La disciplina delle parti correlate alla luce della normativa MiFID terzo livello, di Fabrizio Tedeschi, Docente di Gestione Aziendale, Università di Parma SOMMARIO 1. Ratio delle due discipline e aree di sovrapposizione; 2. Ambito di applicazione soggettivo; 3. Ambito di applicazione oggettivo: le operazioni; 4. Tecniche di regolazione; 5. Le diverse opzioni regolamentari; 6. Le operazioni rilevanti con parti correlate; 7. Le operazioni non rilevanti; 8. Disciplina per casi specifici; 9. Casi pratici di applicazione; 9.1. Segue. La Best execution; 9.2. Segue. Il collocamento; 9.3. Segue. La gestione individuale; 9.4. Segue. La consulenza; 10. La disciplina dei titoli illiquidi e delle parti correlate. 1. Le ratio della normativa MiFID e di quella sulle operazioni con parti correlate differiscono notevolmente, anzi possono proprio apparire divergenti. La MiFID ha come scopo fondamentale la tutela dei clienti di intermediari abilitati e dei mercati finanziari in generale, attraverso i principi di correttezza e trasparenza. La normativa sulle operazioni con parti correlate tende a evitare la spoliazione dei beni aziendali a favore degli azionisti di controllo o comunque di singoli azionisti in specifiche situazioni di governo della società o anche semplicemente di manager a danno della società stessa in prima battuta e degli azionisti di minoranza come soggetto finale, sempre attraverso i principi di trasparenza e correttezza. I principi di trasparenza e correttezza sono gli stessi mentre i soggetti e beni tutelati sono diversi; i soggetti possono coincidere, perché gli investitori tramite intermediari abilitati (quindi i clienti) finiscono spesso per divenire azionisti di minoranza di società quotate. Oltre alla coincidenza di soggetti tutelati, vi può essere una sovrapposizione delle due normative laddove una stessa società sia intermediario abilitato e si trovi nelle condizioni di applicazione della normativa sulle parti correlate. In sostanza una banca quotata o con strumenti finanziari diffusi si troverà soggetta a entrambe le normative, con tutte le conseguenze del caso. 2. Le operazioni con parti correlate sono individuate attraverso due elementi: uno soggettivo (caratteristiche dei soggetti), l’altro oggettivo (caratteristiche delle operazioni). In breve la normativa in oggetto si applica a operazioni compiute da specifici soggetti. Quali sono questi soggetti? Le società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati ovvero con azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante (vedremo in seguito con quali eccezioni e differenze). Alla stessa stregua le norme si applicano alle società da questi controllate. Oggetto delle norme sono le operazioni con le parti correlate di detti soggetti. Le parti correlate sono definite per relationem. La norma rinvia allo IAS 24 e quindi ogni modifica del principio contabile inciderà sull’ambito di applicazione della normativa. Per praticità ci limitiamo a una mera elencazione dei diversi tipi di parte collegata previsti dalla normativa internazionale. Per “parte correlata” s’intende un’entità se: (a) direttamente o indirettamente, attraverso uno o più intermediari, la parte: (i) controlla l’entità, ne è controllata, oppure è soggetta al controllo congiunto ( ivi incluse le entità controllanti, le controllate e le consociate); (ii) detiene una partecipazione nell’entità tale da poter esercitare un’influenza notevole su quest’ultima; o (iii) controlla congiuntamente l’entità; (b) la parte è una società collegata (secondo la definizione dello IAS 28 Partecipazioni in società collegate) dell’entità; (c) la parte è una joint venture in cui l’entità è una partecipante (vedere IAS 31 Partecipazioni in joint venture) (d) la parte è uno dei dirigenti con responsabilità strategiche dell’entità o la sua controllante; (e) la parte è uno stretto familiare di uno dei soggetti di cui ai punti (a) o (d); (f) la parte è una entità controllata, controllata congiuntamente o soggetta a influenza notevole da uno dei soggetti di cui ai punti (d) o (e), ovvero tali soggetti detengono, direttamente o indirettamente, una quota significativa di diritti di voto; o (g) la parte è un fondo pensionistico per i dipendenti dell’entità, o di una qualsiasi altra entità a essa correlata. Ovviamente quasi ogni singola riga di questo elenco richiede una definizione. Procediamo quindi con le definizioni necessarie, tenendo conto che non hanno la precisione delle definizioni legislative e lasciano un ampio spazio di manovra all’operatore. Ad esempio, i familiari stretti sono “quei familiari che ci si attende possano influenzare, o essere influenzati, dal soggetto interessato nei loro rapporti con l’entità. Essi possono includere: (a) il convivente e i figli del soggetto; (b) i figli del convivente; e (c) le persone a carico del soggetto o del convivente.” Come si vede è un concetto di famiglia piuttosto informale e allargata. Dello stesso tenore, di piuttosto