25 aprile: la liberazione festa della In Romania si festeggia il 23 agosto, in Norvegia l’8 maggio, in Danimarca e nei Paesi Bassi il 5 maggio. L’Italia, per celebrare la sua liberazione dal Nazifascismo, ha scelto, molti anni or sono, il 25 aprile, ovvero la data dell’insurrezione generale proclamata dal Comitato di Liberazione Nazionale nel 1945, in tutte le città del nord del Paese. È la data nella quale si celebra la Resistenza italiana, ovvero i combattenti per la libertà, i Partigiani, ma è anche la data che celebra la resistenza degli Italiani. Ovvero quella sopportazione silenziosa, costante e sofferta vissuta in forma civile per venti anni, da ogni cittadino d’Italia che avesse ancora dei valori in cui credere e che non intendesse aderire in alcun modo alla forza oppressiva dei Nazifascisti, dimostratisi in grado, all’epoca, di azioni così micidiali e disumane da superare il limite della ragione. Una forza che arrivò ad un passo dall’annientare tutti gli Italiani, sia come popolo che come nazione, poiché il Nazifascismo ambiva all’annientamento di tutti i popoli, di tutte le nazioni ed, in particolare, di tutte le identità, anche a costo di trasformare gli esseri umani in pavide marionette al servizio di un capo ignobile e perverso e di aggredire, umiliare e ed uccidere i deboli e gli innocenti. Celebrare ancora oggi in un’unica data le due resistenze di allora: quella dei Partigiani e quella degli Italiani, è un obbligo per tutti coloro che riconoscono il pericolo del ritorno di quei giorni terribili. Nel 25 aprile, si possono identificare, infatti, sia la memoria di chi ha gloriosamente combattuto i Nazifascisti con il fucile in mano, sia la memoria di tutti i cittadini italiani che dimostrarono il loro valore nella vita civile, compiendo scelte non facili di libertà e di coraggio in un periodo storico durante il quale la libertà ed il coraggio erano puniti anche con la tortura e con la morte. La storia, la stessa storia nella quale credevano persino i Nazifascisti, ha sempre dato, in realtà, un solo ordine veramente perentorio ed irrevocabile agli esseri umani: quello di vivere con dignità, nell’accettazione reciproca. Ed è per questo motivo che, il 25 aprile, il giorno della Liberazione, deve divenire anche il giorno durante il quale si possa celebrare un’unica resistenza. La resistenza che non è mai solo dei Partigiani o dei civili. La resistenza che non è mai solo delle Forze Armate o dei Leader politici. La resistenza che non è mai solo degli Italiani, ma che è e dev’essere sempre la resistenza di tutti, nella quale Italiani e Tedeschi, Angloamericani e Russi, ma anche orientali ed occidentali, bianchi e neri, operai ed imprenditori, immigrati, cittadini regolari, Musulmani, Ebrei e Cristiani devono sapersi riconoscere: la resistenza contro ogni negazione della dignità umana. Anche nel rispetto di questo principio, lo scorso 25 aprile, il Bosco dei pensieri della Fondazione Mirafiore di Serralunga d’Alba ha ospitato l’annuale celebrazione della Resistenza italiana, manifestazione affiancata ad una passeggiata letteraria che, per l’occasione, è stata caratterizzata dalla lettura pubblica di brani tratti dalle opere di diversi importanti artisti e letterati del ventesimo e del ventunesimo secolo, tra i quali vanno ricordati: Erri de Luca, William Tanner Vollmann, Piero Calamandrei, Cesare Pavese, l’immancabile Beppe Fenoglio ed il compianto Gianmaria Testa. Presente, tra i numerosi ospiti e partecipanti alla camminata, lo scrittore Antonio Scurati, che ha letto un suo passo sulla figura di Leone Ginzburg, il letterato antifascista ucciso a Roma nel 1944 per essersi rifiutato di giurare fedeltà al Regime. Update del Primo Maggio 2016: ecco la playlist con i video della camminata. Per restare aggiornati sui contenuti video di www.marcoasteggiano.com, iscrivetevi al canale YouTube associato: https://www.youtube.com/channel/UC05ky2lxKdE00FUlrKXNgSA. Buona resistenza a tutti, sia con la r minuscola che con la R maiuscola. Marco Asteggiano L’amore sofferto e mai dimenticato