L`amore sofferto e mai dimenticato di Italo Calvino per il teatro,La

“7 minuti”: lo spettacolo
sulla lotta di classe
Venerdì 28 aprile, la Fondazione Ferrero di Alba ha ospitato
l’anteprima di “7 minuti”, lo spettacolo realizzato dal
Laboratorio teatrale 2017 del Liceo Classico “Govone”.
I temi del rispetto sul posto di lavoro e delle battaglie
sociali e sindacali per la dignità dell’essere umano sono
stati i veri protagonisti della vicenda narrata, tratta
dall’omonimo spettacolo teatrale di Stefano Massini che ha
ispirato, recentemente, il noto film di Michele Placido, con
Ambra Angiolini, Cristina Capotondi, Ottavia
Fiorella Mannoia tra le interpreti principali.
Piccolo
e
Con l’intento di elevare culturalmente i suoi fruitori verso
un’idea di convivenza piú umana tra le diverse classi sociali,
“7 minuti” costringe il pubblico in sala a porsi una domanda
molto semplice: il posto di lavoro é un diritto o un
privilegio?
Le diverse opinioni che possono manifestarsi su questo
argomento sono simboleggiate da undici operaie di una fabbrica
che ha appena sfiorato la chiusura.
Operaie che sono chiamate a rappresentarne tutta la forza
lavoro della fabbrica, circa 600 lavoratrici, in sede di
trattativa sindacale con la nuova proprietà.
Alle stesse viene lanciata una proposta: la rinuncia a soli 7
minuti su 15 della loro pausa pranzo, in cambio del
mantenimento di tutti i posti di lavoro, sia delle impiegate
che delle operaie.
La proposta, inizialmente giudicata con favore dalla
maggioranza delle undici protagoniste, inizia lentamente a
provocare conflitti sopiti ed inaspettati tra le stesse,
portando ad una votazione finale dal risultato del tutto
imprevedibile.
In un momento storico di crisi economica continua, come quello
che ogni lavoratrice ed ogni lavoratore stanno vivendo oggi in
Italia come in qualsiasi altro paese, lo spettacolo proposto
dal “Govone” offre ulteriori spunti di riflessione.
Le undici studentesse sul palco, tutte alla loro prima
esperienza recitativa, non si fanno soltanto carico dei
sentimenti di chi le osserva, ma riescono nel fiero intento di
evolvere il discorso proposto dal testo originale, sviluppando
ad esempio, a livello drammaturgico, la contrapposizione tra
lavoratrici che è propria del testo originale e
rappresentando soprattutto un conflitto tra donne.
Lo spettacolo “7 minuti”, nella versione del “Govone”,
raggiunge pertanto il suo climax nel mostrare madri contro
figlie, operaie contro impiegate, immigrate contro cittadine
regolari, accomunate tutte da un unico grande conflitto
interiore, umano e sociale: quello che sussiste tra il
desiderio di opportunità ed il desiderio di dignità,
soprattutto femminile.
Interessanti i numerosi parallelismi che in molti possono
trovare tra questa pièce e “Dodici uomini arrabbiati”, lo
spettacolo di Reginald Rose che ha ispirato Stefano Massini
proprio per “7 minuti” e che era stato proposto, sempre dal
Govone, nel 2011, con il titolo de “La parola ai giurati”.
All’epoca, i giovani attori del “Govone” avevano
interpretato dodici esponenti di una giuria, chiamati a
decidere il destino di un uomo accusato di omicidio.
Le analogie più importanti che intercorrono tra i due
spettacoli sono evidenti: l’iniziale convinzione che la
decisione da prendere sia molto facile, la tensione
progressivamente crescente nei dialoghi, il passaggio di molti
personaggi da una scelta iniziale data per scontata ad una
scelta diametralmente opposta e l’imprevedibilitá del finale.
Imprevedibilità che si presenta, da molti anni, come la vera
ed autentica firma del Laboratorio teatrale del “Govone”…
…e chissà cosa ci proporranno i ragazzi del Liceo Classico di
Alba il prossimo anno.
“7 minuti” sarà riproposto domenica 21 maggio alle ore
21.00 al Teatro Sociale di Alba.
Scheda
“7 minuti” di Stefano Massini
Adattamento e regia di Luca Franchelli.