ampia interpretazione, sono anche le definizioni successive. “Il controllo è il potere di determinare le politiche finanziarie e gestionali di un’entità al fine di ottenerne i benefici dalla sua attività. Il controllo congiunto è la condivisione, stabilita contrattualmente, del controllo su un’attività economica. I dirigenti con responsabilità strategiche sono quei soggetti che hanno il potere e la responsabilità, direttamente o indirettamente, della pianificazione, della direzione e del controllo delle attività dell’entità, compresi gli amministratori (esecutivi o meno) dell’entità stessa. L’influenza notevole è il potere di partecipare alla determinazione delle politiche finanziarie e gestionali di un’entità senza averne il controllo. Un’influenza notevole può essere ottenuta attraverso il possesso di azioni, tramite clausole statutarie o accordi.” Come si vede sono tutti principi abbastanza aperti che dovranno essere ben meditati come vedremo dagli amministratori dell’entità. A questi si aggiunge il concetto di collegata, previsto dallo IAS 28 “Una società collegata è un’entità, anche senza personalità giuridica come nel caso di una partnership, in cui la partecipante detiene una influenza notevole e che non è né una controllata né una partecipazione a controllo congiunto.” Segue allo IAS 31 la definizione di joint venture: “Una joint venture è un accordo contrattuale con il quale due o più parti intraprendono un’attività economica sottoposta a controllo congiunto.” Anche queste definizioni non hanno il carattere della precisione e lasciano ampio spazio alla discrezionalità dell’interprete. Come se non bastasse, il secondo comma dell’art.x1 proposto invita le società a individuare “ulteriori soggetti” che possano essere classificati come parti correlate sulla base dei seguenti criteri: (a) assetti proprietari; (b) eventuali vincoli contrattuali rilevanti ai fini dell’art.2359, primo comma, n.3) (influenza dominante in virtù di particolari vincoli contrattuali); (c) discipline di settore eventualmente applicabili in materia. Si tratta di criteri molto estesi, soprattutto considerando che gli stessi sono già presenti negli IAS 24, 28 e 31. Deve evidentemente trattarsi di un’interpretazione allargata degli stessi principi. Una simile tecnica legislativa non giova alla certezza della norma, ma nello stesso tempo pone l’intermediario (e per lui i suoi amministratori) di fronte a precise responsabilità che non possono risolversi nell’ambito di un numero o di una situazione specifica, ma richiedono l’analisi molto accurata della situazione. La decisione non sarà priva di risvolti importanti una volta che si vada ad applicarla a situazioni concrete. Le operazioni tra i soggetti individuati secondo i criteri sopradescritti costituiscono operazioni con parti correlate. Non tutte le operazioni concluse tra parti correlate sono soggette alla disciplina, anche se la tecnica legislativa prescelta, tramite le eccezioni, lascia ben pochi spazi scoperti. Adesso vedremo quindi l’ambito oggettivo di applicazione della normativa. 3. Tutte le operazioni con parti correlate sono oggetto della presente disciplina; nell’ambito di queste il regolamento indica nell’allegato 3I le dimensioni minime per essere considerate rilevanti. Nulla vieta che le procedure interne si avvalgano di criteri più stringenti. Oltre a criteri quantitativi la norma si estende anche alle operazioni anomale o inusuali. Per la definizione generale di operazione con parti correlate il regolamento rinvia allo stesso principio contabile IAS 24: “…è un trasferimento di risorse, servizi e obbligazioni fra parti correlate indipendentemente dal fatto che sia stato pattuito un corrispettivo.” Segue una serie di esempi, impostati su imprese industriali e commerciali piuttosto che su intermediari, utili ugualmente a comprendere l’ambito della norma: “…a) acquisti e vendite di beni (finiti e semilavorati); b) acquisti e vendite di immobili e altre attività; c) prestazione e ottenimento di servizi; d) leasing; …” Come si può costatare è ben difficile che un qualunque contratto con parti correlate sfugga alla definizione molto ampia che ne dà lo IAS 24. L’individuazione della categoria di operazioni rilevanti si basa su elementi di ordine quantitativo e si presenta di facile lettura. I criteri quantitativi elencati nell’allegato 3I sono di cinque tipi. La misura di riferimento è costituita sempre dalla stessa percentuale (il 5%), sono diverse le grandezze sulle quali viene applicata. (a) Indice di rilevanza del controvalore E’ costituito dal rapporto tra il controvalore dell’operazione e la capitalizzazione media degli ultimi 6 mesi delle azioni della società. E’ un indice elastico: all’aumentare o abbassarsi delle quotazioni l’operazione può acquisire o perdere le caratteristiche di rilevanza. Inoltre il controvalore dell’operazione stessa può essere variabile. In tal caso la norma suggerisce alcuni criteri. Nulla quaestio per pagamenti