PK 10 menico Cecere Do a i f a r g o Ge e a i l a t I ’ d … a p o r u E d’ a c s a t n ...i area umanistica lle singole e d ta a li g a tt e Analisi d e e di tutti gli n a li a it i n io g e r e con statistich ti i, e p o r u e ti ta S n ati ai più rece n r io g g a ti a d e ia studi in mater SIMONE EDIZIONI Estratto della pubblicazione ® Gruppo Editoriale Esselibri - Simone Copyright © 2007 Esselibri S.p.A. Via F. Russo 33/D 80123 Napoli Tutti i diritti riservati È vietata la riproduzione anche parziale e con qualsiasi mezzo senza l’autorizzazione scritta dell’editore. Azienda certificata dal 2003 con sistema qualità ISO 14001 : 2004 Per citazioni e illustrazioni di competenza altrui, riprodotte in questo libro, l’editore è a disposizione degli aventi diritto. L’editore provvederà, altresì, alle opportune correzioni nel caso di errori e/o omissioni a seguito della segnalazione degli interessati. Prima edizione: febbraio 2007 PK10 ISBN 978-88-244-7456-6 Ristampe 8 7 6 5 4 3 2 1 2007 2008 2009 2010 Questo volume è stato stampato presso Officina Grafica Iride Via Prov.le Arzano-Casandrino, VII Trav., 24 - Arzano (NA) Per informazioni, suggerimenti, proposte: [email protected] Coordinamento redazionale: Nunzio Silvestro Revisione del testo a cura di: Rossella Micillo Grafica e copertina: Gianfranco De Angelis Impaginazione: Raffaella Molino Estratto della pubblicazione Presentazione ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ Il volume, diviso in due parti, presenta un quadro aggiornato e completo delle regioni politico-territoriali d’Italia e d’Europa. Le aree geografiche sono analizzate sotto i profili morfologico, climatico, economico, storico e sociale, con approfondimenti dedicati alle singole regioni della Penisola e a ciascuno degli Stati europei. Il linguaggio è semplice ma preciso e i termini di più difficile comprensione sono corredati di glosse esplicative. Ogni capitolo si conclude con un test di verifica con soluzioni commentate, che consente di autovalutare il livello di preparazione raggiunto. Estratto della pubblicazione Estratto della pubblicazione PARTE I L’Italia TRENTINO ALTO ADIGE VALLE D’AOSTA FRIULI VENEZIA GIULIA Trento Aosta LOMBARDIA Milano VENETO Trieste Venezia Torino PIEMONTE EMILIA ROMAGNA Genova Bologna LIGURIA Firenze Ancona TOSCANA Perugia MARCHE UMBRIA L’Aquila LAZIO MOLISE ABRUZZO Roma Campobasso CAMPANIA PUGLIA Bari Napoli SARDEGNA Potenza BASILICATA Cagliari CALABRIA Catanzaro Palermo SICILIA Estratto della pubblicazione 1. Caratteri generali fisico-antropici ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ 1) L’ambiente fisico L’Italia (nome ufficiale Repubblica italiana) è uno Stato dell’Europa meridionale, che comprende il versante meridionale dell’arco alpino, la Pianura Padana, la penisola italiana, le due isole maggiori Sardegna e Sicilia e altre isole minori. Non fanno parte dell’Italia due piccoli Stati indipendenti situati all’interno della penisola: la Città del Vaticano e la Repubblica di San Marino. Il comune di Campione d’Italia è, Enclave: territorio straniero invece, un’enclave italiana in territorio sviz- situato geograficamente entro i confini di un altro Stato. zero. Il paese, la cui capitale è Roma, confina a ovest e a nord con la Francia, a nord con la Svizzera e l’Austria, a est con la Slovenia; le porzioni peninsulare e insulare del territorio italiano sono bagnate dal mar Mediterraneo, che si articola in diversi bacini: partendo da nordovest, mar Ligure, mar Tirreno, mar di Sardegna, mar di Sicilia, mar Ionio e mar Adriatico. I rilievi. Dal punto di vista geologico, l’Italia è un paese relativamente giovane, i cui terreni risalgono a un’era compresa tra 65 milioni e 2 milioni di anni fa: ciò spiega i frequenti fenomeni vulcanici e sismici. Il territorio è in prevalenza montuoso (35,2%) e collinare (41,6%). La catena montuosa delle Alpi circonda per intero la parte settentrionale del paese, segnandone il confine con gli altri Stati: all’Italia appartiene il versante meridionale della catena, per un’estensione di circa 1.000 km. Le Alpi italiane si dividono in diversi settori: le Alpi occidentali, dal colle di Cadibona al col Ferret, che comprendono le Alpi 7 1. Caratteri generali fisico-antropici Lo Stato italiano occupa una superficie di 301.338 kmq e, tradizionalmente, si divide in 4 macroregioni: settentrionale, centrale, meridionale e insulare. Parte I. L’Italia Marittime, le Alpi Cozie e le Alpi Graie; il settore centrale, dal col Ferret al passo di Resia, si suddivide in Alpi Pennine, Alpi Lepontine e Alpi Retiche. Del settore orientale, che va dal passo di Resia a quello di Vrata (Slovenia), fanno parte infine le Dolomiti, le Alpi Carniche e le Alpi Giulie, con rilievi mediamente più bassi che nelle altre sezioni. La loro formazione è geologicamente recente, risalente all’era terziaria (tra 65 e 1,5 milioni di anni fa): lo spostamento verso nord della placca africana, e il successivo scontro con quella eurasiatica, hanno causato