Medicina legale e pratica clinica:
incontri a tema
Relazione medico paziente
e attualità del consenso
Auditorium – Centro Servizi
Nuovo Ospedale S.Agostino-Estense di Baggiovara
FEDERICA BERSANI
S.C. di Medicina legale e Gestione del Rischio
Corriere della Sera
domenica 22/9/2013
Il CONSENSO del paziente
rappresenta l’atto sotteso a ogni trattamento medico
e trae la propria origine dal
principio di autonomia
e di libertà all’autodeterminazione
sancito dalla Costituzione (artt. 2, 13 e 32),
secondo il quale
la libertà personale è inviolabile
e i trattamenti sanitari
sono di norma volontari
(tranne i casi previsti dalla legge - L. 180/78 e artt. 33-35 della L. 833/78 )
Il consenso è l’espressione della volontà
della persona interessata e
non una semplice adesione
alla decisione del sanitario
deve quindi essere conseguente a
un’informazione adeguata fornita dal curante,
che deve esporre la proposta diagnosticoterapeutica in modo chiaro e comprensibile
ed è un
imperativo etico e deontologico
oltre che giuridico
Da un punto di vista giuridico,
trova conferma…
nel codice penale (art. 50 c.p.)
“Non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, col
consenso della persona che può validamente
disporne…”
e nell’ordinamento civilistico
in particolare, l’onere probatorio relativo alla dimostrazione
dell’avvenuta informazione grava sul medico;
medico se non
sarà in grado di provare di aver adeguatamente
informato il p.,
risponderà di omissione di consenso informato –
inadempimento contrattuale
Da un punto di vista
etico-deontologico, trova conferma nel
Codice di Deontologia Medica
(Fnomceo - 16/12/2006)
art. 26 (cartella clinica)
…Deve registrare i tempi e i modi delle informazioni fornite
al paziente nonché i termini del consenso dallo stesso
sottoscritto (o da chi ne esercita legalmente la tutela) alle
proposte diagnostico-terapeutiche avanzate dai sanitari
nonché del consenso al trattamento dei dati sensibili,
particolarmente nei casi di arruolamento nell’ambito di un
protocollo sperimentale.
art. 33 (informazione al cittadino)
Il medico deve fornire al paziente la più idonea
informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle
prospettive e le eventuali alternative diagnosticoterapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte
operate.
Il medico dovrà comunicare con il soggetto tenendo conto
delle sue capacità di comprensione, al fine di promuoverne
la massima partecipazione alle scelte decisionali e
l’adesione alle proposte diagnostico-terapeutiche.
Ogni ulteriore richiesta di informazione da parte del
paziente deve essere soddisfatta.
Il medico deve, altresì, soddisfare le richieste di informazione
del cittadino in tema di prevenzione.
Le informazioni riguardanti prognosi gravi o infauste o tali da
poter procurare preoccupazione e sofferenza alla persona,
devono essere fornite con prudenza, usando terminologie non
traumatizzanti e senza escludere elementi di speranza.
La documentata volontà della persona assistita di non essere
informata o di delegare ad altro soggetto l’informazione deve
essere rispettata.
L’informazione a terzi (art. 34) è strettamente vincolata alla
preventiva acquisizione da parte del medico del consenso,
esplicitamente espresso, del paziente.
art. 35 (acquisizione del consenso)
Il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o
terapeutica senza l’acquisizione del consenso esplicito e
informato del paziente.
Il consenso… è integrativo e non sostitutivo del processo
informativo di cui all'art. 33.
Il procedimento diagnostico e/o il trattamento terapeutico
che possano comportare grave rischio per l'incolumità
della persona, devono essere intrapresi solo in caso di
estrema necessità e previa informazione sulle possibili
conseguenze, cui deve far seguito una opportuna
documentazione del consenso.
In ogni caso, in presenza di documentato rifiuto di
persona capace, il medico deve desistere dai
conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo
consentito alcun trattamento medico contro la volontà
della persona.
Il medico deve intervenire, in scienza e coscienza, nei
confronti del paziente incapace, nel rispetto della dignità
della persona e della qualità della vita, evitando ogni
accanimento terapeutico, tenendo conto delle precedenti
volontà del paziente.
art. 37
(consenso del legale rappresentante)
Reca le norme deontologiche in materia di consenso agli
intereventi diagnostico-terapeutici ed al trattamento dei dati
sensibili fornito dal legale rappresentate di soggetto minore o
di interdetto.
