La disciplina delle parti correlate alla luce della normativa MiFID

La disciplina delle parti correlate alla luce della normativa MiFID terzo
livello, di Fabrizio Tedeschi, Docente di Gestione Aziendale, Università
di Parma
SOMMARIO
1. Ratio delle due discipline e aree di sovrapposizione; 2. Ambito di
applicazione soggettivo; 3. Ambito di applicazione oggettivo: le operazioni; 4.
Tecniche di regolazione; 5. Le diverse opzioni regolamentari; 6. Le operazioni
rilevanti con parti correlate; 7. Le operazioni non rilevanti; 8. Disciplina per
casi specifici; 9. Casi pratici di applicazione; 9.1. Segue. La Best execution;
9.2. Segue. Il collocamento; 9.3. Segue. La gestione individuale; 9.4. Segue.
La consulenza; 10. La disciplina dei titoli illiquidi e delle parti correlate.
1. Le ratio della normativa MiFID e di quella sulle operazioni con parti correlate
differiscono notevolmente, anzi possono proprio apparire divergenti. La MiFID
ha come scopo fondamentale la tutela dei clienti di intermediari abilitati e dei
mercati finanziari in generale, attraverso i principi di correttezza e trasparenza.
La normativa sulle operazioni con parti correlate tende a evitare la spoliazione
dei beni aziendali a favore degli azionisti di controllo o comunque di singoli
azionisti in specifiche situazioni di governo della società o anche
semplicemente di manager a danno della società stessa in prima battuta e
degli azionisti di minoranza come soggetto finale, sempre attraverso i principi
di trasparenza e correttezza. I principi di trasparenza e correttezza sono gli
stessi mentre i soggetti e beni tutelati sono diversi; i soggetti possono
coincidere, perché gli investitori tramite intermediari abilitati (quindi i clienti)
finiscono spesso per divenire azionisti di minoranza di società quotate.
Oltre alla coincidenza di soggetti tutelati, vi può essere una sovrapposizione
delle due normative laddove una stessa società sia intermediario abilitato e si
trovi nelle condizioni di applicazione della normativa sulle parti correlate. In
sostanza una banca quotata o con strumenti finanziari diffusi si troverà
soggetta a entrambe le normative, con tutte le conseguenze del caso.
2. Le operazioni con parti correlate sono individuate attraverso due elementi:
uno soggettivo (caratteristiche dei soggetti), l’altro oggettivo (caratteristiche
delle operazioni). In breve la normativa in oggetto si applica a operazioni
compiute da specifici soggetti.
Quali sono questi soggetti? Le società italiane con azioni quotate in mercati
regolamentati ovvero con azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante
(vedremo in seguito con quali eccezioni e differenze). Alla stessa stregua le
norme si applicano alle società da questi controllate.
Oggetto delle norme sono le operazioni con le parti correlate di detti soggetti.
Le parti correlate sono definite per relationem. La norma rinvia allo IAS 24 e
quindi ogni modifica del principio contabile inciderà sull’ambito di applicazione
della normativa.
Per praticità ci limitiamo a una mera elencazione dei diversi tipi di parte
collegata previsti dalla normativa internazionale.
Per “parte correlata” s’intende un’entità se:
(a) direttamente o indirettamente, attraverso uno o più intermediari, la parte:
(i) controlla l’entità, ne è controllata, oppure è soggetta al controllo congiunto (
ivi incluse le entità controllanti, le controllate e le consociate);
(ii) detiene una partecipazione nell’entità tale da poter esercitare un’influenza
notevole su quest’ultima; o
(iii) controlla congiuntamente l’entità;
(b) la parte è una società collegata (secondo la definizione dello IAS 28
Partecipazioni in società collegate) dell’entità;
(c) la parte è una joint venture in cui l’entità è una partecipante (vedere IAS
31 Partecipazioni in joint venture)
(d) la parte è uno dei dirigenti con responsabilità strategiche dell’entità o la
sua controllante;
(e) la parte è uno stretto familiare di uno dei soggetti di cui ai punti (a) o (d);
(f) la parte è una entità controllata, controllata congiuntamente o soggetta a
influenza notevole da uno dei soggetti di cui ai punti (d) o (e), ovvero tali
soggetti detengono, direttamente o indirettamente, una quota significativa di
diritti di voto; o
(g) la parte è un fondo pensionistico per i dipendenti dell’entità, o di una
qualsiasi altra entità a essa correlata.
Ovviamente quasi ogni singola riga di questo elenco richiede una definizione.
Procediamo quindi con le definizioni necessarie, tenendo conto che non hanno
la precisione delle definizioni legislative e lasciano un ampio spazio di manovra
all’operatore.
Ad esempio, i familiari stretti sono “quei familiari che ci si attende possano
influenzare, o essere influenzati, dal soggetto interessato nei loro rapporti con
l’entità. Essi possono includere:
(a) il convivente e i figli del soggetto;
(b) i figli del convivente; e
(c) le persone a carico del soggetto o del convivente.”
