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SIMONE
EDIZIONI
Estratto della pubblicazione
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Gruppo Editoriale Esselibri - Simone
Copyright © 2006 Esselibri S.p.A.
Via F. Russo 33/D
80123 Napoli
Azienda certificata dal 2003 con sistema qualità ISO 14001 : 2004
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È vietata la riproduzione anche parziale
e con qualsiasi mezzo senza l’autorizzazione
scritta dell’editore.
Per citazioni e illustrazioni di competenza altrui, riprodotte in questo libro,
l’editore è a disposizione degli aventi diritto. L’editore provvederà, altresì, alle
opportune correzioni nel caso di errori e/o omissioni a seguito della segnalazione degli interessati.
Prima edizione: aprile 2006
PK7/2
ISBN 88-244-7782-8
Ristampe
8 7 6 5 4 3 2 1
2006
2007
2008
2009
Questo volume è stato stampato presso
Officina Grafica Iride
Via Prov.le Arzano-Casandrino, VII Trav., 24 - Arzano (NA)
Per informazioni, suggerimenti, proposte: [email protected]
Autore:
Rossella Micillo
Si ringrazia per la collaborazione: Alessia Rapone
Grafica e copertina:
Gianfranco De Angelis
Presentazione
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Il volume offre un quadro completo delle correnti filosofiche e dei
pensatori dell’età moderna, nel periodo compreso tra l’umanesimo e
l’illuminismo.
Anche i concetti più complessi sono espressi in un linguaggio semplice ma mai semplicistico e i termini specifici del lessico filosofico sono
chiariti in glosse esplicative inserite nel testo.
L’opera è arricchita da schede biografiche sugli autori principali e da
rubriche che facilitano la comprensione dei temi trattati: Paralleli &
confronti, che riassume in maniera schematica gli elementi di somiglianza e differenza tra i diversi filosofi e Leggere i testi, una scelta
antologica dei brani più significativi tratti dalle opere dei principali
autori.
Ogni capitolo si conclude con un Test di verifica con soluzioni commentate, che consente di autovalutare il livello di preparazione raggiunto.
Estratto della pubblicazione
Estratto della pubblicazione
1. Umanesimo e Rinascimento
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Di cosa parleremo
La civiltà rinascimentale si sviluppa tra Quattrocento e Cinquecento sulle
ceneri dell’Impero, sotto la spinta di numerosi filosofi, artisti e intellettuali
che danno nuovo impulso alla cultura e alle scienze sociali. Importanti cambiamenti si registrano soprattutto in campo economico, in relazione all’intensificarsi degli scambi sulle nuove rotte commerciali inaugurate all’indomani delle scoperte geografiche di fine ’400. L’allargamento dell’asse commerciale all’Atlantico favorisce l’ascesa della classe emergente sulla scena
economica europea: la borghesia mercantile. La cultura cessa di essere
appannaggio delle università e degli istituti religiosi e guadagna nuovi spazi
di espressione. L’attenzione dedicata all’uomo e alla sua vita sociale contribuisce alla diffusione del termine umanesimo, che indica l’aspetto più strettamente culturale del periodo rinascimentale. In senso più ampio, per rinascimento si intende la fioritura artistica, culturale e sociale che ha il suo
centro propulsore nelle corti signorili a cavallo dei due secoli. In questo capitolo sono analizzate due principali posizioni filosofiche: il platonismo,
che guarda alle opere di Platone come modello a cui fare riferimento soprattutto in ambito religioso, e l’aristotelismo, concentrato principalmente
sull’indagine scientifica e razionale dei fenomeni naturali. Nel contesto più
strettamente politico, sono di seguito presi in esame i contributi di Moro e
Campanella, Machiavelli e Botero.
Le ricerche filologiche di Lorenzo Valla e di Erasmo da Rotterdam. La cultura rinascimentale si concentra sull’uomo e la sua vita
civile. Gli umanisti riscoprono il valore dell’individuo e l’importanza
del suo rapporto con la natura, la politica, la fede, in un’ottica antropocentrica che si fa spazio dopo secoli di oscurantismo medievale. L’attenzione degli studiosi ritorna sui testi classici greci e latini nelle loro
versioni originali, lontane dalle distorsioni operate dagli intellettuali
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1. Umanesimo e Rinascimento
1) Il clima culturale
1. Umanesimo e Rinascimento
del Medioevo che avevano censurato la celebrazione dei valori dell’esistenza, delle arti, della vita sociale in nome della spiritualità e del
rigore religioso. In tal senso una delle figuEpicureismo: indirizzo filosore più significative del Quattrocento è Lofico della scuola di Epicuro
renzo Valla (1407-1457). Egli opera un tenche pone alla base della cotativo di ripresa dell’epicureismo, riscattanoscenza la sensazione, vale
to però su basi cristiane. L’opera Del vero e
a dire l’impressione che i corpi esercitano sull’anima umadel falso bene è contrassegnata da una polena. La scelta morale, per gli
mica contro l’ascetismo stoico e monastico,
epicurei, è dettata dalle senai quali il Valla contrappone un recupero
sazioni di piacere e di dolore.
del “piacere” inteso in senso vasto, e non
solo come piacere dei sensi. In quanto frutto della natura, esso non
può essere considerato peccaminoso. Il piacere è creato dunque da
Dio e denota la condizione di beatitudine dell’anima in Paradiso.