Non si può prescindere dalle volontà espresse dal minore
che, se sufficientemente critico e risoluto, è libero di
esprimere o meno il suo personale consenso,
consenso indipendente
cioè dalla decisione dei genitori o del legale rappresentante.
‘il parere del minore è preso in considerazione come un
fattore sempre più determinante, in funzione della sua età e
del suo grado di maturità’ (art. 6 - Convenzione di Oviedo).
I REQUISITI DI VALIDITÁ DEL CONSENSO
Personale
Manifesto
Specifico
Preventivo e attuale
Revocabile
Consapevole
Informato
Prestato su un bene disponibile
PERSONALE
Unico avente diritto ad esprimere il
consenso é il
paziente
che si sottopone al trattamento
sanitario
Il consenso fornito dai familiari
è giuridicamente irrilevante
SALVO I CASI PARTICOLARI
Esercente la potestà genitoriale
Tutore
Amministratore di Sostegno
Legale rappresentante
MANIFESTO
Il paziente deve esprimere il consenso
(o il dissenso)
in modo
chiaro ed inequivocabile
É consigliabile pertanto
l’acquisizione in
forma scritta
FORMA SCRITTA
VALORE PROBATORIO
PARTE INTEGRANTE DELLA PRESTAZIONE
SANITARIA E DELLA
DOCUMENTAZIONE SANITARIA
Atto pubblico di fede privilegiata con valore
probatorio contestabile solo querela di falso
INFORMATO
Il momento informativo nei confronti del paziente è
unanimemente riconosciuto, dal punto di vista
etico, giuridico e deontologico
non più come semplice attività preliminare all’atto
sanitario, ma come
PARTE INTEGRANTE ED INSCINDIBILE
dell’atto stesso.
informazione adeguata all’età e alla condizione di capacità decisionale,
alla situazione di salute, psicologica, culturale e linguistica del paziente
nonché proporzionata alla tipologia della prestazione proposta
(personalizzata);
espressa con linguaggio semplice e chiaro,
chiaro evitando termini scientifici
troppo tecnici e avvalendosi di materiale informativo (comprensibile);
non illusoria ma prudente,
prudente ove sia relativa a prognosi gravi o infauste o
tali da poter procurare preoccupazione e sofferenza alla persona, priva di
terminologie traumatizzanti e senza escludere elementi di speranza
(veritiera);
basata su fonti clinico-scientifiche legittimate (obiettiva);
obiettiva
esaustiva;
esaustiva
non imposta (il p. ha facoltà di non essere informato, delegando la
ricezioni delle informazioni a terzi; di questo deve restare traccia scritta).
Il medico è destinatario di un fondamentale dovere nei
confronti del paziente, e deve sempre agire previo
consenso di quest'ultimo rispetto al trattamento attivato.
Fra i doveri etici, giuridici e professionali del medico
rientra anche la necessità che la formale acquisizione del
consenso non si risolva in uno sbrigativo adempimento
burocratico, ma sia preceduta da un’adeguata fase di
comunicazione e interazione fra il soggetto in grado di
fornire le informazioni necessarie (il medico) ed il soggetto
chiamato a compiere la scelta (il paziente).
COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA
24 ottobre 2008
La Convenzione di Oviedo, sancisce, all’art. 5, che ‘un
intervento nel campo della salute non può essere effettuato
se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso
libero e informato’ e, all’art. 10, che ‘ogni persona ha il diritto
di conoscere ogni informazione raccolta sulla propria salute.
Tuttavia la volontà di una persona di non essere informata
deve essere rispettata’.
La Carta Europea dei Diritti del Malato afferma, agli artt.
3, 4 e 5 il diritto per il paziente ad essere informato, a fornire
regolare consenso ed alla libera scelta di accesso ai
trattamenti sanitari.
All'interno dell'Azienda stiamo lavorando perché
questo concetto di “PERCORSO”, nel quale il
paziente sia accompagnato ed affiancato dal
sanitario, diventi sempre più un processo reale e
partecipato.
