Medicina legale e pratica clinica: incontri a tema Relazione medico paziente e attualità del consenso Auditorium – Centro Servizi Nuovo Ospedale S.Agostino-Estense di Baggiovara FEDERICA BERSANI S.C. di Medicina legale e Gestione del Rischio Corriere della Sera domenica 22/9/2013 Il CONSENSO del paziente rappresenta l’atto sotteso a ogni trattamento medico e trae la propria origine dal principio di autonomia e di libertà all’autodeterminazione sancito dalla Costituzione (artt. 2, 13 e 32), secondo il quale la libertà personale è inviolabile e i trattamenti sanitari sono di norma volontari (tranne i casi previsti dalla legge - L. 180/78 e artt. 33-35 della L. 833/78 ) Il consenso è l’espressione della volontà della persona interessata e non una semplice adesione alla decisione del sanitario deve quindi essere conseguente a un’informazione adeguata fornita dal curante, che deve esporre la proposta diagnosticoterapeutica in modo chiaro e comprensibile ed è un imperativo etico e deontologico oltre che giuridico Da un punto di vista giuridico, trova conferma… nel codice penale (art. 50 c.p.) “Non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della persona che può validamente disporne…” e nell’ordinamento civilistico in particolare, l’onere probatorio relativo alla dimostrazione dell’avvenuta informazione grava sul medico; medico se non sarà in grado di provare di aver adeguatamente informato il p., risponderà di omissione di consenso informato – inadempimento contrattuale Da un punto di vista etico-deontologico, trova conferma nel Codice di Deontologia Medica (Fnomceo - 16/12/2006) art. 26 (cartella clinica) …Deve registrare i tempi e i modi delle informazioni fornite al paziente nonché i termini del consenso dallo stesso sottoscritto (o da chi ne esercita legalmente la tutela) alle proposte diagnostico-terapeutiche avanzate dai sanitari nonché del consenso al trattamento dei dati sensibili, particolarmente nei casi di arruolamento nell’ambito di un protocollo sperimentale. art. 33 (informazione al cittadino) Il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnosticoterapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate. Il medico dovrà comunicare con il soggetto tenendo conto delle sue capacità di comprensione, al fine di promuoverne la massima partecipazione alle scelte decisionali e l’adesione alle proposte diagnostico-terapeutiche. Ogni ulteriore richiesta di informazione da parte del paziente deve essere soddisfatta. Il medico deve, altresì, soddisfare le richieste di informazione del cittadino in tema di prevenzione. Le informazioni riguardanti prognosi gravi o infauste o tali da poter procurare preoccupazione e sofferenza alla persona, devono essere fornite con prudenza, usando terminologie non traumatizzanti e senza escludere elementi di speranza. La documentata volontà della persona assistita di non essere informata o di delegare ad altro soggetto l’informazione deve essere rispettata. L’informazione a terzi (art. 34) è strettamente vincolata alla preventiva acquisizione da parte del medico del consenso, esplicitamente espresso, del paziente. art. 35 (acquisizione del consenso) Il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l’acquisizione del consenso esplicito e informato del paziente. Il consenso… è integrativo e non sostitutivo del processo informativo di cui all'art. 33. Il procedimento diagnostico e/o il trattamento terapeutico che possano comportare grave rischio per l'incolumità della persona, devono essere intrapresi solo in caso di estrema necessità e previa informazione sulle possibili conseguenze, cui deve far seguito una opportuna documentazione del consenso. In ogni caso, in presenza di documentato rifiuto di persona capace, il medico deve desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona. Il medico deve intervenire, in scienza e coscienza, nei confronti del paziente incapace, nel rispetto della dignità della persona e della qualità della vita, evitando ogni accanimento terapeutico, tenendo