in contanti, ma se tutto o parte del controvalore è costituito da strumenti finanziari, si applicherà agli stessi il fair value determinato secondo i principi contabili internazionali. Qualora il controvalore non sia determinabile perché determinato da elementi non ancora noti, si prenderà il valore massimo previsto dagli accordi. Qualora sussistano le due circostanze di un controvalore non determinabile e dell’impossibilità di applicare altri criteri, l’operazione deve essere considerata comunque rilevante. Qualora non sia possibile stabilire la capitalizzazione di borsa della società (trattandosi, ad esempio, di azioni non quotate e semplicemente diffuse tra il pubblico), si prenderà a parametro il patrimonio netto della società (consolidato, ove esistente); operazione che potrebbe abbassare anche di molto i valori. (b) Indice di rilevanza dell’attivo E’ un indice applicabile nel caso di acquisto o cessione di partecipazioni o di altre attività, quale, ad esempio, l’azienda. E’ costituito dal rapporto tra il totale attivo dell’entità oggetto dell’operazione e il totale attivo della società. Anche in questo caso, ove disponibile, si ricorre al bilancio consolidato. Qualora la società già possieda parte del capitale dell’entità e l’operazione comporti una modifica dell’area di consolidamento, si prenderà a parametro l’intero attivo dell’entità. Quando l’acquisizione o cessione di partecipazioni non incida sull’area di consolidamento, i valori di riferimento saranno: (i) in caso di acquisizione, il controvalore dell’operazione maggiorato delle passività della società acquisita eventualmente assunte dall’acquirente; (ii) in caso di cessione, il valore dell’attività ceduta. (c) Indice di rilevanza degli utili E’ costituito dal rapporto tra gli utili ante imposte attribuiti all’entità acquisita e lo stesso tipo di utili della società. I dati si riferiscono all’ultimo bilancio approvato (consolidato, se esistente). (d) Indice di rilevanza delle passività E’ costituito dal rapporto tra il totale delle passività dell’entità acquisita e il totale dell’attivo della società. Anche in questo caso i dati si riferiscono o sono tratti dall’ultimo bilancio (eventualmente consolidato). (e) Indice di rilevanza di acquisti e vendite di beni e servizi E’ costituito dal rapporto tra il corrispettivo dell’operazione e i ricavi della società. Nel caso delle operazioni relative a servizi d’investimento (contratto di collocamento, contratto di esecuzione degli ordini, contratti di gestione, etc) non sembra facile determinare a priori in tutti i casi quelli che possono essere i corrispettivi. In alcune circostanze (collocamento di strumenti finanziari ben definiti numericamente) si potranno fissare dei valori massimi. Il criterio con ogni probabilità applicato sarà sempre l’indice di rilevanza del controvalore e molto spesso l’operazione sarà rilevante per il semplice fatto che non sarà possibile fissare un tetto massimo al controvalore dell’operazione. Ad esempio quando si concluderà un contratto di esecuzione degli ordini raccolti, sarà impossibile conoscere a priori il controvalore totale delle operazioni che saranno compiute nel corso dell’anno. Certo sarà sempre possibile mettere un tetto massimo, ma se da un lato vorrà dire che il raccoglitore degli ordini (e di conseguenza i suoi clienti) ne avrà un beneficio; dall’altro l’esecutore vedrà diminuiti i propri compensi o, addirittura, dovranno essere considerati azzerati superata una soglia predeterminata. Sulla base della prassi contrattuale prevalente oggi, sembra di potere affermare che la totalità dei contratti d’investimento con parti correlate in vigore è nel campo di applicazione della normativa in oggetto; una buona parte di questi potrà anche essere considerata rilevante. La norma ci suggerisce anche un secondo criterio quantitativo: una soglia più bassa l’1% su almeno uno degli indici indicati sopra, circoscrivendo però il tipo di soggetti interessati. Si tratta di quattro categorie di operazioni individuate secondo i soggetti che vi partecipano. In breve si tratta dei soggetti controllanti o a questi correlati. Riportiamone l’elenco con poche annotazioni: - operazioni concluse con (a) società o enti che esercitano attività di direzione e coordinamento o con soggetti a quest’ultimi correlati che risultino a loro volta correlati alle società (il concetto di correlazione è esteso fino a correlazioni di secondo livello; quello che viene colpito è l’esercizio del controllo, attraverso la forma della direzione e coordinamento di gruppo, anche attraverso soggetti non direttamente in rapporto di controllo con l’entità); (b) società controllanti quotate o con soggetti a quest’ultime correlati che risultino a loro volta correlati alla società (ulteriore estensione della correlazione, con particolare riguardo alle società quotate); (c) soggetti controllanti o soggetti a questi ultimi correlati che risultino a loro volta correlati alle società, qualora