Interpreti:
Blanche – Beatrice Maria Stella
Mireille – Narcisa Nicolau
Sabine – Chiara Groppo
Rachel – Asia Bordino
Agnieszka – Sara Boffa
Mahtab – Giorgia Rivetti
Zoelie – Silvia Gobetti
Arielle – Maddalena Pieroni
Sophie – Sofia Patrito
Lorraine – Gloria Bergolo
Con la partecipazione di Serena Micca nel ruolo di Odette.
Assistente alla regia – Letizia Alessandria.
Luci e suono – Gioele Giachino.
Collaboratori – Federica Santi, Andrea Chiotti.
Marco Asteggiano
www.marcoasteggiano.com
L’amore
sofferto
e
mai
dimenticato di Italo Calvino
per il teatro
La figura di Italo Calvino, lo scrittore partigiano
considerato uno dei narratori più importanti del secondo
Novecento, è stata al centro di un’interessante “lectio
magistralis” organizzata ad aprile dall’associazione
Latorrecultura, presso la libreria La Torre di Alba.
L’ottima presentazione di Corrado Marengo e le avvincenti
letture di Paolo Tibaldi, entrambi intervistati al termine
della serata, hanno caratterizzato questo evento, dal titolo
“Italo Calvino e il teatro”.
Secondo Marengo, Calvino, soprattutto a livello inconscio, non
smise mai di coltivare la sua passione per la drammaturgia,
nonostante la sua attività principale fosse stata, per molto
tempo, la narrativa.
Tra i numerosi documenti storici e contemporanei presentati
durante l’incontro, vanno ricordate le lettere inviate da
Italo Calvino ad Eugenio Scalfari e le recensioni teatrali da
lui realizzate per “L’Unità“, oltre a diverse citazioni tratte
dal libro “Calvino e il teatro – Storia di una passione
rimossa”, di Enrica Maria Ferrara. Volume pubblicato a
trent’anni dalla scomparsa dello scrittore.
La luce nuova ed inedita sotto la quale Marengo e Tibaldi
hanno illuminato l’esperienza letteraria ed umana di Italo
Calvino è apparsa ai presenti come la soluzione di quel
percorso labirintico ed irto di ostacoli che, prima o poi,
porta ogni essere umano ad affrontare sé stesso ed i propri
desideri più inconsci, in un grande gioco di specchi che non
differisce poi così tanto, nelle sue modalità, dalla tecnica
narrativa che ha reso celebre l’autore da loro analizzato.
Un classico esempio di rimozione, quindi, che sarebbe stata
operata, in particolare, nell’immediato
tuttavia, non avrebbe impedito all’autore
sua vocazione di sempre negli anni dopo
all’incontro con la nota attrice teatrale
dopoguerra, ma che,
di affrontare questa
il 1955, in seguito
Elsa de’ Giorgi.
Proprio il teatro, durante questo evento albese, si è
manifestato come una seconda e nascosta colonna portante sulla
quale Calvino potrebbe aver edificato la sua stessa esistenza
a partire dagli anni di gioventù.
Colonna che, una volta rivelata a fianco della narrativa, ha
reso evidenti, con grazia, gli aspetti meno conosciuti di
questo artista, consentendo un giudizio critico maggiormente
esaustivo sulla sua opera.
Nella playlist in basso, i video con i passaggi più importanti
dell’evento “Italo Calvino e il teatro”.
Marco Asteggiano
La bottega del caffè – Voci
fuori
dal
coro
della
borghesia
goldoniana
del
‘700, rievocate nel nostro
presente
Nella prima metà di aprile, il Teatro Moretta di Alba ha
ospitato l’anteprima de “La bottega del caffè”, il secondo
spettacolo realizzato nell’ambito del Laboratorio teatrale
2016 del Liceo “Govone” dopo lo stupendo “Tre sull’altalena”.
Nuovamente diretti dal professor Luca Franchelli, questi
ragazzi, in gran parte alla loro prima esperienza sul palco,
hanno saputo affrontare un’impresa sicuramente non da poco:
quella di ambientare ai giorni nostri l’opera originale
scritta da Carlo Goldoni quasi tre secoli or sono,
preservandone tuttavia intatto il linguaggio della sua epoca
di riferimento, ovvero il ‘700.
Una scelta di regia che ha comportato, per tutti i
caratteristi, il difficile studio mnemonico dell’idioma
settecentesco, oltre alla sua contestualizzazione in un
presente solo apparentemente diverso dal Secolo dei Lumi.