Valla fu, oltre che filosofo, storico e filologo: la ricerca storica e la
filologia assumono un’importanza centrale nella riscoperta dei contenuti originari delle opere antiche. In questo
Donazione di Costantino: docontesto è da ricordare il Discorso sulla falcumento in base al quale l’imsa e menzognera donazione di Costantino
peratore Costantino avrebbe
in cui Valla, grazie ai suoi rigorosi studi sui
donato a papa Silvestro I il patesti latini, è in grado di dichiarare falsa la
lazzo del Laterano e tutti i territori appartenenti a Roma,
Donatio Constantini, dimostrando che il
all’Italia e alla parte occidendocumento era stato scritto in epoche suctale dell’Impero consacrando,
cessive a quella dell’imperatore romano.
di fatto, il potere temporale
della Chiesa.
Di grande spessore filologico anche la
figura di Erasmo da Rotterdam (14691536), importante studioso dei testi della tradizione cristiana. Nel suo
Manuale del milite cristiano (1503) Erasmo sostiene che l’arma con la
quale il vero cristiano può difendersi dal degrado morale della Chiesa
e della società è la rilettura dei testi sacri. Egli si dedica personalmente
all’edizione critica e alla traduzione del Nuovo Testamento proprio per
consentire ad un numero maggiore di fedeli di leggere direttamente il
testo, senza dover ricorrere all’interpretazione di altri. La ricostruzione
filologica dell’opera e la corretta edizione dello stessa hanno, dunque,
un significato assai preciso, che va al di là della mera operazione eru6
Estratto della pubblicazione
dita. L’attenzione di Erasmo è concentrata soprattutto sul tentativo di
ripristinare il rigore etico della Chiesa. Nel suo libro più noto, Elogio
della follia (1509), il filosofo olandese critica con ironia e sarcasmo la
società del suo tempo, prendendosi gioco dei dotti e dei predicatori
che, con la loro artificiosità linguistica, rendono incomprensibili i messaggi della fede cristiana. La follia, per Erasmo, è l’estrema saggezza
dell’uomo che segue il messaggio cristiano, animato da entusiasmo e
generosità, seppur a costo di apparire pazzo agli occhi degli altri. La
follia abbatte i veli che impediscono la comprensione della realtà e
mostra i veri volti di coloro che indossano maschere: essa è rivelatrice
della verità.
Il culmine della follia sta nella fede: “I pazzi più frenetici sono
proprio coloro i quali siano alfine afferrati per intero dall’ardore della
cristiana pietà”.
Il recupero delle fonti della tradizione religiosa al fine di un
rinnovamento morale è un tema che sarà ripreso e condiviso da
Lutero poco più tardi, il quale opererà un salto ulteriore che finisce
per frantumare l’unità cristiana e segna la nascita della Chiesa protestante.
Leggere i testi
La rinascita del platonismo: Marsilio Ficino e Pico della Mirandola.
Con l’umanesimo si ha un ritorno a Platone, filosofo apprezzato per
l’attenzione rivolta all’uomo e al suo rapporto con le idee e con la
spiritualità. Le sue opere appaiono utili agli umanisti per cercare risposte all’inquietudine e alla problematicità dell’uomo moderno. Molti testi di Platone sono tradotti per la prima volta in latino da Marsilio
Ficino (1433-1499), fautore di una filosofia che afferma il primato
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Estratto della pubblicazione
1. Umanesimo e Rinascimento
Il sapiente si rifugia negli scritti degli antichi e ne ricava solo disquisizioni linguistiche. Il folle, invece, accostandosi da vicino ai pericoli e ai rischi, conquista, se
non mi sbaglio, la vera saggezza. Questa cosa dovette vederla molto bene Omero,
anche se era cieco, quando disse: “Il folle comprende ogni fatto”.
Da Elogio della follia
1. Umanesimo e Rinascimento
dello spirito e della trascendenza e che si Trascendenza: ciò che travafonda sulla convinzione che l’anima sia im- lica i limiti dell’esperienza, che
mortale. Per Ficino l’anima umana è al cen- è al di là della realtà fenomenica.
tro dell’universo, posta tra la perfezione di
Dio e la materia informe; questa sua collocazione la rende sintesi degli esseri inferiori e, al tempo stesso, le
conferisce la possibilità di tendere all’infinito. Questa posizione è espressa nel suo testo principale, la Teologia platonica de immortalitate animorum (1482) in cui sono ripresi tutti i temi cari a Platone e, tra questi,
la concezione dell’universo come un tutto gerarchicamente ordinato
da Dio. La filosofia di Ficino è da lui stesso definita una pia philosophia, vale a dire una disciplina che si origina nella Rivelazione e che
coincide con la religione.
Il platonismo di Pico della Mirandola (1463-1494) si esprime nella sua concezione della circolarità del tutto, che si origina e si conclude nell’uno (Dio). A differenza di quelle plaopera della tradiziotoniche, però, le sue teorie sono nutrite di Cabala:
ne ebraica mistico-religiosa
elementi magici e cabalistici . Per Pico del- che si crede trasmessa da Dio
la Mirandola l’uomo può recuperare se stes- a Mosè, e che fornirebbe una
so attraverso la fusione del sapere filosofi- chiave interpretativa dell’origine dell’universo attraverso
co e religioso, aiutandosi con la Cabala per simbolismi e rivelazioni iniziaavvicinarsi ai misteri divini. La Cabala è una tiche.
dottrina mistica legata alla religione ebraica
e viene considerata una rivelazione particolare fatta agli ebrei da Dio.