Per fare questo viene svolta formazione specifica
dedicata ai professionisti e si sta lavorando per rendere
più fruibile ed efficace il materiale informativo per i
cittadini, per fornire un ulteriore strumento che possa
aiutare a comprendere e quindi a decidere
consapevolmente
PROCEDURA
AZIENDALE
“Indicazioni per
l'acquisizione del
consenso informato”
24/6/2008
traccia le principali
indicazioni relative
all'informazione al paziente
e alla acquisizione del
consenso alle cure
OBIETTIVI
Tutelare il paziente nel suo diritto
all’autodeterminazione rispetto alle cure
Tutelare il professionista nei confronti di
possibile (a volte “pretestuoso”) contenzioso,
talora sostenuto da
assente/carente/inadeguata informazione
OBIETTIVI
Riuscire a “riprodurre” il più fedelmente
possibile attraverso la documentazione
sanitaria l’impegno
che gli operatori hanno dedicato
all’acquisizione di un consenso
“veramente”
informato e consapevole
CRITICITA’ OSSERVATE
Inadeguata o assente prova documentale
dell’acquisizione del consenso informato
(mancanza di firma/e sul modulo, assenza del modulo,
modulo riferito ad una procedura diversa da quella
effettivamente eseguita, etc.)
CRITICITA’ OSSERVATE
Impossibilità di dimostrare
il corretto svolgimento del processo informativo
(quale informazione? quanto esaustiva e quanto
effettivamente compresa?)
Cass. Civ. III Sez. Sent. 19/10/2006, n. 22390
Intervento di uretro-ileostomia; riconosciuta la responsabilità del chirurgo e
dell'ente ospedaliero in difetto di modulo di consenso informato (assenza
di modulo sottoscritto da medico e pz). Risarciti 270 milioni di lire.
IL PAZIENTE PUÒ LIMITARSI A DENUNCIARE UNA
SCARSA CONOSCENZA DELLA PRESTAZIONE
SPETTA AL MEDICO DIMOSTRARE DI AVER INFORMATO
CORRETTAMENTE
IL PAZIENTE SULLA PRESTAZIONE SANITARIA.
SPETTA AL MEDICO E ALL’AZIENDA
PER LA QUALE LAVORA DIMOSTRARE DI AVER
ADEMPIUTO CORRETTAMENTE ALL’OBBLIGO.
Tribunale di Monza, Sez. I, Sent. 25/01/2007
Intervento di ernioplastica dx complicato da dolori pericicatriziali da 'inglobamento
di un nervo in un punto di sutura’. La CTU medico-legale escludeva la RPM
nell'atto chirurgico. Veniva tuttavia riconosciuta la responsabilità del convenuto in
assenza di un consenso informato circa le possibili complicanze (scarsa
informazione del p. e incompletezza del modulo di consenso).
La responsabilità del sanitario per violazione dell'obbligo del
consenso informato discende dalla tenuta di una condotta
omissiva dell'adempimento dell'obbligo di informazione circa le
prevedibili conseguenze del trattamento cui il paziente venga
sottoposto e dalla successiva verificazione, in conseguenza del
trattamento stesso, di un aggravamento delle condizioni di salute
del paziente.
Ai fini della configurazione di tale responsabilità, appare del
tutto indifferente se il trattamento sia stato eseguito
correttamente o meno.
Con la sentenza 24791/2008,
24791/2008 la III Sezione della Cassazione
civile ha precisato come
l'obbligo di informazione non “...può ritenersi debitamente
assolto mediante la mera sottoscrizione... di un generico e non
meglio precisato apposito modulo,
dovendo... risultare per converso acclarato con certezza che il
p. sia stato dal medico reso previamente edotto delle
specifiche modalità dell'intervento, dei relativi rischi, delle
possibile complicanze, ecc.”.
Si trattava di una perforazione del colon post-polipectomia endoscopica
complicata da peritonite. Il consenso informato sottoscritto riguardava altro
intervento di natura diagnostica. L'Ente è stato condannato al pagamento di
£ 148 milioni.
A distanza di pochi mesi, la III Sezione (Cass., 2
luglio 2010, n. 15698)...
15698)
“...il medico-chirurgo viene meno all’obbligo a suo
carico in ordine all’ottenimento del c.d. consenso
informato ove non fornisca al p., in modo completo ed
esaustivo, tutte le informazione scientificamente
possibili riguardanti le terapie che intende praticare o
l'intervento chirurgico che intende eseguire, con le
relative modalità...”.
