. A p. S. H ◆ Hegel Georg Wilhelm Friedrich (Stoc- sia padrone della tua persona) (d. comp.) Istituto giuridico di origine anglosassone, menzionato già nella Magna charta libertatum [vedi →] del 1215 e nella petizione dei diritti del parlamento inglese (1628). Ebbe applicazioni anche in Italia. L’(—) consisteva nell’ordine impartito dal giudice all’autorità di polizia di condurgli innanzi il detenuto, entro un termine categorico, indicando i motivi dell’incarcerazione, affinché fosse resa possibile l’eventuale immediata scarcerazione. L’istituto fu più volte disapplicato (ad es. nel 1715, 1745, 1794, 1817). carda 1770 - Berlino 1831) Filosofo tedesco, profondamente influenzato dai principali avvenimenti storici del suo tempo, ossia dalla Rivoluzione francese [vedi →] sino alla reviviscenza nazionalistica tedesca dei primi dell’800. Tra i suoi principali scritti si annoverano una Fenomenologia dello Spirito (1806- 1807), l’Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio (1817) ed i Lineamenti della filosofia del diritto (1821). Il suo pensiero fu la più alta manifestazione dell’idealismo. Per (—), infatti, il principio della realtà è l’Idea, in cui «tutto è uno» ed i singoli elementi che se ne distinguono non sono altro che una manifestazione di essa. Anche la Storia non è altro che la realtà stessa dell’Idea, nel suo concretarsi razionale ed oggettivo. Come la logica descrive il processo ideale dello Spirito, così la Storia ne descrive il processo reale, determinantesi in una data dimensione spaziale e temporale. Nella Storia, intesa come continua evoluzione di una civiltà universale, il ruolo predominante è assunto dalle culture nazionali, mosse da uno spirito nazionale che opera attraverso gli individui. Ciascun prodotto della Nazione trova, secondo (—), il suo massimo compimento nello Stato, espressione della volontà, dello Spirito e del destino di un popolo. La piena realizzazione di un individuo si verifica, dunque, nella completa dedizione alla Nazione. La filosofia hegeliana ha segnato profondamente la coscienza storica moderna, inculcandole il senso di un fecondo realismo che ha fugato una volta per tutte il pensiero utopico ed yr ig ht © Importante costituzione imperiale, concessa da Federico I di Hohenstaufen [vedi →] nel 1158 a favore dei maestri e degli allievi della scuola di Bologna [vedi → Glossatori], ma destinata a valere in generale per qualsiasi altra città. Tale costituzione, che prende il nome dalla parola iniziale, attribuì ai maestri bolognesi un potere giurisdizionale (in materia civile e penale) sugli scolari, in alternativa a quella vescovile. In tal modo la foltissima massa di giovani che circolava in città poteva venire sottratta sia alla giurisdizione ecclesiastica che a quella del comune [vedi → Comune medievale] ed i giuristi di scuola, divenendo giudici, esercitarono effettive possibilità di controllo sui loro allievi. A questi ultimi la costituzione attribuì tre privilegi fondamentali: quello di circolare liberamente in tutto il territorio dell’impero, in forza di un particolare salvacondotto incontestabile da parte di qualsiasi autorità cittadina; quello di essere esentati dal pagamento di qualsiasi imposta; quello di non potere essere soggetti passivi di rappresaglie [vedi → Rappresaglia]. op br li se Es ◆ Habita C i ◆ Habeas corpus (Abbi il tuo corpo; che tu . 194 A Hegelismo p. S. i ◆ Hidalgo (spagn. hijo de algo, figlio di br qualcuno) Titolo nobiliare di origine spagnola, attribuito agli esponenti del più alto grado della gerarchia dei privilegi, anche se sforniti di mezzi. L’(—) era esentato dal pagamento delle imposte e trasmetteva le prerogative della propria condizione sociale per linea maschile. ◆ Hirnerius [vedi → Irnerio]. ◆ Hispana Raccolta di canoni [vedi → Canone] conciliari e decretali [vedi →] pontificie risalente al VII secolo. Deve il suo nome al luogo d’origine. È conosciuta anche come Isidoriana, poiché fu erroneamente attribuita a S. Isidoro, vescovo di Siviglia intorno al 653 [vedi → Isidoro di Siviglia]. È divisa in due parti: la prima è composta da materiale dei concili orientali ed africani, rinvenibili, in una diversa traduzione, anche nella Collezione Dionisiana [vedi →]. La seconda parte è formata da decretali pontificie, del periodo compreso tra papa Damaso I (366) e Gregorio Magno (590-604). Se ne conoscono altre due versioni: la Giuliana (di autore sconosciuto e composta verso il 680) e la Volgata (anch’essa di autore sconosciuto e risalente al 700). ◆ Heribannum ht © Es Termine indicante l’insieme delle correnti e degli autori che si rifecero al pensiero di Georg Wilhelm Friedrich Hegel [vedi → Hegel Georg Wilhelm Friedrich]. In occasione della pubblicazione della Vita di Gesù (1835) di D.F. Strauss si produsse la divisione tra i discepoli di Hegel in destra e sinistra hegeliana, intorno alla questione del rapporto tra la filosofia del maestro e il cristianesimo. Alla destra appartenevano i vecchi hegeliani (Conradi, Gabler, Erdmann), i quali ritenevano presente in Hegel la fondazione delle verità crisitane. Alla sinistra appartenevano i giovani hegeliani (Strauss, Feuerbach, Stirner, Bauer, Ruge), i quali ritenevano il sistema hegeliano inconciliabile con il cristianesimo. Intorno al 1840 la destra si schierò politicamente a favore della monarchia prussiana. La sinistra, al contrario, espresse posizioni radicali. Da un punto di vista filosofico si giunse alla critica del sistema hegeliano (Feuerbach). Percorso analogo seguiranno Marx ed Engels, inizialmente sulle posizioni della sinistra hegeliana. li ◆ Hegelismo Presso i Franchi [vedi →] era obbligato a servire personalmente solo chi avesse posseduto almeno tre mansi, tuttavia, coloro che pur possedendo meno erano titolari di almeno un manso, dovevano unirsi e dare aiuto economico a colui che dal giudice pubblico (ossia il conte [vedi → Comes]) fosse stato scelto come il più adatto alle armi. se ha permesso di abbracciare la convinzione che ciò che esiste storicamente non può essere semplicisticamene liquidato come accidentale o irrazionale ma ha il diritto di essere analizzato e compreso. C op yr ig Detta anche bannitio hostis era, nel diritto germanico [vedi →], la chiamata alle armi, spettante al re e rivolta a tutto il popolo. L’(—) era comunicato tramite lettera o appositi missi ai conti, con l’indicazione del luogo del convegno. A chi spettava l’(—) competeva anche la facoltà di sciogliere l’esercito convocato. Ai destinatari dell’(—) era offerta la possibilità di sostituire altri a se stesso e fu anche consentito di riscattarsi dal servizio pagando tanto da poter provvedere alla sostituzione. Esonerati dalla chiamata alle armi erano i poveri, dal momento che essi non potevano provvedere alle spese dell’armamento e del vitto, spesso in guerre lontane. ◆ Hobbes Thomas (Wesport 1588- Hardwicke 1679) Filosofo empirista inglese, esponente del giusnaturalismo [vedi →] seicentesco. Modificò in senso maggiormente assolutistico le premesse di Grozio [vedi → Grozio Ugo]. Scrisse il De cive (1642), il De corpore (1655), il De homine (1658). . Homagium A 195 se li br i S. p. limiti di sorta: il diritto in tal modo viene ad identificarsi sic et simpliciter nella legge positiva, che è la manifestazione dell’insindacabile volontà del sovrano (volontarismo giuridico). La norma giuridica, in cui si incarna la volontà sovrana, vincola tutti i consociati per il solo fatto di essere razionale, in quanto è espressione dell’inalienabile diritto naturale dell’uomo alla sopravvivenza