Più in dettaglio I quattro paradossi delle nuove immunodeficienze congenite Nel settore delle immunodeficienze congenite, più che in altri settori di patologia pediatrica, si è realizzato nelle ultime due decadi un considerevole ampliamento delle conoscenze, sia in ambito eziopatogenetico che della definizione clinica delle singole malattie. Tali progressi sono stati realizzati grazie alla possibilità di trasferire al letto del malato tecnologie molecolari e strumenti di analisi funzionale mutuati dalle discipline di base. In nessun altro settore della Pediatria, infatti, si è passati in poco più di 20 anni dalle dieci malattie distinte note negli anni ’80 alle circa 200 immunodeficienze oggi ben caratterizzate sia sotto il profilo della singola funzione immunologica alterata, sia sotto il profilo dello specifico quadro clinico, che permette di differenziare una forma dalle altre 1. Gli addetti del settore hanno da sempre sottolineato l’importanza di definire in maniera puntuale i campanelli di allarme e i segni di presentazione delle diverse forme in modo da coglierne precocemente l’esordio. È proprio in quest’ambito che l’ampliamento delle conoscenze sulle immmunodeficienze congenite ha determinato sul piano applicativo le più sostanziali modifiche di comportamento. Infatti, è stato necessario di recente modificare alcuni dei “dogmi” che negli anni hanno aiutato i pediatri ad identificare i pazienti con sospetta immunodeficienza. Fino a pochi anni or sono, si riteneva infatti che la suscettibilità del paziente immunodeficiente a contrarre infezioni non fosse selettiva e che in altri termini non fosse rivolta solo verso un determinato agente infettivo. Si riteneva, inoltre, che l’esordio delle forme gravi avvenisse sempre nei primi due anni di vita e che, differentemente, un’anamnesi caratterizzata da una pronta guarigione da qualsivoglia infezione potesse far escludere un grave immunodeficit su base genetica. Ancora, si riteneva che un sistema immune non in grado di rispondere ad antigeni non self, quindi agli agenti infettivi di qualsivoglia natura, non potesse essere in grado di rispondere con vigore ad antigeni self determinando dei quadri di grave autoimmunità. È oggi noto che tali “dogmi” sono contraddetti da quadri clinici particolari che stanno modificando sostanzialmente il nostro approccio di pediatri al paziente con sospetta immunodeficienza primitiva. Scopo di questa review è quello di presentare alcuni aspetti nuovi dei quadri di immunodeficienze mediante la descrizione di casi clinici particolari che, in qualche modo, rappresentano quattro paradossi nello scenario dei quadri di esordio. 10 Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica • 03/2008 • 10-21 Teresa Broccoletti Emilia Cirillo Giuseppina Aloj Ilaria Russo Anna Fusco Claudio Pignata Dipartimento di Pediatria, Università di Napoli “Federico II” [email protected] Linfoistiocitosi emofagocitica Le immunodeficienze comprese in questo nuovo capitolo di immunodeficienze congenite condividono due caratteristiche principali rappresentate da un disordine funzionale dell’attività citolitica e dalla possibile evoluzione verso una fase accelerata di attivazione linfoistiocitaria, che nella sua espressione più completa determina quadri di emofagocitosi 2. In tale ambito vi sono tuttavia diverse forme comunemente raggruppate nei capitoli della linfoistiocitosi emofagocitica (HLH) e della sindrome da attivazione macrofagica (MAS), che peraltro è collegata alla prima sotto il profilo patogenetico 3. Generalmente, la malattia conclamata è scatenata da un’infezione virale comune, che usualmente ha un decorso benigno. Il quadro clinico di entrambe le forme è caratterizzato da febbre, epatosplenomegalia, linfoadenopatia, pancitopenia, ipertrigliceridemia, ipoalbuminemia ed ipofibrinogenemia, talora emorragia, disfunzione del sistema nervoso centrale (SNC) e coinvolgimento multi organo (renale epatico) ed iperferritinemia. Tale quadro di attivazione linfoistiocitaria può complicare anche il decorso dell’artrite reumatoide giovanile (ARG) ed altre patologie reumatologiche. Si deduce quindi che l’attivazione istiocitaria e la conseguente emofagocitosi costituiscono più un quadro morfologico che non una precisa definizione nosografica. I quattro paradossi delle nuove immunodeficienze congenite Più in dettaglio Il caso di Filomena… Filomena giungeva per la prima volta alla nostra osservazione all’età di 7 anni per la presenza di piastrinopenia associata alla comparsa di lesioni crostose e vescicolose raggruppate sul braccio e sull’emitorace destro diagnosticato come dermatite da Herpes Zoster di particolare estensione. In precedenza, la piccola aveva presentato le comuni infezioni dell’infanzia comprese quelle da Epstein Barr virus (EBV) e da Herpes Simplex che, tuttavia, guarivano prontamente. Per la successiva comparsa di febbre non responsiva alla terapia antipiretica e leucopenia veniva ricoverata per le relative indagini del caso. Le sue condizioni apparivano sufficientemente soddisfacenti, con la sola presenza di linfoadenomegalia in sede ascellare sinistra. Le indagini di laboratorio evidenziavano neutropenia persistente, ipoalbuminemia, ipertrigliceridemia, accentuati segni di flogosi, polireattività autoimmune con neutropenia associata ad infezione da Salmonella