1 Alessandro Armato, Rinascimento epoca sacra. Non

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Alessandro Armato, Rinascimento epoca sacra.
Non ci fu rottura con la religione medioevale. Un convegno in Toscana.
Burckhard ne ha dato una lettura neopagana, in Italia rilanciata da Eugenio Garin.
Ghisalberti: “Sulla filosofia dell'umanesimo interpretazioni troppo laiche”.
Avvenire, 16/7/2000
Finalmente qualcosa si muove (anche nel mondo accademico, che solitamente ha tempi molto
lenti) riguardo all’interpretazione generale del Rinascimento nel suoi rapporti col sacro: il predominio
di letture laicizzanti, come quella di Eugenio Garin, e neopagane inizia a incrinarsi. Nuovi studi
riscoprono un Rinascimento con un profondo senso del divino, anche se differente nelle sue
manifestazioni rispetto a quello medievale. Ne è un sintomo. ll grande convegno internazionale che
si apre domani a Chianciano, e si chiuderà venerdi a Pienza, su «il sacro nel Rinascimento», in cui
verrà approfondito il tema della spiritualità nei diversi aspetti della civiltà rinascimentale: filosofia,
scienza, arti, letteratura, devozione popolare... L’evento, a cui prenderanno parte 54 studiosi
provenienti da tutto il mondo, molti dei quali dall’Est, è organizzato dall’Istituto di studi umanistici
«Francesco Petrarca» di Mllano (erede del Centro studi umanistici «A. Poliziano»), che da più di dieci
anni promuove studi sul periodo.
La presidente dell’istituto, Luisa Secchi Tarugi, spiega che «si è scelto questo argomento perché è
attinente con l’anno giubilare, ma soprattutto perché è necessario evidenziare una volta per tutte
come nel ‘400 e nel ‘500, secoli solitamente identificati dall’antropocentrismo e dalla laicizzazione
degli ideali, accanto alla giusta rivalutazione dell’individuo come essere razionale e artefice del
proprio destino, coesistesse la consapevolezza dell’uomo come creatura di origine divina e, quindi,
fosse pienamente avvertita la necessità e l’esigenza del sacro».
Alla base dell’interpretazione antireligiosa c’è un volume dello storico svizzero Jacob Burckhardt
pubblicato nel lontano 1860:La civiltà del Rinascimento in Italia in assoluto il libro pìu influente mai
scritto sull’argomento da cui dipende l’uso corrente in campo scientifico dello stesso termine
Rinascimento. Da quest’opera, la cui tesi di fondo è che il Rinascimento è stato un periodo libero da
problematiche religiose, in rivolta contro la trascedenza medievale nel nome di un ritorno all’ideale
classico-pagano dell’uomo, deriva ad esempio la visione positiva che Nietzsche ha del Rinascimento:
in un passo di Ecce Homo ne parla come di un periodo caratterizzato da «virtù libera da morale» cioè
da una concezione «proto-superomistica» dell’agire sciolta da ogni riferimento al soprannaturale. E
dato che non c’e da disquisire sul peso storico culturale di Burkhardt e Nietzsche è facile dedurre che
è stata la loro lettura immanentista - oggi in crisi, almeno in termini assoluti - a determinare le
numerose interpretazioni negative del Rinascimento che sono venute anche da storici e pensatori di
ispirazione religiosa, ma forse sarebbe meglio dire metafisica, cattolici e non. Si pensi a Romano
Guardini o a Simone Well, ma il pregiudizio contro l’Umanesimo e il Rinascimento era vivo anche a
livello dei testi scolastici. La logica doveva essere questa: se Burckhardt ha ragione, allora il
Rinascimento è male perché è un’epoca antireligiosa. Ne è derivata una radicalizzazione dell’antitesi
Medioevo-Rinascimento, con da una parte i metafisici e dall’altra i materialisti e gli umanisti-atei, che
ha avuto per risultato una sostanziale incomprensione del Rinascimento.
