Linfangite sclerosante del pene - Università degli Studi di Messina

Atti della Accademia Peloritana dei Pericolanti
Classe II di Scienze Medico-Biologiche
Vol. XCV, Anno Accademico CCLXXX (2007)
(DOI: 10.3245/72934)
Linfangite sclerosante del pene: a proposito di un caso
Guarneri Claudio, Como Mariano
(Dipartimento di Medicina Sociale del Territorio, Sezione di Dermatologia, Policlinico
Universitario di Messina)
Parole chiave: Linfagite sclerosante del pene, Flebite di Mondor, Pene
Abstract:
La linfangite sclerosante del pene è un’affezione benigna che colpisce i maschi di età
compresa tra 20 e 50 anni. Si presenta come una tumefazione cordoniforme, indurita, solida, spesso
indolore, che circonda a manicotto l’asta al di sotto della corona del glande, potendo talora risalire
l’intera faccia dorsale dell’asta fino al pube.
Patologia poco conosciuta ed oggetto di ipotesi contrastanti dal punto di vista patogenetico ed
anatomopatologico, la linfangite sclerosante del pene costituisce un entità di rara segnalazione ma
di non infrequente osservazione nella pratica clinica.
Gli Autori ne presentano un caso e discutono i principali aspetti eziopatogenetici sulla scorta
di una aggiornata rassegna della letteratura.
Nell’ambito della patologia genitale, un quadro interessante per la sua particolarità clinico-evolutiva
oltre che per la sua rara incidenza, è rappresentato dalla cosiddetta “Linfangite sclerosante del
pene”.
Hoffmann, nel 1923, la descrisse per la prima volta in due soggetti affetti da gonorrea, cui
ricondusse direttamente l’eziologia del fenomeno. A differenza dei due primi casi descritti, le
successive segnalazioni (1938) mancavano di sintomi collaterali di tipo venereo, tanto da far
ricredere lo stesso Hoffmann su tale associazione e fargli ridefinire l’affezione come “linfangite non
venerea del solco coronario con edema circoscritto”(1, 2)
Caso clinico:
S.G., di 46 anni, senza dati anamnestici familiari e personali degni di nota. Giungeva alla
nostra osservazione per aver notato, a carico del solco balano-prepuziale, a distanza di circa due
giorni da un rapporto sessuale piuttosto intenso con donna di colore, la comparsa improvvisa di una
tumefazione irregolarmente lineare, indolente, al di sotto della corona del glande.
L’esame obiettivo permetteva di apprezzare sulla superficie dorsale dell’asta, in prossimità
del solco coronarico, una lesione nodulare cordoniforme, della lunghezza di circa due centimetri, di
aspetto traslucido e consistenza duro-cartilaginea, subiettivamente del tutto asintomatica; la cute
sovrastante era mobile e di aspetto normale; non erano apprezzabili tumefazioni delle stazioni
lifonodali locoregionali. Gli esami ematochimici routinari erano nei limiti della norma, negativa la
sierologia per la lue come l’esame colturale del secreto uretrale.
Sulla scorta del dato clinico-anamnestico veniva posta diagnosi di linfangite sclerosante del
pene; il paziente veniva rassicurato sulla benignità della lesione e sconsigliato dall’avere rapporti
sessuali per qualche settimana.
Perveniva a controllo dopo venti giorni dal primo consulto, presentando ancora il cordone
traslucido, di spessore e consistenza, tuttavia, assai meno cospicua. Un’ulteriore osservazione,
effettuata a distanza di ulteriori venti giorni, evidenziava la completa regressione del quadro clinico.
Considerazioni e conclusioni:
La linfangite sclerosante è un’affezione benigna che colpisce prevalentemente soggetti di sesso
maschile, sessualmente attivi, di età compresa tra 18 e 66 anni (3) ed è rappresentata clinicamente da
una lesione cordoniforme, di forma arcuata o semicircolare, talvolta ramificata, solitamente limitata
a livello del solco coronario, che circonda fino al 70% dell’intera circonferenza peniena. Può,
tuttavia, estendersi ed includere il vaso linfatico dorsale del pene, risalendo lungo la faccia dorsale
dell’organo dalla corona fino al pube.