il corrugamento, vale a dire il sollevamento di strati rocciosi e di masse cristalline, che oggi costituiscono il sistema alpino. A causa della natura cristallina e della relativa giovinezza di questa catena, i rilievi sono ripidi e scoscesi, le vette aspre e appuntite. Alle Alpi occidentali appartengono le montagne più alte d’Europa, come il monte Bianco (4.810 m), il monte Rosa (4.634 m) e il Cervino (4.476 m). Un sistema montuoso meno imponente si sviluppa a sud delle Alpi e in parallelo ad esse: si tratta delle Prealpi, assenti però nel settore occidentale. La catena alpina è solcata da numerose valli trasversali e da valichi che ne consentono l’attraversamento: i principali sono, da ovest, il Moncenisio, il Monginevro, il colle Tenda e il Piccolo San Bernardo, che collegano l’Italia alla Francia e alla Svizzera; nel settore centrale i passi del Sempione, del San Gottardo, della Bernina, dello Spluga e dello Stelvio, tra Italia e Svizzera; nelle Alpi orientali, i passi di Resia, del Brennero, di Dobbiaco, che consentono il passaggio in Austria, e quello di Tarvisio, per la Slovenia. Ai valichi naturali si aggiungono i trafori praticati dall’uomo nell’ultimo secolo: i principali sono la galleria italo-svizzera del Sempione (19,8 km), quella svizzera del San Gottardo, i trafori italo-francesi del Fréjus (13,6 km) e del monte Bianco (11 km). Alle Alpi Marittime, in Liguria, si salda la catena degli Appennini, che percorrono tutta la lunghezza della penisola fino alla Calabria: si tratta di vette non particolarmente elevate (la più alta è quella dell’abruzzese Gran Sasso, 2.912 m). Anche l’Appennino, attraversando quasi tutte le regioni dell’Italia peninsulare, si divide in diverse sezioni: l’Appennino Ligure e l’Appennino Tosco-Emiliano in Ita8 lia settentrionale; l’Appennino Umbro-Marchigiano e l’Appennino Abruzzese in Italia centrale; l’Appennino Campano, l’Appennino Lucano e l’Appennino Calabro in Italia meridionale. Sono considerati una prosecuzione degli Appennini i sistemi montuosi della Sicilia settentrionale (Monti Peloritani, Nebrodi e Madonie): il punto più alto è il vulcano Etna (3.323 m), vicino Catania. Sono estranei ai due principali (e più giovani) sistemi montuosi, il massiccio del Gennargentu (1.834 m) in Sardegna e le catene della Sicilia meridionale (monti Erei e monti Iblei). Oltre all’Etna, in Italia ci sono anche altri vulcani in attività: Stromboli e Vulcano, che sorgono sulle omonime isole (a nord della Sicilia), e il Vesuvio, vicino Napoli. Le coste sono estremamente diversificate: alcuni tratti sono regolari e sabbiosi (soprattutto sul versante adriatico, ma anche nel Lazio e in Toscana), altri rocciosi e frastagliati (in misura maggiore su quello tirrenico), con profonde insenature e litorali ghiaiosi; sono presenti lagune e falesie (alture a strapiombo sul mare) e numerosi sono i porti naturali. In passato, tutto il litorale dell’alto Adriatico e alcune aree laziali e toscane erano disseminati di lagune e acquitrini, ridottisi naturalmente o bonificati dall’uomo. Oltre alla Sicilia e alla Sardegna, fanno parte dell’Italia alcuni gruppi di isole minori, tra cui l’arcipelago della Toscana (le isole principali sono l’Elba, Capraia, Montecristo, Pianosa, Gorgona, Giannutri e Giglio), l’arcipelago Ponziano (Ponza, Ventotene, Palmarola e altri 9 1. Caratteri generali fisico-antropici Pianure, coste, isole. La Pianura Pianura alluvionale: è la piaPadana, di origine alluvionale, costituisce nura che si forma nelle valli il 70% della superficie pianeggiante italiana: fluviali per accumulo dei detrasportati dal corso d’acsi estende dal versante meridionale delle Alpi triti qua. a quello settentrionale dell’Appennino ed è attraversata in lungo dal fiume Po (chiamato Padus dai latini), da cui trae il nome. Le altre pianure sono poco estese: le principali, lungo il litorale tirrenico, sono la Maremma toscana, l’Agro romano, l’Agro pontino, la Pianura campana e la Piana del Sele; lungo quello adriatico, il Tavoliere delle Puglie e la penisola salentina. isolotti), l’arcipelago campano (Procida, Ischia e Capri), le Egadi (Favignana, Marettimo e Levanzo) le Eolie (Alicudi, Filicudi, Lipari, Panarea, Salina, Stromboli e Vulcano) e le Pelagie (Lampedusa, Linosa e altre isole minori) attorno alla Sicilia, le Tremiti (Capraia, San Domino, San Nicola e altri isolotti minori) di fronte alla costa pugliese. L’idrografia. La particolare morfologia della penisola e la complessa conformazione orografica hanno ostacolato la presenza di corsi d’acqua lunghi e dalla portata regolare. I fiumi maggiori e più ricchi sono a nord e discendono dalle Alpi, perché sono alimentati dalle abbondanti piogge e dai ghiacciai: i principali sono il Po (652 km) e l’Adige (410 km), entrambi tributari dell’Adriatico, e ancora l’Adda (313 km), l’Oglio (280 km), il Piave (220 km). Tra i fiumi che hanno origine sull’Appennino (generalmente di portata minore e meno regolare) e che attraversano l’Italia centrale e meridionale, primeggia