il Consiglio scrive a Governo e Parlamento

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Chimici
e
sanita’,
il
Consiglio scrive a Governo e
Parlamento
Il Presidente del Consiglio nazionale dei Chimici, Armando
Zingales, ha inviato una lettera al Ministro della Salute,
Beatrice Lorenzin, e ai senatori e deputati componenti delle
Commisisoni legislative permanenti Igiene e salute e Affari
sociali, in merito al tema del ruolo della chimica e dei
chimici nel Sistema sanitario nazionale (Ssn).
“Molti giovani colleghi”, scrive Zingales, “chiedono che
questo Consiglio si faccia parte attiva per risolvere il nodo
dell’ingresso dei chimici in Sanità con pari dignità riguardo
altre professioni Sanitarie. Esistono due fondamentali
questioni che impediscono ai giovani laureati l’ingresso nel
Sistema sanitario nazionale: una è di merito e di natura
squisitamente politica circa la collocazione della chimica
stessa nel Ssn, mentre l’altra è di forma”.
“Nel merito la posizione italiana della chimica in ambito
sanitario è abbastanza singolare avendo privilegiato di fatto,
per varie motivazioni anche per comprensibili risposte ad
esigenze di sbocchi, altre professioni che utilizzano la
chimica come materia base per la loro attività ma che non
posseggono il necessario e più ampio bagaglio per potere
tenere al passo il Paese nell’ambito della biochimica. La
rilevanza di tale materia, che in ambito mondiale è ricondotta
alla chimica per evidentissime ragioni e non agli effetti che
la stessa produce, è testimoniata dalla successione dei premi
Nobel per la Chimica negli ultimi anni”, scrive il Presidente.
Con la lettera il Consiglio mira a richiamare l’attenzione di
Parlamento e Governo su un aspetto che “richiede l’innesto di
poche unità di personale, un numero irrisorio rispetto al
numero totale degli operatori, ma che porterebbe in apporto
sinergico notevole valore aggiunto al Ssn nel campo del
contrasto alla tossicodipendenza, nella tossicologia forense,
nelle analisi cliniche, nel dosaggio di farmaci antitumorali,
nella farmaco-cinetica e nell’identificazione delle proteine
indice o causa di rilevanti effetti sulla salute”.
Zingales cita, ad esempio, come nel campo della
“Metabolomica”, la cui applicazione più nota in ambito
sanitario è legata alla diagnosi neonatale di alcune malattie
metaboliche, si registri “un ritardo rispetto ad altri Paesi
Ue ed Extra Ue. La legislazione italiana è del 1992 (leggequadro n. 104 del 5-5-1992) questo esame deve essere eseguito
su tutti i neonati italiani (la prima legge che ne ha sancito
l’importanza è quella della regione Liguria del 17-8-1973).
L’esame che si attua in Italia su 32 Centri è in grado di
identificare solo tre disturbi: la fenilchetonuria,
l’ipotiroidismo congenito e la fibrosi cistica. Come già
esposto, la comparazione con altri Paesi che invece applicano
sistemi diagnostici che necessitano la presenza di personale
chimico ad alta specializzazione, segna un gap significativo
potendo con tali sistemi a costi per singolo individuo
comparabili se non inferiori, individuare 54 disordini
principali di particolare gravità e secondari”. Tale
squilibrio è potenziato dalle differenti situazioni regionali:
si va da situazioni come la Toscana, dove “tutti i neonati
toscani dovranno essere sottoposti a screening allargato
mediante spettrometria di massa tandem”, e l’Emilia-Romagna,
che dal 2010 “ha previsto l’allargamento dello screening
neonatale per le malattie metaboliche ereditarie”, fino a casi
preoccupanti come la Campania, dove si è registrato “il blocco
del progetto sperimentale iniziato nel 2007 nella Regione
Campania ed interrotto per scelte legate al deficit sanitario
nel 2013”, in un contesto aggravato dalla necessità di una
maggiore tutela delle popolazioni interessate dai nefasti
effetti delle ecomafie. Fino alla Sicilia, dove “il principale
ostacolo economico legato all’acquisto delle attrezzature non
esiste stante che le stesse sono state acquisite, mentre
rimane come ostacolo reale la carenza di personale ad alta
specializzazione identificabile nei chimici che operano in
ambito sanitario”.
E’ in questo contesto che si inserisce il tema sollevato dal
Cnc, in particolare in riferimento al “mancato coordinamento
delle norme che regolano l’accesso al comparto della Sanità e
gli effetti della riforma universitaria operata tramite il
Decreto 3 novembre 1999, n. 509 “Regolamento recante norme
concernenti l’autonomia didattica degli atenei” e
conseguentemente del combinato disposto dell’art. 3 comma 6 e
dell’art. 13 comma 6 del predetto Decreto”.
“La contemporanea previsione che i corsi di specializzazione
possano essere istituiti esclusivamente in applicazione di
specifiche norme di legge o di direttive dell’Unione Europea”,
spiega Zingales, “assieme all’ulteriore previsione riguardante
le scuole di specializzazione e la disattivazione entro il
terzo anno accademico successivo a quello di entrata in vigore
del Decreto ha creato un vuoto che ha finito per falcidiare la
presenza specialistica di chimici nella sanità, presenza
fondamentale per l’identificazione di nuove sostanze (droghe
sintetiche) e quindi al contrasto del fenomeno malavitoso
legato al mondo degli stupefacenti e del doping. Inoltre tale
carenza rende l’Italia un Paese non competitivo nel campo
dell’applicazione di nuovi metodi chimici di identificazione
anche di molecole organiche legati alla clearance metabolica,
alla farmacocinetica ed al dosaggio di medicinali ad alto
potenziale tossico”.
“Ove rimanesse la previsione fatta per decreto (previsione che
sembra più consona ad un atto normativo primario) di limitare
la specializzazione ai casi delineati dal decreto stesso, la
soluzione al problema non potrebbe che essere affidata al
Parlamento nella sua piena sovranità. Questo Consiglio ben
conosce i problemi di bilancio che ad oggi limitano il numero
di specializzandi in medicina creando un saldo negativo tra
fabbisogno del Paese in termini di medici specializzati (circa
diecimila) e numero degli specializzati stessi (circa 6700),
saldo negativo ben evidenziato dalla Relazione annuale che il
Ministero della salute produce circa il fabbisogno di figure
professionali in ambito sanitario. La recente disposizione
ministeriale, che riduce a quattro anni gli anni di
specialità, certamente mette a disposizione nuove risorse
economiche, ed in questo nuovo contesto è auspicabile che
vengano soddisfatte anche le altre professioni sanitarie come
è quella del chimico. Questo atteggiamento permetterebbe, in
attesa di nuove disposizioni, di dare, anche se parzialmente,
qualche risposta alle domande e al fabbisogno di chimici”.
Con le lettera il Cnc allega un’ipotesi di soluzione al
problema, “Proposta di procedura per il reclutamento di
chimici nel Servizio sanitario nazionale”, già presentata pro
tempore ai Ministri alla Salute, e infine invita Governo e
commissioni parlamentari a concedere un’audizione sul tema
della chimica in sanità.
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