I quattro paradossi delle nuove immunodeficienze

Più in dettaglio
I quattro paradossi
delle nuove
immunodeficienze
congenite
Nel settore delle immunodeficienze congenite, più che in altri settori
di patologia pediatrica, si è realizzato nelle ultime due decadi un
considerevole ampliamento delle conoscenze, sia in ambito eziopatogenetico che della definizione clinica delle singole malattie. Tali
progressi sono stati realizzati grazie alla possibilità di trasferire al letto del malato tecnologie molecolari e strumenti di analisi funzionale
mutuati dalle discipline di base. In nessun altro settore della Pediatria,
infatti, si è passati in poco più di 20 anni dalle dieci malattie distinte
note negli anni ’80 alle circa 200 immunodeficienze oggi ben caratterizzate sia sotto il profilo della singola funzione immunologica alterata, sia sotto il profilo dello specifico quadro clinico, che permette
di differenziare una forma dalle altre 1. Gli addetti del settore hanno
da sempre sottolineato l’importanza di definire in maniera puntuale
i campanelli di allarme e i segni di presentazione delle diverse forme
in modo da coglierne precocemente l’esordio. È proprio in quest’ambito che l’ampliamento delle conoscenze sulle immmunodeficienze
congenite ha determinato sul piano applicativo le più sostanziali modifiche di comportamento. Infatti, è stato necessario di recente modificare alcuni dei “dogmi” che negli anni hanno aiutato i pediatri ad
identificare i pazienti con sospetta immunodeficienza. Fino a pochi
anni or sono, si riteneva infatti che la suscettibilità del paziente immunodeficiente a contrarre infezioni non fosse selettiva e che in altri
termini non fosse rivolta solo verso un determinato agente infettivo. Si
riteneva, inoltre, che l’esordio delle forme gravi avvenisse sempre nei
primi due anni di vita e che, differentemente, un’anamnesi caratterizzata da una pronta guarigione da qualsivoglia infezione potesse far
escludere un grave immunodeficit su base genetica. Ancora, si riteneva che un sistema immune non in grado di rispondere ad antigeni
non self, quindi agli agenti infettivi di qualsivoglia natura, non potesse
essere in grado di rispondere con vigore ad antigeni self determinando dei quadri di grave autoimmunità.
È oggi noto che tali “dogmi” sono contraddetti da quadri clinici particolari che stanno modificando sostanzialmente il nostro approccio di
pediatri al paziente con sospetta immunodeficienza primitiva. Scopo
di questa review è quello di presentare alcuni aspetti nuovi dei quadri
di immunodeficienze mediante la descrizione di casi clinici particolari
che, in qualche modo, rappresentano quattro paradossi nello scenario dei quadri di esordio.
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Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica • 03/2008 • 10-21
Teresa Broccoletti
Emilia Cirillo
Giuseppina Aloj
Ilaria Russo
Anna Fusco
Claudio Pignata
Dipartimento di Pediatria,
Università di Napoli
“Federico II”
[email protected]
Linfoistiocitosi emofagocitica
Le immunodeficienze comprese in questo nuovo capitolo di immunodeficienze congenite
condividono due caratteristiche principali rappresentate da un disordine funzionale dell’attività citolitica e dalla possibile evoluzione verso
una fase accelerata di attivazione linfoistiocitaria, che nella sua espressione più completa
determina quadri di emofagocitosi 2. In tale
ambito vi sono tuttavia diverse forme comunemente raggruppate nei capitoli della linfoistiocitosi emofagocitica (HLH) e della sindrome da
attivazione macrofagica (MAS), che peraltro è
collegata alla prima sotto il profilo patogenetico 3. Generalmente, la malattia conclamata è
scatenata da un’infezione virale comune, che
usualmente ha un decorso benigno. Il quadro
clinico di entrambe le forme è caratterizzato da
febbre, epatosplenomegalia, linfoadenopatia,
pancitopenia, ipertrigliceridemia, ipoalbuminemia ed ipofibrinogenemia, talora emorragia, disfunzione del sistema nervoso centrale
(SNC) e coinvolgimento multi organo (renale
epatico) ed iperferritinemia. Tale quadro di attivazione linfoistiocitaria può complicare anche il decorso dell’artrite reumatoide giovanile
(ARG) ed altre patologie reumatologiche. Si
deduce quindi che l’attivazione istiocitaria e la
conseguente emofagocitosi costituiscono più
un quadro morfologico che non una precisa
definizione nosografica.
I quattro paradossi delle nuove immunodeficienze congenite
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Il caso di Filomena…
Filomena giungeva per la prima volta alla nostra osservazione all’età di 7 anni per la presenza di piastrinopenia associata alla comparsa di lesioni crostose e vescicolose raggruppate sul braccio e sull’emitorace destro diagnosticato come dermatite da Herpes Zoster
di particolare estensione. In precedenza, la piccola aveva presentato le comuni infezioni
dell’infanzia comprese quelle da Epstein Barr virus (EBV) e da Herpes Simplex che, tuttavia,
guarivano prontamente. Per la successiva comparsa di febbre non responsiva alla terapia
antipiretica e leucopenia veniva ricoverata per le relative indagini del caso. Le sue condizioni apparivano sufficientemente soddisfacenti, con la sola presenza di linfoadenomegalia
in sede ascellare sinistra. Le indagini di laboratorio evidenziavano neutropenia persistente,
ipoalbuminemia, ipertrigliceridemia, accentuati segni di flogosi, polireattività autoimmune
con neutropenia associata ad infezione da Salmonella Paratyphi B. Nel sospetto di una
linfoistiocitosi venivano effettuate le relative indagini immunologiche tra cui la determinazione dell’attività Natural Killer (NK) che risultava assente. La mielobiopsia deponeva per un
quadro anatomo-patologico di attivazione istiocitaria con immagini di emofagocitosi. Le
indagini molecolari per le forme note di linfoistiocitosi ereditaria familiare (perforina, caspasi,
munc) risultavano negative. Successivamente, Filomena presentava un quadro persistente
di leucopenia e piastrinopenia con positività del test di Coombs, degli anticorpi antineutrofili e antipiastrine, con coinvolgimento del sistema linforeticolare (epato-splenomegalia,
linfoadenomegalia). La biopsia linfonodale ascellare evidenziava iperplasia follicolare florida aspecifica. Attualmente tuttavia Filomena non presenta più alcun segno di attivazione
linfoistiocitaria, peraltro senza che sia stata instaurata alcuna terapia immunosoppressiva.