Paratyphi B. Nel sospetto di una linfoistiocitosi venivano effettuate le relative indagini immunologiche tra cui la determinazione dell’attività Natural Killer (NK) che risultava assente. La mielobiopsia deponeva per un quadro anatomo-patologico di attivazione istiocitaria con immagini di emofagocitosi. Le indagini molecolari per le forme note di linfoistiocitosi ereditaria familiare (perforina, caspasi, munc) risultavano negative. Successivamente, Filomena presentava un quadro persistente di leucopenia e piastrinopenia con positività del test di Coombs, degli anticorpi antineutrofili e antipiastrine, con coinvolgimento del sistema linforeticolare (epato-splenomegalia, linfoadenomegalia). La biopsia linfonodale ascellare evidenziava iperplasia follicolare florida aspecifica. Attualmente tuttavia Filomena non presenta più alcun segno di attivazione linfoistiocitaria, peraltro senza che sia stata instaurata alcuna terapia immunosoppressiva. L’insorgenza della malattia è determinata dall’iperattivazione, massiva proliferazione e migrazione di macrofagi. Nei soggetti affetti infatti sono riscontrati elevati livelli di citochine infiammatorie, quali l’interferone-γ (IFN-γ), il fattore di necrosi tumorale (TNF-α), l’interleuchina- 1(IL-1) e IL-6 4-6. Dal punto di vista funzionale la principale alterazione immunologica è rappresentata dalla ridotta o assente attività citotossica mediata dalle cellule NK e dei linfociti T citotossici (CTL). L’HLH generalmente colpisce soggetti in età pediatrica, tra sei mesi ed 1 anno. Tuttavia, negli ultimi anni sono stati descritti casi sporadici caratterizzati da insorgenza tardiva della fase conclamata di malattia. Recentemente, in circa il 40% dei soggetti con HLH sono state individuate mutazioni a carico di un gene localizzato sul cromosoma 10q22 7, codificante per un polipeptide, la perforina, costituito da 555 aminoacidi. Questa proteina è contenuta nei granuli citoplasmatici dei linfociti CTL e delle cellule NK e rappresenta un importante mediatore dell’attività litica. Anche se molti studi hanno contribuito alla comprensione delle caratteristiche cliniche e del meccanismo patogenetico che sta alla base di tale sindrome, una chiara correlazione genotipo/fenotipo non è stata ancora documentata e sono ancora molti gli aspetti che restano da chiarire. In particolare, sono oggetto di studio i fattori 11 Più in dettaglio scatenanti della fase di rapida progressione della malattia e specificamente l’effetto trigger delle infezioni virali. Nella diagnosi differenziale delle linfoistiocitosi entrano sia forme genetiche che acquisite (Tabb. I e II): la forma geneticamente determinata a sua volta comprende la linfoistiocitosi ematofagica familiare (FHLH), in cui il quadro clinico e anatomopatologico di HLH rappresenta la manifestazione primaria ed unica, e le immunodeficienze associate all’HLH (sindrome di Chédiak-Higashi 1, sindrome di Griscelli 2, e sindrome X-linked linfoproliferativa) in cui la linfoistiocitosi rappresenta un evento sporadico, sebbene frequente, durante il decorso della malattia. La forma acquisita comprende la sindrome emofagocitica associata ad infezioni (IAHS) da virus, quali l’EBV, il CMV o l’HIV, batteri e parassiti, ad errori congeniti del metabolismo (intolleranza alla lisina e deficit di sulfatasi multipla), a neoplasie, in particolare linfomi. Le forme acquisite tendono a manifestarsi a qualsiasi età e, sebbene non ne sia perfettamente nota l’incidenza, sembrano essere molto più comuni delle forme geneticamente determinate 8. Recentemente, è stato raccomandato che la diagnosi di HLH venga posta in presenza di almeno 5 tra i seguenti 8 criteri diagnostici (Tab. III): febbre, splenomegalia, citopenia di almeno 2 linee cellulari, ipertrigliceridemia e/o ipofibrinogenemia, iperferritinemia, elevati livelli del recettore solubile dell’ interleuchina-2 (sCD25), ridotta o assente attività NK, e segni di emofagocitosi nel midollo osseo, nel liquido cefalorachidiano (CSF) o nei linfonodi 9. I criteri per la diagnosi dovrebbero tuttavia, a nostro parere, essere rivalutati alla luce di segnalazioni di casi inusuali in cui non tutti i 5 criteri sono presenti o, viceversa, in cui le alterazioni sono presenti ma rapidamente transitorie. Va segnalato che accanto ai casi con esordio tipico vi sono altresì pazienti con fenotipi particolari. È stata, infatti, segnalata la possibilità di un’evoluzione verso una manifestazione linfomatosa, mentre in altri casi Tab. I. Difetti genetici responsabili di condizioni di massiva attivazione linfoistiocitaria. Malattia Cromosoma Gene Funzione FHLH-1 9q21.3-22 Non noto Non nota FHLH-2 10q21-22 PRF 1 Induzione dell’apoptosi FHLH-3 17q25 UNC13D Attivazione delle vescicole FHLH-4 6q24 STX11 Trasporto vescicole GS-2 15q21 RAB27A Trasporto vescicole; piccola GTP-asi CHS-1 1q42.1-q42.2 LYST Trasporto vescicolare non altrimenti definito XLP Xq25 SH2D1A Trasduzione del segnale e attivazione dei linfociti Tab. II. Cause acquisite di HLH. Agenti esogeni Microrganismi Tossine Prodotti endogeni Danno tissutale Prodotti del metabolismo Malattie reumatiche Lupus eritematosus sistemico Artrite reumatoide giovanile Disordini maligni 12 Tab. III. Segni clinici e di laboratorio tipici di una condizione di attivazione linfoistiocitaria. Febbre Citopenia di almeno 2 