ed alla sicurezza. Il sistema politico non viene più ricavato in maniera naturale dall’ordine divino, ma esso deve essere creato e legittimato in maniera consapevole da una decisione razionale degli individui. In più, proprio questo ordine razionale, una volta creatosi, diventa completamente autonomo e contiene all’interno del proprio meccanismo formale le regole della sua riproduzione. In quanto espressione della volontà di colui che comanda, le leggi devono essere interpretate dall’autorità del sovrano e gli interpreti, dunque, saranno unicamente coloro che egli deciderà di nominare. Nella teorizzazione politica di (—) sono presenti anche i germi di una visione liberale e ciò è facilmente riscontrabile analizzando le sue riflessioni in materia di diritto penale. Infatti, un’azione è criminosa e penalmente sanzionabile non in quanto intrinsecamente malvagia o condannata dalla morale religiosa ma in quanto viene a violare una precisa norma dello Stato che la vieta e la punisce. Da ciò deriva, conseguentemente, che il cittadino ha la piena libertà di fare tutto quello che non è vietato dalla norma positiva. Secondo la prospettiva garantista dei rapporti tra Stato e consociati, di tradizione tipicamente liberale, la libertà dunque coincide col silenzio della legge. Logiche implicazioni di una tale concezione erano quelle secondo cui il sovrano, una volta assicurata ai consociati la pace e la tranquillità, non debba imporre ad essi leggi superflue o inutili e che, inoltre, debba provvedere a pubblicare le leggi in modo espresso, al fine di rendere inequivocabilmente palese la propria volontà. C op yr ig ht © Es La teoria politica di (—) è espressa magistralmente in un’opera del 1651 intitolata Leviathan [vedi → Leviatano], dal nome del famoso mostro biblico nel quale l’autore identifica lo Stato, spaventosa creazione artificiale dell’uomo. Egli individua l’origine dello Stato in un patto sociale tra gli individui. Anteriormente alla nascita di una società civile gli uomini vivono in uno Stato di natura che non è (a differenza di quanto teorizzava Grozio) caratterizzato dalla pacifica convivenza e dalla tolleranza, ma è dominato dall’egoismo, dalla malvagità e dal predominio del più forte. L’uomo si crede libero ma in realtà è mosso esclusivamente dalle proprie passioni ed aspira a godere di tutto ciò che gli può assicurare benessere e soddisfazione. Dal diritto di tutti su tutto deriva necessariamente l’eterna lotta di tutti contro tutti (homo homini lupus) ma poiché tale lotta è estremamente violenta e tormentosa, gli individui, indotti da considerazioni puramente utilitaristiche ed allo scopo di garantire la propria conservazione, scelgono di privarsi dei propri diritti e delle proprie libertà naturali per trasferirli con un patto (contratto sociale) ad un sovrano (individuo singolo o assemblea) e dare vita allo Stato. In virtù di tale patto gli uomini passano da un precario stato di natura ad un pacifico Stato civile in cui non vi è più l’illimitata libertà di tutti nei confronti di tutti ed una sostanziale uguaglianza ma, per converso, viene utilitaristicamente garantita a ciascun individuo la sicurezza e la sopravvivenza. In conseguenza della cessione totale di poteri al sovrano, le scelte della volontà di quest’ultimo si pongono come unico fondamento del giusto, dell’ingiusto e della volontà religiosa. Naturalmente, anche il sovrano dovrà rispettare pur sempre i princìpi del diritto naturale. La concezione di (—) può essere considerata una rigorosa teorizzazione dell’assolutismo politico. Il contratto hobbesiano, infatti, si caratterizza per il fatto che esso vincola esclusivamente i sudditi tra loro a mostrare obbedienza al sovrano e non anche quest’ultimo nei confronti dei propri sottoposti. Ciò significa che il sovrano, non avendo partecipato al contrattto e avendo conservato il diritto naturale su tutto, non ha ◆ Homagium (omaggio) Nell’età feudale [vedi → Feudalesimo; feudo] era il giuramento formale di fedeltà che il vas- . 196 br i S. p. peraltro intaccare la preesistente stratificazione sociale. L’(—) dava diritto ai barbari vincitori all’alloggio e al mantenimento da parte dei proprietari terrieri romani. Questi ultimi ricevevano in cambio protezione e difesa. Nel periodo longobardo, tuttavia [vedi → Longobardi], l’istituto della (—) mutò le sue caratteristiche. L’invasione violenta attuata da questo popolo, infatti, travolse anche il criterio d’insediamento: l’(—) non fu più un istituto organizzato e concordato tra le parti ma divenne, semmai, imposizione unilaterale dei vincitori sui vinti. li ◆ Hòspites se Erano i barbari, ammessi dagli imperatori, nel periodo postclassico, a dimorare in determinate parti dell’impero. Pur essendo sudditi di Roma, non erano cittadini. Essi, pertanto, erano considerati nei rapporti con i romani come extarae gentes. [vedi anche → Hospitalitas]. yr ig ht © Es sallo [vedi →] faceva al proprio signore, divenendo l’uomo di un altro uomo. L’(—) creava, infatti, una dipendenza da individuo a individuo: inizialmente la cerimonia dell’(—) era ammantata di simbologia pagana, attuandosi attraverso l’inginocchiarsi del vassallo, il suo mettere le mani in quelle del signore ed attraverso lo scambio del bacio. In seguito fu cristianizzata ed il giuramento di fedeltà venne professato sui Vangeli. L’(—) dava vita ad un vincolo perpetuo tra il vassallo ed il suo signore. Tra il X e l’XI secolo l’(—) diede vita ad un vincolo meramente personale e incondizionato mentre, a partire dal secolo XII, esso fu condizionato dalla concessione del feudo (omaggio feudale) ed assunse carattere reale e il feudo divenne la causa dell’(—) vassallatico. Il fondamentale dovere del vassallo era quello di prestare il servizio di guerra; inoltre era previsto un servizio di corte (si creava, in tal modo una corte di parata intorno al signore con funzioni prevalentemente consultive) e l’obbligo (in casi eccezionali) di prestare al proprio signore aiuti economici (ad es. per l’acquisto di un fondo, per il matrimonio di una figlia, per le spese di una crociata e per le spese di vestitura a cavaliere di un figlio). A sua volta, il signore doveva al suo vassallo protezione in ogni circostanza. Qualora una delle due parti fosse venuta meno ai propri doveri verso l’altra si applicava a suo carico una sanzione ed il signore, in particolare, poteva anche confiscare il feudo. Già a partire dall’XI secolo un vassallo poteva prestare (—) a più signori. In caso di discordia tra questi ultimi, fu stabilito che il vassallo dovesse prestare (—) ad un solo signore: fu creato, cioè, un omaggio superiore (omaggio ligio), rispetto al quale gli omaggi semplici assunsero un valore secondario. A Hospitalitas ◆ Hospitalitas C op Sistema di insediamento attuato dalle prime popolazioni germaniche [vedi → Germani] giunte in Italia. In virtù della (—) gruppi di barbari disseminati sul territorio italico sottrassero ai latifondisti romani gran parte dei loro terreni (nella misura di uno o due terzi), senza ◆ Hospitium Nel diritto romano era, secondo l’opinione dominante, il rapporto di diritto internazionale più risalente. Esso garantiva il diritto di risiedere sul suolo romano, di essere ospitato a cura dello Stato o del privato; il protetto poteva anche godere della tutela giudiziaria dello stato romano ed ottenere assistenza in caso di malattia o sepoltura in caso di morte. Era certamente un atto collettivo: anche se contratto dal capostipite del gruppo, vincolava tutti i discendenti. Il rapporto nasceva