Questi presupposti hanno reso ancora più evidenti alcune delle
problematiche di allestimento nella cui soluzione si sono
cimentati con grande impegno i giovani attori e le giovani
attrici del Laboratorio teatrale 2016: innanzitutto il
possibile insorgere di situazioni anacronistiche per la nostra
epoca, e, successivamente, il rischio di incomprensione di
questo linguaggio “d’altri tempi” da parte del pubblico in
sala.
Dimostrando tuttavia, con grande caparbietà, il modo come
siano proprio le difficoltà a temprare il carattere delle
persone, e soprattutto della gente di teatro, gli interpreti
de “La bottega del caffè” hanno saputo rivelare, proprio
attraverso quella lingua così forbita, la profonda attualità
dello scritto originale di Goldoni.
Scritto che, ancora oggi, raggiunge il suo climax narrativo
nella rappresentazione ironicamente incisiva e graffiante di
due classi sociali: quella borghese, attiva e vitale, e quella
nobiliare, decadente ed oziosa, reciprocamente contrapposte,
nel teatro come nella realtà di allora, per i loro diversi
modi d’essere e per le loro distinte aspirazioni.
L’idea del Laboratorio Teatrale del “Govone” di descrivere le
stesse situazioni della commedia originale come se fossero
appartenenti al presente ha rammentato a tutti gli spettatori
che i valori borghesi come il lavoro e la famiglia, sui quali
si fonda ancora oggi la società moderna, hanno iniziato ad
affermarsi proprio nel periodo storico di Goldoni.
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Nel corso di una rappresentazione ricca di colpi di scena,
applaudita per diversi minuti anche dopo la sua conclusione,
il pubblico del Teatro Moretta ha avuto la possibilità di
identificarsi in Eugenio (Paolo Han Beoletto), mercante
sull’orlo della rovina a causa della sua passione per il gioco
d’azzardo e costretto, suo malgrado, a chiedere aiuto alla
locandiera Doralice (Lorenza Valsania), allo scopo di onorare
un forte debito contratto con il Conte Leandro (Giulio
Berrino).
Il Conte Leandro è, in realtà, la falsa identità di Flaminio,
giovane fedifrago in fuga dalla moglie Placida (Elena
Castelletta) ed originario del Piemonte, innamorato della
ballerina Lisaura (Linda Boglietti).
L’accordo con Doralice porterà Eugenio a rappacificarsi con la
consorte Vittoria (Francesca Drocco), ma sarà continuamente
ostacolato, nel testo di Goldoni come nella messa in scena del
“Govone”, dalle maldicenze messe volutamente, ma anche non
volutamente, in circolazione da Don Marzio (Andrea Porello),
usuraio napoletano che rappresenta la vera anima dello
spettacolo per la sua incapacità quasi patologica di tenere i
segreti per sé. Caratteristica che lo accomuna, a suo modo, a
Colombina (Sara Cocito), la cameriera chiacchierona ed
impertinente di Doralice.
La cacciata di Don Marzio da Venezia, la redenzione di
Colombina, ma anche l’arresto, da parte del Capitano dei birri
(Marco Maurino), del biscazziere Pandolfo (Francesco Gallo),
ovvero dell’uomo che aveva portato Eugenio ad indebitarsi con
il gioco, si manifesterà, nel lieto fine, come
l’esorcizzazione collettiva e corale di quelle maldicenze, di
quell’ozio e di quella perversione che avevano provocato tutti
i guai di Eugenio e Flaminio.
Esorcizzazione portata a compimento dal microcosmo dei
personaggi dell’opera, tutti di chiara estrazione borghese, e
che verrà attuata anche attraverso il ricongiungimento di
Eugenio con Vittoria e di Flaminio con Placida.
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Le maldicenze, l’ozio e la perversione sono i simboli della
decadenza della classe nobiliare settecentesca sulla quale
Goldoni mirava a far riflettere attraverso la sua opera.
Simboli che, riproposti nel nostro presente attraverso uno
specchio deformante, quello della rappresentazione del
“Govone”, si rendono parte, a loro volta, di un importante
monito nei confronti della borghesia odierna, divenuta classe
dirigente nel corso degli ultimi tre secoli.