linee cellulari Epatosplenomegalia Ipertrigliceridemia Coagulopatia severa Ipofibrinogenemia Severo coinvolgimento cardiaco Iperferritinemia Disfunzione SNC, epatica, renale Segni di emofagocitosi Associazione con malattie autoimmuni Ridotta o assente attività NK I quattro paradossi delle nuove immunodeficienze congenite Più in dettaglio vi può essere un esordio drammatico, caratcellule NK, spesso associato a ridotta espresterizzato principalmente da un quadro neusione della perforina o della proteina SAP rologico con grave encefalopatia, che può (SLAM-associated protein), analogamente a erroneamente indirizzare quanto si realizza nella linl’iter diagnostico verso foistiocitosi emofagocitica Il paradosso rappresentato altre malattie neurodegedal caso di Filomena è che la familiare (FHLH) e nella nerative con conseguensindrome linfoproliferativa piccola aveva avuto una pronta X-linked (XLP) 10-12. La MAS te ritardo della diagnosi e quindi del programma generalmente esordisce guarigione delle infezioni terapeutico adeguato. nella fase iniziale ed attivirali che generalmente Nella maggior parte dei va della malattia di base, scatenano la fase accelerata. con una fase accelerata casi il trapianto di cellule staminali rappresenta la spesso scatenata da virus Questo caso quindi confuta migliore opzione terapeuo farmaci quali FANS, meil principio che un decorso tica. totrexate e sali d’oro. La Poiché in tutte queste for- favorevole di un’infezione virale mortalità è compresa tra me i virus svolgono un imconsenta di escludere un grave il 10 e il 20%. portante ruolo trigger si riIl paradosso rappresenimmunodeficit. tiene opportuno che tutti i tato dal caso di Filomena soggetti con decorso particolarmente grave è che, per motivi inspiegati, la piccola aveva di infezione virale debbano essere sottoposti avuto una pronta guarigione delle infezioni ad un appropriato iter diagnostico. virali che generalmente scatenano la fase accelerata. Questo caso quindi confuta il principio, da alcuni ritenuto tuttora valido, che Sindrome da attivazione un decorso favorevole di un’infezione virale macrofagica consenta comunque di escludere un grave La sindrome da attivazione macrofagica immunodeficit. Infatti, paradossalmente è fa(MAS) è un particolare sottotipo di linfoistiocicile riscontrare nella storia clinica dei pazienti tosi ematofagica che si manifesta in associaun normale decorso delle comuni infezioni zione a diversi disordini autoimmuni, in partidell’infanzia, che farebbe ritenere improbabicolare artrite reumatoide giovanile nel bamle una sindrome da immunodeficienza, a cui bino e il morbo di Still nell’adulto e, più rarafa poi seguito l’insorgenza di una nuova infemente, al Lupus eritematoso sistemico (LES) e zione che scatena un quadro di attivazione ad altre entità. Le manifestazioni cliniche, di istiocitaria rendendo manifesta l’alterazione laboratorio (specialmente iperferritinemia) e immunologica di base. Altro aspetto rilevante i segni di emofagocitosi sono simili alle altre del caso di Filomena è che è possibile una forme di HLH. La severa coagulopatia e il graregressione spontanea di tale sintomatologia ve coinvolgimento cardiaco possono mettere con risoluzione sia dell’infezione che delle in pericolo la vita dei pazienti. I pazienti premanifestazioni cliniche legate all’attivazione sentano un deficit dell’attività citolitica delle linfoistiocitaria. Il caso di Rosa … La piccola Rosa giungeva alla nostra osservazione all’età di 2 anni. Nata pretermine da gravidanza gemellare con minaccia di aborto al sesto mese ed ittero in gravidanza. A quasi 2 anni di età la piccola presentava un episodio di broncopolmonite, associato ad episodio convulsivo caratterizzato da perdita di coscienza, ipertono, clonie degli arti inferiori; era altresì documentata la presenza di candidosi orale. Gli accertamenti immunologici eseguiti per l’associazione di candidosi e infezioni respiratorie mostravano progressiva linfopenia, prevalentemente a carico dei linfociti CD4, con lieve aumento delle cellule doppio positive e Natural Killer. All’età di circa tre anni per un gravissimo distress respiratorio associato a segni acuti di encefalopatia veniva ricoverata presso una divisione di Rianimazione. Dagli accertamenti eseguiti, risultava intensa proteinorrachia e pleiocitosi. Veniva poi documentata un’infezione da Herpes Simplex di tipo 1 (HSV-1). Purtroppo, nonostante le cure dei sanitari la piccola successivamente decedeva. I quattro paradossi delle nuove immunodeficienze congenite 13 Più in dettaglio Encefalite erpetica devastante e immunodeficienza L’HSV-1 è un virus ubiquitario, che di solito causa quadri di patologia acuta a risoluzione spontanea. L’infezione primaria da HSV-1 determina in genere la gengivostomatite erpetica. Assai più raramente, essa può causare encefalite erpetica in soggetti per altri versi apparentemente sani. L’Encefalite da virus Herpes Simplex (HSE) è la più comune forma di encefalite sporadica nei paesi occidentali. La sua incidenza è stimata essere di 1-4 casi per milione di abitanti per anno. Le più comuni caratteristiche cliniche di esordio includono i segni e sintomi di un processo encefalitico acuto, quali febbre, alterazione dello stato di coscienza e alterazione della personalità, sintomi e segni di un processo neurologico