Copia di fa3dbbefc88d0ce9767b18927828e21a Culture SABATO 28 GENNAIO 2017 IL TIRRENO DALTEATROVERDIDI MONTECATINI teatroPOLITEAMA DIPRATO TEATRODelle donnedICALENZANO teatrolux dipisa Proiettiin tv: laquarta puntata IlCafèchantant diTato Russo MasculueFìammina Cheridere... Arriva l’uomoTigre ■■ Ci sarà la quarta puntata di “Cavalli di battaglia”, lo spettacolo su Rai1 condotto da Gigi Proietti. La produzione ha deciso di prolungare di una settimana la trasmissione, che sarà registrata martedì al Verdi di Montecatini (in onda sabato dopo il tg). Ospiti: i Negramaro, Nancy Brilli e Marisa Laurito. ■■ In prima toscana arriva stasera al Politeama di Prato il "Grand Cafè Chantant" ispirato all’opera di Eduardo Scarpetta. Protagonista dell’operazione di recupero di un genere che furoreggiava durante la Belle Epoque e che in Italia ebbe nel Salone Margherita di Napoli il suo santuario, è la compagnia diretta da Tato Russo sulle scene di Peppe Zarbo, i costumi di Giusi Giustino e le musiche dal vivo di Zeno Craig . ■■ Confessioni sulla tomba della madre. Per svelare la propria omosessualità, a lei che, con amoroso rispetto, sapeva e taceva... Saverio La Ruina porta stasera il suo “Masculu e Fìammina” al Teatro delle Donne di Calenzano (ore 21). Tra le tombe, con la neve, finalmente libero di parlare. ■■ Stasera alle 21,30, al teatro Lux di Pisa, sarà in scena “L’uomo Tigre, capire tutto in una notte”, Il nuovo spettacolo comico di e con Andrea Kaemmerle. Due eroi del liscio, due pensionati della sagra, arrivano alla vecchiaia con decisioni opposte. Kaemmerle, che li ha interpretati entrambi per sette anni, ha sentito il dovere di ascoltarli entrambi. Un gioco allegro e sarcastico sulla provincia italiana e sull’essere padri. 23 TEATRO » TUTTEPRIME «Pirandello per me è tra i punti più alti di una vita a teatro» Massa, storia di Alì il bimbo di Mirteto che diventò pascià Lavia a Pontedera con L’uomo col fiore in bocca Un tributo a 150 anni dalla nascita del genio di Lorenzo Lazzerini ◗ PONTEDERA È uno dei registi e attori più importanti del teatro italiano contemporaneo. Gli appassionati di cinema lo ricordano anche da protagonista di film cult del genere horror come “Profondo rosso” e “Zeder”; e come doppiatore in “V per Vendetta” e “Il diavolo veste Prada”. Gabriele Lavia a Pontedera porta in scena lo spettacolo di un grande della storia del teatro: Luigi Pirandello. Stasera alle 21 e domani alle 18.30 al Teatro Era, Lavia sarà attore e regista dell’opera “L’uomo dal fiore in bocca... e non solo”, con Michele Demaria e Barbara Alesse, in un doppio appuntamento che alle 19 vedrà la stessa opera interpretata da Dario Marconcini, con la regia di Roberto Bacci. Per il suo esordio pontederese, “L’uomo dal fiore in bocca” di Lavia avrà un’ambientazione particolare, ma promette la stessa carica emotiva e la stessa intensità che attraversano il personaggio creato da Pirandello. Innanzitutto il titolo: perché “L’uomo dal fiore in bocca... e non solo”? «Premetto che il testo originale non è stato modificato, ma solo interpolato con pezzi di al- Il Tirreno 28-1-2017 PRIMA NAZIONALE Ho scelto di ambientarlo in una stazione perché è un luogo altamente simbolico della nostra vita tra partenze, arrivi e destini che si incrociano Gabriele Lavia in scena con “L’uomo col fiore in bocca... e non solo” stasera al teatro Era di Pontedera tre novelle di Pirandello. L’atto unico infatti durerebbe soltanto 20 minuti, mentre con questa integrazione lo spettacolo