conto delle precedenti volontà del paziente. art. 37 (consenso del legale rappresentante) Reca le norme deontologiche in materia di consenso agli intereventi diagnostico-terapeutici ed al trattamento dei dati sensibili fornito dal legale rappresentate di soggetto minore o di interdetto. Non si può prescindere dalle volontà espresse dal minore che, se sufficientemente critico e risoluto, è libero di esprimere o meno il suo personale consenso, consenso indipendente cioè dalla decisione dei genitori o del legale rappresentante. ‘il parere del minore è preso in considerazione come un fattore sempre più determinante, in funzione della sua età e del suo grado di maturità’ (art. 6 - Convenzione di Oviedo). I REQUISITI DI VALIDITÁ DEL CONSENSO Personale Manifesto Specifico Preventivo e attuale Revocabile Consapevole Informato Prestato su un bene disponibile PERSONALE Unico avente diritto ad esprimere il consenso é il paziente che si sottopone al trattamento sanitario Il consenso fornito dai familiari è giuridicamente irrilevante SALVO I CASI PARTICOLARI Esercente la potestà genitoriale Tutore Amministratore di Sostegno Legale rappresentante MANIFESTO Il paziente deve esprimere il consenso (o il dissenso) in modo chiaro ed inequivocabile É consigliabile pertanto l’acquisizione in forma scritta FORMA SCRITTA VALORE PROBATORIO PARTE INTEGRANTE DELLA PRESTAZIONE SANITARIA E DELLA DOCUMENTAZIONE SANITARIA Atto pubblico di fede privilegiata con valore probatorio contestabile solo querela di falso INFORMATO Il momento informativo nei confronti del paziente è unanimemente riconosciuto, dal punto di vista etico, giuridico e deontologico non più come semplice attività preliminare all’atto sanitario, ma come PARTE INTEGRANTE ED INSCINDIBILE dell’atto stesso. informazione adeguata all’età e alla condizione di capacità decisionale, alla situazione di salute, psicologica, culturale e linguistica del paziente nonché proporzionata alla tipologia della prestazione proposta (personalizzata); espressa con linguaggio semplice e chiaro, chiaro evitando termini scientifici troppo tecnici e avvalendosi di materiale informativo (comprensibile); non illusoria ma prudente, prudente ove sia relativa a prognosi gravi o infauste o tali da poter procurare preoccupazione e sofferenza alla persona, priva di terminologie traumatizzanti e senza escludere elementi di speranza (veritiera); basata su fonti clinico-scientifiche legittimate (obiettiva); obiettiva esaustiva; esaustiva non imposta (il p. ha facoltà di non essere informato, delegando la ricezioni delle informazioni a terzi; di questo deve restare traccia scritta). Il medico è destinatario di un fondamentale dovere nei confronti del paziente, e deve sempre agire previo consenso di quest'ultimo rispetto al trattamento attivato. Fra i doveri etici, giuridici e professionali del medico rientra anche la necessità che la formale acquisizione del consenso non si risolva in uno sbrigativo adempimento burocratico, ma sia preceduta da un’adeguata fase di comunicazione e interazione fra il soggetto in grado di fornire le informazioni necessarie (il medico) ed il soggetto chiamato a compiere la scelta (il paziente). COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA 24 ottobre 2008 La Convenzione di Oviedo, sancisce, all’art. 5, che ‘un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero e informato’ e, all’art. 10, che ‘ogni persona ha il diritto di conoscere ogni informazione raccolta sulla propria salute. Tuttavia la volontà di una persona di non essere informata deve essere rispettata’. La Carta Europea dei Diritti del Malato afferma, agli artt. 3, 4 e 5 il diritto per il paziente ad essere informato, a fornire regolare consenso ed alla libera scelta di accesso ai trattamenti sanitari. All'interno dell'Azienda stiamo lavorando perché questo concetto di “PERCORSO”, nel quale il paziente sia accompagnato ed affiancato dal sanitario, diventi sempre più un processo reale e partecipato. Per fare questo viene svolta formazione