Capitolo 4 NMR – REOLOGIA 4.1 Introduzione Dalla reologia si possono registrare gli effetti che la struttura del materiale ha sul suo comportamento macroscopico e meccanico, gli studi dei tempi di rilassamento del protone 1H provenienti dagli spettri NMR a basso campo permettono di indagare sulle loro caratteristiche microscopiche. L’insieme delle due informazioni porta alla determinazione della distribuzione dei diametri dei pori del reticolo polimerico. Per comprendere appieno il significato fisico di quest’affermazione è ora necessario spostare l’attenzione sulla caratterizzazione reologica dei gel: le prove reologiche effettuate per questi sistemi prevedono prove di stress sweep lungo per indicare il campo di viscoelasticità lineare. Una volta individuato il campo di viscoelasticità lineare, vengono effettuate le prove di frequency sweep. Il fitting dello spettro meccanico del gel (determinato mediante prove di frequency sweep) mediante il Modello di Maxwell generalizzato permette di stabilire quanti siano gli elementi viscoelastici necessari per la correlazione dei dati sperimentali. Assumendo che il modulo di taglio (G) del gel sia dato dalla somma dei contributi elastici di tutti gli elementi di Maxwell necessari per il fitting dello spettro meccanico, è possibile risalire alla densità di reticolazione ρx dei gel in esame mediante la teoria di Flory [1]: ρ x = G ν 2p 3 RT (4.1) dove R è la costante universale dei gas, T è la temperatura assoluta e νp è la frazione volumetrica di polimero nel gel. Basandosi sulla conoscenza di ρx è possibile stimare la dimensione media (ϕ) delle maglie NMR - Reologia del reticolo polimerico secondo quanto previsto dalla teoria del network equivalente [2]: φ = 3 6 (π N av ρ x ) (4.2) dove Nav è il numero di Avogadro. Calcolato ϕ, è possibile combinare questa informazione con quelle provenienti dall’indagine NMR. Infatti, si può desumere la distribuzione delle dimensioni delle maglie del reticolo polimerico, sapendo che il tempo di rilassamento trasversale T2 degli idrogeni dell’acqua confinata nei nanopori (le maglie del reticolo polimerico) è uguale al prodotto del diametro medio del poro per una costante k che dipende dalla geometria del poro (sferico, cilindrico, etc.) e dalla natura chimica della superficie interna del poro (qua inteso come maglia del reticolo) [3]. La determinazione di k discende direttamente dalla definizione di tempo di rilassamento medio ( T 2 ) di uno o più picchi: k ξ max T2 max ∫ a(T ) * T 2 T2 = 2 * dT2 T2 min T2 max ∫ a(T ) * dT 2 T2 min 2 T2 = kξ } = k ∫ a(ξ ) * ξ * dξ 2 kφ min kφ max k eq.(2) } = kφ = k3 ∫ a(ξ ) * dξ 6 π N av ρ x (4.3) kξ min dove a indica l’intensità locale di uno o più picchi dello spettro NMR a basso campo, T2max (o ξmax) e T2min (o ξ2min) indicano l’estensione di uno o più picchi in termini di tempo di rilassamento T2 (o diametro della maglia). Dunque, k si misura in (ms/nm). E’ quindi possibile convertire T2 in diametri ed assegnare una distribuzione differenziale normalizzata del poro con diametro ϕ nell’ambito del reticolo polimerico. 4.2 Densità di reticolazione I punti di reticolazione dei reticoli polimerici o networks polimerici sono caratterizzati, dalla densità di reticolazione ρ x che indica le moli di punti reticolazione per unità di volume valutato sul gel secco, cioè in assenza del solvente che lo rigonfia. Si può dimostrare che ρ x 80 è Capitolo 4 inversamente proporzionale al peso molecolare medio per unità di crosslinking o punto di reticolazione, M c : ρx = 1 νMc (4.4) In cui ν è il volume specifico (volume/massa) del polimero. Nei gel, la conoscenza della densità dei punti di reticolazione o densità di crosslinking è di grande importanza, poiché essa influenza le proprietà meccaniche di questi materiali ed il suo comportamento quando utilizzati in diverse applicazioni pratiche, tra cui quelle biomediche. Secondo la teoria di Flory [4], un reticolo, non solvatato inizialmente, rigonfia grazie all’assorbimento del solvente fino a quando l’aumento dell’energia elastica delle catene che formano il network polimerico bilanciano la diminuzione d’energia libera di Gibbs conseguente al mescolamento dei segmenti polimerici con le molecole di solvente. La condizione d’equilibrio così raggiunta, si può esprimere mediante la seguente equazione: 2 1 2 v [ln( 1 − v 2 , s ) + v 2 , s + χ 1v 2 , s ] = − v Mc M n V1 [v1 3 − 2, s ] 2,s 2 (4.5) dove v 2 , s , è la frazione volumetrica finale del polimero nello stato rigonfiato, all’equilibrio termodinamico; V 1 , è il volume molare di solvente; v , è il volume specifico del polimero nello stato amorfo; M n , è il peso molecolare medio numerico delle catene principali del polimero mentre χ 1 è il parametro d’interazione polimero – solvente di Flory. L’equazione di cui sopra, è stata modificata da Flory [5] per il caso di networks già rigonfiati, vale a dire, reticoli polimerici dove la reticolazione viene creata nel polimero che si trova in soluzione e non allo stato secco. Lo stato da prendere come stato di riferimento quindi, è quello in cui il polimero viene reticolato in soluzione occupando la frazione volumetrica v 2 , r prima che venga messo a contatto con nuovo 81 NMR - Reologia solvente e raggiunga con esso un nuovo equilibrio. In questo caso, l’equazione che descrive l’equilibrio di rigonfiamento è: 2 v [ln( 1 − v 2 , s ) + v 2 , s + χ 1v 2 , s ] 1 2 = − v 1 v Mc M n V1 v 2 , r [( 2 , s )1 3 − ( 2 , s )] v2 , r 2 v2, r (4.6) La teoria dell’elasticità delle gomme, Flory et al. [6], dice che, quando un polimero reticolato, inizialmente secco, viene rigonfiato in modo tale che la frazione volumetrica di polimero decresce fino a raggiungere la frazione volumetrica v 2 , lo sforzo di taglio τ (espresso come forza per unità di superficie del campione rigonfiato) ad esso applicato è legato al rapporto di allungamento α = l l 0 ; ( l 0 , l , lunghezza iniziale e finale del campione rispettivamente) dalla la seguente espressione: τ 2 α − (1 α ) = 2M c 1 3 RT (1 − )v 2 vM c Mn (4.7) Per il caso in cui il polimero venga reticolato in soluzione alla concentrazione in peso C2,r [gr/cm3] e successivamente ulteriormente rigonfiato, l’equazione (4.7) di cui sopra si modifica, e si ottiene la seguente relazione [6]: τ 2 α − (1 α ) C 2.r 2M c (1 − ) Q −1 3 Mc Mn = RT Q2 = v2 r v2 s (4.8) (4.9) dove Q è il, rapporto volumetrico di rigonfiamento. La densità di reticolazione per questi sistemi è espressa da: ρx = C 2.r 2M c (1 − ) Mc Mn (4.10) La (4.8) può essere scritta in forma più semplice non appena ci si limiti al caso di piccole deformazioni (campo viscoelastico