il Tevere (405 km), seguito dall’Arno (241 km), dall’Aterno-Pescara (134 km), dal Volturno, dal Garigliano, dall’Ofanto, dal Basento. Tra i fiumi delle isole il maggiore è il Tirso, in Sardegna. PRINCIPALI FIUMI ITALIANI Parte I. L’Italia Fiume Regioni attraversate Lunghezza (km) Bacino (kmq) Po Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto 652 74.970 Adige Trentino-Alto Adige, Veneto 410 12.200 Tevere Toscana, Lazio 405 17.169 Adda Lombardia 313 7.979 Oglio Lombardia 280 6.649 Tanaro Piemonte 276 8.324 Ticino Svizzera, Piemonte, Lombardia 248 7.228 Arno Toscana 241 8.247 10 Estratto della pubblicazione Anche a proposito dei laghi, occorre osservare che i maggiori sono ai piedi delle Alpi: il lago di Garda (370 kmq), il lago Maggiore (212,2 kmq), il lago di Como (145,9 kmq), tutti di origine morenica (originati cioè dagli sbarramenti dei ghiacciai in età pleistocenica). I bacini lacustri della parte centrale e meridionale della penisola, per lo più di origine vulcanica (occupano crateri di vulcani spenti), sono meno estesi: il lago Trasimeno (128 kmq) in Umbria, il lago di Bolsena (114,5 kmq) nel Lazio, il lago di Varano (60,5 kmq) in Puglia. PRINCIPALI LAGHI ITALIANI Regione d’appartenenza Superficie (kmq) Profondità (m) Garda Lombardia, Veneto 370 346 Maggiore Lombardia, Piemonte, Svizzera 212,2 372 Como Lombardia 145,9 410 Trasimeno Umbria Bolsena Lazio Iseo Varano Bracciano 128 6 114,5 146 Lombardia 65,3 251 Puglia 60,5 6 Lazio 57,5 288 Clima e paesaggio. L’Italia ha un clima mediterraneo, trovandosi quasi al centro della fascia temperata dell’emisfero boreale, e risentendo dell’influsso del mare che la bagna per gran parte della sua estensione, costituendo un serbatoio di calore e di umidità. In generale, gli inverni non sono rigidi e le estati calde ma non torride. Ci sono, però, notevoli differenze tra un’area e l’altra della penisola, che abitualmente è divisa in quattro regioni climatiche: — clima alpino (o temperato freddo) al di sopra dei 1.500 metri, che interessa la regione alpina, quella prealpina e alcuni tratti appenninici: gli inverni sono rigidi e con frequenti nevicate, le estati brevi e fresche; 11 1. Caratteri generali fisico-antropici Lago — clima padano (o semicontinentale), che interessa la Pianura Padana e alcune zone collinari circostanti, con forti escursioni da stagione a stagione e alto tasso di umidità: gli inverni sono freddi, le estati calde e spesso afose, le precipitazioni abbondanti e la formazione di nebbie frequente; — clima appenninico, tipico delle zone interne della fascia centrale: gli inverni sono freddi (anche con nevicate) e le estati calde; le piogge cadono con frequenza; — clima mediterraneo, di cui godono le isole e gran parte del Sud, oltre alle fasce costiere dell’Italia centrale: anche se sono evidenti le differenze tra regione e regione, gli inverni sono miti e spesso piovosi, l’estate porta temperature calde (ma in genere non torride) e, non di rado, siccità. Parte I. L’Italia Come per il clima, anche in relazione al paesaggio si può dividere il paese in quattro: quello alpino, dove prevalgono le foreste di latifoglie (betulle, castagni, querce), di conifere (pini, abeti), mentre oltre i 2.000 metri si trovano per lo più arbusteti e sopra i 3.000 inizia invece la fascia delle nevi perenni; quello padano, radicalmente modificato dall’uomo, che da millenni qui fa un uso intensivo dei terreni, consacrandoli alle colture; il paesaggio appenninico, che presenta molte delle specie vegetali dell’ambiente alpino; l’ambiente mediterraneo, tipico delle isole e delle fasce costiere della penisola: la vegetazione (macchia mediterranea) è costituita da alberi (querce da sughero, frassini, pini, ulivi), arbusteti e cespuglieti. La rete della aree protette. Gli insediamenti umani e le attività produttive hanno radicalmente trasformato il paesaggio della penisola: i boschi sono stati in gran parte distrutti per far spazio alle coltivazioni e ai centri abitati. Per questo motivo, già nella prima metà del secolo scorso, ma in maniera più decisa e incisiva a partire dal secondo dopoguerra e negli ultimi decenni, sono state istituite alcune aree protette (parchi nazionali, regionali e interregionali, riserve naturali e zone umide), che coprono finora il 7,2% del territorio nazionale. Si tratta di aree terrestri, fluviali o marittime il cui ecosistema è minacciato o rischia di essere alterato dall’azione dell’uomo: lo Stato o gli enti locali 12 decidono di tutelarle, per scongiurare l’estinzione di alcune specie vegetali o animali. I principali e più antichi parchi nazionali sono il Gran Paradiso, il Parco nazionale d’Abruzzo, quelli del Circeo, dello Stelvio e della Calabria. PARCHI NAZIONALI ITALIANI Regione Anno d’istituzione Superficie (in ettari) Abruzzo Abruzzo, Lazio, Molise 1923 50.700 Alta Murgia Puglia 2004 67.740 Toscana Emilia-Romagna 2001 23.600 Sardegna 1996 20.100 Arcipelago Toscano Toscana 1996 17.900 Asinara Sardegna 1997 27.000 Aspromonte Calabria 