specifica dedicata ai professionisti e si sta lavorando per rendere più fruibile ed efficace il materiale informativo per i cittadini, per fornire un ulteriore strumento che possa aiutare a comprendere e quindi a decidere consapevolmente PROCEDURA AZIENDALE “Indicazioni per l'acquisizione del consenso informato” 24/6/2008 traccia le principali indicazioni relative all'informazione al paziente e alla acquisizione del consenso alle cure OBIETTIVI Tutelare il paziente nel suo diritto all’autodeterminazione rispetto alle cure Tutelare il professionista nei confronti di possibile (a volte “pretestuoso”) contenzioso, talora sostenuto da assente/carente/inadeguata informazione OBIETTIVI Riuscire a “riprodurre” il più fedelmente possibile attraverso la documentazione sanitaria l’impegno che gli operatori hanno dedicato all’acquisizione di un consenso “veramente” informato e consapevole CRITICITA’ OSSERVATE Inadeguata o assente prova documentale dell’acquisizione del consenso informato (mancanza di firma/e sul modulo, assenza del modulo, modulo riferito ad una procedura diversa da quella effettivamente eseguita, etc.) CRITICITA’ OSSERVATE Impossibilità di dimostrare il corretto svolgimento del processo informativo (quale informazione? quanto esaustiva e quanto effettivamente compresa?) Cass. Civ. III Sez. Sent. 19/10/2006, n. 22390 Intervento di uretro-ileostomia; riconosciuta la responsabilità del chirurgo e dell'ente ospedaliero in difetto di modulo di consenso informato (assenza di modulo sottoscritto da medico e pz). Risarciti 270 milioni di lire. IL PAZIENTE PUÒ LIMITARSI A DENUNCIARE UNA SCARSA CONOSCENZA DELLA PRESTAZIONE SPETTA AL MEDICO DIMOSTRARE DI AVER INFORMATO CORRETTAMENTE IL PAZIENTE SULLA PRESTAZIONE SANITARIA. SPETTA AL MEDICO E ALL’AZIENDA PER LA QUALE LAVORA DIMOSTRARE DI AVER ADEMPIUTO CORRETTAMENTE ALL’OBBLIGO. Tribunale di Monza, Sez. I, Sent. 25/01/2007 Intervento di ernioplastica dx complicato da dolori pericicatriziali da 'inglobamento di un nervo in un punto di sutura’. La CTU medico-legale escludeva la RPM nell'atto chirurgico. Veniva tuttavia riconosciuta la responsabilità del convenuto in assenza di un consenso informato circa le possibili complicanze (scarsa informazione del p. e incompletezza del modulo di consenso). La responsabilità del sanitario per violazione dell'obbligo del consenso informato discende dalla tenuta di una condotta omissiva dell'adempimento dell'obbligo di informazione circa le prevedibili conseguenze del trattamento cui il paziente venga sottoposto e dalla successiva verificazione, in conseguenza del trattamento stesso, di un aggravamento delle condizioni di salute del paziente. Ai fini della configurazione di tale responsabilità, appare del tutto indifferente se il trattamento sia stato eseguito correttamente o meno. Con la sentenza 24791/2008, 24791/2008 la III Sezione della Cassazione civile ha precisato come l'obbligo di informazione non “...può ritenersi debitamente assolto mediante la mera sottoscrizione... di un generico e non meglio precisato apposito modulo, dovendo... risultare per converso acclarato con certezza che il p. sia stato dal medico reso previamente edotto delle specifiche modalità dell'intervento, dei relativi rischi, delle possibile complicanze, ecc.”. Si trattava di una perforazione del colon post-polipectomia endoscopica complicata da peritonite. Il consenso informato sottoscritto riguardava altro intervento di natura diagnostica. L'Ente è stato condannato al pagamento di £ 148 milioni. A distanza di pochi mesi, la III Sezione (Cass., 2 luglio 2010, n. 15698)... 15698) “...il medico-chirurgo viene meno all’obbligo a suo carico in ordine all’ottenimento del c.d. consenso informato ove non fornisca al p., in modo completo ed esaustivo, tutte le informazione scientificamente possibili riguardanti le terapie che intende praticare o l'intervento chirurgico che intende eseguire, con le relative modalità...”