LA CRISI MONDIALE STORIA DI TRE ANNI DIFFICILI

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LA CRISI MONDIALE
STORIA DI TRE ANNI DIFFICILI
Luiss University Press, novembre 2010
a cura di Antonella Crescenzi (PdCM)
contributi di Paolo Biraschi (MEF)
Fabrizio Marconi (Banca d’Italia)
Stefania Tomasini (Prometeia)
Ministero dell’Economia e delle Finanze, Dipartimento del Tesoro, Direzione I.
12 gennaio 2011
Outline
Introduzione
„ La crisi finanziaria
„ L’impatto della crisi sull’economia reale
„ Le risposte di politica economica
„ L’Italia e la crisi
„ La crisi vista dagli economisti
La crisi mondiale. Storia di tre anni difficili, Luiss University Press, novembre 2010.
Introduzione
„ Gli autori
„ Motivazioni e obiettivi del progetto
„ La struttura del volume
La crisi mondiale. Storia di tre anni difficili, Luiss University Press, novembre 2010.
Gli autori
„ Antonella Crescenzi è stata dirigente presso il MEF, attualmente presta
servizio presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
„ Fabrizio Marconi è stato funzionario al MEF occupandosi di analisi
dell’economia italiana e programmazione e attualmente presta servizio in
Banca d’Italia;
„ Paolo Biraschi é funzionario del MEF e segue i lavori del Comitato di politica
economica del Consiglio Ecofin;
„ Stefania Tomasini è responsabile delle previsioni per l'economia italiana di
PROMETEIA.
Motivazioni e obiettivi del progetto
„ Esporre i fatti, raccontare la storia degli ultimi tre anni, senza avere una
tesi da dimostrare, facendo uno sforzo di sintesi delle numerose analisi
prodotte a livello nazionale e internazionale.
„ Separare l’analisi degli aspetti finanziari da quella dell’economia reale e
delle politiche economiche e osservare l’impatto della crisi sull’economia
italiana.
„ Fare il punto della incredibile quantità di studi sulla crisi, riportando i
principali contenuti del dibattito accademico, raccogliendo il materiale e
documentandolo con una bibliografia esauriente.
„ Considerare quella che raccontiamo come la storia, incompiuta, di tre anni
difficili (dall’agosto del 2007 al settembre del 2010) e non come la storia
di una crisi oramai alle nostre spalle.
Struttura del volume
„ Il volume è composto di 5 capitoli.
„ Il Capitolo I (Marconi) esamina le origini della crisi finanziaria e ne racconta la
diffusione. Costituisce, quindi, la cornice generale della narrazione.
„ Il Capitolo II (Crescenzi) analizza i meccanismi di propagazione della crisi
finanziaria all’economia reale; descrive l’evoluzione e le caratteristiche della
recessione e la confronta con episodi simili del passato; analizza i tempi e i modi
della ripresa.
„ Il Capitolo III (Biraschi) offre una panoramica delle politiche economiche varate
in risposta alla crisi; esamina il processo di riforma dell’architettura finanziaria,
la definizione delle exit strategies e l’avvio della nuova governance europea.
„ Il Capitolo IV (Tomasini) analizza l’impatto della crisi sull’economia italiana,
evidenziandone i punti di forza e di debolezza; espone le misure anticrisi attuate
dal Governo e alcune ipotesi di riforma.
„ Il Capitolo V (Crescenzi) offre un’antologia ragionata delle opinioni sulla crisi
dei più noti economisti, italiani e non, cercando un filo conduttore nel dibattito
e dando spazio alle considerazioni sia economiche che etiche.
1. La crisi finanziaria
„ Storia e teoria delle crisi
„ Le cause della crisi
„ Le fasi della crisi
La crisi mondiale. Storia di tre anni difficili, Luiss University Press, novembre 2010.
1.1 Storia e teoria delle crisi
„ La crisi recente va letta nel contesto delle più importanti crisi finanziarie del
passato, delle principali teorie elaborate dagli studiosi in risposta a tali eventi e
della globalizzazione finanziaria.
„ Analogie con le crisi finanziarie precedenti. Oltre alla grande espansione del
credito e dell’indebitamento che ha preceduto lo scoppio della crisi, si sono
registrati: lo scoppio di una bolla immobiliare (come in Giappone), ondate di panico
(come nella Grande depressione), carenze nei sistemi di regolamentazione e
vigilanza (come in alcune vicende statunitensi), problemi di liquidità (come per le
banche giapponesi), fughe di capitali e crisi valutarie (come nella crisi del sud est
asiatico), più di recente, crisi dei debiti pubblici (come nei paesi dell’America
Latina).