focale, come convulsioni e deficit motori. Sono talvolta presenti anche segni e sintomi di irritazione meningea, come rigidità nucale, cefalea, vomito e fotofobia 13. L’encefalite da virus Herpes Simplex in questi ultimi anni è diventata oggetto di numerosi studi, in quanto è entrata a far parte di quel gruppo di infezioni per le quali si sospetta come causa determinante una predisposizione genetica ereditata con modalità mendeliana (Tab. IV) 14 15. Tale ipotesi di trasmissione ereditaria è stata basata sulla osservazione della presenza di associazione familiare in alcuni casi di encefalite erpetica. Il gruppo francese di Casanova, analizzando il Registro nazionale dei casi di encefalite erpetica, osservò che tale patologia si verificava, in alcuni casi, in più membri della stessa famiglia. Inoltre, veniva anche notata un’eterogeneità di gravità tra membri della stessa famiglia, non ascrivibile quindi a differenze di virulenza dei ceppi virali coinvolti nei casi multipli di infezione 16. Diversi geni sono stati individuati come determinanti nel regolare la predisposizione a vari tipi di infezioni, e tra questi alcuni sono risultati direttamente coinvolti nella predisposizione allo sviluppo di HSE. I geni finora ritenuti causali nella trasmissione ereditaria di tale predisposizione, codificano per alcune componenti di vie di trasduzione del segnale cellulare implicate nel meccanismo di difesa dall’infezione da Herpes Simplex. Le molecole maggiormente responsabili della difesa dell’organismo dalle infezioni virali sono gli interferoni di tipo I e III, che comprendono gli IFN α/β/γ 17 18. La produzione di tali molecole da parte dei fagociti è regolata da un complesso sistema, attivato dalla stimolazione dei Toll Like Receptors (TLRs) 3,7,8,9 19. Queste molecole sono recettori situati nel reticolo endoplasmatico e negli endosomi dei fagociti, in grado di legare frammenti di RNA virale a doppia elica (dsRNA), e quindi di attivare a valle un pathway molecolare che, attraverso secondi messaggeri e fattori di trascrizione, porta alla produzione degli IFN α/β/γ. Uno dei fattori di trascrizione implicati nel meccanismo di produzione di questi IFNs è NFkB; alcune mutazioni, come quella nel gene IKBKG/NEMO e nel gene IKBA, che codificano per molecole implicate nel fisiologico sistema di funzionamento del fattore NF-kB, portano ad anomala attivazione dello stesso 20 21, causando quindi una interferenza con il meccanismo di produzione degli IFN α/β/γ 22. Il funzionamento della via di trasduzione del segnale dei TLRs 3,7,8,9 dipende anche da alcune molecole che consentono la trasmissione del segnale attivatorio dal recettore TLR al nucleo. Una di queste molecole, la UNC93B1 è risultata mutata in alcune famiglie con predisposizione ereditaria, trasmessa con modalità autosomica recessiva, allo sviluppo di HSE 14. Il difetto di UNC93B1 provoca ridotta risposta alla stimolazione dei TLRs 3,7,8,9 in termini di produzione di IFN α/β/γ 23. Sebbene il difetto di UNC93B1 coinvolga il meccanismo di trasduzione del segnale di tutti i TLRs considerati Tab. IV. Caratteristiche cliniche ed eziopatogenesi dell’encefalite devastante da Herpes. Campanelli di allarme Geni coinvolti Meccanismi patogenetici Presenza di più casi familiari con quadri di encefalite virale IKBKG/NEMO IKBA UNC93B1 TLR3 Ridotta produzione di IFN α/β/γ STAT-1 Ridotta risposta ad IFN α/β/γ TYK-2 Ridotta risposta ad IFN α/β/γ Particolare gravità del quadro encefalitico 14 I quattro paradossi delle nuove immunodeficienze congenite Più in dettaglio (3,7,8,9), è stato osservato che solo l’alteraSTAT1, molecola coinvolta nel meccanismo di zione della via attivata dal TLR3 causa forte trasduzione del segnale generato dal legavulnerabilità allo sviluppo di HSE. L’alterazione me degli IFN α/β e dell’IFN γ al proprio recettodelle vie attivate dai TLRs re, causa ridotta risposta Il caso di Rosa rappresenta un a tali molecole, e quindi 7,8,9 non sembra invece generare analoga predi- esempio di un’immunodeficienza suscettibilità a contrarre sposizione, probabilmengravi infezioni da virus, tra il cui quadro clinico è te poiché tali recettori atcui l’encefalite erpetica, e esclusivamente caratterizzato da micobatteri 22 25. tivano meccanismi molecolari ridondanti nel SNC da una singola infezione che Purtroppo, per la rapida e quindi di non assoluta progressione della malatriguarda un solo apparato e necessità per proteggertia e per la non disponinon a localizzazione multipla. bilità in quel momento di lo da questa infezione. Si ritiene quindi che il mecstrumenti diagnostici, non Il paradosso è pertanto che canismo di difesa del stato possibile complequalsiasi subspecialista pediatra ètare SNC dall’infezione da vinella piccola Rosa potrebbe imbattersi in una rus Herpes Simplex di tipo l’iter diagnostico. È pur I dipenda strettamente immunodeficienza congenita. tuttavia probabile che la dal pathway attivato dal rapida progressione dell’encefalite erpetica sia stata determinata TLR3. Al contrario, altri virus encefalotropi non causano encefalite nei pazienti con difetto da un’anomala funzionalità degli interferoni. di UNC93B1 perché si servono anche di altri Il caso di Rosa rappresenta un esempio di pathway molecolari oltre quello attivato dal un’immunodeficienza il cui quadro clinico è TLR3. Analogamente, la