la società abbia emesso azioni a voto limitato o senza diritto di voto quotate in mercati regolamentati o diffuse tra il pubblico in misura rilevante (anche in questo caso diviene rilevante la quotazione o la diffusione tra il pubblico di azioni con accento specifico sul fatto che il voto sia limitato o assente); (d) soggetti controllanti o soggetti a questi ultimi correlati che risultino a loro volta correlati alla società, qualora lo statuto della società preveda limiti al possesso azionario o al diritto di voto (sembra il caso delle banche popolari, ma anche di altre società, quando non siano quotate). L’abbassamento della soglia di rilevanza sembra indicare una maggiore rischiosità di queste ultime fattispecie o se si preferisce dei soggetti ivi citati e quindi la necessità di un maggiore controllo da parte del mercato e dell’autorità di vigilanza. Non basta ancora. L’articolato prevede anche una norma di chiusura relativa a operazioni atipiche e anomale. Queste sono in ogni caso soggette alla procedura. Limitando l’analisi al campo dei servizi d’investimento non dovremmo incorrere in operazioni anomale o inusuali stante la stretta regolamentazione del settore che per forza di cose porta a una forte tipizzazione contrattuale. 4. La tecnica scelta dalla Consob per intervenire in materia è abbastanza inusuale per l’Italia. Non viene indicata un’unica via o procedura, ma è lasciata libertà alle società di scegliere una propria opzione. In relazione all’opzione scelta, sono fissati i contenuti minimi della procedura. Quello che viene imposto è l’obbligo di disciplinare con procedure interne tutta la materia. A questo intervento di natura procedurale, si aggiunge poi un intervento di natura “divulgativa” imponendo la trasparenza sulle operazioni compiute. I consigli d’amministrazione delle società devono adottare procedure in materia che consentano di rispettare i criteri di trasparenza e correttezza. La norma si limita a indicare il contenuto minimo delle procedure, ma lascia libere le società di organizzarsi come reputano meglio. Dette procedure operano su due livelli. Il primo, più generico, riguarda tutte le operazioni concluse con parti correlate indipendentemente dalla loro rilevanza; il secondo riguarda le operazioni rilevanti e si presenta necessariamente più severo. I punti “minimi” di tali procedure sono (art.x2): a) l’individuazione delle parti correlate e delle operazioni oggetto della procedura (attività propedeutica); b) le modalità con le quali si istruiscono e si approvano le predette operazioni; regole specifiche dovranno essere fissate per le operazioni da effettuare tramite società controllate (procedura istruttoria); c) le informazioni e la documentazione da fornire agli organi che dovranno decidere e successivamente agli organi di amministrazione e controllo (attività istruttoria e di controllo); d) modalità e tempi di fornitura di quanto previsto al punto precedente (tempistica). Il regolamento detta gli elementi essenziali della procedura lasciando ampi spazi discrezionali; entra più decisamente nel merito delle modalità della sua approvazione. Tali modalità possono essere di tale rilevanza da richiedere la modifica dello statuto da effettuarsi con assemblea straordinaria. Il punto più importante è definito dal regolamento come “un ruolo determinante”, senza ulteriori specificazioni, che debba essere svolto da un comitato di amministratori indipendenti; se vi è un solo amministratore indipendente, costui dovrà svolgere un ruolo determinante (da solo) In mancanza di amministratori indipendenti, il ruolo determinante dovrà essere svolto dall’organo di controllo. Non è chiaro in cosa consista questo ruolo determinante, ma non è fuori luogo interpretare che sia almeno richiesto il voto favorevole di costoro. Naturalmente si può andare oltre e ritenere che a costoro spetti anche la proposta delle condizioni dell’operazione. L’organo di controllo dovrà inoltre vigilare sulla conformità alla legge delle procedure adottate. Questa è un’incongruenza della norma qualora l’organo di controllo abbia proposto la procedura. Da notare il particolare rigore della norma che impone l’immediata pubblicazione della procedura sul sito internet della società e il suo inserimento nella relazione annuale. 5. Abbiamo accennato sopra alla singolare tecnica legislativa della Consob di lasciare libertà di scegliere la procedura ritenuta più idonea alla società, ma di imporne i contenuti e anche altri aspetti. Questo comporta qualche difficoltà all’interprete nella lettura del regolamento pieno di condizioni e di opzioni. Il regolamento ha disciplinato diverse ipotesi, in qualche caso l’una alternativa all’altra: 1 – Operazioni rilevanti con parti correlate 2 – Operazioni non rilevanti con parti correlate 3 – Disciplina specifica per determinate tipologie di società 4 – Operazioni di competenza assembleare 5 – Casi di esclusione 6 – Casi particolari Le società interessate hanno l’opzione di adottare un’unica procedura sia per le operazioni rilevanti sia per quelle non rilevanti; oppure in alternativa possono adottarne una per ognuna delle due situazioni. Quello che rimane diverso tra le due fattispecie e la modalità e periodicità di comunicazione al pubblico delle operazioni con parti correlate. Sono poi previste discipline specifiche in relazione ai soggetti o particolari fattispecie. 