dal mero consenso delle parti: in caso che fosse convenuto con lo stato romano era necessaria una delibera del senato. In origine l’(—) era stipulato in forma orale; col tempo, si preferì la forma scritta anche col fine di conservarlo in archivi pubblici. Aveva durata illimitata, a meno che non intervenisse la rinuncia dei contraenti e non si estingueva neanche in caso di guerra. Secondo quanto ci è stato tramandato dalle fonti, si distingueva tra (—) pubblico e privato, . Hyparchos A 197 ◆ Hotman François (Parigi 1524 - Basilea C op yr ig ht © p. S. i br li Es 1590) Giurista francese. Insegnò diritto romano e diritto civile in Francia ed in Svizzera, paese dove si era rifugiato in seguito alla sua conversione al protestantesimo. È l’autore di Antitriboniano o discorsi sullo studio delle leggi (1567) [vedi → Antitribonianus], con il quale colpì il sistema di diritto comune nel suo duplice fondamento, legislativo e dottrinale, riassumendo i fondamentali motivi dell’umanesimo giuridico [vedi →], espressi dalla scuola dei culti [vedi → Culti (scuola dei)]. Fu inoltre autore di un libello monarcomaco [vedi → Monarcomachi]: la Franco-Gallia (1573). In essa (—) sostenne che in Francia, a partire dai Galli, il potere regio era subordinato agli Stati Generali, che rappresentavano il popolo. Questi ultimi, derivanti dalle antiche assemblee popolari che avevano il compito di eleggere il re, erano stati gradualmente privati delle loro competenze dai Parlamenti. Pertanto contro l’assolutismo [vedi →] instaurato dai Valois [vedi →] (—) esaltava il sistema in cui il popolo, rappresentato dall’assemblea, e il re, delegato dalla stessa, collaborano nell’esplicare le varie funzioni statali. ◆ Hume David (Edimburgo 1711-1776) Filosofo scozzese. Dopo gli studi a Edimburgo, dove prese contatto con la filosofia newtoniana, si recò in Francia (1734). Qui iniziò la realizzazione del suo programma: lo studio della natura umana, che (—) intese porre alla base di ogni verità. Tra il 1739 e il 1740 videro la luce, tra l’indifferenza generale, tre libri del Trattato sulla natura umana. Per (—) le associazioni tra le idee avvengono in base a tre principi: somiglianza, contiguità (nel tempo e nello spazio), causalità. La relazione di causa ed effetto non è ricavabile a priori, ma solo attraverso l’esperienza. Solo quest’ultima e l’abitudine consentono di porre in relazione la causa e l’effetto. (—) non crede a leggi naturali, eterne, indipendenti dalla società. Le leggi naturali sono convenzioni: il fondamento del governo è nell’abitudine; gli uomini rispettano gli obblighi perché vi sono abituati e perché questo è nel loro interesse. Per (—) l’utilità è la sola misura delle istituzioni. Nei Discorsi politici (1752) affrontò molte questioni economiche e politiche: la sua difesa del libero scambio influenzerà Adam Smith. Inoltre criticò la teoria contrattualistica [vedi → Contrattualismo], propugnò una Repubblica censitaria e federale. Postumi apparvero i Dialoghi sulla religione naturale (scritti tra il 1751 e il 1766, pubblicati nel 1779), nei quali si oppose alla pretesa di dimostrare l’esistenza di Dio attraverso i procedimenti della teologia naturale. Per il filosofo scozzese la presenza del male nel mondo è sufficiente a negare l’esistenza di una Provvidenza divina. Altre opere: Ricerca sull’intelletto umano (1748), Ricerca sui principi della morale (1751), le quali sono rielaborazioni del Trattato; Storia d’Inghilterra dall’invasione di Giulio Cesare all’ascesa di Enrico VII (1754-1762). se a seconda che fosse convenuto tra due Stati ovvero a favore di un singolo individuo della collettività. La distinzione si riferiva, dunque, all’estensione del rapporto: solo se riguardava la collettività si definiva pubblico. Successivamente, nell’epoca di maggiore espansione della potenza romana tale istituto si trasformò in un beneficio concesso unilateralmente. Nel Medioevo l’(—) continuò ad avere vasta applicazione, come espressione dell’humanitas cristiana. • (—) divitum Nei monasteri medievali indicava il complesso delle celle individuali collocate nelle zone più interne dei medesimi. • (—) pauperum Nei monasteri medievali erano gli stanzoni riservati a dormitorio collettivo, ubicati nelle zone più esterne del monastero. ◆ Hyparchos Sinonimo di praetor, antica e gloriosa magistratura della Sicilia bizantina. All’ (—) spettava la direzione politica, la giurisdizione civile e . 198 A Hyparchos S. p. Inoltre, per le questioni generali, l’ (—) si serviva di rappresentanti locali, denominati loci servatores. L’ (—) scomparve dalla Sicilia, probabilmente, intorno al VII secolo e fu sostituito dal duca [vedi →]. C op yr ig ht © Es se li br i penale di massimo grado ed i poteri fiscali nella provincia, esercitati sotto la direzione di due alti magistrati di Costantinopoli: il Questore del Sacro Palazzo [vedi → Quaestor Sacri Palatii], per gli affari giudiziari, ed il Conte del Patrimonio d’Italia, per gli affari fiscali. . A p. li br rità della forma mista, per cui il Principe, i grandi e il popolo governano insieme lo Stato. Per tale motivo (—) esaltò la Roma repubblicana. Sia ne Il Principe, sia nei Discorsi, (—) vide nella politica l’azione della volontà, della passione, dell’intelligenza. ◆ Machiavellismo Interpretazione arbitraria del pensiero di Machiavelli [vedi → Machiavelli Niccolò] diffusa dal secolo XVII. Il (—) riduce l’agire politico ad un deteriore utilitarismo, per cui sarebbe lecito ricorrere ad ogni mezzo per conseguire un fine. In realtà, tale principio non è mai stato enunciato da Machiavelli, il quale non considera lo Stato come fine assoluto e non lo considera dotato di un’esistenza superiore a quella dell’individuo. Egli si proponeva di formulare regole di governo efficaci, indipendentemente dal carattere morale delle regole stesse. Tale considerazione fu poi generalizzata nella massima «il fine giustifica i mezzi». Essa fu proposta dalla morale gesuitica: attraverso padre Busenbaum (1602-1668) venne ripresa da Hegel [vedi →]. C op yr ig ht © Es Filosofo, politico e storico italiano. Segretario del governo repubblicano di Firenze, compì diverse missioni diplomatiche, soprattutto per Cesare Borgia Alla caduta della Repubblica (1512) fu arrestato ed esiliato dai Medici. A San Casciano scrisse le sue opere maggiori, fra le quali: Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio (1513), Il principe (1513), Dell’arte della guerra (151920), la Vita di Castruccio Castracani (1520). Rientrato a Firenze nel 1520, ebbe l’incarico dai Medici di scrivere le Istorie fiorentine. Al nuovo avvento della Repubblica, si ritirò a vita privata. Seguendo la verità effettuale, cioè la verità effettiva delle cose, e non l’immaginazione egli si sforzò di trattare in maniera nuova la politica. Partendo dal postulato dell’immutabilità della natura umana, (—) vide negli Stati presenti e passati (Repubbliche e Monarchie), degli esempi per quanti vogliono governare, su come si acquisisce la sovranità, come la si conserva, come la si perde. Il potere doveva sforzarsi di «mantenere lo stato» contro le pressioni interne ed esterne. (—) ricondusse tutti i poteri alla resistenza di fronte alla possibile distruzione. L’autorità è così sostituita dalla strategia del potere. (—) pose la distinzione tra politica e morale. L’autonomia della politica propugnata lo può far considerare il fondatore di una nuova etica realistica. All’interno di questa versione si inserisce l’illusione legata all’idea di un risveglio patriottico italiano, reso possibile dall’unione intorno a un capo eccezionale. Nei Discorsi (—) riprese la classica analisi delle forme di governo e affermò la superio- se ◆ Machiavelli Niccolò (Firenze 1469-1527) i S. M ◆ Maggiorasco Istituto previsto dal diritto successorio feudale, diffuso particolarmente nel secolo XVI, in forza del quale il patrimonio familiare veniva per testamento trasferito integralmente a un solo parente maschio, normalmente di grado più prossimo all’ultimo possessore; fra parenti di uguale grado il patrimonio passava a quello più anziano. Tale istituto fu abolito in Italia nel 1865. . 