ridondanza del sisteesclusivamente caratterizzato da una singoma del TLR3 in altri tessuti, spiega il motivo per la infezione che riguarda un solo apparato e cui le infezioni da HSV-1 o altri virus in soggetti non a localizzazione multipla. Il paradosso è con deficit di UNC93B1, non causano malatpertanto che qualsiasi subspecialista pediatia grave al di fuori del SNC. Un quadro simitra potrebbe imbattersi in una immunodefile può essere determinato da mutazioni del cienza congenita. L’unico criterio per porre TLR3 stesso che si trasmettono con modalità un sospetto potrebbe essere, a nostro avviso, autosomica dominante 24. Infine, il deficit di la assoluta gravità dell’infezione. Il caso della famiglia… Riportiamo il caso di una famiglia francese osservata da Casanova 26 caratterizzata da tubercolosi ricorrente in diversi membri, in particolare 4 maschi nati da 3 sorelle. Il probando, vaccinato all’età di 2 anni con il bacillo di Calmette-Guérin (BCG), aveva sviluppato linfoadenopatia ascellare con fistola cutanea che aveva richiesto l’escissione chirurgica. L’esame bioptico del linfonodo evidenziava un reperto caratterizzato da infiltrazione leucocitaria, granulomi con cellule epitelioidi e cellule giganti multinucleate. All’età di 21 anni il paziente sviluppava occlusione intestinale da linfoadenopatia addominale, seguita 3 anni dopo da linfoadenopatia sopraclavicolare sinistra. Gli esami colturali permettevano di isolare il Mycobacterium Bovis. Il probando non presentava altre infezioni inusuali ma la storia familiare evidenziava la presenza di diversi membri (3 cugini e la zia materna) con TBC polmonare, linfadenite con fistolizzazione e ulcerazioni cutanee ricorrenti e salpingite tubercolare. In alcuni casi la malattia insorgeva in seguito alla vaccinazione con BCG. Nel sospetto di una immunodeficienza congenita il probando veniva sottoposto ai comuni test diagnostici (sottopopolazioni linfocitarie, test dei mitogeni, dosaggio delle immunoglobuline, NBT test, complemento) che risultavano nella norma. Le successive indagini immunologiche e genetiche portavano ad identificare 2 nuovi loci sul cromosoma X permettendo di includere questi casi nelle forme di immunodeficienze definite come suscettibilità mendeliana alle malattie da micobatteri (MSMD) 27. I quattro paradossi delle nuove immunodeficienze congenite 15 Più in dettaglio Suscettibilità mendeliana alle malattie da micobatteri La suscettibilità mendeliana alle malattie da micobatteri (MSMD) è una sindrome rara che comporta la predisposizione ad infezioni da micobatteri normalmente poco virulenti come il bacillo di Calmette-Guérin e ad altri micobatteri non tubercolari presenti comunemente nell’ambiente, oltre che ad una maggiore vulnerabilità nei confronti del più pericoloso Mycobacterium Tubercolosis. Paradossalmente questi pazienti non mostrano una particolare predisposizione nei confronti delle altre comuni infezioni, eccezion fatta per la salmonellosi, che comunque interessa in genere meno della metà dei casi. L’esordio della malattia generalmente avviene in età infantile (nella maggior parte dei casi prima dei 3 anni) sebbene questa possa progredire in epoca adulta. La MSMD è una condizione clinicamente eterogenea la cui prognosi rimane legata al tipo di lesione istologica presente. I bambini che sviluppano lesioni granulomatose di tipo lepromatoso generalmente hanno una prognosi più infausta, mentre quelli con granulomi tubercoloidi hanno una prognosi più favorevole 28. La risposta dell’ospite ai micobatteri inizia con la fagocitosi del micobatterio da parte dei macrofagi, che porta alla secrezione, da parte del macrofago parassitato, di IL-12. La produzione di tale citochina è promossa anche dall’attivazione della via del CD40CD40L. L’IL-12 causa quindi il reclutamento e l’attivazione di linfociti T nel sito di infezione. I linfociti T CD4+ e CD8+ reclutati riconoscono gli antigeni micobatterici presentati dai macrofagi, e quindi producono alcune citochine, in particolare IFN-γ e TNF-α. A sua volta l’IFN-γ si lega al suo recettore presente sugli stessi fagociti, attivandone le funzioni anti-micobatteriche e aumentando la produzione di IL-12, che così è progressivamente amplificata 22 29. Sono ormai state ampiamente descritte (Tab.V) diverse alterazioni geniche sia autosomiche (IFNGR1, IFNGR2, STAT1, IL12RB1 e IL12B), che legate al cromosoma X (NEMO) associate a queste condizioni di predisposizione genetica. Le proteine codificate sono coinvolte nel pathway di risposta dell’immunità mediata dall’IFN-γ. In particolare, le mutazioni che riguardano IFNGR1, IFNGR2 e STAT1 sono responsabili dell’alterazione della risposta cellulare all’IFN-γ, mentre quelle a carico di IL12RB1 e IL12B alterano direttamente il funzionamento di tale citochina. Poiché l’IFN-γ è una delle principali citochine che attivano i macrofagi, risulta chiaro come queste cellule giochino un ruolo chiave nella patogenesi delle infezioni da micobatteri in questi pazienti. L’identificazione di questi disordini genetici ha importanti implicazioni sia da un punto di vista diagnostico che terapeutico. Infatti l’identificazione precoce di questi pazienti potrebbe contribuire ad orientare la scelta della migliore opzione terapeutica possibile, quali la profilassi antibiotica, la somministrazione di IFN-γ o il