1989 78.520 Cilento e Vallo di Diano Campania 1995 181.975 Cinque Terre Liguria 1999 3.860 Circeo Lazio 1934 8.500 Dolomiti Bellunesi Veneto 1993 32.000 Foreste Casentinesi Toscana, Emilia-Romagna 1993 36.430 Gargano Puglia 1995 121.120 Gennargentu e Golfo di Orosei Sardegna 1998 73.940 Gran Paradiso Piemonte, Valle d’Aosta 1922 70.320 1991 141.350 Appennino Tosco-Emiliano Arcipelago della Maddalena Gran Sasso Abruzzo e Monti della Laga 1. Caratteri generali fisico-antropici Parco 13 Estratto della pubblicazione Maiella Abruzzo 1995 74.100 Monti Sibillini Marche, Umbria 1993 71.440 Pollino Calabria, Basilicata 1993 171.130 Sila Calabria 1997 70.000 Stelvio Lombardia, Trentino-Alto Adige 1935 134.620 Val Grande Piemonte 1992 14.700 Vesuvio Campania 1995 8.480 2) L’ambiente umano Popolazione e insediamenti. Nel 2001, anno dell’ultimo censimento, la popolazione residente in Italia era di 56.995.744 unità; Parte I. L’Italia la stima dell’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) relativa al 2006 è di 58.751.711 abitanti: ben più del doppio del 1861, anno dell’unificazione (26,3 milioni), ma appena qualche milione in più del 1961 (50,6 milioni). Questi pochi dati sono sufficienti ad indicare che in Italia si è verificata un’esplosione demografica tra la fine dell’Ottocento e il secondo dopoguerra, legata principalmente al miglioramento delle condizioni economiche, igieniche e Indice di natalità: indica il numero di nascite in una cosanitarie, che hanno ridotto la mortalità. A munità per un determinato pepartire dagli anni ’80, invece, la tendenza si riodo. Si esprime attraverso il è invertita a causa del crollo del numero numero annuo di nati vivi ogni mille abitanti. delle nascite: l’Italia è ormai un paese «a Indice di fecondità: indica il crescita zero», con un indice di natalità numero medio di bambini (9,1‰) e un indice di fecondità (1,26) tra messi al mondo da una doni più bassi al mondo; i lievi incrementi na in età feconda (15-49 anni). demografici che ancora si registrano sono da ascrivere all’immigrazione. 14 Estratto della pubblicazione L’urbanizzazione, spesso non precedu- Urbanizzazione: fenomeno ta da un’adeguata pianificazione, ha gene- che consiste nel trasferimenrato aree metropolitane di notevoli dimen- to massiccio di individui dalle rurali verso i centri urbasioni, che oltrepassano i confini amministra- aree ni, con la conseguente crescitivi della città e talora anche della provin- ta ed estensione di questi ulcia. È il caso di Milano, centro di un agglo- timi. merato urbano che conta 4,5 milioni di abitanti; o di Napoli e Roma, nelle cui aree metropolitane vivono quasi 4 milioni di persone. I flussi migratori. Gli attuali squilibri sono anche, in parte, la conseguenza delle migrazioni interne al paese, iniziate con l’industrializzazione e aumentate negli anni ’50 e ’60. Gli spostamenti dalla campagna e dalla montagna verso le città hanno portato alla nascita di grossi agglomerati urbani ed hanno interessato, in diversa misura, tutte le regioni: la popolazione urbana, tuttavia, resta a livelli non molto 15 Estratto della pubblicazione 1. Caratteri generali fisico-antropici Un fenomeno, del resto, comune ai paesi in cui il benessere è diffuso, e che provoca l’«invecchiamento della popolazione», vale a dire la crescita del numero degli anziani (65 anni e oltre) sul totale della popolazione. Più di un quarto degli italiani (26,5%) vive nelle regioni del nordovest, il 18,9% nel nord-est, il 19,3% al centro, il resto si divide tra sud (24%) e isole (11,3%). La densità abitativa Densità abitativa/di popolamedia resta tra le più alte d’Europa, 198 zione: è la misura del numeabitanti per chilometro quadrato: il dato è ro di abitanti di una determiancor più significativo se si considera che il nata area. Si calcola dividendo il numero di abitanti per la territorio (con la prevalenza di monti e col- superficie, e si esprime geneline rispetto alle zone pianeggianti) non è ralmente in «abitanti per chisempre favorevole all’insediamento umano. lometro quadrato» (ab./kmq). La distribuzione nelle diverse aree del paese, però, non è omogenea, e talora si ravvisano evidenti squilibri tra regioni contigue e persino all’interno di una stessa regione: in Campania ci sono 426 abitanti per kmq, in Lombardia 397, mentre la Basilicata ne conta 59 e la Valle d’Aosta 37. Parte I. L’Italia elevati (67%, contro una media europea del 74%); ciò significa che quasi un terzo della popolazione continua a vivere lontano dalle città. L’altra principale direttrice delle migrazioni va da sud a nord, in particolare verso il Piemonte e la Lombardia, le regioni più industrializzate; anche dal Veneto, alquanto povero fino agli anni ’60, i flussi migratori verso le aree più ricche sono stati consistenti. Il principale movimento, però, è stato forse quello che tra la metà dell’Ottocento e il secondo dopoguerra ha portato circa 22 milioni di italiani, soprattutto meridionali e veneti, ad emigrare verso i paesi più