232 A Maggiordomo di corte p. S. i br ◆ Magna Curia yr ig ht © Es ◆ Magìster officiòrum (Capo degli uffici) Veniva così definito il più importante e potente ministro dell’imperatore romano. Istituito da Costantino [vedi →] nell’organizzazione amministrativa dell’impero tardo-classico, il (—) era chiamato a dirigere i più importanti offìcia (segreterie) imperiali: — l’officium memoriae, incaricato della redazione delle adnotatiònes (provvedimenti affini ai rescritti); — l’officium epistulàrum, designato alla corrispondenza imperiale e ai contatti con le ambasciate straniere; — l’officium libellòrum, adibito all’istruzione delle cause giudiziali sottoposte alla cognizione dell’imperatore; — l’officium admissiònum, deputato alla regolazione delle udienze concesse dall’imperatore. Il (—) curava anche la direzione della Schola palatina (corpo speciale posto a difesa della corte) e della Schola degli agèntes in rèbus (ispettori di polizia incaricati della sorveglianza del servizio di posta imperiale, nonché di un controllo complessivo su tutta l’amministrazione centrale e periferica). dopo una lunga lotta tra i feudatari ed il re Giovanni Senza Terra (1199-1216). Composta di 63 articoli, successivamente ridotti a 47, contiene le prime fondamentali disposizioni concernenti la libertà e l’inviolabilità della Chiesa e dei cittadini, nonché norme regolatrici dei conflitti feudali e ulteriori prescrizioni che conferivano particolari prerogative ai baroni. Contiene, inoltre, alcuni princìpi di grande importanza, soprattutto in campo giudiziario [vedi → Habeas corpus]. Con la (—) fu creato anche il Magnum Concilium, che aveva l’importante compito di concedere o meno il proprio assenso alla riscossione da parte del re di tributi eccedenti quelli pattuiti con la nobiltà; quest’organo si trasformò, poi, nel futuro parlamento inglese [vedi → Parlamenti]. La (—) rappresenta il primo documento costituzionale sulle libertà inglesi ed è ancora oggi in vigore. li Conosciuto anche come maestro di palazzo o maire du palais. Nell’alto medioevo era il sovrintendente del palazzo reale [vedi → Palatium], che assunse presso i Merovingi [vedi →] (secolo VI), funzioni di primo ministro, arrivando ad esercitare (secoli VII-VIII) il potere effettivo al posto dei sovrani (che pertanto furono detti rois fainéants, cioè re fannulloni →). Pipino di Héristal (640-714), (—) d’Austrasia, annesse la Neustria (687) unificando in tal modo i regni franchi. Egli esercitò il suo potere senza detronizzare formalmente i re merovingi. La carica fu quindi resa ereditaria. Fu abolita nel 751 allorquando Pipino il Breve [vedi →] (nipote del precedente) fu riconosciuto re dei Franchi [vedi →]. se ◆ Maggiordomo di corte op ◆ Magna charta libertatum (Grande car- C ta della libertà) Carta fondamentale dei diritti e delle libertà promulgata in Inghilterra il 15 giugno 1215 [vedi → Curia regis]. ◆ Magna Glossa [vedi → Glossa accursiana]. ◆ Magnati Fazione politica che contrapposta al partito del popolo, caratterizzava la vita dei comuni italiani [vedi → Comune medievale] a partire soprattutto dalla seconda metà del secolo XIII. Era formata dalle famiglie di origine feudale che avevano dominato la vita del comune dalle origini, oltre che dai ceti emergenti (banchieri e commercianti). Quando il partito del popolo giunse al potere, venne promulgata una legislazione contro la fazione dei (—), che vennero esclusi dall’esercizio delle cariche pubbliche. ◆ Mallum Tribunale del popolo previsto negli ordinamenti germanici. Era un tribunale di diritto comune, competente per tutte le questioni. . Marca A 233 ◆ Mano regia © ◆ Manomorta C op yr ig ht In epoca medievale e moderna era il complesso dei beni che, in quanto appartenenti a enti morali e quindi perpetui, erano inalienabili e non trasmissibili per successione, sfuggendo così alle relative imposizioni fiscali. Tali beni si consideravano stretti alla «mano di un morto», quindi senza possibilità di liberarsene. La (—) si forma perché nell’ordinamento giuridico esistevano enti che non potevano sorgere senza patrimonio. L’azione dei governi europei, soprattutto nei secoli XVIII e XIX, fu diretta a ridurre la (—). L’attività di soppressione degli enti e di espropriazione colpì soprattutto gli enti ecclesiastici. La più famosa di tali operazioni fu la vendita dei «beni nazionali» effettuata in Francia sotto la I Repubblica (1792). S. p. In Italia la manomorta feudale è venuta meno all’inizio del secolo XIX, i fidecommessi [vedi → fedecommesso] e i maggioraschi [vedi → maggiorasco] sono stati aboliti dal codice civile del 1865 [vedi →]. br i Procedimento di esecuzione in uso nel Medioevo per realizzare i crediti del fisco. Si caratterizzava per la sua speditezza. Il termine (—) designava altresì il complesso degli interventi attuati dal potere regio sui beni ecclesiastici fino al XVIII secolo, quale il sequestro in caso di cattiva amministrazione dei benefici [vedi → Beneficio]. se li ◆ Mantova [DUCATO DI] Possedimento ereditario attribuito nel 1530 da Carlo V d’Asburgo [vedi →] ai Gonzaga in riconoscimento dell’appoggio militare da questi prestatogli contro i francesi. Nel 1708 passò all’Austria e dal 1815 fu annesso al Regno Lombardo-Veneto. Nel 1859 fu unito al Veneto e con quest’ultimo fu annesso al Regno d’Italia. Es Ne esisteva uno per ogni centena (suddivisione della contea). Il (—) si riuniva su una collina o su una montagna, che divenne un luogo sacro, chiamato Malberg. Tutti gli uomini liberi vi erano convocati e erano obbligati a recarvisi. Gli assenti erano puniti con un’ammenda. Il (—) prevedeva tre organi: un presidente, gli assessori, gli agenti esecutivi. Il presidente, fino alla fine del VII secolo, era il thunginus o centenarius, che veniva eletto dall’assemblea degli uomini liberi. Nel VII secolo il presidente era un funzionario reale: il comes. Egli presiedeva i vari tribunali di centena, che ad un certo momento, non erano più solo popolari. Gli assessori erano chiamati raschimburgs. Essi erano anziani liberi, dovevano saper scrivere ed essere abbastanza ricchi. Erano i veri giudici, in quanto il thunginus si limitava a presiedere. Quando però il comes assunse la presidenza, egli aveva il diritto di scegliere gli assessori e giudicare egli stesso. Quando la sentenza veniva formulata, il presidente la proclamava e l’assemblea degli uomini liberi l’approvava (o meno). L’esecuzione della sentenza veniva rimessa agli agenti esecutivi (sagibarones). ◆ Marca Nell’ordinamento carolingio [vedi → Carolingi] era un’ampia circoscrizione pubblica, situata solitamente nelle zone di confine o in aree che richiedevano particolari difese militari. Era affidato ad un solo capo (marchese o margravio) e di regola comprendeva più contee. Il marchese aveva poteri diversi da quelli del conte [vedi → comes] e per questo perfettamente conciliabili con i poteri comitali. Come il sovrano, poteva esercitare il diritto di grazia e concedere mundeburdi [vedi → Mundeburdio] e immunità [vedi →]. Le marche divennero particolarmen te numerose alla fine del secolo IX: nell’891 si riscontra una (—) nelle estreme regioni della Neustria, comprendente le contee di Asti, Ivrea, Torino e Vercelli; nell’892 si incontra una (—) a Milano e nell’894 appaiono affidate ad un marchese le contee della Toscana meridionale. Nuove marche furono poi create nel secolo X, durante l’impero ottoniano. . 