trapianto di midollo osseo. Il caso della famiglia riportata dalla letteratura è paradigmatico del terzo paradosso, rappresentato dal fatto che una immunodeficienza su base genetica possa predisporre esclusivamente ad una determinata infezione causata da un singolo agente. Tab. V. Esempi di malattia con selettiva suscettibilità alle infezioni. Malattia S. di Duncan MSMD Incontinentia Pigmenti 16 Agenti infettivi Geni coinvolti EBV SAP Micobatteri Salmonella IL12R-ß1 IL12 p40 IFNγ-R1 IFNγ-R2 IL-23p40 Germi intracellulari NEMO I quattro paradossi delle nuove immunodeficienze congenite Più in dettaglio Accanto alle forme tipiIl caso della famiglia riportata clinica. Recenti evidenze che in cui l’immunodefiindicano che in condiziocienza cellulare, umorale dalla letteratura è paradigmatico ni di malattia immunolodel terzo paradosso, o combinata si presengica si può realizzare una ta clinicamente con un rappresentato dal fatto che una condizione di alterazione quadro sufficientemente quantitativa o qualitativa immunodeficienza su base chiaro, vi sono, tuttavia, dei linfociti, che determigenetica possa predisporre casi atipici in cui i segni na una espansione comdi presentazione sono pensatoria dei cloni preesclusivamente ad una meno suggestivi di un senti. Accanto a questo determinata infezione causata meccanismo sono stati immunodeficit di base 30. da un singolo agente. È ormai noto, ad esemtuttavia recentemente pio, come diverse forme identificati dei quadri di di immunodeficienze possano associarsi a malattie monogeniche trasmesse con erediquadri di autoimmunità come primo segno tarietà mendeliana, che in maniera peculiadi malattia o come complicanza della storia re si associano ad autoimmunità. Il caso di Vincenzo … Vincenzo veniva ricoverato all’età di 5 anni per la comparsa di un episodio febbrile accompagnato da astenia severa, alopecia e eritema orticarioide diffuso. L’esame clinico rivelava la presenza di aree di vitiligine periorale, distrofia ungueale, candidiasi orale ed epatosplenomegalia. L’anamnesi remota era caratterizzata dal riscontro di ipertransaminasemia fluttuante e candidosi orale ricorrente. Nel corso del ricovero le indagini di laboratorio evidenziavano la presenza di ipocalcemia ed iperfosforemia con livelli indosabili di paratormone che facevano porre diagnosi di ipoparatiroidismo. Nei successivi 3 mesi il paziente presentava ingravescenza dell’astenia con successivo riscontro di tiroidite autoimmune (positività degli anticorpi anti-TG e anti-TPO) con ipotiroidismo severo, elevazione dei livelli di renina plasmatica e insufficienza surrenalica acuta autoimmune (morbo di Addison). Inoltre sulla base di elevati valori di gastrinemia con presenza di anticorpi anti-cellule parietali e un pattern istologico di atrofia della mucosa del corpo dello stomaco veniva posta diagnosi di gastrite atrofica. Per il problema dell’ipertransaminasemia veniva posta diagnosi probabile di epatite autoimmune. Nel sospetto di una sindrome genetica da immunodeficienza con iperimmunità veniva avviata indagine molecolare che consentiva di porre diagnosi di… Il caso di Imma… Imma giungeva alla nostra osservazione all’età di 5 anni per la comparsa di orticaria e angioedema recidivante. L’esame clinico rivelava la presenza di epatosplenomegalia associata ad eritema figurato del tronco. L’anamnesi era positiva per familiarità per patologie autoimmuni e linforeticolari (epato splenomegalia) associate ad anomalie ematologiche (anemia, piastrinopenia, ipersplenismo) in diversi membri della famiglia nella linea paterna (sorella maggiore, padre, zio e nonna paterna). Le indagini di laboratorio praticate mostravano un aumento degli immunocomplessi circolanti e degli autoanticorpi con un’attività NK nella norma. Le sottopopolazioni linfocitarie evidenziavano un incremento della quota dei linfociti TCR γ/∆ doppio negativi (CD4-8- γ/∆). Sulla base della familiarità per patologie autoimmuni e del quadro clinico veniva quindi avviato un iter diagnostico funzionale e successivamente molecolare che consentiva di porre diagnosi di Sindrome… identificata sia nella probanda che nella sorella maggiore, nel padre e nella nonna paterna, in seguito deceduta per la comparsa di linfoma non Hodgkin. Imma è attualmente in buone condizioni generali e conduce una vita normale per la sua età. I quattro paradossi delle nuove immunodeficienze congenite 17 Più in dettaglio 18 Immunodeficienze da alterazione dei meccanismi della tolleranza immunologica Nella fisiologia della risposta immune, i linfociti hanno la prerogativa di espandersi dopo aver incontrato l’antigene. Tuttavia, accanto all’espansione clonale verso antigeni nonself vengono anche generati cloni autoreattivi, che, in caso di alterazione dei meccanismi di controllo, sono responsabili della comparsa di malattie autoimmuni. Recentemente, grande attenzione è stata riposta nella comprensione dei meccanismi molecolari che governano l’omeostasi linfocitaria, che impediscono la crescita inappropriata di tali cloni autoreattivi. Un ruolo importante nel mantenimento dell’omeostasi è giocato dai sistemi di regolazione della tolleranza immunologica. Esistono due processi di tolleranza, definiti tolleranza centrale e tolleranza periferica. Il primo avviene negli organi linfoidi primari, quali il timo ed il midollo