La via oltre vecchi schemi - Federazione Trentina della Cooperazione

La via oltre vecchi schemi
Ci SERVE IL MEGLIO DEL DIRITTO «CIVILE» E DEL DIRITTO «COMUNE»
LEONARDO BECCHETTI
uI
na letteratura
consolidatasi negli
ultimi decenni a
cavallo tra economia e diritto
stabilisce che le origini dei
sistemi legali giocano un
ruolo molto importante nello
spiegare la genesi di norme,
istituzioni e performance economica dei
diversi paesi. Tale letteratura parte dalle due
grandi famiglie della common law
anglosassone e della civil law che, a partire
dal diritto romano, ha generato le tre
famiglie del diritto francese, tedesco e
scandinavo. La common law nasce dal
desiderio dei mercati e dell'aristocrazia
terriera inglese di limitare il prepotere della
corona britannica. La civil law nella sua
declinazione moderna più importante,
quella francese, dall'intento dì Napoleone di
usare il potere statuale per realizzare la
propria rivoluzione amministrativa evitando
che il potere giudiziario potesse interferire in
essa. Le conseguenze di queste due genesi
storiche così profondamente diverse hanno
di fatto determinato le profonde differenze
tra i due sistemi. Nella common /««/prevale
la giurisprudenza e il pragmatismo e sonò le
sentenze dei giudici e la soluzione delle
dispute che progressivamente sorgono a
dettare l'evoluzione normativa. Nella civil
law tutto è più strutturato dall'alto attraverso
la redazione di codici ispirati ad una dottrina
che ha un'ispirazione spiccatamente sociale.
Hayek afferma efficacemente che le due
scuole sirifannoa due diverse concezioni di
libertà. Una libertà prevalentemente "da" e
"di", volta ad aumentare l'autonomia dei
soggetti non orientata ad un fine per la
common law e una libertà "per" che
subordina il diritto ad una finalità sociale per
la civil law. Il rapporto con l'attività
economica delle due culture giuridiche è
profondamente diverso. Nella tradizione
della common law si accompagnano
prevalentemente le dinamiche del mercato
mentre la civil law ha un approccio molto
più dirigista. Ilrischiodella prima è dunque
di produrre effetti negativi sul benessere
della collettività tutte le volte che il mercato
fallisce mentre il rischio della seconda è
quello dello statalismo e dei suoi abusi. Il
tema interessante da approfondire è come
queste due culture hanno risposto alla prova
della crisi finanziaria globale. Le
considerazioni principali sembrano essere
tre. L'approccio anglosassone orientato alla
common lawha senz'altro commesso
l'errore di aver avuto troppa fiducia
nell'autoregolamentazione dei mercati
finanziari rimuovendo progressivamente i
limiti all'indebitamento e alla commistione
tra banca commerciale e banca d'affari. La
mano invisibile non ha funzionato bene
perché i mercati lasciati a loro stessi hanno
tendenze oligopoloidi. Sono stati infatti
prodotti i "mostri" delle banche troppo
grandi per fallire, eredità imbarazzante che i
regolatori e gli stati non riescono oggi a
estire. Bisogna altresì riconoscere che
intervento emergenziale all'apice della crisianglosassone, sempre orientato dalla cultura
della common law, è stato più tempestivo ed
efficace. Molto pragmaticamente vista
l'emergenza, esso non ha escluso un pesante
seppur temporaneo intervento pubblico di
capitalizzazione tramite acquisto delle
azioni degli intermediari in crisi (nel Regno
Unito le banche principali sono state
nazionalizzate). Sapendo sfruttare i
meccanismi di mercato (soprattutto negli
Stati Uniti con il piano Tarp) i costi pubblici
dell'intervento sono stati limitati realizzando
guadagni in conto capitale. La capacità
operativa emergenziale nei Paesi di
tradizione di civil law è sembrata molto più
lenta e macchinosa anche se in alcuni paesi
come la stessa Italia la tradizione meno
orientata alla protezione degli azionisti e del
mercato ci ha consegnato un sistema
bancario meno dinamico ma molto più
stabile. L'ultima importante considerazione
però è che il tempestivo intervento
emergenziale anglosassone è stato per certi
versi superficiale e non ha di fattorisoltoi
problemi strutturali che erano all'origine
della crisi. Rimettere in piedi un ubriaco non
vuol dire risolvere i suoi problemi di
equilibrio. Bisognava avere il coraggio di
smembrare le banche tropo grandi per
fallire, ristabilire limiti severi
all'indebitamento, eliminare gli incentivi
perversi sui bonus e stock option che
spingono trader e manager a prendere rischi
sconsiderati di cui poi fanno le spese i
contribuenti. Non basta infine rendere le
politiche monetarie più espansive per far
affluire liquidità all'economia reale. Wall
Street in sei anni è tornata ai suoi massimi
mentre l'economia reale stenta. Keynes
diceva che non è sufficiente portare il cavallo
alla fonte per costringerlo a bere. È tanto più
vero se si portano alla fonte i cavalli sbagliati,
ovvero intermediari che orientati alla
massimizzazione del profitto trovano molto
più interessante acquistare titoli che fare
credito alle imprese con la liquidità ottenuta
dalla Banca centrale europea. La via d'uscita
che faticosamente s'intrawede è un mix tra
una riforma significativa del modello di
banca, più orientata alla tradizione della È
civil law, con il riconoscimento del ruolo
preziosissimo del modello cooperativo ed
etico molto più portato per sua natura a
fornire credito all'economia reale e la
pragmaticità e capacità anglosassone di
individuare nuovi canali di finanziamento
non bancari sui mercati finanziari per le
imprese evitando gli azzardi speculativi che
ci hanno portato alla grande crisi.
F
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