la consulenza psicologica per i pazienti affetti da

Autore: Sciubba Valentina
Statistico referente: Boldrini Rosaria
Soggetto attuatore: A.DI.PSO.
Committente: Centro Psoriasi della Clinica Dermatologica dell’Università di Tor Vergata –
Roma
Tempo di attuazione del progetto: marzo 2000 –aprile 2001
LA CONSULENZA PSICOLOGICA PER PAZIENTI AFFETTI DA PSORIASI
Estratto dall’articolo pubblicato sul Notiziario degli Psicologi del Lazio n.6/7/8/2003
Il problema
Contestualizzazione del problema
E’ opinione diffusa tra i dermatologi e altri esperti nel campo che i pazienti affetti da
psoriasi, una malattia cronica della pelle, manifestino, anche se non sempre
riconoscendolo apertamente, il bisogno di essere compresi e aiutati, nella cura della loro
malattia, anche sotto l’aspetto psicologico.
Un’associazione del privato sociale, l’A.di.PSO., nata in difesa dei malati psoriasici, si è
interessata di promuovere un servizio di sostegno psicologico e a tal fine ha favorito i
contatti tra un professionista psicologo e la Clinica dermatologica dell’Università di Tor
Vergata di Roma.
Il Prof. S. Chimenti, Direttore della Clinica ha ritenuto di avviare una sperimentazione
all’interno della quale i pazienti potessero avvalersi, oltre che delle cure mediche, anche di
una consulenza psicologica.
Consapevolezza del problema
E’ da tempo ben noto ai dermatologi che la psoriasi è influenzata, sia in relazione
all’esordio che agli aggravamenti da situazioni di stress psicologico.
E’ anche frequente il riscontro nei pazienti affetti da psoriasi, di disturbi d’ansia e
depressivi.
Il paziente è spesso al corrente dell’importanza dello stress, sia per esperienza diretta, sia
per informazioni ricevute dal medico; inoltre a volte soffre per i problemi che comporta la
“visibilità” della sua malattia.
Il progetto
Obiettivi
Il progetto si proponeva anzitutto di verificare l’interesse dei pazienti ad avvalersi di un
sostegno psicologico.
Un secondo obiettivo prevedeva l’analisi e l’elaborazione statistica di un test di personalità
somministrato ai pazienti.
Un terzo obiettivo mirava ad accertare il gradimento dei pazienti sull’intervento effettuato e
sulle ricadute a livello psicologico.
Ultimo ma non meno importante scopo della sperimentazione era quello di inserire la
consulenza psicologica in uno schema unitario di terapia dove il paziente si senta “preso
in carico” nella globalità della sua persona.
Destinatari
Pazienti del Centro Psoriasi della Clinica dermatologica dell’Università di Tor Vergata
Processo
Nell’intervento effettuato si possono riconoscere le seguenti fasi:
1. Fase di contatto
la consulenza psicologica è stata proposta dal medico, a volte coadiuvato dallo
psicologo, a tutti i pazienti in occasione della visita in ambulatorio.
2. Fase della consulenza
lo psicologo in occasione del primo colloquio somministrava il test di personalità MMPI 2
e chiariva che la consulenza aveva scopi diagnostici e di sostegno. In quanto tale si
qualificava come intervento breve di durata non inferiore a tre colloqui e non superiore a
otto. L’approccio seguito dall’operatore è riconducibile alle teorizzazioni delle scuole
cognitiva e sistemica.
3. Fase dell’elaborazione statistica dei dati del test
4. Fase di valutazione di gradimento dell’iniziativa
è stato inviato a tutti i pazienti , a distanza d alcuni mesi dall’intervento, un questionario
anonimo dove si chiedeva di valutare sia il servizio offerto, sia i suoi effetti sullo stato di
benessere psicologico.
