Chirurgia Vertebrale MIS e Percutanea.

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Prof. LEO MASSARI
LA CHIRURGIA VERTEBRALE MINI-INVASIVA E PERCUTANEA
Aggiornamenti
COSA SIGNIFICA CHIRURGIA VERTEBRALE MINIINVASIVA E PERCUTANEA?
Per Chirurgia Vertebrale Mini-invasiva e Percutanea si intendono delle
tecniche chirurgiche che permettono di eseguire interventi di Stabilizzazione
della Colonna Vertebrale, soprattutto a livello del rachide toracico, toracolombare e lombare, utilizzando dei piccoli accessi chirurgici e delle
strumentazioni dedicate.
Attraverso queste metodiche si possono inserire delle viti peduncolari per via
posteriore e/o delle gabbiette (cage) intersomatiche, al posto dei dischi
intervertebrali, per far si che un determinato distretto della colonna
vertebrale venga bloccato. Utilizzando le medesime tecniche si possono anche
fare interventi di decompressione e “allargamento” del canale vertebrale in
caso di stenosi e/o asportazione di ernie discali.
QUANDO E’ INDICATO UTILIZZARE LA CHIRURGIA MIS O PERCUTANEA?
Le indicazioni dove utilizzare le metodiche miniinvasive (MIS) o percutanee
sono diverse:
a) FRATTURE
Le fratture vertebrali “traumatiche” , dovute ad un trauma efficace ed
importante, in certi casi possono essere trattate non chirurgicamente, con
riposo a letto e corsetto per diverse settimane, oppure da qualche anno
vengono trattate con stabilizzazioni posteriori percutanee che di solito
comprendono una/due vertebre prossimalmente e una/due vertebre
distalmente a quella fratturata, con eventuale aggiunta o meno di
“cementazione” nella vertebra fratturata stessa.
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In parole povere è come se venisse effettuata una “ingessatura interna “ della
vertebra schiacciata/fratturata.
In mani esperte l’intervento dura circa 60-80 minuti e, come si può notare
nella foto operatoria, è veramente mini-invasivo e non comporta perdite di
sangue tali da richiedere trasfusioni.
Di solito già il giorno dopo l’intervento il/la paziente può essere alzato e può
deambulare senza ausilii solamente indossando un busto ortopedico che dovrà
utilizzare per circa 45-60 giorni. Nei pazienti più giovani dopo circa 1 anno,
a guarigione completa della frattura vertebrale, la strumentazione viene
rimossa attraverso un intervento chirurgico sempre mini-invasivo.
B) PATOLOGIA DEGENERATIVA
Le cause del mal di schiene sono tantissime ed a volte non interessano
direttamente la colonna vertebrale.
Nei casi nei quali la diagnosi è di lombalgia discogenica, ovverossia la causa
principale è la degenerazione di uno o più dischi intervertebrali, oppure vi
siano quadri di instabilità (spondilolistesi, scoliosi degenerative, esiti di
fratture) in cui adeguati trattamenti medici e fisioterapici non hanno dato
risultati relativamente al dolore ed alla stabilità può essere indicato
effettuare interventi di stabilizzazione con tecnica mini-invasiva o percutanea
attraverso le stesse tecniche che si utilizzano nel trattamento delle fratture.
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C) PATOLOGIA INFETTIVA O TUMORALE METASTATICA
Le infezioni che colpiscono la Colonna Vertebrale (Spondilodisciti) sono
caratterizzate da dolore, difficoltà a mantenere la stazione eretta, a volte
irradiazioni dolorose agli arti inferiori a causa della compressione delle radici
nervose da parte di ascessi che si formano tra i corpi vertebrali ed il disco
interposto. Anche in questi casi, associata alla adeguata e massiva terapia
antibiotica, la stabilizzazione percutanea con viti e barre può garantire una
stabilità del tratto ci colonna vertebrale interessata dalla infezione e, quindi,
ridurre notevolmente il dolore e consentire anche una migliore terapia
farmacologica consentendo allo stesso tempo di migliorare notevolmente la
qualità della vita del paziente.
Lo stesso discorso vale anche per i casi con metastasi a livello vertebrale,
pazienti nei quali oltre al dolore si deve considerare anche la presenza di
frattura/schiacciamenti dei corpi vertebrali colpiti oppure l’elevato rischio che
tali corpi vertebrali posano schiacciarsi e, di conseguenza, comprimere le
strutture nervose all’interno del canale vertebrale (midollo o cauda equina).
La Chirurgia di Stabilizzazione Mini-Invasiva o Percutanea consente di ridurre
il dolore dovuto alla instabilità che si verifica sempre in questi casi, e che è
causa principale di dolore, nonché di evitare gli schiacciamenti e i crolli
successivi nelle vertebre “a rischio”.