Esattamente come i due personaggi più emblematici de “La
bottega del caffè”, Eugenio e Flaminio, la borghesia dei
nostri giorni, non è certamente esente dalla decadenza dei
nobili che l’hanno preceduta.
Infatti, se è vero, come scriveva un tempo il filosofo Karl
Popper, che “Il prezzo della libertà è l’eterna vigilanza”,
essere veramente liberi significa, ancora oggi, non smettere
mai di osservare chi ci governa e di insistere, se
quest’ultimo sta veramente sbagliando, nel fargli comprendere
il suo errore, anche a costo di comunicare quell’errore con
una voce al di fuori dal coro.
Poiché, quando è il coro per primo ad esaltare le maldicenze,
l’ozio e la perversione, si riconosce chiaramente l’inizio
della fine di ogni libertà e di ogni diritto.
La liberta e i diritti sono fondati su valori espliciti che,
per poter sbocciare e fiorire, devono essere tutelati da ogni
forma di corruzione.
È realmente necessario vigilare per proteggere i valori nei
quali crediamo e non importa se si tratta di valori nobiliari
o borghesi, poiché la loro caduta, se non impedita, è sempre,
regolarmente preceduta dalla vanagloria di chi governa e
dirige.
Le maldicenze, l’ozio e la perversione
sono state l’anticamera di quella
vanagloria che ha demolito la classe
dirigente di ieri e che potrebbe demolire,
un giorno, anche la classe dirigente di
oggi.
Ed è questa la dimostrazione di quanto sia attuale “La bottega
del caffè” portata in scena dal “Govone”, persino oltre le più
rosee aspettative dei suoi interpreti e realizzatori.
“La bottega del caffè” sarà riproposto sabato 14 maggio alle
ore 21.00, presso il Teatro Sociale di Alba.
Che siate nobili o borghesi, auguro tutti voi di poter rendere
sempre manifesta la vostra voce fuori dal coro, poiché sono le
opinioni urlate dai singoli a costituire il nerbo della
democrazia, sicuramente più delle noiose certezze
sussurrate sottobanco alla massa dalle persone senza valori.
Marco Asteggiano
La scheda
Personaggi e interpreti
Lorenza Valsania – Doralice, la locandiera
Andrea Porello – Don Marzio, gentiluomo napoletano
Paolo Han Beoletto – Eugenio, mercante
Giulio Berrino – Flaminio, sotto nome di Conte Leandro
Elena Castelletta – Placida, moglie di Flaminio
Francesca Drocco – Vittoria, moglie di Eugenio
Linda Boglietti – Lisaura, ballerina
Francesco Gallo – Pandolfo, biscazziere
Sara Cocito – Colombina, cameriera di Doralice
Marco Maurino – Capitano di birri
Luci e suono
Matteo Rabino
Assistente alla regia
Laura Begani
Collaborazioni
Milena Racca
Elena Rolando
Coordinamento generale
Laura Dolcino
Regia
Luca Franchelli
Siti
www.classicogovone.it
www.artisticogallizio.it
Tre sull’altalena
Link alla versione inglese di questo articolo.
Sabato 2 aprile, presso il Teatro di Monticello d’Alba, il
Laboratorio teatrale del Liceo Classico “G. Govone” di Alba ha
portato in scena la commedia “Tre sull’altalena”, diretto da
Luca Franchelli e scritto da Luigi Lunari nel lontano 1989.
Caratterizzate dalla magistrale e carismatica interpretazione
di quattro giovani attrici promettenti, le divertenti scene
proposte si sono rivelate come una coinvolgente ed inaspettata
riflessione sul vero significato dell’esistenza umana e sulle
molteplici incognite che tutti siamo chiamati a risolvere, in
un modo o nell’altro, nel corso della nostra vita.
L’atmosfera surreale che l’opera esigeva è stata interamente
affidata alla performance delle ragazze, coadiuvate solo in
minima parte da una scenografia pressoché concettuale e da
effetti speciali visivi e sonori quasi minimalisti.
Particolare degno di nota che non ha mancato di stupire il
pubblico in sala, affascinato dalle molte citazioni
filosofiche, religiose e letterarie che hanno contornato la
loro esibizione: da Schopenhauer a Shakespeare, passando per
la Bibbia, per il laconico “Così parlò Zarathustra” e persino
per la canzone “Fin che la barca va” del 1970, cantata da
Orietta Berti.