234 A Marciano (Elio) p. S. i ◆ Marino da Caramanico (?-1288 ca) Giureconsulto e professore dello Studio di Napoli [vedi → Studium]. Fu autore di una glossa ordinaria al codice federiciano [vedi → Glossa; Liber Augustalis], scritta durante il regno di Carlo I d’Angiò [vedi →] (1266-1285), probabilmente tra il 1278 e il 1283. Utilizzando il metodo accursiano [vedi → Accursio], (—) riordinò e selezionò le glosse dei giuristi che avevano studiato il Liber Augustalis, aggiungendovene altre proprie. Scrisse un proemio, nel quale analizzava i rapporti tra il regno di Sicilia, l’impero e la Chiesa, elaborando in tal modo una delle prime monografie giuridiche di cui si abbia conoscenza. In esso analizzò il problema dello Stato e della plenitudo potestatis, utilizzando la celebre formula «rex superiorem non recognoscens in regno suo est imperator». Pur non potendosi ritenere l’autore dell’espressione, (—) è però il primo giurista che la utilizzi in chiave scientifica e non per favorire un particolare sovrano, arrivando, in tal modo, a formulare una teoria generale dello Stato. L’analisi di (—) riconosceva l’autorità del sovrano sia all’esterno del regno, sia verso le autonomie particolari. (—) affermava, inoltre, la superiorità della «costituzione» sulla consuetudine, ritenendo che tutte le consuetudini con essa contrastanti, anche successive, dovessero intendersi abrogate. © Es Popolo germanico di stirpe sveva che nel 9 a.C. mosse dalle terre del Meno per stabilirsi nell’odierna Boemia e fondarvi uno Stato autonomo con a capo il re Maroboduo. Nel 166 si spinsero al di qua delle Alpi, infiltrandosi oltre i confini dell’impero romano e giungendo fino ad Aquileia (odierna Udine) ma furono sconfitti da Marco Aurelio (172) e conclusero una pace con Mommodo (180192). A partire dal VI secolo la loro identità etnica subì notevoli contaminazioni: in parte si fusero con i Bávari [vedi →] ed in parte migrarono nei territori limitrofi alle Alpi orientali. br ◆ Marcomanni altre nazioni, con l’unico limite del reciproco rispetto delle libertà altrui. Il riconoscimento di tale principio fu, nel corso del XVII secolo, al centro di una accesa disputa tra giuristi; alla tesi della libertà dei mari, sostenuta in particolare da Grozio [vedi→ Grozio Ugo], si opponevano altri giuristi come Selden, fautori del principio del dominio dei mari [vedi → mare clausum]. Alla base della controversia vi era una disputa di tipo commerciale tra le tradizionali potenze marittime dell’epoca (Spagna, Portogallo e Gran Bretagna) e l’Olanda, che si avviava a contrastare il loro predominio e che, quindi, necessitava della più ampia libertà per poter espandere i propri traffici commerciali. li Giurista dell’età dei Severi (III secolo d.C.), ricoprì l’incarico di alto funzionario della cancelleria di Settimio Severo e di Caracalla. Tra le sue opere meritano menzione particolare: — i Libri XVI institutiònum costituenti un’opera intermedia tra il testo elementare ed il commentario; — i Libri V regulàrum; — i Libri singulàres ad formùlam hypothecariam; — i Libri II de appellatiònibus; — i Libri II de pùblicis iudìciis. se ◆ Marciano (Elio) ◆ Mare clausum yr ig ht Si tratta del titolo in breve dell’opera (Mare clausum seu de dominio maris), pubblicata nel 1635 dal giurista inglese John Selden, con la quale veniva rivendicato il diritto della corona britannica ad appropriarsi della zona di mare adiacente le proprie coste, escludendo in tale area l’attività di altri Stati. La tesi di Selden si poneva in netta contrapposizione con quella di Grozio [vedi → Grozio Ugo], che in un testo pubblicato nel 1609 aveva fortemente sostenuto il principio della libertà dei mari [vedi → Mare libero]. op ◆ Mare libero C Si tratta di un principio di diritto internazionale in virtù del quale nessuno Stato può impedire la circolazione marittima e l’uso del mare alle . Milano br ◆ Merovingi i S. p. I membri della Camera dei Comuni sono eletti in un collegio uninominale con il sistema del first past the post, ovvero assegnando l’unico seggio in lizza al candidato che abbia avuto più voti degli altri, indipendentemente dal fatto che non abbia ottenuto la maggioranza assoluta. Una volta eletto, il (—) rappresenta l’intera circoscrizione elettorale (constituency) e viene indicato con l’espressione di (—) for… seguita dal nome della constituency in cui è stato eletto. li Dinastia che regnò sui Franchi [vedi →] tra il V e l’VIII secolo. Fu fondata da Meroveo, capo di una tribù di franchi salii. Clodoveo [vedi →] (481-511) unificò le tribù franche, convertendole al cristianesimo. Egli formò un vasto regno dai Pirenei alla Germania, successivamente diviso in più regni. Alla morte di Dagoberto I (639) ha inizio la decadenza dei (—) con i «rois fainéants» [vedi → Re fannulloni] mentre i maggiordomi di corte [vedi → Maggiordomo di corte] esercitavano il potere effettivo. Childerico III fu deposto da Pipino il Breve [vedi →] nel 751, ponendo termine alla dinastia. Es naco di Baviera 1343) Teologo e filosofo italiano. Dopo gli studi di medicina, divenne maestro di teologia. Fu rettore dell’Università di Parigi (1312-1313), dove entrò in contatto con il pensiero averroista. Nel 1324 portò a termine il Defensor pacis, nel quale sostenne l’origine naturale dello Stato, in opposizione al concetto dell’impero quale istituzione divina. (—) pose in risalto l’origine popolare del potere dell’imperatore. Negò ogni autorità alla Chiesa, poiché l’autorità proviene solo dallo Stato. Soltanto quest’ultimo dispone della sanzione. (—) negò l’esistenza di una società specificamente spirituale: è lo Stato che deve provvedere alle esigenze spirituali dei suoi membri. La negazione radicale della Chiesa implica pertanto l’universalità totale dello Stato. Per sfuggire alla persecuzione papale si rifugiò presso Ludovico IV il Bavaro, di cui divenne consigliere. Nel 1328 assunse l’incarico di vicario imperiale per Roma. Dopo il fallimento dell’impresa di Ludovico, fu scomunicato e ritornò in Germania. Altre opere: Defensor minor (1341-1342); De translatione imperii. se ◆ Marsilio da Padova (Padova 1275 - Mo- A 235 © ◆ Martino (Gosia) yr ig ht Giureconsulto del XII secolo. È uno dei quattro dottori [vedi →] che furono discepoli di Irnerio [vedi →]. Fu autore di glosse [vedi → Glossa] al Corpus iuris civilis [vedi →] e di alcune Distinctiones, ossia di scomposizioni analitiche del punto di diritto da esaminare, allo scopo di illustrare tutte le possibili angolazioni di questo. In base a raccolte posteriori di Dissensiones dominorum [vedi →], (—) appare il rappresentante di un’interpretazione elastica del testo, in opposizione alla linea interpretativa di Bulgaro [vedi →], più aderente al significato letterale. C op ◆ Member of Parliament (d. comp.) Membro del Parlamento inglese; più specificamente il termine si riferisce ai membri eletti alla Camera dei Comuni [vedi →]. ◆ Milano [DUCATO DI] Stato costituto il 5 settembre 1395, eretto in ducato dall’imperatore Venceslao (1361-1419) per Gian Galeazzo Visconti (1351-1402). In tal modo ebbe fine l’autonomia dei comuni che già costituivano lo Stato di Milano. Nel 1397 assunse anche la denominazione di ducato di Lombardia e comprese la parte centro-settentrionale della pianura padana: inizialmente Milano, Brescia, Cremona, Pavia, Como, Novara, Vercelli, Bobbio, Tortona, Lodi, Reggio, Parma, Piacenza, Crema, Soncino, Verona, Vicenza, Borgo S. Donnino, Feltre, Pontremoli, Belluno, Sarzana e Bassano. Tuttavia, la politica espansionistica di Gian Galeazzo ampliò il (—) dalle Alpi centrali a Bologna e dagli Appennini a Belluno. Con lui e con i suoi successori parve aspirare a divenire Stato nazionale, giungendo fino a Genova, Pisa, Siena, Spoleto e minacciando la stessa Firenze. . 