Il p., quando la cura cui è stato sottoposto
ha peggiorato il suo stato di salute, può
convenire il sanitario in giudizio e chiedere
il risarcimento del danno, allegando di non
essere stato informato sui rischi correlati,
e dimostrando soltanto l’esistenza del
contratto
di
prestazione
d’opera
professionale, la sua validità, l’esistenza
del danno.
Sarà il medico/Azienda sanitaria convenuto a dover
provare di aver informato il p. sui rischi e sulle modalità del
trattamento o che l’omessa informazione non è dipesa da
propria colpa.
Qualora non sia possibile fornire questa prova
documentale, a nulla servirà dimostrare il carattere
complesso dell’operazione ai sensi dell’art. 2236 c.c. né
dimostrare
di
averla
eseguita
attenendosi
scrupolosamente alle regole della buona pratica clinica ed
alle leges artis: si risponderà comunque del
peggioramento della salute del p. per non aver ottenuto il
consenso informato di quest’ultimo.
Più recentemente...
Sent. n. 2847, III Sez. Cass. Civile, 9 febbraio 2010
Intervento di cataratta dx complicato da cheratite corneale bollosa e
conseguente trapianto di cornea. Riconosciuta responsabilità per i
danni derivanti dall'intervento in difetto di consenso informato con
risarcimento di 74.000 €.
Nel ribadire il principio secondo cui l'informazione (“...illustrazione al
p. delle conseguenze (certe o incerte che siano, purché non del tutto anomale)
della terapia o dell'intervento...”) è un'obbligazione il cui adempimento
deve essere provato dal medico,
introduce il concetto di ALLEANZA TERAPEUTICA fra medico e
p., affermando che l'informazione “...vale anche … a
determinare nel p. l’accettazione di quel che di non gradito può
avvenire, in una sorta di condivisione della stessa speranza che
tutto vada bene...”.
LA STESSA SENTENZA…
In presenza di atto terapeutico necessario e correttamente
eseguito in base alle regole dell’arte dal quale siano
tuttavia derivate conseguenze dannose per la salute,
preceduto da inadeguata informazione al p. circa i possibili
effetti pregiudizievoli non imprevedibili, il medico può
essere chiamato a risarcire il danno alla salute solo se il p.
dimostri, anche tramite presunzioni, che, ove
compiutamente informato, egli avrebbe verosimilmente
rifiutato l’intervento, non potendo altrimenti ricondursi
all’inadempimento dell’obbligo di informazione alcuna
rilevanza causale sul danno alla salute…
Una recente sentenza del Tribunale Civile di Modena
(31/7/2013)…
Parte attrice: lesione del plesso brachiale
ostetrico, evitabile mediante parto con TC, in
consenso informato per il maggior rischio
da trauma
assenza di
Parte convenuta: la lesione del plesso brachiale è evento
raro che può verificarsi anche in corso di parto spontaneo e
senza alcun segno di traumatismo ostetrico.
CTU: esclude condotte professionali francamente anomale
o incongrue, non emergendo, con criterio ex ante,
motivazioni sufficienti che avrebbero dovuto indurre i
sanitari ad eseguire un TC.
Il Giudice aderiva alle conclusioni cui era giunto il CTU
sottolineando, sulla scorta di quanto sancito nella Sentenza di
Cass. n. 2847/10, che
“…in presenza di atti terapeutici necessari e ben eseguiti,
avrebbe dovuto essere provato che essi sarebbero stati
rifiutati dopo corretta informazione, e essere provato non una
semplice lesione in sé del diritto all’autodeterminazione, ma
che questo diritto fosse stato inciso oltre un certo livello
minimo di tollerabilità dando luogo ad un danno concreto,
ovviamente diverso dal danno alla salute…”.
Al momento, si tratta di pronunce ancora isolate…
Anche perchè...
Corte d'Appello di Roma, Sez III,
sentenza del 27/3/2007
“...l'avvenuta informazione del tipo di intervento da
parte del chirurgo... risultante dal modulo
d'informazione e consenso (completo, esaustivo e
specifico per l'intervento di tiroidectomia),
liberamente sottoscritto dal p., ha implicato, nel
caso specifico, la non opponibilità della prova
testimoniale contro detta scrittura...”.