. Il p., quando la cura cui è stato sottoposto ha peggiorato il suo stato di salute, può convenire il sanitario in giudizio e chiedere il risarcimento del danno, allegando di non essere stato informato sui rischi correlati, e dimostrando soltanto l’esistenza del contratto di prestazione d’opera professionale, la sua validità, l’esistenza del danno. Sarà il medico/Azienda sanitaria convenuto a dover provare di aver informato il p. sui rischi e sulle modalità del trattamento o che l’omessa informazione non è dipesa da propria colpa. Qualora non sia possibile fornire questa prova documentale, a nulla servirà dimostrare il carattere complesso dell’operazione ai sensi dell’art. 2236 c.c. né dimostrare di averla eseguita attenendosi scrupolosamente alle regole della buona pratica clinica ed alle leges artis: si risponderà comunque del peggioramento della salute del p. per non aver ottenuto il consenso informato di quest’ultimo. Più recentemente... Sent. n. 2847, III Sez. Cass. Civile, 9 febbraio 2010 Intervento di cataratta dx complicato da cheratite corneale bollosa e conseguente trapianto di cornea. Riconosciuta responsabilità per i danni derivanti dall'intervento in difetto di consenso informato con risarcimento di 74.000 €. Nel ribadire il principio secondo cui l'informazione (“...illustrazione al p. delle conseguenze (certe o incerte che siano, purché non del tutto anomale) della terapia o dell'intervento...”) è un'obbligazione il cui adempimento deve essere provato dal medico, introduce il concetto di ALLEANZA TERAPEUTICA fra medico e p., affermando che l'informazione “...vale anche … a determinare nel p. l’accettazione di quel che di non gradito può avvenire, in una sorta di condivisione della stessa speranza che tutto vada bene...”. LA STESSA SENTENZA… In presenza di atto terapeutico necessario e correttamente eseguito in base alle regole dell’arte dal quale siano tuttavia derivate conseguenze dannose per la salute, preceduto da inadeguata informazione al p. circa i possibili effetti pregiudizievoli non imprevedibili, il medico può essere chiamato a risarcire il danno alla salute solo se il p. dimostri, anche tramite presunzioni, che, ove compiutamente informato, egli avrebbe verosimilmente rifiutato l’intervento, non potendo altrimenti ricondursi all’inadempimento dell’obbligo di informazione alcuna rilevanza causale sul danno alla salute… Una recente sentenza del Tribunale Civile di Modena (31/7/2013)… Parte attrice: lesione del plesso brachiale ostetrico, evitabile mediante parto con TC, in consenso informato per il maggior rischio da trauma assenza di Parte convenuta: la lesione del plesso brachiale è evento raro che può verificarsi anche in corso di parto spontaneo e senza alcun segno di traumatismo ostetrico. CTU: esclude condotte professionali francamente anomale o incongrue, non emergendo, con criterio ex ante, motivazioni sufficienti che avrebbero dovuto indurre i sanitari ad eseguire un TC. Il Giudice aderiva alle conclusioni cui era giunto il CTU sottolineando, sulla scorta di quanto sancito nella Sentenza di Cass. n. 2847/10, che “…in presenza di atti terapeutici necessari e ben eseguiti, avrebbe dovuto essere provato che essi sarebbero stati rifiutati dopo corretta informazione, e essere provato non una semplice lesione in sé del diritto all’autodeterminazione, ma che questo diritto fosse stato inciso oltre un certo livello minimo di tollerabilità dando luogo ad un danno concreto, ovviamente diverso dal danno alla salute…”. Al momento, si tratta di pronunce ancora isolate… Anche perchè... Corte d'Appello di Roma, Sez III, sentenza del 27/3/2007 “...l'avvenuta informazione del tipo di intervento da parte del chirurgo... risultante dal modulo d'informazione e consenso (completo, esaustivo e specifico per l'intervento di tiroidectomia), liberamente sottoscritto dal p., ha implicato, nel caso specifico, la non opponibilità della prova testimoniale contro detta scrittura...”. Tribunale di Milano, n. 2331 del 25/2/2005 “...la completezza e l'intellegibilità delle dichiarazioni contenute nel modulo, sottoscritto liberamente dal p., comprovano di per sé l'adempimento dell'obbligo di informazione gravante sul medico...”