L’insorgenza della malattia è determinata
dall’iperattivazione, massiva proliferazione e
migrazione di macrofagi. Nei soggetti affetti
infatti sono riscontrati elevati livelli di citochine infiammatorie, quali l’interferone-γ (IFN-γ), il
fattore di necrosi tumorale (TNF-α), l’interleuchina- 1(IL-1) e IL-6 4-6. Dal punto di vista funzionale la principale alterazione immunologica è rappresentata dalla ridotta o assente
attività citotossica mediata dalle cellule NK e
dei linfociti T citotossici (CTL). L’HLH generalmente colpisce soggetti in età pediatrica, tra
sei mesi ed 1 anno. Tuttavia, negli ultimi anni
sono stati descritti casi sporadici caratterizzati
da insorgenza tardiva della fase conclamata
di malattia. Recentemente, in circa il 40% dei
soggetti con HLH sono state individuate mutazioni a carico di un gene localizzato sul cromosoma 10q22 7, codificante per un polipeptide, la perforina, costituito da 555 aminoacidi. Questa proteina è contenuta nei granuli
citoplasmatici dei linfociti CTL e delle cellule
NK e rappresenta un importante mediatore
dell’attività litica. Anche se molti studi hanno
contribuito alla comprensione delle caratteristiche cliniche e del meccanismo patogenetico che sta alla base di tale sindrome, una
chiara correlazione genotipo/fenotipo non
è stata ancora documentata e sono ancora molti gli aspetti che restano da chiarire.
In particolare, sono oggetto di studio i fattori
11
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scatenanti della fase di rapida progressione
della malattia e specificamente l’effetto trigger delle infezioni virali.
Nella diagnosi differenziale delle linfoistiocitosi entrano sia forme genetiche che acquisite
(Tabb. I e II): la forma geneticamente determinata a sua volta comprende la linfoistiocitosi
ematofagica familiare (FHLH), in cui il quadro
clinico e anatomopatologico di HLH rappresenta la manifestazione primaria ed unica, e
le immunodeficienze associate all’HLH (sindrome di Chédiak-Higashi 1, sindrome di Griscelli 2, e sindrome X-linked linfoproliferativa)
in cui la linfoistiocitosi rappresenta un evento
sporadico, sebbene frequente, durante il decorso della malattia. La forma acquisita comprende la sindrome emofagocitica associata
ad infezioni (IAHS) da virus, quali l’EBV, il CMV
o l’HIV, batteri e parassiti, ad errori congeniti
del metabolismo (intolleranza alla lisina e deficit di sulfatasi multipla), a neoplasie, in particolare linfomi. Le forme acquisite tendono a
manifestarsi a qualsiasi età e, sebbene non
ne sia perfettamente nota l’incidenza, sembrano essere molto più comuni delle forme
geneticamente determinate 8.
Recentemente, è stato raccomandato che la
diagnosi di HLH venga posta in presenza di
almeno 5 tra i seguenti 8 criteri diagnostici
(Tab. III): febbre, splenomegalia, citopenia di
almeno 2 linee cellulari, ipertrigliceridemia
e/o ipofibrinogenemia, iperferritinemia, elevati livelli del recettore solubile dell’ interleuchina-2 (sCD25), ridotta o assente attività NK,
e segni di emofagocitosi nel midollo osseo,
nel liquido cefalorachidiano (CSF) o nei linfonodi 9. I criteri per la diagnosi dovrebbero
tuttavia, a nostro parere, essere rivalutati alla
luce di segnalazioni di casi inusuali in cui non
tutti i 5 criteri sono presenti o, viceversa, in cui
le alterazioni sono presenti ma rapidamente
transitorie. Va segnalato che accanto ai casi
con esordio tipico vi sono altresì pazienti con
fenotipi particolari. È stata, infatti, segnalata
la possibilità di un’evoluzione verso una manifestazione linfomatosa, mentre in altri casi
Tab. I.
Difetti genetici responsabili di condizioni di massiva attivazione linfoistiocitaria.
Malattia
Cromosoma
Gene
Funzione
FHLH-1
9q21.3-22
Non noto
Non nota
FHLH-2
10q21-22
PRF 1
Induzione dell’apoptosi
FHLH-3
17q25
UNC13D
Attivazione delle vescicole
FHLH-4
6q24
STX11
Trasporto vescicole
GS-2
15q21
RAB27A
Trasporto vescicole; piccola GTP-asi
CHS-1
1q42.1-q42.2
LYST
Trasporto vescicolare non altrimenti definito
XLP
Xq25
SH2D1A
Trasduzione del segnale e attivazione dei linfociti
Tab. II.
Cause acquisite di HLH.
Agenti esogeni
Microrganismi
Tossine
Prodotti endogeni
Danno tissutale
Prodotti del metabolismo
Malattie reumatiche
Lupus eritematosus sistemico
Artrite reumatoide giovanile
Disordini maligni
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Tab. III.
