Istituto MEME: Una visione del mondo carcerario

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UNIVERSITE EUROPEENNE JEAN MONNET
ASSOCIATION INTERNATIONALE SANS BUT LUCRATIF
BRUXELLES - BELGIQUE
THESE FINALE EN
“SCIENCES CRIMINOLOGIQUES”
UNA VISIONE DEL MONDO CARCERARIO
I cinque continenti
Relatore: <Dott.ssa Roberta Frison>
Specializzando: Dott.ssa Marika Beretta
Matr. 2392
Bruxelles, ottobre 2011
ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
MARIKA BERETTA – SST IN SCIENCES CRIMINOLOGIQUES - TERZO ANNO A.A. 2010 –2011
INDICE
1. INTRODUZIONE……………………………………7
2. PREMESSA………………………………………… 9
3. CRIMINOLOGIA………………………………… 11
3.1La criminologia…………………………………………… 11
3.2Il diritto e la psicologia…………………………………… 15
3.3La psicologia giuridica…………………………………… 16
4. PSICOLOGIA PENITENZIARIA……………… 19
4.1La psicologia penitenziaria………………………………… 19
4.1.1 I fenomeni con analogie……………………………………………. 21
4.1.2
La sindrome di prisonizzazione…………………………………… 23
4.1.3
Lo sciopero della fame………………………………………………25
4.1.4
Il suicidio……………………………………………………………..26
4.1.5
Il sovraffollamento…………………………………………………...29
4.2Il colloquio criminologico………………………………….. 30
5. SISTEMI…………………………………………….37
5.1Common law…………………………………………………37
5.2Civil law……………………………………………………...40
5.3Misto………………………………………………………… 41
5.4La legge consuetudinaria……………………………………41
5.5Fiqh………………………………………………………… 43
5.6I diritti……………………………………………………… 46
5.6.1 Il diritto romano…………………………………………………… 46
5.6.2
Il diritto canonico…………………………………………………… 49
5.7I sistemi………………………………………………………50
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5.7.1
Il sistema accusatorio………………………………………………...50
5.7.2
Il sistema inquisitorio………………………………………………...51
5.7.3
I sistemi reali…………………………………………………………52
6. DELITTO…………………………………………...53
6.1Il delitto………………………………………………………53
6.2Il reato………………………………………………………..55
6.3La pena……………………………………………………….59
6.4Le misure…………………………………………………….59
6.4.1
Le misure cautelari………………………………………………… 59
6.4.2 Le misure alternative…………………………………………………60
7. CARCERE…………………………………………..63
7.1La prigione…………………………………………………...63
7.2L’istituzione totale………………………………………… 65
7.3I livelli di sicurezza………………………………………… 68
7.4La classificazione dei carceri……………………………… 70
7.5La classificazione dei detenuti………………………………71
7.6La pena di morte…………………………………………….72
7.7L’ergastolo…………………………………………………...74
8. CINQUE CONTINENTI………………………… 75
8.1Premessa……………………………………………………..75
8.2L’Africa………………………………………………………75
8.3L’America……………………………………………………77
8.4L’Asia……………………………………………………… 80
8.5L’Europa…………………………………………………… 81
8.6L’Oceania…………………………………………………… 82
8.7Conclusione ………………………………………………… 83
9. LA SITUAZIONE ITALIANA…………………… 85
9.1Premessa……………………………………………………. 85
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9.2Il procedimento penale…………………………………….. 85
9.3Dall’ingresso all’uscita…………………………………….. 87
9.4I penitenziari…………………………………………………87
9.4.1
Il numero delle carceri ………………………………………………87
9.4.2
Il numero dei detenuti in esubero……………………………………88
9.4.3
Il numero dei detenuti stranieri in Italia……………………………...89
10.I DIECI CARCERI PIU’ INSOLITI AL MONDO……… 93
10.1
Premessa………………………………………………93
10.2
Articoli…………………………………………………93
11.
CONCLUSIONE……………………………. 99
12.
BIBLIOGRAFIA…………………………… 101
4
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Ai miei parenti, a Fulvia e
alle persone a me “distanti” ma sempre vicine.
(un abbraccio particolare a mio fratello MANUEL)
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1. INTRODUZIONE
Il fascino di questa tesi consiste per me, nell‟essermi potuta avvicinare al mondo
del carcere, mondo per altro distante e sconosciuto. Le difficoltà incontrate
nell‟affrontare questo argomento stanno soprattutto nella difficoltà a reperire
informazioni esaustive e non contraddittorie.
Per altro nella bibliografia saranno riportate tutte le fonti a cui ho fatto
riferimento.
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2. PREMESSA
Il lavoro svolto in questa ricerca punta a dare una visione “mondiale” della
situazione carceraria. Per renderla più chiara, ho voluto chiarire le basi teoriche
relative al significato di criminologia e ai contenuti della psicologia penitenziaria.
In seguito il lavoro diviene più schematico e offre tramite tabelle, sia la visione
carceraria nei cinque continenti, sia nel dettaglio alcuni degli aspetti ad essa
relativi, ad esempio la situazione italiana.
Il primo capitolo tratta la criminologia. Il secondo analizza la psicologia
penitenziaria attraverso le sue ramificazioni. Il terzo capitolo esplicita i sistemi
giudiziari nel mondo. Il quarto definisce i punti chiave del diritto penale. Il quinto
capitolo analizza l‟istituzione “carcere” nella sua globalità. Il sesto fotografa la
realtà carceraria nei continenti. Il settimo capitolo si sofferma sulle carceri
italiane. Per concludere, l‟ultimo capitolo conduce ad uno sguardo mondiale delle
carceri più insolite nel mondo, attraverso degli articoli.
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3. CRIMINOLOGIA
3.1.
La criminologia
La criminologia è la scienza che studia i reati, gli autori, le vittime, i tipi di
condotta criminale (e la conseguente reazione sociale) e le forme possibili di
controllo e prevenzione. È una disciplina sia teorica sia empirica, sia descrittiva
sia esplicativa e sia normativa sia fattuale. Il maggiore interesse di studio della
criminologia è il reato. Il reato non è inteso come fatto biologico ma come il frutto
di una definizione sociale che varia in funzione del tempo (storia) e dello spazio
(geografia), ossia varia in ogni cultura. I concetti profondamente interrelati tra di
loro sono: la cultura, il crimine e il diritto.
Esistono due tipi di criminologia: la clinica e la sociologica. La prima studia la
criminalità dal punto di vista clinico, individualistico e favorisce l‟esame della
personalità1 del deviante, anche in funzione trattamentale (Martellozzo, 2008). La
seconda criminologia privilegia lo studio delle dinamiche criminali come fatto
sociale (sociologia della devianza).
I primi albori della criminologia si sono affermatiti nel 1750, nella cultura
illuminista, con Beccaria, attraverso il suo trattato “Dei delitti e delle pene”. Nasce
la scuola classica 2 , come autori si ricordano Beccaria (1738-1794) e Bentham
(1748-1832), imperniata sui concetti del funzionamento del sistema penale, ossia
basare sia le leggi sia l‟amministrazione giudiziaria sulla razionalità e sui diritti
umani. Poi nell‟Ottocento, con lo sviluppo delle scienze empiriche (psicologia,
sociologia, antropologia), nasce la scuola positiva 3 , che si articola in due
1
Gli strumenti utilizzati nell‟esame della personalità sono: l‟intervista diagnostica, l‟analisi di eventuale documentazione o
cartella clinica, la valutazione comportamentale e cognitiva, i test di personalità (multidimensionali e monodimensionali).
2
I concetti fondamentali della scuola classica: ogni individuo è libero di prendere le decisioni e di compiere le proprie
scelte (tuttavia, ognuno tende a perseguire i propri interessi e il proprio piacere); ogni individuo gode di determinanti
naturali, quali la vita, la libertà e la proprietà; gli stati vengono creati dai cittadini per proteggere questi diritti, ed esistono
in seguito a un contratto sociale stipulato tra governati e governanti; ogni pena è un processo naturale (Martellozzo, 2008).
3
I concetti fondamentali della scuola positiva: gli esseri umani vivono in un mondo caratterizzato da rapporti di causaeffetto, in cui regna un ordine, che è possibile individuare e scoprire attraverso l‟osservazione sistemica; i problemi sociali
come la criminalità, possono essere risolti attraverso lo studio sistematico del comportamento umano, l‟applicazione della
scienza è essenziale per migliorare la natura umana, il comportamento criminale dipende da diversi tipi di anormalità;
anormalità e normalità vanno comparate; il compito della criminologia provvedere alla correzione; il trattamento è
auspicabile sia per l‟individuo, per consentirgli di ritornare normale, sia per la società, per proteggerla da eventuali danni.
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direzioni: lo studio dell‟uomo che delinque secondo l‟approccio medico-biologico
dell‟antropologia criminale e lo studio sociologico delle condizioni che
favoriscono la commissione differenziale di reati, in funzione del ceto sociale di
appartenenza. Per questa scuola, si devono ricordare come autori, Lombroso 4
(1835-1909) che narra che una persona commette un reato per scelta ma perché è
spinto a farlo da impulsi biologici, psicologici o sociali, Ferri (1894) che tratta i
fattori fisici (razza, ect.) e sociali (costumi, religione, etc.) e invece Garofalo i
fattori psicologici e morali (1880). In seguito, con il moltiplicarsi delle ricerche e
delle conoscenze psicologiche, la scuola positiva assume un indirizzo
psicopatologico e psichiatrico. La delusione a proposito della possibilità di
affrontare scientificamente i problemi della criminalità, porta all‟emergere sia di
approcci di criminologia critica e di anticriminologia ma anche al riemergere della
scuola classica con il nome di scuola neoclassica. Nel Novecento si sedimenta la
scuola di Chicago5 che valuta l‟individuo come chi vive in un sistema complesso.
Infatti, l‟individuo è “come una creatura complessa in grado di adattare gli stili di
vita largamente diversi” (Matza, 1969). L‟interesse di studio si basa sull‟ecologia
e sull‟etnografia, per valutare la sociologia empirica della devianza.
Negli Stati Uniti e nei paesi Anglosassoni, la criminologia si sviluppa dagli
anni ‟20 e si qualifica come disciplina prevalentemente sociologica.
La criminologia è una scienza che ha stretti legami di collaborazione di
sinergia con altre discipline, come: la biologia, la genetica, le neuroscienze,
l‟antropologia, la sociologia, la psicologia, la psichiatria, la psicopatologia
forense, il diritto, le scienze penitenziarie, la statistica, la psicopatologia generale
e dell‟età evolutiva, la criminalistica, le scienze dell‟investigazione, la filosofia
della scienza, la medicina legale e la chimica.
La criminologia si differenzia e non si deve confondere con la criminalistica. La
criminologia studia il comportamento dei soggetti che compiono il reato
4
Cesare Lombroso ha scritto nel 1876 il libro: “L‟uomo delinquente”. L‟antropologo valuta l‟antropologia criminale come
una criminalità ed evoluzione umana. Il crimine è innato e, infatti, tratta dell‟uomo atavico (primitivo). L‟antropologo
esprime sia le caratteristiche fisiche (orecchie grandi, ossa craniche spesse, ect) e altre caratteristiche (pigrizia, eccessiva
gestualità, ect) sull‟uomo criminale.
5
I contributi metodologici della Scuola di Chicago: uso combinato di dati qualitativi e quantitativi; dati ufficiali; per ogni
diversa area della città – hot spot; spiegazione della causa della criminalità; l‟etnografia, ricercatore e criminale.
12
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attraverso: la conoscenza della personalità6 e il motivo del delitto; la conoscenza
della pericolosità e la recidiva e infine esamina le cause della società e
dell‟ambiente o il fenomeno della devianza. La criminologia si compone in due
fasi: la fase diagnostica 7 (colloquio criminologico) e la fase prognostica 8
(valutazione della recidiva). Le discipline con cui si allea la criminologia sono:
medicina, psicologia, diritto, sociologia, ect. La criminologia studia più
approfonditamente i caratteri propri della scena del crimine per definire il
“criminal profiling9”. La criminalistica è una scienza autonoma che studia la scena
del crimine e analizza le investigazioni tecnico-scientifiche in seguito all‟evento
criminoso, rispondendo alla domanda “come e dove” è stato commesso il delitto.
Questa disciplina si lega maggiormente ad altre discipline come: medicina legale,
chimica, fisica, ect.
La criminologia può avvalersi di diverse tecniche tra cui: lo studio di casi clinici
individuali, le ricerche mediante campioni, l‟analisi di statistiche (indagini
settoriali e studi predittivi) ufficiali collettive, l‟analisi di fonti informative e
documentali, le ricerche sperimentali o quasi - sperimentali, le ricerche sociali e
sul campo e anche l‟analisi di documenti storici.
Il criminologo è quella figura professionale che può operare in diversi
ambienti specialistici: all‟interno delle carceri, come esperto nell‟equipe di
osservazione e trattamento; come esperto nei tribunali di sorveglianza o nei
tribunali dei minori; come consulente per enti pubblici in materia di prevenzione
criminale, sicurezza urbana e vittimologia ed esiste la possibilità d‟impiego come
consulente aziendale in materia di sicurezza. La competenza criminologica può
essere utilizzata anche in ambito psichiatrico - forense, nello svolgimento
6
La personalità, è l‟insieme di tratti stabili emozionali e comportamentali, che rappresentano il modo personale di
rispondere, interagire e percepire l‟ambiente esterno e gli eventi della propria vita. Importanti sono il carattere (rappresenta
tutte le diverse modalità di pensare, agire e di atteggiarsi del soggetto, assunte in seguito alle esperienze) e il temperamento
(base innata, in cui ogni persona opera nel mondo e nel reagire con l‟ambiente, risulta poco modificabile perché legato al
patrimonio genetico). I tratti che la compongono rappresentano le caratteristiche del proprio stile di rapporto con gli altri.
Normalmente questi tratti devono essere abbastanza flessibili a seconda delle circostanze. Se i tratti sono caratterizzati dalla
rigidità e dalla presentazione inflessibile allora, anche nelle situazioni meno opportune, si presentano i disturbi della
personalità.
7
La fase diagnostica oltre a utilizzare il colloquio può utilizzare altri strumenti: la somministrazione di reattivi mentali, lo
svolgimento di un‟inchiesta sociale sull‟abituale ambiente di vita del soggetto, un esame comportamentale, l‟analisi di dati
quali il curriculum criminoso, la sentenza di condanna e le precedenti sentenze.
8
La fase prognostica si basa sulla valutazione complessiva data dai risultati dell‟osservazione criminologica, sulla
valutazione di parametri oggettivi, su indicazioni statistiche.
9
Il criminal profiling, ossia attraverso lo studio psicologico degli eventi, si cerca di risalire al profilo di personalità del
criminale. Ad esempio il profilo psicologico del possibile autore di una serie di reati, viene quindi ottenuto attraverso una
serie di comparazioni fra le evidenze investigative (i rilievi fotografici) e le evidenze psicologiche, sociali e culturali che
possono far capo all‟autore stesso.
13
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dell‟attività peritale come perito nominato dal giudice o da una delle parti e
nell‟ambito penale in cui è importante la valutazione dell‟imputabilità10 o della
capacità di testimoniare della vittima del reato. L‟attività di criminologo in Italia,
purtroppo non è ancora regolata da alcune legge né inquadrata in un albo
professionale.
La criminologia costituisce un importante strumento operativo in numerosi
contesti, alcuni accademici, altri finalizzati allo sviluppo delle conoscenze, altri
più operativi e direttamente utilizzabili in campo sociale e istituzionale. I
principali ambiti 11 applicativi per l‟indagine criminologica sono diversi dalle
perizie allo sviluppo di tecniche investigative. La principale applicazione della
criminologia avviene nella fase esecutiva e trattamentale e nell‟osservazione
scientifica della personalità.
A questa disciplina si lega la criminologia clinica, quest‟ultimo termine si riferisce
all‟insieme degli interventi del criminologo che tendono a riconoscere, “curare” e
prevenire i comportamenti illegali nel singolo individuo. La terapia è costituita
dalla progettazione di un percorso di risocializzazione che utilizza gli strumenti
offerti dal sistema giudiziario. L‟applicazione della criminologia clinica si
manifesta soprattutto nel momento dell‟esecuzione della pena e durante la
detenzione, attraverso l‟osservazione scientifica che è usata dalla Magistratura di
sorveglianza per l‟individualizzazione delle modalità secondo le quali la pena
dovrà essere eseguita. L‟osservazione prende in considerazione le caratteristiche
personologiche, situazionali, micro sociali e di pericolosità del soggetto.
Attraverso l‟osservazione scientifica si possono acquisire delle informazioni sulla
criminogenesi e criminodinamica (rientrano nella fase diagnostica). Il criminologo
clinico svolge un‟attività di predizione riguardante le prospettive future di recidiva
e indica il percorso individualizzato di risocializzazione maggiormente efficace.
10
L‟imputabilità è la condizione sufficiente ad attribuire ad un soggetto l‟azione penale e a mettere in conto le conseguenze
giuridiche.
11
Gli ambiti sono: perizie e consulenze, ricerche accademiche non direttamente finalizzate (università e Istituti privati),
ricerche accademiche finalizzate per la prevenzione del crimine, ricerche e consulenze finalizzate alla repressione del
crimine, progettazione e attuazione di tecniche di prevenzione del crimine, attività di educatori scolastici e assistenti di
comunità nel trattamento di soggetti con precedenti penali, attività medica di base e di psicologia clinica nel trattamento di
pazienti che hanno commesso crimini, sviluppo e applicazione di tecniche investigative.
14
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L‟attività12 del criminologo clinico si basa su un giudizio integrato fondato sia su
parametri statistici sia sulle caratteristiche individuali emerse dall‟osservazione.
3.2.
Il diritto e la psicologia
Il diritto è visto in genere come riferimento a un sistema di norme aventi
carattere di obbligatorietà e che regolano i rapporti sociali. Il diritto è una
disciplina prescrittiva, in cui i singoli individui hanno la libertà di rispettare o no
le leggi (sono obbligati a farlo). Nel momento in cui le leggi non sono rispettate,
esistono delle sanzioni. Esistono delle autorità che devono essere in grado di fare
rispettare le norme ed esercitare anche la funzione di controllo. Lo scopo di questa
disciplina coercitiva rappresenta la creazione e il mantenimento di un certo ordine
sociale attraverso la regolamentazione delle leggi. Questo deriva dal fatto che
bisogna ricordare che “la legge è uguale per tutti e non ammette eccezioni”
(Bresciani, 2007).
La psicologia è una disciplina caratterizzata da un duplice statuto. Il primo
si riferisce alle leggi generali che regolano i fenomeni psichici. Il secondo si
riferisce a eventi o situazioni aventi il carattere di singolarità, appartiene alle
categorie delle scienze umane pratiche. In questo modo si arriva a parlare della
psicologia applicata, in cui dalle elaborazioni teoriche si ricavano le tecniche e le
modalità operative di intervento sui problemi concreti finalizzati al cambiamento
di determinate situazioni. In psicologia, non si parla di una legge di eccellenza, ma
di una norma racchiusa nel concetto di normalità
13
e alle sue variabili
declinazioni, anche per quelle patologiche o non-patologiche (Bresciani, 2009).
12
Nell‟attività gli elementi che costituiscono rilevanza sono: i fatti delittuosi, gli autori del delitto, l‟ambiente e la reazione
sociale, la vittima e la devianza.
13
Il concetto di normalità può essere declinato in diverse direzioni. Può avere un significato puramente statistico, per
indicare la maggior frequenza di un certo evento oppure l'attesa che un certo evento abbia luogo. Così le convenzioni che si
stabiliscono tra gli esseri umani si fondano sull'aspettativa che gli altri individui si comportino nel modo che tra noi è
normale. Ma il concetto di normalità possiede altre connotazioni relative non ai comportamenti, che di fatto hanno luogo,
ma a quelli che dovrebbero accadere. Ciò che è normale è ciò che dovrebbe regolare la condotta naturalmente. E tuttavia è
accaduto che il significato, che attiene al dovere, morale o religioso o sociale, si è spesso mascherato nel concetto di
normalità. La suddivisione tra normale e anormale può apparire puramente scientifica, ma nasconde spesso l'appello a un
criterio di valore, che esprime un giudizio sulla condizione di esclusione sociale di alcuni. E' soprattutto a partire dal secolo
scorso, che la regolazione sociale dei comportamenti ha cominciato a usare il linguaggio, apparentemente scientifico, della
normalità, quello inaugurato da discipline come la medicina, la psichiatria e la psicologia. Il crimine e il comportamento
irregolare non sono più solo una trasgressione della legge, ma una deviazione dalla norma. Ma con ciò essi perdono la loro
possibile ricchezza di significato e diventano eccezioni del comportamento normale.
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3.3.
La psicologia giuridica
La psicologia giuridica risale addirittura agli inizi del Novecento, con
studiosi quali U. Fiore (1909), S.G. Ferrari e A. Renda (1906) e De Sanctis
(1913). Soltanto nel 1925 con la pubblicazione di “Psicologia Giudiziaria” di
Enrico Altavilla, questa disciplina iniziò a svilupparsi. La psicologia giuridica
studia il profilo psicologico della persona in rapporto alla posizione giuridica e al
ruolo rivestito nel contesto (famiglia, scuola, lavoro, professione, società). Lo
studio di questa disciplina si sviluppa sul vissuto personale delle persone
coinvolte in procedimenti giudiziari, al fine di raccogliere dati comportamentali e
sottoporli all‟autorità giudiziaria. Questa materia definita come “disciplina di
confine, che s‟impegna a connettere la psicologia e la giustizia con i loro
problemi” (De Leo, 1995). La psicologia giuridica è un‟interfaccia tra il diritto e
la psicologia e si può differenziare in due livelli: di che cosa si occupa (oggetto 14)
e di come se ne occupa (competenze). Il primo livello si basa sulla giustizia, intesa
come campo in cui si forma e si esprime il diritto, sia in ambito istituzionale
organizzato sia come ambito in cui si verificano problemi (denunce, arresti, reati,
ect.). Nel secondo livello, entrambe le discipline prese in considerazione si
occupano prevalentemente del comportamento umano, ma la psicologia interviene
su più livelli di competenze del diritto15.
L‟utilizzazione di questa psicologia può avvenire o in modo diretto (si è chiamati
a valutare l‟infermità dell‟imputato, la personalità della parte lesa, l‟attendibilità
di un testimone a interpretare una norma giuridica) o in modo indiretto (si richiede
l‟applicazione in sede giudiziaria di tecniche psicologiche per argomentare e/o per
interrogare, particolare interesse la cross examination16).
14
Il suo oggetto di indagine sono: la personalità, la peculiarità, le interrelazioni tra le persone che partecipano alle indagini
o ai processi (testimoni, imputati, parti offese, periti, consulenti).
15
I livelli di competenza: il diritto come divieto, obblighi, sanzioni riferite a comportamenti, costruisce non solo tipologie
normative di comportamento (reati) ma fissa anche livelli di capacità, di competenze psichiche (imputabilità, ect.), di
predisposizioni personali a comportamenti antisociali (pericolosità sociale); il diritto produce categorie giuridiche che
regolano meccanismi di tutela, soprattutto in campo minorile, su questioni di grande rilevanza sociale, come la capacità
genitoriale, lo stato di pregiudizio, di abbandono di minori e di interesse di minori; il diritto può indicare quali sono quelle
condizioni personali e comportamentali necessarie per accedere a vantaggi in ambito processuale e penale, ed in generale
quelle per l‟individuazione della pena e dei programmi di trattamento penitenziario.
16
La cross examination è un interrogatorio incrociato. Si tratta di un istituto processuale che consiste nell'esame delle parti
e dei testimoni direttamente sia da parte del pubblico ministero che del difensore che ha chiesto l'esame. L'esame deve
svolgersi mediante domande su fatti specifici e sono vietate le domande che possono nuocere alla sincerità delle risposte o
quelle che tendono a suggerire le risposte. Durante l'esame, il giudice cura che questo sia condotto senza ledere il rispetto
della persona ed interviene per assicurare la pertinenza della domanda, la genuinità della risposta, la lealtà dell'esame e la
16
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Gli argomenti studiati sono svariati tra cui: la psicologia del reo, l‟imputabilità
soprattutto per i minori, dove l‟elemento psicologico prevale su quello patologico
- psichiatrico della pericolosità sociale, la testimonianza. La psicologia oltre ad
essere uno strumento di studio, è uno strumento di competenza probatoria e
consulenziale.
La psicologia giuridica s‟interroga sulla mente umana, sul contesto, su se stessa
come disciplina scientifica, interrogando il diritto, i suoi contesti e le sue
procedure. L‟interazione tra la psicologia e la giustizia si esplica in due aree di
problemi sociali: quelli relativi ai comportamenti17 e quelli relativi a situazioni e
condizioni problematiche in età evolutiva18.
La
formazione
in
psicologia
giuridica
è
interdisciplinare
e
multidisciplinare, ma soprattutto deve avere la capacità di intervenire entro cornici
di contesto diverse dal proprio specifico disciplinare, ma anche diverse da quelle
altre discipline extra-giuridiche. Fondamentale è l‟acquisizione e lo sviluppo della
capacità di utilizzare un linguaggio fruibile e chiarire i limiti dell‟azione. Le
metodologie applicate nella psicologia giuridica sono: il colloquio criminologico,
i test psicologici o test mentali di efficienza intellettiva o personalità, l‟inchiesta
sociale, i tassi di frequenza statistica, i metodi di osservazione del comportamento
(esame), i dati demografici e di archivio e gli strumenti specifici per l‟ambito
giuridico (ricerca delle fonti di prova).
La psicologia giuridica si applica nel diritto civile (rapporto tra i cittadini), penale
e minorile (norme non rispettate sanzionate con pene).
La psicologia giuridica si suddivide in diverse forme19:
correttezza delle contestazioni. Quando viene sottoposto all'esame un minore, le domande sono fatte dal presidente su
proposta delle parti.
17
La psicologia giuridica dialogando con i risultati della criminologia, della psicologia della devianza, della psicologia
delle tossicodipendenze, elabora teorie, ipotesi, metodi di ricerca e i metodi clinici per comprendere i comportamenti
trasgressivi individuali e dei gruppi, i contesti normativi giuridici e sociali che definiscono come trasgressivi quei specifici
comportamenti e i processi ed i contesti di controllo sociale che interagiscono direttamente e indirettamente con quei
comportamenti.
18
La psicologia giuridica ha avviato dei rapporti di collaborazione sempre più stretti con i settori della psicologia dell‟età
evolutiva, sociale, di comunità, delle relazioni sociali e con la sociologia al fine di analizzare e comprendere i processi
sociali, ambientali, familiari, relazionali, le dinamiche e le funzioni psicologiche che possono produrre, mantenere nel
tempo e cronicizzare rischi e gravi difficoltà di sviluppo.
19
Esistono altre suddivisioni: la psicologia giuridica finalizzata alla tutela dei minori, la psicologia civile forense, la
psicologia giuridica nella mediazione, la psicologia investigativa.
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
La psicologia criminale: si occupa dello studio della personalità di un
individuo in quanto autore di un reato, dei concetti di criminalità e
devianza, di devianza minorile, dei modelli di analisi e delle teorie
interpretative;