Come si vede è un concetto di famiglia piuttosto informale e allargata.
Dello stesso tenore, di piuttosto ampia interpretazione, sono anche le
definizioni successive.
“Il controllo è il potere di determinare le politiche finanziarie e gestionali di
un’entità al fine di ottenerne i benefici dalla sua attività.
Il controllo congiunto è la condivisione, stabilita contrattualmente, del controllo
su un’attività economica.
I dirigenti con responsabilità strategiche sono quei soggetti che hanno il potere
e la responsabilità, direttamente o indirettamente, della pianificazione, della
direzione e del controllo delle attività dell’entità, compresi gli amministratori
(esecutivi o meno) dell’entità stessa.
L’influenza notevole è il potere di partecipare alla determinazione delle
politiche finanziarie e gestionali di un’entità senza averne il controllo.
Un’influenza notevole può essere ottenuta attraverso il possesso di azioni,
tramite clausole statutarie o accordi.”
Come si vede sono tutti principi abbastanza aperti che dovranno essere ben
meditati come vedremo dagli amministratori dell’entità.
A questi si aggiunge il concetto di collegata, previsto dallo IAS 28 “Una società
collegata è un’entità, anche senza personalità giuridica come nel caso di una
partnership, in cui la partecipante detiene una influenza notevole e che non è
né una controllata né una partecipazione a controllo congiunto.”
Segue allo IAS 31 la definizione di joint venture: “Una joint venture è un
accordo contrattuale con il quale due o più parti intraprendono un’attività
economica sottoposta a controllo congiunto.”
Anche queste definizioni non hanno il carattere della precisione e lasciano
ampio spazio alla discrezionalità dell’interprete.
Come se non bastasse, il secondo comma dell’art.x1 proposto invita le società
a individuare “ulteriori soggetti” che possano essere classificati come parti
correlate sulla base dei seguenti criteri:
(a) assetti proprietari;
(b) eventuali vincoli contrattuali rilevanti ai fini dell’art.2359, primo comma,
n.3) (influenza dominante in virtù di particolari vincoli contrattuali);
(c) discipline di settore eventualmente applicabili in materia.
Si tratta di criteri molto estesi, soprattutto considerando che gli stessi sono già
presenti negli IAS 24, 28 e 31. Deve evidentemente trattarsi di
un’interpretazione allargata degli stessi principi. Una simile tecnica legislativa
non giova alla certezza della norma, ma nello stesso tempo pone
l’intermediario (e per lui i suoi amministratori) di fronte a precise responsabilità
che non possono risolversi nell’ambito di un numero o di una situazione
specifica, ma richiedono l’analisi molto accurata della situazione. La decisione
non sarà priva di risvolti importanti una volta che si vada ad applicarla a
situazioni concrete.
Le operazioni tra i soggetti individuati secondo i criteri sopradescritti
costituiscono operazioni con parti correlate. Non tutte le operazioni concluse
tra parti correlate sono soggette alla disciplina, anche se la tecnica legislativa
prescelta, tramite le eccezioni, lascia ben pochi spazi scoperti. Adesso vedremo
quindi l’ambito oggettivo di applicazione della normativa.
3. Tutte le operazioni con parti correlate sono oggetto della presente disciplina;
nell’ambito di queste il regolamento indica nell’allegato 3I le dimensioni
minime per essere considerate rilevanti. Nulla vieta che le procedure interne si
avvalgano di criteri più stringenti. Oltre a criteri quantitativi la norma si
estende anche alle operazioni anomale o inusuali.
Per la definizione generale di operazione con parti correlate il regolamento
rinvia allo stesso principio contabile IAS 24: “…è un trasferimento di risorse,
servizi e obbligazioni fra parti correlate indipendentemente dal fatto che sia
stato pattuito un corrispettivo.” Segue una serie di esempi, impostati su
imprese industriali e commerciali piuttosto che su intermediari, utili
ugualmente a comprendere l’ambito della norma: “…a) acquisti e vendite di
beni (finiti e semilavorati); b) acquisti e vendite di immobili e altre attività; c)
prestazione e ottenimento di servizi; d) leasing; …”
Come si può costatare è ben difficile che un qualunque contratto con parti
correlate sfugga alla definizione molto ampia che ne dà lo IAS 24.
L’individuazione della categoria di operazioni rilevanti si basa su elementi di
ordine quantitativo e si presenta di facile lettura. I criteri quantitativi elencati
nell’allegato 3I sono di cinque tipi.
La misura di riferimento è costituita sempre dalla stessa percentuale (il 5%),
sono diverse le grandezze sulle quali viene applicata.
(a) Indice di rilevanza del controvalore
E’ costituito dal rapporto tra il controvalore dell’operazione e la capitalizzazione
media degli ultimi 6 mesi delle azioni della società. E’ un indice elastico:
all’aumentare o abbassarsi delle quotazioni l’operazione può acquisire o
perdere le caratteristiche di rilevanza.