6. Al precedente punto 4) abbiamo visto gli elementi base della procedura per tutte le operazioni con parti correlate, indipendentemente dalla loro rilevanza. Nel caso queste operazioni acquistino la caratteristica di rilevanza secondo i parametri indicati al punto 3), le procedure interne richiedono ulteriori elementi di “trasparenza e di correttezza sostanziale”. Le operazioni possono essere decise, per legge o statuto, o dal consiglio o dall’assemblea. Entrambi i casi richiedono procedure con requisiti minimi. Questi elementi sono in qualche modo parametrati alle diverse situazioni che possono presentarsi in concreto. In primo luogo e per tutti i casi la competenza a deliberare è del consiglio di amministrazione o, nel caso la decisione sia delegabile, a un comitato ristretto composto da amministratori indipendenti. Nel caso di competenza dell’intero consiglio, un ruolo determinante dovrà essere svolto dagli amministratori indipendenti nella fase di conduzione della trattativa, dell’istruttoria e anche della decisione; qualora la materia non sia delegabile a un comitato ristretto di amministratori indipendenti, quanto meno dovrà essere richiesto un parere preventivo. Quando la decisione è delegata a un comitato ristretto di amministratori indipendenti, questi partecipa alla trattativa e all’istruttoria, con facoltà di delegare il tutto a uno o più dei propri membri. In ogni caso gli amministratori indipendenti possono farsi assistere da consulenti indipendenti che abbiano le loro stesse caratteristiche d’indipendenza. Quando vi sia un solo amministratore indipendente, a costui spetta di partecipare alla trattativa, all’istruttoria e di decidere o esprimere un parere preventivo, in breve di compiere tutti gli atti che sarebbero stati riservati a un comitato di amministratori indipendenti. Oltre a queste previsioni per specifiche fattispecie, sono dettate alcune regole valide per tutti i casi. Nella documentazione dell’istruttoria deve essere posto l’accento sull’interesse della società al compimento dell’operazione, la sua convenienza e la correttezza delle condizioni. Nel caso si ritengano le condizioni dell’operazione pari a quelle standard di mercato in relazione alla natura e al rischio dell’operazione, la documentazione istruttoria dovrà fornire oggettivi elementi di riscontro. Inoltre le informazioni complete e adeguate dovranno essere fornite con congruo anticipo all’organo competente a decidere e in ogni caso il consiglio di amministrazione dovrà essere informato almeno trimestralmente dell’esecuzione delle operazioni. Infine dovrà essere disciplinata l’ipotesi di totale assenza di consiglieri indipendenti che non abbiano alcun interesse nell’operazione. Come abbiamo visto al punto 4), in questo caso il ruolo determinante spetta all’organo di controllo. Tutte le operazioni rilevanti con parti correlate devono poi essere riportate nelle relazioni periodiche che la società indirizzi al mercato, dalla relazione sulla gestione alla relazione trimestrale. E’ inoltre prevista una comunicazione immediata al mercato quando venga effettuata un’operazione rilevante. Nel caso dei servizi d’investimento è difficile pensare a una singola operazione che superi la soglia di rilevanza. Non può però escludersi che nell’arco dei 12 mesi la somma di tante piccole operazioni con parti correlate superi la soglia di rilevanza facendo scattare tutti gli obblighi conseguenti. Si hanno quindi una forma di comunicazione immediata e una periodica, quasi di richiamo agli investitori. 7. Il regolamento dà facoltà di avere un’unica procedura per le operazioni con parti correlate, siano queste operazioni rilevanti o non rilevanti. Dà però libertà di avere anche due procedure secondo i casi. In realtà non si comprende l’utilità di avere una doppia procedura per le due tipologie di operazioni, quando gli elementi richiesti per l’una e l’altra sono sostanzialmente uguali. Rimangono fermi difatti il parere, definito previo, ma apparentemente vincolante degli amministratori indipendenti, la possibilità di avvalersi di un esperto indipendente, la necessità di una documentata e motivata relazione sugli stessi elementi e con le caratteristiche richieste per le operazioni rilevanti, la documentazione consegnata con un congruo anticipo e l’informazione trimestrale al consiglio. Vi può essere un qualche dettaglio di semplificazione, ma non è incisivo più di tanto. In entrambi i casi dovranno pure essere predisposte procedure per le società controllate. 