La Cabala unisce un aspetto puramente dottrinale a uno magico, consistente in una sorta di autoipnosi destinata a realizzare una speciale
contemplazione e fondata sul potere sacro della lingua ebraica, su
quello proveniente dagli angeli invocati e dai dieci nomi indicanti i
poteri e gli attributi di Dio detti “sefirot”. Pico si dedica dunque allo
studio della lingua ebraica, senza la cui conoscenza non è possibile
praticare la Cabala. Nel 1486 presenta a Roma le 900 Tesi ispirate alla
filosofia, alla Cabbala e alla Teologia. Alcune di queste vengono però
giudicate eretiche e, a causa di ciò, Pico è costretto a fuggire in Francia. Sarà poi perdonato da Papa Alessandro VI grazie all’intercessione
di Lorenzo il Magnifico.
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Estratto della pubblicazione
La dotta ignoranza di Cusano. Niccolò Cusano (1401-1464) è una
delle personalità di maggior rilievo del Quattrocento. Di origini tedesche, ma italiano per formazione, studia a Padova. Viene ordinato
sacerdote nel 1426 ed è nominato cardinale nel 1448. Egli pone al
centro delle sue riflessioni la natura della conoscenza umana e i suoi
limiti. Nella sua opera principale, Dotta ignoranza (1440), Cusano sostiene che la conoscenza si acquisisce attraverso un progressivo paragone tra oggetti definiti: quando siamo nell’ambito del mondo sensibile la conoscenza, semplice o complessa, si sviluppa riconducendo ciò
che ci è ignoto a qualcosa che già si conosce. L’apprendimento parte
dunque da una congettura che, verificata attraverso le conoscenze pregresse, può diventare sapere acquisito o essere rifiutata come ipotesi
sbagliata. Di fronte a ciò che non si riesce a comprendere perché
lontano da ogni termine di paragone con le conoscenze già accertate,
l’uomo non può far altro che proclamare la sua dotta ignoranza,
constatare, cioè, il suo limite. È il caso del rapporto con Dio, che è
fuori dalla portata della conoscenza umana: di fronte all’infinito e all’indecifrabilità del divino, l’uomo deve ammettere necessariamente il
suo non sapere. La mente umana anela, infatti, all’infinito, ma tale
ricerca si deve sviluppare mantenendo una rigorosa consapevolezza
critica. Scrive Cusano: “L’intelletto finito non può intendere in modo
preciso la verità delle cose per via di somiglianza. La verità non è né
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Estratto della pubblicazione
1. Umanesimo e Rinascimento
L’opera più famosa di Pico, vale a dire Il discorso sulla dignità
dell’uomo, doveva essere una prefazione alle Tesi. Il testo, divenuto
importantissimo per l’umanesimo, parte dalla considerazione che nulla vi sia nell’universo di più meraviglioso dell’uomo. L’individuo, infatti, è l’unico essere non ontologicamente determinato, perché la sua
natura è costituita in modo tale che egli debba sempre plasmarsi e
scolpirsi secondo la forma prescelta. In tal modo l’uomo può innalzarsi alle forme di vita più alte, egli è libero e può essere artefice di se
stesso. “Non ti ho dato, o Adamo, né un posto determinato, né un
aspetto proprio, né alcuna prerogativa tua, perché quel posto, quell’aspetto, quelle prerogative che tu desidererai, tutto secondo il tuo
voto e il tuo consiglio ottenga e conservi”.
un più né un meno, consiste in qualcosa di indivisibile e non può con
precisione misurarla”.
Cusano nega che fuori da Dio possa esistere una qualche forma di
perfezione: l’universo non ha un centro, né cieli o sfere incorruttibili;
tutte le sue parti hanno pari valore, per cui non sono disposte in ordine gerarchico, come le voleva Aristotele. La teoria cosmologica di Cusano considera Dio come contrazione del molteplice, ossia come
manifestazione di Dio. Nell’universo Dio è contratto nella molteplicità,
così come l’unità è contratta nella pluralità, la quiete nel movimento,
ecc..
L’universo è considerato anche come esplicazione di Dio, vale
a dire che l’unità divina si esprime nell’universo attraverso la pluralità degli elementi. Dio, in quanto esplicazione, per Cusano “è come
la verità nella sua immagine”. L’universo è perciò immagine dell’Assoluto.
Cusano elabora un altro importante concetto, quello dell’uomo come
microcosmo. L’uomo è microcosmo in due accezioni diverse:
1. Umanesimo e Rinascimento
1) a livello ontologico generale, in quanto contrae in se stesso tutte le
cose;
2) a livello ontologico speciale poiché, essendo dotato di mente e
conoscenza è, dal punto di vista conoscitivo, implicazione dell’immagine di tutte le cose.
Gli umanisti faranno del concetto di uomo come microcosmo una
vera e propria bandiera, una sintesi del progresso spirituale dell’epoca.
Per quanto riguarda la religione, nel testo De pace fidei (1453)
Cusano propone un incontro tra le dottrine, sostenendo la possibilità
di un’unica fede, seppure con diversi riti e professioni. Tanto è ricca la
figura divina, che ciascuno può vedervi qualcosa di diverso rispetto ad
un altro, senza per questo incorrere in errore. Da qui il rispetto e la
tolleranza delle diverse professioni attraverso cui si esprime la fede
cristiana.