industrializzati: Stati Uniti, Argentina e, in un secondo momento, Belgio, Germania, Svizzera, Francia. Solo negli anni ’60 e ’70, quando anche il nostro paese s’è affermato come potenza industriale di primo piano, il fenomeno s’è attenuato fino a cessare quasi del tutto. Nei decenni successivi l’Italia, da paese d’emigranti, è diventata terra d’immigrazione: dagli anni Ottanta sono iniziati, per diventare poi sempre più frequenti, gli arrivi dai paesi dell’Africa e dell’Asia e, successivamente, dall’Albania, dai paesi dell’ex Jugoslavia e dell’Europa dell’Est. Per il 2006, l’Istat calcola la presenza di oltre 2,6 milioni di immigrati e residenti stranieri (cui devono aggiungersi gli stranieri non in regola con le norme di soggiorno, stimati in circa 800.000 unità). Essi prediligono, come residenza, i centri urbani del Nord e, in generale, le grandi città, dove sono spesso impiegati nel lavoro dei campi, in fabbrica o nel commercio ambulante. Lingua e religione. La popolazione italiana è piuttosto omogenea sotto i profili etnico, linguistico e religioso: i molti popoli giunti nella penisola nel corso delle colonizzazioni e delle invasioni che si sono succedute nei millenni si sono comunque fusi in una popolazione uniforme. La quasi totalità degli italiani parla l’italiano (idioma neolatino del ceppo indoeuropeo) che è affiancato, come lingua ufficiale, dal francese in Valle d’Aosta e dal tedesco nella provincia di Bolzano. Non va però dimenticato che una parte non trascurabile della popolazione (costituita specialmente da individui anziani) parla solo il dialetto regionale: alcuni dialetti, come il sardo e il friulano, sono considerati vere e proprie lingue, e sono tutelati dallo Stato. Altre mi16 Estratto della pubblicazione noranze linguistiche di una certa consistenza sono quelle slovene (Trieste e Gorizia), ladine (Alto Adige), occitane (Piemonte, Liguria e Calabria), greche (Salento e Aspromonte), albanesi (Sicilia e Calabria), serbo-croate (Molise). Quanto alla religione, il credo più diffuso è il cattolicesimo (religione di Stato fino al 1984): il 95% dei cittadini è battezzato, l’85% si professa cattolico anche in età adulta, ma meno di un terzo dichiara di partecipare regolarmente ai riti religiosi. Le altre confessioni cristiane (protestanti, valdesi, evangelici, testimoni di Geova) interessano ciascuna meno di centomila persone, e circa 35.000 sono gli ebrei. Diverso il caso dell’Islam che, grazie alle immigrazioni, è in continua espansione. Del resto il fenomeno migratorio, relativamente nuovo per l’Italia, sta mettendo il paese di fronte alla difficoltà di confrontarsi non solo con un’altra religione, ma con diverse abitudini e costumi, in sostanza con una diversa civiltà. Gli squilibri dello sviluppo. Ben integrata negli scambi internazionali, quella italiana è la sesta economia su scala planetaria (l’Italia fa parte del G7, il forum dei sette paesi più industrializzati), ed il Pil pro capite nel 2006 era pari a 24.900 euro (stima Eurostat). Sono palesi, tuttavia, alcune contraddizioni interne, come l’elevato stadio di avanzamento di alcuni comparti industriali a fronte di altri piuttosto arretrati, o le macroscopiche differenze nello sviluppo tra le regioni settentrionali e quelle meridionali. Prodotto interno lordo (Pil): è considerato la misura della ricchezza prodotta in un paese, poiché indica il valore di tutti i beni e servizi prodotti in un determinato periodo di tempo in quell’area. Pil pro capite/reddito pro capite: è il rapporto tra il Pil di un paese o di una regione e il numero dei cittadini: indica dunque la ricchezza media individuale di quell’area. L’abissale distanza tra Nord e Sud, invece di essere ridotta dalla crescita economica del paese, è stata al contrario acuita. Con l’obiettivo di incentivare lo sviluppo industriale delle aree più arretrate, fu 17 Estratto della pubblicazione 1. Caratteri generali fisico-antropici 3) Le attività produttive e i trasporti creata nel secondo dopoguerra la Cassa per il Mezzogiorno, che avrebbe dovuto gestire i finanziamenti per la costruzione di infrastrutture: i risultati furono di gran lunga inferiori alle attese. Riflesso della distanza tra le due aree è la non uniforme distribuzione del reddito medio: nel 2004 in provincia di Bolzano sfiorava i 34.000 euro, in Lombardia superava i 30.000, in Campania e in Calabria era di poco superiore ai 15.000 euro. Tra gli handicap dell’economia italiana va ricordata anche la difficile situazione della finanza pubblica, con il deficit e il debito dello Stato rispettivamente al -3,31% e al 123% sul Pil (dati Ocse relativi al 2004), valori tra i più alti tra quelli dei paesi sviluppati. Parte I. L’Italia Dal miracolo economico alle sfide globali. Lo scenario attuale è comunque molto diverso da quello degli anni ’50 del Novecento, quando più di un terzo dei lavoratori si dedicava all’agricoltura (che produceva il 20% della ricchezza nazionale), e lo stato della produzione industriale era ben lontano dagli