Storie di naufragi Il naufragio della London Valour Ma la vera tragedia di quei terribili momenti, la si lesse negli occhi delle persone che miracolosamente riuscirono a salvarsi. Gli uomini che al momento dell’impatto si trovavano sulla parte poppiera della nave, libera dalla diga, riuscirono a gettarsi in mare e furono salvati dalle pilotine Giancarlo Cerutti Socio del Gruppo di Alassio a nulla valse la manovra del Comandante che diede fondo anche alla seconda ancora. Nel frattempo si erano allertati tutti i servizi del porto. Erano uscite due pilotine con i Piloti a bordo e quattro rimorchiatori che purtroppo non riuscirono, dato il mare burrascoso, ad agganciare la nave. Alle 14.22 dopo un rapido scarroccio la nave impattò contro gli scogli della parte estrema della diga di levante del porto di Genova. Sarebbero bastati altri 50 mt. e la nave avrebbe scapolato la diga e si sarebbe arenata sulla spiaggia della Foce, sicuramente con minori tragiche conseguenze. L’impatto con la scogliera della diga fu disastroso ed i colpi di mare che si susseguivano sbattendo la nave contro gli scogli, la resero in breve tempo un relitto irrecuperabile. L a London Valour era una nave da carico inglese varata nel 1956. Aveva una stazza lorda di 15.875 tonn., una lunghezza f.t. di 174,73 mt. - una larghezza di 21,43 mt. L’equipaggio era composto da varie nazionalità per complessive 56 persone. Al momento del naufragio risultavano 58 persone in quanto erano presenti a bordo anche le mogli del Comandante e dell’Ufficiale marconista. La nave era partita da Novorossisk il 2 aprile 1970 con un carico di 23.606 tonn. di cromo diretta a Genova dove giunse il 7 aprile 1970. Diede fondo all’ancora in rada in attesa dell’ormeggio. I fatti: 9 aprile 1970 Si preannunciava una bella giornata primaverile con sole e temperature gradevoli. In mattinata il mare era calmo e nulla faceva apparentemente prevedere l’arrivo di tempo cattivo ad eccezione della pressione barometrica che tendeva a calare. A mezzogiorno il barometro era sceso a 748mm. Vi era completa mancanza di vento ma il mare cominciava a gonfiarsi e onde alte diversi metri tendevano a montare la diga. I bollettini meteo davano una perturbazione in arrivo ma non particolarmente violenta. Nel primo pomeriggio il vento cominciò a soffiare violentemente da Libeccio sino a raggiungere forza 7/8. In pari tempo il mare divenne burrascoso e raggiunse forza 6/7. Era la tipica burrasca frequente sull’alto Tirreno e sul Mar Ligure nei mesi primaverili ed autunnali ma purtroppo, in quella giornata, particolarmente violenta ed improvvisa. In simili frangenti per le navi alla fonda in rada, è buona norma e consuetudine marinaresca, salpare le ancore, allontanarsi dalla costa e rimanere in navigazione alla cappa sino a che il tempo non migliori 12 Marinai d’Italia Ottobre 2014 (navigare alla cappa significa affrontare il tempo cattivo presentando la prora al mare ad una velocità minima per poter governare la nave con sicurezza. Questa manovra la si fa anche in pieno oceano quando si incontrano violenti cicloni o tempo particolarmente avverso). In breve tempo tutte le navi in rada salparono le ancore ad eccezione della London Valour. A tragedia avvenuta, si seppe che durante la sosta, il personale di macchina approfittò per fare lavori alla turbina principale e di conseguenza la nave non era pronta alla navigazione. Un’imprudenza ingiustificabile che purtroppo venne pagata a caro prezzo. A quel tempo chi scrive non era ancora Pilota del Porto di Genova ma al Comando di un traghetto in navigazione quel giorno da Catania a Genova e ricorda perfettamente i valori del vento trasmessi dalle stazioni meteo di Capo Mele e di Genova: vento da SW 75 nodi – mare da SSW forza 6/7. Valori eccezionali per i nostri mari. La London Valour, spinta dalla forza del vento e del mare, cominciò a scarrocciare