” (gifh.wordpress.com/2012/09/03/equazione-di-drake-eparadosso-di-fermi-come-ignorare-le-complessit-e-dichiararsi-padroni-delluniverso/).
Per quanto concerne, infine, il contributo di Sara Seager, la rivista COELUM vi ha dedicato un articolo nel n.
174/2013 dal titolo “Equazione di Drake: è tempo di cambiare”, di Francesco Berengo, mentre un’interessante
intervista alla scienziata è proposta dalla rivista SPACE.COM, dal tiolo “The Drake Equation Revisited:
Interview with Planet Hunter Sara Seager” (www.space.com/22648-drake-equation-alien-life-seager.html).
NOTIZIARIO dell’Associazione Pordenonese di Astronomia
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LA COMETA “LOVEJOY”
Nel mese di gennaio è risultata ben visibile la
cometa C/2014 Q2 “Lovejoy”, che ha fatto
bella mostra di se attraversando il cielo della
sera come indicato nella mappa che segue,
realizzata con il programma Skychart 3.10.
Tale cometa si è presentata al massimo della
sua luminosità il giorno 16 gennaio,
raggiungendo una magnitudine di circa 4.5,
senza però risultare visibile ad occhio nudo
dai cieli della nostra pianura per la presenza
dei soliti fattori che compromettono l’agevole
visione di oggetti del profondo cielo, ossia il
notevole inquinamento luminoso e il pessimo
seeing. Risultava invece ben visibile
utilizzando anche un modesto binocolo, che
permetteva di evidenziarne chioma e falso
nucleo, mentre per la coda era necessario
portarsi sotto un cielo migliore. L’astro
chiomato poteva risultare visibile con un
binocolo fino ai primi giorni di marzo.
Di seguito proponiamo alcuni resoconti
osservativi e fotografici condotti nell’ambito
dell’APA.
Il percorso della cometa Lovejoy in una rappresentazione ottenuta con Skychart 3.10
Dino Abate. Ho osservato la cometa dalla
pianura già negli ultimi giorni del 2014 e poi,
con crescente difficoltà dovuta al disturbo del
riverbero lunare, nei primi giorni dell’anno
nuovo. Tuttavia, come tutte le comete, anche
la C/2014 Q2 è risultata spettacolare, sia in
visuale sia in fotografico, da località con cielo
caratterizzato
da
poco
inquinamento
luminoso. Sabato 10 gennaio, Andrea
Berzuini ed io siamo saliti al Monte Pizzoc,
da dove abbiamo potuto vederla, grazie anche
a condizioni climatiche eccezionalmente miti
(+10°C alle 22:00, a 1550 metri s.l.m.). Due
giorni dopo, abbiamo ripetuto le osservazioni
dall’osservatorio Montereale Valcellina,
assieme ai soci Vanzella e Di Vora, con cielo
qualitativamente inferiore.
Seguono alcune immagini riprese con la mia
vecchia digicam Canon EOS 300D, e con
varie ottiche e tempi di posa.
NOTIZIARIO dell’Associazione Pordenonese di Astronomia
5
Data: 10/1/2015
Località: Monte Pizzoc
Ora T.U.: 18:11
Posa: 124”
Sensibilità ASA: 1.600
Ottica: TV85+rid/spianatore F480mm
Data: 10/1/2015
Località: Monte Pizzoc
Ora T.U.: 18:15
Posa: 128”
Sensibilità ASA: 800
Ottica: TV85+rid/spianatore F480mm
Data: 12/1/2015
Località: Montereale V.
Ora T.U.: 17:24
Posa: 69”
Sensibilità ASA: 800
Ottica: Meade SN 10" F1016mm
NOTIZIARIO dell’Associazione Pordenonese di Astronomia
6
Andrea Berzuini. Il 10 gennaio sono partito
con Dino alla volta del Cansiglio quando a
Pordenone il cielo era grigio, ma più ci si
avvicinava alla destinazione più il cielo
migliorava (già dalle immagini del Meteosat
dove si poteva apprezzare un miglioramento
verso Ovest). Arrivati in Cima al Pizzoc
abbiamo ammirato il tramonto proposto, dove
risultavano ben visibili Venere e Mercurio.