lineare). Infatti, si ha: α − (1 α 2 ) = (α − 1) α 2 +α +1 α2 (4.11) Detta ε = (α − 1) la deformazione, la (4.11) può essere facilmente manipolata come segue: 82 Capitolo 4 α − (1 α 2 ) = (α − 1) α 2 +α +1 1 1 = ε (1 + 2 + ) 2 α α α (4.12) da cui, si perviene a: α − (1 α 2 ) = ε (1 + 1 α 2 + 1 α ≅α →1 ) 3ε (4.13) Se , Viscoelasticità Lineare per piccole deformazioni. Dunque, la (4.8) diventa: τ = ρ x Q −1 3 RT 3ε (4.14) τ = ε 3 ρ x Q −1 3 RT (4.15) Pertanto, il modulo di Young E sarà dato da: E = 3 ρ x Q −1 3 RT (4.16) Ricordando la relazione esistente, in regime viscoelastico lineare, tra il modulo di Young e quello di taglio G ( E = 3G ), si ha: E = 3 ρ x Q −1 3 RT (4.17) G = ρ x Q −1 3 RT (4.18) Se non c’è rigonfiamento Q = 1 . Pertanto: G = ρ x RT ; E = 3 ρ x RT (4.19) Per chiarire meglio questi concetti, supponiamo di formare un gel reticolando una soluzione polimerica in cui la frazione volumetrica di polimero sia v 2 , 0 . S’immagini ora di rigonfiare ulteriormente il gel portandolo dal volume iniziale V 0 al volume finale rigonfiato V . Sia v 2 la frazione volumetrica del polimero in queste condizioni. Si supponga ora che il gel sia sottoposto a deformazione (compressione o allungamento) nella direzione x rispetto ad un sistema cartesiano di assi coordinati x, y, z, e tale deformazione avvenga a volume costante. Siano α x = x y z , αy = , α z = , le variazioni di lunghezza nelle x0 y0 z0 direzioni x, y, z dovute all’effetto combinato dello swelling e della deformazione (x0, y0 e z0 indicano le dimensioni del gel prima del rigonfiamento e della deformazione meccanica). Ovviamente si ha che: 83 NMR - Reologia x y z xyz xyz 1 =( )( s s s ) = .v 20 x0 y0 z0 x s y s z s x0 y0 z 0 v2 α xα y α z = (4.20) dove V s = x s y s z s è il volume occupato dal solo polimero (ovvero il gel privato della componente rigonfiante). Ma, essendo lo swelling isotropo, si ha che: x0 s y 0 s z 0 s = = x0 y0 z0 e quindi, (4.21) la variazione di volume del gel dovuta allo swelling isotropo è: x y z x v V = 0 s 0 s 0 s = ( 0 s ) 3 = 20 V0 x0 y 0 z 0 x0 v2 (4.22) Combinando gli effetti della deformazione dovuta allo swelling isotropo con quelli dovuti alla deformazione meccanica, la variazione di lunghezza lungo l’asse x diventa: swelling isotropo 678 x α x = 0 s x0 x 0s 1x2 3 (4.23) α allungamento meccanico Immettendo la (4.22) nella (4.23) si ha: 13 V α x = α V0 v α x = α 20 v2 (4.24) 13 (4.25) Poiché, per simmetria, α y = α z , la (4.20) diventa: (α z )2 α x = v 20 v2 (4.26) Ricordando la (4.25), la (4.26) diventa: 13 (α z ) 2 v v 1v = 20 = 20 2 v2α x v2 α v20 1 v = 20 α v2 da cui: 84 23 (4.27) Capitolo 4 1 v 20 αz = αy = α v 2 23 Dal vista punto di v = 20 v2 13 1 (4.28) α termodinamico, la variazione d’entropia configurazionale dovuta all’effetto combinato dello swelling e della deformazione è data dall’equazione [1]: 23 23 v κν e 2 v 20 2 v 20 + − ln 20 α ∆S = − α v2 2 v2 v 2 (4.29) In cui κ è la costante di Boltzman e ν e indica il numero dei punti di reticolazione. Ricordando che la forza elastica di richiamo per una gomma ideale è [1]: f =− T ∂S xos ∂α T ,V (4.30) Combinando la (4.29) con la (4.30) si ha: 23 T κν e v 20 2 − − 2 2α f =− xos 2 v 2 α Tκν e 1 v 20 f = α − 2 xos α v 2 v 20 v2 23 (4.31) 23 (4.32) Dividendo f per y os * z os (superficie rigonfiata non deformata), si ha la tensione per unità di superficie rigonfiata non deformata: τ= f y osy z os Tκν e = xos y osy z os 1 α − 2 α v 20 v 2 23 (4.33) Ricordando che: xos y osy z os = ν= νe N v 20 V0 v2 4.34 (4.34’) dove ν rappresenta il numero di moli di punti di reticolazione ed N è il numero di Avogadro, la (4.33) diventa: 85 NMR - Reologia v 1 τ = NκT 2 α − 2 V0 v 20 α ν v 20 v 2 23 v 1 = RT α − 2 V0 α { v 2 v 20 13 (4.35) ρX Poiché si è visto precedentemente (eqs. (4.11)-(4.13)) che per piccole deformazioni ε il termine α − (1 α 2 ) ≈ 3ε , la (4.35) diviene: v τ = RTρ X 3ε 2 v 20 13 (4.36) Essendo lo sforzo di taglio τ legato alla deformazione attraverso il modulo di Young E secondo τ = Eε , allora, attraverso la (4.35), il modulo di Young può essere espresso come: 13 v E = 3RTρ X 2 v20 (4.37) Poiché nell’ambito viscoelastico lineare il modulo di taglio G e di Young E sono proporzionali tra loro secondo E = 3G [7], si ha: v G = RTρ X 2 v 20 13 (4.38) Se non si ha rigonfiamento della matrice ( v 2 = v 20 ) prima della sollecitazione meccanica, entrambi i moduli diventano: Modulo di Taglio (4.39) E = 3RTρ X Modulo di Young (4.40) G = RTρ X 4.3 Risonanza Magnetica Nucleare (NMR) I fondamenti fisici della spettroscopia di Risonanza Magnetica Nucleare (NMR) si basano sulle proprietà magnetiche dei nuclei atomici [8]. In accordo con le regole della meccanica quantistica, l’interazione del momento magnetico di un nucleo con un campo magnetico esterno (B0) porta alla separazione dei livelli energetici nucleari. Questo perché l’energia magnetica del nucleo è ristretta a certi valori discreti Ep chiamati autovalori, ai quali sono associati gli autostati, che sono i soli stati in cui può esistere una particella elementare. Questi sono anche chiamati stati stazionari. Operando con una radiazione elettromagnetica 86 Capitolo 4 di frequenza opportuna, è possibile indurre transizioni tra gli autostati: l’assorbimento di energia può essere rilevato e registrato come riga spettrale (segnale di risonanza). In questo modo si può ottenere lo spettro di un composto che contiene atomi i cui nuclei possiedono un momento magnetico diverso da zero. Tra questi vi sono il protone, 1H, il fluoro, 19F, gli isotopi 14N e 15N dell’azoto, e molti altri nuclei di interesse. 4.3.1 Modello quantomeccanico per un nucleo isolato È noto dalla fisica nucleare che molti nuclei atomici possiedono momento angolare, P, che a sua volta è responsabile del fatto che questi nuclei esibiscono anche un momento magnetico, µ . Le due quantità sono correlate dall’espressione: µ = γP Dove (4.41) γ , il rapporto giromagnetico, è una caratteristica del particolare nucleo. Secondo la teoria quantistica, momento angolare e momento magnetico nucleare sono quantizzati, un fatto che non è spiegato dalla fisica classica. I valori permessi o autovalori della componente massima del momento angolare nella direzione z di un sistema di coordinate cartesiane scelto arbitrariamente sono definiti dalla relazione: Pz = h mI 2π dove µ = γ P (4.42) è il numero quantico magnetico che caratterizza i corrispondenti stati stazionari o autostati del nucleo ed h è la costante di Planck. In accordo con la condizione quantistica: m I = I , I − 1, I − 2 ,..., − I (4.43) i numeri quantici magnetici sono correlati al numero