La comparsa di tale lesione avviene solitamente nell’arco di 24-48 ore da un rapporto sessuale,
talora prolungato ed intenso, e non si associa a sintomatologia specifica, se non modica sensazione
di tensione e ‘discomfort’ durante l’erezione; tendenzialmente indolore, ha la consistenza di un vaso
sclerosato, quasi cartilaginea, ed è segnata dall’autorisoluzione, che si realizza generalmente
nell’arco di quattro-sei settimane, senza reliquari (4, 5); raramente può ulcerare.
La terapia medica non è necessaria: possono essere utilizzati antinfiammatori non steroidei a
scopo sintomatico ed eparinoidi, anche se la loro efficacia è scarsamente documentata. Il
trattamento chirurgico viene quasi mai praticato e solo in casi di frequente recidiva.
Sono presenti in letteratura anche due casi di donne affette da linfangite sclerosante del labbro
superiore, in seguito a rapporto orale, e di linfangite sclerosante delle piccole labbra (6).
Ad eziologia ancora sconosciuta, la linfangite sclerosante del pene è stata ricondotta ora a fattori
meccanici, ora a fattori irritativi di natura chimica (rapporti durante il periodo mestruale,
vulvovaginiti, applicazione di topici), ora a fattori infettivi, soprattutto di natura virale.
A tal riguardo, in passato, è stata osservata, in alcuni pazienti la rapida regressione della lesione a
seguito della somministrazione di farmaci ad azione antivirale, ciò che spiegherebbe l’affezione sia
come espressione di infezione virale primaria che come infezione secondaria, favorita nel suo
impianto da fattori meccanici, irritativi, infettivi (blenorragia, tubercolosi, etc.) che agirebbero da
porta d’ingresso (7, 8).
Diverse malattie veneree sono state associate alla linfangite sclerosante del pene, tra cui
gonorrea, uretriti non gonococciche, herpes progenitalis, titolazione positiva per lue, infezioni da
Chlamydia trachomatis, condilomatosi genitale. Sebbene la gran parte degli Autori concordi sulla
mancanza di un rapporto eziologico diretto, circa un quarto dei pazienti affetti riporta una storia
recente di patologia venerea: da qui la necessità di sottoporre tutti i pazienti con linfangite
sclerosante del pene a tests di screeening per malattie sessualmente trasmissibili, soprattutto quelle
che comportano secrezione uretrale (3, 9, 10, 11).
Il fattore traumatico, da più parti invocato, non trova d’accordo tutti gli Autori, perché se il
trauma rappresentasse la sola causa, ad esso dovrebbe corrispondere un’incidenza dell’affezione
statisticamente assai più significativa (12, 13): è suggestivo, piuttosto, che solo alcuni soggetti con una
rete linfatica/venosa ben sviluppata e tortuosa possano, in particolari situazioni quali erezione
prolungata e persistente, sviluppare una stasi ed eventualmente una trombosi.
La sede reale del danno morfologico ha sollevato in passato molti interrogativi, alimentati
dall’assenza, nella maggior parte dei reports, di una conferma istologica: inizialmente si tendeva a
privilegiarne l’origine linfatica (14, 15), mentre studi e casistica più recente evidenzierebbero una
matrice venosa, per cui la dermatosi potrebbe essere considerata una localizzazione peniena della
“flebite della parete toracica” di Mondor (4, 16).
Ferma restando la difficoltà distintiva, a livello penieno, tra circolazione linfatica e venosa,
la particolare distribuzione anatomica dei vasi provenienti dal tessuto erettile e confluenti nella vena
dorsale profonda, li rende particolarmente soggetti alla distensione ed alla torsione, con conseguenti
infiammazione ed edema, a sviluppo tendenzialmente circonferenziale; postulando un’alterata
conformazione dell’arcata venosa come difetto di base, la compressione meccanica prodotta dal
fatto traumatico potrebbe agire come fattore scatenante l’insorgenza del quadro clinico (17, 18).
Pur persistendo incertezze e discordanze interpretative, esso sembra poter essere inquadrato
nell’ambito più ampio delle manifestazioni di “linfangite sclerosante delle mucose”, alla luce anche
della possibile incidenza nel sesso femminile.
Riguardo, poi, la rarità dell’affezione, essa è da considerarsi più apparente che reale,
considerate le particolari caratteristiche clinico-evolutive della patologia e la “naturale” resistenza
del paziente a sottoporsi a visita specialistica, ciò che ne rende difficile l’osservazione in tempo
utile.
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