8. Il regolamento entra poi in casi specifici nei quali possono rientrare gli intermediari abilitati. Viene consentito di applicare la norma relativa alle operazioni con parti correlate anche alle operazioni rilevanti con parti correlate (in sostanza si unificano le due procedure sul livello più basso di impegno) alle a) società con azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante; b) società quotate di minori dimensioni; c) società di recente quotazione. Le società con azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante sono già definite altrove. Quelle di minori dimensioni vengono individuate dalla Consob mediante l’accertamento di una capitalizzazione non superiore a 500 milioni con riferimento all’esercizio 2007. Si può perdere detta qualifica o acquistarla se si supera o si scende sotto detta soglia per tre anni consecutivi. Una volta persa detta qualifica bisogna adeguarsi alla diversa disciplina entro 90 giorni. Le società di recente quotazione rimangono tali dalla data di quotazione fino alla data di approvazione del bilancio relativo al secondo esercizio successivo alla quotazione. In pratica meno di tre anni dalla data di quotazione. Trascorso tale periodo, la società di nuova quotazione diviene o una società di ridotte dimensioni o si applica a pieno la normativa. Abbastanza singolare è la previsione di una competenza assembleare. Nel caso lo statuto o la legge richiedano la competenza assembleare in merito alle operazioni con parti correlate, la procedura dovrà prevedere che nella fase istruttoria siano rispettate le previsioni viste ai punti precedenti nel caso di competenza del consiglio d’amministrazione. La delibera assembleare dovrà inoltre prevedere quorum tali da escludere che le parti correlate o soggetti a queste correlate possano determinare il voto dell’assemblea. Questi soggetti potranno essere esclusi dal voto, anche se potrà essere previsto un quorum minimo affinché la delibera sia valida. In alternativa alle procedure assembleari viste sopra, potrà essere previsto il rispetto di tutta la normativa prevista per operazioni rilevanti con parti correlate, in particolare nella fase di trattativa, di istruttoria, di approvazione della proposta da sottoporre all’assemblea e alla sua convocazione. Questa seconda alternativa consente una maggiore libertà di manovra e probabilmente sarà privilegiata dagli operatori. L’applicazione della normativa può essere esclusa quando le operazioni vengano svolte con società controllate nelle quali non vi siano interessi di terzi, né azionari né partecipativi né legati a particolari forme di remunerazione. Le procedure potranno inoltre individuare operazioni di importo esiguo alle quali non applicare la normativa. La norma consente di assumere delibere quadro. Naturalmente dovranno essere previste nelle procedure delle società e dovranno rispettare almeno i seguenti requisiti: a) il rispetto del principio di trasparenza e di tutte le disposizioni relative al contenuto della delibera e della sua divulgazione viste in precedenza; b) validità non superiore a un anno, riferite a operazioni determinate, l’ammontare prevedibile delle operazioni e le loro motivazioni; c) comunicazione completa e adeguata al consiglio almeno una volta al trimestre. Si possono escludere dalle procedure le operazioni di importo esiguo, con società partecipate e in esecuzione di piani di compensi ex art.114 bis del TUF. Sono previste norme anche per il sistema duale, ma, visto lo scarso successo che sta riscuotendo attualmente, non è il caso di esaminarlo in questa sede. 9. Una volta delimitato l’ambito di operatività della futura normativa, bisogna aggiungere che essa riguarderà tutti gli intermediari quotati e anche quelli con strumenti finanziari diffusi. Riguarderà anche i loro controllanti e controllati. Coinvolgerà pertanto una buona parte del sistema bancario italiano, con tutte le controllate e collegate e anche oltre, sia mediante il concetto di correlate delle correlate sia mediante entità individuate in base ai criteri abbastanza discrezionali visti sopra. Si può ritenere che solo qualche intermediario indipendente o comunque a conduzione e proprietà familiare sarà indenne dalla normativa. In qualche misura questo creerà una disparità di trattamento più verso i clienti che tra gli intermediari stessi, in quanto chi sarà soggetto alla normativa sulle parti correlate avrà maggiori obblighi di trasparenza e procedure di decisione più complesse, ma anche comunicate al mercato e quindi darà maggiori garanzie alla propria clientela. Potremmo anche avere la conseguenza che la trasparenza richiesta porti a non concludere alcuni contratti con parti correlate, ma con terzi, proprio perché la pubblicità delle condizioni svilupperà una maggiore concorrenza tra intermediari e li esporrà agli attacchi (commerciali) di terze parti che disporranno di informazioni pubbliche per formulare la loro offerta. Sarà anche una situazione di grave imbarazzo per i consiglieri indipendenti o