. Le soluzioni Diverso approccio culturale alla “cura” del paziente Essere consapevoli che una buona comunicazione è la premessa per una buona relazione con il paziente e con i suoi familiari imprescindibile premessa al buon funzionamento del processo informativo Le soluzioni Il processo informativo funziona bene se l'informazione data è oggettiva, esaustiva, personalizzata, compartecipata non meramente tecnicistica, frettolosa, “burocratica”… Le soluzioni Il colloquio informativo, realizzato con modalità che favoriscano l’instaurarsi di una relazione empatica, deve essere opportunamente modulato sulla richiesta di conoscenza del/la paziente, utilizzando un linguaggio appropriato e parametrato alle sue capacità di comprensione, ..fornendo le informazioni con gradualità e tenendo conto delle altre persone che il/la paziente intende eventualmente rendere partecipi Per facilitare la comprensione da parte del paziente delle informazioni sul suo stato di salute e sulla procedura/trattamento proposto, è fortemente consigliabile l’utilizzo di specifico materiale informativo PRELIMINARMENTE CONSEGNATO/ILLUSTRATO AL PAZIENTE Ogni qualvolta il Medico proponga ad un paziente tale procedura, dovrà essere preventivamente consegnato il relativo materiale informativo, avendo successivamente cura di acquisirne il consenso attraverso lo specifico modulo. In particolare, l'operatore addetto consegnerà copia del materiale informativo al paziente, invitandolo a leggerlo nell'attesa di essere sottoposto all'intervento ogni materiale informativo dovrà essere previsto in duplice copia: una per il p., l'altra da allegare alla documentazione sanitaria In endoscopia Semplice ma esaustivo, possibilmente illustrato... In ginecologia-ostetricia AL FINE DI EVITARE L’USO DI VERSIONI PRECEDENTI, SIAMO TUTTI INVITATI A NON FARE FOTOCOPIE, STAMPANDO DIRETTAMENTE IL MATERIALE CHE NECESSITA DA QUESTO FILE (la parte relativa ad ogni procedura dell’elenco seguente è comprensiva di materiale informativo – in duplice copia - e modulo di acquisizione del consenso informato). In ortopedia PROTESI D'ANCA (artroprotesi cementate, non cementate, ibride, endoprotesi) L'intervento di protesi d'anca trova indicazione in diverse forme di artropatia cronica ad andamento evolutivo, sulla base della gravita clinica e radiografica. Trova inoltre indicazione nel trattamento delle fratture del collo del femore. Le piu comuni affezioni che conducono a tale tipo di intervento sono rappresentate da: • Artrosi primaria dell'anca; • Artrosi secondaria dell'anca (ad esempio, negli esiti di displasia congenita o di epifisiolisi); • Artrosi post-traumatica (esiti di fratture del femore e/o del bacino); • Necrosi asettica della testa del femore; • Fratture del collo del femore; • Artrite reumatoide.Nei casi in cui la gravita del dolore e della limitazione funzionale nelle fasi avanzate di tali patologie non rispondono a trattamenti conservativi (medici e/o riabilitativi), I'impianto di una protesi può consentire il rapido miglioramento della sintomatologia dolorosa e dell'efficienza funzionale. • In via generale, nei casi di tessuto osseo con caratteristiche trofiche tali da prevedere una buona tenuta meccanica e di integrazione dell'impianto protesico, risulta maggiormente indicato un impianto di protesi non cementate o ibride (ovvero parzialmente cementate in cui o solo il cotile o solo lo stelo è cementato). Nei casi di tessuto osseo con caratteristiche trofiche tali da non prevedere una buona tenuta meccanica e di integrazione dell'impianto protesico (ad esempio, nell'osteoporosi e nei pazienti di età avanzata), risulta maggiormente indicato un impianto di protesi cementata. • In ogni caso, la scelta definitiva del tipo di impianto (disegno protesico, tipo di materiale e del metodo di fissazione) verrà effettuata prima dell'intervento e confermata o meno durante l'intervento stesso, sulla base delle