«Nel Rinascimento il sacro c’è ed é dominante- spiega il filosofo Alessandro Ghisalberti, docente di
Storia della filosofia medievale alla Cattolica, tra i partecipanti del convegno - Ma in esso convivono
sacro cristiano e sacro “profano”, nel senso che quest’epoca accoglie anche tutte le forme del sacro
che si sono manifestate nella storia al di fuori della Bibbia. Anziché restringersi, la dimensione
religiosa si amplia. Questo però in Italia è rimasto escluso dagli studi, soprattutto da quelli filosofici,
dove si registrano forti lacune. Per i cattolici in parte è responsabile un pregiudizio di fondo verso
quest’epoca. Ma molto dipende anche dal fatto che nel nostro paese gli studi di filosofia
rinascimentale sono stati fatti quasi tutti da studiosi di matrice laica. Si sta iniziando a fare qualcosa
soltanto adesso, anche da parte cattolica, rivalutando Bruno, Telesio e Campanella».
Durante il Rinascimento la natura e l’uomo hanno assunto certamente un peso maggiore rispetto al
Medioevo, ma non hanno escluso Dio dall’orizzonte. Molta della filosofia, dell’arte e della scienza che
allora vennero prodotte erano forme di teologia. L’ispirazione era religiosa e l’uomo continuò a
essere considerato naturaliter religiosus, benché ci fosse una minor rigidità confessionale. «Una
figura come quella del cardinale Niccolò Cusano - continua Ghisalberti -, nel De pace fidei cerca di
trovare con la ragione i principi comuni che sono alla base delle tre grandi fedi monoteistiche:
cristianesimo, ebraismo e islamismo. L’istanza religiosa medievale viene accolta e ampliata dal
Cusano con grande spirito ecumenico. Anche se a ben vedere quest’idea era già presente in Ruggero
Bacone e Raimondo Lullo. Ma il Rinascimento fece anche un passo in più rispetto alla ricerca
dell’unità delle religioni di Cusano. Cercò dei valori universali che l’uomo in quanto uomo potesse
accogliere e che fossero capaci di creare un’unità dell’umanità. L’unificazione dei singoli riti passò in
secondo piano rispetto ad un accordo di tutti i saperi. Il progetto era quello di unificare scienza e
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fede. Pico ad esempio con le sue tesi vuole far vedere che tutti i saperi portano alle verità teologiche
e che tutte le verità teologiche sono declinabili con tutti saperi. Era un grande ideale universalistico,
forse utopistico, perché non si realizzò, come ha mostrato De Lubac nel libro Pico della Mirandola o
l’alba incompiuta del rinascimento. Dopo Pico e Ficino, per respingere gli eccessi di platonismo che si
erano manifestati, la Chiesa tornò alla scolastica e all’aristotelismo, mentre dall'altra parte si partì
per la tangente con l’esoterismo, l’alchimia, svincolandole dal progetto globale».
L’attenzione verso il sacro del Rinascimento è evidente quasi ovunque, e talvolta si manifesta in
modo singolare, come in un fenomeno dell’architettura del tempo notato dal professor Luciano
Patetta del Politecnico di Milano. «Nel Rinascimento c’è un trionfo del culto mariano - dice Patetta,
che interverrà al convegno con una relazione su “I santuari mariani nel Rinascimento, tipologie e
simbologie” -. Mai in nessuna epoca si è verificata una venerazione così alta della Madonna. Tale
culto era stato promosso dai domenicani già da tempo, ma nel ’400 c’è un fenomeno incredibile: dei
santuari che vengono costruiti il 99%, tutti a pianta centrale, sono dedicati alla madonna, solo 11%
agli altri santi. E anche nelle arti figurative la presenza di Maria è fortissima. La vergine, il cui
dogma dell’immacolata Concezione viene proclamato proprio in quegli anni, era vista come la grande
mediatrice tra l’uomo e Dio».
Compito:
1 - Riscrivi i punti fondamentali della tesi sostenuta
2 – Produci una mappa concettuale del testo utilizzando un programma a tua scelta di video
scrittura.
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