Segni clinici e di laboratorio tipici di una condizione di attivazione linfoistiocitaria.
Febbre
Citopenia di almeno 2 linee cellulari
Epatosplenomegalia
Ipertrigliceridemia
Coagulopatia severa
Ipofibrinogenemia
Severo coinvolgimento cardiaco
Iperferritinemia
Disfunzione SNC, epatica, renale
Segni di emofagocitosi
Associazione con malattie autoimmuni
Ridotta o assente attività NK
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vi può essere un esordio drammatico, caratcellule NK, spesso associato a ridotta espresterizzato principalmente da un quadro neusione della perforina o della proteina SAP
rologico con grave encefalopatia, che può
(SLAM-associated protein), analogamente a
erroneamente indirizzare
quanto si realizza nella linl’iter diagnostico verso
foistiocitosi emofagocitica
Il paradosso rappresentato
altre malattie neurodegedal caso di Filomena è che la familiare (FHLH) e nella
nerative con conseguensindrome linfoproliferativa
piccola aveva avuto una pronta X-linked (XLP) 10-12. La MAS
te ritardo della diagnosi
e quindi del programma
generalmente esordisce
guarigione delle infezioni
terapeutico
adeguato.
nella fase iniziale ed attivirali che generalmente
Nella maggior parte dei
va della malattia di base,
scatenano la fase accelerata. con una fase accelerata
casi il trapianto di cellule
staminali rappresenta la
spesso scatenata da virus
Questo caso quindi confuta
migliore opzione terapeuo farmaci quali FANS, meil principio che un decorso
tica.
totrexate e sali d’oro. La
Poiché in tutte queste for- favorevole di un’infezione virale mortalità è compresa tra
me i virus svolgono un imconsenta di escludere un grave il 10 e il 20%.
portante ruolo trigger si riIl paradosso rappresenimmunodeficit.
tiene opportuno che tutti i
tato dal caso di Filomena
soggetti con decorso particolarmente grave
è che, per motivi inspiegati, la piccola aveva
di infezione virale debbano essere sottoposti
avuto una pronta guarigione delle infezioni
ad un appropriato iter diagnostico.
virali che generalmente scatenano la fase
accelerata. Questo caso quindi confuta il
principio, da alcuni ritenuto tuttora valido, che
Sindrome da attivazione
un decorso favorevole di un’infezione virale
macrofagica
consenta comunque di escludere un grave
La sindrome da attivazione macrofagica
immunodeficit. Infatti, paradossalmente è fa(MAS) è un particolare sottotipo di linfoistiocicile riscontrare nella storia clinica dei pazienti
tosi ematofagica che si manifesta in associaun normale decorso delle comuni infezioni
zione a diversi disordini autoimmuni, in partidell’infanzia, che farebbe ritenere improbabicolare artrite reumatoide giovanile nel bamle una sindrome da immunodeficienza, a cui
bino e il morbo di Still nell’adulto e, più rarafa poi seguito l’insorgenza di una nuova infemente, al Lupus eritematoso sistemico (LES) e
zione che scatena un quadro di attivazione
ad altre entità. Le manifestazioni cliniche, di
istiocitaria rendendo manifesta l’alterazione
laboratorio (specialmente iperferritinemia) e
immunologica di base. Altro aspetto rilevante
i segni di emofagocitosi sono simili alle altre
del caso di Filomena è che è possibile una
forme di HLH. La severa coagulopatia e il graregressione spontanea di tale sintomatologia
ve coinvolgimento cardiaco possono mettere
con risoluzione sia dell’infezione che delle
in pericolo la vita dei pazienti. I pazienti premanifestazioni cliniche legate all’attivazione
sentano un deficit dell’attività citolitica delle
linfoistiocitaria.
Il caso di Rosa …
La piccola Rosa giungeva alla nostra osservazione all’età di 2 anni. Nata pretermine da
gravidanza gemellare con minaccia di aborto al sesto mese ed ittero in gravidanza. A
quasi 2 anni di età la piccola presentava un episodio di broncopolmonite, associato
ad episodio convulsivo caratterizzato da perdita di coscienza, ipertono, clonie degli arti
inferiori; era altresì documentata la presenza di candidosi orale. Gli accertamenti immunologici eseguiti per l’associazione di candidosi e infezioni respiratorie mostravano
progressiva linfopenia, prevalentemente a carico dei linfociti CD4, con lieve aumento
delle cellule doppio positive e Natural Killer. All’età di circa tre anni per un gravissimo distress respiratorio associato a segni acuti di encefalopatia veniva ricoverata presso una
divisione di Rianimazione. Dagli accertamenti eseguiti, risultava intensa proteinorrachia
e pleiocitosi. Veniva poi documentata un’infezione da Herpes Simplex di tipo 1 (HSV-1).
Purtroppo, nonostante le cure dei sanitari la piccola successivamente decedeva.
I quattro paradossi delle nuove immunodeficienze congenite
13
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Encefalite erpetica devastante
e immunodeficienza
L’HSV-1 è un virus ubiquitario, che di solito
causa quadri di patologia acuta a risoluzione spontanea. L’infezione primaria da HSV-1
determina in genere la gengivostomatite erpetica. Assai più raramente, essa può causare encefalite erpetica in soggetti per altri versi apparentemente sani. L’Encefalite da virus
Herpes Simplex (HSE) è la più comune forma
di encefalite sporadica nei paesi occidentali.
La sua incidenza è stimata essere di 1-4 casi
per milione di abitanti per anno. Le più comuni caratteristiche cliniche di esordio includono i segni e sintomi di un processo encefalitico acuto, quali febbre, alterazione dello stato
di coscienza e alterazione della personalità,
sintomi e segni di un processo neurologico
focale, come convulsioni e deficit motori.