Così facendo, oltre a migliorare notevolmente la qualità della vita di questi
pazienti, si possono iniziare o riprendere le chemioterapie e/o radioterapie in
tempi brevissimi in quanto non vi sono grandi cicatrici e i rischi infettivi sono
decisamente inferiori rispetto agli interventi più invasivi.
E’ ovvio che si tratta di interventi palliativi che possono avere un ruolo
importante solo nel contesto di tutti i trattamenti oncologici necessari ed
indispensabili.
Nelle immagini precedenti si vedono i quadri alla RMN della colonna
vertebrale di un paziente con metastasi vertebrali multiple e due vertebre “a
rischio” di frattura; il trattamento di stabilizzazione percutanea da T7 a L3 e
la fotografia dei minimi accesi chirurgici che hanno comunque permesso di
effettuare l’intervento chirurgico.
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PERCHE’ EFFETTUARE UN INTERVENTO MINI-INVASIVO O PERCUTANEO?
Le metodiche mini-invasive e percutanee consentono di effettuare interventi di
stabilizzazione vertebrale evitando lunghe, a volte lunghissime, incisioni
chirurgiche, evitando lo scollamento dei muscoli paravertebrali, e la successiva
necrosi degli stessi, evitando grossi sanguinamenti, legati fondamentalmente
agli scollamenti muscolari. Questo permette tempi di recupero inferiori rispetto
alla chirurgia più invasiva, molto meno dolore nel post-operatorio immediato
ed anche a distanza di settimane, scarsissime perdite ematiche e nessuna
necessità di trasfusioni di sangue, pochissimi giorni di allettamento nel periodo
post-operatorio (nella maggior parte dei casi il giorno dopo l’intervento il
paziente può alzarsi e camminare).
ESISTONO DELLE CONTROINDICAZIONI AGLI INTERVENTI MINI-INVASIVI O
PERCUTANEI?
Le controindicazioni agli interventi mini-invasivi o percutanei sono legate alla
tipologia di intervento: se devono essere stabilizzati lunghi tratti di colonna
vertebrale oppure devono essere effettuate decompressioni ampie oppure
correzioni di deformità gravi queste tecniche non sono indicate, soprattutto se
ci troviamo di fronte a colonne malformate o eccessivamente ruotate.
In certi casi, però si possono associare metodiche percutanee e metodiche “a
cielo aperto” che possono consentire di effettuare anche interventi complessi
con minori esposizioni e sanguinamenti.
QUALI SONO I RISCHI E LE COMPLICANZE DEGLI INTERVENTI MINI-INVASIVI
E PERCUTANEI?
Innanzitutto occorre precisare che questi interventi vengono effettuati con un
costante controllo radiografico intraoperatorio e, quindi, questo comporta una
esposizione maggiore del paziente (e dei chirurghi) alle radiazioni ionizzanti.
In mani esperte tali esposizioni sono molto limitate e non comportano
particolari rischi per la salute del paziente. La presenza di macchinari
radiologici dedicati e di personale esperto consente di minimizzare
ulteriormente tali rischi.
Il posizionamento delle viti peduncolari è, come in tutta la chirurgia vertebrale
di stabilizzazione, il momento di maggiore rischio di complicanze con uno
scorretto posizionamento delle viti stesse ed eventuali danni a livello delle
radici nervose o, in casi particolari, del midollo spinale. Il controllo
radiologico intraoperatorio costante, e l’esperienza del chirurgo, è una
ulteriore garanzia di corretto posizionamento e di riduzione dei rischi
intraoperatori.
Il posizionamento di cage intersomatiche può comportare ugualmente rischi di
stiramento e/o lesioni delle radici nervose in quanto per poter mettere
correttamente queste gabbiette bisogna necessariamente farsi spazio nel
disco intervertebrale e, quindi, spostare le strutture nervose che si possono
porre in mezzo.
LA CHIRUGIA VERTEBRALE MINI-INVASIVA O PERCUTANEA E’ INDICATA
ANCHE IN PRESENZA DI OSTEOPOROSI?
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L’osteoporosi è una condizione che comporta una minore quantità di osso
spongioso all’interno dei corpi vertebrali e, pertanto, può essere una
condizione di rischio di scarsa tenuta delle viti peduncolari con successivi
scardinamenti delle stesse.
Esistono, però possibilità tecniche che prevedono l’utilizzo di viti “ad
espansione” e/o viti cannulate con iniezione successiva di cemento “per ossa”
e, quindi, stabilizzazione delle viti stesse all’interno del corpo vertebrale.
E’ ovvio che tali soluzioni sono da riservare a casi particolari e
particolarmente difficili.
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