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DUEMILA
AMNESTY INTERNATIONAL RAPPORTO 2013
LA SITUAZIONE DEI DIRITTI UMANI NEL MONDO
EUROPA E ASIA CENTRALE
KIRGHIZISTAN
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RAPPORTO 2013
KIRGHIZISTAN
REPUBBLICA KIRGHIZA
Capo di stato: Almaz Atambaev
Capo del governo: Zhantoro Satibaldiev
(subentrato a Omurbek Babanov
a settembre)
In tutto il paese, l’uso della tortura e di altri maltrattamenti ha continuato a essere diffuso
ma né la polizia né la magistratura hanno affrontato le denunce di abusi. Le autorità
hanno continuato a non indagare in modo imparziale ed efficace sulle violenze del giugno
2010 e sulle loro conseguenze, né a rendere giustizia alle migliaia di vittime di gravi crimini e violazioni dei diritti umani, inclusi crimini contro l’umanità. Le persone di etnia
uzbeka hanno continuato a essere detenute e perseguite in modo sproporzionato, in relazione alle violenze del giugno 2010.
TORTURA E ALTRI MALTRATTAMENTI
La tortura e altri maltrattamenti non sono cessati, nonostante lo sviluppo di un programma nazionale globale di lotta alla tortura, basato sulle raccomandazioni del Relatore
speciale delle Nazioni Unite sulla tortura, e malgrado l’adozione di una legge che istituiva
un centro nazionale per la prevenzione della tortura e di altri maltrattamenti.
A febbraio, il Relatore speciale ha riferito che gli episodi di tortura e altri maltrattamenti
per estorcere confessioni “erano rimasti diffusi”. Inoltre, ha sottolineato “che, in pratica,
non esiste una procedura chiara che stabilisca quali misure debba adottare un tribunale
in presenza di prove che potrebbero essere state ottenute con tortura e maltrattamenti.
Per di più, nella pratica, sembra che i tribunali non abbiano istruzioni per applicare tale
regola o per ordinare un’indagine immediata, imparziale ed efficace quando questa viene
violata”.
Il Relatore speciale ha rilevato che, contrariamente alle azioni e alle dichiarazioni dei
presidenti, in carica e del passato, e della procuratrice generale, non aveva avuto notizia
d’istruzioni “trasmesse dai funzionari responsabili del ministero dell’Interno per condannare la tortura e i maltrattamenti o per dichiarare senza ambiguità che la tortura e i maltrattamenti della polizia non sarebbero più stati tollerati”.
L’11 settembre, Anna Ageeva, una ragazza di 18 anni incinta, è stata fermata da agenti di polizia a Bishkek,
perché sospettata di omicidio e detenuta in incommunicado per tre giorni nella stazione di polizia del distretto di Sverdlovsk. La ragazza ha denunciato che, durante tale periodo, gli agenti l’hanno trascinata
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EUROPA E ASIA CENTRALE
per i capelli, ammanettata a un termosifone e colpita con calci e pugni allo stomaco e ai reni, per costringerla a confessare l’omicidio di un’altra giovane donna. Un avvocato della Ngo Kylym Shamy ha presentato
una denuncia per le torture alla procura distrettuale di Sverdlovsk. Altre tre donne sospettate, tra cui la
diciassettenne Aidiana Toktasunova, fermata per lo stesso omicidio, hanno ugualmente denunciato alla
procura distrettuale di esser state torturate dagli agenti affinché confessassero. Il ministero dell’Interno
ha respinto le accuse di tortura come “assurde” e ha dichiarato che dalle indagini effettuate non erano
emerse prove di cattiva condotta da parte degli agenti di polizia. A ottobre, la procura distrettuale ha avviato un’inchiesta penale in merito alle denunce.
A novembre, l’organizzazione per i diritti umani Spravedlivost (Giustizia) ha scritto alla procuratrice generale chiedendo che sovrintendesse personalmente all’indagine sulle denunce per i maltrattamenti subiti
da otto detenuti del centro di detenzione temporanea di Jalal-Abad, per mano di più di una decina di agenti
di polizia. Rappresentanti di Spravedlivost avevano visitato il centro di detenzione, dopo che i parenti di
alcuni detenuti li avevano avvisati delle violazioni.