osseo, e consente la selezione di linfociti T e B nel corso del differenziamento. Questo tipo di tolleranza permette, quindi, la delezione o l’inattivazione dei linfociti autoreattivi 31. Nel timo, il precursore del linfocita T viene selezionato sulla base dell’affinità del legame con l’antigene del T cell receptor (TCR). Un ruolo molto importante in tal ambito è svolto dal gene Autoimmunity Regulator (AIRE), espresso selettivamente in alcuni organi come timo, linfonodi, fegato e milza nella vita fetale. La tolleranza periferica invece avviene negli organi linfoidi secondari ed è rivolta ai linfociti T e B maturi che sono sfuggiti alla selezione negativa negli organi primari 32. Sia in periferia che nel corso della delezione a livello centrale, l’apoptosi svolge un ruolo importante. A tale processo, definito anche morte cellulare programmata, partecipano recettori di membrana, definiti “recettori di morte”, che appartengono alla superfamiglia dei recettori del TNF e del Nerve Growth Factor (NGF) 33. La molecola più rilevante per questo processo è rappresentata da Fas o CD95, la cui stimolazione induce apoptosi linfocitaria 34. In seguito al legame con il ligando (FasL), viene attivato il pathway di signaling intracellulare cui partecipano diverse molecole tra le quali un ruolo preminente è svolto dalle caspasi 8 e 10 33. Il processo è attivato dalla stimolazione della molecola Fas e dalla conseguente attivazione a cascata delle molecole appartenenti alla famiglia delle caspasi. Mutazioni di tali geni determinano quadri di malattia autoimmune di particolare gravità associati, peraltro, ad interessamento del sistema linforeticolare con conseguente spleno e linfoadenomegalia 34. Inoltre, il difetto di caspasi 8 determina contestualmente un difetto di attivazione delle cellule T e Natural Killer, con conseguente aumentata suscettibilità a contrarre infezioni virali 35. Accanto ai meccanismi indicati di tolleranza, vi sono tuttavia ulteriori strumenti di controllo negativo della risposta immune, quali l’anergia da citochine anergizzanti (IL-10) e i meccanismi di regolazione legati alle celule CD4+ CD25+ Treg 32. Un ulteriore meccanismo di controllo omeostatico è rappresentato dalla lisi clonale mediante meccanismo secretorio, che coinvolge le molecole di granzima A e B e la perforina. La descrizione di casi clinici rari ha contribuito grandemente alla comprensione dei meccanismi di tolleranza, chiarendo il ruolo chiave che ciascuna molecola svolge nel processo biologico. Infatti nei casi clinici descritti gli studi molecolari di approfondimento hanno permesso di identificare in Vincenzo una mutazione del gene AIRE, facendo porre diagnosi di APECED, mentre nel caso di Imma un test funzionale di sopravvivenza cellulare a seguito di stimolazione via Fas ha mostrato un difetto di apoptosi, facendo porre diagnosi di ALPS. Tale diagnosi è stata successivamente confermata dalla identificazione di una mutazione nel gene Fas. Come si evince da quanto esposto sui meccanismi regolatori che limitano l’espansione clonale dei linfociti, risulta molto agevole correlare i fenotipi di malattia di Vincenzo ed Imma ai meccanismi patogenetici e alle cause molecolari che li hanno determinati. Autoimmune, Polyendocrinopathy, Candidiasis, Ectodermal Distrophy (APECED) Tale sindrome, trasmessa con modalità autosomica recessiva, è causata da un difetto di un singolo gene, AIRE, localizzato sul cromosoma 21 nella regione 21q22.3 e costituito da 14 esoni che codificano per un polipeptide di 545 aminoacidi. La proteina esprime diversi motivi funzionali che le conferiscono il ruolo di proteina regolatoria. Mutazioni in una qualsiasi di queste regioni danno luogo ad una proteina difettiva che determina il fenotipo clinico ed immunologico dell’Autoimmune, I quattro paradossi delle nuove immunodeficienze congenite Sindrome autoimmune linfoproliferativa La sindrome autoimmune linfoproliferativa (ALPS) è un disordine caratterizzato da manifestazioni autoimmuni linfoproliferative, con cronica espansione linfocitaria e conseguente infiltrazione benigna di linfociti in diversi organi, talvolta associato ad immunodeficienza. Come illustrato in Tabella VII, esistono varie forme di ALPS che testimoniano come anomalie dell’apoptosi possano dipendere da alterazioni di più molecole coinvolte in diversi stadi nel pathway dell’apoptosi stessa. Attualmente si conoscono 4 forme diverse di ALPS. L’ALPS di tipo 0, ad ereditarietà autosomica recessiva, è associata a completa assenza della molecola Fas, ed è pertanto la forma più grave. L’ALPS di tipo Ia, rappresenta la forma più diffusa della sindrome ed è causata da mutazioni allo stato eterozigote del gene di Fas. Tali mutazioni determinano la formazione di una proteina tronca o non funzionale, che interrompe l’attivazione delle caspasi e quindi dell’apoptosi. Un’altra forma di ALPS è rappresentata, invece, dalla forma di tipo Ib, in cui il gene alterato è il ligando di Fas (FasL). L’ALPS di tipo II, Più in dettaglio Polyendocrinopathy, Candidiasis, Ectodermal Distrophy (APECED) 36. Attualmente non esiste ancora una chiara correlazione genotipo/fenotipo ed è possibile che anche fattori ambientali possano modificare l’espressività della malattia. Generalmente i sintomi si presentano già nella prima infanzia anche se alcuni pazienti