„ La crisi finanziaria per intensità, durata ed estensione mondiale è stata più grave di
quelle che si sono succedute dagli anni ‘70, ma soprattutto si differenzia dalle
precedenti perché è scoppiata negli Stati Uniti, il centro finanziario più importante
del mondo, e per il ruolo “distorto” svolto dalle innovazioni finanziarie che hanno
elevato il livello dei rischi all’interno dei sistemi economici.
1.2 Le cause della crisi
„ Tre ordini di fattori: macroeconomici, microeconomici, istituzionali
„ 1) gli squilibri dei conti correnti, la globalizzazione finanziaria e la politica monetaria
accomodante attuata nei primi anni 2000 dalla Fed, che hanno favorito un aumento
della liquidità e il mantenimento di bassi tassi di interesse. Ciò ha creato le
premesse per l’aumento del credito e dell’indebitamento privato;
„ 2) il comportamento delle banche e degli altri intermediari, che per massimizzare i
profitti hanno usato modelli di business molto aggressivi (modello originate to
distribute e cartolarizzazioni, sistemi di remunerazione del management e sistema
bancario-ombra) ha ulteriormente alimentato credito, indebitamento privato e
contribuito alla espansione delle bolle immobiliari; il conflitto di interesse delle
agenzie di rating;
„ 3) l’inadeguatezza dei sistemi di regolamentazione e vigilanza che non hanno
limitato i comportamenti “distorti” del sistema finanziario.
Gli squilibri dei conti correnti delle BoP
All’aumento del deficit di parte corrente degli USA ha corrisposto l’aumento
dei surplus di Cina, paesi esportatori di petrolio e altri paesi asiatici.
Sources: IMF World Economic Outlook (April 2009) and Bank calculations.
La globalizzazione finanziaria
Alla fine del 2007 il valore complessivo (stock) delle attività finanziarie
tradizionali (azioni, obbligazioni, attività delle banche) e dei derivati finanziari
era pari a 16 volte il PIL mondiale, un livello pari al doppio di quello registrato
solo dieci anni prima.
La politica monetaria della Fed
La Fed reagì alla recessione 2001-2002 diminuendo il tasso ma poi la successiva risposta
alla ripresa dell’economia USA fu ritardata e lenta.
7,00
6,00
5,00
4,00
3,00
2,00
1,00
0,00
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
Fonte: The Conference Board (U.S. Leading Index)
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
1.3 Le fasi della crisi
La crisi si è articolata in 5 fasi principali:
„ Prima fase (giugno 2007 - marzo 2008): scoppiano le turbolenze sul mercato dei
mutui subprime americani. La risposta delle principali banche centrali comporta una
massiccia immissione di liquidità.
„ Seconda fase (marzo - metà settembre 2008): emergono gravi problemi di solvibilità
degli intermediari e le autorità varano una serie di salvataggi.
„ Terza fase, dal default Lehman Brothers (15 settembre) fino a metà ottobre 2008:
crolla la fiducia, la crisi è sistemica, i mercati finanziari rischiano il collasso
generale, il deleveraging provoca una feroce stretta creditizia. Le autorità di politica
economica varano piani straordinari di intervento.
„ Quarta fase (ottobre 2008 - marzo 2009): fortissimo impatto recessivo della crisi
sull’economia mondiale e reazione coordinata dei governi e delle istituzioni
internazionali.
„ Quinta fase, da aprile 2009: recupero di fiducia dei mercati, avvio della ripresa,
definizione di exit strategies dalla crisi. All’inizio del 2010 timori sul debito pubblico
di alcuni paesi UE producono nuove turbolenze sui mercati e costringono le autorità
internazionali ed europee ad intervenire.
2. L’impatto della crisi sull’economia reale
„ I canali di trasmissione
„ Crisi finanziarie e recessioni: i fattori di aggravamento
„ La recessione mondiale
„ La ripresa
La crisi mondiale. Storia di tre anni difficili, Luiss University Press, novembre 2010.