quantico di spin, I, del nucleo. Pertanto il numero totale di autostati o livelli di energia possibili è: Numero livelli energetici = 2 I + 1 87 (4.44) NMR - Reologia Il protone ha un numero quantico di spin I = 1 2 e quindi la componente z del suo momento angolare è data dalla: Pz = ± h I 2π (4.45) Di conseguenza il protone può esistere in solo due stati di spin caratterizzati dai numeri quantici magnetici m I = + 1 2 e m I = − 1 . Per 2 quanto riguarda il valore del momento magnetico nella direzione z si ha: µz = γ h mI = ±γ h 4π 2π (4.46) Il protone può quindi essere raffigurato come un dipolo magnetico la cui componente z, µ z , può essere parallela o antiparallela rispetto alla direzione positiva dell’asse z del sistema di coordinate cartesiane. Pertanto la direzione del vettore µ è quantizzata come è mostrato in figura 4.1 (a): Figura 4.1. (a) Direzione quantizzata del vettore µ in assenza del campo magnetico Bo. (b) Interazione del momento magnetico nucleare µ con Bo. In assenza di un sistema orientante, i due stati hanno la stessa energia, cioè sono degeneri. La degenerazione viene rimossa soltanto in un campo magnetico B0 e questo avviene a causa dell’interazione del momento magnetico nucleare µ con B0. Se la direzione di B0 coincide con l’asse z, come in Figura 4.1 (b), la differenza di energia tra i due stati di spin risulta essere: ∆E = 2 µ z Bo (4.47) 88 Capitolo 4 Perché l’energia di un dipolo magnetico nel campo Bo è − µ z Bo , quando il dipolo è orientato parallelamente al campo, e + µ z Bo , quando è orientato in opposizione (figura 4.2), si vede che la separazione d’energia tra i due stati è proporzionale all’intensità del campo magnetico applicato. Figura 4.2. Separazione d’energia ∆E tra due stati, proporzionale al campo magnetico applicato. Vista la sua minore di energia, lo stato m I = + 1 2 è il più stabile e per indurre transizioni verso il livello ad energia più alta bisogna fornire il quanto d’energia ∆E = hν o = 2 µ z Bo = γ h Bo 2π (4.48) Ossia si deve usare una radiazione di frequenza: ν o = γBo 2π (4.49) Oppure: ω o = γBo (4.50) in cui ω = 2πν L’equazione di cui sopra, che esprime la condizione di risonanza, rappresenta la situazione in cui la frequenza della radiazione coincide esattamente con la differenza di energia fra i due stati. La riga spettrale corrisponde alla freccia in figura 4.2 e ν o (o ω o ), la frequenza di Larmor, in accordo con l’equazione 4.49 (oppure 4.50), varia linearmente con l’intensità del campo Bo usato nell’esperimento. Ad esempio per i protone, 89 NMR - Reologia che ha un rapporto giromagnetico γ H = 2.675 × 10 8 T −1 sec −1 , un campo di 1.41 T porta la frequenza di Larmor a 60 MHz ( λ = 5 metri, regione delle onde radio). Valori di ν o a vari campi sono mostrati in Figura 4.3. Figura 4.3. Separazione dei livelli energetici nucleari del protone (espressi come frequenza di risonanza νo ) in funzione del campo magnetico, espresso in Tesla. Per un nucleo con I=1 spin, vi sono tre livelli di energia, come si osserva in figura 4.4: Figura 4.4. A sinistra, separazione dei livelli energetici (2) di un nucleo con numero quantico di spin I=1/2 in presenza di Bo; a destra, la separazione dei livelli energetici (3) di un nucleo con I=1. Per sistemi con I ≥ 1 , il trattamento quantomeccanico fornisce un risultato non previsto dalla fisica classica: si trova che il numero quantico magnetico m I può variare soltanto di ± 1 , cioè che sono permesse solo transizioni tra livelli adiacenti. Così, nel caso di un nucleo con I = 1 , sono 90 Capitolo 4 possibili le transizioni tra i livelli m = +1 e m = 0 e tra i livelli m = 0 e m = −1 , mentre non sono permesse quelle tra i livelli m = +1 e m = −1 . Da quanto visto, si deduce che i valori dei momenti magnetici nucleari possono essere specificati in termini del rapporto giromagnetico definito come: γ = 2πµ Ih (4.51) Si può dimostrare inoltre che una particella sferica rotante di massa M e con una carica e distribuita uniformemente sulla superficie genera un momento magnetico µ= eh 4πMc (4.52) dove c è la velocità della luce. Per una particella che ha la massa e la carica del protone si calcola: µN = eh = 5.0505 × 10 − 27 joules / tesla ( J T −1 ) 4πMc (4.53) Nella realtà si trova che il valore del momento magnetico è di circa 2.79 volte più grande di quello calcolato con questo modello semplificato. Non esistono modelli semplici che permettono di predire o di spiegare i valori dei momenti magnetici nucleari. Tuttavia il valore calcolato per il protone rappresenta un’unità di misura utile per esprimere i momenti magnetici nucleari ed è nota col nome di magnetone nucleare, µ N . I valori osservati dei momenti magnetici nucleari possono essere specificati in termini del magnetone nucleare usando la relazione: µ = gN ehI 4πMc (4.54) dove g N è un parametro empirico chiamato fattore g nucleare. Pertanto, in unità di magnetoni nucleari, µ N , si ha: µ = gN I (4.55) In tabella 4.1 i momenti magnetici sono espressi in queste unità. 91 NMR - Reologia Tabella 4.1. Proprietà di alcuni nuclei di interesse in spettroscopia NMR. 4.3.2 Meccanismo dell’assorbimento di energia (Risonanza) I nuclei con spin I = 1 2 , come i protoni 1H, vengono spesso raffigurati come delle barrete magnetiche. Tuttavia a causa del moto di spin, il loro comportamento è diverso da quello manifestato dalle barre magnetiche macroscopiche. Figura 4.5. (a) Trottola che precede nel campo gravitazionale terrestre; (b) Precessione di un momento nucleare in un campo magnetico. Quando sono posti in un campo magnetico, i nuclei rotanti non allineano i loro momenti magnetici nella direzione del campo. Al contrario, 92 Capitolo 4 come trottole in un campo gravitazionale (Figura 4.5a), i loro assi di spin subiscono un moto di precessione intorno alla direzione del campo (Figura 4.5b). La frequenza di precessione è la frequenza di Larmor indicata con ω o , in radianti per secondo, o con ν o , in Hertz (Hz, cicli per secondo): ω o = γBo (8) (4.56) Se si cerca di forzare l’allineamento di µ aumentando l’intensità del campo magnetico Bo , si ottiene soltanto una precessione più veloce. Tuttavia è possibile far variare l’orientazione di µ applicando un campo magnetico rotante B1 perpendicolare a Bo (Figura 4.6). Figura 4.6. L’orientazione di µ applicando un campo magnetico rotante perpendicolare a B1 Bo . Quando la frequenza di rotazione di B1 , ν RF , coincide esattamente con la frequenza di precessione ν o (condizione di risonanza), il sistema assorbe energia e cambia l’angolo θ tra il vettore µ ed il campo magnetico statico Bo . Il processo avviene senza variazioni del valore di ν o . 