236 A Missi dominici se li br i S. p. laica (conte o duca), ciò a testimonianza della raggiunta convergenza tra autorità imperiale ed ecclesiastica. I (—) rappresentavano l’imperatore. In ogni località tenevano un’assemblea generale degli uomini liberi, nella quale veniva prestato giuramento di fedeltà all’imperatore, pubblicati i capitolari, raccolte le lamentele contro i funzionari. Ad essi venivano sottoposti i processi giudiziari più gravi, talvolta le denunce tra singoli sul piano morale o religioso, le suppliche delle persone senza difesa (orfani, vedove). Essi svolgevano funzioni amministrative: inchieste sulla riscossione delle imposte, sulla moneta falsa, sulla manutenzione delle strade, sulla conservazione delle proprietà del re, sulla gestione delle chiese. Gli ordini dei (—) in quanto accompagnati dal banno regio, tale da comportare pesanti sanzioni per chi lo violasse, si imponevano a tutti: ai privati, così come ai conti e ai vescovi. I (—) vigilavano sui funzionari, ed avevano anche poteri di revoca degli stessi. Controllavano anche il clero e l’osservanza dei precetti religiosi da parte dei laici. Fin quando l’impero mantenne una forte autorità sui (—), tale istituzione conservò la propria funzionalità. La decadenza dell’impero comportò una sempre maggiore autonomizzazione dei (—), finendo con l’indebolire ulteriormente l’autorità centrale. © Es Con l’improvvisa morte di Gian Galeazzo l’unificazione politica del (—) fu messa in crisi. Seguì un lungo periodo di guerre e di anarchia, che ebbe fine con il nuovo duca Filippo Maria (14121447). Alla morte di questi si estinse la linea ducale dei Visconti. Con il passaggio agli Sforza (1450) il (—) conobbe un periodo di mirabile floridezza. La prosperità del (—) e la minaccia di ulteriori conquiste destarono preoccupazioni naturali negli Stati limitrofi; dopo estenuanti guerre, Venezia con la pace di Lodi (1454) estese le sue conquiste di terraferma fino all’Adda e la Confederazione svizzera s’impadronì della Valle Leventina (1474) e di Bellinzona. Le manovra di Lodovico Sforza detto il Moro (1452-1508), provocando la discesa in Italia di Carlo VIII di Francia (1470-1498) aprirono il disastroso periodo delle lotte tra Spagna e Francia e il (—) divenne preda degli stranieri (in tale periodo si ebbero due brevi restaurazioni sforzesche tra il 1512 e il 1535). Nel 1535, alla morte di Francesco II Sforza, Carlo V d’Asburgo [vedi →] assorbì il (—) nei possedimenti degli Asburgo, conferendo il titolo ducale al figlio Filippo II (1527-1598). Estintasi la dinastia degli Asburgo di Spagna e conclusasi la guerra di successione spagnola (1701-1714), il (—) entrò nel 1714 nell’orbita degli Asburgo d’Austria, subendo notevoli limitazioni territoriali a vantaggio del Piemonte. ◆ Missi dominici C op yr ig ht Funzionari regi istituiti da Carlo Magno [vedi →]. Già sotto i Merovingi [vedi →] esisteva la figura del misso, ma non istituzionalizzata. Con i Carolingi i (—) divennero un organo regolare, attraverso il quale l’imperatore raggiungeva direttamente tutte le popolazioni dell’impero, scavalcando i funzionari. I (—) erano regolati da un capitolare [vedi →] dell’802, in base al quale venivano scelti annualmente tra il personale del Palazzo [vedi → Palatium], in genere tra i ricchi, per evitare possibili venalità. Venivano inviati, in coppia, in una circoscrizione dell’impero (missiaticum) che essi dovevano visitare. Uno dei due (—) era di provenienza ecclesiastica (vescovo o abate), l’altro era di provenienza ◆ Modena e Reggio [DUCATO DI] Eretto Stato a sè nel 1598, quando Cesare d’Este, perduta Ferrara, trasferì la capitale dei suoi possedimenti a Modena, il cui territorio, prima di quel momento, aveva fatto parte del ducato di Ferrara, costituito fin dal 1452. Dopo l’occupazione papale (1511-1527) il ducato fu riconquistato da Alfonso I d’Este ed in seguito si accrebbe del principato di Correggio, del ducato della Mirandola e di altri possedimenti minori. Fu abolito nel 1796 dal Bonaparte e restaurato nel 1814 per la casa di Asburgo-Este. Nel 1831 si accrebbe del ducato di Massa e Carrara e nel 1848 del ducato di Guastalla. I moti rivoluzionari del 1859 permisero il plebi- . Monte Napoleone A 237 p. S. i br ◆ Monarcomachi Dal greco mónarchos (monarca) e machos, da máchestai (combattere). Gruppo di giuristi e storici francesi uniti dalla fede calvinista e dall’odio contro la persecuzione tirannica (fine del XVI secolo). Tra i principali esponenti sono da annoverare: François Hotman [vedi → Hotman François]; Teodoro di Bèze, autore del trattato Du droit des magistrats sur leurs sujets (1575); Hubert Languet e Philippe du Plessis-Mornay, autori delle Vindiciae contra Tyrannos (1579). I (—) ritenevano che tutti i regimi si fondassero sul consenso popolare, ma che ogni potere dipendesse da Dio. Pertanto anche il potere del popolo proveniva da Dio, e la stessa ribellione al tiranno era di diritto divino. I testi dei (—) utilizzavano frequentemente i termini «patto» e «contratto», tanto che si può vedere in essi gli antesignani del contrattualismo [vedi →]. L’influenza dei (—) si avvertì soprattutto in Inghilterra e in Olanda durante il XVII secolo, a favore delle idee liberali, delle quali i (—) furono precursori, pur con delle ambiguità, derivanti dal richiamo alla libertà fatto in nome del dogmatismo. Es Giurista di origine ellenica, vissuto nel III secolo d.C. Fu allievo di Ulpiano [vedi →] (di cui fu un epigono), nonché funzionario dell’amministrazione imperiale: ricoprì, infatti, la carica di praefèctus vìgilum. Per la sua approfondita conoscenza della lingua latina e greca può essere considerato senz’altro l’ultimo grande giurista classico: la sua fama fu sottolineata dal suo inserimento tra i giuristi della legge delle citazioni [vedi → Citazioni (legge delle)]. Elaborò brevi manuali per uso pratico, ma anche autore molto fecondo, scrivendo sia in latino che in greco; tra le sue opere, vanno ricordati: — i libri IX differentiàrum; — i libri VII pandectàrum; — i libri X regulàrum; — i libri X responsòrum; — i libri VI de excusatiònibus; — i libri IV de pœnis; — i libri de praescriptiònibus; — i numerosi libri singulàres in materia successoria e matrimoniale. li ◆ Modestino (Erennio) — dalla eccezionale nobiltà della sua stirpe; — dall’elezione da parte di un’assemblea (monarchia elettiva). Storicamente, si distinguono monarchie assolute (dell’epoca medievale e moderna) e monarchie costituzionali dei nostri tempi, ove il fondamento sacrale del potere del sovrano viene sostituito da quello della sovranità popolare, così come è espresso dalle assemblee elettive. Carattere peculiare della (—), anche elettiva, è la durata vitalizia del potere del monarca. se scito che l’anno successivo deliberò l’annessione del (—) al regno sabaudo di Vittorio Emanuele II. © ◆ Monarchia C op yr ig ht Forma di governo di uno Stato, affermatasi in Europa nell’età dei regni romano-barbarici [vedi →], in cui i poteri di comando (arché) sono nelle mani di uno solo (mónos). La (—) si contrappone alla Repubblica [vedi →], perché in essa vi è insito un elemento di sacralità personale del tutto assente dalle funzioni civili esercitate da un presidente della Repubblica. Si differenzia, inoltre, dalla tirannide e dal dispotismo, perché l’assunzione del comando avviene da parte del monarca in maniera legittima e non arbitraria. Il sovrano può derivare il suo potere: — dal diritto divino; — dalla designazione del suo predecessore, con conseguente trasmissione del potere sacrale; ◆ Mondualdo (o Mundoaldo) Secondo il diritto germanico [vedi →] e in particolare il diritto longobardo [vedi →], egli era il titolare del mundio [vedi →]. ◆ Monte Napoleone Istituto finanziario fondato a Milano, nel quale Napoleone I [vedi → Bonaparte Napoleone], dopo la conquista dell’Italia, fece convergere . 