La psicologia giudiziaria: si occupa della psicologia del reo e di tutti i ruoli
che intervengono nel processo, quindi studia tutti gli attori processuali
(giudici, testimoni, avvocati, parti lese); analizza gli aspetti di
responsabilità penale e pericolosità sociale, le strategie e le tattiche in
ambito processuale, la vittimologia e la psicologia della testimonianza;

La psicologia penitenziaria/rieducativa: una psicologia che applica le
decisioni giudiziarie per produrre gli effetti che le sentenze richiedono,
esaminando i problemi psicologici relativi alla detenzione, attraverso
l‟attività di osservazione, sostegno e trattamento del condannato;

La psicologia legislativa: si occupa dei testi giuridici, ossia ogni normativa
contiene delle indicazioni sul comportamento umano, sugli individui, sulle
aspettative di comportamento, quindi contiene degli impliciti psicologici o
delle ipotesi su come l‟uomo funziona e su come si comporta;

La psicologia legale: è la psicologia del testo giuridico che consente una
lettura psicologica del testo ed una sua modificazione in rapporto alle
necessità di cambiamento sollecitate dalla società e dall‟evoluzione delle
scienze psicologiche;

La psicologia forense: si occupa dei fattori rilevanti ai fini della
valutazione giudiziaria e che risponde ai quesiti ed alle richieste specifiche
del Giudice, del Pubblico Ministero o degli avvocati in sede peritale
(perizie e le consulenze di parte).
Lo psicologo giuridico è quindi uno psicologo che utilizza gli strumenti
diagnostici e di intervento della psicologia, ma sempre considerando la
complessità del contesto interdisciplinare nel quale opera.
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4. PSICOLOGIA PENITENZIARIA
4.1.
La psicologia penitenziaria
Come già spiegato in precedenza, la psicologia penitenziaria, branca della
psicologia giuridica, esamina i problemi psicologici della detenzione, attraverso
attività di sostegno e trattamento del condannato. Sono studiati i metodi, l‟utilità,
e gli effetti del trattamento e della pena sull‟individuo. Nata come psicologia
carceraria (Ferri, 1910-1911, 1926), o correzionale (Ferri 1925), diramazione della
psicologia giuridica, è in seguito denominata come psicologia rieducativa
(Gulotta, 1979) a riconoscimento dei nuovi significati concettuali affermati dal
settore
scientifico
e
assunti
anche
normativamente
dall‟allora
recente
Ordinamento Penitenziario (legge 354 del 26 luglio 1975). Alla fine del
Novecento assume la denominazione di psicologia penitenziaria (Patrizi, 1996),
per marcare le distanze da una concezione, quella rieducativa, entrata oggi in forte
crisi.
La psicologia penitenziaria e il suo sviluppo storico rinviano da una parte
all‟evoluzione delle conoscenze acquisite dal settore criminologico e dall‟altra
parte alle definizioni normative, che, nel tempo, si sono avvicendate a regolare la
fase dell‟esecuzione penale. Nella sua storia la psicologia penitenziaria, nel corso
di più di cento anni, sviluppa parecchie novità, attraverso il crearsi di leggi,
decreti, convegni, congressi, che apportano delle modifiche in base anche alla
storia che si afferma. Inizia con gli ultimi decenni del „800 abolendo le catene al
piede per i condannati ai lavori forzati (R.d. 2 agosto 1902, n. 337), e delle
punizioni attraverso camicia di forza, ferri, cella oscura (R.d. 14 novembre 1903,
n. 484) che sono sostituite dalla cintura di sicurezza. Dopo un numero sproposito
di nuovi elementi (creazione del centro di osservazione, gli psicologici inseriti
nelle carceri, etc.) si giunge, alla fine del „900 con, ad esempio, la formazione
degli operatori.
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Lo sguardo evolutivo del sistema penitenziario dalla fine del secolo scorso a oggi,
valuta gli obiettivi e le funzioni specialistiche attivate in termini di elaborazioni
concettuali e di ruoli, agiti. Il profilo che ne emerge è di sviluppo complesso,
spesso problematico: dalla fase della retribuzione, all‟ipotesi rieducativa, fino alla
più recente attenzione alle risorse di contesto e del singolo che si confronta con le
richieste poste dal sociale e dal vincolo giuridico (Patrizi, 1996). Nella psicologia
penitenziaria, prima si “vedevano” i soggetti, si valutavano e in seguito la
relazione scritta doveva essere consegnata al Direttore del carcere. Ai giorni
nostri, non si utilizza più una relazione scritta (il problema risultava il
fraintendimento) ma, bensì, attraverso le riunioni d‟equipe si tratta il singolo caso,
si valuta e se ne discute con gli altri professionisti, nel setting. Il servizio Nuovi
giunti creato nel 1990 (con la circolare n. 3233/5683 del 30 dicembre 1987) serve
per contrastare le statistiche sui suicidi avvenuti negli anni precedenti. Questo
servizio porta ad avere un‟equipe formata da diverse figure professionali, tra cui:
il medico, lo psicologo, gli agenti del carcere e la direzione. Nel momento in cui
arriva un nuovo soggetto bisogna immediatamente fare uno screening in cui si
esegue una visita medica e un colloquio psicologico per poi essere pronti a
valutare velocemente il rischio di suicidio. Quest‟ultimo può essere concepito
attraverso diversi indici20 come ad esempio la depressione, ect. La decisione presa
(bisogna stare molto attenti) è di fondamentale importanza per la prevenzione sul
suicidio. In seguito, dovrebbero essere intrapresi nuovi colloqui per poi arrivare a
conoscere il soggetto e apportargli un trattamento individualizzato, in cui si è
proiettati verso il futuro. Lo psicologo ha dei compiti specifici 21 che svolge
all‟interno degli istituti penitenziari.
20
Gli altri indici sono: il tipo di reato commesso, il tempo che il soggetto dovrà trascorrere in carcere, l‟abbandono, gli
indici specifici (quali: l‟età, il sesso, ect.), se esistono altri tentativi di suicidio, e se è già stato detenuto.
21
I compiti specifici sono: prima l‟accoglienza del soggetto nella fase di ingresso al carcere, l‟osservazione scientifica della
personalità, il trattamento per favorire le modificazioni soggettive durante il tempo della detenzione, il sostegno
psicologico, lo sviluppo della “relazione di aiuto e della relazione di aiuto terapeutica”(con la funzione di influenza sul
meccanismo di espiazione della pena), la prevenzione del suicidio e delle condotte aggressive (auto ed etero dirette), la
valutazione psicologica, la diagnosi e il trattamento dei tossicodipendenti e degli alcolisti, la partecipazione al Consiglio di
disciplina per l‟applicazione della misura dell‟art. 14 bis dell‟Ordinamento Penitenziario. In questo regime di sorveglianza
particolare, vengono suggeriti ai medici e agli psicologi, che devono collaborare tra loro ed essere molto preparati, diversi
consigli: la consulenza psicologica su casi e situazioni particolari, lo sviluppo di modelli specifici di intervento su gruppi
diversi e specifici di detenuti in funzione dell‟attenuazione del disagio commesso alla detenzione e per il recupero degli
stessi, l‟analisi della struttura e del funzionamento della struttura carceraria, la progettazione e l‟attuazione di modelli di
intervento psicologici nelle strutture carcerarie e la formazione e l‟aggiornamento del personale in funzione del recupero e
della reintegrazione dei reclusi.
20
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L‟applicazione della psicologia nell‟ambito penitenziario si suddivide in
due filoni. Il primo, riservato agli utenti che devono studiare l‟osservazione e il
trattamento psicologico. Il secondo filone, si riserva agli operatori che devono
invece avere una formazione teorico - esperienziale, di contenimento e prevenire
il rischio del burn - out22.
Nell‟ambito penitenziario è fondamentale la prevenzione della salute. Esistono già
dei trattamenti particolari per i soggetti tossicodipendenti, alcolisti e per chi è
affetto da HIV. La prevenzione sulla salute è d‟importanza primaria, proprio
perché, oltre al soggetto che arriva in carcere con dei propri problemi, che devono
essere presi in considerazione, l‟altra faccia della medaglia presenta che il
soggetto può ammalarsi a causa della detenzione, procurando lo sviluppo di
disturbi. Le situazioni di crisi che avvengono all‟interno delle mura carcerarie
sono: i fenomeni con analogie, lo sciopero della fame, il suicidio eil
sovraffollamento.
4.1.1 I fenomeni con analogie
I fenomeni con analogie che si sviluppano negli istituti penitenziari sono di
tre tipi: la simulazione, i sintomi fittizi e i sintomi di conversione. Attraverso
queste tre forme si mette in atto l‟emergere di sintomi con vantaggi (bisogni)
consapevoli o non consapevoli.
La simulazione è la produzione consapevole, volontaria, cosciente di
sintomi di tipo psichico e/o fisico, diretta a ottenere un beneficio. Secondo il DSM
– IV TR23 i sintomi sono prodotti per perseguire uno scopo che è riconoscibile
22
Il burnout è l'esito patologico di un processo stressogeno che colpisce le persone che esercitano professioni d'aiuto,
qualora queste non rispondano in maniera adeguata ai carichi eccessivi di stress che il loro lavoro li porta ad assumere.
Maslach e Leiter (2000) hanno perfezionato le componenti della sindrome attraverso tre dimensioni: deterioramento
dell'impegno nei confronti del lavoro, deterioramento delle emozioni originariamente associati al lavoro ed un problema di
adattamento tra persona ed il lavoro, a causa delle eccessive richieste di quest'ultimo. In tal senso il burnout diventa una
sindrome da stress non più esclusiva delle professioni d'aiuto ma probabile in qualsiasi organizzazione di lavoro.
23
Il DSM (Diagnostic and statistical manual of mental disorders) è il Manuale diagnostico e statico dei disturbi mentali,
pubblicato dall‟American Psychiatric Association (APA). Ci sono più versioni di questo manuale, l‟ultima risiede al 2000
con il DSM –IV- TR. Il manuale consiste in una classificazione nosografica (i quadri sintomatologici descritti a prescindere
dal vissuto del singolo, e sono valutati in base a casistiche) ateorica (non si basa su nessun tipo di approccio teorico) e
assiale (raggruppa i disturbi su cinque assi, al fine di semplificare e indicare una diagnosi standardizzata) dei disturbi
mentali. Il sistema multi - assiale è così organizzato: asse I (disturbi clinici), asse II (disturbi di personalità e ritardo
21
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attraverso la comprensione della situazione dell‟individuo piuttosto che attraverso
la sua psicologia. Nella simulazione l‟elemento più importante da osservare è lo
scopo reale che è rappresentato da incentivi esterni per tale comportamento (ad
esempio un miglioramento del proprio benessere fisico). Quando si parla di
simulazione, si deve ricordare anche della Sindrome di Ganser. La sindrome di
Ganser è “una costellazione di sintomi con decorso tipico descritta come strano
stato confusionale isterico” nel 1897 dal neurologo tedesco Sigbert Ganser in tre
soggetti sottoposti a detenzione preventiva nella prigione di Hallein. L‟inizio è
improvviso e il soggetto compie sbagli grossolani in operazioni molto semplici
mentre è in grado di farne delle più complicate; sono visibili risposte “di
traverso”, cioè risposta approssimata a quella corretta, ma errata, la risposta
mostra la comprensione della domanda e della risposta corretta. In generale può
essere descritta come una riduzione volontaria di quella che i soggetti ritengono
una grave malattia psichiatrica. L‟esordio è acuto e improvviso, come improvvisa
è la scomparsa, accompagnata da amnesia e perplessità. Può insorgere in soggetti
con altre manifestazioni psichiatriche: schizofrenia, depressione, alcolismo,
disturbi fittizi, fughe, disturbi da conversione.
Il sintomo fittizio è la produzione consapevole, cosciente, di sintomi di
tipo psichici e/o fisici diretta ad ottenere come unico vantaggio, il riconoscimento
e le attenzioni commesse al ruolo di malato in ambito sanitario. Il disturbo fittizio
cronico con sintomi fisici è sinonimo per la Sindrome di Munchausen.
Il sintomo di conversione è la produzione di sintomi inconsapevoli di tipo
pseudoneurologici attinenti generalmente il distretto muscolo scheletrico (paresi),
sensitivo, degli organi di senso (cecità) o complessi (convulsioni). I sintomi
rappresentano un modo di esprimere e neutralizzare il conflitto interiore del
soggetto (vantaggio primario) che può conferire ad altri vantaggi (vantaggio
secondario). Il disturbo di conversione è classificato dal DSM –IV TR all‟interno
dei disturbi somatoformi.
mentale), asse III (condizioni mediche che possono influire sugli aspetti psicologici e psicopatologici), asse IV (fattori
psicosociali ed ambientali che possono influire sugli aspetti psicologici e psicopatologici), asse V (valutazione del
funzionamento globale).
22
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Ciò che differenzia il disturbo fittizio e la simulazione, dal disturbo di conversione
è l‟intenzionalità e la consapevolezza: nei primi due i sintomi vengono prodotti
consapevolmente e intenzionalmente per il raggiungimento di uno scopo, nel
secondo invece lo scopo di esprimere e neutralizzare un conflitto interiore è
inconsapevole e inconscio, ancora nel secondo possono essere presenti ulteriori
vantaggi, ma sono solo secondari e non determinanti per la diagnosi.
La distinzione tra questi sintomi non è semplice, per diversi motivi dal giudizio
sulla consapevolezza della produzione dei sintomi, quasi sempre inferenziale al
sintomo fittizio, che può innestarsi su un sintomo/malattia già presente. Esistono
nel contesto penitenziario dei problemi specifici24. Davanti ad una simulazione il
rapporto medico paziente è messo a dura prova. Oltre a causare dubbi e possibili
complicazioni medico legali, la situazione stessa travalica il rapporto medico –
paziente a cui gli operatori sono formati. Viene meno la fiducia dell‟operatore e il
rapporto assistenziale, con la nascita di un conflitto di ruolo e fenomeni intensi di
transfert25.
4.1.2. La sindrome di prisonizzazione
La sindrome da “prisonizzazione26” è una sindrome che si articola in una
vasta gamma di quadri psicopatologici che vanno dalla comune e breve reazione
ansioso – depressiva sino alla sindrome ganseriana.
Per Clemmer, (1940) con il termine “prisonizzazione si intende l‟effetto globale
dell‟esperienza carceraria sull‟individuo, è l‟assunzione da parte del detenuto, in
varia misure, di usanze, costumi e cultura penitenziaria”. Quasi un percorso di
24
I problemi sono i seguenti: il riconoscimento dello status di malato è correlato a vantaggi circa la detenzione o può
alleviare responsabilità penali, il confine tra simulazione e sintomo fittizio tende a essere molto netto, il rischio medico
legale nella diagnosi di simulazione di un falso negativo (riconoscere un disturbo autentico quando invece c‟è simulazione)
può essere minore di quello di un falso positivo (prendere per simulazione un sintomo autentico), alcune caratteristiche del
contesto carcerario (isolamento, osservazione continua) possono favorire il trapasso, peraltro possibile ovunque, tra
simulazione, sintomo fittizio e disturbo psichiatrico maggiore, bisogna tenere presente che, sebbene sia un fatto grave, la
simulazione può essere consigliata o spinta, anche non esplicitamente da terzi (avvocati, famigliari).
25
Il transfert è la relazione emotiva del paziente che si crea nei confronti dell‟analista. L‟uomo inconsciamente pone il
ruolo di passato sull‟analista, in quanto l‟uomo esprime le proprie emozioni e le trasferisce all‟analista.
26
Secondo Garfinkel, nel 1956, l‟intero processo di prisonizzazione, che va dall‟arresto all‟entrata in carcere, corrisponde
ad aspetti rituali di una cerimonia in cui lo status del soggetto viene degradato (ad esempio, lasciare tutti gli oggetti
personali, documenti, anelli, ect, per poi passare alle impronte digitali, alle foto e alla cella di osservazione e infine si
sviluppa la fase di decompressione). Per Wheeler, nel 1961, il processo di prisonizzazione dipende dal grado in cui un
detenuto si adegua alla subcultura carceraria che dipende dalla fase di detenzione (nella fase di mezzo del percorso di pena,
i detenuti più facilmente si immedesimano e adottano la subcultura carceraria; nelle fasi iniziali e prima del rilascio
sembrano aderire più definizioni all‟ordine costituito).
23
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adattamento progressivo alla comunità carceraria, tramite un lento e spesso
inconsapevole processo di assimilazione. I detenuti acquistano familiarità con i
dogmi e i costumi esistenti nella comunità. Sebbene questi cambiamenti non
avvengano in tutti gli individui, tutti sono comunque soggetti a certe influenze che
possono essere chiamate fattori universali della prisonizzazione. L‟accettazione di
un ruolo inferiore, l‟acquisizione di dati relativi all‟organizzazione della prigione,
lo sviluppo di alcuni nuovi modi di mangiare, vestire, lavorare, dormire,
l‟adozione del linguaggio locale, il riconoscimento che niente è dovuto
all‟ambiente per la soddisfazione dei bisogni e l‟eventuale desiderio di un buon
lavoro, sono aspetti della prisonizzazione che possono essere riscontrati in tutti i
detenuti. Le fasi della prisonizzazione che preoccupano maggiormente sono le
influenze che fomentano o rendono più profonda la criminalità e l‟antisocietà, che
fanno del detenuto un esponente caratteristico dell‟ideologia criminale nella
comunità carceraria. Attraverso la prisonizzazione, l‟istituzione penitenziaria
tende ad eliminare le differenze individuali (bisogni, desideri, esigenze personali)
ad annullare e sostituirle con le finalità dell‟istituzione. La comune reazione
d‟ansia iniziale, nel tempo di due - tre giorni, è sostituita dalla sindrome da
prisonizzazione vera e propria in cui il soggetto inizia a muoversi lungo le
direttive di un progressivo adattamento. In realtà il soggetto detenuto vive
sensazioni angoscianti ed opprimenti. Questa fase, definita “iperestesia”, si
esaurisce in due – tre settimane. L‟ansia risulta associata a sintomi come
l‟insonnia, inappetenza e un‟incapacità di gestire la propria emotività. Queste
sono le manifestazioni più dolorose sulle quali è necessario intervenire non solo
farmacologicamente, ma anche psicologicamente. Questo potrebbe portare a
compiere atti improvvisi e gesti auto lesivi. Il disturbo, in seguito, si trasforma in
depressione caratterizzata dal ritiro in se stessi, in paura sostituita dallo sconforto
e si presentano idee di rovina. L‟evoluzione e la capacità di far fronte a questa
forma depressiva, dipende dalla personalità del singolo individuo. Un ruolo
predisponente riveste anche l‟età, il recidivismo criminale e il condizionamento
generale. Successivamente si sono sottolineati tre effetti fondamentali della
prisonizzazione: l‟erosione dell‟individualità, la di - scultura (la perdita dei valori
che il soggetto possedeva prima dell‟ingresso in carcere) e l‟estraniamento
24
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(incapacità di adeguarsi al nuovo contesto dopo la scarcerazione). I fattori
fondamentali di stress che aumentano questa sindrome, sono sia l‟isolamento
(carenza di interazione fra interno ed esterno) e la privazione degli stimoli.
A partire dal 1975 (con la legge sull‟Ordinamento Penitenziario) si applica
una politica decisamente più attenta rispetto al passato, al miglioramento del
trattamento e della cura della salute mentale del detenuto. Una branca del
trattamento penitenziario (Carnevale e Di Tillio, 2006) è costituita, infatti, proprio
dal “trattamento sanitario” del detenuto, di cui si occupa la medicina penitenziaria,
da sempre impegnata nell‟affrontare le tipiche “aree di crisi” della struttura di
contenimento totale, quali l‟area “infettivologica”, l‟ area psichiatrica e l‟area
tossicologica. Per questo c‟è il bisogno dell‟intervento delle figure professionali di
diverse specializzazioni. “Il trattamento penitenziario deve essere conforme ad
umanità e deve assicurare il rispetto e la dignità della persona … è improntato ad
assoluta imparzialità, senza discriminazioni in ordine a nazionalità, razza e
condizioni economiche e sociali, a opinioni politiche e a credenze religiose” (L. n.
354 del 26/07/1975). La richiesta di accertamento dello stato di incompatibilità è
di triplice competenza: può essere avanzata dall‟imputato, dal suo difensore o dal
servizio sanitario penitenziario. Considerato il ruolo assai delicato in capo al
perito incaricato della valutazione sulla compatibilità o meno con la detenzione,
sarebbe opportuno attenersi ad una serie di parametri: qualitativo; quantitativo;
strutturale e dell‟urgenza (Gulotta, 2002).
4.1.3. Lo sciopero della fame
“Quando un detenuto rifiuta di alimentarsi e per valutazione medica è
considerato capace di avere un giudizio intatto e razionale sulle conseguenze di
tale rifiuto del cibo, non lo si deve alimentare artificialmente. La decisione circa la
capacità del prigioniero di formarsi tale giudizio dovrebbe essere confermata da
almeno un altro medico indipendente. Il medico dovrebbe spiegare al detenuto le
conseguenze del rifiuto di alimentarsi” (dichiarazione di Tokio, 1975). Lo
scioperante della fame è “una persona mentalmente capace, mentallycompetent27,
27
Mentallycompetent è il concetto che corrisponde alla capacità di intendere e di volere una specifica decisione.
25
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che ha indicato la sua decisione di intraprendere uno sciopero della fame e rifiuta
di assumere cibo e/o fluidi per periodi di tempo significativi. Lo sciopero della
fame assume anche un significato politico, ossia è visto come un‟azione estrema
in cui il medico deve mantenere la propria neutralità. Esistono per i medici quattro
responsabilità nel momento in cui trattano con soggetti che dichiarano lo sciopero
della fame e sono: la valutazione della capacità circa la decisione di compiere lo
sciopero, la valutazione della volontarietà, l‟informazione dello scioperante e la
supervisione dell‟eventuale ripresa dell‟alimentazione. Per aiutare i soggetti che si
mettono in questa decisione consapevoli della scelta fatta, si può inoltre registrare
i dati, fare delle valutazioni giornaliere, offrire dei monitoraggi metabolici, dei
supplementi vitaminici, delle informazioni sui rischi anche “coperti” (ad esempio
i carboidrati risultano pericolosi) e le informazioni sulle intenzioni se il soggetto
perde la capacità. Segue anche l‟attenzione per i livelli di guardia, ossia il
controllo dopo i primi dieci giorni, sicuri. Dopo venti giorni la condizione inizia
ad essere severa ed è indispensabile controllare che la perdita del peso corporeo
non superi il 10% e l‟indice della massa corporea non scenda al di sotto del 16,5.
Le complicazioni più comuni che si sviluppano sono la debolezza, lo svenimento,
le vertigini, la diarrea, la bradicardia e il rischio di disidratazione. I tipi di sciopero
sono di tre forme: il totale rifiuto di cibo e bevande, il totale rifiuto di solo cibo e
il totale rifiuto di cibo con assunzione di vitamine/sali.
4.1.4. Il suicidio
Il suicidio, dal latino “suicidium, sui cadere”, ossia uccidere se stessi. “Dicesi
suicidio ogni caso di morte direttamente o indirettamente risultante da un atto
positivo o negativo compiuto dalla stessa vittima pienamente consapevole di
produrre questo risultato” (Durkheim, 1897). S‟intende l‟atto con il quale un
individuo si procura volontariamente e consapevolmente la morte, visto come
gesto auto - lesivo più estremo in condizioni di grave stato psichico. L‟OMS
(Organizzazione mondiale della Sanità), considera il suicidio come un problema
complesso non ascrivibile a una sola causa o a un motivo preciso. Il suicidio
deriva da una complessa interazione di fattori: biologici, genetici, psicologici,
26
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sociali, culturali e ambientali. Il metodo di suicidio consiste in quella sequenza di
azioni che un soggetto può utilizzare col proposito di uccidere se stesso. I metodi
che sono usati per commettere un suicidio sono diversi:

Dissanguamento: raggiungere la morte mediante la perdita di sangue;

Taglio delle vene: ossia tagliare le vene penetrando nel polso e
danneggiando i tendini;

Taglio dell‟arteria carotidea: tagliarsi la gola;

Combustione: darsi fuoco da soli, utilizzando del liquido;

Affogamento: atto di immergersi nell‟acqua o in altri liquidi e di resistere
provocando apnea, conseguentemente provoca asfissia e priva il cervello
dell‟ossigeno;

Overdose di farmaci: assunzione di dosi enormemente superiori a livelli
prescritti o assunzioni di combinazione di farmaci;

Overdose di droghe: eccesso e abuso di stupefacenti;

Elettrocuzione: uso o utilizzo di shock elettrico;

Esplosivi: introduzione di esplosivi in orifizi del corpo;

Impiccamento: sospensione del soggetto mediante una corda (cappio, dove
è infilata la testa) fissata a un oggetto rigido, in cui il soggetto si lascia
andare o salta in modo da cadere da un‟altezza superiore;

Salto o defenestrazione: la caduta da un grande altezza;

Avvelenamento: uso di sostanze tossiche per l‟organismo umano;

Avvelenamento da monossido di carbonio: inalare alti livelli di
monossido;

Uso di armi: l‟uso delle armi per causare una ferita letale;

Attacco suicida: la persona è motivata da ideologie politiche o religiose,
gesto con cui qualcuno, da solo o in gruppo, intende uccidere altre persone
mediante il suo stesso atto suicida.
I fattori di rischio per il suicidio possono essere provocati da diversi fattori tra cui
il sesso, l‟età, l‟origine etnica, il proprio stato, il lavoro, i mesi dell‟anno, l‟aspetto
fisico. I fattori di rischio si possono racchiude in tre aree: i fattori primari (disturbi
psichici, comunicazione dell‟intento suicidario), i fattori secondari (perdita
27
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recente di un famigliare, tracolli economici, ect.) e i fattori terziari (età, sesso,
ect.)
All‟interno dell‟ambito penitenziario l‟atto suicida è una manifestazione di
disperazione e spesso anche un segno di protesta e di accusa contro le persone e le
istituzioni. Gli studi effettuati sono sostanzialmente di due tipi: uno medico e uno
a matrice sociologica. Il tentativo di suicidio in carcere non è semplice perché i
soggetti non sono attrezzati allo scopo e in più devono portare a termine il
tentativo in un tempo breve. Con “la circolare Amato del 1986” (circ. n.
3182/5632 del prot. N. 80828/5.3) si dimostra come sono rilevanti le dimensioni
di questo problema. I tentativi di suicidio con esito letale avvengono di solito per
soffocamento. In carcere si muore anche per l‟impiccamento o l‟asfissia
utilizzando sacchetti di plastica, oppure inalando gas dei fornelli da campeggio.
Questi atti di solito si compiono durante la notte.
Mantenendo come esempio l‟Italia, si può valutare come l‟evoluzione del
fenomeno, lungo un intervallo vario, ossia dal 1980 in poi, porta a notare come ci
sia stato un complessivo declino dell‟indice dei suicidi in carcere, soprattutto negli
ultimi anni. La popolazione carceraria è più che raddoppiata dagli anni Novanta ai
giorni nostri (da 25000 a 60000) ma ciò che ancora più rilevante è che l‟aumento
riguarda sensibilmente proprio i tossicodipendenti, che secondo i dati del
Ministero, è il gruppo maggiormente rappresentato all‟interno delle carceri
italiane (Fonte DAP, Ministero della Giustizia, Roma, 2003).
Il carcere è un contesto dove possono accadere frequenti episodi di
autolesionismo. Il suicidio è quello che desta maggiore allarme rispetto alle altre
forme di devianza. È difficile attribuire al suicidio, proprio per la sua
multidimensionalità, definizioni precise. Nelle strutture carcerarie se un detenuto
compie un suicidio, è considerato un deviante o malato psichiatrico o promotore
“ribelle” di un gesto d‟insubordinazione verso l‟ordine interno. Dagli ultimi dati
del Ministero della Giustizia, sembra possibile tracciare un identikit del presunto
suicida all‟interno delle strutture penitenziarie. Il suicidio coinvolge spesso i
soggetti nella posizione d‟imputati. I soggetti più a rischio sono i nuovi giunti,
28
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così come i più giovani 28 . Quasi il 20% dei casi si toglie la vita nella prima
settimana di detenzione 29 , il 50% nei primi mesi e molti subito dopo il
trasferimento in un altro carcere. Le morti avvengono maggiormente a Natale e in
estate. Un altro dato ancora rilevante sono le condizioni del carcere sempre più
affollate, le gravi condizioni di depressione e di malattia.
Nel contesto carcerario alcune fenomenologie assumono una rilevanza particolare,
tra cui:

Il suicidio/fuga: uccisione per evitare di adeguarsi alle regole impostate dal
sistema carcerario;

Il suicidio/vendetta: vorrebbe ledere o punire gli altri, ma non essendo
possibile è costretto a ripiegarla su se stesso;

Il suicidio/appello-protesta: forma di protesta verso l‟ambiente circostante
(tipo ingiustizie, durezza regime,…);

Il suicidio/minaccia ricatto: spaventare l‟istituzione;

Il suicidio/castigo: espiare il proprio senso di colpa autopunendosi con la
morte.
I fattori di rischio per cui in Italia è più frequente che in altre nazioni, sono: prima
della carcerazione, per i trasferimenti frequenti, per il sovraffollamento, per le
strutture fatiscenti e per le carenze igieniche di personale medico e di operatori
vari.
4.1.5. Il sovraffollamento
La crescita generalizzata della popolazione penitenziaria ha generato un
grave sovraffollamento degli istituti penitenziari. Il sovraffollamento carcerario
impedisce non solo l‟attuazione dei programmi tratta - mentali, ma anche il
rispetto dei più elementari diritti dei detenuti. Il Comitato per la prevenzione della
tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT) costituito in seno al
Consiglio d‟Europa ha considerato il sovraffollamento come una forma di
28
Il più giovane suicida che si è tolto la vita in un riformatorio nella Contea di Durham in Inghilterra, aveva quattordici
anni, Adam Rickwood.
29
www. comune.bologna.itgarante-detenuti, marzo 2006.
29
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“Trattamento inumano e degradante” ed ha più volte sollecitato ufficialmente i
paesi membri a porvi rimedio, suggerendo delle politiche penitenziarie migliori. Il
comitato ha inoltre specificato l‟inopportunità di costruire nuovi istituti,
consigliando piuttosto una riforma della normativa penale e delle pratiche
giudiziarie che determinano un ricorso massiccio alla detenzione e mettendo
l‟accento sulla necessità di utilizzare soluzioni alternative alla detenzione (CPT,
11 th General Report e Committee of Ministers, Recommendation N° R (99) 22).
Il sovraffollamento è la causa del grave peggioramento della condizione detentiva.
Si potrebbero descrivere nel dettaglio le condizioni intollerabili di vita in molte
carceri, ma vi è inoltre un indice chiaro del peggioramento delle condizioni
detentive: l‟aumento dei suicidi e degli atti di autolesionismo.
Ad esempio in Italia, l‟aumento del numero dei suicidi è direttamente
riconducibile alla crescita della popolazione penitenziaria: nel 2002, quando la
popolazione penitenziaria ha raggiunto i 56.537 detenuti, il numero dei suicidi è
triplicato rispetto al 1991 (57 suicidi). Il 93% di questi casi è avvenuto in istituti
penitenziari affollati (Manconi et al., 2003 e 2004).
Ad esempio in Russia risulta esserci il carcere più sovraffollato del mondo.
Il carcere di Pietroburgo, il Kresty Prison, ha la fama di essere il più affollato del
mondo. La capienza ufficiale è fissata per 3.000, ma la popolazione effettiva è di
10.000 ( www.oddee.com).
Il sovraffollamento porta a creare all‟interno degli istituti penitenziari, degli
squilibri enormi, ad esempio: mancanza del proprio spazio, celle super affollate,
mancanza del cibo e di acqua, la salute peggiora, l‟aumentano le forme di suicidio
e di autolesionismo, la mancanza del rispetto dei diritti umani, ect.
4.2.
Il colloquio criminologico
Il colloquio rappresenta lo strumento principale del professionista criminologo
impegnato sia in ambito penitenziario sia in ambito della giustizia penale più in
generale (riferimento art. 1 e art. 13 dalla legge 354/75 “norme sull‟ordinamento
penitenziario e sull‟esecuzione delle misure privative e limitative della libertà”). Il
30
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colloquio criminologico consiste nella relazione che s‟instaura attraverso dialoghi
ripetuti col fine preciso di consentire all‟esperto di approfondire la conoscenza del
condannato su cui deve esprimere un‟opinione (utilizzata sia nella fase
processuale, sia nelle perizie sia nella fase dell‟esecuzione penale). La valutazione
prodotta dai colloqui servirà per formulare il “programma di trattamento”
individualizzato oppure per fornire informazioni su richiesta della magistratura di
sorveglianza in merito alle proprie competenze e decisioni (Ponti, 1990). Il
colloquio criminologico è “una tecnica di comunicazione, che si svolge in una
situazione istituzionale, che ha come antecedente il fatto che l‟intervistato abbia
commesso un reato, e che ha come scopo quello di fornire, ad altri che hanno su di
lui autorità, informazioni sulla sua personalità riguardo alla genesi e alla dinamica
del reato” (Merzagora, 1987). La magistratura di sorveglianza utilizzerà gli esiti
dell‟osservazione per stabilire: le modalità di esecuzione della pena, la
concessione o meno delle misure alternative e degli altri benefici previsti
dall‟ordinamento penitenziario e la revoca, commutazione o conferma delle
misure di sicurezza.
Attraverso il colloquio si sviluppano due fasi. La prima fase è la fase diagnostica
che mira a conoscere i tratti della personalità e le caratteristiche sociali
(l‟osservazione serve per mettere in luce i fattori psico-ambientali che consentono
di ricostruire la criminogenesi e la criminodinamica). La seconda fase è la
prognostica che comporta un giudizio sull‟eventualità del reiterarsi, in futuro di
comportamenti delittuosi (prevedere la possibilità di recidiva, ovvero valutare la
pericolosità sociale, ossia la probabilità della futura condotta criminosa del reo).
L‟osservazione criminologica ha come fine specifico quello di comprendere i
fattori che, hanno giocato un ruolo nella genesi del singolo reato, ovvero
nell‟articolarsi di una carriera criminale. Il trattamento criminologico comprende
una prospettiva criminologica, all‟interno dell‟area diagnostica, attraverso due
punti: criminogenetico, criminodinamico e l‟ultimo punto che si sviluppa nell‟area
prognostica sulla pericolosità sociale. Il colloquio quindi ha come scopo
principale quello di identificare:

Criminogenesi: il “perché” del delitto, ossia fornire una spiegazione di
come abbiano interagito le caratteristiche psicologiche del soggetto con le
31
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sue particolari esperienze di vita, con i fattori sociali e ambientali, con le
circostanze situazionali, così da derivarne la scelta criminosa;

Criminodinamica: il “come” è stato compiuto il delitto o si è sviluppato
tutto un progetto di vita indirizzato al crimine;

Pericolosità sociale: ossia la previsione del comportamento futuro in
termini di probabilità di recidiva (fase prognostica).
L‟operatività del criminologo si suddivide in tre fasi:

Fase processuale: bisogna valutare se è accertabile il fatto che l‟uomo sia
indagato e sentire il parare delle parti, in cui l‟unica perizia possibile è la
perizia psichiatrica30;

La fase di esecuzione penale: il soggetto condannato entra nel circuito
carcerario e il criminologo ha il compito di elaborare l‟osservazione
scientifica della personalità del condannato per fare un trattamento
individualizzato;

La fase durante la detenzione: tratta gli interventi sia trattamentale sia
risocializzativi.
Il criminologo crea una relazione di aiuto con il soggetto detenuto, per
conoscere la sua storia e per valutare i suoi comportamenti commessi. Nella
comunicazione 31 che si crea, sono molto importanti, anche i piccoli segnali,
soprattutto della comunicazione non verbale
32
(pause, silenzi, ect..). Il
criminologo non deve avere pregiudizi, ma deve essere neutrale e sapere ascoltare
30
La perizia psichiatrica è quell‟indagine avente per oggetto l‟accertamento di cause patologiche che possano portare
all‟esclusione dell‟imputabilità del reo. La perizia psichiatrica come mezzo di prova (gli altri mezzi sono: testimonianza,
esame delle parti nel dibattimento, confronti, ricognizioni, esperimenti giudiziali e documenti) porta il perito a fornire al
giudice la valutazione di tutti quegli elementi direttamente utilizzabili a fondamento della decisione. Nella fase cognitiva il
codice ammette: la consulenza tecnica dal P.M., la perizia dal G.I.P., la perizia dibattimentale. Nella fase esecutiva è il
magistrato a ordinare la perizia, per stabilire: la presenza o persistenza di pericolosità sociale psichiatrica, le condizioni di
mente del condannato o internato ai fini dell‟esecuzione o prosecuzione della pena o di una misura di sicurezza diversa da
quella psichiatrica, le condizioni di mente del condannato o internato in vista della concessione di misure alternative
all‟internamento. Il perito deve pronunciarsi su tre quesiti: la presenza della capacità di intendere e volere del reo al
momento del fatto – reato, accertamento della pericolosità sociale, la capacità processuale. La perizia criminologica, a
differenza di quella psichiatrica, prende in considerazione ogni anomalia della personalità, comprese quelle del carattere,
dell‟affettività e più in generale tutti i disturbi di personalità che oggi sono considerati irrilevanti ai fini dell‟imputabilità. Si
tratta quindi di un‟indagine di più ampio calibro rispetto a quella psichiatrica che comprende gli elementi volti ad accertare
l‟infermità mentale e tutti gli aspetti (morfologici, funzionali, psichici) che possano portare all‟analisi completa del contesto
sociale, ambientale e famigliare dell‟imputato e alla genesi del crimine.
31
La comunicazione è lo scambio di pensieri ed emozioni tra due o più interlocutori, attraverso diversi sistemi
comunicativi.
32
I diversi sistemi con cui si esprime la comunicazione si sviluppano in due aree: il sistema linguistico e il sistema non
linguistico o comunicazione non verbale. Nell‟ultima area si sviluppano quattro branche: il sistema paralinguistico (indici
di intonazione, toni della voce), il sistema extra – linguistico (insieme delle proprietà foniche , accenti), il sistema mimico –
facciale (configurazioni espressive) e il sistema cinesico (comprende il sistema dei gesti, dello sguardo, dei comportamenti
spaziali - postura, movimento).
32
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il soggetto, ponendo delle domande comprensibili e chiare. Il colloquio si attua
attraverso una serie di domande che vengono proposte per raggiungere uno scopo.
Ci sono due filoni di domande: le domande orientanti 33 (lineari, circolari) e le
domande influenzanti 34 (strategiche e ipotetiche). E‟ rilevante sia come le
domande sono formulate35 sia la modalità36 con cui vengono espresse, ma anche
la struttura
37
della domanda risulta importante. Il colloquio si basa
sull‟osservazione per poi eseguire un‟ipotesi con i dati ottenuti e infine valutare
l‟ipotesi nel setting, per verificare le modificazioni avvenute. Nel colloquio il
criminologo deve riuscire a separare l‟azione dal sentimento, deve prima
comprendere le proprie emozioni per poi comprendere la persona, attraverso
l‟empatia38 e trarre un resoconto. Il criminologo deve essere capace di staccarsi
dai luoghi comuni e dal pensiero della società, deve essere neutrale.
L‟intervistatore deve agire con professionalità e se il compito non risulta essere di
propria competenza, deve dichiararlo, prima di commettere degli errori, visto che
ha delle responsabilità, in cui ne risentirebbe poi il soggetto.
Il colloquio presenta cinque fasi:

Fase preliminare di presentazione: il criminologo deve avere un
atteggiamento neutrale per ottenere delle informazioni giuste; si struttura
nei seguenti passaggi: dalla presentazione, all‟accoglienza formale,
all‟esplicitare gli scopi, per esplicitare la chiarezza dei ruoli e degli ambiti
e infine invitare il soggetto a parlare;

Raccolta dei dati biografici di vita 39 : si passa dalla data del luogo di
nascita al contesto famigliare, scolastico, lavorativo, alle relazione con i
33
Le domande lineari dove l‟obiettivo è la raccolta di informazioni riguardo la spiegazione e la definizione del problema; le
domande circolari che hanno come obiettivo l‟esplorazione dei sistemi relazionali tra almeno due individui, sono domande
focalizzate sugli effetti comportamentali e sulle differenze tra i soggetti.
34
Le domande strategiche hanno l‟obiettivo correttivo, sono domande descrittive e domande che portano a creare un
confronto, le domande riflessive hanno l‟obiettivo di fare riflettere per valutare la trasformazione verso il futuro.
35
La formulazione delle domande: usare un linguaggio comprensibile, evitare termini tecnici, porre domande brevi, non
porre domande che costituiscono risposte lunghe, porre domande logicamente ordinate, porre domande progressive.
36
La modalità delle domande: procedere lentamente, adottare un atteggiamento disteso e una voce rilassata, evitare,
ottenuta una risposta, di ripetere la stessa domanda e mantenere il più possibile il controllo dell‟esaminato.
37
I tipi di struttura della domanda sono: aperte, chiuse, induttive e di transazione, di richiamo, di elaborazione, conduttrici o
portanti, esplorative, di concatenazione, le pseudo – domande, le tendenziose, le retoriche, le implicative, le suggestive e le
oziose.
38
L‟empatia, è una particolare abilità di connessioni, che permette agli esseri umani, di entrare in contatto gli uni con gli
altri e rimane alla base dell‟apprendimento emotivo.
39
La raccolta dei dati biografici di vita presenta: data e luogo di nascita; parto e svezzamento; normalità, precocità o ritardo
nello sviluppo, prime fasi di vita fisiologica; notizie sulla famiglia di origine: livello di istruzione, situazione economica e
sociale, occupazioni e interessi, esistenza o meno di precedenti delinquenziali fra i famigliari o di altra patologia del
comportamento; composizione della famiglia: esistenza di fratelli, età e caratteristiche, rapporto con loro, risentimenti e
33
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partner, ect (Merzagora, 1987). La ricostruzione della storia di vita del
soggetto deve essere fatta in prospettiva criminologica, ossia che evidenzi
i fattori personali e sociali che possono risultare significativi nella
prospettiva del delitto;

Approfondimento del reato, situazione giudiziaria e carceraria40: il motivo
per cui il soggetto è arrivato a compiere il delitto (Merzagora, 1987);

Approfondimento prognostico 41 : esistono dei parametri per concepire il
rischio di recidiva (Ponti, 1990);