Inoltre il controvalore dell’operazione stessa può essere variabile. In tal caso la
norma suggerisce alcuni criteri.
Nulla quaestio per pagamenti in contanti, ma se tutto o parte del controvalore
è costituito da strumenti finanziari, si applicherà agli stessi il fair value
determinato secondo i principi contabili internazionali.
Qualora il controvalore non sia determinabile perché determinato da elementi
non ancora noti, si prenderà il valore massimo previsto dagli accordi.
Qualora sussistano le due circostanze di un controvalore non determinabile e
dell’impossibilità di applicare altri criteri, l’operazione deve essere considerata
comunque rilevante.
Qualora non sia possibile stabilire la capitalizzazione di borsa della società
(trattandosi, ad esempio, di azioni non quotate e semplicemente diffuse tra il
pubblico), si prenderà a parametro il patrimonio netto della società
(consolidato, ove esistente); operazione che potrebbe abbassare anche di
molto i valori.
(b) Indice di rilevanza dell’attivo
E’ un indice applicabile nel caso di acquisto o cessione di partecipazioni o di
altre attività, quale, ad esempio, l’azienda.
E’ costituito dal rapporto tra il totale attivo dell’entità oggetto dell’operazione e
il totale attivo della società. Anche in questo caso, ove disponibile, si ricorre al
bilancio consolidato.
Qualora la società già possieda parte del capitale dell’entità e l’operazione
comporti una modifica dell’area di consolidamento, si prenderà a parametro
l’intero attivo dell’entità.
Quando l’acquisizione o cessione di partecipazioni non incida sull’area di
consolidamento, i valori di riferimento saranno:
(i) in caso di acquisizione, il controvalore dell’operazione maggiorato delle
passività della società acquisita eventualmente assunte dall’acquirente;
(ii) in caso di cessione, il valore dell’attività ceduta.
(c) Indice di rilevanza degli utili
E’ costituito dal rapporto tra gli utili ante imposte attribuiti all’entità acquisita e
lo stesso tipo di utili della società. I dati si riferiscono all’ultimo bilancio
approvato (consolidato, se esistente).
(d) Indice di rilevanza delle passività
E’ costituito dal rapporto tra il totale delle passività dell’entità acquisita e il
totale dell’attivo della società. Anche in questo caso i dati si riferiscono o sono
tratti dall’ultimo bilancio (eventualmente consolidato).
(e) Indice di rilevanza di acquisti e vendite di beni e servizi
E’ costituito dal rapporto tra il corrispettivo dell’operazione e i ricavi della
società.
Nel caso delle operazioni relative a servizi d’investimento (contratto di
collocamento, contratto di esecuzione degli ordini, contratti di gestione, etc)
non sembra facile determinare a priori in tutti i casi quelli che possono essere i
corrispettivi. In alcune circostanze (collocamento di strumenti finanziari ben
definiti numericamente) si potranno fissare dei valori massimi.
Il criterio con ogni probabilità applicato sarà sempre l’indice di rilevanza del
controvalore e molto spesso l’operazione sarà rilevante per il semplice fatto
che non sarà possibile fissare un tetto massimo al controvalore dell’operazione.
Ad esempio quando si concluderà un contratto di esecuzione degli ordini
raccolti, sarà impossibile conoscere a priori il controvalore totale delle
operazioni che saranno compiute nel corso dell’anno. Certo sarà sempre
possibile mettere un tetto massimo, ma se da un lato vorrà dire che il
raccoglitore degli ordini (e di conseguenza i suoi clienti) ne avrà un beneficio;
dall’altro l’esecutore vedrà diminuiti i propri compensi o, addirittura, dovranno
essere considerati azzerati superata una soglia predeterminata.
Sulla base della prassi contrattuale prevalente oggi, sembra di potere
affermare che la totalità dei contratti d’investimento con parti correlate in
vigore è nel campo di applicazione della normativa in oggetto; una buona parte
di questi potrà anche essere considerata rilevante.
La norma ci suggerisce anche un secondo criterio quantitativo: una soglia più
bassa l’1% su almeno uno degli indici indicati sopra, circoscrivendo però il tipo
di soggetti interessati.
Si tratta di quattro categorie di operazioni individuate secondo i soggetti che vi
partecipano. In breve si tratta dei soggetti controllanti o a questi correlati.