può durare circa un’ora e 20 minuti. Le novelle hanno come tema le donne e la morte, due elementi che camminano insieme e che offrono spunti di riflessione sugli argomenti tipicamente pirandelliani». Come sarà il suo “Uomo dal fiore in bocca”? «Dal punto di vista interpretativo è difficile dare una risposta, perché si tratta di una dimensione piuttosto intima. È un personaggio complesso, che in questa versione ho voluto ambientare in un luogo diverso rispetto al testo originale, cioè in una stazione, che è stata appositamente costruita da Alessandro Camera sul palcoscenico del Teatro della Pergola di Fi- renze. Questo per rendere ancora di più l’idea di una dimensione fisica che rappresenti la condizione dell’uomo e in particolare della vita». Perché ha scelto proprio una stazione? «Secondo me è un luogo fortemente simbolico del nostro essere quotidiano. In una stazione non c’è mai niente che funzioni alla perfezione. È come se lì fossimo preda di un destino ineluttabile, fatto di partenze e arrivi. Un luogo avulso dal tempo dove non c’è linearità, è come se le cose ci scivolassero via nonostante la nostra volontà». Temi molto vicini alle opere di Pirandello, su cui lei ha avviato un percorso ben definito in questi anni. «“L’uomo dal fiore in bocca” è il mio quarto lavoro su Piran- ‘‘ dello, dopo “Sei personaggi in cerca d’autore”, “Tutto per bene” e “La trappola”. Essendo di origine siciliana sono molto legato a questo autore. Ricordo che mia nonna mi leggeva sempre le sue novelle, ma non l’ho scelto solo per legami affettivi». Cosa l’ha avvicinata a Pirandello? «Possiamo dire senza mezzi termini che è stato uno dei grandi del teatro mondiale, allo stesso livelli di personaggi come Shakespeare e Ibsen. “Sei personaggi in cerca d’autore” ad esempio è un capolavoro unico per la sua struttura, che solo un genio come Pirandello poteva concepire. Tra l’altro è nato il 28 giugno del 1867, e questo spettacolo è anche un modo per rendergli omaggio nel 150esimo anniversario della sua nascita». Hendel e il futuro su Marte In scena ad Agliana con “Fughe”, tra inquietudine e ironia ◗ AGLIANA Paolo Hendel Paolo Hendel abbandona i panni di Carcarlo Pravettoni e ritorna in via Pigafetta da dove era partita nel 1981 la sua avventura di cabarettista, attore, affabulatore. Ma è un ritorno amaro, ovviamente contradditorio, tanti anni dopo. Un ritorno che più che un abbraccio, un amarcord, un tuffo nel tempo che fu della giovinezza, diventa un disagio, un allarme. Tanto da sfociare in una “Fuga”. Che infatti dà il titolo allo spettacolo, scritto dallo stesso Hendel insieme a Marco Vicari e Gioele Dix (an- che regista) che stasera debutta in prima nazionale al Teatro Moderno di Agliana. «Abbiamo immaginato – dice Hendel – un futuro abbastanza prossimo, diciamo il 2080, in cui il nostro pianeta è diventato invivibile a causa dell’inquinamento e dei conseguenti stravolgimenti climatici. In cerca di alternative esistenziali inizia la colonizzazione di Marte. Il tutto viene raccontato attraverso la vita di un padre e di sua figlia che, terminati gli studi, ha trovato lavoro proprio sul Pianeta Rosso. Quando si dice la fuga dei cervelli...». Lontano da via Pigafetta, e dalla Madre Terra, l’orizzonte è un vuoto a perdere, un infinito da riempire, una galassia sconosciuta. Nel mondo reale molte cose sono cambiate in trent’anni. Forse anche in peggio. «Oggi – osserva Hendel – c'è una grande sfiducia nel cambiamento e una irresistibile tentazione a prendere le