Sotto di noi la pianura rimaneva sommersa
dalle nuvole.
Quando il cielo si è oscurato completamente
le nubi hanno fatto da schermo alle luci della
pianura e il cielo era veramente pulito. La
cometa si poteva percepire ad occhio nudo.
Nel mio binocolo 23x100 era notevole, ma
non percepivo alcuna coda.
Siamo rimasti fino alle 21:30 osservando
anche altri oggetti del cielo profondo (M31,
M33, M81, M82, il Velo nel cigno, M42,
ecc.), tutti stupendi. Veramente un’ottima
serata, tra l’altro sul Pizzoc la temperatura era
mite (9-10° gradi °C) mentre in pianura
c’erano 2-3 gradi.
Data: 10/1/2015
Località: Monte Pizzoc
Ora T.U.: 17:15
Posa: 3.2”
Sensibilità ASA: 100
Ottica: zoom 18/55 a 35 mm, f5.6
Data: 10/1/2015
Località: Monte Pizzoc
Ora T.U.: 18:29
Posa: 20”
Sensibilità ASA: 1600
Ottica: zoom 18/55 a 35 mm, f5.6
Stefano Zanut. Ho condotto più osservazioni
da Villadarco di Cordenons, con un cielo
discreto per osservazioni binoculari. Una
prima osservazione l’ho condotta i primi
giorni gennaio con un binocolo 7x50 sotto un
cielo illuminato da una Luna al primo quarto.
No è stato certo difficile localizzarla.
Con lo stesso binocolo ho effettuato un’altra
osservazione il 12 gennaio, quando la cometa
continuava a presentarsi senza accenni di
coda. La sera del 20 l’osservazione è stata
NOTIZIARIO dell’Associazione Pordenonese di Astronomia
7
invece più interessante, perché ormai la
cometa era molto alta sull’orizzonte e
risentiva
molto
meno
del
disturbo
dell’illuminazione pubblica di Pordenone,
inoltre il cielo si presentava con un seeing
discreto.
In questa circostanza impiegavo un
Astromarine 20x80, che permetteva di
raggiungere una magnitudine limite di 9.6 e
percepire anche il tratto iniziale della coda
cometaria.
L’occasione mi permetteva anche di
recuperare le tecniche osservative proposte
nel manuale dell’International Halley Watch,
pubblicato nel 1985 in occasione della
campagna osservativa della cometa di Halley
ma che contiene indicazioni tutt’ora valide.
Ho quindi stimato un grado di condensazione
della chioma pari 3 in una scala da 1 a 9.
Per effettuare le osservazioni ho anche testato
due planetari disponibili gratuitamente in
internet:
- Planetarium
- Cartes du Ciel
Entrambi disponibili anche in lingua italiana e
con i quali è stato possibile generare sia
mappe a grande scala con il percorso della
cometa nel cielo, sia campi osservativi più
ristretti, con la possibilità di definire anche la
magnitudine delle stelle presenti.
Posizione della Cometa C/2014 Lovejoy la sera del 20 gennaio alle ore 20:00 T.U.
A sinistra la rappresentazione con Cartes du Ciel e a destra con Planetarium
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LABORATORIO DI ASTRONOMIA OSSERVATIVA
Quest’anno
l’attività
di
divulgazione
dell’Associazione si è arricchita di una nuova
esperienza condotta assieme alla Libreria del
Viaggiatore “QUO VADIS?”, specializzata in
libri di viaggio: un LABORATORIO DI
ASTRONOMIA OSSERVATIVA.