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Estratto della pubblicazione
1. Umanesimo e Rinascimento
L’aristotelismo rinascimentale e l’ordine razionale di Pomponazzi. Gli
studi sulla filosofia di Aristotele vanno avanti, nel Rinascimento, soprattutto all’interno delle università. Nuove traduzioni delle sue opere
incrementano le interpretazioni del suo pensiero e allargano la cerchia
dei commentatori ai suoi scritti. Di Aristotele si enfatizza l’attenzione
alla natura come campo d’analisi e la razionalità con cui indaga le
leggi che regolano l’universo.
Ricordiamo che le interpretazioni basilari dell’aristotelismo sono
state tre. La prima è quella di Alessandro di Afrodisia. Egli sostiene
che nell’uomo è presente l’intelletto potenziale, ma che l’intelletto
agente è la Causa suprema (ossia Dio) che, illuminando l’intelletto
potenziale, rende possibile la conoscenza. La seconda interpretazione di Aristotele è da attribuirsi ad Averroè che, nell’XI secolo,
sottopone le opere del filosofo a minuziosi commenti. Secondo l’interpretazione di Averroè esisterebbe un intelletto unico ed eterno,
separato nei singoli uomini; cade così il concetto dell’immortalità
dell’uomo, essendo immortale solamente l’intelletto unico. Un’altra
caratteristica del commento di Averroè è quella di aver rintracciato
una dottrina della “doppia verità” secondo la quale le verità accessibili grazie alla sola ragione sono separate da quelle penetrabili
per sola fede. Infine occorre ricordare l’interpretazione di San Tommaso, che tenta una conciliazione tra la teologia cristiana e la filosofia aristotelica.
Noto aristotelico, Pietro Pomponazzi (1462-1525) è uno dei più
interessanti e al contempo più discussi interpreti del filosofo stagirita.
Egli ha inizialmente seguito gli influssi averroistici e tomistici, orientandosi infine verso una soluzione definita alessandrista. Pomponazzi
sostiene che il mondo sia regolato da un insieme di leggi razionali e
necessarie che escludono l’intervento divino. Dio, infatti, non agisce
direttamente sulle cose, ma resta un motore esterno ai meccanismi che
determinano la realtà. Su queste basi nega l’esistenza dei miracoli e,
nel testo De naturalium effectuumcausis sive de incantationibus liber
(1520), attribuisce l’origine di ogni fenomeno ai movimenti dei cieli e
alle qualità dei corpi, riducendo le cause soprannaturali a mera superstizione. Pomponazzi mostra, infatti, come tutti gli eventi senza ecce-
zione possano essere spiegati con il principio della naturalità, compreso quanto accade nella storia degli uomini.
Nel breve scritto Sull’immortalità dell’anima (1516) Pomponazzi
distingue innanzitutto l’anima sensitiva, propria degli animali, da un’anima intellettiva, che consente all’uomo l’accesso all’universale e al soprasensibile. Non si tratta, però, di un’intelligenza separata, poiché
essa può conoscere solo tramite le immagini che le derivano dai sensi.
Dunque l’anima non sembra poter fare a meno del corpo; una volta
privata di esso, infatti, non potrebbe svolgere la funzione che le è
propria. Pertanto essa va considerata come una forma che nasce e
muore con il corpo stesso.
Pomponazzi aggiunge inoltre che, essendo l’anima il più nobile
degli esseri materiali e trovandosi al confine con quelli immateriali,
essa “profuma d’immaterialità, anche se non in assoluto”. Questa tesi
di Pomponazzi ha suscitato feroci critiche, anche perché il dogma dell’immortalità dell’anima era considerato fondamentale dai platonici e,
naturalmente, dal cristianesimo.
Pomponazzi non voleva negare in assoluto l’immortalità, ma negarla solo come “verità dimostrabile con sicurezza dalla ragione”. Che
l’anima sia immortale, sosteneva, è oggetto di fede e come tale deve
essere provato con la rivelazione e con le Sacre scritture.
1. Umanesimo e Rinascimento
2) La filosofia politica
La vita sociale. Il crollo dell’Impero, la crisi del potere temporale
della Chiesa e la nascita degli Stati moderni inducono nelle nuove
classi sociali l’esigenza di un rinnovamento politico. Il ceto emergente è la borghesia mercantile, che soppianta l’aristocrazia medievale e
cerca di conquistare nuovi spazi d’azione, talvolta scontrandosi con i
codici di comportamento fino ad allora in uso. Il nuovo assetto sociale pone al centro delle riflessioni filosofiche il rapporto della politica
con l’etica e la morale. Il pensiero politico rinascimentale si muove
su due correnti principali, quella utopistica e quella improntata al
realismo.