4.3.3 Magnetizzazione macroscopica 93 NMR - Reologia In un esperimento NMR non si tratta mai un singolo momento nucleare, ma si studia sempre un insieme contenente un numero molto grande di nuclei identici. Di conseguenza, per descrivere le proprietà della magnetizzazione nucleare (momento magnetico per unità di volume del campione), si può usare un semplice trattamento classico. La magnetizzazione, M , è una quantità vettoriale le cui componenti sono M z , per definizione secondo la direzione di Bo , e M x e M y perpendicolari a Bo . In figura 4.7 è mostrata la precessione di un insieme di nuclei identici con spin I = 1 2 . Tutti i momenti precedono alla stessa frequenza; poiché non c’è modo di distinguere tra loro le direzioni x e y , non c’è ragione per una coerenza di fase nel piano xy , allora M xy = 0 . Figura 4.7. (a) Precessione di un insieme di momenti magnetici identici di nuclei con I=1/2. Tutti i vettori sono considerati con origine comune. La differenza di popolazione è mostrata da un eccesso di spin orientati secondo Bo (direzione + z), e si produce così una magnetizzazione netta Mz. Non c’è coerenza di fase e quindi Mxy = 0. (b) Sistema di spin in coerenza di fase, Mxy diverso da zero. Poiché la distribuzione di Boltzmann favorisce leggermente lo stato a più bassa energia, all’equilibrio vi sarà un eccesso di nuclei allineati nella direzione di Bo (figura 4.8): 94 Capitolo 4 Figura 4.8. Eccesso di nuclei allineati nella direzione di Bo. E questa differenza di popolazione genera una magnetizzazione macroscopica netta M z (figura 4.7 a): M z = γh( N 1 − N 2 ) (4.57) L’applicazione del campo di radiofrequenza (RF) B1 rotante alla frequenza di risonanza ω o = γBo fa sì che gli spin risuonino e di conseguenza la distribuzione causale delle orientazioni nel piano xy viene modificata ed appare una componente M xy ≠ 0 . Sistemi di spin che danno origine a componenti nette della magnetizzazione nel piano xy sono in coerenza di fase (figura 4.7b). 4.3.4 NMR a basso campo Gli spettri NMR a basso campo o spettri a linee larghe sono quelli in cui ampiezza della linea di risonanza osservata è molto più larga rispetto alle linee di risonanza che producono gli ambienti chimici che circondano il nucleo osservato. Per questo motivo, l’indagine NMR a basso campo apporta informazioni relative alla concentrazione e all’intorno fisico di un isotopo osservato. La tecnica può essere applicata tanto a campioni solidi come liquidi, sospensioni, sistemi gel, emulsioni, non è una tecnica distruttiva, è indipendente dal colore e dalla superficie del campione. Il campo di indagine è tra i 10-65 MHz, a temperature che variano da -10 a + 70 °C (precisione 0.02 °C). L’ampiezza e la forma delle linee di risonanza sono indicative dell’ambiente fisico che circonda all’isotopo. In particolare, l’ampiezza della linea di risonanza rivela il grado di libertà di movimento dell’isotopo 95 NMR - Reologia in quello specifico ambiente fisico, informazione che si rivela molto importante negli studi della chimica dei polimeri, così come nella fisica dello stato solido. Dal punto di vista qualitativo, il tempo di rilassamento di un nucleo dipende dalla propria mobilità. Nei solidi, si ha una ridotta mobilità e quindi un tempo di rilassamento trasversale T2 veloce (1-100 ms); nei campioni dove si ha una mobilità media come nel caso dei gel, il tempo di rilassamento T2 è medio, (200-800 ms), infine nei liquidi la mobilità dei nuclei è alta e quindi, il tempo di rilassamento è lento (800 e 2500 ms). NMR a basso campo trova un vasto impiego in diverse aree, dalla scienza e tecnologia degli alimenti, in molte applicazioni industriali e nel campo farmaceutico e della cosmetica. Si tratta di un metodo veloce, non distruttivo, per analizzare il contenuto protonico in grassi e oli, così come la determinazione d’umidità o il contenuto d’acqua in molti tipi di materiali. Una delle recenti applicazioni trova spazio nell’analisi quantitativo di materiali, orientato in particolare a determinare il contenuto di un isotopo particolare mediante l’integrazione dell’area sotto il segnale di assorbimento. Per quanto riguarda gli idrogel, nel dominio del tempo di uno spettro NMR del protone 1H, possono riconoscersi e distinguersi diversi tipi di fasi presenti nel campione: Figura 4.9. Spettro di rilassamento del protone 1H tipico di un idrogel non omogeneo. 96 Capitolo 4 4.3.5 L’esperimento NMR Al campione è applicato un forte campo magnetico statico Bo . Questo campo deve essere molto omogeneo e, per migliorare l’omogeneità, spesso il campione viene fatto ruotare intorno al suo asse verticale. Per generare coerenza di fase tra gli spin si deve applicare un campo magnetico rotante in direzione normale a Bo . Il campo rotante B1 , è applicato attraverso una spira sintonizzata. Si generano così componenti M xy della magnetizzazione che precedono alla frequenza ω o . Un processo di rilassamento fa perdere la coerenza di fase e, dopo un certo tempo, viene raggiunta la posizione di equilibrio dove M xy = 0 . Questo processo di rilassamento porta ad un decadimento esponenziale di M xy con una costante di tempo T2 (tempo di rilassamento trasversale o spin-spin). Il risultato finale è un segnale transiente con frequenza ω o e velocità di decadimento 1 T2 . Normalmente questo segnale viene chiamato FID (free induction decay). Figura 4.10. Rappresentazione schematica dell’esperimento campione è posto in una spira sintonizzata alla frequenza di risonanza. 97 NMR. Il NMR - Reologia Se vi sono molti segnali con differenti valori di ω o e di 1 T2 , il FID, che è un sovrapposizione di tutti i segnali, sarà più complicato. Tuttavia può essere risolto usando un metodo matematico noto come trasformata di Fourier (FT), che cambia il segnale transiente in un normale spettro. Si deve notare che uno spettro è un diagramma dell’intensità contro la frequenza (figura 4.11 (b)), mentre il FID è un diagramma dell’intensità contro il tempo (figura 4.11 (a)). Il dominio dei tempi ed il dominio delle frequenze sono collegati tra loro dalla trasformata di Fourier. Figura 4.11. (a) FID di due segnali NMR; (b) Lo spettro che si ottiene dal FID operando la trasformata di Fourier. Un concetto importante utilizzato quando si applica il metodo transiente è quello che porta a definire in termini di angoli l’impulso del campo applicato B1 . È stata discussa la precessione alla frequenza ω o in un campo Bo . L’idea della precessione può essere anche estesa al caso del campo rotante B1 per mezzo dell’espediente che utilizza un sistema di riferimento rotante alla