standard dei paesi occidentali più avanzati. Lo sviluppo industriale dell’Italia, infatti, è avvenuto con un certo ritardo rispetto al resto dell’Europa occidentale: il decollo si ebbe nel primo decennio del Novecento, ma riguardava solo alcuni centri del Nord e poche città portuali. Dalla metà Piano Marshall: programma del secolo, invece, l’economia nazionale ha di aiuti economici varato dafatto passi da gigante: una crescita passata gli Stati Uniti all’indomani delalla storia come miracolo economico resa la Seconda guerra mondiale, possibile dagli aiuti del Piano Marshall, da allo scopo di promuovere la ripresa finanziaria dei paesi una diffusa volontà di ripresa e da una schieeuropei. ra di imprenditori di talento. Determinanti furono anche gli accordi con gli altri paesi europei: dalla costituzione della CECA (Comunità europea del carbone e dell’acciaio) nel 1951, all’istituzione della CEE (Comunità economica europea, antenata dell’Unione Europea) del 1957, di cui l’Italia è tra i fondatori. Fino agli anni Novanta, inoltre, l’imprenditoria si è avvalsa del congruo contributo economico dello Stato alle attività produttive, a fronte della carenza di materie prime che è, da sempre, un elemen18 Estratto della pubblicazione Agricoltura, allevamento e pesca. L’agricoltura rappresenta ormai un settore marginale dell’economia, occupando meno di un ventesimo della forza lavoro e contribuendo solo per il 2,6% alla formazione del Pil: non riesce a soddisfare la domanda interna. Del resto, l’attività agricola si scontra con alcuni ostacoli naturali: solo il 23% della superficie è pianeggiante, e non sempre i terreni sono fertili; inoltre, al Nord gli inverni rigidi non sono favorevoli alle colture a ciclo continuo (agrumi, ulivi), mentre lunghi periodi di siccità interessano vaste aree del Sud. Tra gli ostacoli allo sviluppo del settore vanno inoltre segnalate le ridotte dimensioni delle aziende agricole (solo il 4,6% ha più di 20 ettari di superficie agricola coltivata), l’esiguità dei capitali investiti e l’inadeguatezza della programmazione. Infine, se si escludono alcune regioni settentrionali, l’agricoltura è scarsamente connessa con le attività industriali di trasformazione e con le reti della grande distribuzione commerciale. Le principali produzioni sono: frumento (ma per soddisfare il fabbisogno si deve comunque ricorrere alle importazioni), mais e riso (che invece eccedono la richiesta interna e sono destinati in parte ai mercati esteri). Le esportazioni riguardano anche frutta e ortaggi, 19 1. Caratteri generali fisico-antropici to di debolezza dell’economia nazionale, dal momento che la rende dipendente da altri paesi. Va inoltre considerato che una delle molle dello sviluppo dell’industria italiana è stata la disponibilità, in alcuni settori produttivi, di una manodopera a basso costo (in confronto ai concorrenti europei) che le consentiva di produrre beni a prezzi estremamente competitivi. Una leva, questa, che è stata vanificata dalla globalizzazione dei mercati: quando, cioè, negli anni a cavallo tra il secondo e il terzo millennio, si sono fatti strada temibili competitori (prima Corea del Sud e Taiwan, poi soprattutto Cina e India) capaci di immettere sul mercato un’enorme quantità di beni e servizi a prezzi molto contenuti. Nei paesi più avanzati, come l’Italia, in cui il costo della manodopera è elevato, i settori produttivi a bassa tecnologia hanno notevolmente sofferto la competizione asiatica; al contrario, quelli ad elevato apporto tecnologico e, in generale, il Terziario avanzato, non ne hanno risentito. Parte I. L’Italia prodotti in discrete quantità, e grande importanza riveste la coltivazione di viti e ulivi: nella produzione di vini (di varia qualità) l’Italia contende il primato mondiale alla Francia, mentre in quella di olio d’oliva è preceduta solo dalla Spagna (ma il volume delle esportazioni rimane modesto). Tra le colture industriali vanno ricordati la barbabietola da zucchero (prodotta soprattutto in Emilia-Romagna) e il tabacco (nel Mezzogiorno). Quanto all’allevamento, nonostante la modernizzazione del settore, il paese è costretto a importare ingenti quantità di carne per far fronte alla domanda interna. L’allevamento di bovini e suini è diffuso soprattutto nelle valli alpine e nella Pianura Padana (ma il numero dei capi di bestiame è di gran lunga inferiore alla media degli altri paesi europei), mentre quello ovino e caprino prevale al Sud e nelle isole, e sopperisce al fabbisogno interno. La pesca, a dispetto dell’estensione costiera del paese, ha un ruolo del tutto subordinato nell’economia nazionale, dovuto anche a fattori naturali: i mari italiani sono poco pescosi e piuttosto inquinati. Materie prime e risorse energetiche. Le risorse minerarie sono presenti nel sottosuolo in grande varietà, ma in quantità limitata. Solo le pietre da costruzione (marmi e graniti) sono disponibili in quantitativi tali da consentire anche l’esportazione. Per gran parte dei metalli (ferro, piombo, zinco e bauxite) è necessario ricorrere a massicce importazioni, così come per lo zolfo. Un discorso analogo vale per le risorse energetiche: il petrolio estratto dal nostro sottosuolo basta a coprire il 5% del fabbisogno; sono presenti discreti quantitativi di gas naturale, soprattutto dai giacimenti sottomarini dell’alto Adriatico e nel Canale di Sicilia, che soddisfano un quinto della domanda interna (il resto è importato dalla Russia e dagli Stati del Maghreb). La produzione di energia elettrica avviene per meno di un quinto in centrali idroelettriche, per l’80% in centrali a combustibile (in gran parte importato), mentre risulta trascurabile (4%) la produzione di energia da fonti alternative. Le centrali nucleari sono inattive da quando, nel 1987, un referendum ne prescrisse la chiusura. 20 I trasporti. La rete autostradale si è sviluppata notevolmente nella seconda metà del Novecento (oggi conta 6.487 km), risultando particolarmente fitta nell’area padana e carente, invece, in alcune aree 21 Estratto della pubblicazione 1. Caratteri generali fisico-antropici L’industria. Le attività industriali producono il 28% della ricchezza e impiegano il 32% della popolazione attiva. Ma, anche in questo caso, le differenze tra le diverse aree del paese sono notevoli: si passa dal 45% di addetti di Lombardia e Veneto al 24% di Calabria e Sicilia, e una variazione simile si registra in relazione all’incidenza sul Pil. Uno dei tratti più evidenti dell’economia italiana è rappresentato dall’assoluta prevalenza di imprese di dimensioni piccole e medie. Ciononostante, la conformazione del tessuto imprenditoriale è molto variabile da regione a regione. Nel Nord-ovest, culla dell’industria italiana, hanno ancora una posizione di primo piano le imprese di grandi dimensioni (spesso legate ad una famiglia, e refrattarie ad adeguarsi al modello della public company): il caso esemplare è quello della FIAT. A partire dagli anni ’70, invece, nel Nord-est e in alcune regioni del Centro ha guadagnato terreno il modello dell’impresa di piccole dimensioni, spesso a gestione familiare e con un numero esiguo di dipendenti: le dimensioni ridotte si sono rivelate vincenti per adeguare la produzione ai rapidi cambiamenti dei mercati. Queste piccole aziende, diffuse sul territorio, in molti casi hanno dato origine a distretti industriali dalla spiccata specializzazione produttiva, numerosi soprattutto in Lombardia, in Veneto, nelle Marche e in Toscana, ma presenti anche in alcune regioni del Mezzogiorno. L’industria italiana ha a lungo detenuto posizioni dominanti in alcuni settori: nel comparto agroalimentare, nel sistema moda (tessile, abbigliamento, calzature) e nell’industria del mobile. Di buon livello sono state anche le produzioni meccaniche (automobili, motocicli, elettrodomestici, macchinari industriali e meccanica di precisione). Per alcuni decenni anche nella chimica e nell’informatica le imprese italiane sono state ai primi posti, ma la scarsità degli investimenti ha costretto ad abbandonare entrambi i settori. Tra i comparti più colpiti dalla concorrenza internazionale vi sono quelli dell’industria di base (petrolchimica, siderurgia) e il tessile in alcuni segmenti. Parte I. L’Italia del Mezzogiorno (ma insufficienti a sopportare le dimensioni del traffico risultano anche i tratti Bologna-Firenze e Milano-Venezia). Le arterie principali sono l’autostrada del Sole, che parte da Milano e percorre l’intero versante tirrenico della penisola, e il tratto autostradale che collega Bologna con la Puglia, costeggiando tutto il litorale adriatico. Disomogenea è anche la dotazione di strade, la cui rete (449.982 km nel 2002) è fitta soprattutto in Piemonte ed Emilia-Romagna. Più evidenti sono ritardi e carenze nel trasporto su ferro. Nel 2003 la rete ferroviaria contava meno di 16.000 km, contro gli oltre 31.000 della Francia e i 44.000 della Germania. Anche in questo caso, le regioni con una migliore dotazione sono quelle settentrionali (Piemonte e Lombardia in testa). Oltre la metà della rete è elettrificata, ma su circa un terzo manca ancora il doppio binario. Le tratte principali (Roma-Milano, Torino-Milano-Venezia) saranno potenziate con linee ad alta velocità (Tav), già attive dal 2005 sulla Roma-Napoli. Gli investimenti pubblici hanno generalmente favorito lo sviluppo del trasporto su gomma a discapito di quello su ferro; d’altra parte, tre quarti della rete ferroviaria resta sottoutilizzata: meno del 20% delle merci è trasportato su ferrovia (84 milioni di tonnellate nel 2004), contro il 50% che si registra in altri paesi europei. Anche il numero dei passeggeri non è tra i più elevati: meno di 500 milioni nel 2004. Del resto, il paese detiene il primato europeo nella dotazione di auto in relazione alla popolazione: 610 autoveicoli ogni mille abitanti. Tra i porti i più attivi nei traffici commerciali figurano Genova, Trieste, Venezia, Livorno, Ravenna, mentre per il movimento passeggeri al primo posto si colloca Napoli. Ma il traffico portuale italiano è a livelli relativamente bassi, perché spesso gli scali marittimi non sono ben integrati con le reti stradali e ferroviarie. Il traffico aereo è cresciuto notevolmente dagli anni Ottanta: tre scali svolgono una prevalente funzione di collegamento internazionale: Fiumicino (Roma, il principale per numero di passeggeri, 22 milioni all’anno), Malpensa e Linate (Milano). Gli altri aeroporti di un certo livello, pure interessati da una crescita sostenuta, sono Venezia-Tessera, Napoli-Capodichino, Catania-Fontanarossa e Torino-Caselle. 