Sono talvolta presenti anche segni e sintomi
di irritazione meningea, come rigidità nucale,
cefalea, vomito e fotofobia 13.
L’encefalite da virus Herpes Simplex in questi
ultimi anni è diventata oggetto di numerosi
studi, in quanto è entrata a far parte di quel
gruppo di infezioni per le quali si sospetta
come causa determinante una predisposizione genetica ereditata con modalità mendeliana (Tab. IV) 14 15. Tale ipotesi di trasmissione
ereditaria è stata basata sulla osservazione
della presenza di associazione familiare in alcuni casi di encefalite erpetica. Il gruppo francese di Casanova, analizzando il Registro nazionale dei casi di encefalite erpetica, osservò
che tale patologia si verificava, in alcuni casi,
in più membri della stessa famiglia. Inoltre, veniva anche notata un’eterogeneità di gravità
tra membri della stessa famiglia, non ascrivibile quindi a differenze di virulenza dei ceppi
virali coinvolti nei casi multipli di infezione 16.
Diversi geni sono stati individuati come determinanti nel regolare la predisposizione a
vari tipi di infezioni, e tra questi alcuni sono
risultati direttamente coinvolti nella predisposizione allo sviluppo di HSE. I geni finora ritenuti causali nella trasmissione ereditaria di
tale predisposizione, codificano per alcune
componenti di vie di trasduzione del segnale
cellulare implicate nel meccanismo di difesa
dall’infezione da Herpes Simplex.
Le molecole maggiormente responsabili della
difesa dell’organismo dalle infezioni virali sono
gli interferoni di tipo I e III, che comprendono
gli IFN α/β/γ 17 18. La produzione di tali molecole da parte dei fagociti è regolata da un
complesso sistema, attivato dalla stimolazione
dei Toll Like Receptors (TLRs) 3,7,8,9 19. Queste
molecole sono recettori situati nel reticolo endoplasmatico e negli endosomi dei fagociti,
in grado di legare frammenti di RNA virale a
doppia elica (dsRNA), e quindi di attivare a
valle un pathway molecolare che, attraverso
secondi messaggeri e fattori di trascrizione,
porta alla produzione degli IFN α/β/γ.
Uno dei fattori di trascrizione implicati nel meccanismo di produzione di questi IFNs è NFkB; alcune mutazioni, come quella nel gene
IKBKG/NEMO e nel gene IKBA, che codificano
per molecole implicate nel fisiologico sistema
di funzionamento del fattore NF-kB, portano ad
anomala attivazione dello stesso 20 21, causando quindi una interferenza con il meccanismo
di produzione degli IFN α/β/γ 22.
Il funzionamento della via di trasduzione del
segnale dei TLRs 3,7,8,9 dipende anche da
alcune molecole che consentono la trasmissione del segnale attivatorio dal recettore TLR
al nucleo. Una di queste molecole, la UNC93B1
è risultata mutata in alcune famiglie con predisposizione ereditaria, trasmessa con modalità
autosomica recessiva, allo sviluppo di HSE 14.
Il difetto di UNC93B1 provoca ridotta risposta
alla stimolazione dei TLRs 3,7,8,9 in termini di
produzione di IFN α/β/γ 23. Sebbene il difetto
di UNC93B1 coinvolga il meccanismo di trasduzione del segnale di tutti i TLRs considerati
Tab. IV.
Caratteristiche cliniche ed eziopatogenesi dell’encefalite devastante da Herpes.
Campanelli di allarme
Geni coinvolti
Meccanismi patogenetici
Presenza di più casi familiari con quadri di encefalite virale
IKBKG/NEMO
IKBA
UNC93B1
TLR3
Ridotta produzione di IFN α/β/γ
STAT-1
Ridotta risposta ad IFN α/β/γ
TYK-2
Ridotta risposta ad IFN α/β/γ
Particolare gravità del quadro encefalitico
14
I quattro paradossi delle nuove immunodeficienze congenite
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(3,7,8,9), è stato osservato che solo l’alteraSTAT1, molecola coinvolta nel meccanismo di
zione della via attivata dal TLR3 causa forte
trasduzione del segnale generato dal legavulnerabilità allo sviluppo di HSE. L’alterazione
me degli IFN α/β e dell’IFN γ al proprio recettodelle vie attivate dai TLRs
re, causa ridotta risposta
Il caso di Rosa rappresenta un a tali molecole, e quindi
7,8,9 non sembra invece
generare analoga predi- esempio di un’immunodeficienza suscettibilità a contrarre
sposizione, probabilmengravi infezioni da virus, tra
il cui quadro clinico è
te poiché tali recettori atcui l’encefalite erpetica, e
esclusivamente caratterizzato da micobatteri 22 25.
tivano meccanismi molecolari ridondanti nel SNC
da una singola infezione che Purtroppo, per la rapida
e quindi di non assoluta
progressione della malatriguarda un solo apparato e
necessità per proteggertia e per la non disponinon a localizzazione multipla. bilità in quel momento di
lo da questa infezione. Si
ritiene quindi che il mecstrumenti diagnostici, non
Il paradosso è pertanto che
canismo di difesa del
stato possibile complequalsiasi subspecialista pediatra ètare
SNC dall’infezione da vinella piccola Rosa
potrebbe imbattersi in una
rus Herpes Simplex di tipo
l’iter diagnostico. È pur
I dipenda strettamente
immunodeficienza congenita. tuttavia probabile che la
dal pathway attivato dal
rapida progressione dell’encefalite erpetica sia stata determinata
TLR3. Al contrario, altri virus encefalotropi non
causano encefalite nei pazienti con difetto
da un’anomala funzionalità degli interferoni.
