Il Disegno di legge 2039, composto da 10 articoli, non è una nuova legge urbanistica - di cui pure ci sarebbe bisogno, visto che quella in vigore risale al 1942 - ma fortunatamente si occupa “solo” del drammatico problema dell’insensato consumo di suolo che ancora oggi, in periodo di forte crisi, sta continuando un po’ in tutto il paese. Legambiente ha stilato più di 20 emendamenti Il Disegno di Legge 2039 Art. 1 Finalità e ambito della legge Il testo si rifà agli articoli 9,44 e 117 della Costituzione. Afferma che il suolo è “bene comune” e che il suo consumo “è consentito esclusivamente nei casi in cui non esistono alternative consistenti nel riuso delle aree già urbanizzate e nella rigenerazione delle stesse.” Introduce nella VAS delle opere pubbliche l’obbligo di valutare alternative localizzative che non comportino consumo di suolo. Art. 2 Definizioni Si definiscono: il “suolo”, la “superficie agricola naturale e seminaturale” che è quella così indicata negli strumenti urbanistici ma anche quella allo stato di fatto, il “consumo di suolo”, la “impermeabilizzazione del suolo”, la “copertura artificiale del suolo”, la “rigenerazione urbana”, la “mitigazione”, la “compensazione”. Commento Gli emendamenti Legambiente Purtroppo si dimentica di citare l’art 42 della Costituzione (limitazioni alla proprietà privata) . Anche le infrastrutture e gli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale sono soggetti a valutazione delle alternative localizzative che non comportino consumo di suolo. E’ grave che tra le opere pubbliche soggette alla valutazione di alternative non comportanti consumo di suolo si escludano tutte le infrastrutture e gli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale. Le definizioni sembrano, se non azzeccate, almeno accettabili e utili. Manca la “compensazione ecologica preventiva” che sarebbe stata utile. Riconferma, nella definizione di “suolo” , della qualifica di “bene comune” contenuto all’art. 1. Emendamenti di dettaglio per chiarire meglio il concetto di consumo di suolo “netto” e per introdurre la compensazione “preventiva”. Art. 3 Limite al consumo di suolo Con decreto del Ministro delle politiche agricole definisce la riduzione progressiva del consumo di suolo a livello nazionale in coerenza con l’obiettivo di arrivare a zero nel 2050. Quindi la Conferenza unificata delibera la ripartizione della la riduzione nazionale tra le diverse Regioni. Le quantità sono verificate ogni 5 anni. Il monitoraggio sulla riduzione del consumo di suolo e sull’attuazione della legge si avvale anche di ISPRA e del Consiglio per la ricerca in agricoltura e per l’analisi dell’economia agraria. Art. 4 Priorità del riuso Obbligo per le Regioni di legiferare in tal senso, dettando norme di “orientamento” destinate ai Comuni. Art. 5 Compendi agricoli neorurali periurbani Norme urbanistiche speciali per la gestione delle aree agricole. Il meccanismo è molto complesso e di difficile attuazione. Vengono coinvolti, oltre al Ministero delle politiche agricole, altri 3 ministeri, la Conferenza unificata stato regioni, le Regioni e i Comuni. Non è per nulla chiaro in che modo le Regioni, in questo meccanismo a cascata, ripartiscano la propria quota sui Comuni. Il tempo teorico di attuazione dalla data di entrata in vigore della legge fino alla sola ripartizione regionale è di 18 mesi. I numerosi adempimenti in capo ai numerosi enti fanno presagire probabilissime proroghe delle scadenze. Non condividendo l’impianto generale del meccanismo Legambiente ha deciso di non presentare emendamenti, preferendo concentrare l’attenzione sulla norma transitoria. Almeno in urbanistica, norme di “orientamento” non hanno mai avuto la minima efficacia. Così com’è l’articolo non è molto utile. Miglioramento delle condizioni necessarie ad incentivare la rigenerazione urbana. Introduzione dell’obbligo del catasto comunale degli usi del suolo, base informativa che costituisce presupposto per l’eventuale pianificazione di nuovo consumo di suolo. Diminuzione dei termini per Regioni e Comuni per introdurre le nuove norme. L'articolo richiederebbe di essere inserito in una norma dedicata al recupero dell'edilizia rurale, e difficilmente una legge nazionale potrebbe definire caratteri e modi del recupero degli insediamenti rurali dismessi, con un dettaglio di disposizioni normative che sarebbe forse troppo puntuale anche per un testo di legge regionale, anche per la grande diversità di manufatti e architetture che caratterizzano la struttura e il paesaggio agrario italiano. Peraltro il livello di dettaglio della norma stride con la genericità con cui vengono definiti e disciplinati gli