Ho chiuso la porta di casa? Mi sono ricordata di mettere lo spazzolino da
denti che ho usato questa mattina, nella valigia? Non ho dimenticato
nulla? Un viaggio inizia con queste banali insicurezze, poi arrivi in
stazione, all’aereoporto, sali sulla nave e tutto incomincia a mettersi in
moto; ed è allora che ti dimentichi delle preoccupazioni quotidiane, ed
entri in una realtà inesplorata. Le fotografie di Luigi Vegini vibrano di
questa tensione verso il cambiamento. C’è, nelle sue immagini,
un’atmosfera carica di aspettative, come una sospensione del respiro dopo
l’inspirazione. Sei gettato dentro al viaggio: tutto può succedere!
“Viaggiare è una brutalità.” Scrive Cesare Pavese: “Obbliga ad avere
fiducia negli stranieri e a perdere di vista il comfort familiare della casa e
degli amici. Ci si sente costantemente fuori equilibrio. Nulla è vostro,
tranne le cose essenziali”
Nel viaggio lasci le sicurezze della routine e dell’abitudine a favore del
caso. Quando il treno si muove, quando l’aereo decolla, quando la nave
lascia il porto, avete mai provato a guardare il volto delle persone vicino a
voi? Luigi lo fa, lui cerca la sua paura, la sua eccitazione, le sue
insicurezze, nei suoi compagni stranieri di viaggio. Non c’è una visione
romantica ed avventurosa dell’esplorazione, ma nelle sue foto c’è la
tensione verso l’incognito e l’inquietudine. Non c’è calma, nè
movimento, ma un silenzio assordante.
Dettagli e insiemi, solitudini e folle.
Il viaggio, tema affrontato da molti fotografi è in fondo una necessaria e
coraggiosa impresa, perchè, come disse Josef Koudelka:
“Quando vivi in un luogo a lungo, diventi cieco perché non osservi più
nulla. Io viaggio per non diventare cieco.”
Patrizia Riviera