stessa frequenza di B1 . Rispetto a tale sistema di riferimento B1 diventa statico a tutti gli effetti. Nell’istante in cui è applicato B1 si ha la situazione mostrata in figura 4.12a, con B1 lungo l’asse rotante x’ e la magnetizzazione di equilibrio, M o , lungo z. la componente M o precede intorno a B1 proprio come i momenti magnetici nucleari µ precedono intorno a Bo . La frequenza di precessione di M o è 98 Capitolo 4 ω1 = γB1 . Poiché ω (rad/sec) è una frequenza angolare, si vede che l’angolo θ di cui è ruotata M o è dato da θ = γB1t p (4.58) dove t p è il tempo di applicazione dell’impulso del campo B1 . Dopo un impulso a 90° si ha M xy = M o (figura 4.12b), mentre dopo un impulso a 180° si ha M z = − M o e M xy = 0 (figura 4.12c). Figura 4.12. Effetto dell’applicazione di un campo magnetico rotante B1 sulla magnetizzazione Mo, x’ e y’ sono coordinate che appartengono ad un sistema di riferimento rotante alla stessa frequenza di B1. (a) Al tempo zero; (b) Situazione dopo un impulso a 90°; (c) Dopo un impulso a 180°. È possibile valutare l’effetto di un impulso di radiofrequenza sulle popolazioni dei livelli nucleari quantizzati. Si consideri un sistemi con soli due livelli α e β (figura 4.13.a), e si supponga che vi siamo complessivamente N nuclei che possono essere in uno stato o nell’altro. Figura 4.13. A sinistra, popolazioni iniziali di un sistema a due livelli; a destra effetto di un impulso che ruota la magnetizzazione di un angolo θ (angolo di flip). 99 NMR - Reologia Se i due livelli fossero degeneri, allora vi sarebbero N/2 nuclei per parte, ma poiché lo stato α ha energia un po’ più bassa esso avrà un leggero eccesso di popolazione. Se nello α vi sono δ nuclei più che in β , allora le rispettive popolazioni saranno ( N + δ ) / 2 e ( N − δ ) / 2 . Per calcolare cosa succede alle popolazioni quando viene applicato un impulso di radiofrequenza capace di far deflettere la magnetizzazione macroscopica di un angolo θ , focalizziamo l’attenzione sulla componente M z . È conveniente considerare le popolazioni in eccesso, cioè le deviazioni da N / 2 , Pα e Pα degli stati α e β , che all’inizio valgono rispettivamente +δ /2 e −δ /2. In ogni istante la componente z della magnetizzazione, M z , è proporzionale alla differenza di popolazione tra i livelli: (4.59) M z ∝ Pα − Pβ Così all’inizio è M o ∝ δ . Inoltre sappiamo che deve essere Pα + Pβ = 0 (4.60) Dopo l’impulso θ , la componente z della magnetizzazione è (si veda figura 4.11.a) M z = M o cos θ (4.61) E di conseguenza si ha: Pα − Pβ = δ cos θ (4.62) Combinando con la 4.60, si calcolano le nuove popolazioni: Pα = Pβ = δ cos θ 2 − δ cos θ 2 (4.63) (4.64) Queste ultime ci permettono di correlare quanto abbiamo già visto riguardo agli impulsi π 2 e π con quello che succede nei livelli quantizzati. Se θ = π 2 , allora cos θ = 0 e non vi è più eccesso di 100 Capitolo 4 popolazione in ciascun stato, cioè l’impulso di radiofrequenza eguaglia le popolazioni. Se θ = π , allora cos θ = −1 , e le popolazioni sono invertite. Quanto detto si realizza nella pratica perché se al sistema di spin viene applicato ripetutamente e per tempi brevi un forte campo di radiofrequenze (RF), si realizza una situazione in cui possono essere eccitati simultaneamente i nuclei con frequenze di precessione di Larmor ν i all’interno di un certo intervallo ∆ν . La ragioni di questo risiede nel fatto che un tale campo di RF modulato da impulsi di frequenza ν o e breve durata t p , produce bande laterali nell’intervallo ±1 t p separate tra loro da una differenza di frequenza 1 tr dove t r è il tempo di ripetizioni dei singoli impulsi. Figura 4.14. (a) Sequenza di impulsi RF di frequenza vo, durata tp, tempo di ripetizione tr; (b) Le corrispondenti frequenze componenti. Questo è illustrato chiaramente in figura 4.14 dove il treno di impulsi è mostrato su una scala dei tempi in figura 4.14a, e lo spettro di frequenze di figure 4.14b. In figura 4.14 b è illustrata la relazione tra ∆ν e numero di bande laterali ed i parametri t p e t r . Si osservi che ∆ν diminuisce all’aumentare di t p e, in condizioni limite, scompaiono le bande laterali. 101 NMR - Reologia Riassumendo, l’impulso di radiofrequenza provoca una deflessione del vettore M dall’asse z (direzione di Bo ) generando così la componente Mxy , che a sua volta decade esponenzialmente con la costante di tempo T2 . Quale risultato viene rilevato un voltaggio alternato in una spira ricevitrice posta sull’asse x del sistema di laboratorio. Il segnale che viene raccolto è detto free induction decay (FID). Abbiamo già visto che l’angolo di deflessione θ è dato da: θ = γB1t p (4.65) dove γB1 è la ampiezza o potenza dell’impulso RF e t p la sua durata ed entrambi possono essere variati per ottenere gli angoli di deflessione che interessano. Uno di questi può essere θ = 90° , per il quale tutta la magnetizzazione è portata nel piano xy ed il segnale ha la sua massima intensità (Figura 4.14.b). Un altro è θ = 180° ; in questo caso M è invertita e punta nella direzione negativa dell’asse z (Figura 4.14.c). 4.3.6 Processo di Rilassamento È conveniente rivedere l’esperimento NMR pulsato. Il comportamento di Mo durante l’esperimento è descritto in figura 4.15. Nell’esperimento è stato impiegato un impulso RF che ruota la magnetizzazione di π 2 radianti (o 90°), cioè che la porta nel piano x' y ' (figura 4.15.c). M o è rappresentata in un sistema di coordinate che ruota con B1 . A causa delle disomogeneità in Bo e nel campione (la seconda è dovuta alle interazioni tra gli spin), i singoli dipoli nucleari non precedono tutti alla stessa velocità ed i vettori tendono a sparpagliarsi nel piano (figure 4.15.d e 4.15.e). le perdite di coerenza di fase risultante è manifestata dal decadimento della componente Mxy che procede con la costante di tempo T2 (si confrontino i paragrafi precedenti). Questo processo di rilassamento non produce perdita di energia netta. 