2.1 I canali di trasmissione
La letteratura economica identifica i canali di trasmissione delle crisi:
„ monetario
„ creditizio
„ effetto ricchezza
„ incertezza delle prospettive
„ volatilità del tasso di cambio
„ commercio estero
Ad esempio, il commercio estero: la caduta della domanda interna nei paesi più
colpiti dalla crisi finanziaria si traduce in minori importazioni e quindi vengono
coinvolti nella fase recessiva anche i paesi inizialmente meno esposti. Il canale
estero è più potente nei paesi il cui sviluppo dipende dalle esportazioni ed è
amplificato dal processo di globalizzazione (effetto “domino”).
2.2 Crisi finanziarie e recessioni: i fattori di aggravamento
„ Secondo il FMI, le recessioni originate da crisi finanziarie risultano più lunghe e
severe di quelle derivanti da altre cause.
Maggiore gravità delle recessioni conseguenti a crisi finanziarie
durata in trimestri perdita % di Pil
recessione tipica
recessione post stress finanziario
recessione post stress finanziario sincronizzata
3,64
5,67
7,33
2,71
3,39
4,82
Fonte: Imf, WEO april 2010, p. 111.
„ Negli ultimi 20 anni, le fasi recessive sono divenute meno frequenti: per questo molti
economisti parlavano di una fase nuova dell’economia mondiale (“Grande
Moderazione”), in cui politiche macroeconomiche efficaci garantivano sviluppo
elevato in condizioni di stabilità.
„ Gli eventi del 2007-2009 hanno smentito queste certezze.
2.3 La recessione mondiale
„ La recessione è stata “globale”e diversa dalle altre perché i meccanismi di
trasmissione hanno operato in un quadro nuovo, di economia altamente integrata; è
stata più grave perché derivante da una crisi finanziaria e perché altamente
sincronizzata.
„ Essa ha colpito soprattutto il settore industriale e gli scambi commerciali e ha
determinato il peggioramento del mercato del lavoro e dei conti pubblici, la riduzione
dell’inflazione, un diverso orientamento dei flussi di capitale e l’avvio di un
riequilibrio dei conti con l’estero.
„ Il PIL mondiale si è ridotto per due trimestri consecutivi (quarto trimestre del 2008
e primo del 2009); il commercio mondiale è crollato.
„ Ogni paese, a seconda delle proprie fragilità, è stato colpito in modo diverso, ma
mediamente le economie avanzate sono risultate più esposte di quelle emergenti.
„ La crisi ha subito evoluzioni: da crisi da razionamento del credito, in crollo della
domanda aggregata; da crisi finanziaria ed immobiliare, in crisi industriale e del
mercato del lavoro; da crisi americana, in crisi mondiale; da crisi da debito privato, in
crisi da debito pubblico.
Tassi annuali di crescita del PIL e del commercio
mondiale
PIl mondiale e commercio
2007
2008
15
2009
10
0,5
6,1
3,0
-3,2
2,4
-0,6
5
PIL mondiale
Commercio
0
19
80
19
81
19
82
19
83
19
84
19
85
19
86
19
87
19
88
19
89
19
90
19
91
19
92
19
93
19
94
19
95
19
96
19
97
19
98
19
99
20
00
20
01
20
02
20
03
20
04
20
05
20
06
20
07
20
08
20
09
2,8
8,3
5,2
tassi di crescita
PIL Paesi avanzati
PIL Paesi emergenti
PIL mondiale
-5
Commercio mondiale
7,2
2,8
-10,7
-10
-15
anni 1980-2009
Fonte: elaborazioni su dati IMF e Ocse, 2010
La recessione mondiale, confronti con il passato
Livelli del PIL mondiale per anno. Confronto tra 3 recessioni globali
Graph I.2.1: GDP levels during three global crises
125
2007-2014
120
1907-1913
115
1929-1939
110
105
100
95
1907=100
90
1929=100
2007=100
85
80
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
Source: Smits, Woltjer and Ma (2009), Maddison (2007), World
Economic Outlook Database, Interim forecast of September 2009 and
own calculations.
Fonte: European Commission, European Economy, 7 September 2009, p. 15.
La recessione mondiale, confronti con il passato
Tasso di disoccupazione. Confronto Grande Depressione e recessione
2008-2009 negli USA e in Europa
Graph I.2.6: Unemployment rates during the Great
Depression and the present crisis in the US and Europe
40
35
%
30
25
20
1929-1939*
15
10
USA
USA - forecast
Europe**
Euro area - forecast
2008-2010
5
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
Years into the crisis
Note: * 1929-1939 unemployment rates in industry. ** BEL, DEU, DNK, FRA, GBR,
NLD, SWE. Source: Mitchell (1992), Garside (2007) and AMECO.