pericolosamente verso la diga del porto ed La “cattiveria” del mare in quella giornata dei Piloti, dalla motovedetta della Capitaneria di Porto e dai rimorchiatori. Le persone dell’equipaggio che si trovavano al centro nave erano quelle più in pericolo e tra esse vi fu il maggior numero di vittime. Tragica fu la sorte della moglie del Comandante che morì cadendo sugli scogli dal “va e vieni“ installato dai Vigili del Fuoco tra la diga ed il cassero centrale della nave. Analoga sorte capitò anche alla moglie dell’Ufficiale marconista. Il bilancio delle vittime fu pesante e doloroso; nel disastro morirono 22 persone compreso il Comandante della nave. Si salvarono 36 membri dell’equipaggio. Parlando del naufragio della London Valour Testo e musica di Fabrizio de André e Massimo Bubola 1978 I marinai foglie di coca digeriscono in coperta il capitano ha un amore al collo venuto apposta dall’Inghilterra il pasticcere di via Roma sta scendendo le scale ogni dozzina di gradini trova una mano da pestare ha una frusta giocattolo sotto l’abito da tè. Il cassero centrale della nave. Sulla sinistra della foto la pilotina si arrampica su un’onda E la radio di bordo è una sfera di cristallo dice che il vento si farà lupo il mare si farà sciacallo il paralitico tiene in tasca un uccellino blu cobalto ride con gli occhi al circo Togni quando l’acrobata sbaglia il salto. E le ancore hanno perduto la scommessa e gli artigli i marinai uova di gabbiano piovono sugli scogli il poeta metodista ha spine di rosa nelle zampe per far pace con gli applausi per sentirsi più distante la sua stella sì e oscurata da quando ha vinto la gara del sollevamento pesi. E con uno schiocco di lingua parte il cavo dalla riva ruba l’amore del capitano attorcigliandole la vita il macellaio mani di seta si è dato un nome da battaglia tiene fasciate dentro il frigo nove mascelle antiguerriglia ha un grembiule antiproiettile tra il giornale e il gilè. Le cause E il pasticciere e il poeta e il paralitico e la sua coperta si ritrovarono sul molo con sorrisi da cruciverba a sorseggiarsi il capitano che si sparava negli occhi e il pomeriggio a dimenticarlo con le sue pipe e i suoi scacchi e si fiutarono compatti nei sottintesi e nelle azioni contro ogni sorta di naufragi o di altre rivoluzioni e il macellaio mani di seta distribuì le munizioni. Come già brevemente accennato la causa principale della tragedia fu la leggerezza nel permettere l’esecuzione di lavori alla motrice principale e il non rendere la nave pronta per qualsiasi emergenza. La Corte Reale di Giustizia di Londra il 17.5.1972 emise la seguente sentenza: il naufragio e la conseguente perdita della London Valour fu causata dall’errata condotta del Comandante Donald Marchbank Muir. Nella stessa sentenza si loda il comportamento del personale Italiano, Piloti, Rimorchiatori, Capitaneria di Porto, Ormeggiatori, Vigili del Fuoco, Pilota dell’elicottero, che si prodigarono, a rischio della propria vita, per salvare 36 membri dell’equipaggio. Il relitto della London Valour fu reso parzialmente galleggiante con l’immissione nello scafo di una enorme massa di palline di polistirolo. Fu preso a rimorchio da un rimorchiatore oceanico per essere trasportato ed affondato nella fossa delle Baleari a 3500 mt. di profondità, ma durante la navigazione si incontrò tempo avverso ed affondò in una zona tra Imperia e Capo Corso ad una profondità di 2.640 mt. alle ore 02.58 del 13 ottobre 1971, eruttando migliaia e migliaia di palline di polistirolo che in piccola parte spiaggiarono anche nella rada di Alassio. Terminò cosi l’odissea di questa tragica e sfortunata nave che detiene il triste e doloroso primato del numero di vittime nel porto di Genova e che ci insegnò, se ancora una volta ce ne fosse bisogno, che il mare è una cosa meravigliosa, da amare, ma sopratutto rispettare e temere. nnn Marinai d’Italia Ottobre 2014 13