238 A Montesquieu Charles-Louis de Secondat de C op yr ig ht © p. S. i br Es Parigi 1755) Filosofo francese. Legò il suo nome all’opera Lo spirito delle leggi (1748), che apre sostanzialmente il discorso politico dell’Illuminismo [vedi →] ed è all’origine di tutte le formulazioni dei problemi politici e giuridici del secolo dei lumi. Tale opera, vietata in Francia fino al 1751 e messa all’indice dalla Chiesa nel 1752, ebbe nondimeno vastissima risonanza, venne tradotta in molte lingue ed esercitò una durevole influenza. In essa (—) mise in evidenza il rapporto esistente tra le leggi e gli usi, le credenze religiose, i commerci, le dimensioni dei singoli Stati ed introdusse per la prima volta, fra i motivi condizionanti l’assetto giuridico, anche l’ambiente geografico e il clima. L’ambizione principale del filosofo francese era quella di riflettere e condurre un’analisi non su una presunta essenza universale astratta della società, bensì su fatti concreti che compongono (secondo leggi e strutture tutte da scoprire) l’universo storico e sociale dell’uomo. Partendo da un’analisi delle istituzioni delle diverse società, (—) tentò di individuare le leggi che scaturiscono dalla natura dell’uomo e che presiedono alla vita civile di essa. La sua profonda convinzione era che l’insieme dei fenomeni sociali non appartenesse al regno dell’arbitrio o del caso, né fosse frutto di progettazioni consapevoli dell’uomo. Secondo (—) vi è una ragione originaria che regola l’universo e li ◆ Montesquieu Charles-Louis de Secondat de (La Brède, Bordeaux 1689 - le leggi in senso ampio non sono altro che «i rapporti necessari che derivano dalla natura delle cose, e in questo senso tutti gli esseri hanno le loro leggi: la divinità ha le sue leggi, il mondo materiale ha le sue leggi, le intelligenze superiori all’uomo hanno le loro leggi, le bestie hanno le loro leggi, l’uomo ha le sue leggi. Chi disse che una cieca fatalità ha prodotto tutti gli effetti che vediamo nel mondo, disse una grande assurdità: infatti, che cosa ci può essere di più assurdo di una cieca fatalità che avrebbe prodotto esseri intelligenti. Vi è […] una ragione originaria; e le leggi sono le relazioni fra quella ragione e i diversi esseri, e le relazioni di quei diversi esseri tra loro» (Montesquieu). Per comprendere la diversità delle leggi umane è sufficiente immaginarle scaturenti dalla natura dell’uomo, in quanto quest’ultimo agisce secondo i dettami della propria natura e nell’ambito di particolari scenari sociali. La pratica politica, ossia l’arte di governare deve, dunque, tenere conto delle particolarità di ciascuna società, dei suoi condizionamenti extragiuridici (fattori fisico-ambientali, economici, politici) e, complessivamente, della sua storia. L’insieme dei rapporti che intercorrono tra le norme giuridiche ed i diversi piani extragiuridici sottostanti va a formare quello che (—) definisce lo Spirito delle leggi. L’aver postulato l’esistenza di leggi del vivere umano conduce necessariamente (—) ad affermare la presenza di un determinismo specifico delle società politiche, che nega la presenza del libero arbitrio e spiega ogni fatto umano e l’evoluzione della storia come determinati da cause indipendenti dalla volontà di chicchessia. Proprio il determinismo spinge il filosofo francese all’individuazione e all’enumerazione di tutti quei fattori ed elementi che dominano la vita degli uomini. L’analisi condotta da (—) era, in sostanza, rivolta a fornire una soluzione al fondamentale problema di conciliare la libertà dei singoli all’interno di una società caratterizzata da forti antagonismi di classe. La soluzione veniva individuata proprio nella concezione della legge come rapporto necessario e uguale per tutti. se tutti i prestiti pubblici, cancellando quelli dei precedenti governi locali. Le cartelle che incorporarono i prestiti, sul modello degli assegnati [vedi →], erano garantite da immobili, provenienti soprattutto dalla forzata liquidazione del patrimonio ecclesiastico e rendevano il 5%. Alla caduta di Bonaparte, il prestito del (—) venne di nuovo diviso secondo le fonti di origine. I prestiti dei vari Stati italiani si fonderanno di nuovo al momento dell’unificazione, confluendo nel Debito pubblico nazionale. . Mos gallicus A 239 ◆ Morale e diritto S. p. ta del cosiddetto Illuminismo giuridico [vedi → Illuminismo] e, talvolta, anche su quelle dottrine giuridiche dette dell’antilluminismo e della conservazione. se li br i Il rapporto ha (—) è al centro della filosofia del diritto. Entrambi pongono prescrizioni e norme, per cui tra i due ambiti possono sorgere dei conflitti. Può quindi accadere che essi diano valutazioni divergenti della stessa situazione (ad es. ciò che per la morale è dovere, per il diritto può essere vietato, o viceversa). Può anche aversi il caso in cui il diritto «valuti» una morale (ad es. per permetterla o per vietarla), o in cui la morale valuti un diritto (in termini positivi o negativi). In tal senso si pone il problema della valutazione etica del diritto. Una parte della filosofia del diritto è dedicata al fondamento della giustizia. La filosofia moderna appare combattuta tra la necessità e l’impossibilità che il confronto fra (—) rientri nel campo del discorso giuridico e si interroga d’altronde sulle implicazioni morali di determinate posizioni giuridiche. La teoria della giustizia fornisce le norme e i valori morali che servono a giustificare (o a criticare) un assetto sociale e quindi il suo diritto. C op yr ig ht © Es Sempre ne Lo Spirito delle Leggi venne anche elaborato il principio della separazione dei poteri, uno dei concetti fondamentali delle democrazie contemporanee. Dopo aver individuato l’esistenza storica di tre diverse forme di governo (il sistema dispotico, il sistema repubblicano e il sistema monarchico), che condizionano in maniera differente la formazione delle leggi, (—) propone, al fine di evitare i mali del dispotismo, in cui il capriccioso dominio del sovrano prende il luogo dell’autorità costante e certa della legge, la formula della divisione dei poteri in legislativo, esecutivo e giudiziario. Affinché un ordinamento possa garantire la libertà politica dei cittadini è necessario che i tre poteri stiano in una sorta di equilibrio, ossia in un rapporto tale per cui ciascuno di essi non possa prevaricare gli altri due e, per questo motivo, devono essere affidati a organi diversi e separati. Questa concezione della convivenza politica, più che democratica, può essere considerata liberale. Infatti, (—) si