1929-1939
Fonte: European Commission, European Economy, 7 September 2009, p. 15.
2.4 La ripresa
„ La ripresa si è avviata dal secondo trimestre del 2009, ma è stata lenta e debole,
differenziata nei singoli paesi.
„ Il permanere di forti squilbri globali e il non completo ristabilirsi della solidità dei
mercati finanziari, evidente nelle tensioni sui titoli sovrani registrate ultimamente in
Europa, hanno influito negativamente sulla ripresa.
„ A oltre un anno e mezzo dall’avvio della ripresa, il dilemma resta: sviluppo o
stagnazione dopo la crisi? Non mancano, d’altra parte, coloro che ritengono che la
crisi non sia veramente finita….
„ E’ proprio l’incertezza la principale eredità della crisi, la più pericolosa perché
determina un effetto complessivo di paralisi.
3. Le risposte di politica economica alla crisi
„ Il coordinamento internazionale
„ La risposta anti crisi degli Stati Uniti e del Giappone
„ Le politiche di rilancio dell’Unione europea
„ Le exit strategies
„ Le riforme
La crisi mondiale. Storia di tre anni difficili, Luiss University Press, novembre 2010.
3.1 Il coordinamento internazionale
„
La reazione delle autorità alla crisi è stata forte, coordinata e senza
precedenti.
„
Tuttavia, in un primo stadio, il coordinamento è mancato e le azioni dei
governi sono state mirate a prevenire il collasso delle istituzioni finanziarie
nazionali. Ha fatto eccezione la politica monetaria che fin dall’inizio è stata
concordata tra le varie banche centrali.
„
Solo verso la fine del 2008, i governi nazionali decidevano di intraprendere un
approccio il più possibile coordinato (dal G8 al G20; dal Financial Stability
Forum al Financial Stability Board) che riguardava la riforma del sistema
finanziario internazionale, le politiche di rilancio dell’economia reale, la
politica monetaria.
„
La risposta ha avuto successo, il crollo sistemico dei mercati è stato evitato e
la recessione arginata, anche se le prospettive mondiali sono tuttora incerte.
3.2 La risposta anti crisi di Stati Uniti e Giappone
„
Il Governo USA ha adottato nell’autunno del 2008 un piano di emergenza,
l’Emergency Economic Stabilization Act (o Piano Paulson), cui ha fatto seguito
nel febbraio del 2009 il Financial Stability Program (o Piano Geithner).
„
Il Governo del Giappone, il cui sistema finanziario a tenuto relativamente
meglio rispetto agli USA, a partire dall’ottobre 2008 ha attivato una serie di
interventi di politica fiscale immediatamente operativi pari al 5 per cento del
PIL.
3.3 Le politiche di rilancio dell’UE
„
L’UE ha varato un Piano per il sostegno dell’economia reale (EERP). L’obiettivo
era conciliare le misure anticrisi di breve periodo con le finalità di innalzare la
crescita nel medio-lungo periodo.
„
Gli interventi dovevano essere “mirati, tempestivi, temporanei e temporalmente
coerenti”.
Le misure di stimolo fiscale adottate dai Paesi nel 2008-10 sono risultati, secondo
le stime della Commissione, superiori a quanto previsto inizialmente dal Piano; il
39 per cento del totale delle misure era finalizzato al sostegno del reddito delle
famiglie; il 16 per cento era destinato ad interventi sul mercato del lavoro; il 20
per cento all’attività di investimento e ricerca; il 25 per cento a supportare le
imprese.
„
3.4 Le exit strategies
„ A partire dal secondo semestre 2009, i governi delle economie avanzate
cominciano a mettere a punto una strategia di ritiro progressivo delle
misure anticrisi, al fine di contrastare il forte peggioramento dei conti
pubblici.
„ Secondo FMI, OCSE e CE, una credibile e globale “exit strategy” deve
perseguire un triplice obiettivo:
„ correlarsi al progressivo rafforzamento della ripresa;
„ adottare consistenti piani di consolidamento fiscale (basati più sulla
riduzione
della
spesa
che
sull’aumento
delle
entrate)
e
avviare/completare le riforme strutturali;
„ ridisegnare l'architettura internazionale del settore finanziario.
3.5 La riforma dell’architettura finanziaria internazionale
„A livello europeo, il Rapporto de Larosière ha costituito la base per il
varo della riforma del sistema finanziario europeo nel settembre 2010.