L’obiettivo indicato nel volantino che la
pubblicizzava
era
il
seguente:
“L’Associazione Pordenonese di Astronomia
(A.P.A.) propone un percorso introduttivo
alle tecniche osservative, visuali e
fotografiche, dell’astronomia. Si tratta di
un’esperienza che si divide tra teoria e
pratica con due visite all’osservatorio. Si
parlerà di costellazioni, del sistema solare, di
stelle e galassie per poi conoscerle e
riconoscerle attraverso le strumentazioni
messe a disposizione dall’Osservatorio di
Montereale
Valcellina.”
L’iniziativa, che si è sviluppata tra marzo e
maggio, è stata organizzata in 4 incontri serali
in cui sono stati affrontati gli argomenti di
base dell’astronomia, ovvero quelli ritenuti
fondamentali per muovere i primi passi
nell’osservazione del cielo e 2 con un taglio
più pratico condotti presso l’Osservatorio.
Gli incontri, condotti dai soci Abate, Berzuini
e Zanut, sono stati così strutturati:
 1° Incontro. Dedicato all’introduzione
all’astronomia ed al riconoscimento delle
costellazioni ed altri aspetti propri del cielo
notturno. In questa circostanza è risultato
di notevole efficacia, oltre che di forte
impatto sui presenti, l’utilizzo del software
Stellarium.
 2° incontro. Sono stati affrontati tre
argomenti: introduzione al sistema solare,
elementi di fotografia astronomica ed
esempi di foto effettuate da soci dell’APA.
 3° incontro. È stata completata la parte
relativa al Sistema Solare, trattando il tema
delle comete e degli asteroidi, e proposta
una lettura della Luna attraverso gli
elementi che caratterizzano la superficie.
4° incontro. I presenti sono stati condotti
in un percorso oltre i confini del sistema
solare parlando di stelle, ammassi aperti e
globulari, nebulose, galassie ed oggetti ai
confiini dell’Universo.
 Il 5° e 6° incontro sono stati quindi
dedicati ad esperienze pratiche in
Osservatorio.
Questi ultimi due incontri, tenutisi il 5 e 11
maggio, sono stati agevolati da buone
condizioni meteorologiche. Il primo è stata
dedicata a Luna, pianeti, qualche stella doppia
e l’ammasso globulare M3 nei Cani da
Caccia. In quell’occasione i corsisti hanno
ripreso le immagini di seguito proposte, con
l’impiego di una digicam Canon EOS 300D
inserita nel fuoco diretto del telescopio Istar
150/2250, con Barlow 2X.
Nella serata dell’11, resa particolarmente
favorevole all’osservazione degli deep-sky
per l’assenza di Luna, dopo aver illustrato le
tecniche basilari di ripresa con la camera
CCD, l’attenzione è stata rivolta verso
l’osservazione visuale di nebulose e galassie
con il newton Marcon da 400 mm, facilitati
anche dalle buone condizioni di trasparenza
del cielo.
Raccogliendo battute e commenti vari, la
sensazione è stata che gli “apprendisti
astrofili” abbiano molto apprezzato le uscite
sul campo, o meglio “sul cielo”, a
coronamento delle lezioni in libreria. Il
bilancio, alla fine, è stato più che positivo e
l’iniziativa divulgativa certamente si ripeterà.
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Foto del laboratorio di Astronomia Osservativa
Momenti del Laboratorio
Mare Crisium
Giove
Cratere Petavius
Cratere Cleomedes
Saturno
Izar (Epsilon Bootis)
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UN SEMPLICE INSEGUITORE FOTOGRAFICO
Durante il corso di Astronomia organizzato da
APA c/o la libreria QUO VADIS di
Pordenone, in una lezioncina dedicata alla
fotografia di soggetti astronomici da
riprendere senza telescopio, ma con la sola
macchina fotografica è stato presentato un
piccolo strumento autocostruito che funziona
da inseguitore astronomico. Tale strumento si
chiama tavoletta equatoriale o all’americana
Barn Door (porta del fienile).