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Estratto della pubblicazione
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Estratto della pubblicazione
1. Umanesimo e Rinascimento
Le utopie di Moro e Campanella. Tomma- Il termine utopia (nessun luoso Moro nasce a Londra (1478-1535). È go) tra origine dal titolo del
amico e discepolo di Erasmo da Rotterdam testo di Tommaso Moro, e indica un ideale irraggiungibile
e si occupa in modo attivo di politica, rico- verso cui tendere o a cui amprendo alte cariche. Profondamente cattoli- bire.
co, rifiuta di riconoscere Enrico VIII come
capo della Chiesa di Inghilterra e per questo viene condannato a morte nel 1535. Nella sua opera principale, Utopia o della miglior forma di
repubblica (1516), Tommaso Moro affida idealmente la critica al sistema economico e sociale ad un filosofo che racconta di un suo viaggio nella sconosciuta isola di Utopia. Utopia (dal greco ou, cioè non, e
topos luogo, “il luogo che non è”) è un luogo immaginario in cui la
proprietà privata è abolita, ciascuno lavora per il bene comune e la
vita è regolata da poche leggi conosciute da tutti. La capitale di Utopia
si chiama Amauroto (dal greco amauròs, evanescente) che significa
città che sfugge e svanisce. Moro gioca consapevolmente con il linguaggio in modo da ribadire la tensione tra reale e irreale e spingere
verso l’ideale simboleggiato da Utopia.
Moro trae ispirazione in modo diretto da Platone, che aveva già
descritto la sua città ideale nella Repubblica. Il filosofo inglese è convinto che, seguendo la ragione e le più semplici leggi di natura che
sono in perfetta consonanza con la ragione, si possano sfuggire i mali
della società.
Il punto chiave sta nell’assenza di proprietà privata, già prevista da
Platone nella Repubblica. Tutti i cittadini devono essere uguali: annullando le differenze di censo scompaiono le differenze sociali. Così gli
abitanti di Utopia si alternano nei lavori agricoli e artigianali, in modo
che non rinascano, in seguito alla divisione del lavoro, anche le divisioni sociali. Il lavoro, però, non deve essere troppo pesante e deve
lasciare ampi spazi ai divertimenti e ad altre attività.
Nella città di Utopia sono presenti anche i sacerdoti, uomini dediti
al culto, e i letterati, che nascono con determinate doti e inclinazioni e
intendono dedicarsi allo studio. La religione dei cittadini di Utopia si
basa su due unici principi: l’immortalità dell’anima e l’esistenza di
un essere creatore che induce al rispetto delle leggi in nome di una
1. Umanesimo e Rinascimento
vita ultraterrena. La cellula sociale più importante è la famiglia, a cui
sono conferiti il diritto elettorale per designare i sovrani che governano l’isola e il compito di assicurare la continuità della specie e della
tradizione lavorativa. Il matrimonio tra gli utopiani dura tutta la vita e
gli sposi sono tenuti alla fedeltà; i figli sono destinati a seguire la
professione del padre e, in caso di inclinazione verso un lavoro diverso, vengono trapiantati in un’altra famiglia al fine di apprendere nuove
competenze, oltre che attraverso la teoria, anche mediante la quotidianità dei gesti e delle abitudini.
Nel suo testo Moro esprime dunque la sua idea di società ideale,
fondata essenzialmente su un sistema economico in cui sia abolita la
proprietà privata e sulla tolleranza religiosa, in modo da garantire il
rispetto per le diverse professioni di fede.
Un’altra importante utopia rinascimentale trova espressione ne La
Città del Sole (1602) di Tommaso Campanella (1568-1639). Campanella nasce a Stilo, in Calabria, in un contesto assai diverso dalla Londra di Tommaso Moro. Entra giovanissimo nell’Ordine dei domenicani. Mago e astrologo, è convinto di avere una missione da compiere,
una riforma universale. Sottoposto a torture e più volte incarcerato,
sfugge alla condanna a morte fingendosi pazzo. Per questo non finisce
al rogo e, dopo aver passato quasi la metà della sua vita in carcere,
riesce a riacquistare prestigio e credibilità alla corte francese di Luigi
XIII. Ne La Città del Sole si descrive una città che sovrasta un’ampia
campagna, divisa in sette gironi. Sulla cima del colle sorge un tempio
rotondo, senza mura intorno, ma situato su delle colonne molto grosse. La città è governata da un principe sacerdote che si chiama Sole.
Egli è il capo spirituale e temporale e nello svolgimento dei suoi compiti è assistito da tre principi, Potestà, Sapienza, Amore, ciascuno dei
quali svolge mansioni appropriate al suo nome. Anche in questa città,
ed è evidente il richiamo platonico, i beni e le donne sono in comune.
Le virtù, inoltre, vincono sui vizi, tanto che vi sono magistrati che
presiedono ad esse e ne portano i nomi. La città ha delle caratterizzazioni magiche. È costruita, infatti, in modo da catturare tutto l’influsso
benefico degli astri. Per Campanella la religione dei “solari” è innata, e
si basa sul desiderio naturale che ogni uomo ha di cercare Dio, il quale
14
Estratto della pubblicazione
è trinità (potenza, sapienza e amore), ed è rappresentato nell’immagine del Sole. Tale religione non è in contrasto con il cristianesimo:
“Se questi, che seguono solo la legge della natura, sono tanto vicini
al cristianesimo, che nulla cosa aggiunge alla legge naturale si non
i sacramenti, io cavo argumento di questa relazione che la vera
legge è la cristiana, e che, tolti gli abusi, sarà signora del mondo”.
È molto forte, inoltre, la loro attesa messianica:
“Credono esser vero quel che disse Cristo delli segni delle stelle,
sole e luna, li quali alli stolti non pareno veri, ma li venirà, come
ladro di notte, il fin delle cose. Onde aspettano la renovazione del
secolo, e forsi il fine”.
“Dopo i tre anni i fanciulli imparano la lingua e l’alfabeto nelle
mura, camminando in quattro schiere e quattro vecchi li guidano e
insegnano, e poi li fan giocare e correre, per rinforzarli, e sempre
scalzi e scapigli, fin ai sette anni, e li conducono nell’officine dell’arti, cosidori, pittori, orefici, ecc., e mirano l’inclinazione”.