I detenuti hanno riferito che gli agenti li avevano colpiti sul volto, sulla testa e sul corpo
e li avevano spogliati e costretti a correre nudi. Il difensore civico regionale ha visitato il
centro due giorni dopo i rappresentanti di Spravedlivost, incontrando tutti i 42 detenuti
della struttura, 37 dei quali hanno confermato di essere stati maltrattati. In seguito, ha
chiesto alla procura regionale d’indagare su tali denunce. Anche il ministero dell’Interno
ha effettuato una sua inchiesta interna ma ha affermato di non aver trovato alcuna prova
dei maltrattamenti.
Sebbene, nel corso del 2012, sembrano essere diminuiti gli arresti arbitrari di persone
principalmente di etnia uzbeka, sono continuate a pervenire segnalazioni di gravi violazioni dei diritti umani commesse contro uzbeki, nell’ambito delle indagini in corso sulle
violenze del giugno 2010 e sulle loro conseguenze, tra cui tortura e altri maltrattamenti
durante la detenzione, confessioni estorte e processi iniqui. Nel suo rapporto reso noto
a febbraio, il Relatore speciale sulla tortura ha dichiarato con preoccupazione che “negli
ultimi mesi, sono continuate senza tregua le gravi violazioni dei diritti umani commesse
nell’ambito di [tali] indagini”.
PROCESSI INIQUI
Il Relatore speciale sulla tortura ha dichiarato di aver ascoltato “testimonianze secondo
le quali, nei processi relativi alle violenze del giugno 2010, giudici e procuratori hanno
continuato a non fare niente rispetto alle notizie di atti di tortura e maltrattamenti fornite
dagli imputati o dai loro legali”. Ha inoltre citato la decisione della Corte suprema del
20 dicembre 2011, con cui era stato rigettato l’appello di Azimzhan Askarov ed era stata
confermata la sua sentenza all’ergastolo, come un “esempio del fallimento del più alto
organo giuridico nell’agire sulle denunce di tortura e maltrattamenti”. Il governo ha accusato il Relatore speciale di essere di parte e ha dichiarato che la procura generale
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RAPPORTO 2013
aveva effettuato un’indagine completa su tutte le denunce di tortura e di confessioni
estorte, presentate da Azimzhan Askarov e dai suoi coimputati e che non aveva rilevato
elementi convincenti che le comprovassero.
Azimzhan Askarov, importante difensore dei diritti umani e prigioniero di coscienza, alla fine dell’anno era
ancora detenuto in isolamento. Secondo il rapporto presentato a ottobre dalla Ngo Medici per i diritti umani
(Physicians for Human Rights – Phr), le sue condizioni di salute erano sensibilmente peggiorate, in particolare la vista, il sistema nervoso e la respirazione, ma non aveva ricevuto le cure mediche necessarie,
circostanza che costituisce una forma di maltrattamento. Dopo una visita effettuata a gennaio, gli esperti
del Phr hanno concluso che Azimzhan Askarov presentava prove cliniche di una ferita traumatica al cervello
in conseguenza delle torture. A novembre, il suo avvocato ha presentato una denuncia al Comitato delle
Nazioni Unite per i diritti umani.
IMPUNITÀ
Nonostante le iniziative intraprese negli ultimi due anni, spesso a fronte di una notevole
opposizione interna, le autorità non hanno indagato in modo equo ed efficace sulle violenze avvenute a Osh e Jalal-Abad nel giugno 2010 e sulle loro conseguenze, né hanno
reso giustizia alle migliaia di vittime dei gravi crimini e violazioni dei diritti umani, tra
cui crimini contro l’umanità.