In commercio attualmente si trovano
dispositivi molto sofisticati che permettono di
ottenere ottimi lavori, tuttavia hanno un costo
abbastanza elevato; pertanto l’idea di proporre
a dei neofiti uno strumento che tutto sommato
è costato poche decine di euro mi è sembrata
una cosa degna di nota.
Prima di presentare lo strumento in questione,
ho voluto realizzarlo personalmente per capire
a quali difficoltà costruttive si andava
incontro, quale attrezzatura utilizzare ed
anche quale grado di manualità fosse
necessario avere per riuscire a portare a
termine il progetto.
In rete si trovano molti siti dedicati alla
costruzione della tavoletta equatoriale.
Ho scartato quelli americani, perché nei
progetti esposti occorre utilizzare materiale ed
attrezzature con misure espresse in pollici, di
difficile reperibilità in Italia. Sul sito del
CAST (Gruppo astrofili di Talmassons:
www.castfvg.it/notiziar/fotolupo.htm)
ho
trovato un progetto con tutti i dati espressi in
mm; direi che è bastato seguirlo
pedissequamente e con un minimo di
attrezzatura che quasi tutti si ha in casa, ho
ottenuto un buon risultato; non è quindi il
caso di riportare passo passo le fasi della
costruzione, dal momento che sono già
espresse nel sito di cui sopra.
Nelle foto che seguono si può vedere il lavoro
finito.
Avevo pensato di proporre la costruzione
della tavoletta a dei neofiti per le seguenti
considerazioni:
1) Bisogna imparare a riconoscere la stella
polare, perché l’asse di rotazione della
tavoletta va indirizzato verso il polo nord
celeste e questo è un primo passo per la
conoscenza del cielo.
2) Bisogna capire come girare la rotellina
nell’unità di tempo per avere un
inseguimento corretto, e questo è un
passaggio importante per capire il
movimento di rotazione apparente della
volta celeste.
L’inseguitore fotografico spiegato al corso di
Astronomia
Qui si può sviluppare un ragionamento legato
alle dimensioni della tavoletta ed al tipo di
vite filettata che bisogna usare.
Nel progetto del Cast si indica di utilizzare
una vite da 5 mm con passo 0,8 e di segnare e
forare la sede che dovrà ricevere la vite di
avanzamento, rispettando scrupolosamente la
distanza di 183 mm, oltre non si dice. Ma se
utilizzo una vite da 6 mm, la distanza di 183
mm va ancora bene?
Ecco qui inizia il ragionamento: facendo
compiere in un minuto un giro alla vite,
questa sposta di 0,8 mm la tavoletta mobile,
che in 4 minuti si sposterà di 3,2 mm. Lo
spostamento si può rappresentare come il
triangolo rettangolo della figura 1.
Ricavando il valore della tangente dell’angolo
“ẞ” si trova che questo è di 1 grado, proprio
lo spostamento che avrà una stella che si
muove sull’equatore celeste (15° l’ora,
corrispondono ad 1 grado ogni 4 minuti).
NOTIZIARIO dell’Associazione Pordenonese di Astronomia
11
3) Un ultima considerazione nell’uso della
tavoletta equatoriale: con un costo esiguo,
si possono fare delle pose guidate di
almeno 4 minuti ottenendo sotto cieli bui
immagini spettacolari (colori delle stelle,
evidenza della via lattea, chioma delle
comete).
Figura 1
Pertanto, volendo usare altre viti con passo
diverso, si dovrà ricalcolare il valore della
misura della base tenendo fisso il valore di 1
grado dell’angolo “ẞ”.
Per un neofita, se sarà soddisfatto dei risultati
ottenuti e vorrà migliorare i propri lavori, con
l’esperienza acquisita, potrà tranquillamente
valutare di acquistare in futuro un inseguitore
più preciso, certo di maggior costo, ma scelto
per raggiungere un obiettivo preciso e non per
il solo desiderio di possedere qualcosa.