22 Estratto della pubblicazione 23 Estratto della pubblicazione 1. Caratteri generali fisico-antropici Il Terziario. Come in tutti i paesi ad economia avanzata, anche l’Italia ha visto crescere, e divenire determinante, il Terziario, che dà lavoro al 63% della popolazione e contribuisce per il 70% alla formazione della ricchezza nazionale. Il settore comprende moltissime e diverse sfere di attività: dal commercio alla pubblica amministrazione, dalla ricerca al marketing, dalle attività finanziarie al turismo. Il commercio, ancora praticato in prevalenza in piccoli negozi a conduzione familiare, impiega circa 4 milioni di persone in un milione di esercizi. Mentre il commercio di vicinato è in crisi da alcuni anni, la grande distribuzione (supermercati, centri commerciali, hard discount) è in continua crescita, ma ancora lontana dai livelli medi degli altri paesi occidentali. Quanto al commercio estero, va rilevato che l’Italia importa per lo più materie prime (tra cui generi alimentari e risorse energetiche) ed esporta soprattutto manufatti: il passivo della bilancia commerciale registrato nel 2005 e nel 2006 è da ascrivere all’accresciuto costo delle risorse energetiche (nel 2004 il valore delle esportazioni era ancora superiore a quello delle importazioni, 351 miliardi di dollari contro 349). I dipendenti pubblici in Italia sono 3,5 milioni (il 16% degli occupati), che lavorano in ministeri, enti locali, scuola, ospedali, forze dell’ordine etc. Gli addetti alla pubblica amministrazione sono cresciuti costantemente dall’epoca fascista e ancor più nella seconda metà del secolo scorso, con il potenziamento di servizi come l’istruzione e la sanità pubbliche. Va rilevato, tuttavia, che soprattutto in alcune regioni del Sud la crescita del settore è stata superiore alle necessità, svolgendo piuttosto il compito di arginare la disoccupazione; del resto, all’elevato numero di addetti raramente corrispondono prestazioni di qualità. Quanto alle attività bancarie e finanziarie, dopo la «ristrutturazione» del settore avvenuta negli anni ’90, con l’accorpamento di banche minori, grazie a ulteriori fusioni e acquisizioni, alcuni istituti di credito italiani tra il 2005 e il 2006 si sono avvicinati, per dimensioni e capitalizzazione, ai colossi europei del credito. Altro settore d’importanza fondamentale per l’economia italiana è il turismo: i flussi di visitatori sono cospicui, attratti dalla varietà del paesaggio e dalla gradevolezza del clima, dal mare, dal patrimonio culturale e artistico di cui dispone ogni regione. L’Italia, salda al quarto posto per numero di arrivi fino al 2003, è stata di recente scalzata al quinto dalla Cina: i turisti stranieri in Italia sono stati oltre 37 milioni nel 2004 (cui si devono aggiungere gli oltre 40 milioni di italiani che viaggiano all’interno del paese). Anche per questo settore, si rilevano le differenze tra un Centro-nord meglio attrezzato e un Sud (dotato di bellezze naturali e di tesori artistici unici al mondo, si prendano ad esempio la Campania e la Sicilia) quasi incapace di attirare grossi flussi di visitatori: le regioni con maggiori presenze turistiche sono, infatti, il Veneto, il Trentino-Alto Adige, la Toscana, l’Emilia-Romagna, il Lazio, la Lombardia. 4) Storia, cultura e ordinamento dello Stato Antichità e Medioevo. L’Italia è stata, in più fasi della storia e per ragioni diverse, il centro della civiltà occidentale. Parte I. L’Italia Abitata sin dai tempi preistorici, la penisola è stata nel primo millennio a.C. luogo d’incontro di diversi popoli e civiltà, in maggioranza indoeuropei: sabini, etruschi, celti, sanniti, greci delle colonie italiche. La penisola fu quindi il centro dell’Impero romano, che dal III secolo a.C. al V d.C. espanse il suo dominio dalla penisola italiana a tutto il bacino mediterraneo e a gran parte del continente europeo, diffondendovi la cultura, le istituzioni, l’arte e la religione elaborate dai latini nell’incontro con le civiltà italiche e con la Grecia. Dopo la caduta dell’impero di Roma, il territorio italiano fu invaso a ondate successive da popolazioni germaniche che vi istituirono i loro effimeri regni, e nell’VIII secolo entrò nell’orbita dell’Impero di Carlo Magno. Alla dissoluzione di quest’ultimo, il territorio della penisola risultò frammentato in diversi Stati (principati, marchesati, comuni), di varia estensione e politicamente divisi. 24 Estratto della pubblicazione