„A livello internazionale, le linee di riforma sono state dettate dal G8 e
poi dal G20, anche se le modalità di attuazione sono ancora oggetto di
accesa discussione.
„Le decisioni più rilevanti hanno interessato: la riallocazione delle
quote del FMI e la sorveglianza del settore bancario; il rafforzamento dei
requisiti patrimoniali delle banche; il collegamento dei bonus dei manager
bancari ai risultati a lungo termine.
„In questo contesto, sono state varate nel corso del 2010 la riforma della
vigilanza negli USA e Basilea 3.
„3.6 La riforma della governance europea
„ La crisi del debito sovrano greco e il crescente rischio di contagio in
numerosi paesi dell’area euro, hanno rivelato le debolezze strutturali
dell’assetto della governance economica dell’UE.
„ Tutte le istituzioni europee (Commissione, Consiglio e Parlamento) si sono
mosse rapidamente per dare una risposta comune: nel corso del 2010, oltre al
varo della riforma del sistema finanziario e di un meccanismo di stabilizzazione
finanziaria per far fronte alle emergenze, si è introdotto a partire dal 2011 il
“Semestre europeo” per il coordinamento ex ante delle politiche economiche
(sia di bilancio che strutturali), si è rafforzato il Patto di stabilità e crescita, si è
istituita una procedura per la sorveglianza degli squilibri macroeconomici
eccessivi.
4. La crisi e l’Italia
„ La situazione di partenza
„ L’impatto
„ L’azione anti crisi
„ L’uscita dalla crisi
La crisi mondiale. Storia di tre anni difficili, Luiss University Press, novembre 2010.
4.1 La situazione di partenza
A priori, si riteneva che la crisi avrebbe colpito l’economia italiana in misura
limitata:
„ A: La crisi finanziaria coglie l’economia italiana in una fase particolare. Dopo anni
di crescita molto bassa, di quasi stagnazione, dal 2006 si scorgevano indizi di
risveglio della produzione manifatturiera. La fase ciclica era in attenuazione, ma era
tornato un po’ di ottimismo.
„ B: Le fattispecie con cui si manifesta la crisi sembravano dover preservare
l’economia italiana da effetti marcati, quanto meno in termini relativi, per la minor
esposizione del sistema bancario agli assets tossici, per lo stato del mercato
immobiliare e dei prezzi delle abitazioni, per il minor grado di indebitamento delle
famiglie.
4.2 L’impatto
A posteriori, i dati ci dicono che non è stato così:
„ Il Pil è caduto come nei paesi in cui gli
effetti sono stati maggiori Giappone e
Germania, comunque più che nella
media UEM.
Fig.1 - Variazioni del Pil fra i periodi indicati
„ Perché? Ha agito soprattutto il canale
estero, lo testimonia la caduta senza
precedenti della produzione
industriale.
Fig. 2 – Indice della produzione industriale
110
III-09/II08
100
90
80
II-08/I-07
70
60
-8% -6% -4% -2% 0%
Francia
2%
Germania
50
4%
Italia
I-70 III-76 I-83 III-89 I-96 III-02 I-09
4.3 L’azione anti crisi
La situazione pregressa del maggior grado di indebitamento pubblico nell’UEM
ha limitato lo spazio per il sostegno pubblico in chiave anticrisi.
6
„ La
recessione
ha
esercitato
effetti
automatici sul bilancio pubblico, riducendo
le entrate e innalzando le spese, portando a
un aumento della componente ciclica
dell’indebitamento …
4
2
0
00
01
02
03
04
05
06
07
08
09
-2
strutturale
ciclico
effettivo
„ nonostante la scelta del governo di non contrastare la recessione con politiche
fiscali discrezionalmente espansive. Infatti, la politica fiscale del governo
italiano, ha scelto di operare una riallocazione dei fondi tra diverse poste di
spesa, con effetti ex ante sui saldi nulli.
4.4 L’uscita dalla crisi
„ Ma anche l’uscita dalla fase recessiva vera e propria sta riservando qualche
ulteriore sorpresa: la ripresa è lenta, secondo le attese, ma lo è in modo
particolare se confrontata con quella tedesca.
„ La lentezza della ripresa rischia di lasciare effetti permanenti sull’output
potenziale e sul settore industriale in modo particolare.
„ Il rilancio della crescita dell’economia italiana, che dopo oltre un decennio di
performance deludenti rischia di vederle ulteriormente ridotte, impegnerà la
politica economica dei prossimi anni, una politica economica che, come noto,
non potrà essere di stampo espansivo ma dovrà basarsi principalmente su
riforme strutturali.
