SETTEMBRE 2015 Cristo, so di essere amato per quello che è propriamente mio: la mia povertà; e sento il bisogno di amare per quanto, in proporzione, mi venne e mi viene ogni giorno perdonato. Credo nell’inestimabile dono della libertà, che illumina ma non costringe. So di portare dentro la presenza, il fermento di una speranza che va al di là della brevità della nostra giornata. Sento che la vita ha un ordine di sacrificio a cui non ci si può rifiutare, senza sentirsi colpevoli; la vita è un dovere, la vita è un costo, la vita è un impegno, la vita bisogna guadagnarsela. MONASTERO invisibile Questo numero del “Monastero” è stato preparato in collaborazione Don Primo Mazzolari con le Sorelle della Misericordia di Verona presenti a Mantova dal 1868. Accogliendo il dono della misericordia di Dio – sulle orme di don Carlo Steeb e di madre Vincenza M. Poloni – le sorelle cercano di vivere il carisma della misericordia per “onorare nostro Signor Gesù Cristo come sorgente e modello della vera carità, servendolo corporalmente e spiritualmente nella persona dei poveri, siano ammalati, fanciulli, od altri che arrossiscono di manifestare la loro povertà pubblicamente”. Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 15,9­17) Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri. L’amore secondo Gesù ha un nome: si chiama agape ed è un sentimento di compassione verso gli altri che si manifesta nell’impulso di donare loro qualcosa di proprio. L’uomo ama tante cose: posa gli occhi su di esse e cerca di appropriarsi di ciò che gli serve per svilupparsi. L’eros ci spinge ad acquistare beni per noi stessi, l’agape ci fa rinunciare a questi stessi beni a vantaggio dei fratelli. La perdita a cui Gesù ci espone, chiedendoci di amare come egli ci ha amati, non è irrisoria: egli domanda tutta la vita. L’amore dunque è ciò che ci rende più simili a Dio che in Gesù dona tutto se stesso per noi. In Dio l’amore non è una perdita, poiché il Padre dona tutto se stesso al Figlio e questi offre tutta la sua volontà al Padre. Questo amore Gesù può comandarlo, perché non dipende anzitutto da noi: è lui che ci ha scelti e ci ha consegnato la facoltà di amare sino alla fine come sposi, figli, amici, padri, madri, fratelli… Se è agape, il nostro amore è inossidabile, perché radicato nell’amore di Dio. Di questo non possiamo dubitare: non siamo servi ma amici. Possiamo dunque godere della familiarità con Dio e partecipare dell’amore totale con cui il Padre e il Figlio si amano. Solo ciò che sappiamo donare ci appartiene veramente, sviluppa la nostra personalità e porta frutto per l’eternità. 1. “Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore” Come un bimbo nel grembo della madre non la vede, ma ha mille segni della sua presenza che lo nutre, lo scalda, lo culla, così anche noi: siamo immersi in un oceano d’amore e spesso non ce ne rendiamo conto. L’amore è da Dio: amore a prescindere, asimmetrico, incondizionato. Che io sia amato dipende da lui non da me: io posso solo decidere se rimanere o no in questo amore e come corrispondergli. In questo tempo di preghiera faccio risuonare in me questo invito a ‘rimanere’ e chiedo il dono dello Spirito per coglierne la priorità su tutto il resto. 2. “Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” L’amore è una “cosa seria”: ne va della nostra gioia. Essa è un segno: ti assicura che stai camminando bene, sulla via giusta. Capita tuttavia di sperimentare una gioia “frizzante” che fa tanta schiuma ma non disseta, perché è un surrogato. Quando se ne va lascia un vuoto che vorresti subito riempire. In questo tempo di preghiera chiedo a Dio che mi mostri dove sto riponendo la mia gioia: in quali rapporti, in quali esperienze, in quali sogni. Gli domando la gioia di amare come Gesù che si cinge di un asciugamano per lavare i nostri piedi. 3. “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto” È difficile fare delle scelte, soprattutto se definitive come sposarsi, mettere al mondo un figlio o consacrare la propria vita per i fratelli: abbiamo paura, sorgono dubbi… spesso il disimpegno prende il sopravvento. In questi momenti ci aiuta ricordare che il nostro essere – ciò che siamo e ciò che possiamo diventare – dipende anzitutto dalla scelta di Dio che ci chiama per primo e non viene meno nella sua fedeltà. Nell’amicizia con lui troviamo la forza di portare frutti che rimangono e danno gioia. In questo tempo di preghiera chiedo la consapevolezza di sapermi scelto da Dio, per scoprirmi capace di quotidiane scelte di coraggio nell’amore.