Riportiamone l’elenco con poche annotazioni:
- operazioni concluse con
(a) società o enti che esercitano attività di direzione e coordinamento o con
soggetti a quest’ultimi correlati che risultino a loro volta correlati alle società (il
concetto di correlazione è esteso fino a correlazioni di secondo livello; quello
che viene colpito è l’esercizio del controllo, attraverso la forma della direzione e
coordinamento di gruppo, anche attraverso soggetti non direttamente in
rapporto di controllo con l’entità);
(b) società controllanti quotate o con soggetti a quest’ultime correlati che
risultino a loro volta correlati alla società (ulteriore estensione della
correlazione, con particolare riguardo alle società quotate);
(c) soggetti controllanti o soggetti a questi ultimi correlati che risultino a loro
volta correlati alle società, qualora la società abbia emesso azioni a voto
limitato o senza diritto di voto quotate in mercati regolamentati o diffuse tra il
pubblico in misura rilevante (anche in questo caso diviene rilevante la
quotazione o la diffusione tra il pubblico di azioni con accento specifico sul fatto
che il voto sia limitato o assente);
(d) soggetti controllanti o soggetti a questi ultimi correlati che risultino a loro
volta correlati alla società, qualora lo statuto della società preveda limiti al
possesso azionario o al diritto di voto (sembra il caso delle banche popolari, ma
anche di altre società, quando non siano quotate).
L’abbassamento della soglia di rilevanza sembra indicare una maggiore
rischiosità di queste ultime fattispecie o se si preferisce dei soggetti ivi citati e
quindi la necessità di un maggiore controllo da parte del mercato e dell’autorità
di vigilanza.
Non basta ancora. L’articolato prevede anche una norma di chiusura relativa a
operazioni atipiche e anomale. Queste sono in ogni caso soggette alla
procedura. Limitando l’analisi al campo dei servizi d’investimento non
dovremmo incorrere in operazioni anomale o inusuali stante la stretta
regolamentazione del settore che per forza di cose porta a una forte
tipizzazione contrattuale.
4. La tecnica scelta dalla Consob per intervenire in materia è abbastanza
inusuale per l’Italia. Non viene indicata un’unica via o procedura, ma è lasciata
libertà alle società di scegliere una propria opzione. In relazione all’opzione
scelta, sono fissati i contenuti minimi della procedura. Quello che viene
imposto è l’obbligo di disciplinare con procedure interne tutta la materia. A
questo intervento di natura procedurale, si aggiunge poi un intervento di
natura “divulgativa” imponendo la trasparenza sulle operazioni compiute.
I consigli d’amministrazione delle società devono adottare procedure in materia
che consentano di rispettare i criteri di trasparenza e correttezza. La norma si
limita a indicare il contenuto minimo delle procedure, ma lascia libere le
società di organizzarsi come reputano meglio.
Dette procedure operano su due livelli. Il primo, più generico, riguarda tutte le
operazioni concluse con parti correlate indipendentemente dalla loro rilevanza;
il secondo riguarda le operazioni rilevanti e si presenta necessariamente più
severo.
I punti “minimi” di tali procedure sono (art.x2):
a) l’individuazione delle parti correlate e delle operazioni oggetto della
procedura (attività propedeutica);
b) le modalità con le quali si istruiscono e si approvano le predette operazioni;
regole specifiche dovranno essere fissate per le operazioni da effettuare
tramite società controllate (procedura istruttoria);
c) le informazioni e la documentazione da fornire agli organi che dovranno
decidere e successivamente agli organi di amministrazione e controllo (attività
istruttoria e di controllo);
d) modalità e tempi di fornitura di quanto previsto al punto precedente
(tempistica).
Il regolamento detta gli elementi essenziali della procedura lasciando ampi
spazi discrezionali; entra più decisamente nel merito delle modalità della sua
approvazione. Tali modalità possono essere di tale rilevanza da richiedere la
modifica dello statuto da effettuarsi con assemblea straordinaria. Il punto più
importante è definito dal regolamento come “un ruolo determinante”, senza
ulteriori specificazioni, che debba essere svolto da un comitato di
amministratori indipendenti; se vi è un solo amministratore indipendente,
costui dovrà svolgere un ruolo determinante (da solo) In mancanza di
amministratori indipendenti, il ruolo determinante dovrà essere svolto
dall’organo di controllo. Non è chiaro in cosa consista questo ruolo
determinante, ma non è fuori luogo interpretare che sia almeno richiesto il
voto favorevole di costoro. Naturalmente si può andare oltre e ritenere che a
costoro spetti anche la proposta delle condizioni dell’operazione.
L’organo di controllo dovrà inoltre vigilare sulla conformità alla legge delle
procedure adottate. Questa è un’incongruenza della norma qualora l’organo di
controllo abbia proposto la procedura.
Da notare il particolare rigore della norma che impone l’immediata
pubblicazione della procedura sul sito internet della società e il suo inserimento
nella relazione annuale.
5. Abbiamo accennato sopra alla singolare tecnica legislativa della Consob di
lasciare libertà di scegliere la procedura ritenuta più idonea alla società, ma di
imporne i contenuti e anche altri aspetti. Questo comporta qualche difficoltà
all’interprete nella lettura del regolamento pieno di condizioni e di opzioni. Il
regolamento ha disciplinato diverse ipotesi, in qualche caso l’una alternativa
all’altra:
1 – Operazioni rilevanti con parti correlate
2 – Operazioni non rilevanti con parti correlate
3 – Disciplina specifica per determinate tipologie di società
4 – Operazioni di competenza assembleare
5 – Casi di esclusione
6 – Casi particolari
Le società interessate hanno l’opzione di adottare un’unica procedura sia per le
operazioni rilevanti sia per quelle non rilevanti; oppure in alternativa possono
adottarne una per ognuna delle due situazioni. Quello che rimane diverso tra le
due fattispecie e la modalità e periodicità di comunicazione al pubblico delle
operazioni con parti correlate.