______________________________
Una donna in carriera (Vittoria Albesiano), un commissario
dell’Amministrazione Pubblica (Marta Giamesio) ed una
professoressa di lettere (Francesca Mazza) si ritrovano
all’interno di un palazzo a pochi minuti dall’inizio di
un’esercitazione antismog.
Le tre donne hanno raggiunto quel luogo per tre ragioni
diverse e sono convinte di trovarsi presso tre indirizzi
distinti.
L’esercitazione le costringerà a restare nella stessa stanza
per tutta la notte e, per ragioni inesplicabili, ognuna delle
porte che hanno varcato prima del loro arrivo potrà essere
aperta soltanto da colei che l’ha attraversata per prima.
Con il passare del tempo, nuovi misteri verranno portati alla
luce, come la presenza di bevande diverse in un frigorifero a
seconda della persona che lo apre o l’alternarsi di diversi
fenomeni meteorologici esterni nello stesso momento.
Nemmeno l’arrivo di una donna delle pulizie dall’atteggiamento
enigmatico e sibillino (Matilde Cielo) sembrerà dare una
risposta definitiva alla domanda sulla vera natura di quel
luogo quasi onirico, destinato a costringere le tre donne alla
più drammatica delle riflessioni, quella sulla morte.
______________________________
A suo tempo, Luigi Lunari era stato elogiato per “Tre
sull’altalena” dal grande Dario Fo, il quale aveva descritto
questo spettacolo come
Una macchina di fantastica fattura.
, e come
Una delle invenzioni teatrali per le quali vale la pena di
uscire la sera a Milano, sobbarcarsi il rito della vestizione,
prenotare il biglietto, prendere il taxi, starsene seduti in
una sala stipata di gente.
Chi scrive non può che condividere questa affermazione,
rilanciandola, tuttavia, anche per la messa in scena del
“Govone” e sottolineando il modo come la giovane età delle
quattro protagoniste: Vittoria Albesino, Marta Giamesio,
Francesca Mazza e Matilde Cielo, abbia giocato, in questo
caso, un ruolo preponderante nel successo della loro
esibizione, resa ancora più emozionante e indimenticabile dal
ritmo serrato ed incalzante delle loro battute ad effetto.
“Tre sull’altalena” è il primo spettacolo del “Govone” ad
essere interpretato da sole ragazze e si configura come il
degno ed interessante proseguimento di quello stesso
Laboratorio che, negli ultimi anni, ha messo in scena “La
parola ai giurati” (nel 2011), scritto da Reginald Rose, “Otto
donne e un mistero” e “Trappola per un uomo solo” (nel 2012),
di Robert Thomas, “Scene da matrimoni” (nel 2013), spettacolo
tratto da Anton Čechov, Eugène Ionesco e Michael Frayn, “Dieci
piccoli negretti” (nel 2014) di Agatha Christie e “Così è (se
vi pare)” (nel 2015) di Luigi Pirandello.
Tutti eventi teatrali che sono stati
caratterizzati, in passato, dall’ottima
performance dei loro bravissimi interpreti
sul palco.
Domenica 22 maggio, alle ore 21.00, il Teatro Sociale “G.
Busca” di Alba ospiterà la replica di “Tre sull’altalena”,
concedendo al grande pubblico una seconda occasione di
assistere a questo imperdibile esempio di metafisica applicata
al teatro, ma anche di arte applicata alla vita.
Un appuntamento obbligato per chi, come il sottoscritto, ama
il teatro e lo considera la massima forma di espressione
dell’animo umano, ma anche per chi, del teatro, in Italia,
desidera intravedere il futuro, anche solo attraverso la
magistrale interpretazione di queste quattro magnifiche
attrici.
Marco Asteggiano
Link alla versione inglese di questo articolo.
La scheda
Personaggi e interpreti:
Vittoria Albesiano – La donna in carriera
Marta Giamesio – Il commissario
Francesca Mazza – La professoressa
Matilde Cielo – La donna delle pulizie
Luci e suono:
Matteo Rabino
Assistente alla regia:
Umberto Monchiero
Collaborazioni:
Andrea Chiotti
Angelo Vero
Coordinamento generale:
Laura Dolcino
Regia:
Luca Franchelli
Siti:
www.classicogovone.it
www.artisticogallizio.it