Tribunale di Milano, n. 2331 del 25/2/2005
“...la completezza e l'intellegibilità delle
dichiarazioni contenute nel modulo, sottoscritto
liberamente dal p., comprovano di per sé
l'adempimento dell'obbligo di informazione
gravante sul medico...”.
Le soluzioni
Diverso approccio culturale
alla “cura” del paziente
Essere consapevoli che una buona comunicazione è
la premessa per una buona relazione con il paziente e
con i suoi familiari
imprescindibile premessa al
buon funzionamento del processo informativo
Le soluzioni
Il processo informativo funziona bene
se
l'informazione data è
oggettiva, esaustiva, personalizzata,
compartecipata
non meramente tecnicistica, frettolosa,
“burocratica”…
Le soluzioni
Il colloquio informativo, realizzato con modalità che
favoriscano l’instaurarsi di una relazione empatica,
deve essere opportunamente modulato sulla richiesta
di conoscenza del/la paziente, utilizzando un
linguaggio appropriato e parametrato alle sue
capacità di comprensione,
..fornendo le informazioni con gradualità e tenendo
conto delle altre persone che il/la paziente intende
eventualmente rendere partecipi
Per facilitare la comprensione da parte del paziente
delle informazioni sul suo stato di salute e sulla
procedura/trattamento proposto,
è fortemente consigliabile
l’utilizzo di
specifico materiale informativo
PRELIMINARMENTE CONSEGNATO/ILLUSTRATO
AL PAZIENTE
Ogni qualvolta il Medico proponga ad un paziente tale
procedura, dovrà essere preventivamente consegnato
il
relativo
materiale
informativo,
avendo
successivamente cura di acquisirne il consenso attraverso
lo specifico modulo.
In particolare, l'operatore addetto consegnerà copia del
materiale informativo al paziente, invitandolo a leggerlo
nell'attesa di essere sottoposto all'intervento
ogni materiale informativo dovrà essere previsto in
duplice copia: una per il p., l'altra da allegare alla
documentazione sanitaria
In endoscopia
Semplice ma esaustivo, possibilmente illustrato...
In ginecologia-ostetricia
AL FINE DI EVITARE
L’USO DI VERSIONI
PRECEDENTI, SIAMO
TUTTI INVITATI A NON
FARE FOTOCOPIE,
STAMPANDO
DIRETTAMENTE IL
MATERIALE CHE
NECESSITA DA QUESTO
FILE
(la parte relativa ad ogni
procedura dell’elenco
seguente è comprensiva di
materiale informativo – in
duplice copia - e modulo di
acquisizione del consenso
informato).
In ortopedia
PROTESI D'ANCA
(artroprotesi cementate, non cementate, ibride, endoprotesi)
L'intervento di protesi d'anca trova indicazione in diverse forme di artropatia cronica ad andamento
evolutivo, sulla base della gravita clinica e radiografica. Trova inoltre indicazione nel trattamento
delle fratture del collo del femore.
Le piu comuni affezioni che conducono a tale tipo di
intervento sono rappresentate da:
•
Artrosi primaria dell'anca;
•
Artrosi secondaria dell'anca (ad esempio, negli
esiti di displasia congenita o di epifisiolisi);
•
Artrosi post-traumatica (esiti di fratture del
femore e/o del bacino);
•
Necrosi asettica della testa del femore;
•
Fratture del collo del femore;
•
Artrite reumatoide.Nei casi in cui la gravita del dolore e della limitazione funzionale nelle
fasi avanzate di tali patologie non rispondono a trattamenti conservativi (medici e/o
riabilitativi), I'impianto di una protesi può consentire il rapido miglioramento della
sintomatologia dolorosa e dell'efficienza funzionale.
• In via generale, nei casi di tessuto osseo con
caratteristiche trofiche tali da prevedere una buona
tenuta meccanica e di integrazione dell'impianto
protesico, risulta maggiormente indicato un
impianto di protesi non cementate o ibride (ovvero
parzialmente cementate in cui o solo il cotile o solo
lo stelo è cementato). Nei casi di tessuto osseo
con caratteristiche trofiche tali da non prevedere
una buona tenuta meccanica e di integrazione
dell'impianto
protesico
(ad
esempio,
nell'osteoporosi e nei pazienti di età avanzata),
risulta maggiormente indicato un impianto di protesi cementata.