Sono poi previste discipline specifiche in relazione ai soggetti o particolari
fattispecie.
6. Al precedente punto 4) abbiamo visto gli elementi base della procedura per
tutte le operazioni con parti correlate, indipendentemente dalla loro rilevanza.
Nel caso queste operazioni acquistino la caratteristica di rilevanza secondo i
parametri indicati al punto 3), le procedure interne richiedono ulteriori elementi
di “trasparenza e di correttezza sostanziale”. Le operazioni possono essere
decise, per legge o statuto, o dal consiglio o dall’assemblea. Entrambi i casi
richiedono procedure con requisiti minimi. Questi elementi sono in qualche
modo parametrati alle diverse situazioni che possono presentarsi in concreto.
In primo luogo e per tutti i casi la competenza a deliberare è del consiglio di
amministrazione o, nel caso la decisione sia delegabile, a un comitato ristretto
composto da amministratori indipendenti.
Nel caso di competenza dell’intero consiglio, un ruolo determinante dovrà
essere svolto dagli amministratori indipendenti nella fase di conduzione della
trattativa, dell’istruttoria e anche della decisione; qualora la materia non sia
delegabile a un comitato ristretto di amministratori indipendenti, quanto meno
dovrà essere richiesto un parere preventivo.
Quando la decisione è delegata a un comitato ristretto di amministratori
indipendenti, questi partecipa alla trattativa e all’istruttoria, con facoltà di
delegare il tutto a uno o più dei propri membri.
In ogni caso gli amministratori indipendenti possono farsi assistere da
consulenti indipendenti che abbiano le loro stesse caratteristiche
d’indipendenza.
Quando vi sia un solo amministratore indipendente, a costui spetta di
partecipare alla trattativa, all’istruttoria e di decidere o esprimere un parere
preventivo, in breve di compiere tutti gli atti che sarebbero stati riservati a un
comitato di amministratori indipendenti.
Oltre a queste previsioni per specifiche fattispecie, sono dettate alcune regole
valide per tutti i casi.
Nella documentazione dell’istruttoria deve essere posto l’accento sull’interesse
della società al compimento dell’operazione, la sua convenienza e la
correttezza delle condizioni. Nel caso si ritengano le condizioni dell’operazione
pari a quelle standard di mercato in relazione alla natura e al rischio
dell’operazione, la documentazione istruttoria dovrà fornire oggettivi elementi
di riscontro.
Inoltre le informazioni complete e adeguate dovranno essere fornite con
congruo anticipo all’organo competente a decidere e in ogni caso il consiglio di
amministrazione
dovrà
essere
informato
almeno
trimestralmente
dell’esecuzione delle operazioni. Infine dovrà essere disciplinata l’ipotesi di
totale assenza di consiglieri indipendenti che non abbiano alcun interesse
nell’operazione. Come abbiamo visto al punto 4), in questo caso il ruolo
determinante spetta all’organo di controllo.
Tutte le operazioni rilevanti con parti correlate devono poi essere riportate
nelle relazioni periodiche che la società indirizzi al mercato, dalla relazione
sulla gestione alla relazione trimestrale.
E’ inoltre prevista una comunicazione immediata al mercato quando venga
effettuata un’operazione rilevante. Nel caso dei servizi d’investimento è difficile
pensare a una singola operazione che superi la soglia di rilevanza. Non può
però escludersi che nell’arco dei 12 mesi la somma di tante piccole operazioni
con parti correlate superi la soglia di rilevanza facendo scattare tutti gli
obblighi conseguenti. Si hanno quindi una forma di comunicazione immediata e
una periodica, quasi di richiamo agli investitori.
7. Il regolamento dà facoltà di avere un’unica procedura per le operazioni con
parti correlate, siano queste operazioni rilevanti o non rilevanti. Dà però libertà
di avere anche due procedure secondo i casi. In realtà non si comprende
l’utilità di avere una doppia procedura per le due tipologie di operazioni,
quando gli elementi richiesti per l’una e l’altra sono sostanzialmente uguali.
Rimangono fermi difatti il parere, definito previo, ma apparentemente
vincolante degli amministratori indipendenti, la possibilità di avvalersi di un
esperto indipendente, la necessità di una documentata e motivata relazione
sugli stessi elementi e con le caratteristiche richieste per le operazioni rilevanti,
la documentazione consegnata con un congruo anticipo e l’informazione
trimestrale al consiglio. Vi può essere un qualche dettaglio di semplificazione,
ma non è incisivo più di tanto.