I risultati
I soggetti reclutati per la sperimentazione sono stati 21. L’elaborazione statistica dei
risultati dell’MMPI 2 ha mostrato delle differenze significative per varie scale rispetto alla
popolazione generale. Tali differenze sono tuttavia da considerare con cautela
considerato che l’età media del campione di pazienti psoriasici era di 49,6 anni contro
un’età media del campione di standardizzazione notevolmente inferiore.
Sono stati ottenuti 18 protocolli validi del test relativi a 9 uomini e 9 donne; sono stati
considerati così due sottocampioni, uno maschile e uno femminile che hanno fornito
risultati piuttosto diversi.
I dati relativi al sottocampione maschile denotano una aggressività repressa e uno stato
di tensione collegato all’attività lavorativa e a relazioni familiari difficili.
Quelli relativi al sottocampione femminile invece indicano la prevalenza di stati ansiosodepressivi con caratteristiche nevrotiche e la presenza di difficoltà sul lavoro.
L’analisi dei colloqui e delle storie cliniche ha permesso di ricavare un altro dato
interessante: ben nel 76% dei casi è stato possibile individuare un evento stressante che
si era verificato nei due mesi precedenti l’esordio della malattia.
Un quarto di tutti gli eventi registrati si riferiva alla morte di un genitore. La psoriasi si
conferma come patologia che risente negativamente di eventi e sollecitazioni provenienti
dall’ambiente e percepiti come traumatici, pericolosi o irritanti.
Contraltare di questa osservazione sembra essere il dato ben noto ai dermatologi per cui
anche qualunque trauma di tipo fisico a cui è sottoposta la cute degli psoriasici può
favorire nella stessa sede del trauma le tipiche manifestazioni della malattia.
Dall’insieme dei dati provenienti dai colloqui e dall’analisi del test è stato possibile
avanzare un’ipotesi psicogenetica secondo cui il paziente psoriasico vive in modo acuito
la percezione della propria vulnerabilità.
Fattori esterni vissuti come minacciosi o disturbanti o, d’altrocanto la percezione di un
ambiente socio-familiare non sufficientemente accogliente e protettivo, potrebbero avere
un ruolo nello scatenarsi delle manifestazioni.
In quest’ottica è comprensibile come la perdita di una figura protettiva come quella
genitoriale possa fungere da evento scatenante; l’evidenziarsi della cute come organobersaglio sembra sottolineare le eminenti funzioni protettive dagli agenti esterni che essa
svolge.
E’ ritornato compilato l’85 % dei questionari inviati ai pazienti ad alcuni mesi di distanza
dal termine della sperimentazione.
Il 77 % dei pazienti ritiene che la consulenza ricevuta abbia influito sul proprio stato di
benessere psicologico migliorandolo, mentre la qualità delle relazioni sociali e familiari
risulta migliorata nel 55 % dei casi. La sintomatologia fisica è giudicata invariata nel 50%
dei casi e migliorata nel 44 %.
Punti di forza e criticità
Il principale punto di forza del progetto è il fatto che la consulenza psicologica sia stata
inserita in un progetto unitario e coerente di cure mediche.
Ciò ha permesso ai pazienti di sentirsi “presi in carico” nella loro globalità, senza che
fossero trascurati gli aspetti psicologico-sociali della loro salute.
Riproducibilità
L’intervento è senz’altro riproducibile e anzi è auspicabile che per tutte le patologie che
risentono di fattori emozionali la consulenza psicologica diventi una routine.
Le ricerche indicano che fattori psicosocali influiscono sulla funzionalità immunitaria e
che un sostegno sociale ha un effetto benefico su una serie di malattie acute e croniche,
sulla possibilità di incidenti, sull’esito di gravidanze e sulla mortalità per varie cause.
Come evidenziano le più recenti ricerche di psiconeuroimmunologia, esistono
connessioni e comunicazioni a due vie tra sistema nervoso, e quindi anche psiche, e altri
sistemi e apparati del corpo.