102 Capitolo 4 Contemporaneamente si osserva che anche la componente longitudinale M z cresce, fino a raggiungere il valore di equilibrio M z , con una legge cinetica di primo ordine caratterizzata da una costante di tempo T1. (cfr figure 4.15.d, 4.15.e, 4.15.f): dM z M o − M z = dt T1 (4.66) Questo processo è noto come rilassamento longitudinale o spinlattice. Figura 4.15. Diagrammi nel sistemi di coordinate rotanti che mostrano l'andamento della magnetizzazione durante l'esperimento NMR a impulsi. Gli assi x', y', z' sono usati per indicare il sistema rotante. (a) La maagnetizzazione netta Mo è allineata secondo il campo Bo; (b) e (c) E’ applicato un campo RF B1 perpendicolare a Bo. La durata dell’impulso di RF è sufficiente a far deflettere la magnetizzazione di 90°; (d) e (e)Gli spin cominciano a rilassare nel piano x’y’ col meccanismo spin-spin (con costante di tempo T2) e nella direzione z col meccanismo spin-lattice (con costante di tempo T1); (f) La magnetizzazione di equilibrio Mo si è ristabilita lungo Bo. 103 NMR - Reologia 4.3.7 Rilassamento trasversale o spin-spin Procede con la costante di tempo T2 ed implica il trasferimento di energia tra nuclei ad alta energia. Perciò questo tipo di rilassamento non provoca perdita netta di energia, ma fa perdere coerenza di fase nel piano xy, cioè è responsabile dell’azzeramento della componente M xy della magnetizzazione che va a zero secondo la legge: dM xy dt =− M xy (4.67) T2 Il tempo di rilassamento T2 è correlato alla larghezza di riga a mezza altezza dalla: ∆ν 0.5 = 1 πT2 (4.68) 4.3.8 Misura di T2 L’indagine NMR a basso campo per le misure dei tempi di rilassamento di 1H sono state condotte utilizzando l’apparecchiatura Bruker Minispec mq20 NMR che opera ad una frequenza di 20 MHz (0.47 Tesla) e a diverse T (10°C- 25°C- 40°C). La misura del tempo di rilassamento trasversale T2 è stata determinata mediante la sequenza di impulsi Carr-Purcell-Meiboom-Gill (CPMG): 90°-τ-{[180°-2τ-]M180°-τ-measurement-τ}N, dove τ è il tempo di ritardo tra l’impulso a 90° e quello ad 180°. Il ritardo è di 5 sec. ed il numero di scansioni 8. Tale analisi prevede il riempimento per circa 2 cm di un tubetto di vetro (diametro 8 mm) con il campione da studiare. Ad ogni misura, il campo magnetico viene controllato ed il tempo di rilassamento misurato. La temperatura è stata controllata con una precisione di ± 0.1°C mediante il ricircolo di acqua distillata attorno al campione. La curva esponenziale del tempo di rilassamento trasversale (T2) ottenuta, viene analizzata 104 Capitolo 4 mediante il fitting dei dati con una funzione multiesponenziale con un programma informatico scritto in linguaggio FORTRAN. 4.3.9 Analisi del tempo di rilassamento T2 Il tempo di rilassamento trasversale T2 è stato studiato mediante il fitting dei dati sperimentali da una funzione multi-esponenziale: fitting ai minimi quadrati secondo l’algoritmo di Levenberg-Marquardt [9]: Ne ∑ A e( −t T2k k ) (4.69) k =1 dove t è il tempo, Ak è il k-esimo fattore pre-esponenziale e T2k è il k-esimo tempo di rilassamento. Il numero Ne di esponenziali considerati è quello che minimizza il prodotto (Ne χ2) dove χ2 è la somma dei quadrati delle differenze tra funzione eq. (4.69) che fitta i dati sperimentali ed i dati sperimentali stessi. Figura 4.16. Curva esponenziale del tempo di rilassamento trasversale T2 Una volta che Ne, A1, .., ANe, T21, .., T2Ne sono stati individuati secondo la logica del miglior fitting, la distribuzione continua di T2 viene determinata assumendo che per ogni istante di tempo t , il segnale intensità I( t ) è la somma di infiniti termini del tipo a (T2 )e (−t T2 )dT2 . Pertanto si ha: 105 NMR - Reologia T2max ( ) ∫ a(T )e( It = −t T2 ) (4.70) dT2 2 T2min T2min - T2max indica il range di validità della distribuzione continua di T2. L’integrale che compare nell’equazione (4.70) può essere approssimato attraverso il metodo dei trapezi: T2max ( ) ∫ a(T )e( It = ∑ 0.5(a (T )e i = N −1 −t T2 ) dT2 ≈ 2 i 2 i −t T2i ( ) i +1 + ai+1 T2i+1 e −t T2 )(T i +1 2 − T2i ) (4.71) i =1 T2min dove T21 = T2min, e T2N = T2max. La semplificazione rappresentata in eq. (4.71) implica approssimare la distribuzione continua di T2 con una discreta composta da N elementi ognuno dei quali caratterizzato da un peso ai corrispondente ad un tempo di rilassamento T2i. La determinazione dei pesi ai richiede la risoluzione di un sistema lineare di N x N equazioni del tipo dell’ eq.(4.71), ognuna valutata a diversi istanti di tempo t j . Pertanto, dopo alcune semplici manipolazioni, la generica equazione di questo sistema diventa: ( a1 e −t j T21 (T 2 2 )) ∑ a (e i = N −1 − T21 + −t j T2i i (T i +1 2 )) ( − T2i−1 +a N e −t j T2N (T N 2 )) () − T2N−1 = 2 I j t j (4.72) i=2 k = Ne ( ) ∑ A e( dove I j t j = −t j T2k k ) . Siccome questo sistema è mal condizionato, k =1 la risoluzione diretta generalmente fallisce. Di conseguenza, è necessario risolverlo seguendo una procedura iterativa che implica la scelta di un vettore di primo tentativo a(a1,..,ai,..aN). Scegliendo t j = T2i (per j = i), il sistema assomiglia approssimativamente ad un sistema triangolare superiore dove i valori dei coefficienti ai sotto la diagonale sono vicini allo zero. Pertanto, una scelta ragionevole di primo tentativo per il vettore (a0(a10,..,ai0,..aN0)) è: a N0 = 2I N ; T − T2N-1 N 2 m =i +1 2I i − ai0 = ∑ a (T 0 m m +1 2 ) − T2m−1 e −t i m= N T2i+1 − T2i−1 106 T2m Capitolo 4 m =2 2 I1 − a10 = ∑ a (T 0 m m +1 2 ) m − T2m−1 e −t1 T2 (4.73) m= N T22 − T21 Una volta che la scelta è stata fatta, la soluzione (an(a1n,..,ain,..aNn) viene valutata nel seguente modo: m = N −1 2I N − a Nn = ∑ T2m T2N − T2N −1 m ( ≠i )= N ∑ ( ) amn −1e −t i T2m m ≠i =1 i +1 2 ain = T m= N 2 I1 − a = ) m =1 2I i − n 1 ( amn −1 T2m+1 − T2m−1 e −t N − T2i−1 ∑a n −1 −t N T2m m e m =2 T22 − T21 (4.74) Il processo iterativo si ferma quando il valore assoluto della differenza ain − ain -1 è minore di una tolleranza fissata a priori. Questa è la strategia che è stata adottata ed eseguita con l’uso di un programma informatico scritto in linguaggio FORTRAN. 4.4 Caratterizzazione Reologica Per la caratterizzazione reologica dei sistemi presi in esame lo strumento utilizzato è il reometro rotazionale che lavora in configurazione controlled stress, equipaggiata con sensori di diversa geometria in grado di sottoporre il materiale ad una deformazione a taglio [7]. Essenziale per la caratterizzazione reologica è stabilire il legame tra le grandezze dinamiche che caratterizzano lo stato di tensione del materiale (lo sforzo tangenziale τ ) e le grandezze cinematiche che rappresentano lo stato di flusso (la velocità di deformazione γ& ). Nelle prove sperimentali si lavora con grandezze macroscopiche, applicando, nello specifico, un momento torcente T (generato mediante un campo magnetico) e registrando lo spostamento o la velocità di rotazione Ω della parte mobile del sistema di misura, il cui valore dipende strettamente 107 NMR - Reologia dalle proprietà del materiale inserito nel sistema di misura stesso (gli attriti sono minimizzati da un sistema a cuscino d’aria). Da queste grandezze macroscopiche deve essere possibile risalire ai valori puntuali d’interesse, τ e γ& , in maniera relativamente semplice e per questo motivo i dispositivi di misura devono avere un’adeguata geometria, di forma semplice. La conversione tra le grandezze d’interesse è implementata nel software di gestione dello strumento, grazie al quale è possibile accedere ai dati che più interessano. È opportuno presentare brevemente alcuni concetti riguardanti i sensori realmente utilizzati in fase operativa. In sostanza si tratta di dispositivi costituiti da due piatti tra i quali viene disposto il campione da esaminare in modo da ottenere un riempimento ottimale del volume di misura. 