di UNC93B1 perché si servono anche di altri
Il caso di Rosa rappresenta un esempio di
pathway molecolari oltre quello attivato dal
un’immunodeficienza il cui quadro clinico è
TLR3. Analogamente, la ridondanza del sisteesclusivamente caratterizzato da una singoma del TLR3 in altri tessuti, spiega il motivo per
la infezione che riguarda un solo apparato e
cui le infezioni da HSV-1 o altri virus in soggetti
non a localizzazione multipla. Il paradosso è
con deficit di UNC93B1, non causano malatpertanto che qualsiasi subspecialista pediatia grave al di fuori del SNC. Un quadro simitra potrebbe imbattersi in una immunodefile può essere determinato da mutazioni del
cienza congenita. L’unico criterio per porre
TLR3 stesso che si trasmettono con modalità
un sospetto potrebbe essere, a nostro avviso,
autosomica dominante 24. Infine, il deficit di
la assoluta gravità dell’infezione.
Il caso della famiglia…
Riportiamo il caso di una famiglia francese osservata da Casanova 26 caratterizzata
da tubercolosi ricorrente in diversi membri, in particolare 4 maschi nati da 3 sorelle. Il
probando, vaccinato all’età di 2 anni con il bacillo di Calmette-Guérin (BCG), aveva
sviluppato linfoadenopatia ascellare con fistola cutanea che aveva richiesto l’escissione chirurgica. L’esame bioptico del linfonodo evidenziava un reperto caratterizzato da
infiltrazione leucocitaria, granulomi con cellule epitelioidi e cellule giganti multinucleate.
All’età di 21 anni il paziente sviluppava occlusione intestinale da linfoadenopatia addominale, seguita 3 anni dopo da linfoadenopatia sopraclavicolare sinistra. Gli esami
colturali permettevano di isolare il Mycobacterium Bovis. Il probando non presentava
altre infezioni inusuali ma la storia familiare evidenziava la presenza di diversi membri
(3 cugini e la zia materna) con TBC polmonare, linfadenite con fistolizzazione e ulcerazioni cutanee ricorrenti e salpingite tubercolare. In alcuni casi la malattia insorgeva in
seguito alla vaccinazione con BCG. Nel sospetto di una immunodeficienza congenita il
probando veniva sottoposto ai comuni test diagnostici (sottopopolazioni linfocitarie, test
dei mitogeni, dosaggio delle immunoglobuline, NBT test, complemento) che risultavano
nella norma. Le successive indagini immunologiche e genetiche portavano ad identificare 2 nuovi loci sul cromosoma X permettendo di includere questi casi nelle forme di
immunodeficienze definite come suscettibilità mendeliana alle malattie da micobatteri
(MSMD) 27.
I quattro paradossi delle nuove immunodeficienze congenite
15
Più in dettaglio
Suscettibilità mendeliana
alle malattie da micobatteri
La suscettibilità mendeliana alle malattie
da micobatteri (MSMD) è una sindrome
rara che comporta la predisposizione ad
infezioni da micobatteri normalmente poco
virulenti come il bacillo di Calmette-Guérin
e ad altri micobatteri non tubercolari presenti comunemente nell’ambiente, oltre
che ad una maggiore vulnerabilità nei confronti del più pericoloso Mycobacterium
Tubercolosis. Paradossalmente questi pazienti non mostrano una particolare predisposizione nei confronti delle altre comuni
infezioni, eccezion fatta per la salmonellosi,
che comunque interessa in genere meno
della metà dei casi. L’esordio della malattia generalmente avviene in età infantile
(nella maggior parte dei casi prima dei 3
anni) sebbene questa possa progredire in
epoca adulta. La MSMD è una condizione
clinicamente eterogenea la cui prognosi
rimane legata al tipo di lesione istologica
presente. I bambini che sviluppano lesioni
granulomatose di tipo lepromatoso generalmente hanno una prognosi più infausta,
mentre quelli con granulomi tubercoloidi
hanno una prognosi più favorevole 28. La risposta dell’ospite ai micobatteri inizia con
la fagocitosi del micobatterio da parte dei
macrofagi, che porta alla secrezione, da
parte del macrofago parassitato, di IL-12.
La produzione di tale citochina è promossa
anche dall’attivazione della via del CD40CD40L. L’IL-12 causa quindi il reclutamento
e l’attivazione di linfociti T nel sito di infezione. I linfociti T CD4+ e CD8+ reclutati riconoscono gli antigeni micobatterici presentati
dai macrofagi, e quindi producono alcune
citochine, in particolare IFN-γ e TNF-α. A sua
volta l’IFN-γ si lega al suo recettore presente
sugli stessi fagociti, attivandone le funzioni
anti-micobatteriche e aumentando la produzione di IL-12, che così è progressivamente amplificata 22 29. Sono ormai state ampiamente descritte (Tab.V) diverse alterazioni
geniche sia autosomiche (IFNGR1, IFNGR2,
STAT1, IL12RB1 e IL12B), che legate al cromosoma X (NEMO) associate a queste condizioni di predisposizione genetica. Le proteine codificate sono coinvolte nel pathway
di risposta dell’immunità mediata dall’IFN-γ.
In particolare, le mutazioni che riguardano
IFNGR1, IFNGR2 e STAT1 sono responsabili dell’alterazione della risposta cellulare
all’IFN-γ, mentre quelle a carico di IL12RB1
e IL12B alterano direttamente il funzionamento di tale citochina. Poiché l’IFN-γ è una
delle principali citochine che attivano i macrofagi, risulta chiaro come queste cellule
giochino un ruolo chiave nella patogenesi
delle infezioni da micobatteri in questi pazienti. L’identificazione di questi disordini
genetici ha importanti implicazioni sia da
un punto di vista diagnostico che terapeutico. Infatti l’identificazione precoce di questi
pazienti potrebbe contribuire ad orientare
la scelta della migliore opzione terapeutica possibile, quali la profilassi antibiotica,
la somministrazione di IFN-γ o il trapianto di
midollo osseo.