Ad aprile, il procuratore della città di Osh ha dichiarato che, dei 105 casi arrivati a processo in relazione alle violenze del giugno 2010, solo due si erano conclusi con l’assoluzione e che soltanto uno di essi riguardava una persona di etnia uzbeka, Farrukh
Gapirov, figlio del difensore dei diritti umani Ravshan Gapirov. Egli è stato rilasciato dopo
che la corte d’appello aveva stabilito che la sua condanna si era basata su una confessione estorta con la tortura. Tuttavia, non è stata avviata alcuna indagine nei confronti
degli agenti di polizia responsabili di tale violazione.
Al contrario, la prima, e a oggi l’unica, condanna di cui si ha notizia di persone di etnia
kirghiza per l’omicidio di uzbeki durante le violenze del giugno 2010 è stata ribaltata.
A maggio, il tribunale regionale di Jalal-Abad ha annullato le condanne di quattro uomini kirghizi accusati
dell’omicidio di due uzbeki durante le violenze del giugno 2010. Due di loro erano stati condannati, rispettivamente a 25 e 20 anni di reclusione nel novembre 2010. Entrambi avevano denunciato di essere stati
torturati durante la detenzione. Gli altri due erano stati condannati a tre anni di reclusione con sospensione
della pena. La prima corte d’appello ha ribaltato le condanne, rinviato il caso per ulteriori indagini e rilasciato i quattro imputati su cauzione. Tre di loro sono stati quindi prosciolti completamente, mentre quello
condannato a 25 anni dal tribunale di prima istanza ha ottenuto il rilascio con la condizionale.
Nonostante la procura generale abbia emanato direttive ufficiali che richiedono d’indagare in merito a ogni singola denuncia di tortura, i procuratori abitualmente non lo
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hanno fatto in modo esauriente e imparziale, né hanno portato in giudizio alcun responsabile. Il Relatore speciale ha rilevato che “gli sforzi del governo ad interim per indagare
e punire gli abusi legati agli eventi del giugno 2010 si sono dimostrati ampiamente
inefficaci”.
A marzo è stato riportato a Jalal-Abad il processo di quattro agenti di polizia accusati di aver torturato
Usmonzhon Kholmirzaev, morto nell’agosto 2011 per le torture subite. Il giudice che presiedeva la corte
regionale di Jalal-Abad ha chiesto ulteriori indagini e ha rilasciato su cauzione due degli agenti accusati.
Prima che iniziasse il processo, nel settembre 2011, parenti e sostenitori degli imputati avevano organizzato
proteste pubbliche che, in qualche caso, erano divenute violente. Avevano intimidito i testimoni dell’accusa,
la famiglia e l’avvocato di Usmonzhon Kholmirzaev fuori dal tribunale e in aula e avevano fatto pressioni
sul giudice affinché dichiarasse gli accusati non colpevoli. Il processo era stato quindi trasferito nella regione di Chui, a 500 km di distanza, per ragioni di sicurezza. Ciò nonostante, i testimoni chiave sono stati
minacciati di violenza e alcuni hanno modificato la loro testimonianza in favore degli accusati. Molti si
sono sentiti obbligati a lasciare il paese, temendo per la sicurezza delle loro famiglie. A fine anno, il procuratore regionale di Jalal-Abad non aveva ancora iniziato le indagini sulla condotta di parenti e sostenitori
degli accusati, nonostante la vedova di Usmonzhon Kholmirzaev e i suoi avvocati avessero sporto denuncia.
Il 26 dicembre, la corte regionale ha rinviato il processo a data da destinarsi, dopo che tre avvocati della
difesa non si sono presentati all’udienza prevista.
MISSIONI E RAPPORTI DI AMNESTY INTERNATIONAL
Delegate di Amnesty International hanno visitato il Kirghizistan ad aprile, maggio, settembre e dicembre.
Kyrgyzstan: Dereliction of duty (EUR 58/001/2012)
LETTONIA
REPUBBLICA DI LETTONIA
Capo di stato: Andris Berzins
Capo del governo: Valdis Dombrovskis
La legge non ha garantito protezione alle vittime di crimini d’odio basati sul genere, la
disabilità o l’orientamento sessuale. I richiedenti asilo non hanno ottenuto accesso ade443