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Estratto della pubblicazione
1. Umanesimo e Rinascimento
Innata, secondo Campanella, è anche la consapevolezza che l’anima ha di se stessa, ed è a partire da questo presupposto che è possibile accedere alla conoscenza. Di qui l’importanza che Campanella dà
alla formazione, che nel suo stato ideale deve essere assicurata a tutti,
e che deve basarsi sullo studio della natura e sull’apprendimento delle
arti pratiche. Mediante il processo di apprendimento l’anima acquisisce nuovi dati, che riconosce come tali confrontandoli con la sua conoscenza innata. Il motore di questo sistema è la sensibilità: a partire
da se stessa, l’anima sente le modificazioni che le procurano le informazioni esterne ed è in grado di elaborarle proprio in virtù delle sensazioni che ne riceve. Il processo educativo vagheggiato da Campanella comincia sin dalla tenera età, e i bambini della città del Sole imparano giocando a coltivare le varie scienze e individuare le proprie inclinazioni:
3) Il realismo di Machiavelli
Vita e opere
1. Umanesimo e Rinascimento
Niccolò Machiavelli nacque a Firenze nel 1469. Di famiglia agiata, fu educato
all’insegna della cultura tradizionale, sebbene al di fuori degli ambienti accademici e umanistici medicei. Impiegato a Roma presso il Banco dei Bachi, nel 1498
iniziò a prestare servizio come segretario della Seconda cancelleria della Repubblica fiorentina, ma nel 1512 fu allontanato dalla vita pubblica a seguito del ritorno dei Medici. Costretto al confino, tra il 1513 ed il 1520 scrisse Il Principe, i
Discorsi sulla I Deca di Tito Livio, Dell’arte della guerra. Nel 1520 riprese l’attività
pubblica al servizio dei Medici, espletando incarichi piuttosto secondari; risalgono a questo periodo le Istorie fiorentine (1520-25). Restaurata la repubblica (1527),
fu emarginato e come privato cittadino morì nel 1527.
Caratteristiche del pensiero politico. La lunga esperienza politica
maturata alla cancelleria della Repubblica fiorentina porta Machiavelli
alla stesura del famoso Principe, testo centrato sui modi di conquistare, mantenere o perdere il potere. Nel suo trattato, Machiavelli descrive le virtù e i comportamenti che si addicono a chi detiene il potere,
tenendo in debito conto il ruolo esercitato dalla fortuna nel buon esito
delle azioni intraprese. Per Machiavelli l’esercizio del potere non risponde a una morale esterna: il principe deve di volta in volta scegliere l’atteggiamento da assumere in previsione della maggiore possibilità di successo, e dunque agire con violenza o benevolenza in base
all’esigenza del momento, e non in nome di astratti principi etici. L’uomo di Stato deve essere soprattutto capace di cogliere le occasioni
poste dalla fortuna, saperla dominare e riuscire a volgere gli eventi a
proprio favore. Inizia così con Machiavelli una nuova epoca del pensiero: l’indagine politica tende a separarsi dall’analisi speculativa,
etica e religiosa. Machiavelli è il pensatore più importante nello scenario politico a cavallo tra ’400 e ’500 ed è considerato il fondatore
stesso della politica come scienza. Egli supera le posizioni tipiche
degli ideali umanistici secondo cui il detentore del potere politico (il
princeps) si mostra ai sudditi come esempio di virtù civile e morale,
per accogliere invece una visione radicalmente realistica, per la quale
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Ritorno al principato. Rinnovamento politico in Machiavelli significa sostanzialmente ritorno alla forma politica del principato, ossia
agli splendori delle epoche passate. La storia si configura infatti come
un processo ciclico (epoche e fatti si susseguono all’infinito nel tempo), le cui strade non sono tuttavia sempre pienamente comprensibili
e il cui fine non è ben chiaro, ma i cui eventi sono dominati da leggi
immanenti riconducibili alla più intima natura umana, caratterizzata
da una tendenza generale alla malvagità. Lo scenario politico è infatti
per Machiavelli sempre dominato da due soggetti in perenne contrasto
tra loro: il popolo e la nobiltà, portatori di interessi inconciliabili.
Questo scontro inesorabile può tuttavia essere controllato e frenato.
Tale compito spetta all’uomo politico, il quale può intervenire concretamente nel corso degli eventi con la sua azione e la volontà. Nel
capitolo XXV della sua opera principale, il Principe, Machiavelli scrive:
“[...] perché el nostro libero arbitrio non sia spento iudico poter
essere vero che la fortuna sia arbitra della metà della azioni nostre,
ma che etiam lei ne lasci governare l’altra metà, o presso, a noi”.
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Estratto della pubblicazione
1. Umanesimo e Rinascimento
la politica e la morale sono momenti scissi: la prima guarda alla
realtà effettuale e alla vita del cittadino, la seconda al mondo del “dover-essere” e alla coscienza dell’uomo privato. Estraneo agli interessi
metafisici, Machiavelli studia in modo sistematico fatti ed eventi dello
Stato e della collettività. Il punto di partenza “storico-politico” di questo suo lavoro di indagine è la constatazione della debolezza italiana e
la persuasione che un’efficiente comunità politica debba essere sempre ancorata saldamente alle proprie origini storiche. In Italia l’assenza
dello Stato, sia come delimitazione territoriale che come unità politica
e identità culturale, determina una situazione di fragilità strutturale. La
realizzazione di una comunità politica vera non potrà che configurarsi
come un processo basato su un rinnovamento forte, reso necessario
dal fatto che il destino di ogni corpo politico è quello di corrompersi e
decadere fino alla completa rovina.
