Parole e Parola - Facoltà Teologica dell`Italia Settentrionale

FACOLTÀ TEOLOGICA DELL’ITALIA SETTENTRIONALE
Parole e Parola
Letteratura e teologia
Milano, 23-24 febbraio 2016
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Il mito racconta. La scrittura apre il pensiero
Prof. Rocco Ronchi
L
a critica platonica della scrittura ha un
senso eminentemente etico.
Criticando la scrittura Platone afferma il
primato della dimensione pragmatica e
pedagogica della comunicazione filosofica
rispetto alla mera semantica delle idee.
I vari modelli che sono stati proposti per
spiegare la critica platonica della scrittura
– quello “oralista” di Havelock, quello
“esoterico” della Scuola di Tubinga, quello
“decostruzionista” di Derrida – trascurano
tutti questa dimensione. Platone scrittore
deve essere invece compreso all’interno di
tale orizzonte.
La critica platonica della scrittura
alfabetica è posta a conclusione di un
dialogo che ha per tema l’amore (è meglio
darsi a chi ama o a chi non ama?) e la
distinzione tra buona e cattiva retorica.
Platone non disdegna il medium alfabetico
perché preferirebbe per la comunicazione
filosofica il medium orale-aurale. Platone
disdegna una comunicazione ridotta alla
dimensione del medium, alla dimensione
cioè della “trasmissione” di significati
disincarnati da una “fonte” ad un
“ricevente” sciolti da ogni comune
contesto condiviso: una comunicazione deeroticizzata e de-mitizzata.
Nella critica della scrittura è perciò in
questione un’idea del sapere, della sua
produzione e della sua circolazione. E tale
critica non risparmierà nemmeno la
platonica “teoria delle idee”, la quale nella
sua versione “obiettivistica” ne viene
senz’altro investita (nel Parmenide).
È certamente l’algoritmo alfabetico che ha
generato la possibilità di un sapere
desomatizzato e oggettivato nella memoria
artificiale dei “testi”. Ed è dunque verso di
esso che si dirige il sospetto di Platone.
Ciò non esclude affatto che anche nella
forma
scritta
possa
darsi
una
comunicazione che mantenga vivo nel
detto
questa
dimensione
eroticopedagogica, che sia cioè una paradossale
didachē in absentia.
Platone non è stato infatti un grande
scrittore (il più grande?) nonostante la sua
critica della scrittura. Lo è stato proprio
grazie ad essa e a causa di essa.