scorciatoie illudendosi che “l’uomo forte” di turno possa risolvere sbrigativamente i problemi con i facili slogan e con la demagogia». Nel trionfo di un populismo rampante, la “Fuga” di Hendel lancia i sassolini del dubbio e La sua carriera è ricca di spettacoli, vissuti sia da regista che da attore. Come giudica questo “percorso pirandelliano” nella sua vita teatrale? «Come uno dei punti più alti della carriera, perché è molto difficile da mettere in scena, sia dal punto di vista tecnico che interpretativo, e l’aggiunto di questa serie di novelle complica ancora di più le cose. Questo in particolare non sarà uno spettacolo “facile”, ma secondo me è uno dei più riusciti». È la prima volta che lo mette in scena al Teatro Era. «Sì, ed è anche la seconda volta in assoluto che vengo a Pontedera. Sono già stato al Teatro Era una volta per un recital, ma posso dire che per me si tratta di un debutto in questa struttura così importante». ©RIPRODUZIONERISERVATA apre scenari probabili e poco confortanti. Mentre ritrova un vecchio compagno di strada, Gioele Dix. «Quando con Vicari ho cominciato a pensare a questo spettacolo ci siamo posti il problema della regia. Ci voleva qualcuno con cui sentirsi in sintonia. Ne abbiamo parlato con Gioele, che è anche un amico, e ci siamo capiti fin da subito. Abbiamo lavorato a sei mani. Gioele rivela la sua sensibilità, un regista meticoloso, oltre che un meraviglioso compagno di giochi. Come Matilde Pietrangelo che come figlia emana tutta la sua spontaneità e freschezza». In tournée a febbraio nel circuito Fts: il 17 a Castagneto Carducci, il 18 a Pitigliano, il 24 a Rapolano, il 25 a Castel del Piano. Gabriele Rizza C’era una volta un bambino di Massa che diventò pascià. Sembra l’incipit di una favola, ma una favola non è. È piuttosto il capitolo sconosciuto della storia apuana al tempo dei Malaspina e dei corsari, diventato prima un libro, “Alì Piccinin. Un mortegiano pascià di Algeri” di Riccardo Nicolai (uscito nel 2015), e poi uno spettacolo teatrale con il regista Alberto Nicolai, fratello di Riccardo (entrambi in foto), che debutterà al Guglielmi stasera alle 21. È la storia di Aldino, un bimbo di Mirteto, piccola frazione ai piedi delle Alpi Apuane, che nel 1580 – durante un’incursione dei corsari barbareschi – venne rapito e portato ad Algeri dove fu comprato da un raìs. Lì diventò musulmano e corsaro. E diventò Alì Piccinin. Aveva delle doti uniche, Alì: non si piegava a nulla, ostinato e inflessibile col carattere di chi è nato tra terra e cave. E così diventò prima raìs, poi grande ammiraglio e infine pascià. Commerciava marmo in tutto il Nord Africa. Lo stesso marmo usato per costruire una moschea nella bassa Casbah, come regalo di nozze alla principessa Lallahoum Belkadì, figlia del sultano della Cabilia. Un amore folle che lo tenne legato per sempre ad Algeri. «Il romanzo nasce per caso - racconta Riccardo Nicolai - Da una guida che parlava dei motivi che indussero Alberico Malaspina a fortificare la città». Ha iniziato a fare ricerche, è stato pure ad Algeri. E ne ha scritto un libro, diventato adesso uno spettacolo teatrale. «Ho raccontato la “mia” storia di Alì, fedele nei contenuti ma con dinamiche diverse dal testo», spiega il regista. Alla prima ci saranno anche ospiti speciali. Come Hania Belkadi, discendente di Lallahoum Belkadì, e Alì Lafer, architetto algerino che fu incaricato del restauro della moschea Alì Piccinin all’indomani della fine della guerra di liberazione d’Algeria.