Perché uomini e donne non sono uguali davanti alla malattia: il

Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica, H San Raffaele Resnati SpA
Perché uomini e donne non sono uguali davanti alla malattia:
il ruolo degli ormoni
Uomini e donne non sono uguali davanti alle malattie: l’appartenenza di genere determina non
solo come ciascuna patologia si declina nel corpo umano, ma anche una diversa percezione dello
stato di malattia e il modo in cui ciascun individuo affronta il percorso di cura. Per questo, dice
Alessandra Graziottin, Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica dell’H San
Raffaele Resnati di Milano, la Medicina di Genere aiuta a migliorare l’approccio diagnostico e
terapeutico del medico, ma anche l’aderenza della paziente alla terapia.
Le differenze di genere influenzano il modo in cui si manifestano le malattie nei due sessi?
Il punto chiave è l’aspetto ormonale. Questo riveste, a mio avviso, un’importanza cardinale su
diversi fronti, da quello immunitario a quello nervoso, passando per quello neuropsichiatrico. Una
misura della sua importanza ce la dà una semplice osservazione: sappiamo per esempio che la
prevalenza della depressione tra maschi e femmine è sostanzialmente uguale fino alla pubertà,
poi nelle femmine ha un’impennata (nelle donne è quasi il doppio che negli uomini). È dunque
evidente che i cambiamenti ormonali dell’adolescenza hanno un ruolo cruciale nell’insorgenza di
questa malattia.
Gli ormoni hanno un ruolo chiave anche nelle malattie autoimmuni, come la psoriasi, e
nella risposta infiammatoria?
Certo, proprio nella risposta infiammatoria le donne risultano essere più vulnerabili. Questo è dovuto
al fatto che l’estrogeno, ormone femminile, stimola l’attività dei mastociti, quelle cellule specializzate
che possono rilasciare nei tessuti, in modo selettivo, diverse sostanze (per esempio citochine
infiammatorie, sostanza P, serotonina, fattori vasoattivi, enzimi e molti altri), responsabili di bruciore,
dolore, calore, rossore, cioè di quei segni tipici dello stato infiammatorio. Il testosterone, al contrario,
ha un effetto stabilizzante su queste cellule. Ecco perché è importante che la Medicina di Genere
approfondisca oggi i diversi modi in cui uomini e donne affrontano la malattia: perché solo così
saremo in grado di ottimizzare la diagnosi, le terapie e la consistenza d’uso, cioè il dato obiettivo di
quanto il paziente aderisca al progetto terapeutico stabilito dal medico.
In questo senso, esistono differenze di genere nell’approccio alle terapie?
Le differenze tra uomini e donne appaiono evidenti soprattutto quando parliamo di malattie
croniche, come la psoriasi, per le quali è necessaria la massima aderenza, anche nei controlli, per
ottenere la soddisfazione terapeutica. Ebbene, le donne hanno un atteggiamento più attivo nei
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confronti del medico e della malattia, anche se non sempre questo è un vantaggio. Per esempio,
tendono a cercare continua conferma del percorso terapeutico e a modificarlo a loro piacimento,
facendo ricorso alle cure 'naturali', come la fitoterapia. Senza pensare che l’assunzione di altre
sostanze può interferire con l’efficacia dei farmaci e provocare effetti collaterali. Il paziente
maschio, invece, ha un approccio più pragmatico: non legge il foglietto illustrativo e segue con
maggiore aderenza il protocollo proposto dal medico curante.
Dunque una stessa malattia può avere un diverso impatto su uomini e donne?
Certamente. Prendiamo per esempio la psoriasi: se una donna presenta le placche eritematose al
volto, ai genitali, alle mani, l’impatto della malattia sulla sua autostima sarà fortissimo, assai più
devastante di quanto possa essere per un uomo. E questo potrà generare un contraccolpo
depressivo, che a sua volta può avere effetti negativi sull’aderenza alla terapia. È noto infatti che
in pazienti affetti da psoriasi la prevalenza della depressione è compresa tra il 10 e il 58% ed è
superiore rispetto a tutti i gruppi di controllo. Adesso lo studio italiano PSYCHAE, che ha valutato
l’impatto psicologico della psoriasi, dimostra che rispetto agli uomini le donne sono maggiormente
esposte al rischio di stress psicologico. Lo studio, che ha coinvolto 1.580 persone affette da
psoriasi di età compresa tra i 13 e i 44 anni, ha messo in evidenza che episodi di stress
psicologico erano più frequenti nelle donne che negli uomini, fino a due volte di più (17% vs 7%).
Lo stato psicologico delle donne è risultato complessivamente peggiore indipendentemente
dall’estensione della psoriasi e l’appartenenza al genere femminile è stato identificato come
principale fattore di rischio per quanto riguarda i contraccolpi psicologici sui pazienti.
Anche sulla base di queste evidenze si rende necessario acquisire nuove conoscenze biologiche
e psicologiche sulle malattie in un’ottica di genere.