limitava a negare al sovrano alcune prerogative, invocando delle garanzie costituzionali che ponessero dei precisi limiti al potere monarchico, mentre il pensiero democratico rivendicava la piena sovranità popolare, accentuando in modo particolare le tematiche della giustizia sociale e dell’uguaglianza. È da sottolineare , inoltre, che la concezione politica elaborata da (—) era intenzionalmente modellata sulla costituzione inglese, peraltro alquanto idealizzata dall’ispirazione razionalistica francese. Durante tutto il periodo illuministico, infatti, i Francesi mostrarono enorme ammirazione nei confronti dello sviluppo politico e scientifico inglese, assumendo l’Inghilterra a modello ideale di tutte le loro aspirazioni. In effetti, il re in Inghilterra aveva la responsabilità dell’esecutivo, divisa con il governo, mentre le rappresentanze dei cittadini (la Camera dei Comuni e la Camera dei Lords) erano titolari del potere legislativo ed una magistratura indipendente si occupava del giudiziario. L’influenza esercitata da un’opera sistematica come Lo Spirito delle Leggi si fece sentire, nelle sue varie parti, su tutte quelle dottrine che a qualche titolo venivano raccolte sotto l’etichet- ◆ Morgengabe [vedi → Teóretro]. ◆ Mos gallicus Metodo di studio e di insegnamento del Corpus iuris civilis [vedi →] diffusosi soprattutto in Francia nel XVI secolo. L’espressione completa suona «mos gallicus jura docendi et discendi». Il (—) si caratterizza per il metodo storicosistematico connesso allo spirito con cui l’umanesimo giuridico [vedi →] si accostava al Corpus giustinianeo. Esso era pervaso dall’idea di una rigorosa critica storico-filologica del testo per recuperarne l’originaria purezza, e non dall’esigenza avvertita dal mos italicus [vedi →] di farlo corrispondere e adeguarlo alle esigenze giuridiche dell’epoca. . 240 ◆ Mundeburdio (o mundeburdium) p. S. i ◆ Murat Gioacchino (La Bastide 1767 - Pizzo di Calabria 1815) Maresciallo di Francia e re di Napoli. Abilissimo condottiero dell’esercito dell’imperatore Napoleone Bonaparte [vedi → Bonaparte Napoleone], rivelò in più occasioni il suo ardimentoso coraggio (battaglia delle Piramidi, di Marengo, di Austerlitz). Nel 1808 sposò la sorella di Napoleone, Carolina. Nel 1808, per concessione dell’imperatore stesso, divenne re di Napoli, ove proseguì l’opera riformatrice avviata da Giuseppe Bonaparte [vedi → Bonaparte Giuseppe]. Durante il suo governo, il Regno di Napoli godette di enormi vantaggi, liberandosi solo allora dei residui del Medioevo, (—) vi riorganizzò l’esercito, l’amministrazione e il sistema tributario; promulgò il Codice napoleonico [vedi → Code Napoléon] e intraprese le grandi opere pubbliche, tra cui la creazione del Banco di Napoli [vedi → Riforme murattiane]. Quando Napoleone tornò in Francia (—) lo seguì, assumendo il comando delle truppe, ma lo lasciò poco dopo per far ritorno a Napoli (1813). Stipulò poi un trattato con gli Austriaci (1814) per conservare la corona nell’eventualità della sconfitta di Napoleone, ma durante i cento giorni ig ht © Es Noto anche come mundio [vedi →] regio. Era la protezione accordata, presso i merovingi [vedi →] dal re a tutti i sudditi. In particolare il (—) si esplicava nei confronti di coloro che erano senza difesa (orfani, vedove, poveri, ma anche ebrei) ai quali la protezione veniva accordata tramite una carta. In caso di danno arrecato al soggetto tutelato, la competenza a giudicare era del tribunale del re [vedi → Placitum] e la pena applicata era doppia o tripla di quella ordinaria. Il (—) poteva inoltre essere concesso ad enti e collettività o a persone con particolare dignità (vescovi, ufficiali). Se concesso a chiese o enti ecclesiastici, aveva come conseguenza il riconoscimento di immunità e l’esercizio di poteri di controllo. br Metodo di studio e di insegnamento del Corpus iuris civilis [vedi →] nato in Italia e diffusosi in molti paesi d’Europa. L’espressione completa suona «mos italicus jura docendi et discendi». Il (—) si identifica con il metodo dei commentatori [vedi →], oltre che dei glossatori [vedi →]. Tale metodo si caratterizzava per la tendenza a considerare il diritto giustinianeo come un diritto vivo e quindi a renderlo praticabile. Il (—) ebbe un ruolo notevole nella diffusione del diritto comune [vedi →] in molti paesi europei, conservando i suoi caratteri pratici fino all’epoca della codificazione [vedi →]. li ◆ Mos italicus niale, consistendo nel diritto-potere di amministrare i beni della donna, considerata incapace di agire, e di assisterla nel compimento di atti giuridici, anche di quelli relativi a beni di sua proprietà. Il (—) era esercitato dal mondualdo o mundoaldo. Questi poteva essere un parente compreso il figlio minorenne della vedova, oppure la curtis regia. Senza l’approvazione del mundoaldo gli atti giuridici della donna non erano validi. Il (—) poteva essere trasferito per successione o per atto di disposizione. Il mundoaldo aveva dei poteri personali sulla donna, il cui abuso poteva portare alla decadenza del titolare, a meno che questi fosse il padre o il fratello. Rotari [vedi → Editto di Rotari] ribadì l’impossibilità giuridica della donna di liberarsi da tale istituto. All’elemento patrimoniale si aggiunse, successivamente un contenuto protettivo, anche se il primo rimase prevalente. se Il (—) è legato alla scuola culta [vedi → Culti (scuola dei)], il cui fondatore fu il milanese Andrea Alciato [vedi → Alciato Andrea], e poi diffusasi in Francia, Svizzera e Germania. A Mos italicus ◆ Mundio (o mundium) C op yr Istituto del diritto germanico [vedi →] che assunse nei vari ordinamenti delle caratteristiche diverse. Nell’antico diritto germanico, esso indicava il potere del capofamiglia sugli altri componenti del gruppo e la tutela da questi esercitata. In particolare, nel diritto longobardo [vedi →] il (—) aveva carattere essenzialmente patrimo- . Muratori Ludovico Antonio A 241 C op yr ig ht © p. S. i Es se 1672 - Modena 1750) Storico, giurista ed erudito italiano. Sacerdote, divenne prefetto della Biblioteca Ambrosiana di Milano e della Estense di Modena. Come storico si occupò del primo Medioevo, ordinando una monumentale raccolta di fonti (Rerum italicarum scriptores, 28 volumi tra il 1723 e il 1751). Nelle Antiquitates italicae Medii Aevi (6 volumi tra il 1738 e il 1742) discusse 75 dissertationes sui più vari problemi della vita medio- br ◆ Muratori Ludovico Antonio (Vignola evale, documentate da un numero considerevole di carte pubbliche e private. Tra il 1744 e il 1749 scrisse gli Annali d’Italia. Si può considerare il fondatore della storiografia moderna su basi documentarie. L’opera di (—) invita infatti al contatto diretto con le fonti e si contrappose alla storiografia che dava giudizi di valore sul Medioevo senza averne studiate le fonti. La «riscoperta» del Medioevo fatta da (—) troverà fertili sviluppi nel clima della cultura romantica. Tra le opere giuridiche: De codice carolino sive de novo legum codice instituendo (1726, ma inedito fino al 1935) e Dei difetti della giurisprudenza (1742). Nella prima propose la formazione di un nuovo testo legislativo, nella seconda criticò severamente lo stato di incertezza del mondo giuridico e forense dell’epoca. li lanciò da Rimini un proclama (30 marzo 1815), chiamando gli italiani alla lotta. Sconfitto dagli Austriaci a Tolentino, fu privato del regno e si rifugiò in Corsica. Pochi mesi dopo sbarcò a Pizzo Calabro per riprendere il trono, ma fu catturato dai Borbone [vedi →] e fucilato.