•
In ogni caso, la scelta definitiva del tipo di impianto (disegno protesico, tipo di materiale e
del metodo di fissazione) verrà effettuata prima dell'intervento e confermata o meno
durante l'intervento stesso, sulla base delle valutazioni intra-operatorie.
Controindicazioni all'intervento
Le controindicazioni all’intervento di protesi d'anca sono legate alle condizioni generali del paziente
quali cardiopatia grave, insufficienza respiratoria, diabete scompensato, insufficienza renale,
immunodeficienza ecc., che verranno attentamente valutate dall'equipe chirurgica/anestesiologica.
La condizione psicologica del paziente e la sua capacità di adattarsi e di accettare le terapie
proposte dai sanitari sono altrettanto importanti per una buona riuscita del trattamento chirurgico.
In generale le controindicazioni assolute alla protesi sono:
• artrite settica dell'anca;
• gravi patologie neurologiche con insufficienza muscolare.
Preparazione all'intervento
Gli accertamenti pre-operatori vengono di norma eseguiti precedentemente al ricovero (prericovero) presso la nostra U.O. ovvero in sede di Pronto Soccorso
nei pazienti con frattura del collo del femore.
Al pre-ricovero viene consegnato al paziente un opuscolo
informativo relativo alla patologia, all'intervento proposto ed al
protocollo riabilitativo; in particolare sono illustrati gli accorgimenti
che si dovranno adottare per evitare atteggiamenti posturali e
movimenti erronei che potrebbero portare a lussazione protesica.
Nei casi di intervento chirurgico programmato, verrà effettuata una
visita anestesiologica in esito alla quale verrà anche stabilita
l’idoneità o meno al predeposito ematico.
Preliminarmente all'intervento verrà fra l'altro effettuata la
preparazione intestinale e inserito il catetere vescicale.
Anestesia
L'intervento può essere svolto sia in anestesia loco-regionale (anestesia spinale) che in
anestesia generale. Maggiori e più dettagliate informazioni potrà averle durante il
colloquio con il medico anestesista.
Durante le procedure anestesiologiche pre-operatorie verrà inoltre effettuata una
profilassi antibiotica per via endovenosa.
Modalità di esecuzione
L'intervento chirurgico viene effettuato tramite incisione della cute di circa 15-20 cm
sulla superficie postero-laterale della coscia. Vengono incisi, per strati, i tessuti
sottocutanei sino a raggiungere l'articolazione dell'anca che viene lussata permettendo
l'asportazione della testa del femore e la preparazione dell'acetabolo nel bacino.
Vengono quindi posizionate le componenti protesiche (stelo femorale e coppa
acetabolare) valutando la stabilità e la lunghezza dell'arto. Solitamente vengono
posizionati uno o due drenaggi per la raccolta del sangue che eventualmente potrà
essere reinfuso; proprio in virtù del fatto che in questo intervento si hanno perdite
ematiche, viene programmato il pre-deposito ematico da usarsi nell’immediato
postoperatorio.
Durata dell'intervento
Generalmente l'esecuzione dell'atto chirurgico richiede mediamente 60-90 minuti.
Possibili variazioni ed estensioni dell'intervento
In alcuni pazienti affetti ad esempio, da esiti di displasia dell'anca o da esiti traumatici, può
risultare necessaria I'effettuazione di tempi chirurgici complementari (procedura operatoria
aggiuntiva rispetto a quella standard) quali osteotomie del gran trocantere, osteotomie della
diafisi femorale, osteosintesi riparative al termine dell'intervento, tenotomia degli adduttori,
ecc. che naturalmente allungano il tempo chirurgico complessivo.
In certi rari casi la presenza di difetti ossei può richiedere I'impiego di tessuto osseo con
funzione di innesto.
Gli innesti ossei utilizzati possono essere:
autologhi (cioè prelevati dal paziente stesso): abitualmente viene impiegata la testa femorale
resecata;
omologhi (provenienti da pazienti donatori, attraverso la Banca del Tessuto Muscoloscheletrico degli Istituti Ortopedici Rizzoli di Bologna).
Decorso post-operatorio
Generalmente il giorno successivo all'intervento il paziente effettua visita fisiatrica con
prescrizione di protocollo riabilitativo che inizia a compiere il giorno stesso con esercizi di
mobilizzazione attiva e passiva al letto dell'arto operato.