manifestano la malattia nelle decadi successive. Per formulare la diagnosi occorrono almeno due delle seguenti manifestazioni: candidiasi mucocutanea cronica, morbo di Addison ed ipoparatiroidismo 37. È sufficiente invece la presenza di una sola di queste manifestazioni per porre la diagnosi nei parenti di soggetti affetti. Il fenotipo è molto variabile nell’ambito della stessa famiglia e comprende sia disordini endocrini sia non endocrini (Tab. VI). Per quanto concerne la prognosi, essa dipende essenzialmente dalla complessità del fenotipo clinico, in particolare dalla severità delle manifestazioni endocrine e dall’adeguatezza della terapia. Tab. VI. Caratteristiche cliniche delle sindromi iperimmuni su base genetica. ALPS APECED IPEX Manifestazioni autoimmuni linfoproliferative Non endocrine Manifestazioni autoimmuni linfoproliferative Linfoadenopatia Splenomegalia Epatomegalia Anemia emolitica Trombocitopenia Neutropenia Glomerulonefrite Orticaria S. di Guillain-Barré Linfoma Candidiasi mucocutanea Anemia perniciosa Epatite autoimmune Ipoplasia smalto dentario Distrofia ungueale Vitiligine Alopecia Distrofia ectodermica Anomalie follicoli piliferi Gastrite atrofica Enteropatia cronica Cheratocongiuntivite Sindrome di Sjögren Ipotiroidismo IDDM Anemia emolitica Trombocitopenia Neutropenia Enteropatia Glomerulonefrite Linfoadenopatia Caratteristiche addizionali Infezioni Ritardo di crescita Endocrine Ipoparatiroidismo IDDM Ipotiroidismo Ipogonadismo Insufficienza surrenalica Caratteristiche meno frequenti Eczema Dermatite atopica Ritardo crescita Distrofia ungueale Crisi gravi d’asma Anomalie vascolari Sepsi Peritonite Artrite I quattro paradossi delle nuove immunodeficienze congenite 19 Più in dettaglio Tab. VII. Basi molecolari delle sindromi iperimmuni. Malattia Gene alterato Ereditarietà ALPS IA CD95/Fas AR/AD ALPS IB CD168/FasL AD ALPS II Caspasi 10 AR ALPS III Non noto - APECED AIRE AR FOXP3 Associata a X Caspasi 8 AR IPEX ALPS e immunodeficit di recente identificazione, è causata da mutazioni del gene caspasi 10. Infine, l’ALPS di tipo III comprende quelle forme con uguale fenotipo clinico ma in cui il difetto genetico resta ancora da identificare 38. Segni di sospetto della sindrome sono la linfoadenopatia, con prevalente localizzazione cervicale o ascellare, e l’epatosplenomegalia. Le principali manifestazioni cliniche sono a carico del sistema linforeticolare ed ematopoietico (anemia emolitica, trombocitopenia, neutropenia), altre manifestazioni meno comuni sono rappresentate da orticaria, glomerulonefrite, epatite autoimmune, cirrosi epatica biliare, sindrome di Guillain Barré, artrite reumatoide giovanile, vitiligine ed alopecia. Più raramente è riportata un’aumentata suscettibilità a sviluppare tumori, in particolare tumori del sistema linfopoietico 39. Sebbene la prognosi sia generalmente buona, le complicanze a lungo termine richiedono un’attenta osservazione al fine di instaurare il trattamento più appropriato precocemente. Immunodysregulation, polyendocrinopathy, enteropathy, X-linked Sindrome (IPEX) Sindrome caratterizzata dall’associazione di enteropatia, poliendocrinopatie e disordini autommunitari multiorgano dovuta a mutazioni nel gene Foxp3 localizzato sul cromosoma X, che aboliscono la capacità della proteina da esso codificata (scarfina) di legarsi al DNA, bloccando quindi la sua fisiologica funzione di fattore trascrizionale. Il ruolo di tale proteina è ancora da definire anche se studi preliminari indicano che l’espressione della Scarfina sia molto alta nei linfociti T CD4+CD25+ che svolgono la funzione di cellule T regolatrici e quindi sono coinvolte nei meccanismi di omeostasi immunitaria 40. 20 L’epoca di insorgenza della malattia è precoce, con esordio generalmente già nel periodo prenatale o nella prima infanzia. Tra i segni clinici l’enteropatia, caratterizzata da diarrea e sanguinamento gastrointestinale, rappresenta la manifestazione più frequente ed insorge prima dell’introduzione del glutine. La poliendocrinopatia generalmente comprende diabete mellito insulino-dipendente, spesso ad esordio neonatale, e tiroidite autoimmune. Spesso sono associati all’immunodysregulation, polyendocrinopathy, enteropathy, X-linked sindrome (IPEX) dermatite atopica, asma, linfoadenopatia, e gravi infezioni causate da enterococchi e stafilococchi. La prognosi è severa: molti pazienti muoiono precocemente per cachessia o per la terapia immunosoppressiva. Bibliografia Fisher A. Human Primary Immunodeficiency Diseases. Immunity 2007;27:835-45. 2 Henter JI, Arico M, Elinder G, Imashuku S, Janka G. Familial hemophagocytic lymphohistiocytosis. Primary hemophagocytic lymphohistiocytosis. Hematol Oncol Clin North Am 1998;12:417-33. 3 Grom A. A common pathway in systemic-onset juvenile rheumatoid arthritis, macrophage activation syndrome, and hemophagocytic lymphohistiocytosis? Harth Rheum 2004;50:689-98. 4 Henter Jl, Elinder G, Soder O, Hansson M, Andersson U. Hypercytokinemia in familial hemophagocytic lymphohistiocytosis. Blood 1991;78:2918-22. 5 Imashuku S, Hibi S, Fujiwara F, Todo S. Hyper-interleukin (IL)-6-naemia in haemophagocytic lymphohistiocytosis. Br J Haematol 1996;93:803-7. 6 Fujiwara F, Hibi S, Imashuku S. Hypercytokinemia in hemophagocytic syndrome. 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