di Italo Calvino per il teatro La figura di Italo Calvino, lo scrittore partigiano considerato uno dei narratori più importanti del secondo Novecento, è stata al centro di un’interessante “lectio magistralis” organizzata ad aprile dall’associazione Latorrecultura, presso la libreria La Torre di Alba. L’ottima presentazione di Corrado Marengo e le avvincenti letture di Paolo Tibaldi, entrambi intervistati al termine della serata, hanno caratterizzato questo evento, dal titolo “Italo Calvino e il teatro”. Secondo Marengo, Calvino, soprattutto a livello inconscio, non smise mai di coltivare la sua passione per la drammaturgia, nonostante la sua attività principale fosse stata, per molto tempo, la narrativa. Tra i numerosi documenti storici e contemporanei presentati durante l’incontro, vanno ricordate le lettere inviate da Italo Calvino ad Eugenio Scalfari e le recensioni teatrali da lui realizzate per “L’Unità“, oltre a diverse citazioni tratte dal libro “Calvino e il teatro – Storia di una passione rimossa”, di Enrica Maria Ferrara. Volume pubblicato a trent’anni dalla scomparsa dello scrittore. La luce nuova ed inedita sotto la quale Marengo e Tibaldi hanno illuminato l’esperienza letteraria ed umana di Italo Calvino è apparsa ai presenti come la soluzione di quel percorso labirintico ed irto di ostacoli che, prima o poi, porta ogni essere umano ad affrontare sé stesso ed i propri desideri più inconsci, in un grande gioco di specchi che non differisce poi così tanto, nelle sue modalità, dalla tecnica narrativa che ha reso celebre l’autore da loro analizzato. Un classico esempio di rimozione, quindi, che sarebbe stata operata, in particolare, nell’immediato dopoguerra, ma che, tuttavia, non avrebbe impedito all’autore di affrontare questa sua vocazione di sempre negli anni dopo il 1955, in seguito all’incontro con la nota attrice teatrale Elsa de’ Giorgi. Proprio il teatro, durante questo evento albese, si è manifestato come una seconda e nascosta colonna portante sulla quale Calvino potrebbe aver edificato la sua stessa esistenza a partire dagli anni di gioventù. Colonna che, una volta rivelata a fianco della narrativa, ha reso evidenti, con grazia, gli aspetti meno conosciuti di questo artista, consentendo un giudizio critico maggiormente esaustivo sulla sua opera. Nella playlist in basso, i video con i passaggi più importanti dell’evento “Italo Calvino e il teatro”. Marco Asteggiano Renato Zero conclude a sorpresa il Laboratorio di Resistenza permanente 2015/2016 della Fondazione Mirafiore La Fondazione Mirafiore di Serralunga d’Alba ha ospitato nella seconda metà di aprile l’incontro a sorpresa con Renato Zero, a conclusione dell’edizione 2015/2016 del Laboratorio di Resistenza permanente. La serata è stata caratterizzata dai duetti del cantautore con Oscar Farinetti, il quale lo ha invitato più volte ad eseguire i suoi brani più celebri. Renato Zero ha anche presentato “Alt”, il suo ultimo album, contenente diversi brani inediti, e non ha risparmiato al folto pubblico del Teatro della Fondazione diverse confessioni sul suo passato e sulla sua vita artistica. Numerosi i partecipanti a questo evento di alto profilo, annunciato solo poche ore prima del suo inizio. Nella playlist in basso, i momenti salienti dell’incontro di Renato Zero in Fondazione Mirafiore. Marco Asteggiano La bottega del caffè – Voci fuori dal coro della borghesia goldoniana del ‘700, rievocate nel nostro presente Nella prima metà di aprile, il Teatro Moretta di Alba ha ospitato l’anteprima de “La bottega del caffè”, il secondo spettacolo realizzato nell’ambito del Laboratorio teatrale 2016 del Liceo “Govone” dopo lo stupendo “Tre sull’altalena”. Nuovamente diretti dal professor Luca Franchelli, questi ragazzi, in gran parte alla loro prima esperienza sul palco, hanno saputo affrontare un’impresa sicuramente non da poco: quella di ambientare ai giorni nostri l’opera originale scritta da Carlo Goldoni quasi tre secoli or sono, preservandone tuttavia intatto il linguaggio della sua epoca di riferimento, ovvero