Fase conclusiva: il congedo con l‟intervistato oltre a rappresentare
un‟occasione per “restituire” al detenuto qualcosa di costruttivo al fine di
un migliore adattamento carcerario (Merzagora, 1987), deve essere anche
considerato con attenzione dal criminologo se non vuole incorrere in una
serie di errori di valutazione che attengono proprio alla fase finale del
colloquio stesso.
Il criminologo deve essere consapevole del fatto che l‟intervistato, data la
peculiare situazione in cui si svolge il colloquio può mostrare un atteggiamento,
un modo di porsi e mettere in atto delle strategie42 comunicative e relazionali, che
conflitti, senso di superiorità o inferiorità, ammirazione e identificazione; atmosfera familiare: ricordi sui genitori nei primi
anni di vita, i rapporti dei genitori fra loro e dei genitori con il soggetto, attaccamento alla famiglia, preferenza per un
genitore o per un altro, giudizio sui genitori, disciplina famigliare, la famiglia come fonte di conforto e di sicurezza;
atteggiamento nei giochi e con gli altri bambini (cooperativo, aggressivo, importuno, timido, passivo, ect.); carriera
scolastica: età di inizio e fine della scuola, motivi dell‟eventuale interruzione della carriera scolastica, titolo di studio
conseguito, classi ripetute, rapporti con i compagni e con gli insegnanti, atteggiamento nei confronti dello studio;
atteggiamento verso il gruppo dei pari, figure di identificazione; ambizioni ed ideali adolescenziali e giovanili; il servizio di
leva: disciplina, frustrazioni, ect.; esperienze sentimentali e sessuali, legami affettivi, matrimonio, atmosfera coniugale,
difficoltà, accordo o disaccordo, separazioni o divorzi; i figli e i rapporti con loro; malattie, infortuni, precedenti
psicopatologici, loro importanza nella vita di relazione e lavorativa; carriera lavorativa, costanza o meno nel lavoro,
interessi extraprofessionali; uso di alcol o di droghe; difficoltà di adattamento; scopi e aspirazioni per il futuro, ideali
sociali e personali.
40
Approfondimento del reato. Tre sono gli elementi base: il tipo di reato (il luogo e il tempo di esecuzione, l‟età del reo, la
presenza di eventuali complici, la dinamica del reato e le eventuali circostanze aggravanti), la vittima (le caratteristiche
della vittima e l‟eventuale rapporto con il reo), il reo attraverso quattro passaggi: le sentenze che lo riguardano, i suoi
precedenti e le tappe della eventuale carriera criminale; la condizione mentale del soggetto al momento del delitto, le
valutazioni etiche nei confronti del reato commesso e le reazioni del suo ambiente familiare e sociale, il suo atteggiamento
al momento dell‟arresto, del processo e della carcerazione; il comportamento in carcere e l‟atteggiamento nei confronti
dell‟istituzione carceraria e verso la detenzione, i rapporti con gli altri carcerati e con gli agenti di polizia penitenziaria; le
prospettive del reo: progetti prospettive e problemi legati al ritorno in libertà, al termine del periodo di detenzione. In modo
particolare bisogna indagare: come il soggetto ha ceduto all‟azione dei motivi che su di lui hanno agito; capire perché non
lo hanno inibito altri motivi (sociali, individuali, morali, religiosi, giuridici, ect.); analizzare come il soggetto è arrivato a
concepire, e sotto quale aspetto, l‟azione antisociale, dalla quale si è ripromesso la soddisfazione di un interesse; conoscere
come è stata la preparazione e l‟esecuzione del reato.
41
Nell‟approfondimento prognostico i parametri di rischio di recidiva sono: relativamente alla persona (bassa intelligenza,
disturbi di personalità, ect.), relativamente alla famiglia di origine (famiglie disgregate, affettività carenti, ect.) e
relativamente alla carriera criminosa (attività delittuosa, numero di recidive, ect.).
42
Le strategie comunicative e relazionali sono: lo sfruttamento (tentazione di manipolare la situazione per ottenere i benefici
immediati), la rivendicazione (riversa sull‟intervistatore le lamentele, i disagi, …), l‟intimidazione (il reo si pone in
contrapposizione all‟intervistatore e considera la collaborazione al colloquio come un compromesso inaccettabile), il ruolo
accomodante (si dimostra il soggetto disponibile e zelante, ma solo a livello strumentale), l‟indifferenza (il distacco e il
disinteresse da parte del soggetto), la catarsi (la partecipazione del soggetto eccessiva e particolarmente emotiva),
34
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potrebbero condizionare l‟andamento del colloquio, se non fossero riconosciute e
gestite dall‟intervistatore. Quindi, esistono degli atteggiamenti particolari che il
detenuto può attivare all‟interno del colloquio per raggirare la situazione (Nivoli,
1980). Alla fine dei colloqui, il criminologo dovrà sviluppare una relazione di
sintesi, dopo una valutazione fatta con l‟equipe. In questa sintesi si chiariscono
più punti: dagli aspetti comportamentali, alla storia personale del soggetto
(sintetizzata), all‟atto deviante del soggetto (criminodinamica), alla prognosi
delinquenziale, ai dati ambientali e alle condizioni esterne per il reinserimento,
alla ipotesi trattamentale. Il colloquio deve terminare con una restituzione da parte
dell‟intervistatore verso l‟intervistato.
l‟identificazione all‟ideale del sé (il soggetto non racconta di sé, ma di come vorrebbe essere), l‟inversione di ruolo (il
soggetto cerca di ottenere il controllo sul colloquio), la drammatizzazione (il soggetto tende ad assumere atteggiamenti da
vittima, amplificando i propri problemi per ottenere attenzione ed indulgenza), la seduzione (il soggetto applica
atteggiamenti compiacenti, mirati ad attirare l‟interesse al di là dello scopo preciso del colloquio), la provocazione
dialettica (il soggetto si pone in situazione di competizione, attraverso la messa alla prova della sua competenza) e il
patteggiamento (il soggetto si mostra collaborativo per fini utilitaristici, ritenendo che ciò che offre all‟esperto gli
permetterà di richiedere qualcosa come contropartita).
35
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5. SISTEMI
I sistemi legali nel mondo sono: il common law, il civil law, il misto di
common law e civil law, la legge consuetudinaria e il fiqh. In seguito questi
cinque sistemi vengono analizzati uno ad uno e alla fine è stato ritenuto opportuno
dedicare una breve parte ai diritti che caratterizzano questi sistemi.
Sistemi legali nel mondo.
██ civil law
██ common law
██ misto di civil law e common law
██ legge consuetudinaria
██ fiqh
Figura 1 La cartina prospetta come sono suddivisi i sistemi nel mondo
(www.wikipedia.it).
5.1.
Common law
Il sistema di common law43 è un modello di ordinamento giuridico, di matrice
anglosassone, basato sulle decisioni giurisprudenziali più che sui codici e sui
43
Per avere maggiori informazioni sulla storia del common law, tenere come riferimento il libro di U. Mattei, “Il modello
di Common Law”, Editore Giappichelli, Torino, 2004. Segue una breve sintesi dedicata al common law inglese moderno.
Le due "gambe" del diritto rimasero distinte sino al 1873-1875, anni delle grandi riforme giudiziarie (Judicature Acts).
Questi previdero innanzi tutto la fine dei Writs, ormai superati, e riunirono poi le competenze dell'Equity e del Common
Law senza più distinzioni: ciascun giudice era competente nell'applicazione sia delle norme derivanti dal primo che dal
secondo indistintamente. Vennero poi istituite le County Courts e gli Special Tribunals, con compiti di risolvere le
controversie tra cittadini e tra cittadini e stato. In Inghilterra non c'era distinzione in procedimento amministrativo e in
procedimento ordinario fino al 1982, quando la House of Lords, nel caso O'Reilly v. Mackman (All. E. Rep. 1982, 3,
1124), rese obbligatorio il procedimento amministrativo (application for Judicial Review, introdotto nel 1977 con l'Order
53 delle Rules of Supreme Court) in tutte le questioni di Public law. Inoltre nella capitale venne definita e organizzata la
Supreme Court Of Judicature composta in primo grado dalla High Court Of Justice e nel secondo grado dalla Court Of
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decreti governativi. Questo sistema è attualmente in vigore in Australia, Canada
(esclusa la regione del Quebec), nel Regno Unito (esclusa la Scozia), e negli Stati
Uniti d‟America (escluso lo stato delle Louisiana). Il sistema del common law è
contrapposto al sistema del civil law, branca della tradizione giuridica occidentale.
Il common law si è sviluppato differentemente dal civil law per una serie di
ragioni strutturali:

La formazione pratica del giurista di common law (formazione
universitaria del giurista del civil law);

La selezione dei giudici fra i migliori avvocati superiori, “i barrister”
(selezione burocratica dei giudici del civil law);

La precoce centralizzazione ed elevato prestigio delle Corti superiori
inglesi (frammentazione delle Corti continentali fino all‟assolutismo nel
civil law);

Il ridotto ruolo della dottrina giuridica universitaria nella formazione del
diritto (elevato ruolo della dottrina continentale nel civil law);

L‟assenza della recezione del diritto romano, salvo influenze su opere
dottrinali;

La giurisprudenza è la principale fonte di diritto, con un ridotto intervento
nel diritto legislativo (il diritto legislativo è prevalente nei paesi del civil
law);

La mancanza delle codificazioni;

L‟antica affermazione della Rule of law (concetto analogo a stato di
diritto);
Appeal. I Judicature Acts, approvati dai governi liberali, avevano soppresso la competenza giurisdizionale della House of
Lords e abolito i writs. Il successivo governo conservatore, nel 1876, pose nuovamente la House of Lords al vertice del
giudiziario del Regno Unito, pur mantenendola esterna alla Supreme Court of Judicature. Affinché un processo venga
istruito e giudicato dal grado superiore è presente un efficace sistema di filtri e di requisiti: ovviamente la richiesta della
parte soccombente, un Leave (una specie di "lasciapassare") rilasciato dal tribunale di grado inferiore e l'accettazione del
tribunale superiore. Tale procedimento è molto restrittivo: alla House Of Lords non giungono più di 30-40 procedimenti
annuali. Il Constitutional Reform Act del 2005 ha disposto la creazione di una Supreme Court of the United Kingdom. A
partire dal 2009, ad essa sono state attribuite le competenze giurisdizionali dell'Appellate Committee della House of Lords
e quelle del Judicial Committee del Privy Council in materia di Devolution. La riforma produce la separazione formale tra
giudiziario e legislativo finora mancante.
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
L‟obbligatorietà del principio dello stare decisis44 (a partire dalla metà del
XIX secolo);

La mancanza del notariato di tipo latino, le cui funzioni sono svolte dagli
avvocati.
L‟espressione common law, può assumere diversi significati secondo il contesto.
L‟espressione di tendenza è utilizzata in contrapposizione al civil law. Il common
law è sinonimo di diritto anglosassone, invece il civil law indica i sistemi giuridici
“romanistici” propri dei paesi dell‟Europa. Nel diritto, per common law, s‟intende
un sistema giuridico di diritto non codificato che si basa su un modello di
“precedente giurisprudenziale”, attraverso il quale i giudizi vengono stabiliti sulla
base di altre precedenti sentenze di casi tra loro molto simili, consolidandosi nel
tempo. Nei paesi di diritto anglosassone il termine common law designa una delle
branche nelle quali si articola il diritto positivo e designa il complesso di norme di
formazione
giurisprudenziale
che
storicamente
costituiscono
il
cardine
fondamentale del diritto inglese. In tal senso, common law, può essere utilizzato
quale sinonimo di “Case law”. All‟interno del common law, esiste una
bipartizione tra common law o law e equity. Questa bipartizione riflette la
struttura del sistema di corti inglesi e delle rispettive competenze; si tratta di una
bipartizione che ha dato luogo a due filoni giuridici ben separati sino al XIX
secolo, allorquando le due gerarchie di corti sono state unificate. La distinzione tra
law e equity, rimane tuttora fondamentale, sia nel diritto sostanziale che
processuale. La differenza si sostanzia in ordine non logico ma procedurale: le
azioni e i relativi diritti discendenti dal sistema di law (ad esempio l‟azione di
44
Lo Stare decisis, la prassi di seguire il precedente è antica. Secondo l'antico brocardo “stare decisis et non quieta
movere”, in quanto rispondente alla logica razionale di decidere attraverso casi simili. Nei primi secoli di vita del common
law, il precedente giudiziario non era vincolante; anzi, era diffusa la convinzione in base alla quale ogni decisione dovesse
essere giusta in sé sicché i giudici si sentivano liberi di discostarsi da decisioni di casi analoghi (anche se alcuni giudici
erano soliti guardare ai casi passati per legittimare la propria decisione). La prassi in tal senso si consolida nel XIX secolo
grazie alla diffusione di law reports affidabili, che consentono una ricerca attendibile dei precedenti applicabili. Verso la
fine dell'Ottocento, la prassi tende a diventare obbligo a seguire il precedente, in misura piena in ambito verticale, in misura
limitata e temporanea in quella orizzontale. Stare decisis verticale significa che i precedenti di una Corte superiore
vincolano i giudici delle Corti inferiori. Si afferma definitivamente, nel Regno Unito, con i Judicature Acts (1873). Stare
decisis orizzontale è il vincolo di una Corte a seguire i propri precedenti. La House of Lord stabilisce il proprio obbligo a
seguire i propri precedenti, dopo progressivi irrigidimenti nel corso dell'Ottocento, con London Street Tramways Co. Ltd v.
London County Council (1898) e se ne libera, nel 1966 con un practice statement, in cui afferma di non essere più
autovincolata.
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responsabilità per danni) sono detti in law, mentre gli altri diritti e azioni (ad
esempio l‟azione di risoluzione contrattuale) sono detti in equity.
5.2.
Civil law
Il sistema del Civil law è il modello di ordinamento giuridico dominante a livello
mondiale 45 , è anche “diritto continentale”. In alcuni casi si parla anche di
“famiglia dei sistemi romanisti” (Monateri, 1997). Questo sistema è contrapposto
ai sistemi anglosassoni detti di common law, sebbene vi siano alcune aree di
mutua influenza sia sotto il profilo normativo che di giurisprudenza. I sistemi di
civil law, si basano su diritti codificati, ovvero un sistema di norme suddivise in
categorie da genus a speciem (codice civile, penale, di procedura civile e penale).
Questi sistemi si sono sviluppati nell‟Europa continentale a partire dal diritto
romano – giustinianeo. Si basano su un ruolo importante dell‟università (intesa
come dottrina giuridica ed educativa dei giuristi) e su sistemi di codici (aggregato
omogeneo di leggi e norme), i quali adottano categorie giuridiche simili a quelle
del diritto romano la cui fonte di legittimazione si consustanzia nella legislazione.
In questi sistemi, il giudice dovrebbe astenersi, per quanto possibile, alla lettura
della legge ed allo spirito del legislatore, sovrano in quanto direttamente eletto dal
popolo. In effetti con lo sviluppo del sistema giuridico ha preso sempre maggiore
autorevolezza la giurisprudenza, in particolare quella delle corti supreme: la
decisioni di tali corti, pur non avendo forza di legge sono infatti utilizzate dai
giudici di merito per formare le proprie sentenze, in quanto le sentenze delle corti
supreme fanno spesso riferimento a norme di ordine superiore quali, ad esempio,
la Costituzione o trattati internazionali, come quelli relativi ai diritti dell‟uomo o
ancora, ad esempio, alle norme sovranazionali europee.
45
In Inglese questo è solo una delle accezioni dal termine, che indica normalmente il diritto romano contrapposto (in
origine) al diritto canonico e (ora) al diritto consuetudinario, nonché in senso più generale il diritto civile contrapposto al
diritto penale. Cfr. Oxford Englins Dictionary, seconda edizione 1989.
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5.3.
Misto
Altre nazioni peraltro, hanno adattato il sistema del common law alle loro
tradizioni, creando così un sistema misto (per esempio, l‟India e la Nigeria attuano
il sistema del common law frammisto a regole giuridiche di stampo religioso).
5.4.
La legge consuetudinaria
La consuetudine è una fonte del diritto. Essa consiste in un comportamento
costante ed uniforme, tenuto dai consociati con la convinzione che tale
comportamento sia doveroso o da considerarsi obbligatorio. Esistono tre diversi
generi di consuetudini:

Consuetudo secundum legem (secondo la legge): è la consuetudine che
opera in senso integrativo della norma di legge: ad esempio laddove si
sforza di dare un significato particolare ad un elemento della norma per
renderlo più adeguato agli usi locali o alle mutate esigenze sociali
(consuetudine interpretativa);

Consuetudo praeter legem ("oltre la legge"): è quella consuetudine che
disciplina un ambito non ancora disciplinato dalla legge;

Consuetudo contra legem ("contro la legge"): è quella consuetudine che
opera in direzione opposta al precetto legislativo.
La consuetudine nell'interpretazione del diritto civile, perché venga apprezzata dal
giudice, quale elemento interpretativo di un contratto è necessario: che non sia
contraria alla legge o a norme imperative; che sia richiamata dalla legge o dal
regolamento, ovvero pubblicata nelle raccolte ufficiali di enti ed organi a ciò
autorizzati; che sia rilevante in seno alla questione giuridica trattata, essendo la
consuetudine non estendibile per analogia. Laddove la consuetudine sia di tipo
normativo potrà essere valutata (ai sensi dell'art. 1340 c.c.) come clausola d'uso
del contratto, ove sussistano le volontà comuni, l'accordo dei contraenti in tal
senso (art. 1374 c.c.). Inoltre, l'applicazione della clausola consuetudinaria dovrà
tener conto degli aspetti del sinallagma contrattuale, onde attuare un
41
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bilanciamento delle prestazioni e reperire il nesso di reciprocità fra le stesse, onde
non siano sproporzionate fra loro od eccessive rispetto all'iniziale volontà dei
contraenti.
Nel Diritto internazionale la consuetudine è considerata, fonte di rango primario,
essa è, infatti, posta al vertice della gerarchia delle fonti del diritto internazionale.
Tale primazia si assume soltanto in termini logici, non avendo alcun valore
giuridico; fonte di diritto generale: vale a dire come una norma che viene applicata
a tutti gli stati indipendentemente dalla loro adesione alla consuetudine. Pur
essendo posta al vertice della gerarchia, la consuetudine internazionale ha un
carattere flessibile, in quanto può essere derogata anche da un trattato. Fanno
eccezione a tale principio le consuetudini che riguardano lo jus cogens. In tale
materia, infatti, i trattati non possono derogare alle consuetudini. Nel rapporto tra
norma generale (consuetudine) e particolare (trattati e simili), si applicano principi
classici del diritto, per cui, la norma successiva deroga quella precedente; la
norma speciale deroga quella generale.
L'ordinamento giuridico italiano contiene una norma che consente
automaticamente l'ingresso delle consuetudini internazionali nel diritto italiano,
con efficacia vincolante e pari a quella della Costituzione. Si tratta dell'art. 10
della Costituzione Italiana ai sensi del quale «l'ordinamento giuridico italiano si
conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute». Tale
procedimento, detto di rinvio mobile, ha il pregio di consentire il continuo
adeguamento del diritto italiano al diritto internazionale generale. Nel diritto
penale non ha asilo la consuetudo praeter legem. È infatti da escludere in modo
assoluto che una consuetudine, operando in ambiti non coperti da legge, possa
valere a configurare un fatto come reato in assenza di una legge che operi in tal
senso: ciò in osservanza del principio di legalità sancito a livello costituzionale
dall'art. 25, comma 2, della Costituzione italiana. A maggior ragione, quindi, non
può trovare spazio nell'ordinamento giuridico italiano la consuetudo contra legem.
Qualora infatti una norma penale cada in disuso, perché raramente o mai
applicata, essa rimarrà pur sempre in vigore, anche in virtù del principio
dell'obbligatorietà dell'azione penale; essa può, al più, essere indice di mutati
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rapporti sociali che auspicano l'abrogazione delle norme cadute in desuetudine da
parte del legislatore. Resta la consuetudo secundum legem: ad essa è attribuita una
applicazione, sia pur limitata, poiché, risolvendosi in una consuetudine
interpretativa, non è giuridicamente vincolante, in quanto muta con il mutare del
tempo e dell'ambiente. Parte della dottrina osserva come il mutare di una
consuetudo secundum legem in sede penale possa talvolta risolversi, di fatto, in
una modifica retroattiva in malam partem.
5.5.
Fiqh
Fiqh, può essere tradotto con il termine di giurisprudenza coranica. Il
diritto musulmano nasce dal prolungamento del lavoro di costruzione della Legge
Coranica. Nel corso della storia, l'Islam ha costituito una disciplina autonoma di
autoregolazione che possiamo paragonare a quello che noi chiamiamo diritto
positivo, che viene applicato a comportamenti contemporaneamente religiosi e
sociali. Lo storico Ibn Khaldun (1957) definisce il fiqh come la "conoscenza dei
comandamenti di Dio che concernono le azioni, qualificate come wājib
(obbligatorie), ḥarām (vietate), mandūb (raccomandate), makrūḥ (disapprovate) o
mubāḥ (indifferenti)".
Nel Sunnismo si distinguono quattro principali scuole giuridico-religiose, le quali
si differenziano tra loro sia per gli strumenti ermeneutici usati per l'interpretazione
della Legge Coranica, sia nella ritualità adottata per il suo rispetto, sono:

Hanafita: diffusa in Iran e Iraq dagli Abbasidi, poi fiqh ufficiale per gli
Ottomani, oggi il più diffuso. Prevede un ampio ricorso alla valutazione
personale del giurista (raʾy), alla consuetudine (ʿurf) e a valutazioni di
opportunità;

Malikita: diffusa soprattutto nel Maghreb, si basa sulle tradizioni e gli usi
locali dei primi seguaci del Profeta (Sunna), procedendo per analogia
(qiyas) e utilizzando criteri sussidiari quali la valutazione del bene
comune;
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
Shafi'ta: riduce l‟uso dell‟analogia e dà più importanza alla Sunna, ma solo
in quelle parti direttamente risalenti al Profeta. È diffusa in Bahrein,
Yemen, India, Indonesia, Africa Orientale;

Hanbalita: ribadisce la supremazia dei testi sacri sul ragionamento
personale e rifiuta l‟analogia come fonte del diritto. Al tempo degli
Ottomani viene relegata alla Penisola arabica, e oggi vi si trova come
fondamento del Wahhabismo.
Va tenuto presente che ai giudici islamici è consentito rivolgersi alla scuola
giuridica che comporta pene più favorevoli all‟imputato. Esistono tre categorie di
reati nel diritto penale islamico dell‟VIII-X secolo:
1. Hudud46 (limiti): per il quale il Corano prevede esplicitamente una pena;
2. Qisas (delitti di sangue): omicidio e ferimento, punito con compensazione
o rappresaglia (legge del taglione);
3. Tazir (altri crimini): usura, gioco d‟azzardo, omosessualità, spergiuro
(discrezione del giudice).
Le pene variano inoltre in base allo status degli accusati: Musulmani, sposati e
uomini liberi sono soggetti a pene maggiori rispetto a non Musulmani, non sposati
e schiavi.
La definizione di “diritto musulmano”, spesso tradotto genericamente con
il termine fiqh, riguarda indubbiamente “le parti di fiqh che sono veramente
giuridiche dal punto di vista occidentale” (Schacht, 1995), tuttavia “comprende sia
quello che per i musulmani è siyāsa sharʿiyya (amministrazione della cosa
46
Tra i reati Hudud si ritrovano: relazioni sessuali illecite (zina); falsa accusa di zina; furto; rapina a mano armata;
apostasia e blasfemia; ribellione contro i governanti. Tali reati vengono considerati i più gravi (a differenza dell‟omicidio)
al fine della difesa della proprietà, della nuova religione nascente e dell‟onore, in un contesto di transizione da una società
nomade e poligamica ad una società sedentaria, urbanizzata e monogamica. Il Corano stabilisce le pene per i reati Hudud,
assieme ad una serie ben definita di criteri perché tali pene possano essere comminate. L‟impianto generale del diritto
penale islamico è pertanto molto diverso da quello romano-occidentale. Se nel diritto romano si hanno una serie di pene
sempre più gravi in corrispondenza della maggiore gravità del reato, il diritto penale islamico prevede pene gravissime
(fino alla morte) a fini di deterrenza, accompagnate da una serie puntigliosissima di condizioni necessarie per comminare
tale pena, al fine di rendere tale pena applicabile solo in casi limitatissimi e pressoché improbabili. Condizioni per la
condanna a pene Hudud: testimonianza oculare di 4 uomini Musulmani adulti; confessione ripetuta quattro volte di fronte a
4 giudici diversi, precisa e dettagliata, e ritrattabile in qualsiasi momento prima della pena.
44
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pubblica in modo non contraddicente la Shari'a), sia alcuni istituti, tollerati solo in
epoca tarda”. Il concetto di fiqh, infatti, esclude molte parti di quelle discipline
che per gli occidentali rientrano nel diritto pubblico e nel diritto privato, in quanto
prive di riscontri sostanziali nel testo sacro; esempi di questo tipo sono la dottrina
dello stato e del suo capo, molta parte del diritto amministrativo (cioè la siyasa
shar‟iyya), ect. Le tre branche del diritto in discussione (costituzionale,
amministrativo e internazionale) presentano un carattere essenzialmente teoretico
e fittizio e possiedono una intima connessione degli istituti che le compongono
più con la storia politica degli stati islamici che con la storia del diritto
musulmano. Il sovrano dello Stato musulmano, tecnicamente detto imām, deve in
primo luogo predisporre la società affinché si possano applicare le norme del fiqh
e i giudici dei tribunali, qadi, possano svolgere la loro funzione giuridica.
Tuttavia, nei casi in cui non vi sia una disciplina sciaraitica, ricade sull‟imām la
competenza esecutiva, in parte attribuitagli dalla Legge in maniera esplicita,
laddove egli deve attuare le sentenze fondate sulle pene discrezionali (taʾzir)
emesse dal qadi, e in parte ricollegata alla consuetudine locale, che va a colmare il
vuoto normativo sciaraitico. In teoria, perciò, il califfo/imam è rappresentante ed
esecutore della legge e non può che osservarla quando essa è esplicita (nass).
Quando la legge tace, al contrario, egli acquista maggior libertà d‟azione, poiché il
califfo non è un mandatario ordinario, ma un fiduciario e l‟esecuzione della legge
è affidata al suo prudente arbitrio (ijtihad) in tutte le materie che non sono
tassativamente determinate dalla Legge sacra, da cui deriva il suo mandato. E per
questo riguardo, il suo campo di azione è amplissimo. L‟ijtihad, latu sensu, non è
un arbitrio, opinione assolutamente personale, ma il prudente arbitrio, la coscienza
giuridica dell‟interprete del caso specifico, affinata ed addestrata da un'intensa e
profonda meditazione della legge nel suo complesso. Nella dottrina politica
islamica, tale potere esecutivo discrezionale, come precedentemente detto, è
definito siyāsa sharʿiyya, principio che ha favorito l‟uso, da parte dei detentori del
potere, di emanare dei regolamenti (qawānīn) contenenti norme (qanun) di diritto
pubblico e penale. Trattandosi di norme regolamentari si capisce bene che, almeno
a livello di dottrina giuridica, non è possibile che queste soverchino le norme del
fiqh, che, in quanto di discendenza sciaraitica, sono delle norme di legge,
45
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collocate perciò su di un livello gerarchico superiore. Eppure storicamente questo
scavalcamento è avvenuto di continuo. Con gli Ottomani, in particolare, la siyāsa
(e i relativi qānūn che da essa dipendono) acquisisce nuovo vigore, divenendo
sempre meno sharʿiyya (vincolata dalla Legge sacra), e sempre più yasamalı
(legata alle tradizioni non islamiche dell‟Anatolia e dell‟Asia centrale). Il termine
qānūn, perciò, indica ora, gli atti che oltrepassano di gran lunga il limite, succitato
della gestione amministrativa e del diritto penale.
5.6.
I Diritti
5.6.1. Il diritto romano
Con l'espressione Diritto romano si indica l'insieme delle norme che hanno
costituito l'ordinamento giuridico romano per circa tredici secoli, dalla data della
Fondazione di Roma (753 a.C.) fino alla fine dell'Impero di Giustiniano (565
d.C.). Infatti, tre anni dopo la morte di Giustiniano, l‟Italia fu invasa dai
Longobardi: l‟impero d‟Occidente si dissolse definitivamente e Bisanzio,
formalmente imperiale e romana, si allontanò sempre più dall‟eredità dell‟antica
Roma e della sua civiltà (anche giuridica). Il diritto romano si suddivide in:

ius Quiritium; il nome deriva da "Quirites", sinonimo di "Romani". Era
costituito da un insieme di consuetudini ancestrali, non scritte, talmente
remote che i Romani stessi non ne conoscevano l'origine. Riguardava gli
ambiti di diritto di famiglia, matrimonio, patria potestas e proprietà
privata, e non comprendeva le obbligazioni, che in età arcaica non
esistevano. Costituisce il nucleo più arcaico del ius civile;

ius civile, l'insieme delle norme che regolano i rapporti tra i cives romani,
considerato nell'ottica romana come orgogliosa prerogativa dei cittadini di
Roma. Di esso il giurista romano Papiniano dà la seguente definizione
tramandataci dal Digesto giustinianeo: “il ius civile è il diritto che
promana dalle leggi, dai plebesciti, dai senatoconsulti, dai decreti degli
imperatori e dai responsi dei giurisperiti”;
46
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
ius honorarium (o ius praetorium), che riguarda le situazioni di diritto o di
fatto che, pur non trovando tutela nelle norme dello ius civile, sono state
regolamentate dall'attività giurisdizionale dei magistrati dotati di
iurisdictio. Lo stesso Papiniano, nel medesimo brano in cui definisce il ius
civile, racchiude il concetto di ius honorarium, che egli chiama ius
praetorium, nelle seguenti parole: il ius pretorium è il diritto introdotto dai
praetores al fine di aiutare, aggiungere, emendare lo ius civile per la
pubblica utilità, ciò che viene anche chiamato honorarium dall'onore dei
pretori;

ius legitimum, il cui nome deriva da lex è il diritto prodotto in sede
assembleare attraverso la votazione e approvazione di una legge comiziale;
lo ius legitimum ha particolare vita in età repubblicana e fiorisce
particolarmente con Augusto per poi scomparire dopo la sua morte e la
trasformazione dello stato in impero. Con il venir meno delle assemblee a
favore del duopolio Senato-imperatore e del successivo monopolio
imperiale del potere la lex perde il suo carattere di comizialità e viene ad
identificarsi con la statuizione di norme da parte dell'imperatore stesso,
nella forma della "costituzione imperiale". Da questo momento lo ius
legitimum si estingue, confluendo nello ius civile. Durante la repubblica le
principali assemblee produttrici di ius legitimum erano i comitia centuriata
e i concilia plebis, in minore parte le altre assemblee;

ius gentium, cioè tutti gli istituti che trovano tutela, oltre che
nell'ordinamento statuale romano, anche presso altri popoli.
La periodizzazione più diffusa del diritto romano è quella che distingue quattro
differenti stadi evolutivi: il periodo arcaico47, il periodo preclassico48, il periodo
classico49 e infine il periodo postclassico50. La ricostruzione dell'intero sistema di
47
Il periodo arcaico: dalla fondazione di Roma (753 a.C.) all‟emanazione delle leges Liciniae – Sextiae (367 a.C.);
storicamente, corrispondente al periodo monarchico.
48
Il periodo preclassico: dall‟emanazione delle legge Liciniae – Sextiae fino all‟avvento del principato (27 a.C.);
storicamente corrisponde al periodo della Repubblica.
49
Il periodo classico: da Augusto (27 a.C) fino all‟avvento dell‟imperatore Diocleziano (284).
50
Il periodo postclassico: dal regno di Diocleziano al regno di Giustiniano (568); storicamente comprende il periodo
dell‟imperatore Romano d‟Occidente.
47
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diritto romano è basata sul ritrovamento di fonti51 giuridiche e storiche più o meno
complete.
In seguito alle invasioni barbariche il diritto romano scomparve, come
principale fonte del diritto in gran parte dell'Europa occidentale. Nel 533,
l'imperatore d'Oriente Giustiniano I promulgò il Corpus iuris civilis che nel futuro
sarebbe diventato la base per la reintroduzione del Diritto romano nell'Occidente.
Nel Corpus, Giustiniano fece confluire tutte le antiche leggi di Roma cercando di
armonizzarle con le nuove che nel frattempo erano state promulgate. Il Codice di
Giustiniano fu applicato nei territori italiani sottoposti all'autorità di Bisanzio, ma
le seguenti invasioni barbariche le cancellarono dall'Occidente, riducendo il diritto
romano a mero diritto comune. In seguito l'insistenza degli imperatori romanogermanici di proclamarsi diretti successori dell'Impero romano, in particolare
della Dinastia ottoniana di Sassonia favorì, in seguito anche grazie alle università,
la reintroduzione del Diritto romano in Occidente, andando a rimpiazzare le
tradizioni giuridiche degli invasori germanici. Nel Regno di Sicilia il diritto
51
Un elenco (certamente non esaustivo) delle principali fonti di produzione del diritto romano che ci sono pervenute: leggi
delle XII tavole (Dvodecim Tabvlarum Leges): il primo documento giuridico latino scritto, risalente ad oltre 2500 anni fa;
istituzioni di Gaio (Gai Institutionvm); i Quattro Commentari delle Istituzioni di Gaio (Commentarii Quattvor), una pietra
miliare della storia del diritto moderno, con le Gai Institvtionum Epitomae e le Gai fragmenta Avgvstodvnensia; Senatus
consultum de Bacchanalibus, risalente al 186 a.C.; istituzioni di Giustiniano (Imperatoris Ivstiniani Institvtionvm): la prima
grande codificazione del maestro della legge; Codice di Giustiniano (Domini Nostri Sacratissimi Principis Ivstiniani
Codex); monumentale opera di codificazione di Giustiniano, divisa in dodici libri; Digesto di Giustiniano (Domini Nostri
Sacratissimi Principis Ivstiniani Ivris Envcleati Ex Omni Vetere Ivre Collecti Digestorum seu Pandectarum), colonna
portante del Corpus Iuris Civilis; Codice Teodosiano (Imperatoris Theodosiani Codex): il contraltare alla codificazione
Giustinianea, in sedici libri densi di diritto e innovazioni strutturali, tra cui il Liber Legum Novellarum Imperatoris
Theodosi; M. Tulli Ciceronis De Legibus Libri Tres: i tre libri e i fragmenta di Cicerone; Res gestae Divi Avgvsti: l'opera
di Augusto divisa in sei tabulae; Fontes Iuris Romani Antejvstiniani in vsum scholarvm, divise in 7 libri (due sulle Leges,
due sugli Auctores, e 3 sui Negotia); Corpvs Inscriptionvm Latinarvm; Titvli ex corpore Ulpiani: la colossale opera di Eneo
Domizio Ulpiano, in 29 titoli; è un'opera di carattere piuttosto elementare, destinata soprattutto all'insegnamento del diritto,
contenuta in un manoscritto della Biblioteca Vaticana. Secondo la dottrina prevalente, si tratta di una compilazione
postclassica (con molta probabilità dell'epoca di Diocleziano o Costantino) di passi rimaneggiati e rielaborati tratti da opere
di Ulpiano; Sententiae Pauli: i cinque titoli delle Sententiae receptae Pavlo tributae e i cinque libri delle Pavli sententiarvm
interpretatio; Editto di Costantino e Licinio del 311-313; Constitvtiones Sirmondianae: raccolta di 16 costituzioni imperiali,
che disciplinano materie ecclesiastiche; presero il nome dal primo loro editore, il gesuita Sirmond (1631). Emanate fra il
333 e il 425, non furono tutte accolte nel Codice teodosiano, in appendice al quale vennero pubblicate da Theodor
Mommsen; Fragmenta Vaticana, frammenti di un'ampia compilazione privata di costituzioni imperiali e di passi desunti
dalle opere di Papiniano, Ulpiano e Paolo. Il palinsesto fu scoperto nel 1821 dal cardinale Mai nella Biblioteca Vaticana. Le
costituzioni imperiali ivi riportate vanno dal 205 al 369 o al 372; Codice Ermogeniano; Lex Romana Burgundionum, scritta
all'inizio del VI secolo, è articolata in 47 titoli e la si attribuisce a Gundobado, re dei Burgundi (Gallia Orientale). È
destinata ai soli sudditi romani del regno dei Burgundi; edictum Theodorici Regis: l'Editto di Teodorico pubblicato nel 500,
diviso in 154 articoli, era un codice "territoriale", cioè conteneva disposizioni valide sia per i Romani che per gli Ostrogoti.
Ciascuno degli articoli era ricavato da un testo delle leges o degli iura, soprattutto dai codices, dalle Sententiae di Paolo
ecc. Vi sono anche alcune norme nuove, di incerta origine (non si sa se di origine ostrogota oppure derivate dalla pratica);
decretum Gelasianum, fonte di diritto canonico, più che di diritto romano (da The Latin Library).
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romano fu reintrodotto per volontà dell'imperatore Federico II con le due assise di
Capua e Messina (1220-1221).
5.6.2. Il diritto canonico
Il diritto canonico è costituito dall‟insieme delle norme giuridiche formulate
dalla Chiesa cattolica, che regolano l‟attività dei fedeli nel mondo nonché le
relazioni inter-ecclesiastiche e quelle con la società esterna. Non va confuso con il
diritto ecclesiastico, che è il diritto con cui gli stati regolano i loro rapporti coi
credenti e con le varie confessioni religiose. In sostanza è costituito da
quell‟insieme di norme che:

creano i rapporti giuridici canonici, i quali riguardano la situazione
giuridica dei fedeli all‟interno del corpo sociale della Chiesa;

regolano tali rapporti;

organizzano la gerarchia degli organi componenti la Chiesa e ne regolano
l‟attività;

valutano e regolano i comportamenti dei fedeli;
La parola canonico deriva dal corrispettivo greco κανών, che significa
semplicemente "regola", ed è stato usata in maniera inequivocabile nel Concilio di
Nicea (325 d.C.), il suo uso ha cominciato a ricevere preferenze nette solo
dall'VIII secolo. Dal Concilio Vaticano II il termine diritto canonico è stato spesso
sostituito da quello di "diritto ecclesiale", che meglio risponde alle ragioni
fondative della Chiesa. Un'altra distinzione nasce dal fatto che la Chiesa si
definisce un‟unica realtà composta da un elemento divino e da un elemento
umano, regolata correlativamente sia dal diritto divino sia dal diritto (meramente)
ecclesiastico, ovvero dalle norme stabilite esclusivamente dalla competente
autorità ecclesiastica. Si osservi che in questo caso con diritto ecclesiastico la
Chiesa intende qualcosa di totalmente diverso da quanto indicato con lo stesso
nome dagli stati, come spiegato in precedenza. Il diritto divino si divide in
naturale e positivo: del primo fanno parte tutti i diritti umani intrinsechi alla
natura umana stessa, del secondo tutte le regole manifestate nella rivelazione
divina, ricavabili dai testi sacri e dalla tradizione apostolica.
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Nonostante ovviamente sia radicato su una religione ben definita, il diritto
canonico si discosta molto dalla shari'a islamica o dal diritto ebraico, ma allo
stesso tempo non assume un'identità statale in quanto, è destinato ad una massa di
fedeli stanziata in tutto il mondo e non distribuita all'interno di un territorio ben
definito: parallelamente è distante dal concetto di stato anche perché il diritto
canonico proviene ed è diretto ad un altro mondo e non quello terreno. L‟elemento
caratterizzante della legge canonico è quindi la persona. Le norme di diritto divino
sono ritenute dalla Chiesa di fonte divina (es.: la rivelazione) e sono
assolutamente inderogabili da leggi umane, civili o ecclesiastiche. Le norme del
diritto umano, scaturiscono invece, dal volere delle autorità costituite dalla Chiesa
per il governo della comunità dei fedeli quali ad esempio il Papa. L'evoluzione del
diritto canonico è solitamente divisa in quattro grandi periodi storici disomogenei
tra loro: periodo pregrazianeo (primo Millennio); periodo classico (XII-XVI
secolo); periodo moderno (XVII-XIX secolo); periodo contemporaneo (dal XX
secolo).
5.7.
I sistemi
Il sistema accusatorio e il sistema inquisitorio sono due modelli ideali di
processo penale, elaborati in sede teorica, ai quali vengono ricondotti i sistemi
adottati nei vari ordinamenti.
5.7.1. Il sistema accusatorio
Nel sistema accusatorio il giudice ha un ruolo neutrale: sono le parti, colui
che è stato accusato del reato (l'accusato, assistito dal suo difensore) e chi lo
accusa (l'accusatore), ad avviare il processo e ad introdurre nello stesso, le
questioni di fatto e le relative prove, che possono essere esaminate dal giudice. Le
parti hanno un ruolo attivo anche nell'esame delle prove, in particolare
nell'interrogatorio dei testimoni (la cosiddetta cross-examination). Compito del
giudice è assicurare che la contesa tra le parti si svolga nel rispetto delle norme di
procedura e pronunciare la sentenza sulla base delle risultanze emerse nel corso
del processo, tenendo conto che l'onere della prova grava sull'accusatore. Tutta
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l'attività processuale si svolge tipicamente in modo orale, durante udienze alle
quali è di regola ammesso ad assistere il pubblico.
Il processo penale secondo il sistema accusatorio presenta una spiccata
somiglianza con il processo civile e, in effetti, tale sistema, che è il più antico,
risale ad epoche in cui il reato era visto più come un'offesa privata che come
un'offesa alla collettività. In quest'ottica, non c'era una netta differenza tra reato ed
illecito civile, come negli ordinamenti attuali e il ruolo di accusatore era assunto
dalla stessa persona offesa dal reato (o dal suo gruppo familiare). In seguito, con
l'affermarsi della concezione del reato come offesa alla collettività, la possibilità
di assumere il ruolo di accusatore fu estesa a tutti i membri della collettività stessa
(azione popolare); questa soluzione, tuttavia, dava luogo a inconvenienti, visto
che, ad esempio, in certi casi poteva verificarsi una sovrapposizione di accusatori
e in altri il rischio contrario: l'impunità del reato per l'inerzia di tutti i potenziali
accusatori. A fronte di tali inconvenienti si è giunti alla soluzione adottata dalla
generalità degli ordinamenti odierni, dove le funzioni di accusatore sono svolte da
un organo pubblico, il pubblico ministero, mentre l'azione della persona offesa dal
reato e l'azione popolare, dove sono rimaste, hanno di solito un ruolo marginale,
supplettivo o integrativo rispetto all'azione del pubblico ministero.
5.7.2. Il sistema inquisitorio
Nel sistema inquisitorio la figura del giudice e quella dell'accusatore si
fondono in un unico soggetto, l'inquirente (o inquisitore), dato che non esistono
accusatore e accusato come parti processuali in senso proprio. È l'inquirente ad
avviare d'ufficio il processo, introdurre le questioni di fatto, acquisire le relative
prove e valutare queste ultime, in modo del tutto indipendente dalle parti,
decidendo poi sulla base degli atti dell'istruttoria così condotta. Inoltre, a
differenza del sistema accusatorio, in quello inquisitorio il processo è
tendenzialmente scritto e non è pubblico. In tal modo la fisionomia del processo si
allontana dal paradigma della contesa per avvicinarsi a quello dell'inchiesta e
finisce per assomigliare, sotto certi aspetti, al procedimento amministrativo.
Questo modello processuale comincia ad affermarsi nella fase finale dell'Impero
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Romano, con il diffondersi prima in ambito provinciale e poi anche a Roma, e
conoscerà una notevole fortuna durante il Medioevo.
5.7.3. I sistemi reali
I due sistemi sopra descritti sono astrazioni teoriche: due estremi ideali tra
i quali si collocano i sistemi realmente adottati dai vari ordinamenti. Negli
ordinamenti attuali prevale di gran lunga il modello accusatorio, tipico dei sistemi
di common law (dove è noto come adversarial system) ma ormai adottato anche in
quelli di civil law. In questi ultimi, tuttavia, se è stato abbandonato da tempo il
sistema inquisitorio puro, sono spesso ancora presenti alcuni suoi aspetti sicché,
più che di sistemi accusatori puri, si suole parlare in questi casi di sistemi misti. In
particolare, in certi ordinamenti di civil law è prevista una fase preliminare del
processo che si svolge dinnanzi ad un giudice istruttore e che presenta
caratteristiche proprie del modello inquisitorio: il giudice istruttore, infatti,
sebbene non inizi d'ufficio il processo (essendo comunque necessario l'esercizio
dell'azione penale, di solito da parte del pubblico ministero) provvede alla raccolta
delle prove, avvalendosi della polizia, e al loro esame. Se, in esito a tale fase
istruttoria, ritiene che si possa escludere la colpevolezza dell'imputato, il giudice
istruttore lo proscioglie, altrimenti dispone il suo rinvio a giudizio, al quale segue
una fase processuale che si svolge dinnanzi ad un diverso giudice con una
procedura tipicamente accusatoria.
Il processo penale italiano, disciplinato dai codici di procedura che hanno
preceduto quello vigente, presentava la commistione tra modello accusatorio e
inquisitorio ora descritta, dovuta alla presenza del giudice istruttore. Nella
disciplina del codice attuale, entrato il vigore il 24 ottobre 1989, la figura del
giudice istruttore è stata soppressa e il processo ha assunto caratteristiche
spiccatamente accusatorie.
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6. DELITTO
Successivamente troverete un elenco di elementi che risultano importanti nelle
istituzioni carcerarie del mondo. Prima di passare direttamente ai cinque
continenti, è opportuno chiarire alcuni aspetti base per poi riuscire a concepire le
differenze che si sono formate e sviluppate nei singoli Stati. (passaggio dalla
teoria alla pratica).
6.1.
Il delitto
In diritto il termine delitto viene usato con due significati:

nel diritto civile di alcuni ordinamenti di civil law è una delle due
categorie in cui si dividono gli illeciti civili extracontrattuali (delitto
civile);

nel diritto penale di vari ordinamenti di civil law è una delle due o tre
categorie in cui si dividono i reati (delitto penale).
Nel diritto civile di alcuni ordinamenti di civil law (Francia, Spagna ecc.) il delitto
è una delle due categorie in cui si dividono gli illeciti civili extracontrattuali
essendo l'altra quella del quasi delitto. La distinzione risale al diritto romano ed è
stata accolta dal Code Napoléon, donde si è diffusa agli altri codici civili che lo
hanno preso a modello, tra i quali il Codice civile italiano del 1865. Non è stata,
invece, ripresa dal Codice civile italiano del 1942; scelte analoghe sono state fatte
anche da altre codificazioni del XX secolo. La distinzione tra delitti e quasi delitti
non è stata accolta nemmeno dal codice civile tedesco (BGB). L'accezione di
delitto come illecito civile è la più antica, risalendo al diritto romano dove il
delictum (detto anche maleficium) era un atto illecito, fonte di obbligazioni
(obligatiònes ex delicto). Il delictum era considerato un'offesa arrecata al singolo
individuo e legittimava una reazione individuale, in ciò differenziandosi dal
crimen, figura corrispondente all'odierno reato. In epoca classica erano considerati
delicta il furtum, l'iniuria, il damnum iniuria datum e la rapina (bona vi rapta). In
seguito il pretore accordò l'azione anche per altre figure di illecito, che in epoca
postclassica furono fatte rientrare tra i quasi delicta.
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Negli ordinamenti che adottano la classificazione tripartita, di origine
francese, i delitti sono reati di gravità intermedia tra le contravvenzioni, più lievi,
e i crimini, più gravi. Tale tripartizione, risalente alle codificazioni napoleoniche
e, più precisamente, al Code d‟instruction criminelle del 1808 ed al Code penal
del 1810, è stata poi adottata da molti altri ordinamenti di civil law, tra i quali
quello italiano con il codice penale del 1865. Il criterio di classificazione è basato
sulla pena: le pene vengono distinte in criminali, correzionali e di polizia ed i reati
puniti con le medesime vengono classificati rispettivamente come crimini, delitti e
contravvenzioni. Con il tempo taluni ordinamenti hanno introdotto deviazioni dal
modello originario. In particolare, in alcuni ordinamenti si è passati dalla
tripartizione ad una bipartizione, eliminando la categoria dei crimini e facendola
confluire in quella dei delitti (così nei codici penali vigenti di Italia, Spagna e
Paesi Bassi), oppure eliminando la categoria delle contravvenzioni (così in
Germania, dove, a seguito delle riforme del 1974-1975, sono state trasformate in
illeciti amministrativi). Tra i paesi in cui è, invece, rimasta la classificazione
tripartita si possono ricordare Francia, Svizzera e Belgio.
Simili alla contrapposizione tra delitto e contravvenzione sono nei paesi di
common law quella tradizionale tra felony e misdemeanor, ancora usata in vari
ordinamenti soprattutto negli Stati Uniti, e quelle che altrove l'hanno sostituita (ad
esempio, tra indictable offence e summary offence, adottata da Regno Unito,
Canada, Australia e altri paesi del Commonwealth delle nazioni).
6.2.
Il reato
L‟ imputabilità (art. 85 c.p.) è la possibilità di subire un processo. E'
imputabile una persona che avendo raggiunto una certa età ed essendo sano di
mente, può subire una sanzione penale. In diritto penale, basta avere 14 anni per
essere giudicati dal Tribunale dei minori e 18 per essere giudicati dai Tribunali
ordinari (in alcuni stati l‟età può variare). “Nessuno può essere punito per un fatto
che non sia espressamente previsto come reato dalla legge, né con pene che non
siano da essa stabilite. Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la
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legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato. Nessuno può essere
punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato e, se vi
è stata condanna, ne cessano l‟esecuzione e gli effetti penali” (art. 2 c.p.).
Il reato è un fatto umano, commissivo o omissivo, al quale l‟ordinamento
giuridico ricollega una sanzione penale in ragione del fatto che tale
comportamento sia stato definito come antigiuridico in quanto costituisce
un‟offesa ad un bene giuridico o un insieme di beni giuridici (che possono essere
di natura patrimoniale o anche non patrimoniale) tutelati dall‟ordinamento da
un‟apposita norma incriminatrice. Rientra, quindi, nella più ampia categoria
dell‟illecito. Il reato è un qualsiasi comportamento illegale, che viene punito con
la sanzione "penale". Il reato continuato (artt. 17, 371, 671 c.p.p.) si verifica
quando l'autore, con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso, commette, anche in tempi diversi, più violazioni della stessa o di
diverse disposizioni di legge; si applica la pena prevista per la violazione più
grave, aumentata sino al triplo (ad esempio: furti e rapine commesse nel corso di
diversi mesi per procacciarsi sostanze stupefacenti).
Dal punto di vista giuridico il reato è quel fatto giuridico espressamente previsto
dalla legge (principio di legalità) al quale l‟ordinamento giuridico ricollega, come
conseguenza, la sanzione. Dal punto di vista strutturale, pertanto, il reato è quel
fatto umano attribuibile al soggetto (principio di materialità) offensivo di un bene
giuridicamente tutelato (da una lesione o, in certi casi anche solo da minaccia)
sanzionato con una pena proporzionale alla rilevanza del bene tutelato, in cui la
sanzione svolge la funzione di rieducazione del condannato. Il reato, previsto,
disciplinato e sanzionato dall‟ordinamento giuridico si distingue dall‟illecito
amministrativo e civile per la diversa natura della sanzione prevista. Gli elementi
essenziali del reato sono:

Il fatto: condotta umana, evento e nesso di causalità che lega la condotta
all‟evento;

La colpevolezza: imputazione soggettiva del fatto che si risolve in un
giudizio di colpevolezza;
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
L‟antigiuridicità: contrasto tra la norma ed il fatto, teoria della tripartizione
che si differenzia da quella della bipartizione proprio per la presenza
dell‟antigiuridicità dell‟illecito.
I reati si dividono in due categorie : i delitti (art. 39 c.p.) e le contravvenzioni52
(art. 39 c.p. ).

I delitti sono reati più gravi e sono puniti con la reclusione (artt. 17, 18, 23,
64, 66, 78 c.p. ) e la multa53 (artt. 17, 18, 20, 24, 66, 78 c.p. ). Il delitto,
elemento psicologico del reato ( art. 43 c.p.), è: doloso (cioè intenzionale),
preterintenzionale (cioè oltre l'intenzione) e colposo (non intenzionale)
(art. 43 cp) .