Il caso della famiglia riportata dalla letteratura è paradigmatico del terzo paradosso, rappresentato dal fatto che una
immunodeficienza su base genetica possa predisporre esclusivamente ad una determinata infezione causata da un singolo
agente.
Tab. V.
Esempi di malattia con selettiva suscettibilità alle infezioni.
Malattia
S. di Duncan
MSMD
Incontinentia Pigmenti
16
Agenti infettivi
Geni coinvolti
EBV
SAP
Micobatteri
Salmonella
IL12R-ß1
IL12 p40
IFNγ-R1
IFNγ-R2
IL-23p40
Germi intracellulari
NEMO
I quattro paradossi delle nuove immunodeficienze congenite
Più in dettaglio
Accanto alle forme tipiIl caso della famiglia riportata clinica. Recenti evidenze
che in cui l’immunodefiindicano che in condiziocienza cellulare, umorale dalla letteratura è paradigmatico ni di malattia immunolodel terzo paradosso,
o combinata si presengica si può realizzare una
ta clinicamente con un
rappresentato dal fatto che una condizione di alterazione
quadro sufficientemente
quantitativa o qualitativa
immunodeficienza su base
chiaro, vi sono, tuttavia,
dei linfociti, che determigenetica possa predisporre
casi atipici in cui i segni
na una espansione comdi presentazione sono
pensatoria dei cloni preesclusivamente ad una
meno suggestivi di un
senti. Accanto a questo
determinata infezione causata meccanismo sono stati
immunodeficit di base 30.
da un singolo agente.
È ormai noto, ad esemtuttavia
recentemente
pio, come diverse forme
identificati dei quadri di
di immunodeficienze possano associarsi a
malattie monogeniche trasmesse con erediquadri di autoimmunità come primo segno
tarietà mendeliana, che in maniera peculiadi malattia o come complicanza della storia
re si associano ad autoimmunità.
Il caso di Vincenzo …
Vincenzo veniva ricoverato all’età di 5 anni per la comparsa di un episodio febbrile accompagnato da astenia severa, alopecia e eritema orticarioide diffuso. L’esame clinico
rivelava la presenza di aree di vitiligine periorale, distrofia ungueale, candidiasi orale ed
epatosplenomegalia. L’anamnesi remota era caratterizzata dal riscontro di ipertransaminasemia fluttuante e candidosi orale ricorrente. Nel corso del ricovero le indagini di
laboratorio evidenziavano la presenza di ipocalcemia ed iperfosforemia con livelli indosabili di paratormone che facevano porre diagnosi di ipoparatiroidismo. Nei successivi 3
mesi il paziente presentava ingravescenza dell’astenia con successivo riscontro di tiroidite autoimmune (positività degli anticorpi anti-TG e anti-TPO) con ipotiroidismo severo,
elevazione dei livelli di renina plasmatica e insufficienza surrenalica acuta autoimmune
(morbo di Addison). Inoltre sulla base di elevati valori di gastrinemia con presenza di
anticorpi anti-cellule parietali e un pattern istologico di atrofia della mucosa del corpo
dello stomaco veniva posta diagnosi di gastrite atrofica. Per il problema dell’ipertransaminasemia veniva posta diagnosi probabile di epatite autoimmune. Nel sospetto di una
sindrome genetica da immunodeficienza con iperimmunità veniva avviata indagine
molecolare che consentiva di porre diagnosi di…
Il caso di Imma…
Imma giungeva alla nostra osservazione all’età di 5 anni per la comparsa di orticaria e
angioedema recidivante. L’esame clinico rivelava la presenza di epatosplenomegalia
associata ad eritema figurato del tronco. L’anamnesi era positiva per familiarità per patologie autoimmuni e linforeticolari (epato splenomegalia) associate ad anomalie ematologiche (anemia, piastrinopenia, ipersplenismo) in diversi membri della famiglia nella
linea paterna (sorella maggiore, padre, zio e nonna paterna). Le indagini di laboratorio
praticate mostravano un aumento degli immunocomplessi circolanti e degli autoanticorpi con un’attività NK nella norma. Le sottopopolazioni linfocitarie evidenziavano un
incremento della quota dei linfociti TCR γ/∆ doppio negativi (CD4-8- γ/∆). Sulla base
della familiarità per patologie autoimmuni e del quadro clinico veniva quindi avviato
un iter diagnostico funzionale e successivamente molecolare che consentiva di porre
diagnosi di Sindrome… identificata sia nella probanda che nella sorella maggiore, nel
padre e nella nonna paterna, in seguito deceduta per la comparsa di linfoma non Hodgkin. Imma è attualmente in buone condizioni generali e conduce una vita normale
per la sua età.
I quattro paradossi delle nuove immunodeficienze congenite
17
Più in dettaglio
18
Immunodeficienze da
alterazione dei meccanismi
della tolleranza
immunologica
Nella fisiologia della risposta immune, i linfociti hanno la prerogativa di espandersi dopo
aver incontrato l’antigene. Tuttavia, accanto
all’espansione clonale verso antigeni nonself vengono anche generati cloni autoreattivi, che, in caso di alterazione dei meccanismi
di controllo, sono responsabili della comparsa di malattie autoimmuni. Recentemente,
grande attenzione è stata riposta nella comprensione dei meccanismi molecolari che
governano l’omeostasi linfocitaria, che impediscono la crescita inappropriata di tali cloni
autoreattivi.