il ‘700. Una scelta di regia che ha comportato, per tutti i caratteristi, il difficile studio mnemonico dell’idioma settecentesco, oltre alla sua contestualizzazione in un presente solo apparentemente diverso dal Secolo dei Lumi. Questi presupposti hanno reso ancora più evidenti alcune delle problematiche di allestimento nella cui soluzione si sono cimentati con grande impegno i giovani attori e le giovani attrici del Laboratorio teatrale 2016: innanzitutto il possibile insorgere di situazioni anacronistiche per la nostra epoca, e, successivamente, il rischio di incomprensione di questo linguaggio “d’altri tempi” da parte del pubblico in sala. Dimostrando tuttavia, con grande caparbietà, il modo come siano proprio le difficoltà a temprare il carattere delle persone, e soprattutto della gente di teatro, gli interpreti de “La bottega del caffè” hanno saputo rivelare, proprio attraverso quella lingua così forbita, la profonda attualità dello scritto originale di Goldoni. Scritto che, ancora oggi, raggiunge il suo climax narrativo nella rappresentazione ironicamente incisiva e graffiante di due classi sociali: quella borghese, attiva e vitale, e quella nobiliare, decadente ed oziosa, reciprocamente contrapposte, nel teatro come nella realtà di allora, per i loro diversi modi d’essere e per le loro distinte aspirazioni. L’idea del Laboratorio Teatrale del “Govone” di descrivere le stesse situazioni della commedia originale come se fossero appartenenti al presente ha rammentato a tutti gli spettatori che i valori borghesi come il lavoro e la famiglia, sui quali si fonda ancora oggi la società moderna, hanno iniziato ad affermarsi proprio nel periodo storico di Goldoni. _________________________________ Nel corso di una rappresentazione ricca di colpi di scena, applaudita per diversi minuti anche dopo la sua conclusione, il pubblico del Teatro Moretta ha avuto la possibilità di identificarsi in Eugenio (Paolo Han Beoletto), mercante sull’orlo della rovina a causa della sua passione per il gioco d’azzardo e costretto, suo malgrado, a chiedere aiuto alla locandiera Doralice (Lorenza Valsania), allo scopo di onorare un forte debito contratto con il Conte Leandro (Giulio Berrino). Il Conte Leandro è, in realtà, la falsa identità di Flaminio, giovane fedifrago in fuga dalla moglie Placida (Elena Castelletta) ed originario del Piemonte, innamorato della ballerina Lisaura (Linda Boglietti). L’accordo con Doralice porterà Eugenio a rappacificarsi con la consorte Vittoria (Francesca Drocco), ma sarà continuamente ostacolato, nel testo di Goldoni come nella messa in scena del “Govone”, dalle maldicenze messe volutamente, ma anche non volutamente, in circolazione da Don Marzio (Andrea Porello), usuraio napoletano che rappresenta la vera anima dello spettacolo per la sua incapacità quasi patologica di tenere i segreti per sé. Caratteristica che lo accomuna, a suo modo, a Colombina (Sara Cocito), la cameriera chiacchierona ed impertinente di Doralice. La cacciata di Don Marzio da Venezia, la redenzione di Colombina, ma anche l’arresto, da parte del Capitano dei birri (Marco Maurino), del biscazziere Pandolfo (Francesco Gallo), ovvero dell’uomo che aveva portato Eugenio ad indebitarsi con il gioco, si manifesterà, nel lieto fine, come l’esorcizzazione collettiva e corale di quelle maldicenze, di quell’ozio e di quella perversione che avevano provocato tutti i guai di Eugenio e Flaminio. Esorcizzazione portata a compimento dal microcosmo dei personaggi dell’opera, tutti di chiara estrazione borghese, e che verrà attuata anche attraverso il ricongiungimento di Eugenio con Vittoria e di Flaminio con Placida. _________________________________ Le maldicenze, l’ozio e la perversione sono i simboli della decadenza della classe nobiliare settecentesca sulla quale Goldoni mirava a far riflettere attraverso la sua opera. Simboli che, riproposti nel nostro presente attraverso uno specchio deformante, quello della rappresentazione del “Govone”, si rendono parte, a loro volta, di un importante monito nei