Le contravvenzioni (artt. 104, 718 c.p.) sono reati meno gravi e sono
punite con l'arresto (art. 25 c.p.) e l'ammenda54 (art. 26 c.p. ), esse sono
sempre perseguibili d'ufficio e non a querela di parte.
Tale distinzione è rilevante sul piano applicativo per il criterio di imputazione
soggettiva, il tentativo e le cause di giustificazione o scriminanti. Le
contravvenzioni scaturiscono storicamente dai cosiddetti reati di polizia con cui si
esprimeva la regolamentazione disciplinare della vita associata. I delitti invece
sono reati che violano norme a tutela di diritti naturali. Per essi è necessario il
dolo55, mentre le contravvenzioni basta solo la colpa56.
52 In vari ordinamenti di civil law la contravvenzione è un reato appartenente alla categoria di minore gravità, tra le due o
tre nelle quali si dividono i reati. In certi ordinamenti (come l‟Italia, la Spagna) le contravvenzioni si contrappongono ai
delitti, in altri (come Francia, Svizzera,e Belgio) a delitti e crimini. Simili contrapposizioni tra delitto e contravvenzione
sono nei paesi di common law , quella tradizionale tra felony e misdemeaanor, ancora usata in vari ordinamenti soprattutto
negli Stati Uniti, e quelle che altrove l‟hanno sostituita (ad esempio, tra indictable offence e summary offence, adottata da
Regno Unito, Canada, Australia e altri paesi del common law), (già detto nel paragrafo del delitto).
53
La multa è una pena pecuniaria. In alcuni ordinamenti (come Spagna, Portogallo, ed altri paesi di lingua spagnola e
portoghese) il termine designa la pena pecuniaria in generale. In Italia, invece, designa la pena pecuniaria per i delitti, in
contrapposizioni all‟ammenda prevista per le contravvenzioni (sebbene nel linguaggio corrente venga impropriamente
denominata multa qualsiasi sanzione pecuniaria, comprese le ammende e le sanzioni pecuniarie amministrative).
54
L‟ammenda è una pena pecuniaria. In alcuni ordinamenti (come Francia, Belgio ed altri paesi francofoni) il termine
designa la pena pecuniaria generale. In Italia, invece, designa la pena pecuniaria per le contravvenzioni, in contrapposizione
alla multa prevista per i delitti.
55
Il dolo può essere definito come la coscienza e la volontà nella realizzazione di un fatto tipico e previsto come reato dalla
legge penale.
56
La colpa è l‟'atto giuridico colposo, se l'agente non voleva la realizzazione dell'evento giuridico rilevante, evento che
tuttavia si è verificato a causa di: colpa generica (negligenza, omesso compimento di un'azione doverosa; imprudenza o
inosservanza di un divieto assoluto di agire o di un divieto di agire secondo determinate modalità; imperizia, negligenza o
imprudenza in attività che richiedono l'impiego di particolari abilità o cognizioni) o colpa specifica: (inosservanza di: leggi
(atti del potere legislativo); regolamenti (atti del potere esecutivo); ordini (atti di altre pubbliche autorità) o discipline (atti
emanati da privati che esercitano attività rischiose).
56
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6.3.
La pena
In diritto la pena è la conseguenza giuridica della violazione di un precetto
penale. La caratteristica essenziale della pena è l‟afflittività che consiste nella
privazione o diminuzione di un bene individuale (ad esempio la libertà, ect.). La
pena è applicata dall‟autorità giudiziaria con le forme e le garanzie del processo
penale (art. 17 – 38 c.p.). La pena criminale può essere definita come “la
sofferenza comminata dalla legge penale ed irrogata dall‟autorità giudiziaria
mediante processo a colui che viola un comando o un divieto della legge
medesima”.
La pena può svolgere varie funzioni: una funzione retributiva (o assoluta), una
funzione di prevenzione generale e una funzione di prevenzione speciale. Secondo
la teoria retributiva, la sanzione penale deve servire a punire il colpevole per il
male provocato dalla sua azione illecita: l‟idea di retributiva implica il concetto di
personalità, di determinatezza, di proporzionalità e di inderogabilità della pena.
Secondo la teoria della prevenzione generale, la pena consiste in una minaccia che
serve a prevenire il compiere atti socialmente dannosi. Infine, secondo la teoria
della prevenzione speciale, la pena svolge un compito intimidatorio volto alla
dissuasione
del
singolo
(condannato)
dal
commettere
nuovi
reati
e,
contemporaneamente, compiti rieducativi e correttivi che le varie modalità di
esecuzione (misure alternative, sostitutive, accessorie) dispiegano sui condannati.
Le tre teorie vivono in una dottrina: la funzione della pena è infatti considerata
triplice dalla dottrina maggioritaria. I principi che regolano la pena sono:

Il principio di personalità: la pena è personalissima e colpisce solo l‟autore
del reato;

Il principio di legalità: che in sede penale si specifica in riserva di legge (la
pena non può essere comminata da fonti sub – legislative), tassatività –
determinatezza (divieto di interpretazione analogica sfavorevole al reo) e
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favor rei (divieto di applicazione retroattiva sfavorevole al reo e,
viceversa, applicazione retroattiva della medesima laddove favorevole);

Il principio di inderogabilità: una volta minacciata la pena deve essere
applicata all‟autore della violazione (ma vi sono deroghe con
l‟introduzione delle liberazioni condizionali e del perdono giudiziale);

Il principio di proporzionalità: la pena deve essere proporzionata al reato.
Costituiscono deroga a tale principio l‟aumento facoltativo di pena
previsto per i recidivi, l‟art. 133 c.p. impone al giudice di tener conto,
nell‟applicazione della pena, anche la capacità criminale del reo.
Le pene si distinguono in pene principali e pene accessorie. Le pene principali,
quelle inflitte dal giudice con la sentenza penale di condanna, sono: per i delitti (la
pena di morte 57 o le pene detentive 58 ), per le contravvenzioni (arresto 59 e
ammenda60) e tra le pene principali rientrano anche la permanenza domiciliare e il
lavoro sostitutivo erogabili dal giudice di pace. La pena accessoria61 è dotata di
complementarietà astratta alle pene principali che possono solo accompagnare ma
che non si possono sostituire (interdizione dai pubblici uffici, ect.). Le pene o
sanzioni sostitutive sono pene in cui si possono commutare le pene principali se
brevi. Il giudice ha la facoltà di scegliere di sostituire la pena inflitta al reo con
una pena sostitutiva nei limiti e secondo i modi disposti dalla legge.
L‟applicazione delle sanzioni sostitutive è affidata quindi al potere decisorio del
giudice che può concederle ex officio o su istanza di parte, esse possono essere
revocate o convertite nel caso in cui il reo violi le prescrizioni previste dalle pene
stesse.
L‟estinzione della pena si attua quando non si verifica l‟effettiva realizzazione
della medesima. Ci sono varie cause di estinzione62 della pena.
57 Art 2 c.p.
58 Le pene detentive sono: l‟ergastolo (art 22 c.p. e artt. 29, 32, 36, c.p.).
59 L‟arresto art. 25 c.p. e artt. 34, 64, 66, 78.
60 L‟ammenda art 26 c.p., l‟ammenda e la multa rientrano nelle pene pecuniarie.
61 Le pene accessorie sono: l‟interdizione dai pubblici uffici (artt. 28, 29 c.p.), da una professione o da un‟arte (art 30 c.p.),
interdizione legale (art. 32 c.p.), condanna per delitto colposo (art. 33 c.p.), decadenza e la sospensione dall‟esercizio della
potestà dei genitori (art 19 c.p.), sospensione dall‟esercizio di una professione o di un‟arte (art. 35 c.p.).
62
Le cause di estinzione delle pena sono: la morte del reo dopo la condanna; l‟amnistia impropria; la grazia; la
prescrizione; la liberazione condizionale; la riabilitazione.
58
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6.4.
Le misure
6.4.1. Le misure cautelari
Le misure cautelari (artt. 272-325 c.p.p.) sono misure di vario tipo e di
diversa gravità che possono essere disposte prima di un procedimento o durante lo
stesso. Le misure cautelari sono adottate dalla autorità giudiziaria, sia nel corso
delle indagini preliminari che nella fase processuale che hanno effetti limitativi
della libertà personale o della disponibilità di beni, al fine di evitare che il tempo,
più o meno lungo, necessario alla conclusione del processo, comprometta
l'esplicazione della attività giudiziaria penale, pregiudicandone lo svolgimento ed
il risultato. Le misure cautelari sono limitazioni alla libertà della persona e
vengono applicate quando sussistono gravi indizi di colpevolezza e quando
sussistono pericoli: di inquinamento delle prove, di fuga dell'imputato, di gravi
delitti che l'imputato può fare con uso di armi o di reiterazione dello stesso delitto.
Le misure cautelari si suddividono in due grandi aree: misure cautelari personali
(artt. 272-315 c.p.p.) che comprendono le misure cautelari personali coercitive e
interdittive e in un‟altra area.
Le misure cautelari personali coercitive (artt. 280-286 c.p.p.) comportano una
limitazione o privazione della libertà personale. Le misure cautelari "coercitive"
vanno: dal divieto di espatrio (art. 281 c.p.p.), all'obbligo (o al divieto) di dimora
(art. 283 c.p.p.), all‟obbligo di firma presso la polizia (art. 282 c.p.p.), agli arresti
domiciliari (art .284 c.p.p.) fino alla più grave misura, la custodia cautelare (artt.
285, 286 c.p.p.) (l'imputato viene custodito in carcere). La custodia cautelare può
essere disposta solo per delitti con pene di almeno quattro anni. Le misure
cautelari non possono essere disposte quando l'imputato è: una donna incinta o
madre di prole di età inferiore a 3 anni, o un padre vedovo con prole, oppure una
persona con più di 70 anni (art. 275 c.p.p.), o una persona affetta da infezione da
HIV (art. 286bis c.p.p.).
Le misure cautelari personali interdittive (artt. 287-290 c.p.p.) limitano
temporaneamente l‟esercizio di determinate facoltà o diritti in tutto o in parte.
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Salvo quanto previsto da disposizioni particolari, le misure previste in questa parte
possono essere applicate solo quando si procede per delitti, per i quali la legge,
stabilisce la pena dell‟ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre
anni (art. 287 c.p.p.). La tipologia delle misure cautelari personali interdittive è:
sospensione dall‟esercizio della potestà dei genitori (art. 288 c.p.p.), sospensione
dall‟esercizio di un pubblico ufficio o servizio (art. 289 c.p.p.), divieto
temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali (art.
290 c.p.p.).
Le misure cautelari reali (artt. 316-325 c.p.p.) sono provvedimenti
giudiziali che incidono su beni patrimoniali. Si distinguono due tipologie di
misure: il sequestro conservativo (artt. 316-320 c.p.p.) e il sequestro preventivo
(artt. 321-323 c.p.p.). Il loro fine comune è quello di garantire l'esecuzione della
sentenza definitiva o impedire che l'uso di una cosa pertinente al reato, possa
agevolare le conseguenze di esso o la commissione di altri reati.
6.4.2. Le misure alternative
Le misure alternative alla detenzione sono previste dall‟Ordinamento
Penitenziario (O.P.). Esse danno la possibilità di scontare la pena non in carcere e
vengono concesse solo a determinate condizioni, precisate nelle singole voci. Esse
si applicano esclusivamente ai detenuti definitivi. Le misure alternative sono
numerose e con caratteristiche peculiari, ciascuna tendente comunque alla
risocializzazione del condannato. L‟elenco delle misure alternative è il seguente:

affidamento in prova al servizio sociale: pena residua tre anni (art. 47
O.P.);

detenzione domiciliare 63 : pena residua quattro anni o nei casi di
condizioni di salute incompatibili con il regime detentivo pena residua
anche superiore ai quattro anni (art. 47ter O.P.);
63
La detenzione domiciliare consente al condannato ad una pena detentiva di scontare la pena presso la propria abitazione,
ovvero in un altro luogo di privata dimora ovvero in un luogo pubblico di cura e di assistenza. L‟art. 47 della legge
sull‟ordinamento penitenziario, può essere concesso a soggetti che siano condannati alla pena detentiva per un periodo non
superiore a quattro anni, condannati alla detenzione per un periodo superiore a quattro anni (che devono ancora scontare un
residuo di pena non superiore a quattro anni). A tale beneficio possono ricorrere: le donne incinte o madri di prole di età
inferiore a dieci anni con esse conviventi; i padri esercenti la potestà, di prole inferiore a dieci anni con essi conviventi,
quando la madre sia deceduta o altrimenti impossibilitata a dare assistenza alla prole; le persone in condizioni di salute
60
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
semilibertà. metà pena o due terzi se reati gravi (art 4 bis O.P.) o sei
mesi solo dalla libertà (artt. 46, 50 O.P.);

liberazione condizionale. pena residua 5 anni (art 176 c.p.);

sospensione della pena per gravi motivi di salute. incompatibilità con il
regime detentivo, qualunque sia la durata della pena (art. 147 c.p.).
L'iter classico dei benefici è il seguente: prima si ottengono i permessi
premio, il lavoro all'esterno, poi la semilibertà e infine l'affidamento ai
servizi sociali.
Per i tossicodipendenti :

affidamento e sospensione pena per tossicodipendente: pena residua
quattro anni (artt. 94 e 90 d.P.R. 309/90);

misure per malati di AIDS in condizioni gravi con programma
terapeutico: affidamento e detenzione domiciliare qualunque sia la
pena da espiare (art. 47quater O.P.);

in prova al servizio sociale: pena residua 3 anni (art. 47 O.P.).
particolarmente gravi, tali da richiedere costanti contatti con i presidi sanitari presenti sul territorio; le persone di età
superiore ai sessant‟anni, se inabili, anche parzialmente; le persone di età inferiore ai venti anni, in presenza di comprovate
esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia. La detenzione domiciliare è la massima misura restrittiva per le donne.
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7. CARCERE
7.1.
La prigione
Una prigione o penitenziario o carcere, dispone di un edificio o di un
sistema utilizzato per contenere persone condannate per crimini. La prigione è un
luogo in cui le persone sono fisicamente confinate e, in genere, prive di personale
libertà. La detenzione o incarcerazione è un sanzione penale imposta dallo stato in
seguito alla commissione di un crimine. Altri termine che sono utilizzati in
riferimento alla parola carcere sono: i penitenziari, la funzione correttiva,la galera
o la prigione. Una persona imputata può essere tenuta in carcere in attesa di
processo; se l‟imputato sarà giudicato colpevole, sarà condannato e recluso. Le
prigioni possono anche tenere al loro interno soggetti che non sono accusati di
crimine, come: i prigionieri politici, i prigionieri di coscienza, “i nemici dello
Stato”, i prigionieri di guerra, ect. Un sistema carcerario rappresenta l‟assetto
organizzativo delle disposizioni e delle funzioni delle carceri, a seconda della loro
natura, potendo invocare una correzione del sistema.
Ogni carcere è una repubblica a sé e ogni sistema carcerario rappresenta un
elemento centrale a garanzia dello sfruttamento e dell‟egemonia del capitale 64 .
All‟interno di esso si trovano i soggetti che devono scontare la loro pena. Le
persone che sono all‟interno di queste istituzioni sono: l‟imputato o l‟indagato
sottoposto a misure cautelari, chi è stato arrestato in flagranza, chi è in attesa di
fermo, il definitivo e l‟internato. In queste situazioni c‟è una base sostanziale
uguale nelle carceri, in cui bisogna concedere ai soggetti detenuti gli elementi
vitali (alimentazione,ect.). Il detenuto deve intraprendere un trattamento
rieducativo e seguire le norme comportamentali. Nel momento in cui il detenuto
rispetta le norme si può verificare la concessione della riduzione o sospensione
della pena.
64
www.autprol.org
63
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I maschi e le femmine sono in genere in bracci separati nella stessa prigione o in
prigioni separate. Gli istituti penitenziari sono suddivisi in ali. Un edificio che
presenta più di un‟ala, è denominato “sala”. Altre prigioni sono divise in due aree:
una contenente i prigionieri prima del processo e l‟altra contenente i condannati. I
servizi che il carcere può avere sono:

Un ingresso principale, detto anche “gatelodge” o “sally porta”;

Una struttura religiosa;

Un impianto di istruzione, ossia biblioteca;

Una palestra o/e un cortile, un complesso recintato, di solito a cielo aperto,
zona usata per gli scopi ricreativi e di esercizio;

Una struttura sanitaria o ospedaliera;

Un‟unità di segregazione, denominata anche “block” o “cella di
isolamento”, che serve per separare pericolosi o vulnerabili detenuti
indisciplinati dalla popolazione generale (una volta usata come punizione);

Una sezione di detenuti vulnerabili (VPS) o di custodia cautelare (PC),
utilizzato per ospitare i detenuti per i reati sessuali, ex agenti di polizia,
informatori, ect.;

Una sezione di celle di sicurezza, utilizzate per tenere i soggetti sotto
costante osservazione visiva (ad esempio il rischio di suicidio);

Una zona di visita, dove i detenuti possono essere autorizzati a incontrare,
tramite contatto limitato, famigliari, amici, ect.;

Un braccio della morte (solo in alcuni carceri), una sezione per i criminali
in attesa di esecuzione;

Una zona di alloggi per il personale;

Un servizio/servizio area, in cui ci sono le strutture abitative di sostegno,
come la cucina;

Impianti industriali o agricoli per detenuti con lavori forzati;

Un‟area ricreativa contenente gli elementi come: un tavolo da biliardo, la
tv.
64
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Le prigioni sono normalmente circondate da recinzioni, muri o altre barriere (filo
spinato, recinzioni elettrificate, torri di guardia armata, illuminazioni, sensori di
movimento, cani vaganti, pattuglie, ect.) per evitare la fuga. Nelle strutture
penitenziarie c‟è il monitoraggio e il controllo del movimento e dell‟attività dei
detenuti, attraverso allarmi, sistemi di sicurezza, gabbie, letali armi non legali.
Attraverso i disegni65 delle carceri moderne si è cercato di limitare sempre di più e
di controllare maggiormente il movimento dei detenuti, permettendo così un
livello massimo di sicurezza da parte del ridotto personale giudiziario.
7.2.
L’istituzione totale
L‟istituzione totale è il luogo in cui gruppi di persone convivono per un
significativo periodo di tempo. Le modalità di accesso ad una istituzione totale
sono fondamentalmente due. Il primo è la piena identificazione di un soggetto con
le intenzioni e la finalità espresse dalla situazione comune, come nel caso dei
luoghi di convivenza continua tipo i conviventi e le caserme, in cui lo status di
persona istituzionalizzata è dovuto a una scelta. Il secondo è la costrizione
derivante dall‟essere considerato un soggetto pericoloso per la società, come nel
caso delle carceri e dei manicomi, in cui lo status di persona istituzionalizzata è di
fatto imposto.
Il carcere come istituzione totale porta: all‟isolamento dal mondo esterno;
all‟esistenza rigidamente regolata nella comunicazione e nei comportamenti
consentiti; al ruolo fisso che non varia a seconda dei contesti, all‟intera giornata
pianificata nello stesso luogo; al prevedere punizioni e ricompense; all‟alto grado
di gerarchizzazione e passaggio limitato delle informazioni (specie tra staff e
internati). L‟istituzionalizzazione è l‟identità culturale e individuale che, viene
65
Le diverse alternative del disegno dei progetti sono i seguenti. Creare dei penitenziari più piccoli con più unità abitative
distinte e indipendenti, chiamate “pods o moduli”, in cui inserire dai sedici ai cinquanta detenuti controllati dai funzionari
di correzione, a volte un singolo ufficiale. I baccelli contengono i livelli di celle disposte attorno a una stazione di controllo
centrale o una scrivania, da cui un singolo ufficiale è in grado di monitorare tutte le celle e di comunicare con il resto del
carcere. I baccelli possono essere progettati per l‟alta sicurezza, in cui gli ufficiali in cabine di controllo separate e sigillate,
monitorando un più piccolo numero di prigionieri confinanti nelle loro celle. Un‟alternativa è di “diretta supervisione”, in
cui gli ufficiali lavorano all‟interno del pods e possono sorvegliare e interagire direttamente con i detenuti, che possono
trascorrere la giornata fuori dalle loro celle in una stanza centrale di soggiorno posta sul pavimento del baccello. I beni e
servizi, come i pasti, lavanderia, materiali didattici, servizi religiosi e assistenza medica (medicinali) possono essere portati
con cialde singole. Nonostante queste innovazioni di design, il sovraffollamento dei detenuti a portato, invece, a maggiori
problemi. Così, sono state convertite aree come palestre o altri spazi, in enormi dormitori aperti. Il “lower-carceri” di
sicurezza è stato progettato con caratteristiche meno restrittive, limitando i prigionieri durante la notte in piccoli dormitori
chiusi o agriturismi, mentre si permette di giorno di lasciare libertà ai detenuti per andare a lavorare e compiere le attività
durante il girono.
65
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privata
attraverso
processi
di
mortificazione
e
privazione
di
ruolo.
L‟indottrinamento alle regole dell‟istituzione viene affiancata e sostenuta dalle
procedure di ammissione, “test di obbedienza”, pratiche di umiliazione, punizioni,
sistema di privilegi, dalla mancanza totale di privacy (Foucault, 1975).
In ogni sistema penitenziario vi è purtroppo una duplice contraddizione di fondo:
da una parte la pretesa di insegnare al detenuto il modo di vivere e di comportarsi
nel mondo libero e nello stesso momento lo si costringe a vivere nel carcere, che
di quel mondo è l‟antitesi (Clemmer, 1940). I modelli di Clemmer e Sykes
propongono che sia l‟organizzazione della vita carceraria, che produce una
deprivazione di diritti ed esperienze nei prigionieri, a far emergere una subcultura
antisociale nel carcere. L‟esperienza del carcere cementerebbe i detenuti in questo
tipo di funzionamento e secondo il modello dell‟importazione i detenuti non fanno
che riprodurre in carcere dinamiche apprese fuori (es droga, ect.).
Molti autori si sono dedicati al tema dell‟esclusione sociale ed alla
istituzionalizzazione nei luoghi di reclusione totale. Le citazione di alcuni autori.
Secondo Goffman 66 , nelle istituzioni totali, i reclusi sono sottoposti ad un
processo di spogliazione del sé, separati come sono dal loro ambiente originario e
da ogni altro elemento costitutivo della loro identità. L‟autore, sostiene che
all‟interno delle istituzioni si verificano delle vere e proprie “esposizioni
contaminanti” dovute alla sospensione della privacy ed all‟impostazione di
condizioni ambientali sfavorevoli e fonti di malessere. Tutto questo accede
perché: tutte le espressioni della vita si svolgono nello stesso luogo e sotto il
controllo della stessa autorità; ogni fase dell‟attività giornaliera del detenuto si
svolge in mezzo a tanti altri detenuti che sono trattati nelle stessa maniera e a cui
si richiede di fare le medesima cosa e tutte le fasi sono strettamente correlate e
calcolate nel tempo. In questo sistema, in cui tutto è automatizzato, sono pochi i
66 Goffamn, definisce “un‟istituzione totale può essere definita come il luogo di residenza e di lavoro di gruppi di persone
che, tagliate fuori dalla società per un considerevole periodo di tempo, si trovano a dividere una situazione comune,
trascorrendo parte della loro vita in un regime chiuso e formalmente amministrato. Uno degli assetti sociali fondamentali
nella società moderna è che l‟uomo tende a dormire, a divertirsi e a lavorare in luoghi diversi, con compagni diversi, sotto
diverse autorità … caratteristica principale delle istituzioni totali può essere appunto ritenuta la rottura delle barriere che
abitualmente separano queste tre sfere di vita. Primo, tutti gli aspetti della vita si svolgono nello stesso luogo e sotto la
stessa, unica autorità. Secondo, ogni fase delle attività giornaliere si svolge a stretto contatto di un enorme gruppo di
persone, trattate tutte allo stesso modo e tutte obbligate a fare le medesime cose. Terzo, le diverse fasi delle attività
giornaliere sono rigorosamente schedate secondo un ritmo prestabilito … per ultimo, le varie attività forzate sono
organizzate secondo un unico piano razionale, appositamente designato al fine di adempiere allo scopo ufficiale
dell‟istituzione”.
66
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detenuti che reagiscono. Nel 1961 Goffman, sociologo di origini canadesi,
studioso delle forme di interazione umana, pubblica la raccolta di quattro saggi –
indagine dal titolo “Asylums”, in cui descrive cinque tipologie generali di
istituzione totale:

Le istituzioni nate a tutela di incapaci non pericolosi (istituti per ciechi,
sordomuti, disabili, anziani, orfani, ect.);

Le istituzioni ideate e costruite per recludere chi rappresenta un pericolo
non intenzionale per la società (ospedali psichiatrici, sanitori);

Le istituzioni finalizzate a recludere chi rappresenta un pericolo
internazionale per la società (carceri, campi di prigione di guerra);

Le istituzioni create per lo svolgimento di un‟attività funzionale continua
(navi, collegi, piantagioni, grandi fattorie);

Le istituzioni che risiedono il distacco volontario dal mondo (conventi,
monasteri).
L‟autore, tratta anche del “processo di adattamento” che porta i detenuti ad
adottare uno dei seguenti quattro modelli di adattamento: ritiro dalla situazione,
sfida dell‟autorità (linea intransigente), “colonizzazione” (alla sub cultura del
carcere da cui trarre il massimo delle soddisfazioni) e adeguamento alle regole (il
perfetto detenuto).
Un altro studioso, Foucault, pensatore francese, studioso della malattia
mentale e dei meccanismi di costruzione dei luoghi chiusi deputati al controllo ed
alla guarigione della devianza rappresentata dalla follia. Nel suo libro
“Sorvegliare e punire. Nascita della prigione” del 1976 analizza la nascita e
l‟evoluzione dell‟istituzione carceraria e critica gli strumenti della disciplina e
della sorveglianza.
Nella stessa epoca si ricorda anche Basaglia, psichiatra, studioso della
condizione manicomiale, sostenitore del modello di comunità terapeutica, che con
la legge 180 del 1978 ha modificato i procedimenti dei trattamenti sanitari.
Bandura (1992), invece con il termine “deumanizzazione” individua il
meccanismo per cui si rende l‟altro “meno – umano”, facilitando così la messa in
atto di comportamenti violenti e sadici nei suoi confronti. Esisterebbe una forma
67
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di impegno morale nei confronti di altre persone riconosciute come tali che
proteggerebbe dal commettere violenza nei loro confronti.
Nel Novecento il carcere, come istituzione totale, è visto come privare il
detenuto della propria identità, con l‟impostazione di regole rigide ed autoritarie.
L‟ingresso al suo interno è senza dubbio ed ineluttabilmente molto traumatico:
viene preclusa l‟uscita verso il mondo esterno, con consequenziale pregiudizio per
lo scambio sociale, la perdita dei “riferimenti del tempo e dello spazio”(Gonin,
1994), lascia il soggetto in balia d‟un senso di smarrimento tanto profondo da
toccare il cuore dell‟umanità individuale, che ne risulta perciò in timidamente
ferita e mutilata. Il segno indelebile che rimane nell‟esperienza psichica varia da
individuo a individuo, dal momento che l‟influenza della detenzione nel portato
emotivo dipende dalla struttura della personalità e dalla sensibilità di ciascuno,
nonché dall‟interazione di altri fattori dì ordine biologico, psicologico e sociale.
Nel Duemila, Gullota (2002) esprime il seguente concetto “Molti degli
atteggiamenti individuali dipendono non solo da come le persone pensano in una
situazione sociale (processo) ma anche da cosa le persone pensano (contenuto) e
dalla situazione in cui si trova (contesto), parametri non può che essere soggettiva
la risposta all‟impatto con questo ambiente tanto particolare, dal momento che
l‟evento dell‟ingresso in carcere è, di per sé, tanto improvviso quanto
destabilizzante”.
7.3.
I livelli di sicurezza
I livelli di sicurezza delle carceri sono diversificate nel mondo e tendono a
seguire un modello distinto. La maggior parte dei paesi sviluppati divide le carceri
in classi di sicurezza, distinti a seconda della popolazione carceraria. Queste classi
risultano andare dalla più sicura, in cui ci sono i detenuti violenti e quelli giudicati
a rischio per la fuga, a quella di minima sicurezza, in cui risiedono i detenuti non
violenti.
68
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Ad esempio in Inghilterra e in Galles ai detenuti è assegnata la classe, nel
momento in cui sono condannati. Le classi sono cosi catalogate:

Categoria A: i detenuti sono quelli la cui fuga sarebbe estremamente
pericolosa per la sicurezza nazionale o pubblica;

Categoria B: i detenuti sono quelli che non richiedono la massima
sicurezza, ma per i quali la fuga è difficilmente realizzabile;

Categoria C: i detenuti che sono inaffidabili in carceri a cielo aperto, ma
che improbabilmente cercano di fuggire;

Categoria D: i prigionieri che non tentano di scappare, vivono in una
prigione a cielo aperto.
I sistemi carcerari britannici sono divisi in open (categoria D) e in chiusi
(categoria A, B, C).
L‟altro esempio riguarda gli Stati Uniti. La sicurezza è una classificazione
amministrativa delle carceri che ha uno scopo specifico, andando da livelli di
sicurezza minima fino alla massima sicurezza. Le classi sono così suddivise:

Supermax: il livello massimo di custodia, va oltre, classificandola come
“la peggiore delle peggiori” in cui ci sono criminali e terroristi che
rappresentano una minaccia per la sicurezza nazionale. Questi detenuti
sono alloggiati in celle singole e sono tenuti nei blocchi per 23 ore al
giorno. I pasti vengono forniti attraverso il “buchi chuck”, buco della
porta. Ad ogni detenuto è consentita un‟ora di libertà per eseguire esercizi
fisici individualmente. I detenuti non possono comunicare con nessun altro
detenuto e sono tenuti sotto sorveglianza continua attraverso le telecamere
a circuito chiuso e la tv;

Massimo: un livello di custodia cautelare
in cui vige un massimo
controllo (diretto e costante) esterno ed interno di vigilanza. I detenuti che
corrispondono a questo braccio, sono coloro che presentano rischi di fuga
o grave minaccia a sé, agli altri, al personale o al funzionamento ordinato
dell‟istituzione;
69
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
Alto: il “middle ground” per i crimini violenti, in cui queste istituzioni
sono protette con parametri molto alti (una cerchia di mura o recinzioni
armate), dove i detenuti sono sotto stretto controllo e vivono da soli nella
cella;

Media: un livello dove esiste il controllo interno ed esterno e la
sorveglianza sui detenuti. Il detenuto presenta un rischio di fuga moderato
o può rappresentare una minaccia per altri, verso il personale e il
funzionamento ordinato dell‟istituto. La supervisione rimane costante e
diretta. Esiste anche la possibilità per i detenuti di avere un lavoro;

In prossimità di sicurezza: sono i detenuti che hanno commesso un reato
non degno di carcerazione, in una media sicurezza. Queste prigioni
risultano essere rare, dove i detenuti appartengono alle classi “medie o
basse”. Questi settori sono situati in zone separate all‟interno della
prigione;

Basso: detenuto a cui si lascia un maggiore senso di responsabilità
personale e autonoma, pur essendo sotto sorveglianza e monitoraggio. I
detenuti in questa classe non rappresentano un rischio di sicurezza. I
detenuti seguono programmi per essere orientati verso il reinserimento
nella società;

Minima: detta “prison farm”, i detenuti hanno commesso dei reati piccoli e
lavorano;

Pre – release: è opportuna un‟osservazione intermittente in cui il detenuto
deve ristabilire la massima responsabilità dei propri comportamenti e delle
proprie azioni.
7.4.
La classificazione dei carceri
Esistono sia carceri privati che carceri gestiti dal governo, a seconda degli
stati.
I carceri possono essere di tre tipologie: chiusi, semi aperti e aperti.
70
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Vi sono quattro tipi di penitenziari:

Giovanile: carcere per le persone al di sotto dei 17 o 18 anni, a seconda
della giurisdizione. Molti paesi hanno la loro età della responsabilità
penale in cui i bambini sono ritenuti legalmente responsabili delle proprie
azioni fino al raggiungimento della maggiore età, momento in cui
verrebbero trasferiti in una struttura per adulti;

Militari: prigioni di sistemi militari, utilizzate per i prigionieri di guerra o
per i militari colpevoli di un reato grave, combattenti illegali, dove la
libertà del soggetto è considerata un rischio per la sicurezza nazionale da
parte di autorità militari o civili;

Politici: alcuni paesi mantengono o hanno attuato in passato, un sistema di
prigioni politiche (ad esempio: gulag e lo stalinismo i più noti);

7.5.
Psichiatrici: per i detenuti che hanno una vasta gamma di disturbi mentali.
La classificazione dei detenuti
Per detenuto s‟intende colui o colei che si trova in carcere o in un stato di
custodia cautelare o in stato di esecuzione penale.
La normativa distingue chiaramente la posizione delle singole tipologie di
detenuti: imputati e condannati e internati.
Gli imputati sono coloro ai quali è stata formalmente contestata la commissione di
un reato e si suddividono in: giudicabili, appellanti e ricorrenti. Gli imputati
giudicabili sono quei soggetti per i quali è stato avviato un procedimento penale e
sono in attesa di giudizio. Gli imputati appellanti sono quei soggetti contro i quali
è stata emessa una sentenza penale di primo grado, e che sono in attesa del
giudizio di secondo grado. Gli imputati ricorrenti sono quei soggetti contro i quali
è stata emessa una sentenza penale di secondo grado e che sono in attesa del
giudizio di Cassazione.
Per condannati s‟intendono coloro che, a seguito di una condanna definitiva, si
trovano negli istituti penitenziari per espiare la pena a loro comminata. Si
considerano condannati anche coloro per i quali sia stata disposta una misura
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alternativa alla detenzione (affidamento, detenzione domiciliare, ect.) nonché
quelli sottoposti ad una sanzione sostitutiva (semidetenzione, libertà controllata,
pena pecuniaria, lavoro sostitutivo). A seconda della pena loro inflitta, i
condannati sono distinti in: arrestati (da quindici giorni ai tre anni), reclusi (da
quindi giorni a ventiquattro anni) ed ergastolani.
Per internati s‟intendono coloro che sono sottoposti all‟esecuzione delle misure di
sicurezza detentive (colonia agricola, casa di lavoro, casa di cura e custodia,
ospedale psichiatrico giudiziario).
7.6.
La pena di morte
In epoca passata l‟uso della pena di morte nel mondo era quasi unanime. In
epoca moderna si iniziò ad abolire la pena di morte, il primo stato fu il granducato
di Toscana nel 1786. Nel XIX secolo essa fu abolita nel Venezuela nel 1863 e nel
Regno d‟Italia nel 188967.
“La pena di morte è un atto irreversibile di violenza da parte dello Stato. Le
ricerche hanno dimostrato che la pena di morte è spesso sinonimo di
discriminazione, viene usata in modo spropositato contro i poveri, le minoranze e
le comunità razziali, etniche e religiose. La pena capitale è imposta spesso in
seguito a processi fortemente iniqui ma anche dove i processi rispettano gli
standard internazionali, il rischio di mettere a morte un innocente non può mai
essere limitato. La pena di morte inevitabilmente colpirà anche vittime innocenti,
così com‟è già stato dimostrato. Inoltre, nonostante la pena di morte porti il
rischio di errori irreversibili, non ha mai dimostrato di avere un effetto deterrente
migliore di altre punizioni. La pena capitale nega la possibilità di riabilitazione,
promuove risposte semplicistiche per problemi complessi, piuttosto che per
perseguire soluzioni costruttive. Consuma risorse che potrebbero essere utilizzate
in modo migliore per combattere il crimine violento e assistere coloro che ne sono
vittime. La pena di morte è un sintomo di una cultura di violenza e non una
67
La pena di morte venne reintrodotta , nel 1935 solo per attentati contro il Duce e contro il Re, per essere definitivamente
abolita dalla Costituzione repubblicana nel 1948.
72
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soluzione a essa. È un affronto alla dignità umana e deve essere abolita” (Amnesty
International, 2010).
La pena di morte è considerata, segreto di Stato, in paesi come la Cina, la
Bielorussia, l‟Iran, la Mongolia, la Corea del Nord e il Vietnam. Tale segreto è
insostenibile. Se la pena capitale è un atto legittimo del governo, non esiste
nessuna ragione perché il suo uso sia nascosto al pubblico nazionale e
internazionale. Amnesty International
68
dichiara che sono avvenute 714
esecuzioni in diciotto paesi. I metodi di esecuzione che sono stati utilizzati nel
2009 sono: decapitazione, fucilazione, impiccagione, iniezione letale, sedia
elettrica e lapidazione. Tuttavia i dati69 non includono le migliaia di esecuzioni
che si ritiene siano avvenute in Cina, paese che ancora rifiuta di divulgare dati e
statistiche sull‟uso della pena di morte.
La pena di morte nel mondo:
██ Abolita per tutti i crimini
██ Riservata a circostanze eccezionali (come crimini commessi in tempo di guerra)
██ Non utilizzata
██ Utilizzata come forma di punizione legale
Figura n° 2 Rappresentazione di come gli stati usano o non usano la pena di morte
(www.wikipedia.it).
68
La campagna di Amnesty International per l‟abolizione della pena di morte è cominciata nel 1977. L‟organizzazione si
oppone alla pena di morte in tutti i casi, senza eccezioni riguardanti la natura del reato, le caratteristiche del criminale o il
metodo utilizzato per mettere a morte il condannato. Amnesty International è un‟organizzazione non governativa
indipendente, ma una comunità globale di difensori dei diritti umani che si riconosce nei principi della solidarietà
internazionale. Conta attualmente duemilioni e ottocento soci, sostenitori e donatori in più di 150 paesi. Nel 2009, le sue
sezioni, le sue strutture e i suoi attivisti si sono mobilitati contemporaneamente in tutto il mondo in giornate internazionali
di azione per protestare contro l‟uso della pena di morte.
69
Le informazione che l‟organizzazione riesce a raccogliere derivano da varie fonti, incluse statistiche ufficiali (dove
disponibili), organizzazioni non governative e iter – governative, difensori dei diritti umani, mezzi di comunicazione e
ricerca sul campo. È inoltre necessario ribadire, tuttavia, che il dato reale potrebbe essere più alto. Alcuni paesi nascondono
intenzionalmente tutto ciò che riguarda l‟applicazione della pena di morte, altri non registrano o non rendono disponibili
dati e statistiche sul numero delle condanne a morte e delle esecuzioni.
73
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7.7.
L’ergastolo
L‟ergastolo, è una reclusione per un reato grave in cui la persona è
condannata a rimanere in carcere per il resto della sua vita. I reati per i quali una
persona potrebbe ricevere un ergastolo comprendono: omicidio, alto tradimento, i
casi gravi o violenti di spaccio di droga o di esseri umani, o casi di aggravato furto
con scasso o rapina con conseguente morte o lesioni personali gravi. L‟ergastolo
non esiste in tutti i paesi (in seguito vedremo, quando vengono trattati i singoli
continenti). Tuttavia, l‟ergastolo è una condanna, in cui ci possono essere anche
meccanismi formali per chiedere libertà condizionale dopo un certo periodo di
carcerazione. La lunghezza del tempo e le modalità possono variare notevolmente
per ogni giurisdizione. Grazie all‟art. 110 dello Statuto di Roma, della Corte
penale internazionale, che prevede che per le forme più gravi di reato (ad esempio,
crimini contro l‟umanità e genocidio, ect.) un prigioniero deve servire i due/terzi
di una condanna, o venticinque anni nel caso del carcere a vita. Dopo questo
periodo, il giudice deve poi rivedere la pena per decidere se debba essere ridotta.
A differenza di altre aree del diritto penale, pene inflitte a minori non differiscono
da quelle degli adulti. Alcuni paesi in tutto il mondo avevano permesso anche al
minore di essere condannato a vita. I paesi che consentono l‟ergastolo ai minori
sono: Belgio, Somalia, Turchia, Israele, Cuba e la Repubblica della Cina. Gli Stati
Uniti hanno attualmente scontato l‟ergastolo per i minori soltanto nel 2008.
La detenzione a vita nel mondo.
In blu gli ordinamenti che l'hanno abolita.
In rosso gli ordinamenti che la mantengono.
In verde gli ordinamenti che la mantengono con limitazioni.
Figura n°3 Rappresentazione di come gli stati usano o non usano l‟ergastolo
(www.wikipedia.it).
74
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8. CINQUE CONTINENTI
8.1.
Premessa
Nelle seguenti tabelle relative a ciascun continente, compaiono le informazioni e i
significati: gli stati sono disposti in ordine alfabetico e riportano:

il numero di carceri;

dove è presente la pena di morte (dicitura presente (riservata ad alcune
circostanze, non utilizzata e utilizzata) = attiva, non presente = non attiva);

dove vige l‟ergastolo (dicitura: presente = si, non presente = no, non ci
sono informazioni esaustive = forse);