Dal secondo giorno dopo I'intervento il paziente viene posto seduto; in terza giornata inizia
gradualmente esercizi di ortostatismo (stazione eretta) e di deambulazione assistita. I tempi
di concessione del carico sull'arto operato possono tuttavia variare in base a fattori che
dipendono dal tipo di impianto protesico e dal grado di tenuta meccanica del tessuto osseo.
La dimissione avviene di norma tra la quinta e la settima giornata successiva all'intervento.
Al momento della dimissione dall’ospedale, verrà rilasciata la lettera di dimissione con le
istruzioni per i controlli successivi (consigliata visita di controllo dopo circa 30 giorni
dall’intervento con controllo radiografico).
Le prime fasi della riabilitazione sono caratterizzate da dolore articolare che può essere
anche importante. E' necessario però che il paziente continui ad effettuare la riabilitazione
prescritta per ottenere buoni risultati. I tempi e il grado di recupero dell'autonomia
funzionale risultano comunque piuttosto variabili e connessi a cause indipendenti dalla
corretta esecuzione tecnica dell'intervento (fattori individuali del paziente antecedenti
all'intervento, risposta all'intervento e compliance del paziente, possibilità rieducative).
Possibili complicanze
Anche impiegando il massimo di attenzione, capacità e prudenza, non si può escludere in
alcuni casi la possibilità di complicanze, che per lo più vengono riconosciute e risolte alle
prime manifestazioni. In rapporto alla loro frequenza, le complicanze possono essere
classificate in base alla tabella seguente.
Molto frequenti da 1/1 a 1/10 Una persona in famiglia
Frequenti da 1/10 a 1/100 Una persona nel vicinato
Infrequenti da 1/100 a 1/1000 Una persona nel quartiere
Rare da 1/1000 a 1/10000 Una persona in una piccola città
Durante l’intervento
reazioni allergiche a farmaci che per lo più hanno effetti limitati e transitori, ma che in rari casi possono
avere una evoluzione grave (estremamente raro);
lesioni della pelle da contatto con sostanze o correnti elettriche, es. da elettrobisturi (rare);
lesioni vascolari e nervose: le lesioni intra-operatorie di strutture vascolari importanti risultano piuttosto
rare (i vasi maggiormente coinvolti sono l’iliaca esterna, la femorale comune e profonda); mentre va
segnalata la possibilità di danni per lo più da stiramento a carico del nervo sciatico e/o del nervo femorale
(infrequente). Va poi ricordata la possibile di insorgenza, durante il decorso postoperatorio, di un deficit a
carico del nervo sciatico popliteo esterno (S.P.E.) a causa di errate posture al letto (con arto extraruotato)
ovvero in presenza di fattori favorenti (ad esempio, nei pazienti molto magri). L'insorgenza di una paresi di
S.P.E. comporta un deficit all'estensione del piede e potrebbe rendere necessario I'impiego di un tutore
ortesico durante la deambulazione. Le complicanze nervose sono generalmente transitorie, il recupero
funzionale richiede diversi mesi ed il grado di recupero è difficilmente prevedibile. La Letteratura italiana
riporta, in sede di protesi totale d'anca di primo impianto, una percentuale complessiva di lesioni nervose
compresa fra lo 0.28% ed il 2.2%; di contro la revisione protesica (impianti successivi) comporta un
aumento del rischio di lesioni nervose tra il 1,1 ed il 7,5%. Ciononostante non sempre si riesce ad
individuare una specifica e sicura causa. I pazienti con maggior rischio di andare incontro ad una lesione
nervosa sono quelli sottoposti a revisioni protesiche; con displasia d'anca; con neuropatie periferiche. Le
strutture nervose maggiormente interessate sono: Nervo sciatico 0.64% (1° impianto) e 1%-15%
(revisioni); Sciatico Popliteo Esterno (SPE) 0.037% (1° impianto) e 0.096%(revisioni); Nervo femorale
0.89% (1° impianto), 2.6% (revisioni);
fratture intra-operatorie (rare): rappresenta una complicanza per lo più legata alla fragilità osteoporotica
del tessuto osseo femorale il cui trattamento potrebbe richiede il ricorso a tempi chirurgici complementari
(osteosintesi), I'impianto di protesi particolari (ad esempio, steli da revisioni) e/o I'applicazione di un tutore
di immobilizzazione pelvi-femorale nel periodo postoperatorio.