Un ruolo importante nel mantenimento dell’omeostasi è giocato dai sistemi di regolazione della tolleranza immunologica. Esistono
due processi di tolleranza, definiti tolleranza
centrale e tolleranza periferica. Il primo avviene negli organi linfoidi primari, quali il timo
ed il midollo osseo, e consente la selezione
di linfociti T e B nel corso del differenziamento. Questo tipo di tolleranza permette, quindi,
la delezione o l’inattivazione dei linfociti autoreattivi 31. Nel timo, il precursore del linfocita T viene selezionato sulla base dell’affinità
del legame con l’antigene del T cell receptor
(TCR). Un ruolo molto importante in tal ambito è svolto dal gene Autoimmunity Regulator (AIRE), espresso selettivamente in alcuni
organi come timo, linfonodi, fegato e milza
nella vita fetale. La tolleranza periferica invece avviene negli organi linfoidi secondari
ed è rivolta ai linfociti T e B maturi che sono
sfuggiti alla selezione negativa negli organi
primari 32. Sia in periferia che nel corso della
delezione a livello centrale, l’apoptosi svolge
un ruolo importante. A tale processo, definito
anche morte cellulare programmata, partecipano recettori di membrana, definiti “recettori
di morte”, che appartengono alla superfamiglia dei recettori del TNF e del Nerve Growth
Factor (NGF) 33. La molecola più rilevante per
questo processo è rappresentata da Fas o
CD95, la cui stimolazione induce apoptosi linfocitaria 34. In seguito al legame con il ligando
(FasL), viene attivato il pathway di signaling
intracellulare cui partecipano diverse molecole tra le quali un ruolo preminente è svolto
dalle caspasi 8 e 10 33. Il processo è attivato
dalla stimolazione della molecola Fas e dalla conseguente attivazione a cascata delle
molecole appartenenti alla famiglia delle
caspasi. Mutazioni di tali geni determinano
quadri di malattia autoimmune di particolare
gravità associati, peraltro, ad interessamento
del sistema linforeticolare con conseguente
spleno e linfoadenomegalia 34. Inoltre, il difetto di caspasi 8 determina contestualmente
un difetto di attivazione delle cellule T e Natural Killer, con conseguente aumentata suscettibilità a contrarre infezioni virali 35.
Accanto ai meccanismi indicati di tolleranza, vi sono tuttavia ulteriori strumenti di controllo negativo della risposta immune, quali
l’anergia da citochine anergizzanti (IL-10) e i
meccanismi di regolazione legati alle celule
CD4+ CD25+ Treg 32. Un ulteriore meccanismo
di controllo omeostatico è rappresentato dalla lisi clonale mediante meccanismo secretorio, che coinvolge le molecole di granzima A
e B e la perforina. La descrizione di casi clinici
rari ha contribuito grandemente alla comprensione dei meccanismi di tolleranza, chiarendo il ruolo chiave che ciascuna molecola
svolge nel processo biologico.
Infatti nei casi clinici descritti gli studi molecolari di approfondimento hanno permesso
di identificare in Vincenzo una mutazione del
gene AIRE, facendo porre diagnosi di APECED, mentre nel caso di Imma un test funzionale di sopravvivenza cellulare a seguito di
stimolazione via Fas ha mostrato un difetto
di apoptosi, facendo porre diagnosi di ALPS.
Tale diagnosi è stata successivamente confermata dalla identificazione di una mutazione nel gene Fas.
Come si evince da quanto esposto sui meccanismi regolatori che limitano l’espansione clonale dei linfociti, risulta molto agevole correlare i fenotipi di malattia di Vincenzo ed Imma ai meccanismi patogenetici e
alle cause molecolari che li hanno determinati.
Autoimmune, Polyendocrinopathy, Candidiasis, Ectodermal Distrophy (APECED)
Tale sindrome, trasmessa con modalità autosomica recessiva, è causata da un difetto di
un singolo gene, AIRE, localizzato sul cromosoma 21 nella regione 21q22.3 e costituito da
14 esoni che codificano per un polipeptide
di 545 aminoacidi. La proteina esprime diversi motivi funzionali che le conferiscono il ruolo
di proteina regolatoria. Mutazioni in una qualsiasi di queste regioni danno luogo ad una
proteina difettiva che determina il fenotipo
clinico ed immunologico dell’Autoimmune,
I quattro paradossi delle nuove immunodeficienze congenite
Sindrome autoimmune linfoproliferativa
La sindrome autoimmune linfoproliferativa
(ALPS) è un disordine caratterizzato da manifestazioni autoimmuni linfoproliferative, con
cronica espansione linfocitaria e conseguente
infiltrazione benigna di linfociti in diversi organi,
talvolta associato ad immunodeficienza. Come
illustrato in Tabella VII, esistono varie forme di ALPS
che testimoniano come anomalie dell’apoptosi
possano dipendere da alterazioni di più molecole coinvolte in diversi stadi nel pathway dell’apoptosi stessa. Attualmente si conoscono 4
forme diverse di ALPS. L’ALPS di tipo 0, ad ereditarietà autosomica recessiva, è associata a completa assenza della molecola Fas, ed è pertanto
la forma più grave. L’ALPS di tipo Ia, rappresenta
la forma più diffusa della sindrome ed è causata da mutazioni allo stato eterozigote del gene
di Fas. Tali mutazioni determinano la formazione
di una proteina tronca o non funzionale, che interrompe l’attivazione delle caspasi e quindi dell’apoptosi. Un’altra forma di ALPS è rappresentata, invece, dalla forma di tipo Ib, in cui il gene
alterato è il ligando di Fas (FasL). L’ALPS di tipo II,
Più in dettaglio
Polyendocrinopathy, Candidiasis, Ectodermal Distrophy (APECED) 36. Attualmente non
esiste ancora una chiara correlazione genotipo/fenotipo ed è possibile che anche fattori
ambientali possano modificare l’espressività
della malattia.