confronti della borghesia odierna, divenuta classe dirigente nel corso degli ultimi tre secoli. Esattamente come i due personaggi più emblematici de “La bottega del caffè”, Eugenio e Flaminio, la borghesia dei nostri giorni, non è certamente esente dalla decadenza dei nobili che l’hanno preceduta. Infatti, se è vero, come scriveva un tempo il filosofo Karl Popper, che “Il prezzo della libertà è l’eterna vigilanza”, essere veramente liberi significa, ancora oggi, non smettere mai di osservare chi ci governa e di insistere, se quest’ultimo sta veramente sbagliando, nel fargli comprendere il suo errore, anche a costo di comunicare quell’errore con una voce al di fuori dal coro. Poiché, quando è il coro per primo ad esaltare le maldicenze, l’ozio e la perversione, si riconosce chiaramente l’inizio della fine di ogni libertà e di ogni diritto. La liberta e i diritti sono fondati su valori espliciti che, per poter sbocciare e fiorire, devono essere tutelati da ogni forma di corruzione. È realmente necessario vigilare per proteggere i valori nei quali crediamo e non importa se si tratta di valori nobiliari o borghesi, poiché la loro caduta, se non impedita, è sempre, regolarmente preceduta dalla vanagloria di chi governa e dirige. Le maldicenze, l’ozio e la perversione sono state l’anticamera di quella vanagloria che ha demolito la classe dirigente di ieri e che potrebbe demolire, un giorno, anche la classe dirigente di oggi. Ed è questa la dimostrazione di quanto sia attuale “La bottega del caffè” portata in scena dal “Govone”, persino oltre le più rosee aspettative dei suoi interpreti e realizzatori. “La bottega del caffè” sarà riproposto sabato 14 maggio alle ore 21.00, presso il Teatro Sociale di Alba. Che siate nobili o borghesi, auguro tutti voi di poter rendere sempre manifesta la vostra voce fuori dal coro, poiché sono le opinioni urlate dai singoli a costituire il nerbo della democrazia, sicuramente più delle noiose certezze sussurrate sottobanco alla massa dalle persone senza valori. Marco Asteggiano La scheda Personaggi e interpreti Lorenza Valsania – Doralice, la locandiera Andrea Porello – Don Marzio, gentiluomo napoletano Paolo Han Beoletto – Eugenio, mercante Giulio Berrino – Flaminio, sotto nome di Conte Leandro Elena Castelletta – Placida, moglie di Flaminio Francesca Drocco – Vittoria, moglie di Eugenio Linda Boglietti – Lisaura, ballerina Francesco Gallo – Pandolfo, biscazziere Sara Cocito – Colombina, cameriera di Doralice Marco Maurino – Capitano di birri Luci e suono Matteo Rabino Assistente alla regia Laura Begani Collaborazioni Milena Racca Elena Rolando Coordinamento generale Laura Dolcino Regia Luca Franchelli Siti www.classicogovone.it www.artisticogallizio.it Camminata della Laicità Alba – Treiso 2016: un’esperienza da vivere Nella playlist di YouTube in basso, potete trovare il mio resoconto della Camminata della Laicità Alba – Treiso che ha avuto luogo agli inizi di aprile. Al termine di questa interessante manifestazione, organizzata dall’Associazione albese Latorrecultura, è stata ricordata la figura storica di Giordano Bruno, il filosofo e frate dominicano condannato a morte per le sue idee quattro secoli or sono. L’evento ha rappresentato anche l’occasione per rammentare il percorso difficile ed irto di ostacoli che ha portato alla recente approvazione in Parlamento della Legge sulle Unioni civili e per illustrare la decisione assunta dal Consiglio Comunale di Alba il 26 novembre 2009 sulla istituzione del Registro del testamento biologico. Tutti esempi di come essere laici rappresenti una scelta di coraggio soprattutto nel nostro presente. Il prossimo appuntamento dell’Associazione Latorrecultura sarà alle ore 21.00 di lunedì 18 aprile, con l’intervento dell’attore Paolo Tibaldi dal titolo “Italo Calvino e il Teatro”, iniziativa che fa parte del ciclo di conferenze “La cultura piemontese del ‘900 come ponte (per superare fanatismi e intolleranze)“. A tutti i visitatori, laici e non, del www.marcoasteggiano.com auguro una buona visione. sito Marco Asteggiano