4.4.1 Dispositivi di misura: Sistema a piatti paralleli La geometria a piatti paralleli è largamente utilizzata per la misura delle proprietà dei fluidi non newtoniani e per la caratterizzazione dei materiali viscoelastici. Diverse sono le ragioni di tale largo uso: il caricamento dei campioni è semplice, la shear rate può essere variata indipendentemente dalla velocità di rotazione W, semplicemente cambiando il gap d tra le superfici del sensore, lo slittamento alla parete può essere stimato mediante prove a diversi gaps ed infine la edge failure dei campioni può essere spostata a valori superiori di velocità di deformazione diminuendo la distanza tra i piatti. Fonti di errore in fase sperimentale possono essere lo strain field non omogeneo, come effetti inerziali, sviluppo di flussi secondari e lo shear heating. Occorre, tuttavia, tenere presente che anche le misure effettuate con sistemi torsionali non sono esenti da circostanze ed effetti che generano errori sistematici in fase operativa; alcune situazioni problematiche sono riassunte qui di seguito. • Effetti inerziali: soprattutto ad alti valori di shear rate si generano flussi secondari, di tipo toroidale, che fanno sovrastimare le proprietà viscose dei materiali e, quindi, il momento torcente 108 Capitolo 4 misurato è maggiore del momento dovuto alle sole proprietà reologiche. • Effetti geometrici: se il fluido caricato è in eccesso, la superficie libera non è sferica, e si generano effetti di bordo; altri effetti possono derivare da un assetto non corretto, con conseguenti eccentricità, mancanza di allineamento ed oscillazioni verticali. • Effetti d’instabilità: il materiale non conserva la propria forma in tutte le condizioni di moto ed alle alte velocità il campione tende a separarsi in due lembi fino a giungere all’espulsione per effetto centrifugo (splitting). • Effetti del riscaldamento viscoso: se il sistema non è termostatato in modo adeguato, all’interno del volume di misura si raggiungono temperature superiori a quelle che si hanno alla superficie e che sono oggetto di misura e controllo. Figura 4.17. Rappresentazione schematica del sensore a piatti paralleli: sono indicati il raggio dei piatti (R) ed il gap tra le due superfici (d). 4.4.2 Prove di stress sweep L’utilità di un’indagine stress sweep, come già anticipato, risiede nella possibilità di localizzare la regione di viscoelasticità lineare che compete ai sistemi esaminati: in tale regione le componenti G’ e G” del modulo elastico e viscoso si mantengono costanti, indipendentemente dall’aumento della deformazione applicata, fino al raggiungimento di un valore limite γ 0 , oltre il quale tali grandezze denotano una rapida 109 NMR - Reologia diminuzione. Le prove SS si basano sulla misura della risposta del campione all’applicazione di uno sforzo variabile nel tempo secondo un profilo sinusoidale d’ampiezza costante e frequenza oscillatoria fissata (1 Hz di norma) in modo da poter individuare il valore della deformazione critica (o dello sforzo critico) che delimita il campo di viscoelasticità lineare. La risposta del sistema alla sollecitazione è anch’essa di tipo sinusoidale, d’ampiezza proporzionale al carico applicato ma con un ritardo di fase. Per valori di sforzi (deformazioni) inferiori al limite di viscoelasticità lineare i valori di G’ e G’’ sono indipendenti dallo sforzo applicato: le condizioni del sistema possono essere considerate come stati d’equilibrio in quanto la struttura del materiale non subisce significative alterazioni o distruzioni. Al superamento della deformazione critica, la struttura cede e i valori d’entrambi i moduli cambiano, tendendo, di norma, a diminuire. Le distribuzioni della deformazione, della velocità di deformazione e degli sforzi possono essere descritte dalle seguenti equazioni: γ = γ 0 sin (ωt ) (4.75) γ& = γ 0 ω cos(ωt ) = γ& 0 cos(ωt ) (4.76) τ = τ0 sin (ωt + δ ) = τ0 cos δ ⋅ sin (ωt ) + τ0 sin δ ⋅ cos(ωt ) (4.77) dove γ0 è la deformazione massima, corrispondente al rapporto tra lo spostamento massimo della piastra superiore e la distanza tra i due • piatti, γ0 è la velocità di deformazione massima e ω la frequenza di oscillazione. Lo sforzo τ ha la stessa frequenza, ma è sfasato (di un angolo δ) rispetto alla deformazione. Il primo termine della formula: τ = τ0 sin (ωt + δ ) = τ0 cos δ ⋅ sin (ωt ) + τ0 sin δ ⋅ cos(ωt ) 110 (4.78) Capitolo 4 rappresenta la componente elastica del comportamento reologico del materiale, mentre il secondo è legato alla componente viscosa: nei due casi limite, rappresentati da δ = 0 oppure da δ = π/2, si ha un comportamento perfettamente elastico oppure perfettamente viscoso. L’equazione (4.78) può essere riscritta come: τ = G ' γ 0 ⋅ sin (ωt ) + G ' ' γ 0 ⋅ cos(ωt ) (4.79) dove il modulo elastico G’ è legato alla componente in fase con la deformazione applicata e il modulo dissipativo viscoso G’’ è in quadratura di fase con essa. Questi moduli rappresentano il contributo elastico e viscoso alle proprietà del fluido e sono legati alle corrispondenti funzioni η’ e η’’ attraverso le: G ' = η' ' ω (4.80) G ' ' = η' ω (4.81) Per un fluido newtoniano η’ coincide con la viscosità a taglio e G’ è nullo, mentre per un fluido elastico è il modulo viscoso ad annullarsi. Entrambe le coppie di variabili possono essere viste come la parte reale e la parte immaginaria di una funzione complessa. Si possono scrivere sia la viscosità complessa: η* = η'−iη' ' (4.82) che il modulo complesso: G* = iωη* = G'+iG' ' (4.83) Il modulo di G* è rappresentato dal rapporto tra il massimo sforzo e la massima deformazione applicata: 2 G* = (G ') + (G ' ') 2 2 Lo sfasamento δ è definito come: tan δ = G' ' η ' = G' η ' ' 2 τ cos δ τ0 sin δ τ + = 0 = 0 γ0 γ0 γ0 (4.85) 111 (4.84) NMR - Reologia 4.4.3 Prove di frequency sweep Le prove di frequency-sweep permettono di ricavare lo spettro meccanico del campione in esame e di conseguenza, di caratterizzare le proprietà strutturali in condizioni d’equilibrio. Sulla base delle prove di stress-sweep deve essere scelto un valore dello sforzo (strain) da applicare durante le prove di