comunque per quanti dovranno assumere decisioni al riguardo e che potrebbero trovarsi nella necessità di tornare sulle proprie decisioni una volta che qualcuno si presenti con offerte migliorative delle condizioni ottenute con le parti correlate. Le conseguenze potrebbero essere veramente interessanti per tutto il mercato, con margini sempre più ridotti e una selezione molto pesante tra gli intermediari. Un’applicazione rigorosa della normativa potrebbe portare a decisioni anche drastiche dei gruppi polifunzionali di dismettere alcune attività perché divenute troppo captive e di fatto non gestibili con profitto sulla base della normativa in oggetto. Naturalmente tutte queste sono supposizioni a tavolino. Può accadere benissimo che il mercato si chiuda in una difesa dello status quo per timore del cambiamento. Quando la normativa sarà a pieno regime, ne valuteremo gli effetti. Per il momento vediamo alcune ipotesi concrete. 9.1. Nel caso della best execution il mercato si sta orientando verso l’esecutore o negoziatore di casa. Chissà perché le condizioni di esecuzione degli ordini del proprio broker di famiglia sono le migliori sul mercato. La scelta del broker casalingo sarà stata fatta con tutti i requisiti di legge, ma, bisogna aggiungere, sul punto non risulta che sia stata fatta un’eccessiva trasparenza. Le motivazioni della scelta sono rimaste nei verbali di qualche consiglio, senza avere pubblicità. Nei documenti pubblici le motivazioni sono molto generiche e vaghe. Le procedure di selezione sono state alquanto sommarie, non si è dato luogo a una vera e propria gara, non sono stati sentiti esperti del settore, non hanno deciso i consiglieri indipendenti, etc. Con la nuova normativa tutte queste procedure andranno riviste. Occorrerà paragonare le proposte del proprio broker con quelle del mercato, valutarne l’affidabilità, la capacità paragonate con i concorrenti. Allora risulterà molto più difficile far prevalere il broker di casa, se non a condizioni veramente più favorevoli per la clientela. Ovviamente gli intermediari cercheranno un’escamotage per riuscire a evitare una procedura così complessa e tanta pubblicità. Al riguardo si può sostenere che laddove il contratto sia tra il raccoglitore d’ordini e il broker è richiesta la procedura delle parti correlate, ma se il contratto sia stipulato tra il cliente e il broker, il raccoglitore d’ordine viene a essere il collocatore di un servizio d’investimento altrui. Il cliente ha il rapporto diretto col broker e quindi non vi è più bisogno di una procedura di parte correlate. Qualora questa fosse la via prescelta, sarebbe bene fornire al cliente la scelta fra almeno due esecutori o broker. In questo modo cambierebbero e di parecchio le procedure interne sia del raccoglitore sia del broker. Si pensi solo ai problemi di identificazione della clientela, alla gestione dei conti terzi, alla rendicontazione e via dicendo che passerebbero dall’uno all’altro. Naturalmente tutto questo nel presupposto che una nuova configurazione procedurale e dei rapporti contrattuali porti effettivamente a evitare l’applicazione della normativa. Qualora invece si ritenga che anche configurando il rapporto diretto cliente ed esecutore si resti nell’ambito di un contratto tra parti correlate, dovranno essere ugualmente adottate tutte le procedure viste sopra. E anche questa è un’ipotesi più che difendibile, poiché le regole sulle operazioni con parti correlate si applicano anche quando non v’è corrispettivo economico, quindi anche nel caso in cui l’accordo di collocamento del servizio di esecuzione degli ordini non preveda alcuna remunerazione del collocatore. 9.2. Stessa cosa è a dirsi per i contratti di distribuzione tra collocatore e produttore, che poi sfociano in un contratto di collocamento con la clientela. Si dovrà applicare la normativa sulle parti correlate? In questa caso la fattispecie è ulteriormente complicata dalla normativa dell’inducement. In effetti il collocamento viene pagato dall’emittente, anche se il servizio dovrebbe essere svolto nell’interesse del cliente. E’ molto difficile elaborare una procedura che eviti un contratto tra produttore e collocatore, salvo che non si arrivi a ipotizzare che il collocamento sia pagato direttamente dal cliente (caso di scuola di difficile realizzazione.) Anche in questa ipotesi avremo una maggiore trasparenza. Si può pensare che, per evitare l’apertura del proprio mercato alla concorrenza, la politica commerciale del gruppo sia quella di privilegiare o di distribuire in esclusiva i prodotti del gruppo. Una scelta di esclusiva di gruppo sarà ancora possibile nell’ambito della politica commerciale dell’intermediario. Questa però presenterà molti limiti. In primo luogo richiederà comunque la procedura di parti correlate e questo metterà in una situazione critica i consiglieri indipendenti o coloro che dovranno prendere la decisione, salvo che non si rientri in un caso di esenzione. La decisione di