In entrambi i casi dovranno pure essere predisposte procedure per le società
controllate.
8. Il regolamento entra poi in casi specifici nei quali possono rientrare gli
intermediari abilitati.
Viene consentito di applicare la norma relativa alle operazioni con parti
correlate anche alle operazioni rilevanti con parti correlate (in sostanza si
unificano le due procedure sul livello più basso di impegno) alle a) società con
azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante; b) società quotate di minori
dimensioni; c) società di recente quotazione.
Le società con azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante sono già definite
altrove.
Quelle di minori dimensioni vengono individuate dalla Consob mediante
l’accertamento di una capitalizzazione non superiore a 500 milioni con
riferimento all’esercizio 2007. Si può perdere detta qualifica o acquistarla se si
supera o si scende sotto detta soglia per tre anni consecutivi. Una volta persa
detta qualifica bisogna adeguarsi alla diversa disciplina entro 90 giorni.
Le società di recente quotazione rimangono tali dalla data di quotazione fino
alla data di approvazione del bilancio relativo al secondo esercizio successivo
alla quotazione. In pratica meno di tre anni dalla data di quotazione. Trascorso
tale periodo, la società di nuova quotazione diviene o una società di ridotte
dimensioni o si applica a pieno la normativa.
Abbastanza singolare è la previsione di una competenza assembleare. Nel caso
lo statuto o la legge richiedano la competenza assembleare in merito alle
operazioni con parti correlate, la procedura dovrà prevedere che nella fase
istruttoria siano rispettate le previsioni viste ai punti precedenti nel caso di
competenza del consiglio d’amministrazione.
La delibera assembleare dovrà inoltre prevedere quorum tali da escludere che
le parti correlate o soggetti a queste correlate possano determinare il voto
dell’assemblea. Questi soggetti potranno essere esclusi dal voto, anche se
potrà essere previsto un quorum minimo affinché la delibera sia valida.
In alternativa alle procedure assembleari viste sopra, potrà essere previsto il
rispetto di tutta la normativa prevista per operazioni rilevanti con parti
correlate, in particolare nella fase di trattativa, di istruttoria, di approvazione
della proposta da sottoporre all’assemblea e alla sua convocazione.
Questa seconda alternativa consente una maggiore libertà di manovra e
probabilmente sarà privilegiata dagli operatori.
L’applicazione della normativa può essere esclusa quando le operazioni
vengano svolte con società controllate nelle quali non vi siano interessi di terzi,
né azionari né partecipativi né legati a particolari forme di remunerazione.
Le procedure potranno inoltre individuare operazioni di importo esiguo alle
quali non applicare la normativa.
La norma consente di assumere delibere quadro. Naturalmente dovranno
essere previste nelle procedure delle società e dovranno rispettare almeno i
seguenti requisiti:
a) il rispetto del principio di trasparenza e di tutte le disposizioni relative al
contenuto della delibera e della sua divulgazione viste in precedenza;
b) validità non superiore a un anno, riferite a operazioni determinate,
l’ammontare prevedibile delle operazioni e le loro motivazioni;
c) comunicazione completa e adeguata al consiglio almeno una volta al
trimestre.
Si possono escludere dalle procedure le operazioni di importo esiguo, con
società partecipate e in esecuzione di piani di compensi ex art.114 bis del TUF.
Sono previste norme anche per il sistema duale, ma, visto lo scarso successo
che sta riscuotendo attualmente, non è il caso di esaminarlo in questa sede.
9. Una volta delimitato l’ambito di operatività della futura normativa, bisogna
aggiungere che essa riguarderà tutti gli intermediari quotati e anche quelli con
strumenti finanziari diffusi. Riguarderà anche i loro controllanti e controllati.
Coinvolgerà pertanto una buona parte del sistema bancario italiano, con tutte
le controllate e collegate e anche oltre, sia mediante il concetto di correlate
delle correlate sia mediante entità individuate in base ai criteri abbastanza
discrezionali visti sopra. Si può ritenere che solo qualche intermediario
indipendente o comunque a conduzione e proprietà familiare sarà indenne dalla
normativa. In qualche misura questo creerà una disparità di trattamento più
verso i clienti che tra gli intermediari stessi, in quanto chi sarà soggetto alla
normativa sulle parti correlate avrà maggiori obblighi di trasparenza e
procedure di decisione più complesse, ma anche comunicate al mercato e
quindi darà maggiori garanzie alla propria clientela. Potremmo anche avere la
conseguenza che la trasparenza richiesta porti a non concludere alcuni
contratti con parti correlate, ma con terzi, proprio perché la pubblicità delle
condizioni svilupperà una maggiore concorrenza tra intermediari e li esporrà
agli attacchi (commerciali) di terze parti che disporranno di informazioni
pubbliche per formulare la loro offerta. Sarà anche una situazione di grave
imbarazzo per i consiglieri indipendenti o comunque per quanti dovranno
assumere decisioni al riguardo e che potrebbero trovarsi nella necessità di
tornare sulle proprie decisioni una volta che qualcuno si presenti con offerte
migliorative delle condizioni ottenute con le parti correlate. Le conseguenze
potrebbero essere veramente interessanti per tutto il mercato, con margini
sempre più ridotti e una selezione molto pesante tra gli intermediari.