valutazioni intra-operatorie. Controindicazioni all'intervento Le controindicazioni all’intervento di protesi d'anca sono legate alle condizioni generali del paziente quali cardiopatia grave, insufficienza respiratoria, diabete scompensato, insufficienza renale, immunodeficienza ecc., che verranno attentamente valutate dall'equipe chirurgica/anestesiologica. La condizione psicologica del paziente e la sua capacità di adattarsi e di accettare le terapie proposte dai sanitari sono altrettanto importanti per una buona riuscita del trattamento chirurgico. In generale le controindicazioni assolute alla protesi sono: • artrite settica dell'anca; • gravi patologie neurologiche con insufficienza muscolare. Preparazione all'intervento Gli accertamenti pre-operatori vengono di norma eseguiti precedentemente al ricovero (prericovero) presso la nostra U.O. ovvero in sede di Pronto Soccorso nei pazienti con frattura del collo del femore. Al pre-ricovero viene consegnato al paziente un opuscolo informativo relativo alla patologia, all'intervento proposto ed al protocollo riabilitativo; in particolare sono illustrati gli accorgimenti che si dovranno adottare per evitare atteggiamenti posturali e movimenti erronei che potrebbero portare a lussazione protesica. Nei casi di intervento chirurgico programmato, verrà effettuata una visita anestesiologica in esito alla quale verrà anche stabilita l’idoneità o meno al predeposito ematico. Preliminarmente all'intervento verrà fra l'altro effettuata la preparazione intestinale e inserito il catetere vescicale. Anestesia L'intervento può essere svolto sia in anestesia loco-regionale (anestesia spinale) che in anestesia generale. Maggiori e più dettagliate informazioni potrà averle durante il colloquio con il medico anestesista. Durante le procedure anestesiologiche pre-operatorie verrà inoltre effettuata una profilassi antibiotica per via endovenosa. Modalità di esecuzione L'intervento chirurgico viene effettuato tramite incisione della cute di circa 15-20 cm sulla superficie postero-laterale della coscia. Vengono incisi, per strati, i tessuti sottocutanei sino a raggiungere l'articolazione dell'anca che viene lussata permettendo l'asportazione della testa del femore e la preparazione dell'acetabolo nel bacino. Vengono quindi posizionate le componenti protesiche (stelo femorale e coppa acetabolare) valutando la stabilità e la lunghezza dell'arto. Solitamente vengono posizionati uno o due drenaggi per la raccolta del sangue che eventualmente potrà essere reinfuso; proprio in virtù del fatto che in questo intervento si hanno perdite ematiche, viene programmato il pre-deposito ematico da usarsi nell’immediato postoperatorio. Durata dell'intervento Generalmente l'esecuzione dell'atto chirurgico richiede mediamente 60-90 minuti. Possibili variazioni ed estensioni dell'intervento In alcuni pazienti affetti ad esempio, da esiti di displasia dell'anca o da esiti traumatici, può risultare necessaria I'effettuazione di tempi chirurgici complementari (procedura operatoria aggiuntiva rispetto a quella standard) quali osteotomie del gran trocantere, osteotomie della diafisi femorale, osteosintesi riparative al termine dell'intervento, tenotomia degli adduttori, ecc. che naturalmente allungano il tempo chirurgico complessivo. In certi rari casi la presenza di difetti ossei può richiedere I'impiego di tessuto osseo con funzione di innesto. Gli innesti ossei utilizzati possono essere: autologhi (cioè prelevati dal paziente stesso): abitualmente viene impiegata la testa femorale resecata; omologhi (provenienti da pazienti donatori, attraverso la Banca del Tessuto Muscoloscheletrico degli Istituti Ortopedici Rizzoli di Bologna). Decorso post-operatorio Generalmente il giorno successivo all'intervento il paziente effettua visita fisiatrica con prescrizione di protocollo riabilitativo che inizia a compiere il giorno stesso con esercizi di mobilizzazione attiva e passiva al letto dell'arto operato. Dal secondo giorno dopo I'intervento il