su quale sistema si basano (common law, civil law, misto e fiqh).
Premesso che sono presi in considerazione gli Stati in cui sono state trovate
almeno delle informazioni (a seguire dove si vedono gli spazi bianchi, significa
che le informazioni non sono state rilevate).
8.2.
L’Africa
Stato
N° carcere
Algeria
1
Angola
Benin
8
Botswana
Pena di morte
Ergastolo
Sistema
Attiva
Si
Civil law
Non attiva
Forse
Civil law
Attiva
Forse
Civil law
Attiva
Forse
Civil law
Forse
Civil law
Burkina Faso
1
Attiva
Burundi
3
Non attiva
Si
Civil law
Camerun
Attiva
Forse
Civil law
Capo Verde
Non attiva
Forse
Civil law
Ciad
Attiva
Forse
Civil law
Comore
Attiva
Forse
Civil law
Congo
Attiva
No
Civil law
Costa d‟Avorio
Non attiva
Forse
Civil law
Attiva
Forse
Civil law
Forse
Civil law
Attiva
Forse
Civil law
Attiva
Forse
Civil law
Egitto
Eritrea
37
Etiopia
129
Gabon
75
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Gambia
Attiva
Forse
Civil law
Attiva
Forse
Common law
Non attiva
Forse
Civil law
Attiva
Forse
Civil law
Guinea – Bissau
Non attiva
Forse
Civil law
Guinea
Attiva
Forse
Civil law
Kenya
Attiva
Forse
Common law
Lesotho
Attiva
Forse
Misto
Attiva
Forse
Common law
Attiva
Forse
Fiqh
Attiva
Forse
Civil law
Attiva
Forse
Common law
Attiva
Forse
Civil law
Attiva
forse
Fiqh
Attiva
Forse
Fiqh
Ghana
27
Gibuti
Guinea
1
Equatoriale
Liberia
4
Libia
Madagascar
Malawi
4
Mali
Marocco
1
Mauritania
Non attiva
Forse
Civil law
Mozambico
Mauritius
3
Non attiva
Forse
Civil law
Namibia
1
Non attiva
Forse
Misto
Attiva
Forse
Civil law
Attiva
Si
Common law
Attiva
Forse
Civil law
Niger
Nigeria
227
Rep. centro
africana
Rep. Dem. Congo
1634
Attiva
Forse
Civil law
Non attiva
Forse
Civil law
Sahara Occ.
Attiva
Forse
Fiqh
Sao Tomé e
Non attiva
Forse
Civil law
Non attiva
Forse
Civil law
Seychelles
Non attiva
Forse
Civil law
Sierra Leone
Attiva
Forse
Civil law
Somalia
Attiva
Forse
Civil law
Ruanda
Principe
Senegal
Sudafrica
37
Non attiva
Si
Misto
Sudan
238
Attiva
Forse
Fiqh
Swaziland
Attiva
Forse
Civil law
Tanzania
Attiva
Forse
Common law
Togo
Non attiva
Forse
Civil law
Tunisia
25
Attiva
Forse
Civil law
Uganda
36
Attiva
Forse
Common law
Attiva
Forse
Common law
Attiva
Forse
Misto
Zambia
Zimbabwe
1
Tabella n° 1 Rappresentazione degli Stati dell‟Africa in cui si fotografa il numero
delle carceri, la pena di morte, l‟ergastolo e il sistema che utilizzano (Beretta M.,
2011).
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In Africa ci sono 54 regioni e rispetto alla pena di morte sono 38 le istituzione che
la utilizzano. Per quanto riguarda l‟ergastolo è attivo in solo tre stati. Il maggiore
sistema in vigore è il civil law, con l‟utilizzo di 37 stati.
8.3.
L’America
Il continente dell‟America è suddiviso in tre parti: nord, centro e sud. In
seguito alla tabella del Nord America è stata proposta un‟altra tabella che valuta
solo ed esclusivamente gli Stati Uniti e il suo numero di penitenziari.
Nord
Stato
N°carcere
Pena di morte
Ergastolo
Sistema
Attiva
Si
Common law
Antigua e Barbuda
Aruba
1
Non attiva
Si
Common law
Bahamas
1
Attiva
Si
Common law
Barbados
1
Attiva
Si
Common law
Bermuda
4
Non attiva
Si
Common law
Canada
96
Non attiva
Si
Common law
(Quebec)
(Misto)
Isole Cayman
Non attiva
Si
Common law
545
Attiva
Si
Common law
Attiva
Si
Common law
35
Non attiva
Si
Common law
Grenada
Attiva
Si
Common law
Guadalupa
Non attiva
Si
Common law
Cuba
Dominica
Rep. Dominicana
Giamaica
13
Attiva
Si
Common law
Haiti
17
Non attiva
Si
Common law
Martinica
Non attiva
Si
Common law
Montserrat
Non attiva
Si
Common law
Navassa
Non attiva
Si
Common law
Saint Kitts e Nevis
Attiva
Si
Common law
Saint Lucia
Attiva
Si
Common law
Saint Vincent e Grenadine
Attiva
Si
Common law
Trinidad e Tobago
7
Turks e Caicos
Stati Uniti
1236
Louisiana
Attiva
Si
Common law
Non attiva
Si
Common law
Attiva
Si
Common law
(Misto)
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A seguire l‟analisi dettagliata del numero dei carceri negli Stati Uniti.
Stati Uniti d‟America
Stato
N° carcere
Alabama
34
Alaska
13
Arizona
14
Arkansas
19
California
33
Colorado
25
Connecticut
19
Delaware
10
Florida
68
Georgia
80
Hawaii
11
Idaho
13
Illinois
52
Indiana
32
Iowa
9
Kansas
9
Kentuchy
16
Louisiana
12
Maine
8
Maryland
25
Massachusetts
18
Michigan
39
Minnesota
10
Mississippi
19
Missouri
21
Montana
14
Nebraska
11
Nevada
11
New Hampshire
5
New Jersey
15
Nuovo Messico
10
New York
71
Carolina del Nord
76
Dakota del Nord
4
Ohio
32
Oklahoma
39
Oregon
15
Pennsylvania
27
Rhode Island
8
Carolina del Sud
29
Dakota del Sud
6
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Tennessee
14
Texas
126
Utah
3
Vermont
8
Virginia
40
Washington
13
West Virginia
13
Wisconsin
32
Wyoming
5
Totale
1236
Tabella n°2 Descrizione del numero degli istituti penitenziari nelle singole regioni
degli Stati Uniti (Beretta M., 2011).
Centro
Stato
N° carcere
Pena di morte
ergastolo
Sistemi
Belize
2
Non attiva
No
Civil law
Costa Rica
1
Non attiva
Forse
Civil law
El Salvador
1
Attiva
No
Civil law
Guatemala
2
Non attiva
No
Civil law
Attiva
No
Civil law
Non attiva
No
Civil law
Non attiva
No
Civil law
Non attiva
Forse
Civil law
Honduras
Messico
2000
Nicaragua
Panama
15
Sud
Stato
N° carcere
Pena di morte
Ergastolo
Sistemi
Argentina
3
Bolivia
53
Non attiva
Si
Civil law
Non attiva
No
Civil law
Brasile
Cile
1172
Non attiva
No
Civil law
4
Non attiva
No
Civil law
Colombia
11
Non attiva
No
Civil law
Ecuador
34
Non attiva
No
Civil law
Guaiana Francese
4
Non attiva
Forse
Common law
Guyana
4
Forse
Civil law
Forse
Civil law
Paraguay
Perù
Non attiva
71
Suriname
Uruguay
Venezuela
28
Attiva
Si
Civil law
Attiva
Forse
Common law
Non attiva
No
Civil law
Non attiva
No
Civil law
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Figura n° 3 Rappresentazione degli Stati dell‟America in cui si fotografa il
numero delle carceri, la pena di morte, l‟ergastolo e il sistema che utilizzano
(Beretta M., 2011).
L‟America nel suo complesso presenta 44 stati. In solo 16 stati la pena risulta
ancora attiva. Per quanto riguarda l‟ergastolo è attivo in 25 stati. Per quanto
riguarda i sistemi giudiziari, si nota che nell‟America del nord prevale il sistema
di common law, invece nelle altre due parti dell‟America, centro e sud, prevale il
sistema del civil law.
8.4.
L’Asia
Stato
N° carceri
Pena di morte
Ergastolo
Sistema
Afghanistan
5
Attiva
Forse
Fiqh
Armenia
3
Non attiva
Si
Civil law
Azerbaigian
Non attiva
Si
Civil law
Bahrain
Attiva
Forse
Fiqh
Bangladesh
Attiva
Forse
Fiqh
Bhutam
Attiva
Forse
Common law
Attiva
Forse
Common law
Birmania (Myanmar)
38
Brunei
Attiva
Common law
Cambogia
25
Non attiva
Forse
Civil law
Cina
1045
Attiva
Si
Civil law
Hong Kong
30
Attiva
Si
Civil law
India
7
Attiva
Si
Common law
Indonesia
2
Attiva
Si
Civil law
Iran
12
Attiva
Forse
Fiqh
Iraq
1
Attiva
Forse
Civil law
Israele
30
Georgia
Giappone
15
Giordania
Kazakistan
108
Corea del Nord
Corea del Sud
38
Attiva
Si
Civil law
Non attiva
Si
Fiqh
Attiva
Si
Civil law
Attiva
Forse
Fiqh
Attiva
Si
Civil law
Attiva
Forse
Civil law
Attiva
Si
Civil law
Kuwait
Attiva
Kirghizistan
Non Attiva
Forse
Civil law
Attiva
Forse
Civil law
Fiqh
Laos
64
Fiqh
Libano
Attiva
Si
Macao
Attiva
No
Malesia
Attiva
Si
Maldive
Attiva
Forse
80
Common law
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Mongolia
Attiva
Nagorno – Karabakh
Attiva
Nepal
Oman
Pakistan
17
Forse
Civil law
Non attiva
Forse
Common law
Attiva
Forse
Fiqh
Attiva
Si
Common law
Filippine
Non attiva
No
Civil law
Qatar
Attiva
Forse
Fiqh
Fiqh
Arabia Saudita
3
Attiva
Forse
Singapore
13
Attiva
Si
Sri Lanka
Attiva
Forse
Misto
Siria
Attiva
Forse
Civil law
Attiva
Si
Civil law
Attiva
Forse
Civil law
Attiva
Forse
Civil law
Non attiva
Si
Non attiva
Si
Civil law
Taiwan
4
Tagikistan
Thailandia
14
Timor Est
Turchia
15
Turkmenistan
Non attiva
Forse
Civil law
Emirati Arabi Uniti
Attiva
Forse
Fiqh
Uzbekistan
Non attiva
Si
Civil law
Attiva
Si
Civil law
Attiva
Forse
Fiqh
Vietnam
1
Yemen
Figura n° 4 Rappresentazione degli Stati dell‟Asia in cui si fotografa il numero
delle carceri, la pena di morte, l‟ergastolo e il sistema che utilizzano (Beretta M.,
2011).
Gli stati dell‟Asia risultano essere 50 e la pena di morte è attiva in 38 stati.
L‟ergastolo è attivo in 18 stati. Il maggiore sistema presente in questo continente è
il sistema di civil law.
8.5.
L’Europa
Stato
N° carcere
Pena di morte
Ergastolo
Sistema
Albania
3
Non attiva
Forse
Civil law
Non attiva
Forse
Civil law
Andorra
Austria
45
Non attiva
Si
Civil law
Bielorussia
3
Attiva
Forse
Civil law
Belgio
6
Non attiva
Si
Civil law
Bosnia – Erzegovina
Non attiva
No
Civil law
Bulgaria
Non attiva
Forse
Civil law
Croazia
Non attiva
No
Civil law
Cipro
Non attiva
No
Civil law
Repubblica Ceca
Non attiva
Si
Civil law
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Danimarca
19
Non attiva
Si
Civil law
Estonia
20
Non attiva
Forse
Civil law
Finlandia
7
Non attiva
Si
Civil law
Francia
194
Non attiva
Si
Civil law
Germania
13
Non attiva
Si
Civil law
Grecia
13
Non attiva
Si
Civil law
Groenlandia
2
Non attiva
No
Civil law
Islanda
Non attiva
Forse
Civil law
Irlanda
14
Non attiva
Si
Common law
Italia
225
Non attiva
Si
Civil law
Lettonia
12
Non attiva
Forse
Civil law
Liechtenstein
1
Non attiva
Si
Civil law
Lituania
Non attiva
Forse
Civil law
Lussemburgo
Non attiva
Si
Civil law
Macedonia
Non attiva
Forse
Civil law
Malta
Non attiva
Forse
Civil law
Isola di Man
Non attiva
Forse
Civil law
Moldavia
Non attiva
Forse
Civil law
Monaco
Non attiva
Si
Civil law
Montenegro
Non attiva
Forse
Civil law
Paesi bassi
4
Non attiva
Si
Civil law
Norvegia
11
Non attiva
No
Civil law
Non attiva
Si
Civil law
42
Non attiva
No
Civil law
Romania
43
Non attiva
Si
Civil law
Regno Unito
138
Non attiva
Si
Common law
Polonia
Portogallo
(Scozia)
Russia
(Misto)
840
San Marino
Serbia
Slovacchia
1
Slovenia
Attiva
Si
Civil law
Non attiva
Forse
Civil law
Non attiva
Forse
Civil law
Non attiva
Forse
Civil law
Non attiva
No
Civil law
Spagna
79
Non attiva
No
Civil law
Svezia
5
Non attiva
Si
Civil law
Svizzera
124
Non attiva
Forse
Civil law
Ucraina
5
Non attiva
Forse
Civil law
Ungheria
Non attiva
Si
Civil law
Città del Vaticano
Non attiva
Forse
Civil law
Figura n°5 Rappresentazione degli Stati dell‟Europa in cui si fotografa il numero
delle carceri, la pena di morte, l‟ergastolo e il sistema che utilizzano.
L‟Europa presenta 47 regioni. La pena di morte risulta attiva solo in due paesi e
l‟ergastolo è attivo in 20 paesi. Il sistema di civil law prevale in 45 regioni.
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8.6.
L’Oceania
Stato
N° carcere
Pena di morte
Ergastolo
Sistemi
Australia
50
Non attiva
Si
Common law
Nuova Zelanda
20
Non attiva
Si
Common law
Figura n°6 Rappresentazione degli Stati dell‟Oceania in cui si fotografa il numero
delle carceri, la pena di morte, l‟ergastolo e il sistema che utilizzano (Beretta M.,
2011).
L‟Oceania presenta due stati importanti, in cui si sviluppa il sistema del common
law. La pena di morte non è attiva ed l‟ergastolo è attivo in entrambi gli Stati.
8.7.
Conclusione
Riassunto informativo sulle tabelle visto fino ad ora.
CONTINENTE
N° REGIONI
N° CARCERI
Africa
54
2418
America
94
5423
Asia
50
1490
Europa
48
1869
Oceania
2
126
TOTALE
248
11326
Tabella n°7 Rappresentazione del numero delle carceri in tutti e cinque i
continenti (Beretta M., 2011).
Come si nota nella precedente tabella il continente con il maggior numero di
“prison” è l‟America, seguita dall‟Africa, dall‟Europa dall‟Asia e infine
dall‟Oceania.
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9. LA SITUAZIONE ITALIANA
9.1.
Premessa
Essendo le informazioni relative alla analisi non sempre precise ed
esaustive, è stata scelta l‟Italia come stato campione, perché esistevano maggiori
informazioni.
Dal sistema carcerario italiano sono sviluppati i seguenti aspetti: il procedimento
(processo) penale con i suoi passaggi e le figure di riferimento; l‟ingresso del
detenuto in carcere e i passaggi successivi fino all‟uscita; il numero delle
istituzioni presenti sul territorio italiano, suddivisi per regioni e di tipo di
istituzioni e le problematiche relative all‟esubero di detenuti e ai detenuti stranieri.
9.2.
Il procedimento penale
Il procedimento penale in Italia70.
70
Per avere maggiori informazioni riferirsi alla tesi,”Prima di varcare quella porta … ”, istituto Meme, 2008.
85
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Notizia di reato (330)
POLIZIA GIUDIZIARIA
Indagini preliminari (358)
PM
Azione penale
Archiviazione
Procedimenti speciali
Udienza preliminare (421)
GUP
Decreto che dispone il giudizio
Sentenza di non luogo a procedere
Procedimento speciale
Dibattimento (484)
TRIBUNALE
giudizio di primo
grado
Impugnazione
Appello
Ricorso di cassazione
Sentenza irrevocabile
Esecuzione
TRIBUNALE DI
SORVEGLIANZA
Pene
Misure cautelari o alternative
____ Il procedimento penale
----- I tre gradi: I, II, III
___ Le quattro fasi (indagini, udienza preliminare, giudizio, impugnazione, esecuzione)
___ Il processo penale
Schema n° 1 Descrizione in sintesi del procedimento penale, attraverso le fasi e i
gradi (Beretta M., 2011).
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9.3.
Dall‟ingresso all‟uscita
Dall‟ingresso all‟uscita71
L‟ingresso
Ufficio matricola
Nomina del difensore
Regole
Diritti
Il personale
Interno (area: giuridica, psicologica, medica)
Esterno (volontari, insegnati, ect.)
La giornata
Salute
Cella/Igiene
Alimentazione
Spesa
Formazione
Religione
Il resto
Domandina
Colloqui
Telefonate
Posta
Pacchi
Permessi
Spese
L‟uscita
Schema n°2 Descrizione in sintesi, dei vari passaggi che affronta un detenuto nel
momento che entra nel carcere, fino all‟uscita (Beretta M., 2011).
9.4.
I penitenziari
I dati che susseguono sono riportati dalla seguente fonte D. A. P. (Ufficio per lo
sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato – SEZIONE
STATISTICA). (www.giustizia.it).
9.4.1. Il numero delle carceri
71
Per avere maggiori informazioni, vedere la tesi “ … Se butto un occhio, cosa succede?”, istituto Meme, 2009.
87
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REGIO
NE
Piemonte
CASE
CASE DI
CASE
CIRCONDARIA
RECLUSIONE
MANDA
LI
MENTALI
ISTITUTI
OSPEDALI
(PRESENZA
PER
PSICHIATRI
DI ASILI
MINORI
CI
NIDO)
11
3
-
1
-
1
15
2
-
1
-
2
Triveneto
16
2
-
1
-
1
Emilia
8
1
-
1
1
-
Liguria
7
-
-
-
-
1
Toscana
13
4
2
1
1
1
Umbria
2
3
-
-
-
1
Marche
5
-
2
-
-
-
Lazio
10
3
-
1
-
1
Abruzzo
10
1
-
1
-
1
14
-
-
2
2
1
Puglia
8
2
5
2
-
1
Basilicata
3
-
1
1
-
-
Calabria
11
-
1
1
-
2
Sardegna
8
4
1
1
-
3
Sicilia
21
4
-
3
1
1
Totale
162
29
12
17
5
17
e Valle
d‟Aosta
Lombardi
a
Romagna
e Molise
Campani
a
Tabella n°8 Descrizione dei vari istituti penitenziari presenti in Italia, specificati
per ogni regione (www.giustizia.it e Beretta M., 2011).
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9.4.2. Il numero dei detenuti in esubero
Attraverso la tabella di seguito rappresentata, è stato valutato in Italia l‟esubero
relativo alla capienza detentiva, ricollegandoci così al problema maggiore del
sovraffollamento. Per quanto riguarda questa tabella, è solo un esempio. Per ogni
problema, ad esempio anche per il suicidio si potrebbe effettuare una tabella,
oppure per i detenuti stranieri all‟interno di altri carceri, ect.
REGIONE
N° CARCERI
CAPIENZA
DETENUTI PRESENTI
ESUBERO
Piemonte e Valle d‟Aosta
15
3588
4641
1053
Lombardia
18
5382
8323
2941
Triveneto
19
2724
3805
1081
Emilia Romagna
11
2270
3855
1585
Liguria
7
1140
1382
242
Toscana
21
2955
3599
644
Umbria
5
1049
861
(- 188)
Marche
7
731
895
164
Lazio
14
4505
5157
652
Abruzzo e Molise
12
1830
1810
( - 20)
Campania
18
5324
6934
1610
Puglia
17
2515
3396
881
Basilicata
5
437
482
45
Calabria
13
1787
2091
304
Sicilia
29
4687
6018
1331
Sardegna
14
1966
1080
(- 158)
TOTALE
225
42890
55057
12167
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Tabella n°9 Descrizione per ogni regione delle persone in esubero nelle carceri
(www.giustizia.it e Beretta M., 2011).
9.4.3. Il numero dei detenuti stranieri nei penitenziari Italiani
In questa tabella si noterà la differenza tra i cittadini italiani negli istituti
penitenziari e i detenuti stranieri.
REGIONE
INGRESSI ITALIANI
INGRESSI STRANIERI
Piemonte e Valle d‟Aosta
4775
3042
Lombardia
8216
5259
Triveneto
4138
2642
Emilia Romagna
3364
2141
Liguria
1456
860
Toscana
2627
1538
Umbria
601
357
Marche
1036
569
Lazio
4466
2213
Abruzzo e Molise
1186
372
Campania
5455
1212
Puglia
3380
540
Basilicata
323
59
Calabria
1435
219
Sicilia
3811
797
Sardegna
839
116
TOTALE
47108
21936
Tabella n° 10 Descrizione dei detenuti italiani e stranieri all‟interno delle prigioni
italiane (www.giustizia.it e Beretta M., 2011).
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Confrontando i risultati, in Italia si evidenzia il fatto che i detenuti stranieri nelle
istituzioni sono quasi la metà dei detenuti italiani nelle carceri.
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10. DIECI CARCERI PIU’ INSOLITI AL MONDO
10.1. Premessa
Questi dieci articoli fotografano alcuni carceri dal primo in cui i detenuti si
comprano le celle, all‟ultimo in cui si tratta la maggiore prigione conosciuta nel
mondo (www.oddee.com)
10.2. Articoli
San Pedro Prison (Bolivia): dove i detenuti devono 'comprare' le loro celle.
“Carcere di San Pedro, la più grande nella principale città della Bolivia, La Paz, è
sede di circa 1.500 detenuti. Una volta che si passa le spesse mura e le porte di
sicurezza, ogni somiglianza con un carcere normale scompare: ci sono bambini
che giocano, bancarelle, ristoranti, parrucchieri e persino un albergo. Non ci sono
guardie, non uniformi o metalli di sbarre alle finestre della cella. Questa relativa
libertà ha un prezzo: i detenuti devono pagare per le loro celle, quindi la maggior
parte di loro deve lavorare all'interno del carcere, attraverso la vendita di generi
alimentari. "Se hai soldi puoi vivere come un re", un detenuto mi ha detto. Il
denaro si può acquistare negli alloggi del "posh", le sezioni del carcere, uno dei
migliori è Los Pinos. Qui, le celle sono spaziose e dotate di bagno privato, cucina
e TV via cavo. Fuori, hanno tavoli da biliardo, chioschi che vendono succo fresco,
e stand gastronomici. Il costo delle celle è tra i $ 1.000 e $ 1.500 e vengono
acquistati per la durata della carcerazione del detenuto. Nelle zone povere del
carcere, i detenuti devono condividere in piccole celle”.
Prison Cebu (Filippine): l‟incontro più famoso del mondo per il ballo dei
detenuti.
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“L‟intrattenimento di assassini, spacciatori di droga e reati sessuali all‟unisono per
la danza/musica pop. Probabilmente hai visto almeno uno dei video virali
pubblicati online dal carcere di Cebu nelle Filippine. La danza è l'evoluzione
innaturale del programma di esercitazioni presso la prigione. Mentre nella
maggior parte degli impianti i criminali possono correre, giocare a pallacanestro,
sollevare pesi; il guardiano a Cebu ha voluto disciplina. E, dopo essere stato
ispirato da una scena di "Le ali della libertà", sentiva il dovere di portare la musica
all‟interno del carcere. Circa 1.500 detenuti possono contribuire alla performance
e possono eseguire la performance in occasione di eventi di beneficenza o
culturali, venendo pagati per il loro lavoro. Il carcere fa anche spettacoli dal vivo,
in seguito gli spettatori possono fare le foto con i detenuti e acquistare le T-shirt,
come souvenir”.
Justizzentrum Leoben (Austria): un carcere con 5 stelle.
“Bella in vetro e acciaio inossidabile edificio per uffici? No, è una prigione a
cinque stelle in Stiria, in Austria!”
Kresty Prison (Russia): il carcere più sovraffollato del mondo.
“Nella Russia i carceri hanno la fama di essere i più affollati del mondo,
specialmente Kresty carcere a San Pietroburgo. La capienza ufficiale è fissato a
3.000, ma la popolazione effettiva è sempre almeno di 10.000. Ogni prigioniero è
autorizzato a soli 4 metri quadrati di spazio. Nell'estate 2006 Vladimir Putin ha
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annunciato che il carcere sarebbe stato trasferito in un nuovo stabilimento nel
distretto Kolpinsky alla periferia di San Pietroburgo”.
Prison Sark (Guernsey): la più piccola prigione del mondo.
“La prigione è situata sull'isola di Sark nella Guernsey. Il carcere è stato costruito
nel 1856 ed è apparentemente la più piccola al mondo. E 'in grado di ospitare due
prigionieri”.
ADX (Colorado): il carcere di massima sicurezza-Super.
“Il Massimo Facility (ADX) è una prigione di Supermax in Colorado, USA. Da
quando ha aperto nel 1994, ADX non è altro che una lenta e disumana tortura per
i detenuti. I detenuti hanno solo il permesso di uscire dalle loro celle per 9 ore a
settimana e possono appena interagire con gli altri. Non c'è quasi luce del sole e
quello che possono fare i detenuti, lo fanno all‟interno della loro cella. Ai
prigionieri vengono serviti i pasti nelle loro celle. La stanza è per lo più colata di
cemento che assicura che i mobili non possono essere spostati. La toilette si
spegne, se qualcuno cerca di collegare gli impianti alle docce e di lavorare su un
timer per ridurre il potenziale di inondazione. ADX è una prigione destinata ai
peggiori criminali”.
Prison Aranjuez (Spagna): una prigione con celle accoglienti per la
famiglia.
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“Benvenuti nell‟unico carcere in Spagna che presenta le celle per le famiglie:
personaggi Disney alle pareti, un asilo, un parco giochi per bambini. L'idea è per
mantenere un legame tra i bambini e i loro genitori, in cui il giovane è ancora
abbastanza ignaro all‟ambiente, e i detenuti genitori imparano le abilità
genitoriali. La prigione in questa città, a 40 chilometri (25 miglia) a sud di
Madrid, dispone di 36 unità di celle per le famiglie,di cui 16 sono occupate, nella
maggioranza dai latino-americani”.
Bastoey Isola prigione a bassa sicurezza (Norvegia): il primo carcere
ecologico.
“Anche se i criminali si sono resi colpevoli per alcuni crimini orrendi contro
l'umanità e metterli dietro le sbarre, deve portare alla possibilità di mostrare la
loro bontà, nella prima prigione ecologico del mondo. Anche se l'idea di un
carceri eco-friendly non è diffuso, una piccola isola nascosta in Norvegia è
riuscita a portare “il cambiamento fresco – verde” presso il carcere Bastoey. Il
carcere Bastoey, di bassa sicurezza utilizza pannelli solari per l'energia, produce la
maggior parte del suo cibo, ricicla tutto quello che può e cerca di ridurre la sua
impronta di carbonio. I pannelli solari hanno ridotto l‟energia elettrica del carcere
fino al 70 per cento. Sperando di installare un senso di responsabilità nei loro
detenuti, le autorità mirano a infondere un forte senso di responsabilità nei
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confronti
dell'umanità
e
del
nostro
ambiente.
Vista come l'isola della speranza, questa prigione ha anche guadagnato attenzione
dei media internazionali per le sue condizioni di vita, simile a un campo estivo
con attività come tennis, equitazione, nuoto. Forse questa eco friendly, presenta
uno stile di vita lussuoso che porta le persone a commettere un crimine per
ottenere una voce all‟isola della speranza”.
Chetumal (Messico): in cui i detenuti risolvono i loro problemi con la
boxe.
“Chetumal è una prigione unica, che non ha mai visto nessun episodio di violenza
in dieci anni. Questa prigione ha un eccellente programma che insegna ai
prigionieri e vende ai turisti. Secondo Victor Terazzas Warden, "quando c'è un
disaccordo, abbiamo coinvolto i detenuti ad indossare i guanti e ad entrare nel
ring, dopo circa due giri la disputa è finita". I circa 1100 detenuti spesso non
vogliono lasciare il carcere, a causa della vita facile che trovano all‟interno: un
ottimo menù che comprende le uova per la colazione, l'attività culturale con gli
uomini e le donne e sono anche permessi lunghi pisolini. Per non parlare delle
celle VIP”.
Alcatraz (California): la più famosa prigione al mondo.
“L'isola di Alcatraz, a volte informalmente definita semplicemente come Alcatraz
o localmente come il Rock, è una piccola isola situata nel mezzo della baia di San
Francisco in California, Stati Uniti. E 'servito come un faro, poi una fortificazione
militare, poi un carcere militare seguita da una prigione federale fino al 1963. E‟
diventato una zona di ricreazione nazionale nel 1972 e ha ricevuto denominazioni
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landmarking nel 1976 e nel 1986. Oggi l'isola è un sito storico gestito dalla
National Park Service come parte della Golden Gate National Recreation Area, ed
è aperta alle visite. Durante i suoi 29 anni di funzionamento, il penitenziario ha
obiettato di non avere mai avuto prigionieri che sono riusciti a scappare”.
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11. CONCLUSIONE
Alla fine del lavoro di ricerca sulla situazione carceraria del mondo, si osserva
quanto sia difficile avere dei dati obiettivi sulla situazione reale. In particolare
alcuni Paesi (come la Cina, ect.) non lasciano trapelare notizie reali su come
vengono gestite le istituzioni totali.
Emerge per altro che laddove esistono leggi precise, spesso non vengono messe in
atto. Questo fa si che manchino a livello carcerario, il rispetto dell‟essere umano e
la soddisfazione dei suoi bisogni, spesso a partire da quelli primari
(alimentazione, condizioni igieniche, ect.). anche la risocializzazione e il rispetto
quindi dei diritti umani scendono in secondo piano in seguito a problemi logistici
(sovraffollamento).
Per me personalmente questa conclusione, potrebbe rappresentare una base di
partenza su cui lavorare per attuare dei miglioramenti sia a livello legislativo
(giustizia più veloce) sia a livello umano. Per ottenere un migliore risultato
bisognerebbe approfondire la ricerca relativamente a ogni singolo stato e alla sua
situazione interna.
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12.BIBLIOGRAFIA
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al giusto processo”, Editore Giuffrè, Milano, 2003
AA. VV., “Burkina Faso, minori e carcere”, Editore Gruppo Abele, Cuneo, 2006
AA. VV., “Manuale di scienze criminologiche. Volume primo criminologia”,
Editore Marco del Bucchia, Lucca, 2009
AA. VV., “Manuale di scienze criminologiche. Volume terzo tecniche
investigative”, Editore Marco del Bucchia, Lucca, 2009
Foucault M., “Sorvegliare e punire. Nascita della prigione”, Editore Einaudi,
Torino, 1976
Marino R. e Petrucci R., “Codice penale e leggi complementari”, Editore Esselibri
– Simone, Napoli, 2008
Beretta M., “… Se butto un occhio, cosa succede?”, tesi istituto MEME, 2009
Beretta M., “Prima di varcare quella porta …”, tesi istituto MEME, 2008
Bresciani G., “Psicologia giuridica, forense e della testimonianza”, dispensa
istituto MEME, 2007
Fontanesi M.G. (a cura di), “Elementi di colloquio criminologico”, dispensa
istituto MEME, 2008
Martellozzo E. (a cura di), “Metodologia della ricerca in criminologia”, dispensa
istituto MEME, 2008
Muzzioli T., “Psicologia penitenziaria”, dispensa istituto MEME, 2007
Patrizi P. e Petrucelli I., “La psicologia giuridica”, dispensa istituto MEME, 2009
Patrizi P. (a cura di ), “Psicologia e contesto penitenziario: uno sguardo storico”,
dispensa istituto MEME, 2009
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www.ukinukraine,fco.gov.uk
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www.wikipedia.it.org
www.wikipedia.en.org
www.worlingo.com
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