Un’applicazione rigorosa della normativa potrebbe portare a decisioni anche
drastiche dei gruppi polifunzionali di dismettere alcune attività perché divenute
troppo captive e di fatto non gestibili con profitto sulla base della normativa in
oggetto. Naturalmente tutte queste sono supposizioni a tavolino. Può accadere
benissimo che il mercato si chiuda in una difesa dello status quo per timore del
cambiamento. Quando la normativa sarà a pieno regime, ne valuteremo gli
effetti. Per il momento vediamo alcune ipotesi concrete.
9.1. Nel caso della best execution il mercato si sta orientando verso l’esecutore
o negoziatore di casa. Chissà perché le condizioni di esecuzione degli ordini del
proprio broker di famiglia sono le migliori sul mercato. La scelta del broker
casalingo sarà stata fatta con tutti i requisiti di legge, ma, bisogna aggiungere,
sul punto non risulta che sia stata fatta un’eccessiva trasparenza. Le
motivazioni della scelta sono rimaste nei verbali di qualche consiglio, senza
avere pubblicità. Nei documenti pubblici le motivazioni sono molto generiche e
vaghe. Le procedure di selezione sono state alquanto sommarie, non si è dato
luogo a una vera e propria gara, non sono stati sentiti esperti del settore, non
hanno deciso i consiglieri indipendenti, etc. Con la nuova normativa tutte
queste procedure andranno riviste. Occorrerà paragonare le proposte del
proprio broker con quelle del mercato, valutarne l’affidabilità, la capacità
paragonate con i concorrenti. Allora risulterà molto più difficile far prevalere il
broker di casa, se non a condizioni veramente più favorevoli per la clientela.
Ovviamente gli intermediari cercheranno un’escamotage per riuscire a evitare
una procedura così complessa e tanta pubblicità. Al riguardo si può sostenere
che laddove il contratto sia tra il raccoglitore d’ordini e il broker è richiesta la
procedura delle parti correlate, ma se il contratto sia stipulato tra il cliente e il
broker, il raccoglitore d’ordine viene a essere il collocatore di un servizio
d’investimento altrui. Il cliente ha il rapporto diretto col broker e quindi non vi
è più bisogno di una procedura di parte correlate. Qualora questa fosse la via
prescelta, sarebbe bene fornire al cliente la scelta fra almeno due esecutori o
broker. In questo modo cambierebbero e di parecchio le procedure interne sia
del raccoglitore sia del broker. Si pensi solo ai problemi di identificazione della
clientela, alla gestione dei conti terzi, alla rendicontazione e via dicendo che
passerebbero dall’uno all’altro. Naturalmente tutto questo nel presupposto che
una nuova configurazione procedurale e dei rapporti contrattuali porti
effettivamente a evitare l’applicazione della normativa. Qualora invece si
ritenga che anche configurando il rapporto diretto cliente ed esecutore si resti
nell’ambito di un contratto tra parti correlate, dovranno essere ugualmente
adottate tutte le procedure viste sopra. E anche questa è un’ipotesi più che
difendibile, poiché le regole sulle operazioni con parti correlate si applicano
anche quando non v’è corrispettivo economico, quindi anche nel caso in cui
l’accordo di collocamento del servizio di esecuzione degli ordini non preveda
alcuna remunerazione del collocatore.
9.2. Stessa cosa è a dirsi per i contratti di distribuzione tra collocatore e
produttore, che poi sfociano in un contratto di collocamento con la clientela. Si
dovrà applicare la normativa sulle parti correlate? In questa caso la fattispecie
è ulteriormente complicata dalla normativa dell’inducement. In effetti il
collocamento viene pagato dall’emittente, anche se il servizio dovrebbe essere
svolto nell’interesse del cliente. E’ molto difficile elaborare una procedura che
eviti un contratto tra produttore e collocatore, salvo che non si arrivi a
ipotizzare che il collocamento sia pagato direttamente dal cliente (caso di
scuola di difficile realizzazione.) Anche in questa ipotesi avremo una maggiore
trasparenza.
Si può pensare che, per evitare l’apertura del proprio mercato alla
concorrenza, la politica commerciale del gruppo sia quella di privilegiare o di
distribuire in esclusiva i prodotti del gruppo.