interventi di rigenerazione urbana. Soppressione dell’articolo o, in seconda istanza, miglioramento di alcuni aspetti. Art. 6 Divieto di mutamento di destinazione Le superfici agricole che abbiano ricevuto incentivi previsti dalla politica agricola europea non possono cambiare destinazione urbanistica per i successivi 5 anni. Art. 7 Misure d’incentivazione Agevolazioni economiche e fiscali per giovani imprenditori agricoli che entro 3 anni avviano il reinsediamento di un’attività agricola in zone in stato di abbandono. Art. 8 Registro degli enti locali Istituzione di una lista dei Comuni che, adeguando i loro strumenti urbanistici, consumeranno suolo in misura inferiore a quanto sarà loro consentito. Art. 9 Destinazione dei proventi dei titoli abilitativi edilizi. Reintroduzione delle norme della legge Bucalossi sull’utilizzo degli oneri urbanizzazione. Condivisibile ma il termine di 5 anni è troppo breve. Si ritiene infatti che, in una pianificazione finanziaria-immobiliare, un periodo di 5 anni sia un deterrente insufficiente. La durata del divieto di cambio di destinazione è portato da 5 a 10 anni. Ottima idea ma, trattandosi di provvedimento volto Eliminazione del limite dei 3 anni a incoraggiare la manutenzione del territorio attraverso il reinsediamento di attività agricole, non è comprensibile il termine temporale per una misura che invece dovrebbe assumere carattere strutturale. Articolo pressoché inutile Finalmente si riporterebbero gli oneri di urbanizzazione alla loro destinazione naturale, vietando il loro utilizzo per coprire le spese correnti. Certo non si comprende la ragione per cui tale norma non sia stata inserita nella recentissima legge finanziaria (sua naturale collocazione), la quale ha invece prorogato, per i Comuni, la facoltà di utilizzare il 50% degli oneri di urbanizzazione per coprire le spese correnti. Art. 10 Disposizioni transitorie e finali L’articolo introduce una sorta di moratoria al consumo di suolo nell’attesa che il meccanismo di riduzione progressiva previsto all’art. 3 entri a regime, con un massimo di validità di 3 anni. Esclude dalla moratoria tutte le opere pubbliche e tutte le opere in Legge Obiettivo. Fa salvi i piani attuativi già adottati. Nel caso che dopo 3 anni il meccanismo di riduzione non fosse in vigore, il consumo di suolo non potrà essere superiore al 50 % del consumo di suolo avvenuto nei 5 anni precedenti. 1. 2. 3. 4. a. b. c. d. e. Appare del tutto illogico un provvedimento di moratoria che decorre fino all'approvazione del decreto sulla riduzione del consumo di suolo, atteso che tale decreto non produce di per sé un effetto territoriale diretto fino al suo recepimento nelle norme regionali e negli strumenti urbanistici territoriali. E' quest'ultimo passaggio quello che dovrebbe stabilire il termine dell'efficacia della moratoria Non è accettabile che le opere pubbliche siano esenti dalla moratoria. Motivazione analoga vale per le opere di cui alla legge obiettivo: l’emendamento. Sarebbe assurdo eliminare dalle considerazioni sul consumo di suolo tutte le innumerevoli opere previste in legge obiettivo, il cui elenco tra l’altro è sempre potenzialmente integrabile. L’ultimo periodo della norma transitoria deve essere eliminato innanzi tutto per una ragione di coerenza interna (con il punto 1). Ma non solo. La norma contenuta nel testo originale presenta svariati problemi di applicabilità e almeno un potenziale effetto perverso. Infatti non si comprende: su quale area amministrativa si misurerebbe il consumo di suolo: comunale? provinciale? regionale? quali sono i dati attendibili degli ultimi 5 anni? atteso che l’attendibilità delle rilevazioni è oggi quanto meno dubbia oppure attendibile solo a macchie di leopardo; qual è il soggetto istituzionale che applica la norma? come sarebbe applicata la norma: rilascio di permessi fino all’esaurimento della quota annuale e poi lista d’attesa per l’anno successivo? quand’anche fossero risolti tutti i problemi applicativi sopra esposti, si otterrebbe l’effetto perverso che i territori che hanno consumato più suolo nel recente passato avrebbero diritto a consumarne ancora in misura maggiore dei territori che al contrario sono stati più virtuosi. Si rende valida la moratoria quanto meno fino alle disposizioni regionali, eliminando il limite dei 3 anni. Si esclude dalla moratoria solo le opere pubbliche già programmate alla data di entrata in vigore della legge. Per le opere in Legge Obiettivo si fanno salve solo le opere che sostanzialmente siano già cantierabili (progetto esecutivo approvato e finanziamento completo certo). Si elimina l’ultimo periodo della norma transitoria.