Questo contributo è stato scritto da Andrea Berzuini
([email protected])
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UNA MOSTRA DI STORIA DELL’ASTRONOMIA A
PARMA
Nel mese di novembre 2014, mentre stavo
visitando il Teatro Farnese di Parma, mi sono
imbattuto per caso in una interessante mostra
di soggetto astronomico, allestita nella locale
Biblioteca Palatina. In essa sono stati esposti
alcuni dei preziosi e numerosi testi conservati
dalla Biblioteca, tra i quali opere di Tycho
Brahe, Hevelius, Galileo, Copernico, Keplero.
È stato davvero emozionante poter ammirare
da vicino questi libri di eccezionale
importanza scientifica, tenuti logicamente in
teche vetrate, per motivi di sicurezza.
NOTIZIARIO dell’Associazione Pordenonese di Astronomia
13
Mi ha un poco sorpreso la presenza, tra le
opere di questi mostri sacri della storia
dell’astronomia e della scienza, di un
“discorso”
del
medico
e
geografo
pordenonese Giuseppe Rosaccio (15301620), riguardante una cometa apparsa nel
1618, in cui il nostro anziano e illustre
concittadino, descrive la morfologia dell’astro
chiomato, con notevole dovizia di particolari.
Le brevi informazioni che di seguito si
propongono sono tratte da www.treccani.it:
“Medico e geografo italiano, nato a
Pordenone verso il 1530, morto intorno al
1620; è noto per alcune opere geografiche e
cosmografiche, che, sebbene di non gran
mole, gli procurarono qualche fama e furono
più volte ristampate. Tra esse il Teatro del
Cielo e della Terra (Venezia 1595), il Mondo
e le sue parti, cioè Europa, Affrica, Asia et
America (Verona
1596),
il Microcosmo(Firenze
1600),
il Mondo
elementare
e
celeste (Treviso
1604),
il Discorso sulla nobiltà ed eccellenza della
Terra (Firenze, s. a.); quest'ultima operetta
contiene, in calce, l'elenco completo delle
opere dell'A. Egli curò anche un'edizione
della Geografia di Tolomeo, stampata a
Venezia nel 1599, corredandola con alcuni
Discorsi e 42 tavole nuove. È autore anche di
un planisfero di grandi dimensioni (Venezia
1597), di una gran carta d'Italia (Firenze
1609) e di una della Toscana (Firenze 1609).
In tutte queste sue opere dimostra peraltro
scarsa originalità”.
Questo contributo è stato scritto da Dino Abate
([email protected])
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ASSOCIAZIONE PORDENONESE DI
ASTRONOMIA
Inviare corrispondenza al seguente indirizzo:
Associazione Pordenonese di Astronomia (A.P.A.)
c/o Ditta "CAMU", Via Grandi n. 4
33170 PORDENONE (PN)
(Quota annua di iscrizione: € 25,00)
www.apaweb.it
IL DIRETTIVO DELL’ASSOCIAZIONE PER IL BIENNIO 2012 - 2014
1. PRESIDENTE: Giampaolo Carrozzi
2. VICE PRESIDENTE: Stefano Zanut
3. SEGRETARIO E RESPONSABILE OSSERVATORIO: Dino Abate
4. MEMBRI:
- Andrea Berzuini
- Luigi De Giusti
- Antonio Frisina
- Vanzella Piermilo
LO SCOPO DEL NOSTRO NOTIZIARIO
Nel corso della storia dell’umanità, la ricerca e il desiderio di sapere hanno
condotto, attraverso varie strade, l’uomo a conoscere sempre meglio la natura
nelle sue molteplici espressioni.
L’ASTRONOMIA, intesa come studio dell’Universo che ci circonda, si può
considerare una delle più affascinanti e coinvolgenti. Per mezzo di questo
NOTIZIARIO l’A.P.A. si propone di estendere le conoscenze di questa
affascinante scienza ai soci e simpatizzanti.
Hanno collaborata alla realizzazione di questo numero:
- Dino Abate
- Andrea Berzuini
- Stefano Zanut
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