Una scelta di esclusiva di gruppo sarà ancora possibile nell’ambito della politica
commerciale dell’intermediario. Questa però presenterà molti limiti. In primo
luogo richiederà comunque la procedura di parti correlate e questo metterà in
una situazione critica i consiglieri indipendenti o coloro che dovranno prendere
la decisione, salvo che non si rientri in un caso di esenzione. La decisione di
operare solo con prodotti del gruppo dovrà essere presa dall’intero consiglio. Si
tratta in fondo di una impostazione di politica generale (di natura commerciale)
che non richiede una contrattualizzazione immediata, ma deve poi essere
attuata caso per caso con decisioni prese dai consiglieri indipendenti. Una volta
stabilita la politica commerciale, gli amministratori indipendenti dovranno
verificare le condizioni di mercato, chiedere il parere di esperti, condurre le
trattative ed elaborare un contratto che, benché incanalato da una decisione di
carattere generale del consiglio, dovrà pur sempre raffrontarsi con una
situazione di mercato, anche in considerazione della pubblicità alla quale sarà
soggetto. L’unico modo di sottrarsi alla procedura di parti correlate sarà quello
di un contratto tra l’intermediario e una sua controllata nella quale siano
totalmente assenti interessi di terzi, anche di manager della capogruppo.
Ipotesi questa già abbastanza rara, comunque possibile, che avrà l’effetto
positivo di incentivare l’indipendenza della controllata nei confronti della
controllante.
Nel caso di collocamento di prodotti propri insieme a prodotti di terzi è chiaro
che la procedura delle parti correlate richiederà che i contratti di gruppo siano
in linea con i contratti di terzi per evidenti ragioni.
9.3. La stessa situazione si ripeterà per tutti gli altri contratti relativi a servizi
d’investimento, dalla gestione alla consulenza.
Soprattutto nell’ambito della gestione sia di fondi sia di patrimoni individuali, la
procedura di trasparenza prevista per l’assegnazione dell’incarico a una parte
correlata potrà portare a una maggiore apertura del mercato e alla forte
riduzione delle trattative e delle controparti captive. Questo potrà avere un
pesante effetto nei riguardi di strutture consortili tra più banche e anche
all’interno dello stesso gruppo, quando i consiglieri indipendenti saranno
obbligati a fare raffronti col mercato per quanto riguarda la qualità del lavoro e
il costo del servizio. In effetti, questo è il vero scopo della normativa sulle parti
correlate: evitare le rendite di posizione, il trasferimento di ricchezza
immotivato da un soggetto all’altro, favorire la concorrenza. In difficoltà
finiranno anche i manager con robusti premi legati ai rendimenti di operazioni
connesse col gruppo di appartenenza. Questi ricavi si ridurranno determinando
la ricerca di clienti alternativi al proprio gruppo e costringendo ognuno a
invadere il territorio di caccia del vicino.
9.4. Sulla consulenza l’effetto che potranno avere le procedure di parti
correlate saranno ancora più efficaci. La base della consulenza è
l’indipendenza, l’autonomia. E’ evidente che quanto più saranno indipendenti
coloro che dovranno valutare il valore dei consulenti, tanto più dovrebbero
emergere i migliori. I gruppi si troveranno nella necessità di motivare le
selezioni dei consulenti d’investimento in tutte le operazioni e situazioni che
andranno ad affrontare e questo potrebbe favorire e di parecchio la scelta di
gestori indipendenti e soprattutto staccati da logiche di gruppo. L’insieme
dovrebbe migliorare in misura rilevante la frontiera dell’efficienza degli
investimenti.
10. Da ultimo ci siamo proposti di esaminare la correlazione tra le normative
dei titoli illiquidi, così come disciplinata nel documento di consultazione della
Consob, e delle parti correlate. In qualche modo si può dire che si tratti di
discipline concorrenti e che, essendo basate sulla trasparenza, portano agli
stessi risultati. Ad esempio, la disciplina della politica commerciale prevista per
i titoli illiquidi, riprende alcune situazioni indicate nella disciplina delle parti
correlate, specie in materia di budget, incentivi e tutti gli altri strumenti che in
passato hanno spesso determinato una situazione di danno per il cliente,
perché al suo interesse sono stati anteposti quelli dell’azienda o del gruppo. La
politica di confronto di strumenti finanziari del gruppo e non del gruppo sempre
nella ricerca dell’interesse del cliente, mira agli stessi obiettivi: la ricerca del
prodotto o servizio migliore per sé o per il proprio cliente. In definitiva possono
quasi essere ritenuti sovrapposti.
Sotto questo profilo chi è sottoposto alla normativa delle parti correlate si
troverà ad avere svolto molte delle analisi richieste per le operazioni con titoli
illiquidi. Già nella definizione delle politiche commerciali, chi opera con parti
correlate avrà una serie di dati che possono fargli concludere con tranquillità
che le operazioni proposte sono nell’interesse del cliente. Così come la ricerca
del derivato migliore sarà stata fatta per le proprie operazioni. Il sistema quindi
si chiude nella completa applicazione delle norme di trasparenza. Forse,
considerato che diverse discipline vanno a incidere gli stessi soggetti e le
stesse situazioni, sarà bene concludere tutte le consultazioni in corso col
coordinamento tra le diverse normative.