Generalmente i sintomi si presentano già
nella prima infanzia anche se alcuni pazienti manifestano la malattia nelle decadi
successive. Per formulare la diagnosi occorrono almeno due delle seguenti manifestazioni: candidiasi mucocutanea cronica,
morbo di Addison ed ipoparatiroidismo 37. È
sufficiente invece la presenza di una sola di
queste manifestazioni per porre la diagnosi
nei parenti di soggetti affetti. Il fenotipo è
molto variabile nell’ambito della stessa famiglia e comprende sia disordini endocrini
sia non endocrini (Tab. VI). Per quanto concerne la prognosi, essa dipende essenzialmente dalla complessità del fenotipo clinico, in particolare dalla severità delle manifestazioni endocrine e dall’adeguatezza
della terapia.
Tab. VI.
Caratteristiche cliniche delle sindromi iperimmuni su base genetica.
ALPS
APECED
IPEX
Manifestazioni autoimmuni
linfoproliferative
Non
endocrine
Manifestazioni autoimmuni
linfoproliferative
Linfoadenopatia
Splenomegalia
Epatomegalia
Anemia emolitica
Trombocitopenia
Neutropenia
Glomerulonefrite
Orticaria
S. di Guillain-Barré
Linfoma
Candidiasi mucocutanea
Anemia perniciosa
Epatite autoimmune
Ipoplasia smalto dentario
Distrofia ungueale
Vitiligine
Alopecia
Distrofia ectodermica
Anomalie follicoli piliferi
Gastrite atrofica
Enteropatia cronica
Cheratocongiuntivite
Sindrome di Sjögren
Ipotiroidismo
IDDM
Anemia emolitica
Trombocitopenia
Neutropenia
Enteropatia
Glomerulonefrite
Linfoadenopatia
Caratteristiche addizionali
Infezioni
Ritardo di crescita
Endocrine
Ipoparatiroidismo
IDDM
Ipotiroidismo
Ipogonadismo
Insufficienza surrenalica
Caratteristiche meno frequenti
Eczema
Dermatite atopica
Ritardo crescita
Distrofia ungueale
Crisi gravi d’asma
Anomalie vascolari
Sepsi
Peritonite
Artrite
I quattro paradossi delle nuove immunodeficienze congenite
19
Più in dettaglio
Tab. VII.
Basi molecolari delle sindromi iperimmuni.
Malattia
Gene alterato
Ereditarietà
ALPS IA
CD95/Fas
AR/AD
ALPS IB
CD168/FasL
AD
ALPS II
Caspasi 10
AR
ALPS III
Non noto
-
APECED
AIRE
AR
FOXP3
Associata a X
Caspasi 8
AR
IPEX
ALPS e immunodeficit
di recente identificazione, è causata da mutazioni del gene caspasi 10. Infine, l’ALPS di tipo III
comprende quelle forme con uguale fenotipo
clinico ma in cui il difetto genetico resta ancora
da identificare 38.
Segni di sospetto della sindrome sono la
linfoadenopatia, con prevalente localizzazione cervicale o ascellare, e l’epatosplenomegalia. Le principali manifestazioni cliniche sono a carico del sistema linforeticolare ed ematopoietico (anemia emolitica,
trombocitopenia, neutropenia), altre manifestazioni meno comuni sono rappresentate da orticaria, glomerulonefrite, epatite
autoimmune, cirrosi epatica biliare, sindrome di Guillain Barré, artrite reumatoide giovanile, vitiligine ed alopecia. Più raramente
è riportata un’aumentata suscettibilità a
sviluppare tumori, in particolare tumori del
sistema linfopoietico 39.
Sebbene la prognosi sia generalmente buona, le complicanze a lungo termine richiedono un’attenta osservazione al fine di instaurare
il trattamento più appropriato precocemente.
Immunodysregulation, polyendocrinopathy,
enteropathy, X-linked Sindrome (IPEX)
Sindrome caratterizzata dall’associazione di
enteropatia, poliendocrinopatie e disordini
autommunitari multiorgano dovuta a mutazioni nel gene Foxp3 localizzato sul cromosoma X, che aboliscono la capacità della
proteina da esso codificata (scarfina) di legarsi al DNA, bloccando quindi la sua fisiologica funzione di fattore trascrizionale. Il ruolo
di tale proteina è ancora da definire anche
se studi preliminari indicano che l’espressione della Scarfina sia molto alta nei linfociti T
CD4+CD25+ che svolgono la funzione di cellule T regolatrici e quindi sono coinvolte nei
meccanismi di omeostasi immunitaria 40.
20
L’epoca di insorgenza della malattia è precoce, con esordio generalmente già nel periodo
prenatale o nella prima infanzia. Tra i segni clinici l’enteropatia, caratterizzata da diarrea e
sanguinamento gastrointestinale, rappresenta
la manifestazione più frequente ed insorge prima dell’introduzione del glutine. La poliendocrinopatia generalmente comprende diabete
mellito insulino-dipendente, spesso ad esordio neonatale, e tiroidite autoimmune. Spesso sono associati all’immunodysregulation,
polyendocrinopathy, enteropathy, X-linked sindrome (IPEX) dermatite atopica, asma, linfoadenopatia, e gravi infezioni causate da enterococchi e stafilococchi. La prognosi è severa:
molti pazienti muoiono precocemente per cachessia o per la terapia immunosoppressiva.
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