5. La crisi vista dagli economisti
„ I filoni di pensiero
„ Perché gli economisti non hanno previsto la crisi
„ Conoscere per deliberare
La crisi mondiale. Storia di tre anni difficili, Luiss University Press, novembre 2010.
5.1 I filoni di pensiero
„ Tre principali correnti di pensiero: continuano ad avere fiducia nelle capacità
del libero mercato di produrre crescita; di fronte ai gravi limiti del mercato,
invocano ampie riforme; sottolineano gli aspetti morali della crisi e l’iniquità
sociale dell’attuale modello di sviluppo.
„ 1) liberista: la crisi è un incidente temporaneo, derivante da alcuni eccessi della
finanza, non mette in discussione la validità del sistema capitalistico: corretti gli
eccessi, si tornerà allo sviluppo.
„ 2) riformista: per superare gli squilibri macroeconomici mondiali occorrono
importanti riforme del sistema globale, ad es. rafforzando il coordinamento delle
politiche economiche; di fronte ai fallimenti del mercato, invocano, inoltre, un
ruolo più attivo dello Stato.
„ 3) morale: la risposta è un cambiamento culturale. Vi è stato un distacco
progressivo dell’etica dall’economia che ha condotto al concetto di profitto fine
a se stesso e al prevalere della finanza sull’economia reale. I temi morali si
ritrovano nell’Enciclica di Benedetto XVI “Caritas in veritate” che ha avuto una
grande risonanza anche tra molti economisti.
Il pensiero di Amartya Kumar Sen
„ Nella teoria economica moderna si dà per scontato che l’uomo abbia un
comportamento razionale dove per razionalità si intende massimizzazione
dell’interesse personale (homo oeconomicus).
„ La critica di Sen: è assurdo sostenere che tutto quello che non è riconducibile
all’interesse privato debba essere irrazionale.
„ Sen afferma, quindi, che l’economia attuale potrebbe essere resa più produttiva
prestando maggiore attenzione alle considerazioni di natura etica che
condizionano la condotta e il giudizio sociale dell’uomo.
„ La crisi può rappresentare l’occasione per rivedere i nostri modelli di
sviluppo, cominciando, ad esempio, ad elaborare altri indicatori di crescita
economica e recuperando, anche, il valore del ruolo dello Stato nell’economia.
5.2 Perché gli economisti non hanno previsto la crisi
„ Tutti gli economisti, con qualche eccezione, hanno sbagliato le previsioni. La
Regina Elisabetta II ha detto durante una visita alla London School of Economics
nell’autunno del 2008: “Come è possibile che non ve ne siate accorti?”.
„ Forse, gli economisti hanno sbagliato perché hanno avuto troppa fiducia nel
mercato in grado, a loro dire, di autoregolarsi e di garantire il benessere
comune? Forse, perché hanno perso il contatto con le cose concrete, immersi
nelle loro formule matematiche volte ad estrapolare variabili rivelatesi
inadeguate a rappresentare la complessità del mondo reale? Forse, perché
hanno scambiato la “bellezza” delle loro teorie per la verità? Forse perché
usano un linguaggio troppo tecnico?
„ Giulio Tremonti ha paragonato il dibattito degli economisti sulla crisi ad una
riunione tra maghi; Benedetto XVI ha detto che “la nostra speranza non deve far
conto su improbabili pronostici e nemmeno sulle previsioni economiche, pur
importanti.”
„ La crisi ha indotto, così, la categoria degli economisti ad assumersi alcune
responsabilità e ad avviare un generale ripensamento della macroeconomia.
Le responsabilità degli economisti secondo Luigi Spaventa
„ “Questa crisi pone seri problemi per la professione di economista. Bisogna
chiedersi in quale misura gli economisti si fossero resi conto che la finanza era su
un percorso insostenibile, perché non hanno incluso le variabili finanziarie nei
modelli macroeconomici, perché la grande maggioranza ha ignorato i segnali
d'allarme lanciati da alcuni solitari accademici.”
5.3 Conoscere per deliberare
„ Questo ampio dibattito non mette in discussione il principio che la corretta
analisi economica è essenziale per produrre proposte, concrete, quantificate,
motivate, che sono alla base di una politica economica efficace.
„ Programmare vuol dire, infatti, “adottare decisioni coordinate e coerenti di
politica economica” e per fare questo è necessario conoscere.
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