Dopo l’
l’intervento
dismetria (molto frequente/frequente): la differenza di lunghezza che può residuare tra i due arti inferiori al
termine dell'intervento. In sede intra-operatoria vengono effettuate le misurazioni con componenti di prova
posizionate al fine di ripristinare la simmetria degli arti. A volte, fattori meccanici introperatori o da situazioni
locali preesistenti relative alla patologia di base (ad esempio, nelle displasie dell'anca) non permettono il
ripristino della uguale lunghezza degli arti senza perdere in stabilità dell'impianto. A volte, I'arto operato
sarà intenzionalmente reso più lungo durante I'intervento per fornire una maggiore stabilità articolare o per
migliorare la funzione muscolare. La dismetria non rappresenta comunque una complicanza grave, in
quanto abitualmente risulta contenuta entro un centimetro circa.
emorragie post-operatorie che possono comparire anche dopo alcuni giorni dall'intervento e necessitare
trasfusioni di sangue o emoderivati (molto frequenti/frequenti) ovvero di un altro intervento o cure particolari
(raro/molto raro);il rischio di essere sottoposti a trasfusione in corso di degenza in ortopedia è differenziato
per: protesi totale d'anca in elezione: 44.9% di trasfusioni autologhe (da pre-deposito), 13.8% di trasfusioni
allogeniche (donatore volontario); protesi totale d'anca/endoprotesi d’urgenza: 49.2% di trasfusioni
allogeniche;
infezioni della ferita chirurgica, con guarigione più lenta o formazione di ascessi (raccolte di pus) e fistole
(comunicazione tra organi che normalmente non comunicano tra loro), raro. In casi molto rari possono
necessitare di un successivo intervento riparativo. Le complicanze infettive in chirurgia ortopedica protesica
rivestono una percentuale variabile dallo 0.5% al 4%. Questo tipo di chirurgia ha un rischio maggiore di
infezione poiché l’impianto di qualsivoglia materiale estraneo, nell’organismo, comporta di per sé, a
prescindere dalla diligenza e prudenza impiegata dai Sanitari, una riduzione della attività delle difese
immunitarie del soggetto. Per tale ragione diviene sufficiente una carica batterica di modesta entità a
cagionare una infezione del sito chirurgico. Un intervento prolungato nel tempo, inoltre, aumenta
inevitabilmente il rischio infettivo legato anche a pre/coesistenti condizioni patologiche del paziente che
favoriscono la comparsa di una infezione. Per tali ragioni in chirurgia protesica si rende necessaria una
antibioticoprofilassi;
Dopo il momento informativo deve
essere garantito al paziente un
PERIODO DI TEMPO SUFFICIENTE
per riflettere sul contenuto delle
informazioni ricevute e maturare
un’adeguata consapevolezza per
l’adesione o meno al trattamento
sanitario…
IL TEMPO NECESSARIO
può variare in rapporto alle
caratteristiche della procedura proposta
(modalità di svolgimento, preparazione, effetti
collaterali e complicanze possibili, procedure
alternative, ecc.)
ed alle caratteristiche del paziente
(condizioni cliniche, psicologiche, culturali,
anagrafiche, ecc.),
tenuto anche conto dell’assetto organizzativo
Preliminarmente all'intervento programmato, il
medico tiene il colloquio informativo con il p.
chiedendogli se necessiti di ulteriori spiegazioni
rispetto a quanto compreso dal materiale
informativo
Solo di seguito,
seguito procede a far firmare il modulo di
acquisizione del consenso informato
Materiale informativo e modulo di consenso
che vanno inseriti in cartella clinica,
quale parte integrante della stessa
Il Medico avrà, inoltre, cura di specificare al p. la
possibilità di contattare in seguito, ovvero anche
successivamente alla firma del modulo di C.I., i
Medici dell'U.O. nel caso in cui necessiti di ulteriori
chiarimenti e/o spiegazione.
In tale evenienza, i successivi momenti informativi –
anche telefonici – dovranno essere adeguatamente
annotati in documentazione sanitaria
GRAZIE PER L’ATTENZIONE