paziente viene posto seduto; in terza giornata inizia gradualmente esercizi di ortostatismo (stazione eretta) e di deambulazione assistita. I tempi di concessione del carico sull'arto operato possono tuttavia variare in base a fattori che dipendono dal tipo di impianto protesico e dal grado di tenuta meccanica del tessuto osseo. La dimissione avviene di norma tra la quinta e la settima giornata successiva all'intervento. Al momento della dimissione dall’ospedale, verrà rilasciata la lettera di dimissione con le istruzioni per i controlli successivi (consigliata visita di controllo dopo circa 30 giorni dall’intervento con controllo radiografico). Le prime fasi della riabilitazione sono caratterizzate da dolore articolare che può essere anche importante. E' necessario però che il paziente continui ad effettuare la riabilitazione prescritta per ottenere buoni risultati. I tempi e il grado di recupero dell'autonomia funzionale risultano comunque piuttosto variabili e connessi a cause indipendenti dalla corretta esecuzione tecnica dell'intervento (fattori individuali del paziente antecedenti all'intervento, risposta all'intervento e compliance del paziente, possibilità rieducative). Possibili complicanze Anche impiegando il massimo di attenzione, capacità e prudenza, non si può escludere in alcuni casi la possibilità di complicanze, che per lo più vengono riconosciute e risolte alle prime manifestazioni. In rapporto alla loro frequenza, le complicanze possono essere classificate in base alla tabella seguente. Molto frequenti da 1/1 a 1/10 Una persona in famiglia Frequenti da 1/10 a 1/100 Una persona nel vicinato Infrequenti da 1/100 a 1/1000 Una persona nel quartiere Rare da 1/1000 a 1/10000 Una persona in una piccola città Durante l’intervento reazioni allergiche a farmaci che per lo più hanno effetti limitati e transitori, ma che in rari casi possono avere una evoluzione grave (estremamente raro); lesioni della pelle da contatto con sostanze o correnti elettriche, es. da elettrobisturi (rare); lesioni vascolari e nervose: le lesioni intra-operatorie di strutture vascolari importanti risultano piuttosto rare (i vasi maggiormente coinvolti sono l’iliaca esterna, la femorale comune e profonda); mentre va segnalata la possibilità di danni per lo più da stiramento a carico del nervo sciatico e/o del nervo femorale (infrequente). Va poi ricordata la possibile di insorgenza, durante il decorso postoperatorio, di un deficit a carico del nervo sciatico popliteo esterno (S.P.E.) a causa di errate posture al letto (con arto extraruotato) ovvero in presenza di fattori favorenti (ad esempio, nei pazienti molto magri). L'insorgenza di una paresi di S.P.E. comporta un deficit all'estensione del piede e potrebbe rendere necessario I'impiego di un tutore ortesico durante la deambulazione. Le complicanze nervose sono generalmente transitorie, il recupero funzionale richiede diversi mesi ed il grado di recupero è difficilmente prevedibile. La Letteratura italiana riporta, in sede di protesi totale d'anca di primo impianto, una percentuale complessiva di lesioni nervose compresa fra lo 0.28% ed il 2.2%; di contro la revisione protesica (impianti successivi) comporta un aumento del rischio di lesioni nervose tra il 1,1 ed il 7,5%. Ciononostante non sempre si riesce ad individuare una specifica e sicura causa. I pazienti con maggior rischio di andare incontro ad una lesione nervosa sono quelli sottoposti a revisioni protesiche; con displasia d'anca; con neuropatie periferiche. Le strutture nervose maggiormente interessate sono: Nervo sciatico 0.64% (1° impianto) e 1%-15% (revisioni); Sciatico Popliteo Esterno (SPE) 0.037% (1° impianto) e 0.096%(revisioni); Nervo femorale 0.89% (1° impianto), 2.6% (revisioni); fratture intra-operatorie (rare): rappresenta una complicanza per lo più legata alla fragilità osteoporotica del tessuto osseo femorale il cui trattamento potrebbe richiede il ricorso a tempi chirurgici complementari (osteosintesi), I'impianto di protesi particolari (ad esempio, steli da revisioni) e/o I'applicazione di un tutore di immobilizzazione pelvi-femorale nel periodo postoperatorio. Dopo l’ l’intervento dismetria (molto frequente/frequente): la differenza di lunghezza che può residuare tra i due arti inferiori al termine dell'intervento. In sede intra-operatoria vengono effettuate le misurazioni con componenti di prova posizionate al fine di ripristinare la simmetria degli arti. A volte, fattori meccanici introperatori o da situazioni locali preesistenti relative alla patologia di base (ad esempio, nelle displasie dell'anca) non permettono il ripristino della uguale lunghezza degli arti senza perdere in stabilità dell'impianto. A volte, I'arto operato sarà intenzionalmente reso più lungo durante I'intervento per fornire una maggiore stabilità articolare o per migliorare la funzione muscolare. La dismetria non rappresenta comunque una complicanza grave, in quanto abitualmente risulta contenuta entro un centimetro circa. emorragie post-operatorie che possono comparire anche dopo alcuni giorni dall'intervento e necessitare trasfusioni di sangue o emoderivati (molto frequenti/frequenti) ovvero di un altro intervento o cure particolari (raro/molto raro);il rischio di essere sottoposti a trasfusione in corso di degenza in ortopedia è differenziato per: protesi totale d'anca in elezione: 44.9% di trasfusioni autologhe (da pre-deposito), 13.8% di trasfusioni allogeniche (donatore volontario); protesi totale d'anca/endoprotesi d’urgenza: 49.2% di trasfusioni allogeniche; infezioni della ferita chirurgica, con guarigione più lenta o formazione di ascessi (raccolte di pus) e fistole (comunicazione tra organi che normalmente non comunicano tra loro), raro. In casi molto rari possono necessitare di un successivo intervento riparativo. Le complicanze infettive in chirurgia ortopedica protesica rivestono una percentuale variabile dallo 0.5% al 4%. Questo tipo di chirurgia ha un rischio maggiore di infezione poiché l’impianto di qualsivoglia materiale estraneo, nell’organismo, comporta di per sé, a prescindere dalla diligenza e prudenza impiegata dai Sanitari, una riduzione della attività delle difese immunitarie del soggetto. Per tale ragione diviene sufficiente una carica batterica di modesta entità a cagionare una infezione del sito chirurgico. Un intervento prolungato nel tempo, inoltre, aumenta inevitabilmente il rischio infettivo legato anche a pre/coesistenti condizioni patologiche del paziente che favoriscono la comparsa di una infezione. Per tali ragioni in chirurgia protesica si rende necessaria una antibioticoprofilassi; Dopo il momento informativo deve essere garantito al paziente un PERIODO DI TEMPO SUFFICIENTE per riflettere sul contenuto delle informazioni ricevute e maturare un’adeguata consapevolezza per l’adesione o meno al trattamento sanitario… IL TEMPO NECESSARIO può variare in rapporto alle caratteristiche della procedura proposta (modalità di svolgimento, preparazione, effetti collaterali e complicanze possibili, procedure alternative, ecc.) ed alle caratteristiche del paziente (condizioni cliniche, psicologiche, culturali, anagrafiche, ecc.), tenuto anche conto dell’assetto organizzativo Preliminarmente all'intervento programmato, il medico tiene il colloquio informativo con il p. chiedendogli se necessiti di ulteriori spiegazioni rispetto a quanto compreso dal materiale informativo Solo di seguito, seguito procede a far firmare il modulo di acquisizione del consenso informato Materiale informativo e modulo di consenso che vanno inseriti in cartella clinica, quale parte integrante della stessa Il Medico avrà, inoltre, cura di specificare al p. la possibilità di contattare in seguito, ovvero anche successivamente alla firma del modulo di C.I., i Medici dell'U.O. nel caso in cui necessiti di ulteriori chiarimenti e/o spiegazione. In tale evenienza, i successivi momenti informativi – anche telefonici – dovranno essere adeguatamente annotati in documentazione sanitaria GRAZIE PER L’ATTENZIONE