operare solo con prodotti del gruppo dovrà essere presa dall’intero consiglio. Si tratta in fondo di una impostazione di politica generale (di natura commerciale) che non richiede una contrattualizzazione immediata, ma deve poi essere attuata caso per caso con decisioni prese dai consiglieri indipendenti. Una volta stabilita la politica commerciale, gli amministratori indipendenti dovranno verificare le condizioni di mercato, chiedere il parere di esperti, condurre le trattative ed elaborare un contratto che, benché incanalato da una decisione di carattere generale del consiglio, dovrà pur sempre raffrontarsi con una situazione di mercato, anche in considerazione della pubblicità alla quale sarà soggetto. L’unico modo di sottrarsi alla procedura di parti correlate sarà quello di un contratto tra l’intermediario e una sua controllata nella quale siano totalmente assenti interessi di terzi, anche di manager della capogruppo. Ipotesi questa già abbastanza rara, comunque possibile, che avrà l’effetto positivo di incentivare l’indipendenza della controllata nei confronti della controllante. Nel caso di collocamento di prodotti propri insieme a prodotti di terzi è chiaro che la procedura delle parti correlate richiederà che i contratti di gruppo siano in linea con i contratti di terzi per evidenti ragioni. 9.3. La stessa situazione si ripeterà per tutti gli altri contratti relativi a servizi d’investimento, dalla gestione alla consulenza. Soprattutto nell’ambito della gestione sia di fondi sia di patrimoni individuali, la procedura di trasparenza prevista per l’assegnazione dell’incarico a una parte correlata potrà portare a una maggiore apertura del mercato e alla forte riduzione delle trattative e delle controparti captive. Questo potrà avere un pesante effetto nei riguardi di strutture consortili tra più banche e anche all’interno dello stesso gruppo, quando i consiglieri indipendenti saranno obbligati a fare raffronti col mercato per quanto riguarda la qualità del lavoro e il costo del servizio. In effetti, questo è il vero scopo della normativa sulle parti correlate: evitare le rendite di posizione, il trasferimento di ricchezza immotivato da un soggetto all’altro, favorire la concorrenza. In difficoltà finiranno anche i manager con robusti premi legati ai rendimenti di operazioni connesse col gruppo di appartenenza. Questi ricavi si ridurranno determinando la ricerca di clienti alternativi al proprio gruppo e costringendo ognuno a invadere il territorio di caccia del vicino. 9.4. Sulla consulenza l’effetto che potranno avere le procedure di parti correlate saranno ancora più efficaci. La base della consulenza è l’indipendenza, l’autonomia. E’ evidente che quanto più saranno indipendenti coloro che dovranno valutare il valore dei consulenti, tanto più dovrebbero emergere i migliori. I gruppi si troveranno nella necessità di motivare le selezioni dei consulenti d’investimento in tutte le operazioni e situazioni che andranno ad affrontare e questo potrebbe favorire e di parecchio la scelta di gestori indipendenti e soprattutto staccati da logiche di gruppo. L’insieme dovrebbe migliorare in misura rilevante la frontiera dell’efficienza degli investimenti. 10. Da ultimo ci siamo proposti di esaminare la correlazione tra le normative dei titoli illiquidi, così come disciplinata nel documento di consultazione della Consob, e delle parti correlate. In qualche modo si può dire che si tratti di discipline concorrenti e che, essendo basate sulla trasparenza, portano agli stessi risultati. Ad esempio, la disciplina della politica commerciale prevista per i titoli illiquidi, riprende alcune situazioni indicate nella disciplina delle parti correlate, specie in materia di budget, incentivi e tutti gli altri strumenti che in passato hanno spesso determinato una situazione di danno per il cliente, perché al suo interesse sono stati anteposti quelli dell’azienda o del gruppo. La politica di confronto di strumenti finanziari del gruppo e non del gruppo sempre nella ricerca dell’interesse del cliente, mira agli stessi obiettivi: la ricerca del prodotto o servizio migliore per sé o per il proprio cliente. In definitiva possono quasi essere ritenuti sovrapposti. Sotto questo profilo chi è sottoposto alla normativa delle parti correlate si troverà ad avere svolto molte delle analisi richieste per le operazioni con titoli illiquidi. Già nella definizione delle politiche commerciali, chi opera con parti correlate avrà una serie di dati che possono fargli concludere con tranquillità che le operazioni proposte sono nell’interesse del cliente. Così come la ricerca del derivato migliore sarà stata fatta per le proprie operazioni. Il sistema quindi si chiude nella completa applicazione delle norme di trasparenza. Forse, considerato che diverse discipline vanno a incidere gli stessi soggetti e le stesse situazioni, sarà bene concludere tutte le consultazioni in corso col coordinamento tra le diverse normative.