Richiamandosi alla tradizione ciceroniana e senecana, Machiavelli
ritiene che la sorte debba essere dominata dall’individuo virtuoso. La
fortuna, secondo una metafora famosa, è donna e ama gli uomini virili.
“Io iudico [...] che sia meglio essere impetuoso che respettivo, perché
la fortuna è donna; et è necessario, volendola tenere sotto, batterla et
urtarla [...]. E però sempre, come donna, è amica de’ giovani, perché
sono meno respettivi, più feroci e con più audacia la comandano”.
In un momento di tensioni come quello che l’Italia del suo tempo
vive, per Machiavelli è indispensabile un principato non tirannico che
possa unificare in sé tutte le sue componenti, così da garantire sicurezza, stabilità e rispettabilità. Dovendo mirare alla realizzazione di una
pacifica e armonica convivenza civile, l’azione politica non deve rifarsi
a modelli astratti ma trovare in sé i propri fondamenti e le proprie
regole, ricorrendo anche a mezzi moralmente discutibili. La condotta
pratico-politica del principe non deve infatti essere condizionata dai
concetti morali di buono e cattivo o da elementi religiosi: il sovrano
deve ottenere e conservare il potere, accrescendolo con tutti gli
strumenti che di volta in volta gli si rivelano più idonei:
1. Umanesimo e Rinascimento
“[...] è necessario a uno principe, volendosi mantenere, imparare a
poter essere non buono et usarlo e non usare secondo la necessità”.
La conquista del potere. La storia mostra come sia possibile acquisire il potere grazie all’azione fortuita della casualità oppure attraverso la
virtù, cioè piegando a proprio vantaggio il corso degli eventi. Nel primo
caso, il potere, date le premesse, risulta difficile da mantenere. Nel secondo caso il principe incontra difficoltà e corre dei rischi, poiché la sua
azione politica stravolge l’assetto preesistente, ma potrà poi conservare
l’autorità facilmente, se saprà prevedere le situazioni e al contempo
adeguarsi alle esigenze del momento con intelligenza pratica, volta
all’utile. Il principe si affida a se stesso e alle proprie virtù ma anche alla
forza militare che gli consente di imporsi e difendersi e alla religione
usata come instrumentum regni, cioè come insieme di credenze finalizzate ad agevolare la coesione e il vincolo sociale.
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Di virtù politica si parla anche nel Discorso sulla prima deca di Tito
Livio (1513-17): in una monarchia, essa consiste nell’abilità e nella
capacità di giudizio del singolo, in una repubblica s’identifica piuttosto
col senso civico e il patriottismo di tutti. In generale, la virtù di un
singolo eccellente è necessaria per fondare uno Stato, mentre quella di
tutto un popolo – intendendo per popolo i ceti più illuminati – lo è per
mantenerlo in vita; in ogni caso, comunque, virtù significa lungimiranza, avvedutezza, capacità di mediare tra le forze in campo onde carpirne il consenso e l’appoggio. A tal scopo, sono fondamentali leggi atte
a compensare, temperandola, la tendenza innata dell’individuo: l’abuso di potere. In tal senso per Machiavelli, come fu per Aristotele, pur
non esistendo in assoluto la forma di governo migliore di tutte, l’optimum è rappresentato da un regime centrato sull’equilibrio dei poteri
e sulla dialettica sociale. Egli non auspica né la tirannia dei pochi,
lesiva delle libertà, né l’anarchia del governo popolare, il cui disordine
mina le fondamenta dello Stato, ma un regime misto, nel quale le
variegate e molteplici istanze sociali, armonizzate e controllate, siano
per lo Stato di fonte di crescita e non di svantaggio.
A uno principe, adunque, non è necessitato avere in fatto tutte le qualità, ma è
bene necessario parere di averle. Anzi, ardirò di dire questo, che, avendole e osservandole sempre, sono dannose; e parendo di averle, sono utili; come parere pietoso, fedele, umano, intero, religioso, ed essere; ma stare in modo edificato con
l’animo che, bisognando non essere, tu possa e sappi mutare el contrario. E hassi
ad intendere questo, che uno principe non può osservare tutte quelle cose per le
quali gli uomini sono tenuti buoni, sendo spesso necessitato, per mantenere lo
stato, operare contro alla fede, contro alla carità, contro alla umanità, contro alla
religione. E però bisogna che egli abbia uno animo disposto a volgersi secondo
che i venti della fortuna e le variazioni delle cose li comandano, e, come di sopra
dissi, non partirsi dal bene, potendo, ma sapere entrare nel male, necessitato.