frequency-sweep, tale da garantire la permanenza del campione nel campo di viscoelasticità lineare (cioè G’ e G” indipendenti dallo sforzo o deformazione applicata) per tutta la durata della prova. In generale, la risposta di un materiale dipende sia dalle caratteristiche strutturali intrinseche sia dall’entità della deformazione applicata e dal tempo di applicazione della stessa. Un parametro da considerare per classificare il comportamento di un materiale è il numero di Deborah che corrisponde al rapporto tra il tempo caratteristico λ di rilassamento del materiale e il tempo caratteristico del processo di deformazione cui il materiale è sottoposto, Λ: De = λ Λ , Λ ∝1 ω De ∝ λω I solidi reali possono esibire una componente viscosa subendo deformazioni il cui recupero non è né completo né istantaneo. In molti liquidi reali, quando lo sforzo viene rimosso, si ha in tempi osservabili, un parziale recupero delle deformazioni e quindi si manifesta una componente elastica. Quando il processo di deformazione è molto veloce, De è molto grande: il materiale può comportarsi come solido elastico. Invece quando il processo di deformazione è lento, De è piccolo, il materiale può comportarsi come un liquido viscoso. Le prove condotte in regime oscillatorio con deformazioni e sforzi di piccola ampiezza costante consentono di sondare i differenti comportamenti di un materiale a differenti numeri di Deborah. 4.4.4 Modelli di correlazione Terminata la raccolta dei dati, è utile organizzare le informazioni in maniera adeguata per facilitare l’interpretazione dei comportamenti 112 Capitolo 4 macroscopici osservati e per correlare i parametri compositivi ai parametri reologici. La caratterizzazione delle proprietà fisiche di questi idrogel, il grado del rigonfiamento e la densità di reticolazione si possono valutare attraverso l’elaborazione letteratura propone dei diverse dati delle soluzioni proprietà per meccaniche. l’approccio alla La tempo- dipendenza viscoelastica e per la conseguente caratterizzazione delle relazioni G' (ω ) e G" (ω ) (spettri meccanici). Il punto di partenza è rappresentato dalla combinazione dei sistemi che rappresentano gli estremi tra i quali si colloca il comportamento dei materiali viscoelastici, vale a dire il modello di fluido newtoniano, caratterizzato dalla viscosità µ indipendente dalle condizioni di moto, ed il modello di solido perfettamente elastico, descritto dal modulo elastico G. Collegando in serie queste due componenti, la deformazione sperimentata dall’apparato, a fronte dell’applicazione di uno sforzo è data dai contributi viscoso elastico γ v ed γe : γ = γv +γe (4.86) Derivando rispetto al tempo e tenendo conto delle equazioni costitutive che regolano le risposte dei componenti, γ&v = τ µ (4.87) si ottiene: τ+ µ ∂τ G ∂t = − µγ& (4.88) In tale espressione, che descrive il cosiddetto modello di Maxwell (strain additive), il rapporto µ / G è a tutti gli effetti un tempo e viene indicato come tempo caratteristico di rilassamento del sistema (λ) e, qualora il modello fisico venga utilizzato per approssimare il comportamento di sistemi reali, esprime il tempo necessario alla struttura per rilassare gli sforzi in risposta all’applicazione di una deformazione 113 NMR - Reologia costante. Significativo è il confronto di λ con i tempi caratteristici delle varie prove, espressi nel caso dei test FS da 1/ω , operato mediante il numero di Deborah (De) presentato in precedenza. Bassi valori di De comportano un tempo di prova superiore al tempo di rilassamento del materiale, il quale ha dunque a disposizione una finestra temporale sufficientemente ampia per allentare lo stato di tensione e manifestare una risposta prossima a quella viscosa. Al contrario, per valori elevati di De il tempo di carico è talmente breve da non consentire al sistema di riassestarsi: in tal modo il comportamento assume tratti tipici delle risposte elastiche. Applicando l’equazione al moto oscillatorio e lavorando con le grandezze complesse, si ottiene: G ′(ω ) = η 0 λω 2 2 1 + (λω ) (4.89) G ′′(ω ) = η 0ω 2 1 + (λω ) (4.90) Le curve di G’(ω) e G”(ω), che si possono tracciare in un grafico bilogaritmico con queste relazioni, s’intersecano nel punto ω = 1 λ , in corrispondenza di un massimo di G” e del valore unitario di De. L’approccio di Maxwell fin qui considerato risulta tuttavia insufficiente nella descrizione delle risposte dei materiali analizzati in un ampio range di condizioni: immaginando che i sistemi siano caratterizzati dalla coesistenza di più modalità di rilassamento, si possono combinare in parallelo n elementi di Maxwell, ciascuno individuato dalla coppia di parametri (Gk ,η k ) o (Gk , λk ) , nell’intento di migliorare le prestazioni per il trattamento dei dati. Il risultato è una configurazione del tipo stress additive che in condizioni di moto oscillatorio restituisce le seguenti relazioni: η k λk ω 2 2 k =1 1 + (λ k ω ) n G ′(ω ) = ∑ (4.91) 114 Capitolo 4 ηkω . 2 k =1 1 + (λ k ω ) n G ′′(ω ) = ∑ (4.92) I parametri di fitting del modello di Maxwell generalizzato sono, dunque, 2n:, i tempi di rilassamento λk e le viscosità η k (o, in alternativa, i moduli elastici g k = η k λk ), ed è possibile aggiungere un termine residuo G'e che rappresenta il limite asintotico della componente elastica a basse frequenze ed equivale ad un elemento di Maxwell nella condizione estrema di pura elasticità, caratterizzata da un tempo di rilassamento infinito. Un’ulteriore informazione che si ricava è lo spettro di rilassamento, ossia la relazione g k (λk ) : essa permette di delineare l’entità con cui i diversi componenti intervengono nelle modalità di rilassamento. Nel caso specifico di questa trattazione, il numero di parametri coinvolti nell’analisi numerica è stato ridotto, lasciando libero uno solo dei tempi caratteristici λk e determinando i rimanenti mediante un fattore di scala fissato a priori. In base alla finestra di frequenze sperimentalmente accessibile, il numero di elementi con cui operare è stato fissato a quattro o a cinque, lasciando il fattore moltiplicativo dei tempi pari a dieci. Bibliografia [1] Flory P J. Principles of Polymer Chemistry, Cornell University Ithaca, NY, (1953). [2] Schurz J, Progress in Polymer Science 16, (1991) 1-53. [3] Brownstein KR, Tarr CE., Phys. Rev. A, 19 (1979) 2446-2452. [4] P. J. Flory, Principles of Polymer Chemistry, Cornell University Press, Ithaca, 1959. [5] P. J. Flory, J. Chem. Phys. Principles of Polymer Chemistry, Cornell University Press, Ithaca, 1959. [6] P. J. Flory, N. Rabjohn, M. C. Shaffer, J. Polym. 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