Dal Principe
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1. Umanesimo e Rinascimento
Leggere i testi
4) La ragion di Stato di Botero
1. Umanesimo e Rinascimento
Giovanni Botero (1544-1617) conduce la sua indagine speculativa sulla strada tracciata da Machiavelli. Di quest’ultimo condivide il
ruolo autonomo riservato alla politica e lo studio delle condizioni per
acquisire e conservare il potere, ma ha una visione diversa circa il suo
esercizio da parte del principe. Nel suo testo più famoso, Della ragion
di Stato (1589), Botero afferma che il governatore deve avere tre doti
fondamentali: la forza, per esercitare l’autorità e ottenere obbedienza,
la prudenza, per perseguire gli obiettivi con lucidità, e la sapienza,
per guidare i sudditi tenendo conto anche dei precetti religiosi. Diversamente da Machiavelli, infatti, Botero sostiene che il principe debba
essere supportato dall’aiuto divino per un corretto esercizio delle sue
funzioni politiche e belliche. La politica viene dunque sottomessa alla
morale e il trono all’altare, in nome di una posizione politica in linea
con i dettami imposti dalla Controriforma. All’interno della sua opera
Botero analizza anche un aspetto poco discusso nella trattatistica seicentesca: l’apporto che le attività artigianali e commerciali danno allo
Stato e, più in generale, l’importanza che l’aspetto economico riveste
sia per le finanze del Paese sia nell’incentivare l’operosità e lo spirito
di iniziativa dei cittadini. Idee sulla natura dell’uomo, sulla virtù, la vita
politica e la fortuna analoghe a quelle di Machiavellli si ritrovano in
Francesco Guicciardini (1482-1540). La sua opera Ricordi politici e
civili presta molta attenzione alla dimensione del “particolare”. Molto
noti sono i suoi ultimi pensieri. Egli sostiene che prima di morire avrebbe
voluto vedere realizzati tre desideri, e cioè: vivere in una repubblica
ben ordinata, vedere l’Italia liberata dai barbari e il mondo affrancato
dalla tirannia dei preti.
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Test di verifica
1) La cultura rinascimentale:
❏
❏
❏
❏
a)
b)
c)
d)
auspica un ritorno all’ascetismo
rivendica la centralità dell’uomo
rifiuta i testi sacri della religione cristiana
promuove la dipendenza del potere politico da quello religioso
❏ e) è espressione delle esigenze dell’aristocrazia
2) Alla base dei contributi filosofici di Erasmo c’è:
❏ a) lo studio dei testi originari del cristianesimo
❏ b) il recupero della metafisica
❏ c) la volontà di scardinare i principi su cui si fonda la religione
cristiana
❏ d) il rifiuto della tradizione medievale
❏ e) la negazione della figura del Papa
3) La dotta ignoranza esprime:
❏ a) la consapevolezza di avere delle conoscenze innate
❏ b) la necessità di creare percorsi di formazione obbligatori
❏ c) la consapevolezza che la possibilità di conoscenza è limitata
❏ d) la consapevolezza che la vera conoscenza è riservata ai
sacerdoti e ai filosofi
❏ e) la condizione dei giovani ai quali è preclusa una formazio1. Umanesimo e Rinascimento
ne superiore
4) L’aristotelismo rinascimentale rappresenta:
❏
❏
❏
❏
❏
a)
b)
c)
d)
e)
la rottura definitiva con la tradizione
una corrente esterna ai luoghi ufficiali del sapere
un ritorno al relativismo morale
il primato della teologia sulla filosofia
una continuità con la cultura tardo medievale
21
Estratto della pubblicazione
5) Per Campanella la conoscenza è:
❏ a) il risultato di un processo di apprendimento esteso a tutta
❏
❏
❏
❏
b)
c)
d)
e)
la vita dell’uomo
un percorso educativo riservato a pochi eletti
una peculiarità dei dotti e dei sacerdoti
un sapere originario innato
un dono divino
6) Il Principe di Machiavelli:
❏ a) è un trattato di storia politica
❏ b) è una critica alle monarchie europee
❏ c) mira a dimostrare che la migliore forma di governo è la
repubblica
❏ d) sostiene che il potere politico sia una diretta emanazione
della volontà divina
1. Umanesimo e Rinascimento
❏ e) analizza i modi di acquisire e mantenere un principato
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Soluzioni e commenti
1. Umanesimo e Rinascimento
1. Risposta: b). La cultura rinascimentale focalizza il suo interesse
sull’uomo e la sua vita nella società. Dà nuovo impulso agli studi
umanistici e allarga il suo sguardo agli sviluppi della filosofia
politica.
2. Risposta: a). Erasmo da Rotterdam è stato uno dei più grandi filologi del suo tempo. Tra i suoi contributi, la traduzione del Nuovo
Testamento e il recupero delle opere dei Padri.
3. Risposta: c). Per dotta ignoranza Cusano intende il sapere di non
sapere, la coscienza che l’uomo ha dei limiti della propria capacità
di comprensione rispetto all’infinito e, quindi, a Dio.
4. Risposta e). L’aristotelismo nel Rinascimento è studiato soprattutto
nelle università, in continuità con la tradizione scolastica tardo
medievale, che ad Aristotele si era ispirata per gli studi sulla scienza e i suoi rapporti con la teologia.
5. Risposta: d). Secondo Campanella, l’uomo è dotato di un sapere
originario di cui non può dubitare, e che è condizione di tutte le
sue conoscenze successive. Tale conoscenza innata è la consapevolezza che l’anima ha di se stessa.
6. Risposta: e). Nel Principe Machiavelli concentra la sua attenzione
sul principato nuovo (rispetto a quello ereditario o ecclesiastico)
ed elenca i modi per conquistare il potere e conservarlo, soffermandosi altresì sulle cause che possono determinarne la perdita.
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Estratto della pubblicazione
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